• Int’l committee must investigate Israel’s holding of dead bodies in Gaza​
    https://euromedmonitor.org/en/article/5982/Int%E2%80%99l-committee-must-investigate-Israel%E2%80%99s-holding-of

    The Israeli army has been holding the bodies of dozens of Palestinians killed during its genocide in the Gaza Strip beginning on 7 October, and Euro-Med Human Rights Monitor has called for the creation of an independent international investigation committee into organ theft suspicions.

    Euro-Med Monitor has documented the Israeli army’s confiscation of dozens of dead bodies from Al-Shifa Medical Complex and the Indonesian Hospital in the northern Gaza Strip, and others from the vicinity of the so-called “safe corridor” (Salah al-Din Road) designated for displaced people heading to the central and southern parts of the Strip.

    According to Euro-Med Monitor, the Israeli army also dug up and confiscated the bodies from a mass grave that was established more than 10 days ago in one of the Al-Shifa Medical Complex’s courtyards.

    While dozens of corpses were handed over to the International Committee of the Red Cross, which in turn transported them to the southern Gaza Strip to complete the burial process, the Israeli army is still holding the bodies of dozens of dead people.

    Concerns about organ theft from the corpses were brought up by Euro-Med Monitor, which cited reports from medical professionals in Gaza who quickly examined a few bodies after their release. These medical professionals found evidence of organ theft, including missing cochleas and corneas as well as other vital organs like livers, kidneys, and hearts.

    (...)

  • « Pour moi, l’anarchisme n’était pas une théorie applicable dans un lointain futur, mais un travail quotidien pour se libérer de ses inhibitions, les nôtres et celles d’autrui, et abolir les barrières qui séparaient artificiellement les gens. »
    https://www.partage-noir.fr/pour-moi-l-anarchisme-n-etait-pas-une-theorie-applicable-dans-un

    / #Voltairine_de_Cleyre
    #Partages_

  • Inchiesta sul gestore del #Cpr di Milano: tra falsi protocolli e servizi non erogati

    Altreconomia ha potuto visionare l’offerta tecnica presentata dalla società Martinina Srl alla prefettura di Milano per aggiudicarsi l’appalto da oltre 1,2 milioni di euro per la gestione della struttura in #via_Corelli: alcuni degli accordi stretti con associazioni e Ong “esterne” per migliorare la vita dei trattenuti non sarebbero autentici

    Lenzuola non distribuite, raro utilizzo dei mediatori culturali, tutela legale inesistente, assistenza sanitaria carente. Ma soprattutto falsi protocolli d’intesa “siglati” per svolgere servizi e attività all’interno del Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di via Corelli a Milano.

    Altreconomia ha potuto visionare l’offerta tecnica presentata dalla società Martinina Srl alla prefettura di Milano per aggiudicarsi l’appalto da oltre 1,2 milioni di euro per la gestione della struttura: oltre alla discordanza tra quanto scritto nei documenti e la realtà nella struttura di reclusione, alcuni degli accordi stretti con associazioni e Ong “esterne” per migliorare la vita dei trattenuti sarebbero falsi.

    Altri invece sarebbero stati siglati con soggetti di cui non è stato possibile trovare alcuna traccia online. “Viene da chiedersi in che cosa consista il controllo effettuato dalla prefettura, essendo risultata evidente l’assenza di servizi all’interno del centro oltre che palesi le incongruenze negli atti e nei documenti versati nella gara di appalto”, osserva l’avvocato Nicola Datena dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), che ha visionato la documentazione insieme a chi scrive.

    Alcuni snodi temporali. Martinina Srl nell’ottobre 2022 si è aggiudicata l’appalto per un anno (scadenza il 31 ottobre 2023, rinnovabile di un anno in assenza di nuove gare pubbliche) indetto dalla prefettura di Milano presentando un’offerta in cui garantiva, tra le altre cose, la collaborazione con diverse associazioni e società profit, finalizzata ad assicurare l’erogazione di “servizi” da integrare nella gestione del Cpr.

    L’offerta tecnica consiste nella documentazione da presentare in sede di gara d’appalto che descrive come l’impresa intende eseguire il lavoro per l’ente che richiede la prestazione, ovvero il piano di lavoro, le fasi e le risorse impiegate, la durata e le ore di lavoro previste, eventuali migliorie richieste o proposte

    Protocolli forniti in sede di gara ed esaminati dalla Commissione giudicatrice, la quale, nella decisione di assegnare l’appalto alla società domiciliata in provincia di Salerno, sottolinea l’importanza del “valore delle proposte migliorative dell’offerta tecnica”. Un “dettaglio” sfugge però ai funzionari della prefettura: almeno otto sarebbero falsi. Eccoli.

    Secondo la documentazione contrattuale, il Vis (Volontariato internazionale per lo sviluppo), una delle più importanti organizzazioni del Terzo settore del nostro Paese, avrebbe firmato un protocollo con Martinina l’8 agosto 2022 volto alla formazione del personale del Cpr. Il nome del responsabile legale non corrisponde però ad alcun referente dell’organizzazione: “Ribadiamo l’assoluta estraneità del Vis e l’assenza di qualsiasi tipo di contatto o accordo, passato e presente, relativo alla gestione del Cpr di via Corelli. E ci tengo a precisare che come Ong salesiana abbiamo una visione della migrazione fondata sui diritti umani, distante dall’approccio applicato nei Cpr, con cui in ogni caso le nostre policy ci impedirebbero di collaborare”, spiega ad Altreconomia Michela Vallarino, presidente del Vis.

    Sono 59 invece le pagine dell’accordo tra Martinina e la cooperativa sociale BeFree, uno dei più importanti enti antitratta italiani con sede a Roma, per la realizzazione del progetto “Inter/rotte” per l’assistenza per vittime di tratta e violenza. “Non avremmo mai potuto firmare un simile protocollo -spiega Francesca De Masi (qui la sua presa di posizione integrale)- perché siamo fortemente critiche nei confronti della stessa esistenza dei Cpr”. Il presunto protocollo è talmente grossolano che il nome del legale rappresentante è sbagliato e di conseguenza anche il codice fiscale generato.

    Ala Milano Onlus secondo l’accordo dovrebbe invece garantire “prestazioni di natura di mediazione linguistica/culturale”. Il presidente, contattato da Altreconomia, dichiara però di non aver mai siglato quel protocollo. Così come Don Stefano Venturini, l’allora parroco della comunità pastorale delle parrocchie di San Martino in Lambrate e SS Nome di Maria, che si sarebbe impegnato, secondo le carte consultate, “a orientare, aiutare gli ospiti prestando attenzione specifica a quanto le persone esprimono”. “Ho incontrato una volta chi gestisce la struttura ma non ho mai siglato un protocollo”, spiega Venturini ad Altreconomia, aggiungendo, tra l’altro, come sia di competenza della curia diocesana un eventuale accordo formale. Nell’offerta inviata alla prefettura, Martinina ha allegato il decreto di nomina di Venturini emesso dall’arcivescovo Mario Enrico Delpini. “Non so come abbiano fatto ad averlo”, spiega ancora l’interessato.

    L’accordo con la società sportiva Scarioni 1925 risulta stipulato il 24 agosto 2022 dall’ex presidente, che però è morto nel febbraio 2020: un post sulla pagina Facebook della società stessa, datato 31 marzo 2020, porge le condoglianze alla famiglia per la sua scomparsa. Il Centro islamico di Milano e Lombardia avrebbe siglato un accordo con Martinina per garantire il sostegno spirituale all’interno del centro. “La carta intestata è di un centro di Roma, la firma del protocollo di un centro di Cologno Monzese -spiega il presidente Ali Abu Shwaima-. Noi non abbiamo mai visto quel protocollo”. L’associazione Dianova Onlus garantirebbe assistenza per i trattenuti con tossicodipendenza: la prefettura sembra non essersi accorta però che il protocollo risulta firmato nell’agosto 2022 solo da Martinina Srl. “Non ho mai sentito questa società -spiega il presidente Pierangelo Buzzo, a cui è intestato l’accordo- e tra l’altro dal febbraio 2021 siamo cooperativa sociale, non più associazione. Il protocollo è falso”.

    Diverso è il caso della Associazione di Volontariato “Il Paniere Alimentare”, dell’Organizzazione “Musica e Teatro” e dell’Associazione “Fiore di Donna”, dei quali non solo non è stato possibile riscontrare alcun riferimento online, ma di cui i codici fiscali inseriti nei protocolli risultano inesistenti, così come gli indirizzi mail di riferimento. La “Bondon grocery” dovrebbe riconoscere “agli ospiti del Cas e agli operatori della Martinina Srl che acquistano per conto delle persone trattenute nel Cpr uno sconto del 5% sulla spesa effettuata”: il protocollo firmato nell’agosto 2022 reca in intestazione la denominazione della società, che ha però cessato l’attività il primo luglio 2021.

    Dianova, BeFree, l’Organizzazione “Musica e Teatro” vengono citati tra i protocolli di intesa presentati anche nell’offerta tecnica presentata da Engel Srl il 26 maggio 2021 per l’aggiudicazione del bando precedente a quello in essere. La prefettura di Milano ha pubblicato i documenti integrali -contratto siglato dalla società e offerta tecnica- il 10 novembre 2023.

    Tornando ai protocolli siglati da Martinina Srl, questi danno uno spaccato della vita nel centro che appare molto distante della realtà. Attività ludico-ricreative, per “impegnare le giornate degli ospiti e rendere più piacevole il trascorrere del tempo”, cineforum, laboratori di teatro, musicali, sport. Addirittura “campagne di prevenzione della salute”. Ma niente di tutto questo si sarebbe mai verificato nella struttura. Sia per i numerosi report prodotti nel tempo da diversi soggetti, dall’Asgi al Garante dei diritti delle persone private della libertà personale, fino agli stessi verbali delle visite di monitoraggio redatti proprio dalla prefettura.

    Così l’accesso ai servizi di mediazione linguistica-culturale, previsto nell’offerta, non si riscontra affatto nella realtà: in questo caso è l’Asgi, durante una delle visite d’accesso, a non incontrare alcun mediatore e dal Naga, che ha recentemente pubblicato un dettagliato report sulla situazione all’interno del centro. Oppure l’orientamento legale, anche questo assicurato sulla carta da Martinina Srl, addirittura con la “diffusione di materiale informativo tradotto nelle principali lingue parlate dagli stranieri presenti nel centro” ma che non trova riscontri. È il Garante, questa volta, a scrivere nel febbraio 2023 che l’informativa cartacea “non viene consegnata alle persone trattenute”. Problematico anche l’accesso ai servizi sanitari: nell’offerta tecnica si assicura “al ricorrere delle esigenze la somministrazione di farmaci e altre spese mediche” ma al di fuori degli psicofarmaci -che, come raccontato da Altreconomia nell’inchiesta “Rinchiusi e sedati”, su cinque mesi di spesa rappresentano il 60% degli acquisti in farmaci- sempre il Garante scrive che “l’assistenza sanitaria in caso di bisogno si limita alla distribuzione della tachipirina”. E c’è uno scarso accesso alle visite specialistiche. Emergono poi acquisti di distributori di tabacchi non presenti nel centro, colloqui con lo psicologo non documentati, addirittura la fornitura di “cestini da viaggio” in caso di trasferimenti da un Cpr all’altro, discrepanze anche relative alla qualità del cibo distribuito.

    All’impatto sulla vita delle persone se ne aggiunge uno di natura economica. Secondo dati inediti consultati Altreconomia, infatti, la prefettura di Milano avrebbe già versato a Martinina Srl oltre 943mila euro per la gestione della struttura di via Corelli. Ed è rilevante anche l’avvicendamento delle società gestite dall’imprenditore Alessandro Forlenza. Lui, nel 2012 fonda la Engel Italia Srl, ex gestore del “Corelli” di Milano e del Cpr di Palazzo San Gervasio a Potenza: oggi quella società non esiste più perché il 20 ottobre 2023 è stata definitivamente “inglobata” nella Martinina Srl, a cui inizialmente era stato ceduto il ramo d’azienda che si occupava della detenzione amministrativa. La società è formalmente in mano a Paola Cianciulli, moglie di Forlenza, che è attualmente l’amministratrice unica dopo l’uscita di scena di Consiglia Caruso (la firmataria di tutti i protocolli d’intesa sopra citati), che il 31 agosto 2023 ha ceduto i mille euro di capitale sociale. A lei restano intestate due società con sede a Milano: l’Edil Coranimo Srl, che si occupa di costruzioni, e dal febbraio 2023 l’Allupo Srl che ha sede proprio in via Corelli, nel numero civico successivo al Centro per il rimpatrio. Una dinamica che desta interesse: l’oggetto sociale della Allupo Srl è molto diversificato e oltre alla ristorazione in diverse forme (da asporto o somministrazione diretta) è inclusa anche la possibilità di “gestione di case di riposo per anziani, case famiglia per minori, Cas, Sprar, Cara e Cpr”.

    La Martinina Srl ha altre due sedi attive: una a Palazzo San Gervasio, a Potenza, dove è arrivata seconda nella gara di assegnazione della nuova gestione del Cpr precedentemente dalla Engel, vinto da Officine Solidali nel marzo 2023, un’altra a Taranto, per la gestione del Cas Mondelli che accoglie minori stranieri non accompagnati. L’ultimo bilancio disponibile è del 31 dicembre 2021 con importi ridottissimi: appena 2.327 euro di utili “portati a nuovo”. A quella data ancora non era attivo il Cpr di via Corelli. C’è un terzo soggetto, però, nella “sfera Martinina” con ben altri risultati: si tratta della Engel Family Srl nata nell’ottobre 2020 con in “dotazione” 250mila euro derivanti da Engel Srl. Paola Cianciulli è nuovamente amministratrice e socia unica della società che si occupa di “locazione immobiliare di beni propri o in leasing” che al 31 dicembre 2021 (l’ultimo disponibile) conta un valore della produzione complessivo di poco superiore a 372mila euro.

    Ai milioni di euro per la gestione se ne aggiungono altri (ne hanno parlato anche ActionAid e l’Università degli studi di Bari nel recente dettagliato rapporto “Trattenuti. Una radiografia del sistema detentivo per stranieri”) se si prende in considerazione, documenti ottenuti da Altreconomia alla mano, anche l’esborso dovuto alla costante manutenzione che si rende necessaria anche a causa delle ricorrenti proteste dei trattenuti. Da inizio 2020 al marzo 2023 in totale sono stati spesi più di 3,3 milioni di euro di cui il 58% è stato impiegato per lavori di adeguamento della struttura, manutenzione o interventi di ripristino dei luoghi danneggiati. Anche perché, spesso, le strutture già in partenza sono spesso fatiscenti: il 15 settembre 2021 Invitalia, l’Agenzia nazionale di proprietà del ministero dell’Economia (già attiva nel campo delle migrazioni sul “fronte libico”), ha pubblicato un bando da 11,3 milioni di euro su mandato del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, in seno al ministero dell’Interno, proprio per la manutenzione straordinaria dei Centri di permanenza per il rimpatrio di tutta Italia. Ad aggiudicarsi i lavori del Cpr di Milano in via Corelli -di cui abbiamo inserito le foto inserite nel progetto di ristrutturazione- è stata la Tek Infrastructure, società con sede a Palermo da 1,6 milioni di euro di fatturato nel 2021, con un ribasso del 20%. Ma tra i pagamenti effettuati dalla prefettura fino al marzo 2023 a fare da “padrona” sulle manutenzioni è la Masteri Srl -non è possibile escludere perciò un subappalto- con quasi 620mila euro ricevuti in tre anni.

