• "Tous doivent être décapités" : Révélations sur les #atrocités commises dans le bastion africain de #TotalEnergies

    Les villageois de la péninsule d’#Afungi, dans le nord du Mozambique, connaissaient bien ces conteneurs : une douzaine de boîtes en acier collées les unes contre les autres pour former un mur, avec une barrière au milieu. Ils servaient de portail de fortune pour un site de production de #gaz_naturel en cours de construction par TotalEnergies, dans une région isolée en proie à une violente insurrection islamiste.

    Ces mêmes villageois avaient été pris entre les feux croisés de l’#armée_mozambicaine et des combattants affiliés à l’#Etat_islamique. Après avoir fui leurs maisons, ils étaient allés chercher la protection des soldats du gouvernement. Au lieu de cela, ils ont trouvé la violence.

    Les soldats ont accusé les villageois d’avoir participé à l’#insurrection. Ils ont séparé les hommes — un groupe de 180 à 250 personnes — de leurs femmes et de leurs enfants. Puis ils les ont entassés dans les deux conteneurs situés de part et d’autre de l’entrée, les frappant à coups de pied et de crosse.

    Les soldats ont détenus ces hommes pendant trois mois. Ils les ont battus, affamés, torturés puis finalement exécutés. Finalement, seuls 26 prisonniers ont survécu.

    En discutant avec des survivants et des témoins et en faisant du porte-à-porte, j’ai pu reconstituer un récit détaillé des #atrocités perpétrées au cours de l’été 2021 par un #commando_mozambicain, dirigé par un officier qui disait avoir pour mission de protéger “le projet de Total”.

    La nouvelle du massacre ne peut qu’ajouter aux airs de désastre qui entourent désormais un projet qui — avec le développement d’un second #champ_gazier par #ExxonMobil — a été présenté comme le plus gros investissement privé jamais réalisé en Afrique, avec un coût total de près de 50 milliards de dollars.

    La construction de la #concession_gazière est interrompue depuis 2021, date à laquelle les rebelles islamistes ont envahi la région, massacrant plus de 1000 personnes. La justice française a déjà ouvert une enquête sur la gestion de TotalEnergies à la suite de la mort de sous-traitants lors de cette attaque.

    Ce second #bain_de_sang, que nous révélons, a été perpétré non pas par des islamistes mais par une unité militaire mozambicaine opérant à partir de la guérite de TotalEnergies.

    L’alliance de la major pétrolière avec l’armée mozambicaine soulève inévitablement des questions sur la gestion de #Patrick_Pouyanné, PDG de TotalEnergies.

    Il avait prévu de faire du mégaprojet mozambicain la vitrine de ses ambitions pour un avenir à faible émission de carbone. Au lieu de cela, sa stratégie d’investissements risqués dans des régions instables du monde risque désormais de se heurter aux efforts juridiques croissants visant à traduire les #multinationales devant la justice internationale.

    Pour évaluer à quel point l’entreprise est exposée, deux questions sont primordiales : TotalEnergies savait-elle qu’elle travaillait avec des tortionnaires et des tueurs ? Savait-elle — ou aurait-elle dû savoir — que des atrocités avaient été commises dans ses conteneurs ?

    En réponse à un résumé détaillé de cet article, #Maxime_Rabilloud, directeur général de #Mozambique_LNG, la filiale de TotalEnergies dans le pays, a déclaré que son entreprise n’avait “aucune connaissance des événements présumés décrits” ni “aucune information indiquant que de tels événements ont eu lieu”.

    Il a également déclaré que la société n’était pas présente sur le terrain au moment des #meurtres, ayant confié le site aux forces de sécurité mozambicaines. “Néanmoins, étant donné la gravité des allégations, nous prenons votre message très au sérieux”, a-t-il ajouté.

    https://www.politico.eu/article/totalenergies-mozambique-patrick-pouyanne-atrocites-afungi-palma-cabo-delga
    #Afrique #Françafrique #Mozambique #viols #violence #torture #massacre

  • Procès des violeurs de Mazan : « Le sexisme est omniprésent, y compris dans l’attitude des accusés », la carte blanche d’Anna Margueritat - POLITIS
    https://www.politis.fr/articles/2024/09/proces-mazan-le-sexisme-est-omnipresent-y-compris-dans-lattitude-des-accuses

    La photojournaliste Anna Margueritat couvre le procès des violeurs de Mazan. Elle raconte, dans ce texte inédit, l’ambiance sexiste dans la salle d’audience et la violence différemment perçue par les hommes et femmes journalistes présent·es.

  • La verità sul “calo degli sbarchi”: tra stupri, violenze e respingimenti con la complicità di Italia e UE

    Le persone non hanno smesso di partire, semplicemente muoiono altrove.

    Durante l’incontro tra la presidente Giorgia Meloni e il primo ministro inglese Keir Starmer avvenuto il 16 settembre a Roma, quest’ultimo si è complimentato 1 con la prima per il successo ottenuto sul calo degli sbarchi in Italia dalla Tunisia. Starmer sarebbe ora interessato ad adottare il “modello italiano” sulle migrazioni, con un particolare interesse rivolto al nuovo Memorandum Italia-Albania e ai metodi di deterrenza utilizzati dall’Unione Europea (UE) e dall’Italia per contrastare le partenze dalle coste nordafricane. Tuttavia, ciò che il Governo o il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi omettono durante le conferenze stampa o i post trionfali sui social è a quale prezzo ottengono tali risultati.
    Una lunga e costosa tradizione di accordi e memorandum sulla pelle delle persone migranti

    Tra i metodi di deterrenza utilizzati dall’UE per contrastare le migrazioni, spicca quello di stipulare accordi con i Paesi terzi (di provenienza o quelli da cui partono maggiormente le persone migranti) 2. Tali accordi si basano sull’esternalizzazione delle frontiere, ossia sull’appaltare le operazioni di respingimento o contenimento dei flussi migratori ad altri Paesi. Si tratta di operazioni estremamente costose e poco trasparenti che il progetto di Action Aid e Irpi Media The Big Wall cerca attualmente di tracciare 3.

    Un esempio tra tutti è l’accordo Italia-Libia – nato nel 2017 durante il governo Gentiloni – che ha la funzione di impedire alle persone migranti di partire o di raggiungere la penisola. Tramite gli ingenti finanziamenti – da centinaia di milioni di euro 4 – dell’Italia e dell’UE che dal 2017 vengono devoluti in Libia, oltre alle motovedette italiane, le milizie libiche catturano le persone migranti che partono dalle coste del Paese per riportarle nei centri di detenzione. In questi centri le persone di ogni età vengono sistematicamente torturate, violentate o uccise.

    “Secondo un rapporto del giugno 2022 della missione d’inchiesta indipendente delle Nazioni Unite sulla Libia 5, le persone migranti nel paese subiscono omicidi, sparizioni forzate, torture, schiavitù, violenze sessuali, stupri e altri atti inumani in relazione alla loro detenzione arbitraria. Nel settembre 2022, il Procuratore della Corte Penale Internazionale ha dichiarato in un comunicato che, secondo la valutazione preliminare del suo ufficio, gli abusi contro i migranti in Libia possono costituire crimini contro l’umanità e crimini di guerra”, riportava Human Rights Watch nel 2023 6.

    Ciononostante, il Ministro Piantedosi continua a pubblicare tweet in cui afferma di aver condotto con successo operazioni di respingimento tramite la collaborazione della Libia. Tale dichiarazione, peraltro, è stata recentemente denunciata al Tribunale Penale Internazionale dalla Ong Mediterranea Saving Humans 7 in quanto la Libia non è paese sicuro e il respingimento si configura quindi come violazione delle norme internazionali ed europee in materia – come già stabilito da una sentenza della Cassazione sul caso del respingimento illegale condotto dalla nave italiana Asso 28 8.

    In aggiunta, ricordiamo che mentre il governo sostiene di voler “combattere il traffico di esseri umani” tramite questi accordi, è stato provato come le stesse milizie libiche che si occupano della cattura delle persone migranti siano composte da trafficanti a loro volta.

    Primo fra tutti Abdul Rahman al-Milad, detto “Bija” – recentemente ucciso a Tripoli – che non solo era presente nella lista nera dei trafficanti e ricercati internazionali Onu, ma che nel 2017 era perfino presente a un incontro al Viminale.

    “Nel settembre del 2019 “Avvenire” aveva pubblicato le immagini che ritraevano proprio Bija, allora capitano della cosiddetta “guardia costiera libica”, durante un viaggio in Italia nel 2017, tenuto a lungo riservato dalle autorità. […] Ad oggi, cinque anni dopo la pubblicazione e sette anni dopo i fatti, i governi italiani che si sono succeduti non hanno mai chiarito quali fossero le tappe della missione di al-Milad in Italia, nonostante due dozzine di interrogazioni parlamentari in gran parte rimaste inevase”, si legge su Avvenire. Bija stesso gestiva il centro di detenzione di Zawyia e si è reso artefice dell’annegamento di decine di persone migranti contro cui aveva sparato.

    Lontano dagli occhi, lontano dalle coste italiane: stupri e respingimenti illegali in Tunisia

    Anche la Tunisia è uno dei partner strategici di Italia e UE per le operazioni di esternalizzazione delle frontiere. A questo proposito ricordiamo l’accordo siglato nel giugno del 2023, in seguito a una conferenza a cui hanno partecipato la presidente Meloni, la Commissaria UE Ursula von Der Leyen e il primo ministro olandese Mark Rutte e il presidente tunisino Kais Saied. L’accordo prevedeva lo stanziamento di 100 milioni di euro volto, almeno sulla carta, a “operazioni di ricerca e soccorso”, “gestione delle frontiere”, “lotta contro il traffico di esseri umani” e “politica dei rimpatri”.

    Tuttavia, già nell’agosto dello stesso anno, come riporta l’Irpi 9, l’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani (Ohchr) si chiedeva se non ci fosse il pericolo che l’accordo UE-Tunisia potesse facilitare casi di violazioni dei diritti umani a danni di persone migranti nere e di altre fasce di popolazione vulnerabile. Questo perché, come è ormai noto, lo stesso presidente Saied da tempo sta adottando politiche sempre più repressive nei confronti delle persone migranti perlopiù provenienti dai Paesi dell’Africa sub-sahariana.

    La testata giornalistica indipendente tunisina Inkyfada, nel mese di maggio, ha pubblicato un articolo 10 in cui, sviscerando le attuali politiche di Saied in materia di immigrazione e repressione del dissenso, ha affermato che il presidente ha lanciato una campagna d’odio razzista contro le persone migranti nere, associando l’immigrazione a “un piano criminale per cambiare la composizione del panorama demografico in Tunisia”.

    Da lì in poi sono nate vere e proprie persecuzioni contro le persone nere, non solo immigrate ma anche di cittadinanza tunisina 11. L’impiego massiccio delle forze dell’ordine tunisine non ha fatto altro che acuire le violenze contro le persone migranti, le quali non solo vengono illegalmente respinte e scaricate nel deserto 12 , al confine con l’Algeria – come hanno rivelato Irpi Media, Lighthouse Reports e altre testate giornalistiche in un’importante inchiesta internazionale 13 – ma subiscono stupri e altre forme di violenza.

    Su quest’ultimo punto, l’ultima inchiesta del Guardian 14 riporta testimonianze agghiaccianti. Una di queste è quella di Marie, ivoriana di 22 anni, che racconta di essere stata aggredita sessualmente a pochi chilometri da Sfax. “Era chiaro che mi avrebbero violentata”, [afferma Marie]. Le sue urla l’hanno salvata, allertando un gruppo di rifugiati sudanesi di passaggio. I suoi aggressori si sono ritirati in un’auto di pattuglia. Marie sa di essere stata fortunata. Secondo Yasmine, che ha creato un’organizzazione sanitaria a Sfax, centinaia di donne migranti sub-sahariane sono state violentate dalle forze di sicurezza tunisine negli ultimi 18 mesi”, si legge nell’inchiesta.

    Nonostante l’UE sia consapevole delle denunce inerenti agli abusi subiti dalle persone migranti da parte delle stesse autorità con cui collabora per tenerle lontane dall’Europa, secondo il Guaridan “[l’UE] sta chiudendo un occhio”, puntando a esternalizzare il confine meridionale dell’Europa all’Africa. Inoltre, “si prevede di inviare alla Tunisia più denaro di quanto ammesso pubblicamente”.

    Un’altra testimonianza raccolta dall’inchiesta, è quella di Moussa, 28enne originario di Conakry (Guinea). Dopo essere stato catturato in mare dalla guardia nazionale tunisina e riportato a Sfax – insieme ad altre 150 persone, tra cui minori – ha affermato di aver assistito a una scena brutale in cui le stesse autorità hanno iniziato sistematicamene a stuprare le donne.

    “C’era una piccola casa […] ogni ora circa prendevano due o tre donne […] e le violentavano lì. Hanno preso molte donne. Potevamo sentirle urlare, chiedere aiuto. A loro non importava che c’erano 100 testimoni”. Inoltre, Moussa spiega che alcune riuscivano a malapena a camminare, ad altre sono stati restituiti i loro bambini ed altre ancora furono brutalmente picchiate. “C’era una donna incinta e l’hanno picchiata finché il sangue non ha cominciato a uscirle dalle gambe. È svenuta”.

    Oltre alla violenza sessuale, quindi anche le percosse fisiche e sistematiche. Lo racconta Joseph, keniano di 21 anni, che è stato prelevato dal campo profughi di El Amra lo scorso settembre durante un raid della guardia nazionale tunisina. “Siamo stati ammanettati e messi su un autobus. La polizia picchiava tutti con i manganelli: bambini, donne, anziani. Tutti”. E ancora, si legge nell’inchiesta: “Sono stato colpito molte volte [afferma Joseph]”.

    Ad altri è andata peggio: una guardia ha sparato un proiettile di gas lacrimogeno in faccia a un amico. “Il suo occhio pendeva dall’orbita e la sua gamba era stata rotta dalla polizia, quindi doveva saltare”. Joseph racconta che le autorità lo hanno infine abbandonato al confine con l’Algeria, rubandogli il passaporto, il cellulare e i soldi.

    La guardia nazionale tunisina, oltre a violenze sessuali e trattamenti inumani e degradanti, utilizza come forma di deterrenza anche l’intimidazione nei confronti di bar o caffè che offrono i loro prodotti alle persone migranti, blindando soprattutto la città di Sfax: “Adesso Sfax è off-limits. La polizia ha “ripulito” i quartieri dalle persone migranti […]. I proprietari dei bar vengono arrestati se una persona migrante viene sorpresa a ordinare un caffè. Squadracce della polizia [effettuano raid] nei distretti come Haffara, pronti a rimuovere qualsiasi persona migrante”. Le persone sono quindi segregate ad El Emra, dove non arrivano neanche gli aiuti umanitari.

    Benché l’UE continui ad affermare che lo scopo sia porre fine al traffico di esseri umani, quello che continuano a denunciare le organizzazioni umanitarie e le inchieste giornalistiche è che spesso i trafficanti fanno affari con le stesse autorità con cui collabora l’Europa.

