• Refusal Requires a Guerilla Mentality • Ill Will
    https://illwill.com/refusal
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    The following organizational speech was delivered by Rudi Dutschke on September 5, 1967, at the 22nd delegates’ conference of the Socialist German Students’ Union (SDS).1 Written together with #Hans-Jürgen_Krahl, it boldly announced an anti-authoritarian breakaway from the traditionalist wing of the organization, immediately provoking fierce controversy.

    [...] Extra-economic coercive violence gains immediate economic potency in integral statism. Thus it plays a role for the present capitalist social formation, a role that it has not played since the days of primitive accumulation. If in that phase it brought about the bloody process of the expropriation of the masses, which in turn brought about the separation of wage labor and capital in the first place, according to Marx it is hardly used in established competitive capitalism. 

    For the objective self-movement of the concept of the commodity form, its value constitutes itself into the natural laws of capitalist development to the extent that economic violence is internalized in the consciousness of the immediate producers. The internalization of economic violence allows a tendential liberalization of state and political, moral and legal rule. In the current crisis, the inherently produced crisis condition of capitalist development problematizes the internalization of economic violence, which, according to the interpretation of materialist theory, has two solutions. On the one hand, the crisis facilitates the emergence of proletarian class consciousness and its organization into material counter-violence through the autonomous action of the self-liberating working class. On the other hand, it objectively compels the bourgeoisie to resort to the physically terrorist coercive power of the state in the interest of its economic power of control.

    Capitalism’s way out of the world economic crisis in 1929 was based on its fixation on the terrorist power structure of the fascist state. After 1945, this extra-economic coercive violence was by no means dismantled, but was psychologically implemented on a totalitarian scale.

    This internalization included the disavowal of manifest internal repression and was constitutive of pseudo-liberalism and pseudo-parliamentarism, albeit at the price of the anti-communist projection of an absolute external enemy.

    #violence_économique

  • La violenza economica che silenziosamente colpisce ancora le donne

    Il tabù della gestione finanziaria esiste ancora nelle relazioni sentimentali, e sono le donne a subire le conseguenze della “dipendenza”. Ma non è il riconoscimento giuridico che manca bensì quello sociale. Ancora oggi alcuni comportamenti di sopraffazione da parte degli uomini nella sfera finanziaria sono considerati normali.

    Lucia non sa quanti soldi ci siano sul conto che condivide con il marito. Non è lei che lo amministra, non ne sarebbe in grado. Mara, invece, un conto non ce l’ha proprio. È il suo uomo che le passa dei contanti per le piccole spese settimanali, le sole che le competono. Del resto, lei non lavora e non conosce l’ammontare dello stipendio di lui. Antonia ha un impiego ma non può disporre come vuole dei suoi guadagni: ogni volta che compra qualcosa, deve mostrare al suo compagno lo scontrino. Quando ha bisogno di acquistare dei medicinali, ha paura che lui non glielo permetta.

    Tutte queste situazioni hanno un denominatore comune: la violenza economica. Questo termine, ancora poco conosciuto, si riferisce ad atti di controllo e di monitoraggio del comportamento di una donna in termini di uso o distribuzione di denaro, con la costante minaccia di negare risorse economiche. Può avvenire anche attraverso l’esposizione a un debito oppure il divieto ad avere un lavoro e un’entrata finanziaria personale, da amministrare secondo la propria volontà.

    “Si fatica ancora a riconoscere e ad affrontare la violenza economica -afferma Manuela Ulivi, avvocata e consigliera nazionale di D.i.Re -Donne in rete contro la violenza, realtà che unisce diverse organizzazioni di donne in tutta la Penisola-. I soldi sono un tabù. Non se ne parla mai, soprattutto nelle relazioni sentimentali. Invece bisognerebbe farlo, avere una propria autonomia finanziaria è fondamentale».