    Fiumi di denaro pubblico che richiederebbero controlli estremamente approfonditi. Dai verbali delle ispezioni prefettizie, però, non emerge una verifica dettagliata di quanto avviene nella struttura. In uno dei verbali, infatti, alla domanda “La fornitura degli effetti letterecci avviene regolarmente e secondo le tempistiche e modalità previste dallo Schema di Capitolato vigente?”, il funzionario della prefettura barra “Sì”. Ma nella nota integrativa sottostante, riportata in calce al verbale, si legge che “ai 25 trattenuti non viene richiesto di firmare la consegna/ritiro degli effetti letterecci”. Risultano perciò incomprensibili le basi su cui viene affermata l’effettiva consegna di questi oggetti.

    Assente qualsiasi considerazione sul rispetto dei diritti fondamentali e sulla corretta esecuzione dei servizi presenti nell’offerta tecnica. “Il monitoraggio da parte della società civile si conferma essere uno strumento fondamentale. Se quanto emerso verrà confermato nelle sedi opportune viene da chiedersi chi controlla i controllori”, conclude l’avvocato Datena. Intanto, le claudicanti promesse di Martinina Srl hanno potuto circolare a piede libero, a differenza dei reclusi. Con il rischio che alla sofferenza si sia aggiunta la beffa del racconto di una quotidianità inesistente.

    https://altreconomia.it/inchiesta-sul-gestore-del-cpr-di-milano-tra-falsi-protocolli-e-servizi-
    #détention_administrative #rétention #Italie #Milan #privatisation #Martinina #via_corelli #business #Volontariato_internazionale_per_lo_sviluppo (#Vis) #BeFree #Inter/rotte #Ala_Milano #società_sportiva_Scarioni_1925 #Centro_islamico_di_Milano_e_Lombardia #Dianova #Il_Paniere_Alimentare #Musica_e_Teatro #Fiore_di_donna #Bondon_grocery #Engel #Alessandro_Forlenza #Paola_Cianciulli #Consiglia_Caruso #Edil_Coranimo #Allupo #Tek_Infrastructure #Masteri

  • Le #lobby automobile contre les citoyens européens
    http://carfree.fr/index.php/2023/11/10/le-lobby-automobile-contre-les-citoyens-europeens

    Combien le lobbying des #constructeurs automobiles sur les nouvelles règles de l’Union Européenne en matière d’émissions coûtera-t-il aux Européens ? C’est la question à laquelle a essayé de répondre Voxeurop, le Lire la suite...

    #Destruction_de_la_planète #Réchauffement_climatique #bmw #Europe #industrie #mercedes #pollution #renault #santé #scandale #Stellantis #volkswagen

  • #Titane, #lithium : l’#Europe ouvre « un open bar pour l’#industrie_minière »

    Plutôt que l’instrument d’une transition « verte », la future législation européenne sur les #matières_premières_critiques est une offrande aux industries polluantes, dénonce Laura Verheecke de l’Observatoire des multinationales.

    Reporterre — En quoi consiste la législation européenne sur les matières premières critiques, actuellement discutée ?

    Lora Verheecke — Cette #loi est pensée par la #Commission_européenne pour permettre à l’#Union_européenne (#UE) un approvisionnement plus conséquent et plus sûr en #minerais indispensables pour la transition « verte ». Ces minerais serviront à fabriquer les #capteurs, les #moteurs ou encore les #batteries des #voitures_électroniques, des rotors d’#éoliennes, des #panneaux_photovoltaïques

    En pratique, le texte prévoit un #soutien_financier pour ouvrir des mines hors de l’UE, avec très peu de contraintes pour les entreprises en termes de respect de l’environnement et des populations locales. Il permet aussi d’ouvrir plus de mines en Europe à travers le principe d’« #intérêt_stratégique_supérieur », c’est-à-dire en limitant les motifs d’objection juridique des populations, en reléguant les lois environnementales et démocratiques. Par conséquent, on consultera moins, plus vite et on pourra plus difficilement remettre en cause l’ouverture d’une mine.

    Le processus législatif en cours est très rapide — « le plus rapide de l’histoire » selon certains journalistes — et le brouillon de loi publié en mars par la Commission est aujourd’hui au stade final de discussions et compromis entre le Parlement européen et le Conseil, c’est-à-dire les États membres. Les deux institutions ont déjà arrêté leurs positions.

    Une fois leurs discussions achevées, la loi n’aura plus qu’à être votée par les États membres et le Parlement et elle deviendra loi partout dans l’Union européenne. Si le processus est si rapide, c’est qu’il y a encore peu d’attention publique et médiatique sur ce projet de loi et le soutien est large — mais pas entier — du côté des capitales européennes et des députés européens.

    Dans le rapport Du sang sur le Green Deal publié avec Corporate Europe Observatory (https://multinationales.org/fr/enquetes/du-sang-sur-le-pacte-vert/du-sang-sur-le-green-deal-comment-l-ue-sous-pretexte-d-action-clima), vous montrez comment cette loi, présentée comme favorable au climat, profite largement à l’industrie minière, pourtant « intrinsèquement sale ».

    On peut même affirmer que cette loi s’est transformée en un #open_bar pour l’industrie minière, sale, et celle de l’#armement, mortifère. Elle est le fruit d’un #lobbying soutenu et de longue date, notamment au sein d’un groupe de travail de la Commission, actif depuis les années 80 et qui compte comme membres de nombreuses entreprises telles que #Volkswagen, #Umicore — spécialisé dans la technologie des matériaux —, #Nokia et #Boliden, une entreprise minière suédoise.

    Sous couvert de garantir la #transition_écologique, les conséquences de cette loi seront donc potentiellement désastreuses : une mine est et sera toujours sale. En ouvrir une requiert de grandes quantités de terres, peut entraîner le déplacement de communautés.

    L’extraction des minerais de la terre implique une grande #pollution de l’#eau, des #sols et de l’#air, car cette extraction utilise de nombreux produits chimiques. C’est un réel #danger pour la #biodiversité : en 2019, 79 % de l’extraction mondiale de minerais métalliques provenait de cinq des six biomes les plus riches en espèces, dont les écosystèmes tropicaux forestiers.

    En #France, l’ouverture de la plus grande mine de lithium est prévue pour 2028, dans l’#Allier. Des organisations locales s’y opposent déjà pour éviter la pollution de leurs terres et leurs rivières et le secteur de la mine a été placé sous surveillance comme « site avec une contestation susceptible de se radicaliser à court terme » par les services du ministère de l’Intérieur.

    Parmi les groupes de pression, on retrouve des secteurs de la défense et de l’aéronautique, comme #Airbus ou #Safran. Comment ont-ils influé sur le processus de décision ?

    Airbus et Safran, mais aussi #Dassault, ont rencontré de nombreux décideurs politiques européens. Ils sont également membres de nombreuses associations d’entreprises et paient des agences de lobbying comme #Avisa_Partners pour supplémenter leur lobbying.

    De plus, les portes tournent [1] entre les entreprises de l’armement et l’Union européenne. En 2020, par exemple, l’ex-président de l’Agence européenne de défense est devenu lobbyiste en chef d’Airbus.

    Ces rencontres, études et événements et ces aller-retours leur ont permis de se faire des alliés au sein même de la Commission, au Parlement européen et dans de nombreux États membres. La Commission a même cofinancé une alliance sur les #matériaux_rares — dont #France_Industrie est membre — et créé un groupe d’experts dans lesquels les industriels de l’armement ont voix au chapitre.

    Tout ceci a mené à deux victoires majeures : premièrement, on ouvrira des mines dans le futur à la fois pour les #voitures_électriques, mais aussi pour des #missiles ; et deuxièmement l’extraction de certains minerais sera aidée financièrement et politiquement pour l’industrie de la défense, comme le titane.

    Ce #minerai est aujourd’hui classé stratégique, d’après l’UE, suite au lobbying de l’industrie de la #défense et de l’#aérospatial. Alors même qu’il n’est pas utile à la transition « verte ». Cette catégorisation était une des demandes du PDG de Safran auprès du vice-président de la Commission lors de leur rencontre en mai 2023.

    Pour résumer, la #défense et l’#aéronautique ont tout fait, donc, pour s’assurer que les métaux qui les intéressaient bénéficieraient du même soutien public et des mêmes déréglementations environnementales que ceux qui sont réellement utiles aux transitions climatique et numérique.

    Quel rôle a joué la France et le commissaire français #Thierry_Breton dans ce processus ?

    Les deux ont été des alliés très importants des industriels. M. Breton n’a pas hésité à se faire la voix de l’industrie de l’armement, en clamant notamment en mars 2023, lorsque la Commission européenne dévoilait le projet de loi : « Pas de batteries sans lithium, pas d’éoliennes sans terres rares, pas de munitions sans #tungstène… » Le #lobby européen des entreprises de la défense dira de M. Breton, en novembre 2021 : « Nous sommes très fiers et heureux de vous considérer comme "notre commissaire" ».

    C’est de ce même lobby que la France copiera d’ailleurs une partie de ses positions au Conseil — l’institution au sein de laquelle les États membres débattent. La France a d’ailleurs créé en novembre 2022 un #Observatoire_français_des_ressources_minérales_pour_les_filières_industrielles (#Ofremi), qui a d’ailleurs placé, dès son lancement, les difficultés d’approvisionnement du secteur de la défense au rang de ses priorités. L’Ofremi tient par exemple un discours similaire au PDG de Safran sur le titane.

    Est-il encore possible de sauver ce texte ?

    Ce texte est principalement débattu aujourd’hui dans la bulle européenne d’experts, avec des discussions qui se limitent à des considérations techniques. Il est temps d’avoir une discussion politique pour savoir sous quelles conditions ouvrir des mines et quelle doit être l’utilisation des minerais et terres rares. Nous devons nous poser la question des priorités d’usage. Ouvre-t-on des mines pour des 4x4 électriques lourds, pour des bus électriques ou pour des drones ?

    Il est nécessaire d’avoir une discussion politique sur les conséquences environnementales de notre transition dite verte. Aujourd’hui, ces discussions sont trop absentes du débat public européen. La loi ne mentionne pas la question de notre boulimie de consommation, d’une limite à notre demande en matériaux rares. Sous couvert de #Green_Deal et de transition « verte », on met de côté les nouvelles pollutions, émissions et atteintes aux droits de l’homme à venir.

    Notre chance, ce sont les élections européennes qui approchent : les députés seront de plus en plus réceptifs aux demandes des citoyens européens sur leur position sur ce texte. Certains États membres posent timidement la question de la réduction de notre consommation en minerais et terres rares, comme la Belgique, qui prend la présidence du Conseil en janvier. On peut pousser nos gouvernements à avoir cette position : plutôt qu’ouvrir des mines, ouvrons le débat sur la consommation de minerais.

    https://reporterre.net/Titane-lithium-l-Union-europeenne-ouvre-un-open-bar-pour-l-industrie-min
    #terres_rares #transition_énergétique #énergie #mines #extractivisme

  • Des #fouilles_corporelles « sexualisées » frappent les migrants aux frontières de l’Europe

    Déshabillés, humiliés, maltraités. Des femmes et des hommes venus demander asile racontent avoir subi des fouilles corporelles et génitales brutales, effectuées par des personnes censées garder les frontières de l’UE en Grèce.

    Corfou (Grèce).– Clémentine Ngono* n’a jamais voulu venir en Europe. Cependant, des expériences répétées de violence et d’agression l’ont forcée à fuir. D’abord son pays d’origine, le Cameroun, puis la Turquie. Aux premières heures du 15 septembre 2021, elle est montée à bord d’un canot pneumatique gris, en compagnie de son mari, de son fils de six mois et de 33 autres personnes. Qui savaient que le voyage serait dangereux. Conscientes que les autorités grecques pourraient les refouler, elles ont tout de même tenté leur chance.

    Juste après le lever du soleil, le groupe a atteint l’île grecque de Samos. Très vite, un navire des gardes-côtes les a arrêtées. Un groupe d’hommes encagoulés les a embarquées. Une fois sur le bateau de la patrouille grecque, les personnes ont été mises à genoux puis, une par une, ont reçu l’ordre de se lever et de se déshabiller devant tout le monde. Celles et ceux qui osaient résister ont été menacé·es et battu·es, leurs vêtements arrachés et déchirés. Une fois toutes les personnes nues, l’un des hommes masqués a commencé la fouille au corps, n’hésitant pas à toucher les seins et les parties génitales des femmes.

    « Il nous fouillait partout », se souvient Clémentine Ngono, horrifiée, en pressant deux doigts l’un contre l’autre et en les pointant sur son abdomen. « C’est ainsi qu’il a mis sa main dans mon vagin », dit-elle en faisant une pause avant d’ajouter : « Et dans mon anus. » Les hommes, qui ont utilisé les mêmes gants en plastique pour fouiller tout le groupe, ont pris son téléphone et les 500 euros qu’elle avait sur elle.

    Plus tard, le groupe a été abandonné sur des radeaux de sauvetage en Méditerranée. Aujourd’hui encore, Clémentine Ngono ne peut oublier la honte qu’elle a ressentie. « C’était une telle humiliation », dit-elle lors d’un entretien en juillet 2023 à Corfou, où elle travaille pendant l’été comme femme de chambre. Clémentine Ngono a intenté une action en justice, déclarant que la fouille corporelle et génitale forcée était « extrêmement invasive et offensante ». Son cas pourrait toutefois s’inscrire dans une tendance plus large.

    Début 2023, le Comité contre la torture (CPT) du Conseil de l’Europe a critiqué les nombreux cas de mauvais traitements lors des « refoulements » aux frontières de l’Union européenne (UE). Selon son rapport, les autorités frontalières obligent parfois les demandeurs et demandeuses d’asile à repasser la frontière « entièrement nus ». Le Border Violence Monitoring Network, une coalition d’organisations non gouvernementales, fait état de pratiques similaires.

    De même, dans un rapport publié jeudi 2 novembre, Médecins sans frontières (MSF) a recueilli plusieurs témoignages de réfugié·es racontant des fouilles corporelles et génitales sexualisées par de supposés gardes-frontières. Ces derniers obligeraient les demandeurs et demandeuses d’asile à se déshabiller avant de procéder à des fouilles vaginales et anales en public, parfois sans changer de gants. Les fouilles des femmes seraient effectuées par des hommes, comme dans le cas de Clémentine Ngono.
    « Le but était de nous humilier »

    Mediapart s’est entretenu avec plusieurs victimes, des avocats, des ONG, et a examiné des documents internes de l’agence européenne de gardes-côtes Frontex. L’image qui en ressort est celle d’une pratique normalisée : celle de mises à nu et de fouilles génitales forcées lors des refoulements par les autorités frontalières grecques. Ces pratiques semblent avoir un objectif central : dissuader les personnes de réessayer tout en volant leurs objets de valeur et leur argent.