    Infatti, sottolinea il Guardian: “L’UE afferma di voler migliorare il codice di condotta per la polizia tunisina, un’ambizione che incorpori la formazione sui diritti umani. I contrabbandieri di Sfax, tuttavia, raccontano al Guardian di una corruzione diffusa e sistematica tra loro e la guardia nazionale. La guardia nazionale organizza le barche del Mediterraneo. Li guardano entrare in acqua, poi prendono la barca e il motore e ce li rivendono”.

    Un circolo vizioso quindi, dove sostanzialmente l’UE e l’Italia si rendono artefici di false “soluzioni” securitarie da centinaia di milioni di euro, finanziando ed equipaggiando forze di polizia di paesi terzi che a loro volta collaborano con trafficanti. Trafficanti che, a differenza di chi poi viene incriminato o incriminata per “scafismo” come capro espiatorio solo perché sull’imbarcazione aiutava compagni e compagne di viaggio, si guardano bene dal rischiare la vita nel Mediterraneo. Resta quindi da chiedersi chi siano allora i veri mandanti di trafficanti, torturatori e autorità di frontiera violente.

    Calano gli sbarchi, ma muoiono altrove

    Utilizzando motovedette fornite dall’Europa, si legge nell’inchiesta del Guardian, la guardia nazionale marittima della Tunisia ha impedito a più di 50.000 persone di attraversare il Mediterraneo, da qui nasce il calo del numero di persone che arrivano in Italia e per cui Starmer si è complimentato con Meloni.

    “Si sostiene che 127 milioni di sterline (ossia oltre 151 milioni di euro) come parte di un più ampio accordo su migrazione e sviluppo siano stati trasferiti direttamente a Saied. Alla richiesta di chiarimenti, la Commissione europea afferma che il pagamento è avvenuto in seguito all’incontro con la Tunisia”, riporta il Guardian. Quindi se da un lato è vero che c’è stato un calo degli sbarchi, dall’altro il governo Meloni si guarda bene dal rivelare a microfoni e telecamere a quale prezzo.

    Di fatto, le persone migranti continuano a partire, semplicemente vengono uccise o muoiono altrove, nella piena consapevolezza di una Fortezza Europa che preferisce da un lato stipulare accordi con Paesi dove il rispetto dei diritti fondamentali non esiste; dall’altro, continuare a trincerarsi senza creare alternative sicure e percorribili che tutelino il diritto alla libertà di movimento.

    https://www.meltingpot.org/2024/09/la-verita-sul-calo-degli-sbarchi-tra-stupri-violenze-e-respingimenti-con
    #migrations #réfugiés #frontières #arrivées #statistiques #diminution #débarquements #invisibilisation #externalisation #dissuasion #pull-backs #refoulements #push-backs #viols #Tunisie #racisme #VSS #violences_sexuelles #violence

  • Pour la première fois, à la barre, Gisèle Pelicot hausse le ton : « J’ai l’impression que la coupable, c’est moi »
    https://www.lefigaro.fr/faits-divers/j-ai-l-impression-que-la-coupable-c-est-moi-et-que-les-50-victimes-c-est-ce

    Gisèle Pelicot arrive, déterminée, à la barre. Pour la première fois, elle hausse le ton. « Depuis que je suis arrivée dans cette salle d’audience, je me sens humiliée. Je serais complice de Monsieur Pelicot ? Je serais alcoolique ? Exhibitionniste ? Je suis une femme pudique. L’échangisme et le triolisme ne font pas partie de ma culture. En tant que femme, l’humiliation est totale. C’est tellement dégradant. Et très éprouvant », déclare-t-elle avec une certaine fermeté. Et ajoute, indignée : « je comprends que les victimes de viol ne portent pas plainte : on doit passer par un déballage humiliant ».

    La septuagénaire, droguée et violée à son insu par 51 hommes, dont son mari Dominique Pelicot, se dit également profondément choquée par toutes les questions concernant l’horodatage des vidéos filmées par son ex-mari. « Est-ce que c’est une question de temps, le viol ? Trois minutes c’est pas un viol, mais une heure c’est un viol ? Si, à cet instant, ces hommes avaient devant eux leurs filles, est-ce qu’on aurait le même débat sur l’horodatage des vidéos ? Aujourd’hui, j’ai l’impression que la coupable, c’est moi, et que les 50 victimes, ce sont ceux qui sont derrière moi. » Tout à coup, Gisèle Pelicot lève la voix, s’emporte : « Je m’interroge : à partir de quel moment on considère qu’un mari décide pour sa femme ? Quand on voit une femme inerte, comme ça, dans son lit, on la viole ? ». Et, désignant les accusés : « Ils n’ont pas de cerveau ? C’est quoi ces hommes, des dégénérés ? »

    • « Vous l’avez dit ou vous ne l’avez pas dit ? »

      Quelques accusés se raclent la gorge, protestent. Mais plus rien n’arrête Madame Pelicot. « Oui ! Je le dis : dégénérés ! Et j’ai le droit de le dire : ce sont des dégénérés ! ». Pas un des mis en cause ne bronche cette fois-ci. L’avocat général, resté jusqu’alors assez silencieux, l’interroge sur les propos tenus la semaine dernière par le bâtonnier Me Guillaume de Palma qui, défendant 6 accusés, avait déclaré : « il y a viol et viol. Sans intention de le commettre, il n’y a pas viol ». Interpellée par la question du ministère public, Gisèle Pelicot, d’habitude si calme, s’emporte et sort de ses gonds : « Je n’ai pas l’habitude de m’énerver, mais là, franchement, ça suffit ! Non, il n’y a pas “viol et viol” ! », martèle la septuagénaire, « ce bâtonnier aurait-il dit cela si c’était sa fille qui se présentait aujourd’hui à la barre ? Non, je le redis : un viol est un viol. Point ». 

      Réagissant aux propos de Gisèle Pelicot, le bâtonnier, Me Guillaume de Palma, s’avance. Et, s’adressant au ministère public : « Vous vous faites le relais de ce que disent les médias ! Je ne veux pas qu’on spécule sur ma mère, ma fille ou autre ». Des voix s’élèvent, des robes noires s’agitent, une confusion s’installe. « Ce n’est pas le moment d’entrer dans un débat périphérique à ce débat », proteste le président de la cour Roger Arata, tentant d’apaiser la salle : « quand nous aurons terminé l’audition de Madame Pelicot, nous nous réunirons, et nous viderons l’abcès » concernant cette polémique. Des avocats s’offusquent. Gisèle Pelicot, imperturbable, reprend le dessus et s’adresse au bâtonnier : « Alors, vous l’avez dit, ou vous ne l’avez pas dit ? ». Peu audible au milieu du brouhaha, elle hausse le ton et réitère, ferme et définitive : « Vous l’avez dit ou vous ne l’avez pas dit, qu’il y a viol et pas viol ? ». 

      « Madame, je voulais dire qu’il y avait viol dans son acceptation journalistique et dans son acceptation juridique », répond le bâtonnier, peu convaincant, « je suis désolée que ces propos vous aient blessée et choquée. Mon intention était de rappeler la règle de droit ». Il marque une pause. Puis : « nous devons tous assurer la sérénité des débats. Il ne s’agit pas de... », sa voix s’élève tout à coup, résonne dans toute la salle, il fulmine, s’égosille, « ...de jeter du sel, encore et encore, sur une polémique ! », tonitrue Me de Palma. Le président lui demande « d’arrêter de hurler ». Alors, le bâtonnier se tourne vers ses confrères : « Cette polémique a été alimentée à tel point que, nous, avocats, nous avons désormais le sentiment d’être devenus des accusés... » La salle se tait. Me de Palma retourne à sa place. L’un de ses confrères prend sa défense : « Madame, les avocats défendent les criminels... Et pas les crimes ».

    • Elle a quelque chose de Dimitrov.
      Je lis les CR de Le Monde par le journaflic maison Henri Seckel, descendu dans le sud pour l’occase. Elle, elle assure grave. Tout le monde doit l’admettre. Avoir choisi la publicité des débats permet de rendre visible la partition usuelle des avocat.es de la défense en matière de viol (accuser celle qui a été violée). Là, ils ont du se modérer car la presse était là, et pourtant.

      https://www.lemonde.fr/societe/article/2024/09/19/au-proces-pelicot-l-accusatrice-accusee-je-comprends-que-les-victimes-de-vio

      (...) deux avocats de la défense avaient obtenu que soient diffusées devant la cour criminelle du Vaucluse quelques photos de Gisèle Pelicot extraites d’un disque dur de son époux, estimant qu’elles seraient « utiles à la manifestation de la vérité ». Gisèle Pelicot est donc venue à la barre mercredi après-midi, sa fille Caroline, qui l’épaule chaque jour, avait quitté la salle à la demande de sa mère, et vingt-sept clichés ont défilé dans le silence : Gisèle Pelicot nue et visiblement consciente, des positions lascives, des gros plans sur son entrejambe.
      L’intéressée dit n’avoir aucun souvenir de ces instantanés – pris, selon elle, à son insu ou lorsqu’elle était sédatée par son mari –, mais elle comprend très bien la manœuvre : « On cherche à me piéger avec ces photos, on veut montrer que j’ai appâté ces individus chez moi et que j’étais consentante. »

      « En fait c’est moi la coupable, c’est ça ? »

      « J’observe que Mme Pelicot est éveillée, on la voit sourire, dit en effet Isabelle Crépin-Dehaene, avocate de la défense à l’initiative de cette diffusion. Toutes les femmes n’accepteraient pas ce type de photos. Elles montrent qu’il y a eu une demande de la part du mari parfaitement connue par l’épouse. J’en déduis qu’il y avait au sein du couple Pelicot un jeu sexuel qui leur est propre. »
      Me Crépin-Dehaene suggère que certains clichés aient pu servir à Dominique Pelicot pour attirer chez lui des hommes à qui il offrait, dans leur chambre, sa femme préalablement droguée. « Peut-être ces photos ont-elles pu légitimement faire penser à l’homme recruté sur Internet que madame était désireuse du jeu sexuel et consentante pour un moment à trois. »

      Gisèle Pelicot peine à garder son flegme [déjà légendaire, ndc] : « J’ai appâté, j’ai fait semblant, j’étais ivre, j’étais complice… Il faut un sacré degré de patience pour supporter tout ce que j’ai pu entendre. Maintenant on montre ces photos prises à mon insu. En fait c’est moi la coupable, c’est ça ? » « Je vous rassure, ce n’est absolument pas votre procès », s’est-on senti obligé de lui dire, du côté de la défense. « Un petit peu quand même », a-t-elle répondu.

      [...]

      La réalité est que la publicité des débats choisie contre toute attente par Gisèle Pelicot dérange terriblement les accusés. L’hostilité à son endroit, mercredi, de la part de certains avocats de la défense pourtant bridés par la présence des journalistes, donne une idée du jeu de massacre qu’aurait été ce procès s’il s’était tenu à huis clos.

      (ce sur quoi travaille la police-justice, dans ce cas comme dans d’autres, c’est l’intention. ici c’est la thèse du viol sans en avoir conscience qui est servie par les accusés et leurs avocat.e.s)

      #viol #justice #culture_du_viol #Gisèle_Pelicot #justice

  • The brutal truth behind Italy’s migrant reduction : beatings and rape by EU-funded forces in Tunisia | Global development | The Guardian
    https://www.theguardian.com/global-development/2024/sep/19/italy-migrant-reduction-investigation-rape-killing-tunisia-eu-money-kei
    Reportage à Sfax

    “nine in 10” of all African female migrants arrested around Sfax had experienced sexual violence or “torture” by security forces.

    Il y a 100.000 migrants bloqués à Sfax, espérant passer en Europe. L’article indique que Kaïs es Saïd, tout en les vouant aux gémonies et donc en lachant sa police sur eux, cultive ce nombre comme une menace pour forcer l’Europe à payer

    Using patrol boats provided by Europe, Tunisia’s maritime national guard has prevented more than 50,000 people crossing the Med this year, prompting the steep fall in numbers reaching Italy that so piqued Starmer’s interest this week. “Tunisia is being paid to become Europe’s coastguard,” says Amami.

    It is a well-remunerated role, seemingly for its president too. It is claimed that £127m as part of a wider migration and development deal was transferred directly to Saied. Asked for clarification, the European Commission says the payment followed Tunisia meeting “mutually agreed conditions”.

    There are also questions about why no EU human rights impact assessment into Tunisia was commissioned before the pact was announced. Similarly, why it has avoided parliamentary oversight.

    Emily O’Reilly, the EU ombudsman, says it is inconceivable the EU had no idea the police were repeatedly abusing migrants. “They would not be unaware of the situation in Tunisia.”

    Even so, no apparent attempt has been made to suspend payments to Tunis.

    Next month O’Reilly publishes the result of her inquiry into the agreement, findings likely to raise fresh questions over its integrity.

    A European Commission spokesperson says about reports of abuses by the national guard: “The EU remains engaged to improve the situation on the ground.”

    A person walking through the desert
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    A figure walks through the Tunisian desert in Nefta, near the Algerian border. Long journeys by migrants are often ended in squalid camps. Photograph: Stefanos Paikos
    Documents indicate payments have already been made to the national guard. Circulated last December, an action plan indicates that £21m has been “delivered” for patrol vessels, training and equipment for the maritime national guard.

    Reports suggest the EU is already planning to extend funding up to £139m over the next three years to Tunisia’s security forces.

    The Tunisian authorities have rejected the Guardian’s allegations as “false and groundless”, saying that their security forces operate with “professionalism to uphold the rule of law on our territory, while fully observing international principles and standards”.

    A statement says Tunisian authorities “spared no efforts” to meet migrants’ basic needs, combat criminal networks that “exploit vulnerability” and tackle irregular migration by complying with international human rights law.

    #Tunisie #viols #migrants #migrantes #assassinats

    • Les méchants, ce ne seraient pas ceux qui proposent de l’argent contre la mise en place de camps de rétention. Les méchants, seraient ceux qui appliquent ces plans, et dont on dit qu’ils demandent de l’argent pour continuer à appliquer ces plans, parce qu’en fait, les camps sont toujours plus grands et toujours plus inhumains, et que les maintenir coûte toujours plus cher.

      Ceux qui pensent que des camps en lisière de l’Europe pourront résoudre quoi que ce soit sont des criminels. On le sait. On a mis les mots qui conviennent à l’encontre d’un des directeurs de Frontex. Et il faudrait le faire pour tous les directeurs de Frontex. Que plus personne n’ose prendre la tête de cette institution odieuse.

  • Les #viols de #Mazan et le juste #silence des #hommes

    Au beau milieu du #procès des viols de Mazan, surgit la question de la #parole_masculine. Si l’on doit reconnaître que l’expression des hommes est peu présente aux côtés de celle des féministes, il faut s’interroger sur les raisons de notre #mutisme et sur certains de ses bienfaits.