    A mancare è principalmente l’informazione, non il riconoscimento giuridico. “Di questo tipo di maltrattamenti non si parla solo nella Convenzione di Istanbul, ma anche in direttive europee precedenti -continua l’avvocata-. La violenza economica è entrata nell’ordinamento italiano già alla fine degli anni 90”. Ancora oggi, tuttavia, alcuni comportamenti di sopraffazione da parte degli uomini, nella sfera finanziaria, sono considerati normali. “Di solito arriviamo a capire che c’è anche questo tipo di violenza dopo molti incontri -dice Francesca Vecera, responsabile del centro antiviolenza di Foggia, Impegno donna-. Molte persone danno per scontato che la donna sia economicamente dipendente dall’uomo”.

    Di questo ci si può accorgere anche osservando i dati sull’occupazione femminile: secondo quanto riportato dall’Istat, nel 2021 in Italia lavorava solo il 49,4% delle donne, mentre gli uomini che avevano un impiego erano il 17,7% in più. “Ci sono ancora mariti che dicono alle mogli che non avranno più bisogno di lavorare, perché ci saranno loro a pensare alla famiglia. Questo però riduce l’indipendenza e la possibilità di gestire autonomamente la propria vita -continua Vecera-. E non si deve pensare che queste dinamiche accadano solo nei ceti sociali più bassi: sono situazioni trasversali, che si attuano a ogni livello culturale ed economico”.

    Anche quando lavora, la donna, sia da libera professionista sia da dipendente, ha un guadagno nettamente inferiore rispetto a un collega maschio, anche per lavori molto qualificati (secondo dati Istat, le prime hanno una retribuzione oraria media di 15,2 euro, mentre i secondi di 16,2, con un divario più alto tra i dirigenti e i laureati). “Bisogna superare la visione secondo la quale le lavoratrici possono avere uno stipendio minore -chiosa l’avvocata- perché c’è l’uomo che compensa”. Anche questo, infatti, è sintomo di una società in cui la sottomissione e il controllo finanziario all’interno della coppia sono quasi normalizzati.

    La violenza economica può avere anche delle declinazioni più criminose, delle vere e proprie truffe: può capitare infatti che la donna diventi una prestanome per delle società che, effettivamente, non amministra e che si ritrovi, poi, anche ingenti debiti. Oppure succede che la moglie si addossi un mutuo o un prestito di un bene che viene intestato al marito. “Spesso le vittime si vergognano a parlare di quanto gli è successo, perché, come accade anche negli altri tipi di violenza, si colpevolizzano -commenta Ulivi-, pensano di aver fatto la figura delle stupide. Quando invece è proprio la fiducia all’interno della relazione amorosa che ti fa abbassare le difese e fare qualcosa che, magari, con una tua amica non faresti mai”.

    I maltrattamenti, spesso, non terminano con la fine della relazione. “Abbiamo visto addirittura mariti che minacciano di farsi licenziare per non pagare gli alimenti -dice Vecera-, dicendo che se non hanno nulla non possono dare nulla. Anche in situazioni in cui ci sono figli”. Alcuni uomini, quando vedono avvicinarsi la separazione, svuotano addirittura i conti correnti. “Nell’ordinamento giuridico italiano al momento del matrimonio c’è la possibilità di scegliere la comunione o la separazione dei beni -spiega Ulivi-. Oggi la maggior parte delle coppie, circa il 70%, sceglie la seconda opzione. Lo si fa per una questione di praticità, ma c’è poca informazione dietro. Per esempio, non si sa che, se si opta per la comunione, quando si riceve una somma per un’eredità, un risarcimento del danno o una donazione non diventa di proprietà di entrambi; solo il patrimonio che si costruisce durante la durata dell’unione è di tutti e due i coniugi”.

    La separazione dei beni può essere fonte di disparità: se la donna è costretta a lasciare il lavoro, non guadagna. E, al momento della fine del matrimonio, si ritrova senza nulla in mano. “Il mantenimento per le mogli è riconosciuto con una difficoltà enorme -continua l’avvocata-. Perché tendenzialmente i tribunali stabiliscono che non possa essere una rendita vitalizia: la persona con capacità di lavoro deve rendersi autonoma. Se però per 20 anni ti sei dedicata alla famiglia, a 40 o 50 anni rendersi autonoma può essere molto complesso”. A volte per le vittime di violenza serve una vera e propria rieducazione finanziaria, che permetta loro di acquistare un’indipendenza. Molti centri come Impegno donna di Foggia, offrono quindi dei corsi per confrontarsi sulle basi della gestione del denaro, dall’utilizzo di bancomat e dei conti correnti alle scelte di spesa quotidiane. Alcune persone hanno partecipato anche a un percorso di autoimprenditoria proprio per affacciarsi al mondo del lavoro.