    Meral Şimşek jette sa cigarette à moitié consumée et acquiesce. Cela fait un an que la poétesse kurde est arrivée à Berlin (Allemagne). Meral Şimşek, critique véhémente du régime d’Erdoğan, a été confrontée toute sa vie à la violence et à la persécution des autorités turques. En 2021, les choses ont empiré, elle a alors décidé de quitter son pays.

    Le 29 juin 2021, elle a traversé le fleuve Évros en compagnie d’une femme syrienne, Dicle. « Nous sommes arrivées sur le sol grec », dit-elle dans une vidéo qu’elle a enregistrée au crépuscule. Après plusieurs heures, les deux femmes ont atteint Feres, une petite ville frontalière grecque. Meral Şimşek voulait demander l’asile, mais la police grecque les a interpellées à l’entrée de la ville.

    Après les avoir détenues et battues, les policiers ont emmené les deux femmes dans la rue. Là, ils ont forcé Meral Şimşek à se déshabiller. Ensuite, une policière a fouillé ses parties génitales, en pleine rue. « Ils ont regardé directement dans mon vagin », raconte-t-elle. Pendant ce temps, les autres policiers regardaient. Şimşek se souvient que certains ont fait des commentaires en grec en regardant son corps. Ils ont ensuite fouillé Dicle avec les mêmes gants en plastique. Puis les deux femmes ont été livrées à un groupe d’hommes masqués et reconduites de force en Turquie. « Le but était de nous humilier », dit-elle.

    Du côté des autorités grecques, ni le ministère de l’intérieur ni le ministère des migrations et de l’asile n’ont commenté ces allégations. Les gardes-côtes grecs ont déclaré que « les pratiques opérationnelles des autorités grecques n’incluent pas de telles méthodes », car elles seraient contraires à l’article 257 du Code de procédure pénale grec.

    Interrogée sur les allégations de fouilles corporelles et génitales forcées, Frontex a déclaré à Mediapart qu’elle « avait connaissance d’une poignée de cas de ce type en Grèce et en Bulgarie ».
    Des témoignages connus de Frontex

    Mediapart a pu avoir accès à plusieurs rapports internes du responsable des droits fondamentaux de Frontex, qui contiennent des allégations et des descriptions de mises à nu forcées, principalement à la frontière de l’Évros. Dans un « rapport d’incident grave » (SIR) portant le numéro 10142/2018, daté du 18 novembre 2018, Frontex indique qu’un groupe de réfugiés aurait été repoussé par les autorités grecques après avoir été agressé physiquement et « obligé à se déshabiller ».

    Le rapport SIR 13400/2022, qui concerne une série de refoulements par les autorités grecques en juillet et août 2022, rapporte que des migrants ont été « forcés de repasser par la rivière après que leurs effets personnels leur ont été confisqués, après avoir été déshabillés et battus ».

    Le rapport SIR 15314/2022 du 30 mai 2023 décrit plusieurs refoulements sur le fleuve Évros. Selon ce rapport, un migrant a été « soumis à des violences physiques, mis à nu de force, ses biens ont été volés ou détruits, avant qu’il reçoive l’ordre de retourner irrégulièrement en Turquie » par les autorités grecques.

    Frontex considère elle-même que les déclarations contenues dans le rapport sont « relativement crédibles ». Si les témoignages sont confirmés, l’agence européenne affirme que cela constituerait « probablement une expulsion collective interdite et un traitement inhumain et dégradant ».

    À Samos, l’avocate Ioanna Begiazi ouvre la porte de son cabinet, dans la vieille ville de Vathi. Elle se souvient du cas de Clémentine Ngono. « Elle est venue nous voir parce qu’elle voulait agir », dit-elle. Et le cas de Clémentine Ngono n’est pas isolé.

    Ioanna Begiazi représente régulièrement des victimes de refoulements illégaux. « Les femmes, en particulier, nous disent que les fouilles génitales sont très fréquentes », explique-t-elle. Mais les hommes sont également concernés, ajoute-t-elle. « Il s’agit d’une forme d’humiliation et de dissuasion », explique Ioanna Begiazi. Une humiliation qualifiée par l’avocate de « sexualisée », et qui aurait pour but de décourager les migrant·es de franchir à nouveau la frontière.

    Ioanna Begiazi explique que les fouilles à nu ne sont en soi pas interdites en Grèce. Mais il faudrait qu’il y ait une raison sérieuse pour une telle intervention, comme des preuves concrètes qu’un acte criminel a été commis. Et même si c’était le cas, il existe de nombreuses réglementations. Les fouilles corporelles doivent notamment être conformes aux règles d’hygiène, les agents qui les pratiquent doivent donc changer de gants pour chaque personne qu’ils fouillent.

    Elles doivent aussi être effectuées dans le respect des droits personnels et de la dignité humaine de l’individu. De plus, les fouilles sont censées se dérouler dans un environnement protégé, en aucun cas devant d’autres personnes, afin de garantir le respect de la vie privée. Enfin, elles doivent être réalisées par des personnes du même sexe sans usage ou menace de violence physique.

    La Cour européenne des droits de l’homme (CEDH) a statué en 2001 que les fouilles corporelles effectuées par les forces de l’ordre peuvent être justifiées dans certains cas. Par exemple, si elles permettent d’empêcher des infractions pénales. Cependant, les déshabillages forcés et les fouilles génitales, qui laissent aux victimes « des sentiments d’angoisse et d’infériorité propres à les humilier et à les avilir », violent l’article 3 de la Convention européenne des droits de l’homme.

    Les témoignages des demandeurs et demandeuses d’asile qui dénoncent des mises à nu et des fouilles génitales forcées conduisent les expert·es des droits humains à penser qu’il pourrait s’agir d’une violation de la Convention européenne des droits de l’homme.

    « C’est l’un des moyens de faire passer le message et de les dissuader », explique l’avocat spécialiste des droits humains Nikola Kovačević. Expert dans le domaine de la migration, le Serbe rapporte avoir également connaissance de cas de déshabillage forcé et de fouilles génitales par les autorités frontalières. Selon lui, elles sont destinées à envoyer un message : « Si vous revenez, cela se reproduira. »

    Kovačević estime que les fouilles corporelles et génitales sexualisées violent l’interdiction de la « torture, des traitements dégradants ou inhumains » ancrée dans la Convention de l’UE sur les droits de l’homme et la Convention des Nations unies contre la torture.

    « Les traitements inhumains et dégradants sont dirigés contre la dignité humaine, explique-t-il. Vous privez une personne de sa dignité, vous la forcez à s’agenouiller, vous lui crachez dessus, vous la déshabillez, vous créez une situation dans laquelle cette personne se sent inférieure. »

    Selon Nikola Kovačević, la frontière entre la torture et les traitements inhumains ou dégradants est parfois floue. Cependant, ces deux délits ont une caractéristique centrale en commun : juridiquement, ils ne permettent aucune exception. « Il n’existe aucune circonstance imaginable qui justifie d’infliger de la douleur et de la souffrance à une personne sans défense », explique l’avocat.

    À Corfou, Clémentine Ngono se lève, essuie la sueur de son front et regarde sa montre. Elle dit être épuisée. Fatiguée par les longues heures de travail à l’hôtel, les factures impayées, le sentiment de culpabilité, par la séparation physique avec son mari, dont la demande d’asile a été rejetée.

    Clémentine Ngono dit qu’elle n’aime pas vraiment parler de ce qu’elle a vécu. Cependant, il est important pour elle que des choses similaires n’arrivent pas à d’autres. « Nous avons besoin de gens qui ont le courage de parler », dit-elle. Sinon, rien ne changera. Pour elle, c’est pénible de parler de ce qui s’est passé mais, dit-elle, « si je peux aider les autres, je le ferai ».

    https://www.mediapart.fr/journal/international/031123/des-fouilles-corporelles-sexualisees-frappent-les-migrants-aux-frontieres-

    #migrations #asile #réfugiés #violence #Grèce #humiliation #mauvais_traitements #organes_génitaux #nudité #fouille_au_corps #honte #fouilles_génitales #gardes-frontières #refoulements #push-backs #vol #Evros #Samos #dissuasion #femmes #humiliation_sexualisée #dignité #déshabillage #dignité_humaine

  • Appel d’urgence à la communauté internationale – mettez fin au transfert forcé en Cisjordanie
    Posted on octobre 30, 2023 | B’Tselem | Traduction J.Ch. pour l’AURDIP
    https://aurdip.org/appel-durgence-a-la-communaute-internationale-mettez-fin-au-transfert-force-

    Au cours des trois dernières semaines, depuis les atrocités du Hamas du 7 octobre, les colons ont exploité le manque d’attention du public envers la Cisjordanie, ainsi que l’atmosphère générale de rage contre les Palestiniens, pour intensifier leur campagne de violentes attaques dans une tentative de transfert forcé des communautés palestiniennes. Au cours de cette période, pas moins de treize communautés d’éleveurs ont été déplacées. Encore bien plus sont en danger d’être forcées à fuir dans les jours à venir si une action immédiate n’est pas entreprise.

    Les fermiers palestiniens sont particulièrement vulnérables à cette époque, saison annuelle de la récolte des olive, parce que, s’ils ne peuvent pas ramasser leurs olives, ils vont perdre une année de revenus. Hier, Bilal Muhammed Saleh, du village d’As-Sawiya au sud de Naplouse, a été assassiné alors qu’il s’occupait de ses oliviers. Il est le septième Palestinien a avoir été tué par les colons depuis le début de la guerre en cours.

    Malheureusement, le gouvernement israélien est favorable à ces attaques et ne fait rien pour arrêter cette violence. Au contraire : des ministres du gouvernement et autres responsables soutiennent la violence et, dans de nombreux cas, l’armée est présente ou même participe à la violence, y compris dans des incidents où les colons ont tué des Palestiniens. Qui plus est, depuis que la guerre a commencé, il y a eu un nombre croissant d’incidents dans lesquels il a été rapporté que des colons violents ont attaqué les communautés palestiniennes voisines sous uniforme militaire et en utilisant des armes livrées par le gouvernement.

    Avec une grande inquiétude et une claire compréhension du paysage politique, nous attestons que la seule façon de mettre fin à ce transfert forcé en Cisjordanie est une intervention claire, forte et directe de la communauté internationale.

    Le moment est venu d’agir.

    A Land for All – Two States, One Homeland | Akevot Institute | Amnesty International Israel | Association for Civil Rights in Israel | B’Tselem | Bimkom – Planners for Planning Rights | Breaking the Silence | Combatants for Peace | Comet-ME | Emek Shaveh | HaMoked : Center for the Defence of the Individual | Haqel – In Defense of Human Rights | Itach-Maaki – Women Lawyers for Social Justice | Ir Amim | Jordan Valley Activists | Kerem Navot | Machsom Watch | Mothers Against Violence Israel | Other Voice | Parents Against Child Detention | Physicians for Human Rights Israel | Policy Working Group (PWG) | Psychoactive | Rabbis for Human Rights | Re’acha Kamocha | Social Workers for Welfare and Peace | The School for Peace in Wahat al-Salam Neve Shalom | Torat Tzedek | Yesh Din | Zazim – Community Action | Zochrot

    #ONGIsraéliennes #7oct23

  • Réhumaniser les personnes décédées en Méditerranée

    Au-delà d’un bilan chiffré, les personnes décédées sont des personnes, avec une histoire et des proches. Dans un contexte de guerre comme un contexte migratoire, lutter contre la #déshumanisation permet à plusieurs acteurs de faire passer des messages politiques.

    Il y a d’abord ces noms, écrits au stylo sur les bras par des enfants de Gaza et dont les images ont circulé sur les réseaux sociaux ces derniers jours. Un prénom, une date de naissance, pour être identifié, pour dire qu’on a existé. Alors que dans la nuit de vendredi 27 à samedi 28 octobre la guerre en Israël et en Palestine est entrée dans une nouvelle phase selon les termes de l’état-major israélien, les Palestiniens bloqués au nord de Gaza subissent des bombardements intensifs. Le territoire est d’ailleurs aujourd’hui décrit comme un “champ de bataille” par l’armée israélienne.

    Jour après jour, les bilans sont diffusés. Le Hamas, qui a pris le pouvoir sur #Gaza depuis 2007, publie le décompte quotidien des victimes du conflit côté palestinien. Des chiffres repris dans les médias qui donnent l’impression d’une masse d’êtres humains non-identifiables ; plus de 8 000 personnes décédées à ce jour, dont 40% sont des enfants selon l’ONG Save the Children qui publiait dimanche 29 octobre un communiqué pour alerter sur cette réalité : 3 257 enfants sont morts depuis le début de l’offensive israélienne en réponse aux attaques meurtrières du Hamas contre des civils israéliens le 7 octobre. En trois semaines, le nombre d’enfants tués a dépassé le bilan de l’année 2019.

    A ce jour, l’OMS indique également qu’un millier de corps non identifiés seraient ensevelis sous les décombres à Gaza. Derrière les statistiques, la peur d’être oublié, que son corps disparaisse sans identité, comme le rappelle les mots de la journaliste palestinienne Plestia Alaqad qui rend compte du conflit sur son compte Instagram : “je perds mes mots à ce stade… à chaque minute, Gaza pourrait être effacée et personne ne saurait rien… je pourrais être tuée à chaque instant, et le plus effrayant est que peut-être, personne n’arrivera à retrouver mon corps mort, et il n’y aura peut être plus rien de moi-même à enterrer”, a-t-elle écrit le 28 octobre alors qu’Israël annonçait lancer la seconde phase de son offensive sur Gaza et intensifiait les bombardements sur l’enclave.

    Ces chiffres égrenés au fil des semaines rappellent d’autres drames, d’autres disparitions silencieuses et invisibles. En Palestine, comme en haute mer depuis le début des années 2010, invisibiliser, nier la présence des corps participe au processus de déshumanisation. Il vient illustrer la hiérarchie des décès entre ceux que l’on montre, que l’on médiatise et que l’on prend en compte et ceux que certains préfèrent laisser dans une masse incertaine. Dans les différents cas, il y a les dominés et les dominants. Un processus politique qui n’est pas inéluctable et qu’il est possible de dénoncer et de dépasser.

    Au-delà des bilans qui paraissent importants à diffuser pour montrer l’ampleur du drame qui se joue à Gaza, certains souhaitent donc aujourd’hui réhumaniser les victimes, mettre un visage, un parcours, une histoire pour ne pas oublier que sous les bombes se sont des humains qui disparaissent : “On peut continuer à rafraîchir le bilan du nombre de morts à Gaza de manière froide et désintéressée ou bien on peut considérer que ces femmes, ces hommes, ont des visages, des noms, des histoires”, explique le journaliste du Parisien Merwane Mehadji sur le réseau social X (anciennement Twitter). Sur son compte, il publie des photos et des courtes biographies de certains des invisibles décédés à Gaza : l’autrice Heba Abu Nada, 32 ans, Ibraheem Lafi, photoreporter, 21 ans, Areej, dentiste, 25 ans qui devait se marier dans quelques jours.