    Il serait erroné de penser que le #silence_masculin face à l’étalage d’une #brutalité comme celle des viols de Mazan ne serait que le signe d’une #indifférence, voire d’une sorte #complicité inconsciente vis-à-vis des accusés. Bien sûr, il n’est plus à démontrer qu’une partie d’entre nous continue de rêver de viol, de brutalité et de torture. L’analyse que j’avais faite des sites de Punters (sorte de Trip Advisor de la prostitution où les « clients » partagent leurs commentaires sur les femmes prostituées, dont ils parlent comme d’animaux à consommer1) montre combien certains peuvent s’extraire de toute forme de compassion, dès qu’il s’agit de s’approprier le corps d’une femme.

    Pour le reste, face à cette affaire, c’est, chez beaucoup d’entre nous, la #sidération qui domine. Que #Dominique_Pélicot ait pu endormir sa femme, Gisèle, à coups de somnifères pour la louer à des dizaines d’inconnus demeure éloigné des fantasmes de beaucoup d’hommes, peut-être de la majorité d’entre nous, en tout cas on peut l’espérer.

    Du coup, exprimer notre #dégoût, notre #incompréhension, voire notre #colère vis-à-vis de la #souffrance ainsi infligée à des #femmes, peut rapidement se transformer en un discours « #not_all_men ». Beaucoup d’intellectuels masculins ont peut-être compris que le temps où l’on pouvait dire « je suis un homme bien et je condamne toutes ces violences » est peut-être terminé.

    En effet, si, individuellement notre comportement est exempt de toute forme de #violence_sexuelle, cela ne postule pas pour autant notre non-participation à une #culture_de_domination_masculine qui trouve son expression dans toutes sortes de domaines et de situations possibles. La plupart des hommes occidentaux, nous condamnerons facilement l’interdiction faite aux petites afghanes d’aller à l’école et de s’instruire, soucieux que nous sommes d’envoyer nos filles à l’université. Sommes-nous, pour autant, sortis d’un mode de #domination_patriarcale, collectivement et individuellement ? Notre société est-elle égalitaire ? C’est un raisonnement souvent entendu.

    La #justification par « l’autre » est au cœur de la #stratégie_de_défense de nos #privilèges (comme j’en parlerai bientôt dans des vidéos à propos de ce sujet 2). A côté des Talibans, nous ressemblons à des hommes égalitaires. Face à la violence raciste systémique des États-Unis, nous pouvons nous bercer dans l’illusion que la France, par exemple, est un refuge universaliste où la République chérit tous ses enfants. Nous savons qu’il n’en est rien. Mais pourtant le problème est toujours à rechercher chez « l’autre » : l’étranger, l’homme des quartiers populaires, l’alcoolique, le Musulman...

    Dans cette perspective, la figure du « #monstre » de Mazan, du "#détraqué", est bien commode car elle permet d’oublier que certains « faits divers » représentent seulement la partie saillante d’un système où, même l’homme le plus doux sur le plan intime, joue un rôle de premier plan, parfois même malgré lui, dans la domination. Et cette fois « #all_men ».

    Car on peut être le plus respectueux des compagnons et à la fois terroriser ses collègues femmes, les harceler, les discriminer. Comme le montrent souvent ces affaires médiatiques, il est possible d’être un père aimant tout en consommant en cachette de la pédopornographie, en ne pouvant ignorer l’existence de victimes bien réelles. On peut être un « saint vivant » statufié de son vivant et dans le même temps, un violeur en série. Combien d’hommes autoproclamés « féministes » finissent par se retrouver sur la longue liste des personnalités qui ont agressé ou violé des femmes ? On se souvient d’un député écologiste qui posait pour des campagnes féministes, du rouge aux lèvres, avant d’apparaître comme un des « porcs » de la saga #MeToo. On ne peut oublier tel humoriste, tel sportif, tel artiste. Tous tellement formidables avec les femmes… On a connu des hommes merveilleux qui tabassaient leur compagne jusqu’à la tuer. On se souvient des hommes « universalistes » qui militaient contre la parité en politique. On se souvient. Et nous devons en tirer les leçons, même si nous n’en venons personnellement à aucune de ces extrémités.

    La seule question qui devrait nous occuper consiste à découvrir, face à l’affaire de Mazan et puisque nous appartenons au groupe hiérarchiquement valorisé, quels sont les domaines où, individuellement, nous sommes en position de provoquer de l’#injustice, de la #souffrance, en tant qu’hommes, en tant que blancs (et blanches), hétérosexuel.le.s, sans handicap, etc.

    L’accumulation de tous nos silences, de toutes nos indifférences et surtout de toutes nos petites #participations au renforcement de notre position privilégiée pourrait monter jusqu’au ciel. Avec pour avantage que cette montagne passe inaperçue, en permanence, en toute légitimité et dans le sentiment d’être du bon côté de la #masculinité et de la #blanchité. Le camp dont l’#hégémonie et la #toxicité sont émiettées, mosaïques, invisibilisées derrière des discours « universalistes », « féministes » au masculin. Derrière les « justes » et les « alliés ».

    Une certaine forme de silence des hommes face au procès de Mazan pourrait être une bonne chose s’il consiste, même inconsciemment, à se sentir personnellement impliqué dans cette culture dont nous jouissons en secret et qui parfois prend les formes les plus inouïes, jusqu’à occuper la Une des chaines d’information.

    C’est dans la coulisse qu’il nous faut chercher, dans nos angles morts. Mais ça, c’est une autre question.

    https://blogs.mediapart.fr/patricjean/blog/130924/les-viols-de-mazan-et-le-juste-silence-des-hommes

  • Accusations contre l’abbé Pierre : écoles, statues, parcs… Ces lieux qui vont être débaptisés après les nombreuses révélations

    Depuis les nouvelles accusations d’agressions et de harcèlement sexuel envers l’abbé Pierre, plusieurs villes comptent débaptiser des rues, jardins ou écoles portant son nom.

    Les témoignages se multiplient contre l’abbé Pierre. Vendredi 6 septembre, 17 nouveaux témoignages ont été révélés dans un rapport du cabinet spécialisé Egaé, relayé par la Fondation Abbé-Pierre. Accusé d’agressions sexuelles, de harcèlement sexuel, mais aussi d’intimidations, par des femmes et des enfants, l’image du religieux est sérieusement endommagée depuis cet été. Si Emmaüs a déjà fait part de son souhait de changer de nom, et donc de débaptiser certains de ces centres, c’est au tour de plusieurs communes de lancer des démarches pour changer des noms de rues, de parcs ou d’écoles.

    À commencer par la Ville de Paris, qui, si elle « salue le travail salutaire mené par la Fondation en toute transparence », a fait part de sa volonté de débaptiser les Jardins Abbé-Pierre Grands Moulins, dans le 13e arrondissement, « dès lors que la Fondation Abbé-Pierre a décidé de changer de #nom ». Une décision prise face aux « révélations […] très graves » concernant le religieux. La mairie assure qu’elle se « rapprochera de la Fondation afin d’examiner les modalités de ce changement », qui devra, dans tous les cas, être approuvé lors d’un Conseil de Paris.

    À #Saint-Étienne, c’est la commission des hommages publics de la Ville qui doit prendre une décision concernant son #square_Abbé-Pierre. Elle doit se réunir avant la fin de l’année, rapporte France Bleu Saint-Étienne. Son président, Gilles Artigues, propose de le renommer square de la Fondation Emmaüs.

    « Pas possible » de garder ce nom

    Au-delà des lieux publics, il y a des #établissements_scolaires, beaucoup faisant partie du privé, qui portent le nom du religieux. En #Ille-et-Vilaine, par exemple, le lycée professionnel Abbé-Pierre de #Tinténiac, qui porte ce nom depuis 2012, va changer, a annoncé la direction. Une réflexion qui avait été entamée dès les premières révélations, en juillet, et qui a été présentée et approuvée par l’équipe pédagogique « à l’unanimité », lors de la réunion de pré-rentrée, le 30 août dernier, précise le directeur, Raphaël Gouablin. Il précise qu’un nouveau nom devrait être soumis d’ici à « la fin du mois de novembre ». Un choix qui sera fait en consultation avec les élèves, les familles et l’équipe éducative et pédagogique.

    Un changement accueilli avec soulagement par une des enseignantes du lycée, Marie-Thérèse, qui s’est confiée au micro de France Inter. « On est obligés de prendre position », assure-t-elle. Dans la commune voisine, à #Hédé-Bazouges, l’école primaire va aussi changer de nom. Ses enfants y sont scolarisés. « Je suis victime d’abus sexuels et de viol et laisser le nom, pour moi, c’est cautionner, en partie. » La directrice, Florina Loisel, avait contacté dès cet été la direction diocésaine, mais depuis les nouvelles révélations, tout s’est accéléré. « On entend qu’il y a des choses auprès d’enfants, raconte-t-elle au micro de France Inter, donc ce n’est pas possible de garder ce nom ».

    Une #fresque recouverte en Seine-Maritime

    Dans le petit village normand d’#Esteville, en Seine-Maritime, plusieurs lieux sont concernés par cette épineuse question. Tout d’abord, le #lieu_de_mémoire, consacré à l’abbé Pierre, sera définitivement fermé, a annoncé Emmaüs. L’école du village va, elle, être renommée, même si « c’est l’intervention de l’abbé Pierre lui-même auprès du ministère de l’Éducation qui nous a permis d’avoir une école avec des murs en dur, un vrai toit », explique le maire, Manuel Grente. Pour lui, « le débat est vite clos au vu des faits et lorsqu’on agresse des enfants ». La fresque à l’effigie de l’abbé et les barrières portant son nom vont également être modifiées, assure la Mairie.

    La ville de #Nancy a, de son côté, annoncé lundi 9 septembre le retrait d’une #plaque_commémorative, posée sept mois plus tôt, en hommage à l’abbé Pierre. « Compte tenu de ces graves révélations, la municipalité de Nancy a donc décidé du retrait définitif de la plaque en la mémoire de l’abbé Pierre », écrit dans un communiqué la ville dirigée par le socialiste Mathieu Klein.

    Dans les Pyrénées-Atlantiques, c’est une statue à l’effigie du religieux qui pose problème. Installée dans la commune de #Lescar, sur un rond-point. Haute de six mètres de haut, elle avait été inaugurée en 2019. La maire, Valérie Revel assure que le sujet doit être discuté avec Emmaüs et le Conseil départemental des Pyrénées-Atlantiques, puisque la statue est située sur une route départementale, rapporte France Bleu Béarn Bigorre.

    https://www.francetvinfo.fr/societe/harcelement-sexuel/accusations-contre-l-abbe-pierre-ecoles-statues-parcs-ces-lieux-qui-von
    #toponymie #Abbé_Pierre #toponymie_féministe #toponymie_politique #viols #VFF #violences_sexuelles #écoles #places #noms_de_rue #Saint-Etienne #espace_public

  • Aide sociale à l’enfance : la scolarité heurtée et l’insertion professionnelle précoce des mineurs accompagnés
    https://www.lemonde.fr/societe/article/2024/09/10/aide-sociale-a-l-enfance-la-scolarite-heurtee-et-l-insertion-professionnelle

    Parmi les résultats marquants figure le taux de redoublement particulièrement élevé, en primaire, des enfants sous protection de l’enfance : 40 %, contre 16 % pour l’ensemble des jeunes. Cela reste cependant plus faible que pour ceux vivant dans des familles « inactives » (sans emploi), souligne l’étude. A la fin du collège, seulement 43 % des jeunes placés arrivent en classe de 3e sans aucun retard, contre 71,5 % pour l’ensemble des jeunes.

    Autre enseignement comparatif important : la part prépondérante de jeunes placés qui sont orientés dans les filières professionnelles. Seulement 12 % des jeunes de l’ASE obtiennent un baccalauréat général ou un diplôme de l’enseignement supérieur, c’est trois fois moins que pour l’ensemble des jeunes. Pour 30 % d’entre eux, le CAP ou le BEP est le diplôme le plus élevé, contre 13 % pour l’ensemble des jeunes. Là encore, ceux issus de familles inactives obtiennent les mêmes résultats que les enfants de l’ASE. En revanche, le taux de sortie sans aucun diplôme, qui s’élève à 17 % chez les jeunes placés – contre 8 % en population générale –, est semblable à celui des jeunes issus de familles d’ouvriers ou d’employés (17, 5 %) et bien inférieur à celui des enfants évoluant dans des familles inactives (30 %).

    https://justpaste.it/bnus9

    #enfance #ASE #chômeurs

  • Les hommes de la rue du Bac : des faits glaçants et un récit à visage découvert – Libération
    https://www.liberation.fr/idees-et-debats/editorial/les-hommes-de-la-rue-du-bac-des-faits-glacants-et-un-recit-a-visage-decou
    https://www.liberation.fr/resizer/uKbwj-6JSGX5Iy4XG_6F-ZEkwc0=/1200x630/filters:format(jpg):quality(70):focal(1498x1488:1508x1498)/cloudfront-eu-central-1.images.arcpublishing.com/liberation/GHHGOAJDJZGNNGZVG22Z77BBQ4.jpg

    Mais cette histoire a aussi un lieu, le triangle du VIIe arrondissement de Paris où le pouvoir politique, culturel et médiatique régnait dans une totale impunité. « Jusqu’au dernier moment, j’ai pensé ne pas y arriver », nous dit Inès Chatin de son audition, qui fait aujourd’hui partie d’un dossier judiciaire de centaines de pages documentant l’univers pédocriminel de la rue du Bac, dans un somptueux appartement acheté à la famille d’Ormesson par le docteur Jean-François Lemaire, l’homme qui livra entre autres ses enfants adoptifs, dans des séances sordides dont la mise en scène cauchemardesque n’a d’égal que l’infâme sadisme, à l’écrivain Gabriel Matzneff et ses amis. « Si l’adolescent sait qu’il se soumet à des règles condamnées par la société mais qui apportent finalement une certaine jouissance, euh pourquoi pas ? » expliquera froidement le docteur Lemaire à sa fille adoptive, que Matzneff surnommait « ma petite chose exotique ». Eu égard à l’extrême violence des scènes rapportées par Inès Chatin, il a été convenu, avec elle et ses avocats, de ne pas en rapporter certaines à la première personne du singulier. Libération publiera donc dans les jours à venir son récit, et s’appuiera sur le dossier judiciaire, pour raconter ces faits glaçants qui témoignent de la cruauté de ces hommes de pouvoir, et du courage de la femme qui leur a survécu. Et qui parle aujourd’hui.