    La violenza economica è un fenomeno estremamente pervasivo, con tante forme diverse e, a volte, inimmaginabili. “Ho visto donne regalare la casa per liberarsi del soggetto che le maltrattava”, racconta Ulivi. Per questo motivo, c’è bisogno di aumentare l’informazione e la conoscenza su questi temi – anche tra i giovani e i giovanissimi – in modo da riconoscere i campanelli d’allarme e prendere le necessarie precauzioni. L’informazione, però, soprattutto quando si tratta del campo economico, bisogna darla anche ai professionisti del mondo della finanza.

    Così stanno facendo le organizzazioni che fanno parte di D.i.Re: un progetto, per esempio, riguarda la formazione degli operatori delle banche, perché consiglino le soluzioni migliori per evitare che il conto, o il bancomat, sia gestito in maniera unilaterale dall’uomo. A Genova, invece, nel 2018 i centri antiviolenza hanno stretto un accordo, per la prima volta in Italia, con il Consiglio notarile dei distretti riuniti di Genova e di Chiavari, che prevede, tra le altre cose, consulenze gratuite per le vittime di violenza, svolto da notaie, in modo che la persona possa identificarsi e trovare un sostegno, ma anche, a volte e dove necessario, un inserimento lavorativo all’interno degli studi. “C’è bisogno di fare una vera battaglia culturale e ideale -conclude Ulivi-. La conoscenza e l’informazione sono le armi più potenti che abbiamo: se una donna sa quali sono i comportamenti a cui fare attenzione, si può allertare prima e ha più probabilità di uscire da una situazione di violenza”.

    https://altreconomia.it/la-violenza-economica-che-silenziosamente-colpisce-ancora-le-donne

    #violence #violence_économique #économie #dépendance #femmes #gestion_financière #argent #travail #dettes #genre

    • Il me semble important de ne pas invisibilisé le sexisme de ce discours, or je ne voie pas grand monde pour en parler. Les commentaires font comme si ce type de discours était rare et interdit alors que la fenêtre est grande ouverte sur l’injonction faites aux femmes de se mettre au service d’hommes à travers la conjugalité et surtout la procréation. Dans le concret c’est le message que toute la société porte aux femmes.

      #sexisme #violence_économique #couple #femmes #divorce #déni #invisibilisation

      http://www.payetondivorce.fr/2019/11/06/divorce-violence-argent

      Une fois débarrassées de notre conjoint violent, nous tombons sous le coup d’une autre violence, dans l’indifférence générale.

      Et si hier une banale et proprette nazillonne a pu tranquillement cracher sur une chaîne d’info que les femmes au smic n’ont pas à divorcer, ce n’est pas du tout parce qu’elle a eu le culot dégueulasse des fachos décomplexés, mais parce qu’elle n’a fait qu’exprimer une vérité que la société toute entière approuve, sans même le savoir. La petite faf d’hier n’a pas proféré une horreur inédite : elle a verbalisé un constat que nous, femmes divorcées avec les huissiers au cul, nous faisons chaque jour. Quand on a pas de fric on ne divorce pas. Et si on divorce quand même, on le paiera.

      Depuis le 6 mai la société ne me dit qu’une seule phrase, toujours la même, à chaque courrier, à chaque mise en demeure, à chaque prélèvement rejeté, à chaque article que je sors de mon caddie : “Marche ou crève, connasse”.