    Sur le site de l’ONG Visualizing Palestine c’est la campagne We Had Dreams qui met des mots sur les peurs et les aspirations des personnes prises au piège dans Gaza bombardée :

    “Si je meurs, rappelez-vous que nous étions des individus, des humains, que nous avions des noms, des rêves, des projets et que notre seul défaut était d’être classé comme inférieurs », Belal Aldbabbour.

    Ces initiatives posent un des enjeux actuels du conflit : mettre un visage c’est humaniser les #victimes alors que dans de nombreuses déclarations de responsables politiques en Europe et aux États-Unis, il est courant de parler uniquement du Hamas comme cible des Israéliens. Hillary Clinton dit ainsi “ceux qui demandent un cessez-le-feu ne comprennent pas qui est le Hamas”. Cela revient alors à annuler la présence de civils à Gaza ou à faire des habitants des terroristes.

    https://twitter.com/CBSEveningNews/status/1718681711133794405

    Du côté des autorités israéliennes, certaines personnalités politiques nient même l’humanité des habitants de Gaza : « J’ai ordonné un siège complet de la bande de Gaza. Il n’y aura pas d’électricité, pas de nourriture, pas de carburant. Tout est fermé. Nous combattons des animaux humains et nous agissons en conséquence », déclarait ainsi le ministre XX le XX octobre.

    “Nous sommes en présence d’un désir d’éradiquer les Palestinien.ne.s, si ce n’est de la terre, de la vie politique terrestre”, analyse la chercheuse Samera Esmeir au regard de cette déclaration. Dans un article publié en anglais sur le site du média égyptien Mada Masr, elle explique : “ Nous sommes en présence d’une entreprise coloniale qui tente de détruire ce qui a échappé à la destruction pendant et après les cycles précédents de conquête et de dévastation – cycles qui ont commencé en 1948. Nous sommes en présence d’une volonté coloniale d’effacer l’autochtone.” Remontant l’histoire de la création de l’État d’Israël, la professeure associée du département de rhétorique de l’université de Berkeley en Grande-Bretagne développe pour démontrer la construction au fil des années d’une dénégation d’accorder un statut civil aux Palestiniens : “La société palestinienne a été détruite en 1948. Les territoires occupés en 1967 ont été délibérément fragmentés, déconnectés et séparés par des colonies. Il n’y a pas de forme d’État, d’armée permanente, d’étendue de territoire ou de position civile. Au lieu de cela, il y a de nombreux camps de réfugiés, des familles dépossédées et des sujets en lutte. Tout ce qui pourrait favoriser la normalité civile est déjà visé par l’occupation israélienne, qu’il s’agisse de maisons, d’écoles, d’ONG, de centres culturels ou d’universités. Comparée à l’autre côté de la ligne verte, la vie en Cisjordanie et dans la bande de Gaza, où se concentre la violence israélienne à l’encontre des Palestinien.ne.s, n’autorise aucune normalité civile”.

    Selon les statistiques de l’ONG israélienne pour la défense des droits humains B’Tselem, plus de 10 500 Palestiniens ont été tués par les forces israéliennes depuis le début de la 2nde Intifada en 2000. L’ONG a entrepris un travail de vérification de chaque décès, que la personne soit palestinienne, israélienne ou étrangère : “B’Tselem examine les circonstances de chaque décès, notamment en recensant les témoignages oculaires lorsque cela est possible et en rassemblant des documents officiels (copies de pièces d’identité, actes de décès et dossiers médicaux), des photographies et des séquences vidéo”, peut-on lire sur le site de l’organisation. Un travail de recensement et d’identification qui répond également à l’enjeu de garder traces des victimes du conflit au fil des années. Une position que l’organisation défend depuis sa création : “Depuis la création de B’Tselem en 1989, nous documentons, recherchons et publions des statistiques, des témoignages, des séquences vidéo, des prises de position et des rapports sur les violations des droits humains commises par Israël dans les territoires occupés.”, peut-on lire sur le site internet de l’ONG. Une position énoncée dans le nom même de l’association puisque B’Tselem signifie en Hébreu “à l’image de” selon un verset de la Genèse (premier livre de la Torah juive et de la Bible chrétienne) qui considère : “Le nom exprime l’attendu moral universel et juif de respecter et de faire respecter les droits humains de tous”.

    Un enjeu qui rappelle celui de la disparition de personnes migrantes anonymes en Méditerranée. Des corps avalés par la mer que la médecin légiste italienne #Cristina_Cattaneo et son équipe tentent, elles-aussi, d’identifier. Son livre Naufragés sans visage a été traduit en français en 2019. Une manière de lutter contre la figure du migrant qui devient parfois une entité abstraite, notamment dans les discours politiques des extrêmes en Europe. “Lorsque l’on identifie ces gens, il est aussi plus difficile de détourner les yeux de la situation”, expliquait-elle au micro de France Culture. Un travail qu’elle réalise au sein de l’université de Milan depuis 1995 au début à propos des inconnus de la rue décédés. En 2013, les inconnus de la migration prennent de plus en plus de place dans son travail du fait de la catastrophe grandissante en haute mer.

    Comme à Gaza, les personnes migrantes sont conscientes de la possibilité de disparaître sans laisser de #traces. Dans son travail à la frontière entre l’Espagne et le Maroc, l’anthropologue #Carolina_Kobelinsky relève : « Toutes les personnes rencontrées parlent de la mort, des morts laissés en route, des stratégies pour y faire face. De l’éventualité de sa propre mort. La mort est présente dans les discours quotidiennement, autant que la musique, le foot,… ». Elle décide donc d’intégrer à son terrain de recherche l’omniprésence de la mort comme potentialité dans les #récits des personnes qui traversent la frontière. A la frontière entre le Maroc et l’Espagne au niveau de Melilla et Nador, il est aussi question de la disparition des corps à la « barrière », notamment lors des confrontations avec la gendarmerie marocaine ou la guardia civile espagnole.

    « Ces #corps disparaissent : enterrés dans des #fosses_communes, avalés par la terre, toutes sortes de théories circulent parmi les migrants. Cela renforce l’idée qu’il s’agit non seulement d’une #peur de la mort mais encore plus celle de la #disparition_totale. Ils sont partis comme anonymes socialement, et ils atteignent l’#anonymat de la mort avec la #volatilisation du corps. »

    « Le plus important pour les jeunes rencontrés est de mettre en place une #stratégie pour faire en sorte que les familles reçoivent la nouvelle du décès. Interviennent alors de véritables « #pactes », où l’on apprend le numéro de téléphone par cœur de la famille de l’autre pour faire passer ce message : « J’ai fait tout ce que j’ai pu pour avoir une vie meilleure », jusqu’à la mort.

    https://www.1538mediterranee.com/rehumaniser-les-personnes-decedees-en-mediterranee
    #décès #humanisation #réhumanisation #migrations #guerre #mort #morts #identification

  • 5 graphiques pour prendre la mesure de l’évitement fiscal | Alternatives Economiques
    https://www.alternatives-economiques.fr/5-graphiques-prendre-mesure-de-levitement-fiscal/00108479

    Le « Global Tax Evasion Report 2024 », publié ce 23 octobre, offre des statistiques détaillées sur la lutte contre les paradis fiscaux et l’évitement fiscal. Nous en avons sélectionné 5 graphiques pour mieux saisir le phénomène.

  • En Andalousie, le joyau naturel de Doñana menacé par la sécheresse et la culture intensive de la fraise

    REPORTAGE Zone naturelle classée, le parc national de Doñana voit disparaître ses lagunes et ses marais. Les centaines de milliers d’oiseaux migrateurs qui ont l’habitude d’y faire halte entre l’Europe du Nord et l’Afrique sont contraints de l’abandonner. En cause, la culture intensive de fruits rouges, gourmande en irrigation, sur fond de changement climatique.

    Juan Pedro Castellano avance à vive allure sur une immense plage vierge, où courent quelques bécasseaux. A bord de son véhicule tout-terrain, le directeur du parc national de Doñana, zone humide exceptionnelle à la pointe sud de l’Espagne, inscrite au Patrimoine mondiale de l’Unesco, sillonne des dunes mobiles et des pinèdes et longe les vastes marais argileux qui forment les 60 000 hectares protégés du parc. Il croise des vaches mostrenca aux longues cornes, des daims et des chevaux sauvages, avant de s’arrêter devant la lagune de Santa Olalla. Ou plutôt ce qu’il en reste. Jaillissant de l’aquifère, elle s’est complètement asséchée cet été. Et une terre grise, craquelée, a remplacé cet écrin de biodiversité d’une valeur incalculable. Cette lagune censée être « permanente » – la plus grande du parc – abrite d’ordinaire des milliers d’oiseaux migrateurs, dont l’arrivée devrait déjà avoir commencé. En cette mi-octobre, sous un soleil éclatant et une température inhabituelle de 33 °C, elle n’est fréquentée que par les cerfs.

    ... « C’est bien simple : ici, à Lucena del Puerto, presque toutes les exploitations situées au milieu des pins devraient être démantelées… »

    Depuis que la Cour de justice de l’Union européenne a condamné l’Espagne, en juin 2021, pour ne pas avoir protégé suffisamment #Doñana, les inspecteurs de la Confédération hydrographique du Guadalquivir, rattachée au ministère de la transition écologique, ont multiplié les contrôles et scellé près d’un millier de #puits_illégaux autour de l’espace naturel protégé. La justice aussi semble prendre le #vol_d’eau plus au sérieux. En septembre, cinq frères ont été condamnés à trois ans et demi de prison et 1,9 million d’euros de remboursement pour avoir puisé illégalement 19 millions de mètres cubes d’eau dans l’aquifère de Doñana entre 2008 et 2013. Et fin octobre, un tribunal de Séville a cité à comparaître la Maison d’Albe, riche famille de la noblesse espagnole, après une plainte du parquet environnemental pour un vol d’eau au travers de huit puits illégaux destinés à la culture d’orangers.

    A rebours de cette prise de conscience, le Parti populaire (PP ; droite), au pouvoir dans la communauté autonome d’Andalousie depuis 2019, a présenté au printemps un projet de loi régional pour régulariser plus de 700 hectares de terrains irrigués illégalement dans la « couronne nord » de Doñana. « Une amnistie pour les fraudeurs », ont critiqué les écologistes.

    ... L’association d’agriculteurs Puerto de Doñana, qui regroupe de nombreuses exploitations écologiques, s’y oppose, en rappelant que cet été, beaucoup de petits producteurs n’ont déjà pas pu arroser leurs plantations, car leurs puits étaient à sec. « Nous avons renoncé à plus de 70 % de nos exploitations irriguées ces trente dernières années afin de conserver Doñana, misé sur la production bio et donné des garanties à nos acheteurs. Nous ne voulons pas que les efforts de tant d’années tombent à l’eau à cause de l’obsession de croître de quelques-uns », explique son porte-parole, Manuel Delgado.


    Les installations et serres de culture de fruits rouges, aux alentours du parc national de Donaña (Espagne), le 10 octobre 2023. CESAR DEZFULI POUR « LE MONDE »

    https://www.lemonde.fr/planete/article/2023/10/30/en-andalousie-le-joyau-naturel-de-donana-menace-par-la-secheresse-et-par-la-
    https://archive.ph/1oTdH

    #eau #sécheresse #biodiversité #lagunes #marais #zones_humides #agriculture #tourisme #agriculture_écologique #modèle_agricole #irrigation #écologie

  • Une Française a passé par erreur plus d’un mois en centre de rétention pour sans-papiers - Le Parisien
    https://www.leparisien.fr/faits-divers/une-francaise-a-passe-par-erreur-plus-dun-mois-en-centre-de-retention-pou
    https://www.leparisien.fr/resizer/CrFeyrZNQhRohA4rrrs0msb3zNA=/1200x675/cloudfront-eu-central-1.images.arcpublishing.com/leparisien/657UCECI6BGHJD4MQ4QBRJPBDI.jpg
    La malheureuse a passé un peu plus d’un mois au sein du CRA du Mesnil-Amelot, accolé à l’aéroport parisien de Roissy (Photo d’illustration). LP/Arnaud Journois

    Cette femme a été placée le 12 septembre au CRA du Mesnil-Amelot (Seine-et-Marne), accolé à l’aéroport parisien de Roissy, en vue d’une expulsion vers l’Algérie assortie d’une interdiction de retour sur le territoire français. Problème, cette dernière était française…

    Une Française a été libérée vendredi après avoir été enfermée plus d’un mois dans un centre de rétention administrative (#CRA) en banlieue parisienne, où sont retenus des étrangers en situation irrégulière en vue de leur expulsion, a-t-on appris de sources concordantes.

    Cette femme a été placée le 12 septembre au CRA du Mesnil-Amelot, accolé à l’aéroport parisien de Roissy, en vue d’une expulsion vers l’Algérie assortie d’une interdiction de retour sur le territoire français, selon l’arrêté préfectoral de placement en rétention consulté par l’AFP.

    « Cette personne n’a pas fait état de sa nationalité française mais de sa nationalité algérienne, y compris devant le juge. Dès que sa nationalité (française) a été prouvée, elle a été libérée », a confirmé la préfecture du Val-de-Marne.

    Cela a pris cinq semaines, car l’intéressée, souffrant de « problèmes psychologiques, n’avait peut-être pas compris ce qu’il se passait », a indiqué un responsable associatif qui intervient auprès des personnes enfermées dans ce centre.

    « C’est l’illustration que l’administration essaie d’enfermer coûte que coûte, sans vérifier la situation administrative de la personne ni procéder à un examen de la #vulnérabilité », a-t-il ajouté.

    L’association #La_Cimade, qui a fini par transmettre la carte d’identité française à l’administration, a dénoncé sur X (ex-Twitter) une « course à l’expulsion (qui) conduit à des enfermements illégaux et absurdes ».

    Selon l’arrêté préfectoral, la jeune femme de 23 ans avait été interpellée la veille de son placement en CRA, soit le 11 septembre, pour « violence volontaire sur un agent de sécurité » et « vol à l’étalage » en banlieue parisienne.

    #vol #grande_distribution #expulsion

  • À #Volvic, #Danone accusée d’assécher les ruisseaux pour produire 7 millions de bouteilles plastiques d’eau par jour | La Relève et La Peste
    https://lareleveetlapeste.fr/a-volvic-danone-accusee-dassecher-les-ruisseaux-pour-produire-7-mi

    “Dans ce contexte précis, l’argument du changement climatique est inadapté”, avance le chercheur, chiffres à l’appui : “Entre 1971 et 1999, la pluviométrie moyenne était de 755 millimètre par an. Entre 1999 et 2018, elle était était de 751 millimètre par an. Elle était donc quasi-identique, alors même que le débit des sources a été divisé par 8 et que les prélèvements de la #SEV ont, eux, été multipliés par dix en 40 ans. Et avec tout ça, on voudrait nous faire croire que les prélèvements d’eau par Danone n’y sont pour rien ?”

    Face à cette situation, les demandes de l’association Preva sont claires : en premier lieu, baisser drastiquement les prélèvements de la SEV.