    #viols_collectifs #pédocriminalité #matzneff #mephitis #germanopratins

    #Jean-François_Lemaire
    #Claude_Imbert
    #Jean-François_Revel
    #académie_française
    #le_point

  • Le rapport de la commission d’enquête indépendante de l’ONU conclut que « des formes spécifiques de violence sexuelle et sexiste font partie des procédures opérationnelles de l’armée israélienne ». Autrement dit : Israël utilise systématiquement le viol comme arme de guerre. Et comme cela a déjà documenté par le passé, l’armée israélienne fait cela régulièrement devant d’autres membres de la même famille.
    https://www.ohchr.org/sites/default/files/documents/hrbodies/hrcouncil/sessions-regular/session56/a-hrc-56-26-auv.docx

    SGBV [Sexual and gender-based violence]

    65. The Commission documented many incidents in which ISF systematically targeted and subjected Palestinians to SGBV online and in person since October 7, including through forced public nudity, forced public stripping, sexualized torture and abuse, and sexual humiliation and harassment. These incidents took place during ground operations in conjunction with evacuations and arrests. Based on testimonies and verified video footage and photographs, the Commission finds that sexual violence has been perpetrated throughout the OPT during evacuation processes, prior to or during arrest, at civilian homes and at a shelter for women and girls. Sexual acts were carried out by force, including under threats, intimidation and other forms of duress, in inherently coercive circumstances due to the armed conflict and the presence of armed Israeli soldiers.

    66. The ISF forced public stripping and nudity in many locations, in humiliating circumstances, including when victims were; blindfolded, kneeling and/or with their hands tied behind their back while in underwear; interrogated or subjected to verbal or physical abuse while fully or partially undressed; coerced to do physical movements while naked; and filmed or photographed by ISF doing any of these acts and disseminating the film and photographs. Palestinians were also made to watch members of their family and community strip in public and walk completely or partially undressed while subjected to sexual harassment.

    67. Both male and female victims were subjected to such sexual violence, but men and boys were targeted in particular ways. Only males were repeatedly filmed and photographed by soldiers while subjected to forced public stripping and nudity, sexual torture and inhumane or cruel treatment. Palestinian women were also targeted and subjected to psychological violence and sexual harassment online, including shaming and doxing female detainees and drawing gendered and sexualized graffiti, including at a women’s shelter in Gaza that was directly targeted. Israeli soldiers also filmed themselves ransacking homes, including drawers filled with lingerie, to mock and humiliate Palestinian women, referring to Arab women as ‘sluts’. The Commission concludes, based on the circumstances and context of these acts, that GBV directed at Palestinian women was intended to humiliate and degrade the Palestinian population as a whole.

    68. The Commission notes the existence of aggravating factors in the commission of these gender-based crimes. First, the specific social and normative context in which these acts have been committed includes strong cultural and religious sensitivities linked to privacy, nudity and the significance of the veil, where stigma and social exclusion can have deep repercussions at the individual and community level for the victim, particularly for women and girls. Second, humiliating digital content disseminated online, reaching a global audience, is extremely difficult to remove from the internet.

    69. Based on the way in which such acts were committed, including with filming, photographing and posting material online, in conjunction with the many cases with similar methods observed in multiple locations, the Commission concludes that forced public stripping and nudity and other types of abuse by Israeli military personnel were either ordered or condoned. These acts were intended to humiliate and degrade the victims and the Palestinian community at large, by perpetuating gender stereotypes that create a sense of shame, subordination, emasculation and inferiority. It is evident that such violence is both a part of and has been enabled by the broader targeting and ill-treatment of Palestinians.

    […]

    81. The Commission found that the war crimes of starvation as a method of warfare; murder or wilful killing; intentionally directing attacks against civilians and civilian objects; forcible transfer; sexual violence; outrages upon personal dignity; and SGBV amounting to torture or inhuman and cruel treatment were committed.

    […]

    103. The frequency, prevalence and severity of sexual and gender-based crimes perpetrated against Palestinians since 7 October across the OPT indicate that specific forms of SGBV are part of ISF operating procedures. Palestinian men and boys experienced specific persecutory acts intended to punish them in retaliation for the crimes committed on 7 October. The way in which these acts were committed, including their filming and photographing, in conjunction with similar cases documented in several locations, leads the Commission to conclude that forced public stripping and nudity and other related types of abuse were either ordered or condoned by Israeli authorities.

    104. SGBV constitutes a major element in the ill-treatment of Palestinians, intended to humiliate the community at large. This violence is intrinsically linked to the wider context of inequality and prolonged occupation, which have provided the conditions and the rationale for gender-based crimes, to further accentuate the subordination of the occupied people. The Commission notes that these crimes must be addressed by tackling their root cause; through dismantling the historically oppressive structures and institutionalized system of discrimination against Palestinians, which are at the core of the occupation.

    • Thread by jsoufi on Thread Reader App – Thread Reader App
      https://threadreaderapp.com/thread/1800894501055262944.html

      […]

      2. Ce thread traitera les points suivants :

      ✅ Qu’est-ce que c’est cette Commission d’enquête ? 🔍
      ✅ Quelles sont ses accusations contre les groupes armés palestiniens ? 🇵🇸
      ✅ Quelles sont ses accusations contre Israël ? 🇮🇱
      ✅ Quelles sont ses recommandations ? 📋

      3. 🔵 LA COMMISSION D’ENQUÊTE. 
      L’ONU (notamment le @UN_HRC) peut créer des commissions pour enquêter de manière indépendante et impartiale sur les violations alléguées des droits humains et du DIH et pour émettre des recommandations aux États.

      4. Elles sont dirigées par des commissaires indépendants, assistés par des experts en matière d’enquêtes internationales. J’ai travaillé, par ex, pour la Commission au Mali. 🇲🇱🔍

      Vous pouvez trouver plus d’infos sur le fonctionnement de ces commissions👇
      ohchr.org/sites/default/…

      5. Depuis presque 20 ans, des commissions de l’ONU documentent les crimes commis tant par l’armée israélienne que par les groupes armés palestiniens. Elles ont notamment publié des rapports en 2009, 2012, 2014, 2018, et émis des recommandations, qui sont restées lettre morte.

      6. Le 27 mai 2021, le @UN_HRC a créé d’urgence une nouvelle commission d’enquête internationale, indépendante et permanente pour enquêter sur les violations présumées des droits humains et du DIH en #Palestine et en #Israël. 🇵🇸🇮🇱🔍

      https://www.ohchr.org/en/hr-bodies/hrc/co-israel/index

      7. Le rapport publié aujourd’hui par cette Commission marque la première enquête approfondie de l’ONU sur les événements survenus depuis le 7 octobre 2023.

      Il s’agit d’un travail important, largement documenté, malgré les difficultés de cette enquête.

      https://www.ohchr.org/en/press-releases/2024/06/israeli-authorities-palestinian-armed-groups-are-responsible-war-crimes

      8. Les conclusions de la Commission reposent sur des entretiens avec plus de 70 victimes et témoins (dont plus de 2/3 de femmes), des milliers d’éléments de preuve vérifiés par des analyses forensiques, ainsi que des images satellitaires et des rapports médicaux.

      9. La Commission indique, dans son rapport, qu’Israël a entravé ses enquêtes et bloqué l’accès à son territoire et au Territoire palestinien occupé. ❌

      Pour rappel la @CIJ_ICJ a ordonné à Israël dans son ordonnance du 24 mai, de faciliter les enquêtes des Nations Unies à Gaza.👇
      Unroll available on Thread Reader

      10. ⚫️ LES ACCUSATIONS CONTRE LE HAMAS.

      Concernant l’attaque du 7 octobre, la Commission conclut que le Hamas et 5 autres groupes armés 🇵🇸 ont commis des crimes de guerre, incluant des attaques contre les civils, des meurtres, des actes de torture, et des prises d’otages.

      11. La Commission conclut que des civils palestiniens ont participé à ces attaques et à ces crimes.

      12. La Commission confirme également que des violences sexuelles et basées sur le genre ont été perpétrées par les groupes armés 🇵🇸 en Israël, de manière similaire et dans plusieurs endroits, principalement contre des femmes israéliennes.

      13. La Commission rappelle également que les tirs indiscriminés de roquettes vers des villes israéliennes, causant morts et blessures parmi les civils, constituent aussi des violations du DIH.

      14. 🔵 LES ACCUSATIONS CONTRE ISRAËL.

      La Commission conclut que les autorités 🇮🇱 sont responsables de crimes de guerre incluant la famine comme méthode de guerre, le meurtre, les attaques intentionnelles contre des civils, ainsi que le transfert forcé de population.

      15. La Commission accuse également les autorités 🇮🇱 de torture, de traitement inhumain, et de violences sexuelles.

      Elle soutient que « des formes spécifiques de violence sexuelle constituent une partie des procédures opérationnelles des Forces de Sécurité israéliennes ».

      16. Elle conclut que les autorités israéliennes ont également commis des crimes contre l’humanité, notamment l’extermination et la persécution ciblant spécifiquement les hommes et les garçons palestiniens (en plus des meurtres, des transferts forcés, et des actes de torture).

      17. Concernant la Cisjordanie, la Commission conclut que des crimes, y compris des actes de torture, des traitements inhumains et des violences sexuelles ont été commis par des colons 🇮🇱, dans le cadre d’une campagne de violence encouragée par le gouvernement et les forces 🇮🇱.

      18. La Commission met aussi en exergue de nombreuses déclarations de responsables politiques, militaires et de journalistes 🇮🇱 qui incitent à la violence. Ces déclarations qui établissent l’intention criminelle, sont aussi susceptibles de constituer une incitation au génocide.

      19. 🔴 LES RECOMMANDATIONS.

      […]

      @CIJ_ICJ 21. Elle appelle le Conseil de Sécurité des Nations Unies à prendre une résolution au visa du #Chapitre_VII, ordonnant un cessez le feu immédiat, la libération inconditionnelle des otages et réaffirmant le droit du peuple palestinien à l’autodétermination.

      @CIJ_ICJ 22. Elle appelle tous les États à respecter leurs obligations internationales, notamment au regard des conventions de Genève et de la prévention du génocide, à poursuivre les auteurs de ces crimes et à soutenir l’action de la @CourPenaleInt. ⚖️

      23. Le rapport de la Commission, qui corrobore largement les accusations du Procureur de la @CourPenaleInt, sera présenté mercredi 19 juin, lors de la 56e session du Conseil des droits de l’homme à Genève. #HRC56

      https://www.ohchr.org/en/hr-bodies/hrc/regular-sessions/session56/regular-session
      @CourPenaleInt 24. 📕🇵🇸 Le rapport complet de la Commission consacré aux crimes du Hamas et des autres groupes armés palestiniens est disponible, en anglais, ici.👇

      ohchr.org/sites/default/…
      @CourPenaleInt 25. 📗🇮🇱 Le rapport concernant les crimes commis par le gouvernement israélien est disponible, en anglais, ici.👇

      ohchr.org/sites/default/…

      26. ⚠️ La Commission va être accusée de partialité, tout comme l’ont été la CIJ, la CPI, l’ONU et tous ceux qui dénoncent les crimes en 🇵🇸. Je ne réponds plus à ces accusations fallacieuses, qui n’ont pour seul objectif que de détourner l’attention de la situation à Gaza !

      27. S’ils veulent vraiment la paix, les États doivent mettre en œuvre les recommandations de la Commission. L’impunité dont jouissent les auteurs des crimes, aujourd’hui comme hier, alimente la haine et la violence au Proche-Orient comme ailleurs. ⚖️🕊️

      • • •

    • Comme le répète Graig Mokhiber, toute accusation émanant de l’état sioniste est en fait un aveu

      Craig Mokhiber sur X : “Israel lied about beheaded & burned babies, mutilated mothers, human shields, military in hospitals & systematic rape in order to justify genocide. It then proceeded to commit each and every one of those atrocities. Every Israeli accusation is a confession. #Palestine #Gaza” / X
      https://x.com/CraigMokhiber/status/1797661152270528918

      Israel lied about beheaded & burned babies, mutilated mothers, human shields, military in hospitals & systematic rape in order to justify genocide.

      It then proceeded to commit each and every one of those atrocities.

      Every Israeli accusation is a confession.

  • 17 mars 2024 | Alain Marshal | Le Club
    https://blogs.mediapart.fr/alain-marshal/blog/170324/norman-finkelstein-les-accusations-de-crimes-sexuels-contre-le-hamas

    Norman Finkelstein, fils de survivants d’Auschwitz & du ghetto de Varsovie et autorité mondiale sur la Palestine, analyse le rapport de l’ONU sur les violences sexuelles commises le 7 octobre. Il établit que les preuves avancées sont très minces et conclut que l’allégation du recours par le Hamas au viol comme arme de guerre est aussi infondée que celle du bunker militaire sous l’hôpital al-Shifa.

    Les passages cités en italique dans cet article sont tirés du résumé et du corps du rapport de la mission Patten. ( ...)

    https://www.un.org/sexualviolenceinconflict/wp-content/uploads/2024/03/report/mission-report-official-visit-of-the-office-of-the-srsg-svc-to-israel-and-the-occupied-west-bank-29-january-14-february-2024/20240304-Israel-oWB-CRSV-report.pdf

    Norman Finkelstein : les accusations de crimes sexuels contre le Hamas sont infondées
    Par Norman Finkelstein, le 11 mars 2024 | Traduction Alain Marshal
    #7oct #viols

    • 15 Witnesses, Three Confessions, a Pattern of Naked Dead Bodies. All the Evidence of Hamas Rape on October 7
      Liza Rozovsky | Apr 18, 2024 | Haaretz
      https://www.haaretz.com/israel-news/2024-04-18/ty-article-magazine/witnesses-confessions-naked-dead-bodies-all-the-evidence-of-hamas-rape-on-oct-7/0000018e-f114-d92e-abfe-f77f7e3f0000

      Hamas’ acts of rape on October 7 have turned into one of the massacre’s most contentious topics. Each testimony and detail that emerges is weaponized in the clash between Israel’s supporters and its opponents. Now, based on conversations with dozens of sources, a Haaretz investigation delineates which proof exists for sex crimes committed by Hamas – and what is missing

      It became one of the most talked-about and controversial issues relating to the October 7 massacre. New information is published on the subject weekly, sometimes daily. Every new piece of testimony that is uncovered, every new detail revealed, immediately turns volatile.

      On the one hand, pro-Palestinian websites are conducting an intensive campaign of denial, endeavoring to call into question the reliability of findings and testimonies. On the other hand, Israeli spokespersons latch onto every gut-wrenching report in their efforts to persuade the world of the truth of the atrocities that were perpetrated, and in some cases also invoke them in order to excoriate the enemy and score political points. At times it seems as though the acts of rape committed by Hamas terrorists during the massacre have become almost the whole story. (...)

  • Native American children endured years of sexual abuse at boarding schools - ‘In the name of God’
    https://www.washingtonpost.com/investigations/interactive/2024/sexual-abuse-native-american-boarding-schools/?itid=hp-top-table-main_p001_f001

    These firsthand accounts and other evidence documented by The Washington Post reveal the brutality and sexual abuse inflicted upon children who were taken from their families under a systematic effort by the federal government to destroy Native American culture, assimilate children into White society and seize tribal lands.

    From 1819 to 1969, tens of thousands of children were sent to more than 500 boarding schools across the country, the majority run or funded by the U.S. government. Children were stripped of their names, their long hair was cut, and they were beaten for speaking their languages, leaving deep emotional scars on Native American families and communities. By 1900, 1 out of 5 Native American school-age children attended a boarding school. At least 80 of the schools were operated by the Catholic Church or its religious affiliates.