      Et je crois que je fais les deux en même temps, jour après jour. Je marche, et je crève. Je suis dévorée de colère, mais ma colère est politique, et elle se dresse contre une violence économique, infligée de façon systémique à des femmes parce qu’elles ont divorcé. Cette violence n’est pas le fruit de notre inconséquence ou d’une décision mal pesée au regard de nos moyens financiers. Elle est le fruit d’une répression organisée, visant à nous tenir en laisse, à nous empêcher de sauver notre peau. Et comme on ne plie pas et qu’on divorce quand même, on n’a qu’à se débrouiller et crever sous les dettes et le manque de pognon, le manque d’aides, le manque de soutien. Après tout, on s’en est sorties, on l’a quitté ce sale con, qu’est-ce qu’on veut de plus, il y a des femmes qui meurent assassinées quand même, un peu de décence, fermez vos gueules les survivantes au frigo vide. Vous êtes indésirables, invendables pour les assos, invendables dans les médias, tout le monde s’en fout de ce qui va vous arriver.

      Ne l’oubliez pas quand vous me voyez mendier du fric sur internet, ou quand vous voyez passer les appels au secours de celles qui comme moi paient leur décision à chaque minute de leur nouvelle existence, toujours vivantes et dépérissant face à des gens qui détourneront forcément le regard à la fin de la première saison, puisque leur histoire n’est plus assez sexy pour émouvoir, et que le récit d’un naufrage quotidien, à base de paquets de nouilles et de rage frustrée, sera toujours moins vendeur que la photo d’un visage couvert de bleus ou des pancartes agitées sous vos yeux. Vous nous préférez mortes, en fait.

      Sentez-vous coupables de nous laisser crever en espérant que ça s’arrangera tout seul ou qu’on aura un truc plus passionnant à raconter au prochain épisode. Vous êtes tous coupables. Comme je le suis d’avoir divorcé, alors que je n’ai même pas un SMIC. C’est ce qu’on me prouve chaque jour.

    • Elle a joué son rôle, elle a étendu la fenêtre d’Overton ; L’incorrect va pouvoir passer pour un magazine modéré ; mission accomplie pour la soldate ultra conservatrice Graziani.

      Après ses propos polémiques sur les mères célibataires, l’éditorialiste Julie Graziani renvoyée du magazine « L’incorrect »

      « La rédaction a décidé qu’en aucun cas Julie Graziani ne pouvait plus la représenter, à la télévision ni ailleurs, sur les réseaux sociaux ou dans quelques médias », explique le directeur du mensuel sur son site internet.

      https://www.francetvinfo.fr/societe/violences-faites-aux-femmes/apres-ses-propos-polemiques-sur-les-meres-celibataires-l-editorialiste-
      #violences_faites_aux_femmes

  • Prison ferme pour des syndicalistes de Goodyear : les résistances sociales dans le collimateur ! par Annick Coupé - #Attac
    https://france.attac.org/nos-publications/les-possibles/numero-9-printemps-2016/dossier-la-situation-apres-l-annee-des-attentats/article/prison-ferme-pour-des-syndicalistes-de-goodyear-les-resistances-social

    Le 12 janvier dernier, le tribunal correctionnel d’Amiens a condamné huit anciens salariés de l’usine Goodyear à vingt-quatre mois de prison, dont quinze avec sursis : soit neuf mois de prison ferme et cinq années de mise à l’épreuve. Le motif : ils avaient retenu pendant trente heures deux cadres de l’usine d’Amiens-Nord, le directeur des ressources humaines et le directeur de la production, les 6 et 7 janvier 2014.

    (...)

    François Hollande, qui avait refusé de prononcer une mesure traditionnelle d’amnistie lors de sa prise de fonction en 2012, s’est également opposé à l’amnistie sociale pourtant votée unanimement par la gauche sénatoriale en 2013.

    Condamnation des syndicalistes de Goodyear : bonne année au mouvement social ! - #Syndicat_de_la_magistrature
    http://www.syndicat-magistrature.org/Condamnation-des-syndicalistes-de.html
    La lutte contre la fermeture de l’usine de Goodyear d’ Amiens en France à la croisée des chemins. #WSWS
    https://www.wsws.org/fr/articles/2013/mar2013/good-m07.shtml

    #Goodyear #Goodyear_Amiens-Nord #mouvement_social #justice_de_classe #justice #gouvernement_hollande #PS #social-démocratie #patronnat #violence_économique