    “Ces prélèvements sont actuellement bien supérieurs à la capacité de renouvellement de la ressource, détaille Sylvie De Larouzière. Ça ne peut plus durer, sachant que le fait même d’embouteiller dans des bouteilles en plastique, qui sont en plus ensuite vendues majoritairement à l’étranger, c’est vraiment un système de l’ancien monde…”

    #eau

  • https://www.lefigaro.fr/sciences/l-eau-du-robinet-ne-doit-plus-etre-consommee-affirme-le-directeur-de-l-ars-

    L’eau du robinet « ne doit plus être consommée », affirme le directeur de l’ARS Occitanie dans un mail confidentiel

    « Il faut privilégier l’eau en bouteille ». Le Canard enchaîné a révélé dans son édition de mercredi 18 octobre un mail envoyé par le directeur de l’Agence régionale de santé (ARS) d’Occitanie, Didier Jaffre, où il mettait en garde contre l’utilisation de l’eau potable dans la région. Le directeur de l’ARS a envoyé cet avertissement le 23 septembre dans un courriel adressé à ses cadres.

    (en mode lecture
    https://justpaste.it/ca72j)

    les confidences de Didier Jaffre, directeur de l’#ARS #Occitanie #PFAS #chlorothalonil

    • Il faut convenir qu’on ne cesse de tergiverser entre les différentes injonctions contradictoires :
      – L’eau en bouteille contient des microplastiques, nous empoisonne, et empoisonne la nature, et en plus, le plastique se recycle bien plus mal qu’annoncé
      – L’eau du robinet nous empoisonne, car les procédés actuels sont incapables de supprimer les molécules chimiques qu’on refuse d’interdire, et qui de toute façon ont été diffusées avec tant d’allégresse qu’on ne s’en débarrassera pas.

      Ici, pour éviter les dizaines de bouteilles chaque semaine, on boit de l’eau du robinet filtrée par charbon. Mais avec ce qu’on entend au sujet des PFAS sur la région lyonnaise... Groumpf. Envie de revenir à l’eau de source qu’on pompe en profondeur pour produire du coca ou remplir les mégabassines...

    • Mais l’eau en bouteille, elle vient bien de quelque part.

      Perrier c’est à Vergèze, tout près de Nîmes. C’est autant l’Occitanie que l’eau du robinet de Montpellier (tirée de la source du Lez).

      Mont Roucous, c’est dans le Tarn. Montcalm c’est les Pyrénées ariégeoises. Eau de la Reine (je connais pas) c’est le Tarn aussi. Ô9, la Haute-Ariège. La Vernière c’est près de Bézier. La Salvetat c’est le Haut Languedoc.

      Qu’est-ce qu’il différencie une eau minérale d’Occitanie d’une eau du robinet qui provient d’Occitanie ?

    • Pff, même au fin fond des Corbières (première épicerie à 30mn en voiture village de 90 habitants l’été) l’eau a été polluée par des pesticides (aux avants derniers relevés effectués) mais je trouve personne pour m’informer correctement et le maire me fuit. (Je gueule trop notamment parce qu’ils accordent des permis de construire … sans eau au village) Le village a bien fait un effort en remplaçant les pastilles de chlore par un traitement ultra violet. Et donc on boit de l’eau de la source ou ce qu’il en reste car ça se tarit doucement, il n’y a plus d’eau pour les potagers et les minis fontaines au coin des rues ont été fermées.
      Et il y a plein de citadins retraités ou jeunes qui s’installent joyeusement dans l’ivresse de cette belle nature où tout crève faute d’eau et qui n’ont pas encore compris leur douleur.

    • Merci pour la doc @monolecte.

      Maintenant, sans vouloir passer pour un pénible, je me dis que tout ça, ce n’est pas que le problème des humains. Il y aussi les végétaux, les bestioles en tout genre qui doivent morfler. Même si nous les filtrons, les poisons se retrouvent bien quelque part. Et finalement, faudrait-il avoir honte de se réjouir lorsque tous ces citadins (un peu CSP+ quand même) qui s’esbaudissent façon hédoniste chez les bouseux vont comprendre leurs douleurs ? La chimiothérapie (àskip), ça vous atomise la joie de vivre façon puzzle.

    • Bon, même si il y a les films d’Agnès Varda sur Arte en ce moment, je déprime, je fonds, je disloque et je loque. Je me suis échappée dans les Corbières comme tu auras compris, mais ce sentiment de monde factice et vain me poursuit avec ces fameux citadins venus remplacés ceux qui sont morts ou disparus. Les maisons abandonnées depuis des dizaines d’années ont toutes été reprises, souvent payées très chères, parfois restaurées en toc pour du RBNB avec boitier. Sinon on ne voit pas trop ces nouveaux habitants terrés dans leur home sweet home. Le long de la rivière on peut toutefois compter sur les déjections de leurs chiens, et la mairie a pété le mur en pierres sèches qui menait aux potagers parce qu’il leur faut des parkings, toujours plus de parkings. Des crottes, des chiens crados et des parkings avec des voitures à gogo, l’héritage de la ville avec sa triste solitude nous happe jusqu’ici.
      Le viticulteur à la retraite a passé la main pour les haut-parleurs qui crachotaient son aquecent du sud en annonçant l’arrivée du camion de la boucherie sur la place de la fontaine où l’eau ne coule plus, ce soir l’écho électrique annonce dans les ruelles vides : « La population est invitée a utiliser l’eau en petites quantités ». Et je me demande comment les chasseurs vont bien pouvoir nettoyer les boyaux des sangliers si l’eau du robinet manque au village, une dérogation, vite ?

  • #Suisse : Renvois par #vols_spéciaux : #déficiences et #conflits_d’intérêt révélés par les médias suisses

    Après deux années de procédure, ESH Médias (ArcInfo, Le Nouvelliste et La Côte), La Liberté et Le Temps ont eu gain de cause devant le Tribunal administratif fédéral au nom de la Loi sur la transparence. Le Secrétariat d’État aux Migrations (SEM) a dû leur transmettre quatre rapports de surveillance, traitant de l’#accompagnement_médical des personnes renvoyées par vols spéciaux, qu’il ne souhaitait pas rendre publics. Ces rapports de JDMT Medical Services dénoncent des déficiences systématiques dans l’accompagnement médical des retours par vols spéciaux de 2019 à 2022, ainsi que les conflits d’intérêts d’Oseara, société mandatée par le SEM chargée à la fois d’évaluer l’aptitude au vol des personnes et d’assurer l’accompagnement médical lors de ces vols spéciaux.

    Nous saluons la démarche et la ténacité d’ESH Médias, La Liberté et Le Temps, et vous invitons à lire les articles de leurs journalistes Bayron Schwyn, Philippe Boeglin et Xavier Lambiel :

    > Bayron Schwyn dans ArcInfo, Renvois forcés de migrants en Suisse : dix ans d’opacité et de lacunes autour de l’accompagnement médical (17.10.23 : https://www.arcinfo.ch/suisse/renvois-forces-de-migrants-en-suisse-dix-ans-dopacite-et-de-lacunes-autour-d), Le Nouvelliste, Renvois forcés de migrants en Suisse : dix ans d’opacité et de lacunes autour de l’accompagnement médical, (17.10.23 : https://www.lenouvelliste.ch/suisse/renvois-forces-de-migrants-en-suisse-dix-ans-dopacite-et-de-lacunes-au), et La Côte, Renvois forcés de migrants en Suisse : dix ans d’#opacité et de #lacunes autour de l’accompagnement médical (17.10.23 : https://www.lacote.ch/suisse/renvois-forces-de-migrants-en-suisse-dix-ans-dopacite-et-de-lacunes-autour-de)

    > Philippe Boeglin dans Le Temps, Renvois de migrants par avion : la Suisse vertement critiquée, (17.10.23 : https://www.letemps.ch/suisse/renvois-de-migrants-par-avion-le-secretariat-d-etat-aux-migrations-et-la-soc) et Commentaire dans Le Temps, Oui aux renvois, mais pas comme cela (17.10.23 : https://www.letemps.ch/opinions/oui-aux-renvois-mais-pas-comme-cela)

    > Xavier Lambiel dans La Liberté, Vols spéciaux : les pratiques douteuses de la société chargée du suivi médical des requérants déboutés (17.10.23 : https://www.laliberte.ch/news/suisse/vols-speciaux-les-pratiques-douteuses-de-la-societe-chargee-du-suivi-medic), Le Courrier, L’autre face sombre des renvois (17.10.23 : https://lecourrier.ch/2023/10/17/lautre-face-sombre-des-renvois), et Le Quotidien Jurassien, Renvois forcés des migrants : dix ans d’opacité et de lacunes (16.10.23 : https://www.lqj.ch/articles/renvois-forces-des-migrants-dix-ans-dopacite-et-de-lacunes-62781)

    https://asile.ch/2023/10/17/renvois-par-vols-speciaux-deficiences-et-conflits-dinteret-reveles-au-grand-jo
    #vol_spécial #migrations #réfugiés #sans-papiers #renvois #expulsions #renvois_forcés

  • L’administration #Biden annonce discrètement qu’elle va financer une section du mur à la frontière avec le #Mexique

    « Construire un mur massif sur toute la frontière sud n’est pas une solution politique sérieuse », avait proclamé Joe Biden lors de son accession à la présidence des Etats-Unis. Son administration a pourtant discrètement annoncé jeudi 5 octobre qu’elle comptait ajouter une nouvelle section au mur frontalier avec le Mexique pour tenter de limiter les arrivées de migrants, reprenant à son compte une mesure phare et controversée de l’ancien président Donald Trump.

    Cette décision a valu à Joe Biden d’être accusé de #volte-face, lui qui avait promis le jour de son entrée en fonction, en janvier 2021, que le contribuable ne payerait plus pour la construction d’un mur. Le démocrate de 80 ans, candidat à sa réélection, a assuré qu’il ne « pouvait pas interrompre » le #financement engagé par son prédécesseur, faute d’avoir pu convaincre le Congrès d’employer ces fonds pour d’autres mesures. Le même jour, la Maison Blanche a fait part de la reprise de vols directs d’expulsion vers le Venezuela pour les immigrés en situation irrégulière, interrompus depuis des années.

    Le ministre de la sécurité intérieure, Alejandro Mayorkas, a expliqué qu’une nouvelle portion de mur serait érigée dans la vallée du #Rio_Grande, à la frontière avec le Mexique. « Il existe actuellement un besoin aigu et immédiat de construire des barrières physiques et des routes à proximité de la frontière des Etats-Unis afin d’empêcher les entrées illégales », a-t-il déclaré dans un avis officiel publié par le registre fédéral des Etats-Unis. Plus de 245 000 tentatives d’entrées illégales ont été enregistrées sur une dizaine de mois jusqu’au début d’août, selon l’administration.

    Le ministre a ensuite assuré sur le réseau social X (ex-Twitter) que des passages de l’avis officiel avaient été « sortis de leur contexte » et a affirmé : « Il n’y a pas de nouvelle politique concernant le mur à la frontière. Nous avons toujours dit clairement qu’un mur n’était pas une solution. »

    Au Mexique, le président Andres Manuel Lopez Obrador, qui rencontre jeudi le chef de la diplomatie américaine, Antony Blinken, a jugé qu’il s’agissait d’un « pas en arrière ». « Cette autorisation pour la construction du mur est un pas en arrière parce qu’elle ne résout pas le problème, nous devons nous attaquer aux causes » de l’immigration illégale, a réagi le président mexicain.

    Des fonds approuvés sous la présidence de Donald Trump

    « L’argent était prévu pour le mur frontalier. J’ai essayé de convaincre [les républicains au Congrès] d’allouer les fonds à autre chose, de les rediriger. Ils n’ont pas voulu », s’est défendu Joe Biden. « En attendant, il n’est pas possible légalement d’utiliser cet argent pour autre chose que ce pour quoi il a été prévu », a poursuivi le démocrate pour justifier une décision vivement critiquée par certains élus de son parti, en particulier dans l’aile gauche.

    M. Mayorkas a expliqué de son côté que les fonds pour « les barrières physiques supplémentaires » viendraient d’une dotation approuvée par le Congrès dans ce but précis en 2019, quand M. Trump était au pouvoir. L’immigration illégale est un problème politique croissant pour M. Biden, que les républicains accusent de laxisme.

    Donald Trump, son rival et favori de la droite pour la prochaine élection présidentielle, n’a pas manqué de réagir. L’annonce de l’administration Biden montre que « j’avais raison quand j’ai construit 900 km (…) d’un mur frontalier tout beau, tout neuf », a-t-il écrit sur sa plate-forme Truth Social. « Joe Biden s’excusera-t-il auprès de moi et de l’Amérique pour avoir mis si longtemps à bouger et avoir permis que notre pays soit inondé de 15 millions d’immigrants illégaux, venant de lieux inconnus ? », a-t-il ajouté.

    Les républicains ont fait de l’immigration l’un de leurs angles d’attaque favoris contre la Maison Blanche. L’aile droite du parti s’oppose par exemple au déblocage de fonds supplémentaires pour l’Ukraine, estimant que cet argent devrait plutôt servir à lutter contre la crise migratoire.

    Le sénateur conservateur Lindsey Graham a demandé de lier les deux sujets, alors que le Congrès américain doit voter sur un nouveau budget, et donc sur une éventuelle rallonge pour l’Ukraine, avant le 17 novembre, sous peine de paralysie de l’Etat fédéral.

    Reprise des expulsions vers le Venezuela

    La Maison Blanche s’est défendue d’utiliser la construction du mur pour marchander le soutien des parlementaires républicains à un nouvel effort financier en faveur des Ukrainiens : « Je ne ferais pas le lien entre les deux », a assuré Karine Jean-Pierre.

    Concernant le Venezuela, l’administration Biden va reprendre dans les prochains jours les expulsions directes par avion, suspendues depuis des années en raison de la situation sécuritaire très dégradée dans ce pays.

    Le département d’Etat a précisé que les autorités de Caracas avaient accepté de recevoir leurs ressortissants ainsi renvoyés. Le gouvernement vénézuélien a confirmé, dans un communiqué, que les deux pays avaient « conclu un accord permettant de rapatrier de manière organisée, sûre et légale des citoyens vénézuéliens depuis les Etats-Unis ».

    Les Vénézuéliens sont l’une des nationalités les plus représentées parmi les migrants qui arrivent régulièrement à la frontière sud des Etats-Unis. Cette reprise des expulsions directes vise des personnes entrées sur le territoire américain après le 31 juillet 2023. Pour ceux qui se trouvaient sur le sol américain avant cette date, Washington avait récemment annoncé l’octroi de 500 000 permis temporaires de séjour.

    Selon l’ONU, plus de sept millions de personnes ont fui le Venezuela depuis l’effondrement de son économie. Le régime du président Nicolas Maduro est visé par des sanctions de Washington, qui n’a pas reconnu sa réélection en 2018.

    https://www.lemonde.fr/international/article/2023/10/05/l-administration-biden-annonce-discretement-qu-elle-va-financer-une-section-
    #Joe_Biden #frontières #USA #Etats-Unis #murs #barrières_frontalières #renvois #expulsions #Venezuela

    • ‘Stabbed in the back’ : Biden’s border wall U-turn leaves Indigenous and climate groups reeling

      Rio Grande communities feel like the ‘sacrificial lamb’ in a political war as climate activists and environmentalists call foul

      The Biden administration’s decision to waive environmental, public health and cultural protections to speed new border wall construction has enraged environmentalists, Indigenous leaders and community groups in the Rio Grande valley.