    The Post investigation reveals a portrait of pervasive sexual abuse endured by Native American children at Catholic-run schools in remote regions of the Midwest and Pacific Northwest, including Alaska.

    At least 122 priests, sisters and brothers assigned to 22 boarding schools since the 1890s were later accused of sexually abusing Native American children under their care, The Post found. Most of the documented abuse occurred in the 1950s and 1960s and involved more than 1,000 children.

  • Violences sexuelles : des récidivistes au volant des bus et des cars scolaires
    https://disclose.ngo/fr/article/violences-sexuelles-des-recidivistes-au-volant-des-bus-et-des-cars-scolair

    Chaque jour, des chauffeurs de bus condamnés pour violences sexuelles prennent le volant, malgré les risques de récidive. D’après l’enquête de Disclose, les trois-quarts de leurs victimes étaient mineures au moment des faits. Enquête sur un fléau facilité par l’absence de contrôle des employeurs comme des autorités. Lire l’article

  • Guerre Israël-Hamas : Des exécutions et des viols de femmes palestiniennes ont eu lieu à Gaza, estiment des experts La Libre - Belga

    Des experts indépendants liés aux Nations unies sont profondément préoccupés par des “allégations crédibles” d’exécutions et de viols de filles et de femmes par les forces israéliennes dans la bande de Gaza et en Cisjordanie. C’est ce qu’a annoncé lundi un groupe d’experts du Conseil des droits de l’homme des Nations unies.

    Ces experts, dont la rapporteuse spéciale de l’ONU sur la violence à l’égard des femmes, Reem Alsalem, ont dit avoir reçu des informations sur des exécutions “ciblées” de femmes palestiniennes dans la bande de Gaza, souvent en compagnie de membres de leur famille et d’enfants.

    Depuis l’attaque du Hamas le 7 octobre, des centaines d’autres Palestiniennes, dont des défenseures des droits de l’homme, des journalistes et des travailleuses humanitaires, auraient également été détenues arbitrairement à Gaza et en Cisjordanie.

    ”De nombreuses femmes auraient été soumises à des traitements inhumains et dégradants, privées de serviettes hygiéniques, de nourriture et de médicaments, et gravement maltraitées. Lors d’un incident au moins, des femmes palestiniennes de Gaza auraient été détenues dans une cage sous la pluie et dans le froid, sans nourriture”, dénoncent ces experts dans un communiqué de presse.

    Un nombre inconnu de femmes seraient par ailleurs portées disparues après avoir été en contact avec l’armée israélienne.

    Les experts, qui travaillent bénévolement pour les Nations unies, se disent particulièrement préoccupés par les “multiples formes d’agression sexuelle” dont sont victimes les prisonnières palestiniennes de la part des forces israéliennes. Elles seraient notamment fouillées nues.

    Selon les informations disponibles, au moins deux prisonnières palestiniennes auraient été violées et d’autres menacées de viol et de violence sexuelle.

    On ignore d’où proviennent les informations relayées par ce groupe d’experts et s’il les a vérifiées de manière indépendante.

    Ces experts du Conseil des droits de l’homme des Nations unies appellent en tous les cas à une enquête indépendante sur ces allégations et demandent à Israël d’y coopérer.

    #Femmes en #cage et leur #Filles #Palestiniennes #génocide #violence #viols #exécutions #agressions #disparitions #ONU #Gaza #israel

    Source : https://www.lalibre.be/international/moyen-orient/2024/02/20/guerre-israel-hamas-des-executions-et-des-viols-de-femmes-palestiniennes-ont

  • Exclusif. - 41 femmes témoignent : nos nouvelles révélations dans l’affaire Gérard Miller - Elle
    https://www.elle.fr/Societe/Les-enquetes/Exclusif-41-femmes-temoignent-nos-nouvelles-revelations-dans-l-affaire-Miller-4


    #viols aggravés

    Sur son blog, la chroniqueuse féministe Isabelle Alonso, toujours proche du psychanalyste, écrit en effet : « On le chambrait souvent sur sa façon de repérer des jeunes filles dans le public, et d’aller les brancher pendant les pauses ». Dorothée*, technicienne lumière, se souvient précisément de mères de famille venant se plaindre du comportement du psychanalyste auprès des salariés de l’accueil du Studio Gabriel où était tourné « Vivement dimanche ». Sur les sept saisons de « On a tout essayé », elle décrit un homme qui « faisait son marché » (sic) et qui, systématiquement, allait discuter avec les « jeunes filles ».

    Six duos d’amies nous ont ainsi rapporté cette façon de les aborder, suivie d’agressions sexuelles. Leurs témoignages se ressemblent. « Il est venu nous poser des questions sur nous, il disait vouloir comprendre le mode de vie de la jeunesse », se rappelle Stéphanie. Spectatrice dans le public de « Rien à cirer » en 1997, elle dit s’être retrouvée ensuite avec son amie chez lui, en état de semi-conscience, T-shirt relevé au-dessus de la poitrine. Elle avait 19 ans.

  • « Eux, ils arrivent à quinze, ils te foutent la misère, mais toi, tu es toute seule » : Nine revient sur 19 années de placard – L’envolée
    https://lenvolee.net/eux-ils-arrivent-a-quinze-ils-te-foutent-la-misere-mais-toi-tu-es-toute-se

    Émission de l’Envolée du vendredi 12 janvier 2024

    On diffuse un long et très fort entretien avec Nine, prisonnière #longue_peine et correspondante de longue date de l’Envolée, récemment sortie et qui revient sur ses 19 années de placard pendant lesquelles elle s’est fait trimballée dans les toutes les #prisons_pour_femmes de #France. Elle raconte les décès, les trafics et les violences des matons, des #ERIS et des ELAC, les fouilles abusives, et les #viols et les #violences_sexuelles des surveillants dans le quartier pour femmes des #Baumettes. Mais aussi les solidarités et les révoltes, et toutes les fois où elle s’est battue pour ses codétenues. Pendant toute sa détention, elle n’a jamais arrêté de se bagarrer contre l’administration pénitentiaire qui lui a fait payer très cher. Elle décrit aussi les façons dont la tôle l’a détruite et les séquelles qu’elle découvre depuis sa sortie il y a quelques mois.

    « J’ai pris grave. Pour prendre 51 CRI au total, c’est qu’ils n’y sont pas allés avec le dos de la cuillère ! Les Elac m’ont massacrée pour me sortir du QD alors que le téléphone ne m’appartenait pas. Donc oui, ils sont rentrés, à quinze. Et les Eris, et les Elac, à coup de pieds, le plastique dans la gueule, plaquée contre le mur, menottée, tirée comme un chien par les menottes, comme une merde, à éclater mon bras, etc. Mon doigt en charpente, le dos éclaté, la bouche qui coule du sang. Il te prend le crâne et il te plaque boum ! la tête contre le mur, tu crois quoi ? C’est gratuit ? Après il faut apprécier ces gens-là ? Moi je peux pas. »

    « Taper dans les barreaux collectivement c’est pas illégal, puisqu’il faudrait une caméra qui filme tout le monde. Sauf que tout le monde met un rideau de l’autre côté de la fenêtre et tes barreaux sont à l’intérieur. Tu prends ta casserole et bim bim bam ! Je te garantis que quand c’est 200 femmes qui le font, ah ça fait du bruit ! Les voisins ils sont contents hein ! Ça commence à 20h, ça finit à minuit. »

    https://www.mediafire.com/file_premium/zyoudwhih3ma7c0/lenvolee-24-01-12.mp3


    L’abonnement au journal est gratuit pour les prisonniers et les prisonnières.
    #lenvolée

  • Les violences sexuelles à caractère incestueux sur mineur.es

    https://www.cnrs.fr/sites/default/files/download-file/cnrs-un-rapport-sur-les-violences-sexuelles-a-caractere-incestueux-sur-mineures

    #1985 #2017 #viols #violences #pédocriminalité #paroles_libérées_pour_quoi #cause_toujours #pisser_dans_un_violon #crimes #enfance #inceste #france

    60 pages

    C’est dans ce contexte que les militantes féministes (et non, comme
    on aurait pu le croire, les acteurs et actrices de la protection de l’enfance), tout particulièrement au sein du Collectif Féministe contre le
    Viol créé en 1985 (CFCV), ont été les premières à découvrir l’ampleur
    des violences sexuelles intrafamiliales et des viols incestueux, avec
    l’ouverture du numéro gratuit en mars 1986. Dans le même temps paraissaient les premiers témoignages de victimes d’inceste, et avaient lieu les premières émissions télévisées de grande écoute.

    • « Ainsi, le savoir scientifique sur les violences contre les
      femmes est-il bien né (une fois de plus) de la proximité étroite
      des chercheuses qui l’ont construit avec le mouvement social
      féministe, qui a été et demeure encore l’acteur le plus performant
      et parfois le seul acteur présent en matière d’assistance aux
      femmes victimes de violences. Ce mouvement fut donc l’espace de
      production d’un savoir élaboré par des femmes sur les violences
      des hommes, dans un contexte où les biais androcentriques de la
      production des savoirs scientifiques faisaient que les violences
      sexuelles et intrafamiliales (qui touchent majoritairement des
      femmes) n’étaient purement et simplement pas étudiées ni même
      conçues comme des violences par les chercheurs, généralement
      masculins, spécialistes de la délinquance et de la criminalité,
      pas plus qu’elles n’étaient appréhendées par les responsables
      politiques comme des violences devant être prévenues et
      sanctionnées par l’État10. »

  • I Watched The Hamas Massacre Film. Here Are My Thoughts. - YouTube
    https://www.youtube.com/watch?v=mc5iG3DX7ho

    I was invited to watch a screening - organised by the IDF - of the Hamas atrocities committed on 7th October. Here’s my response in detail.

    “When you learn of the horrors which humans are capable of inflicting against each other, you either allow these horrors to deepen your humanity or you use those horrors to numb your humanity so that you can be complicit in even more, and indeed often, greater horrors.”

    Owen Jones, journaliste au Guardian.

    ⏚ Larchmutz 🦊 🍂 : « Journaliste britannique pour l… » - Mastodon
    https://mamot.fr/@Larchmutz/111489168549038548

    Journaliste britannique pour le Guardian, Owen Jones a visionné le film de 43 mn à partir d’une centaine d’heures d’images récupérées auprès des assaillants du Hamas du 7 oct de caméras de surveillance, ou dans les smartphones des Israéliens.
    « Ce film montre bien des crimes de guerre contre des civils, mais il ne présente aucune preuve tangible sur le moindre enfant tué par les combattants du Hamas, ni de preuve de femmes enceintes éventrées, ni même de preuve évidente de viol sur des femmes »

    Selon lui ces « mensonges » servent in fine à « justifier aux yeux du monde le massacre de 15000 Palestiniens dont 6000 enfants »,

    • La dernière phrase du commentaire de « Larchmutz » est fausse.

      Owen Jones ne qualifie pas l’absence d’images de viols, décapitations de gens vivants, etc., de « mensonges ». Il précise bien, à plusieurs reprises, que leur absence ne prouve pas que ça n’est pas arrivé, il se contente de dire que le film en question n’est pas une preuve de leur existence. Évidemment, cela introduit un doute sur la réalité de ces affirmations-là, puisque le film est par ailleurs présenté comme l’argument définitif des atrocités commises le 7 octobre, mais pour autant Jones ne va pas jusqu’à dire que ce sont des mensonges. Il se contente de dire qu’il n’y a pas d’images, dans ce film, correspond à ces affirmations. (Il indique aussi qu’à une projection aux États-Unis, des journalistes dans la salle ont demandé pourquoi il n’y avait pas d’images de cela.)

      Mais surtout, toute la seconde partie de sa vidéo insiste bien sur le fait que ce sont bien les crimes de guerre (du Hamas), qu’il reconnaît, les horreurs et atrocités du 7 octobre, qui ne peuvent pas justifier en réponse d’autres horreurs et atrocités. Il ne parle pas du tout de « mensonges » dans cette partie : il dit très clairement qu’il refuse qu’on utilise les horreurs (avérées) du 7 octobre pour justifier les horreurs contre la population de Gaza. C’est un point de vue bien plus général qui ne dépend pas du tout de la présence ou non de « mensonges ».

      (Par contre, pour être bien clair : la vidéo de Jones est très intéressante et son propos à la fois engagé et mesuré. Et il se prend des tonnes de merde sur la tronche depuis sa mise en ligne – évidemment.)

    • Une ONG israélienne, Physicians for Human Rights, présentée par Peter Harling comme couvrant de manière équilibrée les violences commises de part et d’autre, publie un rapport synthétisant les informations disponibles sur les accusations de viol et conclue de leurs recoupements qu’elles confirment l’existence massive de tels crimes.
      https://twitter.com/PeterHarling/status/1729767849374183426

      This is an initial, professional, deeply disturbing report on rape as an integral part of 7 October.

      It is published by an Israeli human rights organization that equally covers all violations committed by Israel, and forcefully denounces the Gaza war.

      Il poursuit :

      This goes beyond the scope of this focused study, but rape has in this context been weaponized twice: on 7 October and since, to eclipse or justify other crimes.

      This is also why serious human rights organizations are so crucial: They document all crimes, and weaponize none.

      #viols #crimes_de_guerre Pour cette ONG ces crimes sont susceptibles d’être considérées comme des #crimes_contre_l'humanité
      Le rapport est accessible ici : https://www.phr.org.il/wp-content/uploads/2023/11/5771_Sexual_Violence_paper_Eng-final.pdf

  • War-related sexual and gender-based violence in Tigray, Northern Ethiopia: a community-based study

    Introduction. #Sexual_and_gender-based_violence (#SGBV) during armed conflicts has serious ramifications with women and girls disproportionally affected. The impact of the conflict that erupted in November 2020 in Tigray on SGBV is not well documented. This study is aimed at assessing war-related SGBV in war-affected Tigray, Ethiopia.

    Methods: A community-based survey was conducted in 52 (out of 84) districts of Tigray, excluding its western zone and some districts bordering Eritrea due to security reasons. Using a two-stage multistage cluster sampling technique, a total of 5171 women of reproductive age (15-49 years) were randomly selected and included in the study. Analysis used weighted descriptive statistics, regression modelling and tests of associations.

    Results: Overall, 43.3% (2241/5171) of women experienced at least one type of gender-based violence. The incidents of sexual, physical and psychological violence, and rape among women of reproductive age were found to be 9.7% (500/5171), 28.6% (1480/5171), 40.4% (2090/5171) and 7.9% (411/5171), respectively. Of the sexual violence survivors, rape accounted for 82.2% (411/500) cases, of which 68.4% (247) reported being gang raped. Young women (aged 15-24 years) were the most affected by sexual violence, 29.2% (146/500). Commonly reported SGBV-related issues were physical trauma, 23.8% (533/2241), sexually transmitted infections, 16.5% (68/411), HIV infection, 2.7% (11/411), unwanted pregnancy, 9.5% (39/411) and depression 19.2% (431/2241). Most survivors (89.7%) did not receive any postviolence medical or psychological support.