      “It was disheartening and unexpected,” said Laiken Jordahl, a borderlands campaigner with the Center for Biological Diversity (CBD), amid concerns of the impact on essential corridors for wild cats and endangered plants in the area. “This is a new low, a horrific step backwards for the borderlands.”

      This is the first time a Democratic administration has issued such waivers for border wall construction, and for Joe Biden, it’s a marked departure from campaign promises and his efforts to be seen as a climate champion.

      “I see the Biden administration playing a strategic game for elections,” said Michelle Serrano, co-director of Voces Unidas RGV, an immigrants rights and community advocacy group based in the Rio Grande valley. The many rural, immigrant and Indigenous communities that live in the region have become “the sacrificial lamb” for politicians looking to score points, she added.

      As the climate crisis fuels ecological decline, extreme weather and mass migration, the administration’s move is especially upsetting, she added. “Building a border wall is counterproductive,” she said.

      “This is an inhumane response to immigration,” said Michele Weindling, the electoral director of the Sunrise Movement, a youth-led climate justice group. “The right thing to do would be to treat immigrants with compassion and address the root cause of what is forcing people to have to leave their countries, which is the climate crisis.”

      Following the administration’s decision to approve the Willow drilling project in Alaska and renege on a promise to end new drilling, the border wall construction will likely further alienate young voters, she said: “Biden has already caused distrust among young voters. This is another and horrendous reversal of promises he made on the campaign trail, which is a dangerous move to make ahead of 2024.”

      Among the 26 environmental and cultural protections the administration is waiving are the National Environmental Policy Act, the Endangered Species Act, the Native American Graves Protection and Repatriation Act and the American Indian Religious Freedom Act.

      The administration’s proposed 20 new miles of a “border barrier system” in Starr county, Texas, cuts near the lower Rio Grande Valley national wildlife refuge. Construction would bisect fields where the Carrizo/Comecrudo Tribe and other tribes source peyote for sacramental use. It would also cut through or near old village sites and trails.

      “By developing this, they are furthering a genocide,” said Juan Mancias, the chair of the Carrizo/Comecrudo Tribe, who has been battling border wall construction though tribal cultural sites and graveyards through multiple US administrations. Colonizers “killed our people in the first place, and we had to bury – then you dig them up to build. It’s ongoing genocide”, he said.

      The new sections of border wall would cut through “some of the most rural, peaceful sections of the Rio Grande”, said Jordahl, who recently canoed down the stretch of river where the administration plans its construction. “It was one of the most serene experiences I have ever had on the border. There were orioles flapping their wings in the sky, kingfishers, great blue herons.”

      CBD believes the construction will set back the recovery of endangered ocelots, and cut off wildlife corridors essential to the spotted wildcats’ long-term survival. Two endangered plants, the Zapata bladderpod and prostrate milkweed, would also be threatened by wall construction, according to the CBD.

      The waivers were announced just a month after the Government Accountability Office, a nonpartisan watchdog agency, released a dire report finding that border wall construction during the Trump administration had destroyed towering saguaro cactuses in Arizona, threatened ocelots in Texas and dynamited Indigenous cultural sites and burial grounds. The report urged US Customs and Border Protection and the interior department to develop a plan to ease the damage.

      In fueling Donald Trump’s zeal to build a “big, beautiful wall” at the US-Mexico border, his administration issued waivers that suspended 84 federal laws including protections pertaining to clean air and water, endangered species, public lands and the rights of Native Americans. The Biden administration rescinded one of the prior administration’s waivers in June.

      In July, the federal government agreed in a settlement to pay $1.2bn to repair environmental damages and protect wildlife affected by sections of border wall construction. Several states as well as the Sierra Club and Southern Border Communities Coalition had challenged Trump’s use of military construction and of treasury department forfeiture funds to build parts of the wall.

      Now, the president who once vowed that “not another foot of wall would be constructed” under his watch has had his administration issue further waivers to speed wall construction. He has argued that his administration is compelled to construct border barriers, because money to fund its construction was already allocated by Congress. “I tried to get them to reappropriate, to redirect that money. They didn’t,” Biden told reporters. Asked if he thought the border wall worked, he responded, “No.”

      Environmental advocates have disputed the president’s claim that there was no choice but to move ahead with border wall construction. The administration was not obligated to waive environmental and public health protections to speed the work, they argue.

      “It’s absolutely mystifying as to why they thought it was a good idea to issue these waivers,” Jordhal said. “They could have moved forward with the Endangered Species Act still intact, so endangered wildlife and these areas would have had protections.” Keeping environmental, health and cultural protections in place would also have allowed local communities to provide input on the proposed construction and its impact, he added.

      “I’m angry,” said Nayda Alvarez, who spent years fighting the Trump administration’s efforts to seize land that her family has held for at least five generations to build the border wall. “Biden didn’t keep his promises – what happened to his word?”

      Even after the lawsuit to take her property along the Rio Grande was dropped, Alvarez said, she remained uncertain and uneasy – and continued to voice her concerns about the ecological damage caused by border barriers. “We thought maybe we’d be OK with a Democrat as president, and now Biden did this. We’re being stabbed in the back.”

      https://www.theguardian.com/us-news/2023/oct/06/biden-border-wall-indigenous-climate-rio-grande
      #peuples_autochtones #nature

      –-

      A mettre en lien aussi avec les conséquences sur la #faune et la #nature de la construction de #barrières_frontalières :
      https://seenthis.net/messages/515608
      #wildlife

  • Volvo Workshop Support Platform
    https://gold.smcp.volvocars.biz/#/submenu/WSG
    https://gold.smcp.volvocars.biz/assets/volvo/images/type-approval-numbers-303en11.jpg
    Volvo oblige ses clients à passer par leur réseau de concessionnaires et quelques garagistes indépendants qui utilisent des logiciels sur abonnement pour toute réparation.

    Les voitures du producteur sino-suédois sont désormais à conseiller uniquement aux gens qui aiment bien rouler en voiture toute neuve (et peuvent se le payer) et pour les amateurs de voitures anciennes (d’avant 1995) capables de les réparer indépendamment.

    Voilà la liste des voitures Volvo qui constituent la génération uniquement réparables avec un abonnement au service VIDA de Volvo. A s’abstenir.

    Ce site Web s’adresse aux opérateurs indépendants qui travaillent professionnellement avec la réparation et la maintenance des véhicules Volvo. Le but est de fournir des informations sur VIDA, le système d’atelier Volvo Car Corporation’s. Vous y trouverez également la configuration minimale du système et les documents avec des instructions sur la manière d’acheter, d’installer et d’utiliser VIDA.

    Avant de commander un abonnement à VIDA, nous vous prions de vous familiariser avec le contenu présenté sur ce site.

    Voilà un tuyau d’un gentil utilisateur volvo. Je pense qu’il possède une vielle version du logiciel qui était disponible sans abonnement.
    http://forum.volvo-forum.de/showthread.php?p=2025071

    also hier mal mein „Halbwissen“ bezüglich Dongels und Handy apps

    – Die Dongel selbst sind alle gleich, die sind nichts anderes als ein Konverter der die seriellen CAN Bus Signale zum Handy oder PC schickt - die Intelligenz steckt in der Software
    – Einziger Unterschied, es gibt solche mit Bluetooth und solche die via WLAN Verbindung kommunizieren
    – iphone soll besser mit WLAN funktionieren, Android besser mit Bluetooth

    Bei der Software ist es so, dass an sich alle die genormten Codes von OBD II lesen können. Das ist alles was mit der Motorsteuerung und Abgasen zu tuen hat. Wie umfangreich die das dann anzeigen oder ob Codes löschen freigeschaltet ist, hängt vom jeweiligen Programm und der Geldgier der Programmierer ab. Ich empfehle einfach die gängigsten Apps durchzuprobieren. Ein paar wurden eh schon genannt hier.
    Was die alle nicht können, ist Autohersteller spezifische Steuergeräte auslesen. Ich glaube kaum, dass es eine App gibt die z.b. das Volvo Multimedia Zeugs auslesen oder konfigurieren kann. Das geht nur mit VIDA. Einige Apps scheinen aber zumindest ABS, Airbags und sowas zusätzlich zu Motordaten zu verstehen.

    Ich selbst habe Vida/Dice von China für meinen Volvo. Für die anderen Autos hab ich einen WIFI Dongel um 15Euro und verwende die app „Auto Doctor“ in der free Version auf einem iphone.

    #voitures #volvo #support #logiciels

  • Otto Müller 16.6.1896 - 10.11.1914


    Einjährig Kriegsfreiwilliger 12. Kompanie Reserve Infantrie Regiment 206

    Ce jeune homme de dix neuf ans fut l’un des 258272 victime des cette la première bataille d’Ypres. Les seigneurs de la guerre allemands sacrifièrent 134315 compatriotes afin de gagner les ports de Calais et Boulogne. Ils n’obtinrent que l’immobilisation des deux partis sur les positions près d’Ypres conquises le 15 novembre 1914.

    Erste Flandernschlacht
    https://de.wikipedia.org/wiki/Erste_Flandernschlacht

    Die Erste Flandernschlacht oder Ypernschlacht (englisch First battle of Ypres, niederländisch Eerste Slag om Ieper, französisch Première bataille d’Ypres) fand gegen Ende der ersten Phase des Ersten Weltkrieges vom 20. Oktober bis zum 18. November 1914 zwischen deutschen und alliierten Truppen im Raum der belgischen Kanalküste in Westflandern statt. Trotz schwerster Verluste an Menschenleben konnte die Absicht der deutschen Führung, durch einen Angriff der 4. Armee entlang der Kanalküste das britische Expeditionskorps (British Expeditionary Force) von seinen Versorgungslinien abzuschneiden, nicht verwirklicht werden. Die Auseinandersetzung wird zu den vier Flandernschlachten gezählt.
    ...
    Eingesetzte Kräfte
    4. Armee unter Generaloberst Albrecht Herzog von Württemberg
    XXII. Reserve-Korps – KG: General der Kavallerie Eugen von Falkenhayn

    Divisionen
    44. Reserve-Division
    Kdr.:Kgl.Württ. Genlt. von Dorrer

    Regimenter und Bataillone
    Reserve-Infanterie-Regiment Nr. 206 (Brandenburg)
    ...
    10. November 1914
    Um Mitternacht begann der erneute Angriff der 43. Reserve-Division mit den Reserve-Infanterie-Regimenten 201, 202 und dem Reserve-Jäger-Bataillon 15 auf Dixmuide. Um nicht überflügelt und abgeschnitten zu werden, räumten die letzten französischen Marinefüsiliere und Infanteristen nach neunzehnstündigem, erbittertem Häuserkampf bei Einbruch der Dunkelheit den Ort. 1.417 englische und französische Soldaten wurden an diesem Tag in und um Dixmuide gefangen genommen. Auf deutscher Seite verloren das Reserve-Infanterie-Regiment 201 und 202 sowie das Reserve-Jäger-Bataillon Nr. 15 insgesamt 206 Gefallene, 241 Verwundete und 102 Vermisste. An diesem Tag fand auch der sogenannte Angriff „junger Regimenter westlich Langemarck“ statt, der, vom Heeresbericht am 11. November aufgegriffen und groß herausgestellt, den Ursprung des Langemarck-Mythos bilden sollte: Die 45. und 46. Reserve-Division des XXIII. Reserve-Korps sowie die dem III. Reserve-Korps unterstellte 44. Reserve-Division konnten auf fast vier Kilometern Breite gut einen Kilometer weit vordringen, mit Teilen den Yser-Kanal erreichen und französische Gefangene einbringen. Allerdings war dem links anschließenden III. Reservekorps die Einnahme von Langemark nicht gelungen. Besonders die dem III. Reservekorps unterstellte 9. Reserve-Division hatte schwere Verluste erlitten und über 2000 Mann verloren.

    Première bataille d’Ypres
    https://fr.wikipedia.org/wiki/Premi%C3%A8re_bataille_d%27Ypres

    Déroulement
    ...
    10 novembre : attaque générale allemande.
    ...
    11 novembre : prise de Dixmude par l’armée allemande, mais sans débouché.

    Les Britanniques, qui subissent le plus fort de l’attaque, parviennent à stopper les Allemands à Ypres.

    La trêve de Noël

    À Noël, les soldats du front occidental sont épuisés et choqués par l’étendue des pertes qu’ils ont subies depuis le mois d’août. L’ambiance est morose dans les tranchées et les cantonnements de l’arrière. Mais, au petit matin du 25 décembre, les Britanniques qui tiennent les tranchées autour de la ville belge d’Ypres entendent des chants de Noël provenant des positions ennemies, puis découvrent que des sapins de Noël sont placés le long des tranchées allemandes. Lentement, des groupes de soldats allemands sortent de leurs tranchées et avancent jusqu’au milieu du no man’s land, où ils appellent les Britanniques à venir les rejoindre. Les deux camps se rencontrent au milieu d’un paysage dévasté par les obus, échangent des cadeaux, discutent et jouent au football.

    Ce genre de trêve se produit à de nombreuses reprises là où les troupes britanniques et allemandes se font face, et la fraternisation se poursuit encore par endroits pendant une semaine jusqu’à ce que les autorités militaires y mettent un frein. Il n’y a cependant pas de trêve dans le secteur où les Français et les Allemands s’affrontent.
    ...
    France 50 000 à 85 000 tués, blessés ou disparus
    Royaume-Uni 52 395 tués, blessés ou disparus
    Belgique 21 562 tués, blessés ou disparus
    Allemagne 134 315 tués, blessés ou disparus

    #guerre #volontaires #Allemagne #Angleterre #Belgique

  • ★ URSS 1918 : L’AFFRONTEMENT BOLCHEVICS / ANARCHISTES - Socialisme libertaire

    L’histoire du mouvement anarchiste est faite d’un perpétuel combat contre les interprétations des idéologies autoritaires. Quand les historiens ne nient pas tout simplement notre contribution au passé des luttes, ils pratiquent la diffamation.
    Que l’on songe au travail acharné de certains érudits qui a été nécessaire pour rétablir la vérité sur Makhno, considéré longtemps comme un bandit douteux. Dans la même perspective, rappeler la répression bolchevique contre les anarchistes en avril 1918 peut permettre de corriger certaines calomnies.
    Cela montre aussi que la dictature en Russie ne date pas de 1921 avec Kronstadt, mais des premiers mois du pouvoir. Celui-ci n’a pas dérapé vers la fin du règne de Lénine, la tyrannie était opérationnelle dès le début (...)

    #anarchisme #Makhno #Voline #Lénine #bolchevisme #Révolution #Tchéka #répression #URSS #histoire

    ▶️ Lire la suite...

    ▶️ https://www.socialisme-libertaire.fr/2023/07/urss-1918-l-affrontement-bolchevics/anarchistes.html

  • #Lampedusa : ’Operational emergency,’ not ’migration crisis’

    Thousands of migrants have arrived on Lampedusa from Africa this week, with the EU at odds over what to do with them. DW reports from the Italian island, where locals are showing compassion as conditions worsen.

    Long lines of migrants and refugees, wearing caps and towels to protect themselves from the blistering September sun, sit flanked on either side of a narrow, rocky lane leading to Contrada Imbriacola, the main migrant reception center on the Italian island of Lampedusa.

    Among them are 16-year-old Abubakar Sheriff and his 10-year old brother, Farde, who fled their home in Sierra Leone and reached Lampedusa by boat from Tunisia.

    “We’ve been on this island for four days, have been sleeping outside and not consumed much food or water. We’ve been living on a couple of biscuits,” Abubakar told DW. “There were 48 people on the boat we arrived in from Tunisia on September 13. It was a scary journey and I saw some other boats capsizing. But we got lucky.”

    Together with thousands of other migrants outside the reception center, they’re waiting to be put into police vans headed to the Italian island’s port. They will then be transferred to Sicily and other parts of Italy for their asylum claims to be processed, as authorities in Lampedusa say they have reached “a tipping point” in migration management.
    Not a ’migration crisis for Italy,’ but an ’operational emergency’

    More than 7,000 migrants arrived in Lampedusa on flimsy boats from Tunisia earlier this week, leading the island’s mayor, Filippo Mannino, to declare a state of emergency and tell local media that while migrants have always been welcomed, this time Lampedusa “is in crisis.”

    In a statement released on Friday, Italian Prime Minister Giorgia Meloni said her government intends to take “immediate extraordinary measures” to deal with the landings. She said this could include a European mission to stop arrivals, “a naval mission if necessary.” But Lampedusa, with a population of just 6,000 and a reception center that has a capacity for only 400 migrants, has more immediate problems.

    Flavio Di Giacomo, spokesperson for the UN’s International Organization for Migration (IOM), told DW that while the new arrivals have been overwhelming for the island, this is not a “migration crisis for Italy.”

    “This is mainly an operational emergency for Lampedusa, because in 2015-2016, at the height of Europe’s migration crisis, only 8% of migrants arrived in Lampedusa. The others were rescued at sea and transported to Sicily to many ports there,” he said. “This year, over 70% of arrivals have been in Lampedusa, with people departing from Tunisia, which is very close to the island.”

    Di Giacomo said the Italian government had failed to prepare Lampedusa over the past few years. “The Italian government had time to increase the reception center’s capacity after it was set up in 2008,” he said. “Migration is nothing new for the country.”
    Why the sudden increase?

    One of Italy’s Pelagie Islands in the Mediterranean, Lampedusa has been the first point of entry to Europe for people fleeing conflict, poverty and war in North Africa and the Middle East for years, due to its geographical proximity to those regions. But the past week’s mass arrival of migrants caught local authorities off guard.

    “We have never seen anything like what we saw on Wednesday,” said a local police officer near the asylum reception center.

    Showing a cellphone video of several small boats crammed with people arriving at the Lampedusa port, he added, “2011 was the last time Lampedusa saw something like this.” When the civil war in Libya broke out in 2011, many people fled to Europe through Italy. At the time, Rome declared a “North Africa emergency.”

    Roberto Forin, regional coordinator for Europe at the Mixed Migration Centre, a research center, said the recent spike in arrivals likely had one main driving factor. “According to our research with refugees and migrants in Tunisia, the interceptions by Tunisian coast guards of boats leaving toward Italy seems to have decreased since the signing of the Memorandum of Understanding in mid-July between the European Union and Tunisia,” he said. “But the commission has not yet disbursed the €100 million ($106.6 million) included in the deal.”

    The EU-Tunisia deal is meant to prevent irregular migration from North Africa and has been welcomed by EU politicians, including Meloni. But rights groups have questioned whether it will protect migrants. Responding to reporters about the delayed disbursement of funds, the European Commission said on Friday that the disbursement was still a “work in progress.”

    IOM’s Giacomo said deals between the EU and North African countries aren’t the answer. “It is a humanitarian emergency right now because migrants are leaving from Tunisia, because many are victims of racial discrimination, assault, and in Libya as well, their rights are being abused,” he said. "Some coming from Tunisia are also saying they are coming to Italy to get medical care because of the economic crisis there.

    “The solution should be to organize more search-and-rescue at sea, to save people and bring them to safety,” he added. “The focus should be on helping Lampedusa save the migrants.”

    A group of young migrants from Mali who were sitting near the migrant reception center, with pink tags on their hands indicating the date of their arrival, had a similar view.

    “We didn’t feel safe in Tunisia,” they told DW. “So we paid around €750 to a smuggler in Sfax, Tunisia, who then gave us a dinghy and told us to control it and cross the sea toward Europe. We got to Italy but we don’t want to stay here. We want to go to France and play football for that country.”
    Are other EU nations helping?

    At a press briefing in Brussels on Wednesday, the European Commission said that 450 staff from Europol, Frontex and the European Union Agency for Asylum have been deployed to the island to assist Italian authorities, and €40 million ($42.6 million) has been provided for transport and other infrastructure needed for to handle the increase in migrant arrivals.

    But Italian authorities have said they’re alone in dealing with the migrants, with Germany restricting Italy from transferring migrants and France tightening its borders with the country.

    Lampedusa Deputy Mayor Attilio Lucia was uncompromising: “The message that has to get through is that Europe has to wake up because the European Union has been absent for 20 years. Today we give this signal: Lampedusa says ’Enough’, the Lampedusians have been suffering for 20 years and we are psychologically destroyed,” he told DW.

    “I understand that this was done mostly for internal politics, whereby governments in France and Germany are afraid of being attacked by far-right parties and therefore preemptively take restrictive measures,” said Forin. “On the other hand, it is a measure of the failure of the EU to mediate a permanent and sustainable mechanism. When solidarity is left to voluntary mechanisms between states there is always a risk that, when the stakes are high, solidarity vanishes.”

    Local help

    As politicians and rights groups argue over the right response, Lampedusa locals like Antonello di Malta and his mother feel helping people should be the heart of any deal.

    On the night more than 7,000 people arrived on the island, di Malta said his mother called him saying some migrants had come to their house begging for food. “I had to go out but I didn’t feel comfortable hearing about them from my mother. So I came home and we started cooking spaghetti for them. There were 10 of them,” he told DW, adding that he was disappointed with how the government was handling the situation.

    “When I saw them I thought about how I would have felt if they were my sons crying and asking for food,” said Antonello’s mother. “So I started cooking for them. We Italians were migrants too. We used to also travel from north to south. So we can’t get scared of people and we need to help.”

    Mohammad still has faith in the Italian locals helping people like him. “I left horrible conditions in Gambia. It is my first time in Europe and local people here have been nice to me, giving me a cracker or sometimes even spaghetti. I don’t know where I will be taken next, but I have not lost hope,” he told DW.

    “I stay strong thinking that one day I will play football for Italy and eventually, my home country Gambia,” he said. “That sport gives me joy through all this hardship.”

    https://www.dw.com/en/lampedusa-operational-emergency-not-migration-crisis/a-66830589

    #débarquements #asile #migrations #réfugiés #Italie #crise #compassion #transferts #urgence_opérationnelle #crise_migratoire #Europol #Frontex #Agence_de_l'Union_européenne_pour_l'asile (#EUEA #EUAA) #solidarité

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    • The dance that give life’
      Upon Lampedusa’s rocky shore they came,
      From Sub-Saharan lands, hearts aflame,
      Chasing dreams, fleeing despair,
      In search of a life that’s fair.

      Hunger gnawed, thirst clawed, bodies beat,
      Brutality’s rhythm, a policeman’s merciless feat,
      Yet within their spirits, a melody stirred,
      A refuge in humour where hope’s not deferred.

      Their laughter echoed ’cross the tiny island,
      In music and dance, they made a home,
      In the face of adversity, they sang their songs,
      In unity and rhythm, they proved their wrongs.

      A flood of souls, on Lampedusa’s strand,
      Ignited debates across the land,
      Politicians’ tongues twisted in spite,
      Racist rhetoric veiled as right.

      Yet, the common people, with curious gaze,
      Snared in the web of fear’s daze,
      Chose not to see the human plight,
      But the brainwash of bigotry’s might.

      Yet still, the survivor’s spirit shines bright,
      In the face of inhumanity, they recite,
      Their music, their dance, their undying humour,
      A testament to resilience, amid the rumour and hate.

      For they are not just numbers on a page,
      But humans, life stories, not a stage,
      Their journey not over, their tale still unspun,
      On the horizon, a new day begun.

      Written by @Yambiodavid

      https://twitter.com/RefugeesinLibya/status/1702595772603138331
      #danse #fête

    • L’imbroglio del governo oltre la propaganda

      Le politiche europee e italiane di esternalizzazione dei controlli di frontiera con il coinvolgimento di paesi terzi, ritenuti a torto “sicuri”, sono definitivamente fallite.

      La tragedia umanitaria in corso a Lampedusa, l’ennesima dalle “primavere arabe” del 2011 ad oggi, dimostra che dopo gli accordi di esternalizzazione, con la cessione di motovedette e con il supporto alle attività di intercettazione in mare, in collaborazione con Frontex, come si è fatto con la Tunisia e con la Libia (o con quello che ne rimane come governo di Tripoli), le partenze non diminuiscono affatto, ed anzi, fino a quando il meteo lo permette, sono in continuo aumento.

      Si sono bloccate con i fermi amministrativi le navi umanitarie più grandi, ma questo ha comportato un aumento degli “arrivi autonomi” e l’impossibilità di assegnare porti di sbarco distribuiti nelle città più grandi della Sicilia e della Calabria, come avveniva fino al 2017, prima del Codice di condotta Minniti e dell’attacco politico-giudiziario contro il soccorso civile.

      La caccia “su scala globale” a trafficanti e scafisti si è rivelata l’ennesimo annuncio propagandistico, anche se si dà molta enfasi alla intensificazione dei controlli di polizia e agli arresti di presunti trafficanti ad opera delle autorità di polizia e di guardia costiera degli Stati con i quali l’Italia ha stipulato accordi bilaterali finalizzati al contrasto dell’immigrazione “clandestina”. Se Salvini ha le prove di una guerra contro l’Italia, deve esibirle, altrimenti pensi al processo di Palermo sul caso Open Arms, per difendersi sui fatti contestati, senza sfruttare il momento per ulteriori sparate propagandistiche.

      Mentre si riaccende lo scontro nella maggioranza, è inutile incolpare l’Unione europea, dopo che la Meloni e Piantedosi hanno vantato di avere imposto un “cambio di passo” nelle politiche migratorie dell’Unione, mente invece hanno solo rafforzato accordi bilaterali già esistenti.

      Le politiche europee e italiane di esternalizzazione dei controlli di frontiera con il coinvolgimento di paesi terzi, ritenuti a torto “sicuri”, sono definitivamente fallite, gli arrivi delle persone che fuggono da aree geografiche sempre più instabili, per non parlare delle devastazioni ambientali, non sono diminuiti per effetto degli accordi bilaterali o multilaterali con i quali si è cercato di offrire aiuti economici in cambio di una maggiore collaborazione sulle attività di polizia per la sorveglianza delle frontiere. Dove peraltro la corruzione, i controlli mortali, se non gli abusi sulle persone migranti, si sono diffusi in maniera esponenziale, senza che alcuna autorità statale si dimostrasse in grado di fare rispettare i diritti fondamentali e le garanzie che dovrebbe assicurare a qualsiasi persona uno Stato democratico quando negozia con un paese terzo. Ed è per questa ragione che gli aiuti previsti dal Memorandum Tunisia-Ue non sono ancora arrivati e il Piano Mattei per l’Africa, sul quale Meloni e Piantedosi hanno investito tutte le loro energie, appare già fallito.

      Di fronte al fallimento sul piano internazionale è prevedibile una ulteriore stretta repressiva. Si attende un nuovo pacchetto sicurezza, contro i richiedenti asilo provenienti da paesi terzi “sicuri” per i quali, al termine di un sommario esame delle domande di protezione durante le “procedure accelerate in frontiera”, dovrebbero essere previsti “rimpatri veloci”. Come se non fossero certi i dati sul fallimento delle operazioni di espulsione e di rimpatrio di massa.

      Se si vogliono aiutare i paesi colpiti da terremoti e alluvioni, ma anche quelli dilaniati da guerre civili alimentate dalla caccia alle risorse naturali di cui è ricca l’Africa, occorrono visti umanitari, evacuazione dei richiedenti asilo presenti in Libia e Tunisia, ma anche in Niger, e sospensione immediata di tutti gli accordi stipulati per bloccare i migranti in paesi dove non si garantisce il rispetto dei diritti umani. Occorre una politica estera capace di mediare i conflitti e non di aggravarne gli esiti. Vanno aperti canali legali di ingresso senza delegare a paesi terzi improbabili blocchi navali. Per salvare vite, basta con la propaganda elettorale.

      https://ilmanifesto.it/limbroglio-del-governo-oltre-la-propaganda/r/2aUycOowSerL2VxgLCD9N

    • The fall of the Lampedusa Hotspot, people’s freedom and locals’ solidarity

      https://2196af27df.clvaw-cdnwnd.com/1b76f9dfff36cde79df962be70636288/200000912-464e9464ec/DSC09012.webp?ph=2196af27df

      A few weeks ago, the owner of one of the bars in the old port, was talking about human trafficking and money laundering between institutions and NGOs in relation to what had happened during that day. It was the evening of Thursday 24 August and Lampedusa had been touched by yet another ’exceptional’ event: 64 arrivals in one day. Tonight, in that same bar in the old port, a young Tunisian boy was sitting at a table and together with that same owner, albeit in different languages, exchanging life stories.

      What had been shaken in Lampedusa, in addition to the collapse of the Hotspot , is the collapse of the years long segregation system, which had undermined anypotential encounter with newly arrived people. A segregation that also provided fertile ground for conspiracy theories about migration, reducing people on the move to either victims or perpetrators of an alleged ’migration crisis’.

      Over the past two days, however, without police teams in manhunt mode, Lampedusa streets, public spaces, benches and bars, have been filled with encounters, conversations, pizzas and coffees offered by local inhabitants. Without hotspots and segregation mechanisms, Lampedusa becomes a space for enriching encounters and spontaneus acts of solidarity between locals and newly arrived people. Trays of fish ravioli, arancini, pasta, rice and couscous enter the small room next to the church, where volunteers try to guarantee as many meals as possible to people who, taken to the hotspot after disembarkation, had been unable to access food and water for three days. These scenes were unthinkable only a few days before. Since the beginning of the pandemic, which led to the end of the era of the ’hotspot with a hole’, newly-arrived people could not leave the detention centre, and it became almost impossible to imagine an open hotspot, with people walking freely through the city. Last night, 14 September, on Via Roma, groups of people who would never have met last week danced together with joy and complicity.

      These days, practice precedes all rhetoric, and what is happening shows that Lampedusa can be a beautiful island in the Mediterranean Sea rather than a border, that its streets can be a place of welcoming and encounter without a closed centre that stifles any space for self-managed solidarity.

      The problem is not migration but the mechanism used to manage it.