    Conclusions: Systemic war-related SGBV was prevalent in Tigray, with gang-rape as the most common form of sexual violence. Immediate medical and psychological care, and long-term rehabilitation and community support for survivors are urgently needed and recommended.

    Keywords: community-based survey; health policy; injury; public health.

    https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/37479499

    #viols #viol_de_guere #Tigray #Ethiopie #guerre #conflit_armé #femmes #filles #genre #article_scientifique #statistiques #chiffres

    Un article du Washington Post sur ce sujet (#paywall):
    https://www.washingtonpost.com/world/2023/11/26/ethiopia-tigray-rape-survivors-stigma

  • Israël : le calvaire d’Esther, violée et mutilée par les terroristes du Hamas
    https://www.leparisien.fr/international/israel/israel-le-calvaire-desther-violee-et-mutilee-par-les-terroristes-du-hamas

    Les cas de viols et de mutilations sexuelles commis lors des massacres du 7 octobre sont en train de faire surface. Alors que les survivantes peinent encore à parler, l’une d’elles, qui participait au festival Tribe of Nova, a accepté de nous raconter ce qu’elle a subi.

    Dans les déliés de cette courte conversation, Esther (le prénom a été changé) n’est jamais vraiment là. Assise dans son lit, elle cherche du regard le moindre recoin de la pièce, pour fuir les yeux de son interlocuteur. Qui n’en est même pas vraiment un, pour elle : « À l’intérieur, je suis à moitié morte », dit la jeune femme de sa voix tremblante et mécanique.
    Elle a choisi « Esther » pour apparaître comme victime de sévices sexuels. En hébreu, l’une des significations métaphoriques de ce prénom désigne celle qui est « cachée ». La Bible raconte l’histoire de cette princesse juive qui se dissimulait pour ne pas être conduite au harem. « Prise de force par le roi, elle finit par utiliser sa position de nouvelle épouse pour éviter le massacre des #juifs », dit-elle en secouant la tête. « Moi, je ne vais sauver personne, je ne tiens même pas debout. »

    « Je serai toujours l’image vivante du pogrom »

    C’est en un rien de temps qu’Esther a été arrachée au monde des vivants. Le 7 octobre, lorsque la violence du #Hamas a déferlé sur le désert de Be’eri, son petit ami les a entraînées, elle et sa marraine, sous une bâche du bar de la rave party, pour passer inaperçus en faisant les morts. Elle tremblait trop de peur, les terroristes l’ont vue.
    Depuis, Esther n’a pas réussi à se lever. « Littéralement, puisque ma jambe ne répond plus à ma volonté », précise-t-elle. En langage médical, elle a subi une « lésion du pédicule nerveux innervant le membre inférieur. » Dans son souvenir, elle a été violée et en même temps tabassée devant son copain, forcé de regarder avec un couteau sous la gorge : « C’était si douloureux que j’ai perdu connaissance, ils ont arrêté lorsqu’ils m’ont crue morte. » Puis sont arrivées les #mutilations. L’un d’eux s’est mis à utiliser un couteau, ou un tesson de verre, comment savoir ? Elle en garde une paralysie, qui pourrait ne jamais disparaître. « Et même si je remarche, je boiterai. Je serai toujours l’image vivante du #pogrom. »

    Des cas similaires ont été relevés par les médecins légistes sur les cadavres — ou ce qu’il en reste. Nombre d’entre eux ont été tellement dégradés que le travail d’identification continue, six semaines après le massacre, sur la base militaire de Shura. Reconvertie en morgue, elle accueille des conteneurs réfrigérés qui y font office de chambres mortuaires. La plupart de ces #viols, particulièrement cruels, avec des objets, ont été faits post mortem.
    À l’image de la manière dont les terroristes se sont acharnés sur le corps encore chaud de la marraine d’Esther. « Ils ne l’ont pas violée de manière traditionnelle, on va dire, raconte encore la survivante. Peut-être parce qu’elle était beaucoup moins jeune que la moyenne de la rave. C’était une fêtarde, qui aimait sortir avec nous pour danser dans la nature. »

    Une stratégie pour jeter la honte sur la société ?

    Même lorsqu’elle évoque son deuil, sa voix est vierge de sanglots. Les mots s’abattent de façon clinique, froide, « comme s’il ne s’agissait pas de son histoire », observe un psychiatre hospitalier. « C’est typique du syndrome de stress post-traumatique, en particulier lors d’un viol », poursuit le médecin, expert de ces sujets. « Le cerveau de la victime met sa subjectivité et toutes ses émotions sur pause pendant l’agression, comme un animal qui se fige, pris dans le danger », poursuit-il. « Elles disent que c’est comme si elles s’étaient détachées de leur corps, laissé à l’agresseur, afin de protéger leur intégrité psychique. » Le problème survient lorsque certaines restent bloquées dans cette dissociation.

    Encore peu couverte, la question de #crimes_sexuels de masse commis ce jour-là plonge la nation israélienne dans la souffrance supplémentaire de l’incompréhension. Ces profanations des attributs sexuels féminins interpellent Noémie Issan, philosophe franco-israélienne. Selon elle, « alors que les informations sortent au compte-gouttes pour protéger les rares qui ont survécu et les familles des victimes, il est difficile de savoir si ce sadisme a découlé d’un ordre, comme un élément de stratégie » destiné à jeter la honte sur la société, à la déliter. « Je n’ai pas honte, glisse Esther. Pour ressentir ça, il faudrait que je sois plus que demi-vivante. »

    https://archive.is/LLQeY

    #7_oct #7_octobre_2023

    • #BigGrizzly n’a pas eu le clavier très léger sur cette remarque. J’ai fait l’effort de lire ce texte, avec ses détails horribles. Et j’espère - même si quelque part ce serait mieux pour elle - que ce n’est pas un mensonge de plus dans la longue liste au "crédit" des autorités israéliennes. Quand bien même tout y serait vrai (c’est bien peu sourcé, et l’anonymat n’arrange rien), la présentation (et la publication dans ce type de presse) est clairement manipulée. Quelques exemples :
      – "En hébreu, l’une des significations métaphoriques de ce prénom désigne celle qui est « cachée ». La Bible raconte l’histoire de cette princesse juive qui se dissimulait pour ne pas être conduite au harem" . Conduite au harem, voilà qui sent bon le sable chaud de l’islamophobie...
      – « Je serai toujours l’image vivante du pogrom » C’est en un rien de temps qu’Esther a été arrachée au monde des vivants. "Pogrom", comme "terroriste" n’est pas choisi au hasard. Et la phrase suivante !...
      – Des cas similaires ont été relevés par les médecins légistes sur les cadavres — ou ce qu’il en reste. Nombre d’entre eux ont été tellement dégradés qe le travail d’identification continue, six semaines après le massacre : : peut-être faudrait-il signaler que la presse israélienne elle-même reconnaît que les médecins légistes n’ont pas pu (voulu ?) faire le travail...
      – "crimes_sexuels de masse" (c’est toi le hashtag, Colporteur ?), espérons des faits, moins de manipulations, et si possible moins d’affects...

    • sur le terme pogrom, j’ai l’impression que cette remarque de l’historien Omer Bartov n’a pas été référencée sur @seenthis

      https://www.lemonde.fr/idees/article/2023/10/27/omer-bartov-historien-israel-ne-semble-disposer-d-aucun-plan-politique-il-ne

      Au sujet de ces attaques, Israël et ses partisans ont parlé de « pogrom » et ont, de façon plus générale, fait référence à la Shoah. Que pensez-vous de cette comparaison ?
      Recourir au mot « pogrom » est faux et trompeur. Le terme est par ailleurs surdéterminé sur le plan idéologique. Le mot « pogrom » désignait des agressions commises contre les communautés juives, tout particulièrement dans le sud de la Russie et en Ukraine. Des foules étaient incitées à s’attaquer à ces communautés, parfois avec le soutien des autorités. Depuis, ce terme a aussi été utilisé pour désigner des actes perpétrés ailleurs par d’autres populations contre d’autres minorités.

      L’intention première du sionisme était de fonder un Etat majoritairement juif sur le sol duquel les pogroms ne seraient par définition plus possibles, puisque les autorités politiques, militaires et de maintien de l’ordre seraient toutes juives. Il est donc parfaitement anachronique de recourir à ce terme pour désigner l’attaque terroriste perpétrée par le Hamas. Mais la raison pour laquelle on utilise aujourd’hui ce mot a à voir avec la référence intentionnelle ou subconsciente à la violence antijuive et spécifiquement à la Shoah, cet événement historique qui est précisément à l’origine de la fondation de l’Etat d’Israël.

      En parlant de « pogrom », on attribue au Hamas, et par extension à toutes les autres organisations palestiniennes, ou même aux Palestiniens en général, un antisémitisme féroce caractérisé par une propension à la violence vicieuse, irrationnelle et meurtrière, dont l’unique objectif serait de tuer des juifs. En d’autres termes, conformément à cette logique, il n’y aurait pas lieu de négocier avec les Palestiniens. C’est la logique du « eux ou nous » : si nous ne les tuons pas, ce sont eux qui nous tueront. Dans une telle logique, il importe au moins de les enfermer derrière des murs et des clôtures barbelées.

    • dans Haaretz (au moins) le terme pogrom a été employé à de multiples reprises pour désigner les exactions commises par des soldats ou des colons israéliens contre des palestiniens en Cisjordanie, y compris en l’absence d’homicides, au moins depuis 2021 (sans doute avant)
      https://www.haaretz.com/opinion/editorial/2021-09-30/ty-article-opinion/a-pogrom-and-silence/0000017f-e3d0-d7b2-a77f-e3d7bac80000
      https://www.haaretz.com/israel-news/twilight-zone/2022-11-18/ty-article-magazine/.highlight/theres-only-one-way-to-describe-this-settler-attack-a-pogrom/00000184-89c7-d9ce-a1f6-9be796390000
      et ensuite
      https://www.haaretz.com/opinion/2023-03-19/ty-article-opinion/.premium/the-pogrom-against-palestinians-that-brought-the-occupation-home-to-jewish-israelis/00000186-f983-d711-a9de-fdebab2b0000
      https://www.haaretz.com/opinion/editorial/2023-06-23/ty-article-opinion/.premium/standing-orders-for-a-pogrom-against-palestinians/00000188-e459-d5fc-ab9d-ff79bc690000
      https://www.haaretz.com/israel-news/2023-03-04/ty-article/.premium/israeli-settlers-threaten-another-hawara-pogrom-on-saturday-night/00000186-ad5d-de2a-a1ee-af5f092f0000
      etc.

      pour ma part, je trouvais ça un peu léger, non pas que les persécutions et les meurtres de palestiniens me paraissent anodins, mais parce que l’aspect quotidien ou presque, étalé dans le temps en "petites" quantités me semblait distinct de ce que furent les pogroms (y compris ceux contre des ouvriers italiens en France en 1893), avec leur aspect éruptif, ou la répétition ne venait qu’après des moments d’accalmie. de ce point de vue, ce qui a lieu en Cisjordanie ressemble aussi à ce que fut le traitement des esclaves dans les états du sud US, une terreur continue, le meurtre autorisé au premier prétexte.

      qu’aujourd’hui on puisse décrire les crimes du 7 octobre, dont on sait, sans détails suffisants, qu’ils ont aussi été le fait de civils palestiniens et pas seulement de soldats du Hamas ou du Djihad, sans compter les morts et blessés dus à l’armée israélienne, là aussi sans qu’on sache dans quelle proportion), ne devrait surprendre personne. de là à dire qu’ils faut tuer les palestiniens, il y a une marge, faite pour être franchie de part et d’autre, israéliens et pro-israéliens, palestiniens et pro-palestiniens. mais ce n’est pas obligatoire, y compris au sein des quatre catégories citées.

      sinon, cette survivante parle dans des termes qui sont les siens, visiblement religieux. je ne m’en étonne pas plus que lorsque je vois un gazaoui qui découvre son fils mort avoir pour premier réflexe de se prosterner pour prier. rien de mieux que la terreur et le désespoir pour renouer pour renouer avec sa religion (sens et consolation, aussi insuffisants soient-ils) lorsque l’on dispose de ce secours.

      Reddit quant à Omer Bartov il dit également dans ce même article

      De nombreux universitaires qui se disent de gauche et autres soutiens de la Palestine ont salué les massacres haineux perpétrés par le Hamas et se sont exprimés avec virulence contre le droit d’Israël à défendre ses citoyens en ripostant contre le mouvement islamiste, qui utilise les populations civiles comme boucliers humains dans la bande de Gaza, très densément peuplée. Même ceux qui ne saluent pas explicitement les massacres ont fait preuve d’un manque total d’empathie pour les centaines de victimes et les otages juifs. Et de fait, bien souvent, les déclarations condamnant les bombardements israéliens sur Gaza n’évoquent même pas l’attaque du 7 octobre.

      Omer Bartov, historien : « Israël ne semble disposer d’aucun plan politique, il ne dispose que d’un plan militaire très hasardeux »
      https://archive.is/Fcbjs

    • Habituellement, les récits de violences sexuelles font l’objet d’avertissement, de trigger warnings, de précautions.
      Habituellement, les témoignages de violences sexuelles font l’objet d’euphémisations, de conditionnels, de réécritures, voire de mise sous silence, en donnant carrément la parole à l’agresseur.
      Habituellement, le pathos dans les violences sexuelles est mal vu, parce qu’empêchant la bonne distance aux faits, à la froide compréhension que les journalistes souhaitent nous donner accès.

      Ces transgressions aux bonnes habitudes journalistiques doivent pouvoir s’expliquer.
      Par exemple, il se peut que le fait que nous soyons dans le contexte du viol parfait, le seul qui mérite d’être condamné sans jugement, sans présomption d’innocence. La victime bien blanche, l’agresseur bien « autre », étranger, et même arabislamiste, carrément.

      Un snuff movie, sous sa forme d’image ou sous sa forme textuelle, reste un snuff movie. Et en imposer le visionnage reste une violence.

      Et n’allez pas m’accuser de vouloir cacher quoi que ce soit. Je ne nie rien de tout ce qui est écrit, filmé, ni de l’horreur, ni des souffrances.

      A quel moment ceux qui relaient vont-ils cesser de nier le double standard que les transgressions que j’évoque représentent ? Hier, je lisais un texte tout en pudeur du récit d’une famille massacrée sous des tonnes de gravats, récit que l’on sait pouvoir multiplier par milliers. A quel moment est-ce que le Parisien et tous les autres vont-ils accepter de rendre la pareille à ces victimes là, moins blanches, moins conformes, moins susceptibles d’empathies de la part de leurs lecteurs ?

      Hier, colporteur, ton partage m’a mis mal à l’aise, oui, parce qu’une fois de plus, sans remords et sans vergogne, on me fout sous le nez ce qui ne ressort qu’avec difficultés quand le bourreau est du bon côté du manche, à savoir l’horreur crue que représente la barbarie débridée.

    • Même ceux qui ne saluent pas explicitement les massacres ont fait preuve d’un manque total d’empathie pour les centaines de victimes et les otages juifs.

      Concurrence victimaire.
      A chaque fois que tu réclames la prise en compte des victimes palestiniennes, n’oublie pas de rappeler que tu penses aussi aux victimes israéliennes, sinon, ton propos est disqualifié.

      Tiens, à chaque fois que tu parles des victimes d’Hiroshima, si tu veux être pris au sérieux, et ne pas être pris en flagrant délit de double standard, tu te dois de rappeler toutes les victimes de Pearl Harbour. Sinon, c’est la preuve que ton propos est malveillant.

      Procès d’intention crétin.

      Mais je comprends. L’ensemble de ces 75 années d’occupation sont une immense démonstration de la malveillance et de la crétinerie humaine.

    • Le titre du Parisien, calvaire, viol, mutilation, est explicite.
      L’entretien Bartov date du 27 octobre. Son refus de caractériser le 7 octobre comme un pogrom est discutable, comme le montre l’utilisation répétée du terme par des israéliens à propos d’actes antérieurs commis par des israéliens. Sa manière de parler du « droit d’Israël à défendre ses citoyens » est dans ce passage discutable (après 19 jours de bombardements massifs...) mais ses propos critiquer l’orientation exclusivement militaire le passage qui suit immédiatement critique aussi l’état d’esprit de nombreux israéliens et de leurs soutiens : 3A l’inverse, les soutiens d’Israël, pour l’essentiel des juifs, qui se sentent profondément trahis par leurs collègues de gauche et leur absence totale d’empathie pour les victimes du 7 octobre, et qui peuvent eux-mêmes se montrer ambivalents face aux destructions immenses actuellement infligées à Gaza par les forces israéliennes, refusent généralement de reconnaître les causes politiques plus profondes de cet état des choses". Le manque d’empathie pour les morts et blessés du 7 octobre ne peut être nié qu’en raison du déferlement compassionnel médiatique et gouvernemental qui l’accompagnait et de l’absence de toute empathie, pour les palestiniens, les tutsis et tant d’autres.

      je crois avoir été parmi les premiers ici à signaler le témoignage dune kibboutzim discrètement épargnée par un combattant du Hamas le 7/10, qui semble contredire la thèse qu’’instruction aurait été donnée de tuer le maximum de civils, comme celui d’une autre indiquant que ce sont des tirs de char des FDI qui ont tué une partie des habitants de son kibboutz, élément tout à fait contradictoire avec la propagande israélienne à l’époque et aujourd’hui.

      Merci d’éviter de me chercher systématiquement des poux dans la tête pour me couper la langue.

      edit selon Physicians for Human Rights, des viols ont bien eu lieu le 7 octobre confirme
      https://seenthis.net/messages/1029266#message1029298

    • De l’indifférenciation à l’indifférence. Sur les viols de masse le 7 octobre en Israël.
      https://k-larevue.com/de-lindifferenciation-a-lindifference-sur-les-viols-de-masse-le-7-octobre

      Que dire des crimes sexuels perpétrés par les hommes du Hamas le 7 octobre – documentés un peu plus chaque jour par le travail d’un groupe israélien de gynécologues, médecins légistes, psychologues et juristes du droit international ? Et comment comprendre l’occultation de la violence faite aux femmes ce jour-là par une partie de l’opinion mondiale – supposées « féministes » comprises ? Cette occultation ne revient-elle pas à faire une deuxième fois violence à ces femmes, comme si leur calvaire ne comptait pas et était dépourvu de signification ?

      Chaque viol est un acte. La « femme », s’il est possible de la définir, se caractérise par le fait de savoir que cet acte en quoi le viol consiste peut toujours lui arriver à elle. Elle est cet être humain qui vit, grandit, évolue et se transforme avec ce savoir intime qu’elle peut toujours se faire violer. « Sachante », cela la rend alors plus directement interrogative : comment un tel acte est-il réellement possible ? Comment fait-on pour violer une femme ? La question se pose, parce que le viol comme destruction du corps de l’autre a ceci de spécifique que l’agent destructeur use pour y parvenir de son propre corps : l’homme qui viole le plus souvent ne recourt pas à des outils, des prolongations techniques du corps humain, mais se sert de son corps propre comme d’une arme ; et plus précisément, non pas d’une partie corporelle que la fermeté constitutive rend toujours potentiellement disponible pour servir d’arme, tels le pied ou le poing, mais de son pénis, qui doit se durcir pour pouvoir devenir un moyen de destruction. Le viol à proprement parler, celui qui déchire les parties intimes de la femme par pénétration sauvage, ne peut effectivement s’accomplir que si l’homme est en érection. Qu’est-ce qui, face à une femme hurlant de terreur et de douleur, produit, puis soutient cette érection ? Quel est le processus psycho-physiologique qui rend possible cet acte ?
      Quiconque s’attèle à une enquête dans son entourage masculin se trouve peu renseigné. Interrogez les hommes autour de vous sur la question de savoir comment ces hommes-là font pour bander, et vous obtiendrez une fin de non-recevoir, dont le plus étrange est qu’elle n’est absolument pas soupçonnable d’insincérité : le viol, c’est le crime de l’autre par excellence, avec qui on n’a rien de commun. Comme si les hommes qui violent faisaient partie d’une autre espèce avec laquelle ils ne partagent rien et qu’ils ne comprennent pas.
      Les femmes, quant à elles, n’y comprennent rien non plus. Pour elles, en matière de sexualité, les hommes sont tout aussi compliqués qu’elles-mêmes. Rien de simple dans l’érection d’un homme. La sexualité leur est tout aussi désirable qu’à elles, tout aussi peu évidente également – et ce savoir partagé entre hommes et femmes se maintient contre une société qui ne cesse de colporter le fantasme d’une sexualité simple, directe et quasi-animale pour les hommes et fort compliquée pour les femmes.
      Aussi l’affirmation qui parfois est censée servir d’explication à la possibilité du viol, selon laquelle les hommes sont constitutivement et potentiellement tous des violeurs, en vérité tous excités devant n’importe quel corps de femme nue ou potentiellement dénudable et seulement tenus en respect par la crainte de sanction, n’éclaire-t-elle strictement rien. Pour quiconque d’un peu sincère, le mystère du « comment » reste entier. Peut-être même est-ce cette incompréhension absolue qui est à l’origine de la thèse étrangement rassurante de « tous des violeurs ». Comme un refus de se confronter au caractère abyssal de la question, qui ne vise pas seulement la possibilité de l’érection en vue de la destruction d’une femme, mais aussi le mystère qu’un homme puisse accepter de jouir en réalisant cette œuvre destructrice à laquelle, il faut le répéter, celui qui l’accomplit assiste à chaque seconde.
      On n’a donc aucune hypothèse à présenter pour expliquer comment ont fait les membres des commandos du Hamas pour user de leur intimité comme arme pendant leurs raids sur le festival de musique et les vingt villages israéliens à la frontière de la Bande de Gaza. On peut en revanche dire une petite partie de ce qui a été fait aux femmes, et émettre une interprétation qui éclaire non pas les faits, mais leur occultation par l’opinion mondiale. Comme cette occultation revient à faire une deuxième fois violence à ces femmes, comme si leur calvaire ne comptait pas, était dépourvu de sens et de signification, commençons par les faits.

      Le viol, l’un des objectifs – occulté – de l’attaque du 7 octobre…

      On sait désormais partiellement, grâce au travail courageux d’un groupe de professionnelles israéliennes – gynécologues, médecins légistes, juristes du droit international et psychologues[1] –, ce qu’ont fait les hommes du Hamas : ils ont violé de façon répétée, et l’ont fait en groupe. Ils ont tellement violé que l’on voit l’entrejambe des pantalons des femmes kidnappées rouges de sang, et des flaques de sang entre les jambes de femmes et de filles assassinées après les viols. Ils les ont tant violées que certaines, retrouvées mortes, ont eu les os pelviens brisés. Ils ont violé des adolescentes, des femmes et des femmes âgées. Ils ont coupé des seins. Ils ont mutilé les parties sexuelles de leurs victimes – en ce cas, y compris des hommes. Ils ont torturé les femmes après le viol. Ils se sont filmés le faisant. Ils ont envoyé les vidéos des viols et tortures aux proches, qui durent y assister à distance, là où ils n’étaient pas contraints d’assister en direct à ce qui était fait à leurs amies, compagnes, épouses, mères, sœurs et filles. Ces femmes, ils les ont presque toutes tuées après les viols, ou laissées pour mortes[2]. La plupart des victimes survivantes dont on a connaissance à l’heure actuelle, ou plutôt qu’on espère encore vivantes, sont les femmes qui ont été entraînées, déjà violées, à Gaza. On a trouvé un glossaire arabe – hébreu sur l’un des combattants morts du Hamas, indiquant, entre autres, des phrases utiles en hébreu pour faciliter l’acte de violer : « enlève ton pantalon », « retourne-toi » … Les terroristes ayant survécu et été faits prisonniers expliquent à ce propos que le viol était l’un des objectifs de l’attaque.

  • Crimes sexuels de guerre : une histoire de la #violence

    Israël a récemment annoncé l’ouverture d’une enquête sur de possibles #crimes_sexuels commis par le #Hamas. Le viol comme arme de guerre est aussi mis en avant dans le cadre de la guerre en Ukraine. L’invasion russe peut-elle servir de modèle pour comprendre les mécanismes de ces #violences ?

    Avec

    - #Sofi_Oksanen Écrivaine
    - #Céline_Bardet Juriste et enquêtrice criminelle internationale, fondatrice et directrice de l’ONG « We are Not Weapons of War »

    Israël a récemment ouvert une enquête sur d’éventuels crimes sexuels perpétrés par le Hamas. Parallèlement, l’utilisation du viol comme arme de guerre a été évoquée dans le contexte du conflit en Ukraine. Peut-on utiliser l’invasion russe comme un modèle pour comprendre les mécanismes de ces violences ?
    Le viol, arme de guerre traditionnelle des Russes ?

    Par son histoire familiale et ses origines estoniennes, l’écrivaine finlandaise Sofi Oksanen a vécu entre l’URSS et la Finlande et a grandi avec des récits de guerre lors de l’occupation soviétique des États baltes. Ces thèmes sont aujourd’hui centraux dans ses écrits. Selon elle, « dans la stratégie de guerre russe, il y a toujours eu des violences sexuelles. L’invasion en Ukraine est une sinistre répétition de la guerre telle que l’ont toujours menée des Russes. Et pourquoi n’ont-ils jamais cessé ? Car on ne leur a jamais demandé de le faire. »

    Les crimes sexuels font partie intégrante de la manière dont les Russes font la guerre. Elle déclare même dans son dernier ouvrage La guerre de Poutine contre les femmes que des soldats russes demandent la permission à leur famille pour commettre des viols : « ils sont adoubés et encouragés à commettre des crimes sexuels et des pillages. » Céline Bardet, juriste et enquêtrice internationale, insiste-t-elle sur la nécessité de documenter et de punir ces féminicides pour ce qu’ils sont. Elle dresse un parallèle avec la guerre en Syrie : « les femmes se déplaçaient par peur d’être violées. Quand on viole des hommes, on veut aussi les féminiser et les réduire à néant. »

    Comment mener une enquête sur les violences sexuelles en temps de guerre ?

    « J’ai créé depuis longtemps un site qui publie des rapports sur la situation. J’ai voulu écrire ces livres, car je voulais rendre accessible, faire comme une sorte de guide pour permettre de comprendre les crimes de guerre et comment les documenter. Sur les sites, il est difficile de relier les point entre eux pour comprendre la manière dont la Russie mène ses guerres. Elle conquiert et s’étend de la même manière. Il faut reconnaître ce schéma pour mieux le combattre. », explique Sofi Oksanen.

    Une opération hybride se déroule actuellement à la frontière entre la Finlande et la Russie : « la Russie nous envoie des réfugiés à la frontière. Cela s’était déjà produit en 2015, en Biélorussie également. Loukachenko a beaucoup recouru à ce moyen de pression. La Finlande a alors fermé sa frontière ». La Russie est également accusée de déportation d’enfants en Ukraine : « ces violences sont documentées. Concernant l’acte d’accusation émis par la CPI, beaucoup de gens en Ukraine y travaillent, mais avec des zones occupées, le travail de la justice prend plus de temps », déclare Céline Bardet.

    Concernant les violences effectuées contre des femmes par le Hamas le 7 octobre, Céline Bardet émet néanmoins des réserves sur la potentielle qualification de « féminicide de masse » : « les éléments ne sont pas suffisants pour parler de féminicide de masse. Pour le considérer ainsi, il faut prouver une intention particulière de commettre des violences contre des femmes, car elles sont des femmes. Pour le moment, le féminicide n’est d’ailleurs pas une définition pour le droit international ».

    https://www.radiofrance.fr/franceculture/podcasts/france-culture-va-plus-loin-l-invite-e-des-matins/crimes-sexuels-de-guerre-une-histoire-de-la-violence-3840815
    #crimes_sexuels #viols_comme_arme_de_guerre #viols #guerre #viol_de_guerre #Bosnie #Bosnie-Herzégovine #Rwanda #génocide #outil_génocidaire #Libye #hommes #Ukraine #humiliation #pouvoir #armée_russe #torture #impunité #patriarcat #déshumanisation #nettoyage_ethnique #violence_de_masse #violences_sexuelles_dans_la_guerre #systématisation #féminicide #féminicides_de_masse #intentionnalité

    #podcast #audio

    Citations :
    Sofi Oksanen (min 30’54) : « Ce qui m’a poussée à écrire ce livre c’est que, vous savez, les #procès, ça coûte très cher, et ce qui m’inquiète c’est que certains crimes sexuels vont être marginalisés et ne sont pas jugés comme ils le devraient. Ils ne vont pas être jugés comme étant des crimes assez importants pour faire l’objet de poursuites particulières. Or, si on ne les juge pas, ces crimes, l’avenir des femmes et des enfants ne sera qu’assombri ».
    Céline Bardet (min 32’08) : « La justice c’est quoi ? C’est la poursuite au pénal, mais c’est aussi de parler de ces crimes, c’est aussi de donner la parole à ces survivantes et ces survivants si ils et elles veulent la prendre. C’est documenter ça et c’est mémoriser tout cela. Il faut qu’on sache ce qui se passe, il faut qu’on parle pour qu’en tant que société on comprenne l’origine de ces violences et qu’on essaie de mieux les prévenir. Tout ça se sont des éléments qui font partie de la justice. La justice ce n’est pas que un tribunal pénal qui poursuit quelqu’un. C’est énormément d’autres choses. »
    Sofi Oksanen (min 33’00) : « Je suis complètement d’accord avec Céline, il faut élargir la vision qu’on a de la justice. C’est bien d’en parler à la radio, d’en parler partout. Il faudrait peut-être organiser des journées de commémoration ou ériger un #monument même si certaines personnes trouveraient bizarre d’avoir un monument de #commémoration pour les victimes des violences sexuelles. »

    ping @_kg_

    • Deux fois dans le même fleuve. La guerre de Poutine contre les femmes
      de #Sofi_Oksanen

      Le 22 mars 2023, l’Académie suédoise a organisé une conférence sur les facteurs menaçant la liberté d’expression et la démocratie. Les intervenants étaient entre autres Arundhati Roy, Timothy Snyder et Sofi Oksanen, dont le discours s’intitulait La guerre de Poutine contre les femmes.
      Ce discours a suscité un si grand intérêt dans le public que Sofi Oksanen a décidé de publier un essai sur ce sujet, pour approfondir son analyse tout en abordant d’autres thèmes.
      L’idée dévelopée par Sofi Oksanen est la suivante : la Russie ressort sa vieille feuille de route en Ukraine – comme l’impératrice Catherine la Grande en Crimée en 1783, et comme l’URSS et Staline par la suite, à plus grand échelle et en versant encore plus de sang. La Russie n’a jamais tourné le dos à son passé impérialiste. Au contraire, le Kremlin s’est efforcé de diaboliser ses adversaires, s’appuyant ensuite sur cette propagande pour utiliser la violence sexuelle dans le cadre de la guerre et pour déshumaniser les victimes de crimes contre les droits de l’homme. Dans la Russie de Poutine, l’égalité est en déclin. La Russie réduit les femmes au silence, utilise le viol comme une arme et humilie ses victimes dans les médias en les menaçant publiquement de représailles.
      Un essai coup de poing par l’une des grandes autrices européennes contemporaines.

      https://www.editions-stock.fr/livre/deux-fois-dans-le-meme-fleuve-9782234096455
      #livre #Russie #femmes

    • #We_are_NOT_Weapons_of_War

      We are NOT Weapons of War (#WWoW) est une organisation non-gouvernementale française, enregistrée sous le statut Loi 1901. Basée à Paris, elle se consacre à la lutte contre les violences sexuelles liées aux conflits au niveau mondial. Fondée en 2014 par la juriste internationale Céline Bardet, WWoW propose une réponse globale, holistique et efficace à l’usage endémique du viol dans les environnements fragiles via des approches juridiques innovantes et créatives. WWoW travaille depuis plus de 5 ans à un plaidoyer mondial autour des violences sexuelles liées aux conflits et des crimes internationaux.

      L’ONG française We are NOT Weapons of War développe depuis plusieurs années la web-application BackUp, à vocation mondiale. BackUp est un outil de signalement et d’identification des victimes et de collecte, sauvegarde et analyse d’informations concernant les violences sexuelles perpétrées dans le cadre des conflits armés. Il donne une voix aux victimes, et contribue au recueil d’informations pouvant constituer des éléments de preuves légales.

      https://www.notaweaponofwar.org

      #justice #justice_pénale

  • Le tante sofferenze della fuga: le donne ucraine a rischio tratta e sfruttamento sessuale
    https://www.meltingpot.org/2023/11/le-tante-sofferenze-della-fuga-le-donne-ucraine-a-rischio-tratta-e-sfrut

    Dall’inizio della guerra in Ucraina, sono aumentati vertiginosamente i casi di adescamento segnalati lungo le rotte migratorie e sui social network. Per le donne ucraine il rischio di tratta passa soprattutto da chi offre loro trasporto e alloggio gratuito. Vika ha 21 anni. Nel caos che segue lo scoppio del conflitto in Ucraina, sale sull’auto di uno sconosciuto che le offre un passaggio verso il nord della Slovacchia. Accetta, non ha altra scelta. L’uomo le promette un lavoro ben pagato e un alloggio sicuro. Qualche giorno dopo, però, senza nessuna spiegazione, viene accompagnata nel sud della Slovacchia, a lavorare (...)

  • Bangladesh : « Ce qui frappe dans les camps de réfugiés de Rohingya, c’est l’abandon d’un peuple et la déstructuration sociale »

    L’annonce faite par Emmanuel Macron lors de son voyage au Bangladesh, le 11 septembre, d’augmenter d’un million d’euros la contribution française aux activités du Programme alimentaire mondial dans les camps de Rohingya de ce pays est-elle à la hauteur de la situation ?

    Rappelons-nous. Il y a six ans, des centaines de milliers de Rohingya quittaient l’Etat de Rakhine [Arakan] au #Myanmar, l’ex-Birmanie. Ils fuyaient les massacres, les viols, les incendies de leurs maisons commis pendant l’offensive militaire lancée en août 2017. A la fin de cette même année, plus de 700 000 nouveaux réfugiés étaient arrivés dans le district de #Cox’s_Bazar, dans le sud-est du #Bangladesh. Ils rejoignaient les 200 000 réfugiés rohingya issus de déplacements antérieurs.

    Pour accueillir ces populations, un camp entre jungle et rizières est sorti de terre. #Kutupalong-Balukhali est aujourd’hui le plus grand camp de réfugiés au monde. Il se compose de plusieurs sites contigus dont les artères centrales en brique et en ciment débouchent sur des ruelles étroites. Là, les familles vivent dans de petites habitations faites de bambou et de bâches.

    Toute une série de restrictions

    Certaines sont posées à flanc de colline et donc exposées aux glissements de terrain, conséquence des pluies diluviennes qui peuvent s’abattre pendant la mousson. Les points d’#eau_potable, certes nombreux, ne sont ouverts que quelques heures par jour, et il est fréquent de voir des disputes s’y dérouler. Quelle ironie dans cette région parmi les plus humides au monde. Parfois, on surprend le long des frontières du camp les barbelés qui nous rappellent qu’il s’agit d’un bidonville semi-fermé.

    Si le Bangladesh a ouvert ses portes aux réfugiés, il les soumet à toute une série de restrictions. Les boutiques rohingya qui fleurissent le font selon le bon vouloir de la police qui peut les fermer au motif qu’elles n’ont pas été autorisées. Les déplacements à l’intérieur de Kutupalong, même d’un camp à l’autre, sont extrêmement limités. Il est en outre interdit aux Rohingya de travailler, bien qu’un grand nombre d’entre eux le fassent.
    Ils sont alors à la merci de la #police, des #bakchichs et des #arrestations. L’éducation est par ailleurs très encadrée. De multiples obstacles sont posés à l’enregistrement des naissances. L’approche du gouvernement à l’égard des camps est un mélange ambigu de tolérance et de prohibition : cette élasticité laisse les Rohingya dans un état d’incertitude perpétuelle.

    Le #contrôle_social auquel sont soumis les réfugiés est aussi le fait des groupes politico-criminels rohingya qui pullulent dans le camp et dont la présence, ces dernières années, s’est faite plus intense. Ces groupes sont en conflit ouvert pour le contrôle du trafic de yaba. Ce mélange de méthamphétamine et de caféine est principalement produit au Myanmar, et le Bangladesh est l’un des principaux marchés où circule cette drogue.

    Viols et violences

    Le déploiement humanitaire est impressionnant, mais l’engagement des donateurs s’amenuise. Le mois dernier, le « Plan de réponse conjoint » 2023 élaboré par les Nations unies et le gouvernement n’était financé qu’à hauteur de 30 %. Entre mars et juin, les allocations alimentaires mensuelles – des paiements en espèces reçus sur une carte SIM – sont passées de 12 à 8 dollars par personne.

    Cette réduction a pour conséquence d’entraver la capacité des réfugiés d’acheter des produits frais sur le marché et des vêtements. Il faut trouver de quoi manger, coûte que coûte, ce qui amène les réfugiés à se livrer à des activités illicites – cambriolages et trafics en tout genre.

    Les conséquences du sous-investissement par les bailleurs de fonds sont aussi médicales et viennent s’ajouter à celles de l’augmentation de la population dans un espace qui, lui, ne s’accroît pas. Chaque année, y naissent entre 30 000 et 35 000 #bébés. Du fait de la densité des lieux et de la faiblesse des services sanitaires, il est estimé que 40 % de la population du camp souffre de la #gale. La fermeture de certains services de #santé a pour effet d’engorger les structures qui se maintiennent.

    Les #femmes seules, comme les personnes âgées et handicapées, sont parfois contraintes de payer des services pour des tâches qu’elles n’ont pas la possibilité d’accomplir seules : réparer leur maison, porter la bouteille de gaz du point de distribution jusque chez elles en dépit de l’existence d’une assistance prévue pour combler une partie de ces besoins spécifiques. Les femmes sont vulnérables aux #viols et aux violences – les cas sont nombreux et loin d’être mis au jour.

    Un « facteur d’attraction »

    Il est difficile d’imaginer que l’engagement présidentiel français modifiera la donne. Cela nécessite un tout autre investissement. La survie d’un peuple, condamné à vivre dans ces conditions de nombreuses années encore, relève du génie. Ce qui frappe dans les camps de réfugiés rohingya de Cox’s Bazar, ce sont moins les limites du système de l’aide que l’abandon d’un peuple et sa conséquence : la déstructuration sociale.

    La plupart des réfugiés espèrent retourner au Myanmar, une étape qui ne pourra être franchie que lorsque leurs terres et leur nationalité, dont ils ont été privés en 1982, leur seront restituées. Certains se résolvent malgré tout à rentrer clandestinement au Myanmar où ils s’exposent aux violences commises par les autorités birmanes.
    Quelques-uns ont bénéficié de rares opportunités de réinstallation dans d’autres pays, comme le Canada ou les Etats-Unis, mais le gouvernement bangladais a suspendu le programme de réinstallation en 2010, arguant qu’il agirait comme un « facteur d’attraction ». Les initiatives récentes visant à relancer le processus ont été timides.
    Une possibilité est la traversée risquée vers la #Malaisie, un pays qu’un nombre croissant de Rohingya à Kutupalong considère comme une voie de salut. Pour la très grande majorité des réfugiés, il ne semble n’y avoir aucun avenir à moyen terme autre que celui de demeurer entre deux mondes, dans ce coin de forêt pétri de #dengue et de #trafics en tout genre.

    Michaël Neuman est directeur d’études au Centre de réflexion sur l’action et les savoirs humanitaires (Crash) de la Fondation Médecins sans frontières.
    https://www.lemonde.fr/idees/article/2023/10/31/bangladesh-ce-qui-frappe-dans-les-camps-de-refugies-de-rohingya-c-est-l-aban

    Massacre des Rohingya : « Facebook a joué un rôle central dans la montée du climat de haine » en Birmanie
    https://www.lemonde.fr/pixels/article/2022/09/29/massacre-des-rohingya-facebook-a-joue-un-role-central-dans-la-montee-du-clim
    https://archive.ph/DMWO8

    Au Bangladesh, l’exil sans fin des Rohingya
    https://www.lemonde.fr/international/article/2022/12/16/au-bangladesh-l-exil-sans-fin-des-rohingya_6154745_3210.html
    https://archive.ph/xKPyh

    #camp_de_réfugiés #Birmanie #Rohingya #réfugiés #musulmans #barbelés #drogues #déchéance_de_nationalité #aide_humanitaire #Programme_alimentaire_mondial

  • En France, la majorité présidentielle se fracture sur le conflit entre Israël et le Hamas
    https://www.lemonde.fr/politique/article/2023/10/29/la-majorite-presidentielle-se-fracture-sur-le-conflit-entre-israel-et-le-ham

    Alors que l’exécutif veille à maintenir une ligne d’équilibre entre soutien à Israël et appel à une trêve humanitaire, des élus du camp d’Emmanuel Macron s’émancipent de la position diplomatique française. Ces divergences suscitent des remous internes.

    Deux remarques à propos de cet article :

    1°) Sylvain Maillard, le chef du groupe parlementaire macroniste, justifie la position de soutien à Israël par une posture émotionnelle et même tripale :

    « Mais c’est une situation tripale à laquelle nous devons faire face, poursuit le patron du groupe Renaissance. Trente-cinq de nos compatriotes ont été brûlés, massacrés ou violés et la priorité absolue est de sortir nos otages. Il est normal que les députés expriment ce que nous ressentons tous. Nous ne sommes pas des historiens. »

    Je suis surpris de constater d’ailleurs qu’il évoque des viols, qui à ma connaissance n’ont fait l’objet d’aucune confirmation et qui d’ailleurs n’ont pas été mentionné dans l’article du Monde de Samuel Forey Attaque du Hamas : retour sur le 7 octobre, une journée en enfer en Israël
    https://www.lemonde.fr/international/article/2023/10/28/attaque-du-hamas-retour-sur-le-7-octobre-une-journee-en-enfer-en-israel_6197
    Je trouve surprenant que cette citation ne soit pas assortie d’un commentaire du journaliste du Monde pour souligner cette absence de confirmation de cette accusation (voir par exemple https://www.unz.com/article/what-really-happened-on-7th-october)
    Un autre site de factchecking, citant le Shinbeth, affirme néanmoins que le Hamas aurait autorisé ses combattants à commettre des viols. Néanmoins, il ne semble pas y avoir eu de cas documentés par cette source : https://www.factcheck.org/2023/10/what-we-know-about-three-widespread-israel-hamas-war-claims

    2°) Derrière l’émotion, il y a aussi très clairement un calcul politique et clientéliste

    Le vote de la communauté juive
    L’Elysée ferme les yeux sur ces dissensions, préférant affirmer que tous les députés Renaissance sont alignés derrière le chef de l’Etat. Ces différences de sensibilités sur la question israélo-palestinienne sont cependant anciennes. Ainsi, en décembre 2019, la proposition d’une résolution, portée par Sylvain Maillard, à l’époque simple député, sur la lutte contre l’antisémitisme, avait-elle fait apparaître au sein du groupe La République en marche (LRM) un profond clivage. Cette proposition reprenait la définition associant l’antisionisme à une forme d’antisémitisme. Très contestée par une partie des députés macronistes, elle n’a pu être adoptée que grâce à l’apport de voix de droite, alors même que LRM détenait à elle seule la majorité absolue. Mardi 24 octobre, en réunion de groupe, c’est donc un vieux débat qui a ressurgi, exacerbé. M. Maillard s’est vu demander des comptes par ses collègues sur son rejet de la solution à deux Etats, position officielle de la France.
    Au-delà des convictions et des histoires personnelles des parlementaires se cache un non-dit, celui du vote de la communauté juive. Alors qu’il s’est sensiblement déplacé vers la droite ces dernières décennies, il sera très disputé par les candidats LR et Renaissance dans la bataille de Paris qui vient, en 2026. Un électorat qui observe avec attention la position des responsables politiques dans ce conflit. Dans son allocution du 12 octobre, saluée au-delà de la majorité macroniste, Emmanuel Macron appelait à « ne pas mener chez nous des aventures idéologiques par imitation, par projection ». Et à ne pas ajouter, « par illusion ou par calcul, des fractures nationales aux fractures internationales ». Un vœu pour l’instant resté pieux.

    #clientélisme #émotions #macronisme #viols