      The situation for the thousands of people who have arrived in recent days remains worrying and precarious. In Contrada Imbriacola, even tonight, people are sleeping on the ground or on cots next to the buses that will take them to the ships for transfers in the morning. Among the people, besides confusion and misinformation, there is a lot of tiredness and fatigue. There are many teenagers and adolescents and many children and pregnant women. There are no showers or sanitary facilities, and people still complain about the inaccessibility of food and water; the competitiveness during food distributions disheartens many because of the tension involved in queuing. The fights that broke out two days ago are an example of this, and since that event most of the workers of all the associations present in the centre have been prevented from entering for reasons of security and guaranteeing their safety.

      If the Red Cross and the Prefecture do not want to admit their responsibilities, these are blatant before our eyes and it is not only the images of 7000 people that prove this, but the way situations are handled due to an absolute lack of personnel and, above all, confusion at organisational moments.

      https://2196af27df.clvaw-cdnwnd.com/1b76f9dfff36cde79df962be70636288/200000932-250b0250b2/DSC08952-8.webp?ph=2196af27df

      A police commissioner tried unsuccessfully to get only a few people into the bus. The number and determination to leave of the newly arrived people is reformulating the very functioning of the transfers.

      A police commissioner tried unsuccessfully to get only a few people into the bus. The number and determination to leave of the newly arrived people is reformulating the very functioning of the transfers.

      During transfers yesterday morning, the carabinieri charged to move people crowded around a departing bus. The latter, at the cost of moving, performed a manoeuvre that squeezed the crowd against a low wall, creating an extremely dangerous situation ( video). All the people who had been standing in line for hours had to move chaotically, creating a commotion from which a brawl began in which at least one person split his eyebrow. Shortly before, one of the police commissioners had tried something different by creating a human caterpillar - people standing in line with their hands on their shoulders - in order to lead them into a bus, but once the doors were opened, other people pounced into it literally jamming it (photo). In other words, people are trudging along at the cost of others’ psycho-physical health.

      In yesterday evening’s transfer on 14 September (photo series with explanation), 300 people remained at the commercial dock from the morning to enter the Galaxy ship at nine o’clock in the evening. Against these 300 people, just as many arrived from the hotspot to board the ship or at least to try to do so.

      The tension, especially among those in control, was palpable; the marshals who remained on the island - the four patrols of the police force were all engaged for the day’s transfers - ’lined up’ between one group and another with the aim of avoiding any attempt to jump on the ship. In reality, people, including teenagers and families with children, hoped until the end to board the ship. No one told them otherwise until all 300 people passed through the only door left open to access the commercial pier. These people were promised that they would leave the next day. Meanwhile, other people from the hotspot have moved to the commercial pier and are spending the night there.

      People are demanding to leave and move freely. Obstructing rather than supporting this freedom of movement will lead people and territories back to the same impasses they have regularly experienced in recent years. The hotspot has collapsed, but other forms of borders remain that obstruct something as simple as personal self-determination. Forcing is the source of all problems, not freedom.

      Against all forms of borders, for freedom of movement for all.

      https://www.maldusa.org/l/the-fall-of-the-lampedusa-hotspot-people-s-freedom-and-locals-solidarity

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      #Video: Lampedusa on the 14th September

      –-> https://vimeo.com/864806349

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      #Lampedusa #hotspot #soilidarity #Maldusa

    • Lampedusa’s Hotspot System: From Failure to Nonexistence

      After a few days of bad weather, with the return of calm seas, people on the move again started to leave and cross the Mediterranean from Tunisia and Libya.

      During the day of 12 September alone, 110 iron, wooden and rubber boats arrived. 110 small boats, for about 5000 people in twenty-four hours. Well over the ’record’ of 60 that had astonished many a few weeks ago. Numbers not seen for years, and which add up to the approximately 120,000 people who have reached Italy since January 2023 alone: already 15,000 more than the entire year 2022.

      It has been a tense few days at the Favaloro pier, where people have been crowded for dozens of hours under the scorching sun.

      Some, having passed the gates and some rocks, jumped into the water in an attempt to find some coolness, reaching some boats at anchor and asking for water to drink.

      It pains and angers us that the police in riot gear are the only real response that seems to have been given.

      On the other hand, hundreds of people, who have arrived in the last two days on the Lampedusa coast, are walking through the streets of the town, crossing and finally reclaiming public space. The hotspot, which could accommodate 389, in front of 7000 people, has simply blown up. That is, it has opened.

      The square in front of the church was transformed, as it was years ago, into a meeting place where locals organised the distribution of food they had prepared, thanks also to the solidarity of bakers and restaurateurs who provided what they could.

      A strong and fast wave of solidarity: it seems incredible to see people on the move again, sharing space, moments and words with Lampedusians, activists from various organisations and tourists. Of course, there is also no shortage of sad and embarrassing situations, in which some tourists - perhaps secretly eager to meet ’the illegal immigrants’ - took pictures of themselves capturing these normally invisible and segregated chimeras.

      In fact, all these people would normally never meet, kept separate and segregated by the hotspot system.

      But these days a hotspot system seems to no longer exist, or to have completely broken down, in Lampedusa. It has literally been occupied by people on the move, sleeping inside and outside the centre, on the road leading from the entrance gate to the large car park, and in the abandoned huts around, and in every nook and cranny.

      Basic goods, such as water and food, are not enough. Due to the high number of people, there is a structural lack of distribution even of the goods that are present, and tensions seem to mount slowly but steadily.

      The Red Cross and workers from other organisations have been prevented from entering the hotspot centre for ’security reasons’ since yesterday morning. This seems an overwhelming situation for everyone. The pre-identification procedures, of course, are completely blown.

      Breaking out of this stalemate it’s very complex due to the continuous flow of arrivals : for today, as many as 2000 people are expected to be transferred between regular ships and military assets. For tomorrow another 2300 or so. Of course, it remains unpredictable how many people will continue to reach the island at the same time.

      In reaction to all this, we are not surprised, but again disappointed, that the city council is declaring a state of emergency still based on the rhetoric of ’invasion’.

      A day of city mourning has also been declared for the death of a 5-month-old baby, who did not survive the crossing and was found two days ago during a rescue.

      We are comforted, however, that a torchlight procession has been called by Lampedusians for tonight at 8pm. Banners read: ’STOP DEAD AT SEA’, ’LEGAL ENTRANCE CHANNELS NOW’.

      The Red Cross, Questura and Prefecture, on the other hand, oscillate between denying the problem - ’we are handling everything pretty well’ - to shouting at the invasion.

      It is not surprising either, but remains a disgrace, that the French government responds by announcing tighter border controls and that the German government announces in these very days - even though the decision stems from agreements already discussed in August regarding the Dublin Convention - that it will suspend the taking in of any refugee who falls under the so-called ’European solidarity mechanism’.

      We are facing a new level of breaking down the European borders and border regime by people on the move in the central Mediterranean area.

      We stand in full solidarity with them and wish them safe arrival in their destination cities.

      But let us remember: every day they continue to die at sea, which proves to be the deadliest border in the world. And this stems from a political choice, which remains intolerable and unacceptable.

      Freedom of movement must be a right for all!

      https://www.maldusa.org/l/lampedusas-hotspot-system-from-failure-to-nonexistence

    • « L’effet Lampedusa », ou comment se fabriquent des politiques migratoires répressives

      En concentrant les migrants dans des hotspots souvent situés sur de petites îles, les Etats européens installent une gestion inhumaine et inefficace des migrations, contradictoire avec certains de leurs objectifs, soulignent les chercheuses #Marie_Bassi et #Camille_Schmoll.

      Depuis quelques jours, la petite île de Lampedusa en Sicile a vu débarquer sur son territoire plus de migrants que son nombre d’habitants. Et comme à chacun de ces épisodes d’urgence migratoire en Europe, des représentants politiques partent en #croisade : pour accroître leur capital électoral, ils utilisent une #rhétorique_guerrière tandis que les annonces de #fermeture_des_frontières se succèdent. Les #élections_européennes approchent, c’est pour eux l’occasion de doubler par la droite de potentiels concurrents.

      Au-delà du cynisme des #opportunismes_politiques, que nous dit l’épisode Lampedusa ? Une fois de plus, que les #politiques_migratoires mises en place par les Etats européens depuis une trentaine d’années, et de manière accélérée depuis 2015, ont contribué à créer les conditions d’une #tragédie_humanitaire. Nous avons fermé les #voies_légales d’accès au territoire européen, contraignant des millions d’exilés à emprunter la périlleuse route maritime. Nous avons laissé les divers gouvernements italiens criminaliser les ONG qui portent secours aux bateaux en détresse, augmentant le degré de létalité de la traversée maritime. Nous avons collaboré avec des gouvernements irrespectueux des droits des migrants : en premier lieu la Libye, que nous avons armée et financée pour enfermer et violenter les populations migrantes afin de les empêcher de rejoindre l’Europe.

      L’épisode Lampedusa n’est donc pas simplement un drame humain : c’est aussi le symptôme d’une politique migratoire de courte vue, qui ne comprend pas qu’elle contribue à créer les conditions de ce qu’elle souhaite éviter, en renforçant l’instabilité et la violence dans les régions de départ ou de transit, et en enrichissant les réseaux criminels de trafic d’êtres humains qu’elle prétend combattre.

      Crise de l’accueil, et non crise migratoire

      Revenons d’abord sur ce que l’on peut appeler l’effet hotspot. On a assisté ces derniers mois à une augmentation importante des traversées de la Méditerranée centrale vers l’Italie, si bien que l’année 2023 pourrait, si la tendance se confirme, se hisser au niveau des années 2016 et 2017 qui avaient battu des records en termes de traversées dans cette zone. C’est bien entendu cette augmentation des départs qui a provoqué la surcharge actuelle de Lampedusa, et la situation de crise que l’on observe.

      Mais en réalité, les épisodes d’urgence se succèdent à Lampedusa depuis que l’île est devenue, au début des années 2000, le principal lieu de débarquement des migrants dans le canal de Sicile. Leur interception et leur confinement dans le hotspot de cette île exiguë de 20 km² renforce la #visibilité du phénomène, et crée un #effet_d’urgence et d’#invasion qui justifie une gestion inhumaine des arrivées. Ce fut déjà le cas en 2011 au moment des printemps arabes, lorsque plus de 60 000 personnes y avaient débarqué en quelques mois. Le gouvernement italien avait stoppé les transferts vers la Sicile, créant volontairement une situation d’#engorgement et de #crise_humanitaire. Les images du centre surpeuplé, de migrants harassés dormant dans la rue et protestant contre cet accueil indigne avaient largement été diffusées par les médias. Elles avaient permis au gouvernement italien d’instaurer un énième #état_d’urgence et de légitimer de nouvelles #politiques_répressives.

      Si l’on fait le tour des hotspots européens, force est de constater la répétition de ces situations, et donc l’échec de la #concentration dans quelques points stratégiques, le plus souvent des #îles du sud de l’Europe. L’#effet_Lampedusa est le même que l’effet #Chios ou l’effet #Moria#Lesbos) : ces #îles-frontières concentrent à elles seules, parce qu’elles sont exiguës, toutes les caractéristiques d’une gestion inhumaine et inefficace des migrations. Pensée en 2015 au niveau communautaire mais appliquée depuis longtemps dans certains pays, cette politique n’est pas parvenue à une gestion plus rationnelle des flux d’arrivées. Elle a en revanche fait peser sur des espaces périphériques et minuscules une énorme responsabilité humaine et une lourde charge financière. Des personnes traumatisées, des survivants, des enfants de plus en plus jeunes, sont accueillis dans des conditions indignes. Crise de l’accueil et non crise migratoire comme l’ont déjà montré de nombreuses personnes.

      Changer de paradigme

      Autre #myopie européenne : considérer qu’on peut, en collaborant avec les Etats de transit et de départ, endiguer les flux. Cette politique, au-delà de la vulnérabilité qu’elle crée vis-à-vis d’Etats qui peuvent user du chantage migratoire à tout moment – ce dont Kadhafi et Erdogan ne s’étaient pas privés – génère les conditions mêmes du départ des personnes en question. Car l’#externalisation dégrade la situation des migrants dans ces pays, y compris ceux qui voudraient y rester. En renforçant la criminalisation de la migration, l’externalisation renforce leur #désir_de_fuite. Depuis de nombreuses années, migrantes et migrants fuient les prisons et la torture libyennes ; ou depuis quelques mois, la violence d’un pouvoir tunisien en plein tournant autoritaire qui les érige en boucs émissaires. L’accord entre l’UE et la Tunisie, un énième du genre qui conditionne l’aide financière à la lutte contre l’immigration, renforce cette dynamique, avec les épisodes tragiques de cet été, à la frontière tuniso-libyenne.

      Lampedusa nous apprend qu’il est nécessaire de changer de #paradigme, tant les solutions proposées par les Etats européens (externalisation, #dissuasion, #criminalisation_des_migrations et de leurs soutiens) ont révélé au mieux leur #inefficacité, au pire leur caractère létal. Ils contribuent notamment à asseoir des régimes autoritaires et des pratiques violentes vis-à-vis des migrants. Et à transformer des êtres humains en sujets humanitaires.

      https://www.liberation.fr/idees-et-debats/tribunes/leffet-lampedusa-ou-comment-se-fabriquent-des-politiques-migratoires-repr

    • Pour remettre les pendules à l’heure :

      Saluti dal Paese del “fenomeno palesemente fuori controllo”.


      https://twitter.com/emmevilla/status/1703458756728610987

      Et aussi :

      « Les interceptions des migrants aux frontières représentent 1 à 3% des personnes autorisées à entrer avec un visa dans l’espace Schengen »

      Source : Babels, « Méditerranée – Des frontières à la dérive », https://www.lepassagerclandestin.fr/catalogue/bibliotheque-des-frontieres/mediterraneedes-frontieres-a-la-derive

      #statistiques #chiffres #étrangers #Italie

    • Arrivées à Lampedusa - #Solidarité et #résistance face à la crise de l’accueil en Europe.

      Suite à l’arrivée d’un nombre record de personnes migrantes à Lampedusa, la société civile exprime sa profonde inquiétude face à la réponse sécuritaire des Etats européens, la crise de l’accueil et réaffirme sa solidarité avec les personnes qui arrivent en Europe.

      Plus de 5 000 personnes et 112 bateaux : c’est le nombre d’arrivées enregistrées sur l’île italienne de Lampedusa le mardi 12 septembre. Les embarcations, dont la plupart sont arrivées de manière autonome, sont parties de Tunisie ou de Libye. Au total, plus de 118 500 personnes ont atteint les côtes italiennes depuis le début de l’année, soit près du double des 64 529 enregistrées à la même période en 2022 [1]. L’accumulation des chiffres ne nous fait pas oublier que, derrière chaque numéro, il y a un être humain, une histoire individuelle et que des personnes perdent encore la vie en essayant de rejoindre l’Europe.

      Si Lampedusa est depuis longtemps une destination pour les bateaux de centaines de personnes cherchant refuge en Europe, les infrastructures d’accueil de l’île font défaut. Mardi, le sauvetage chaotique d’un bateau a causé la mort d’un bébé de 5 mois. Celui-ci est tombé à l’eau et s’est immédiatement noyé, alors que des dizaines de bateaux continuaient d’accoster dans le port commercial. Pendant plusieurs heures, des centaines de personnes sont restées bloquées sur la jetée, sans eau ni nourriture, avant d’être transférées vers le hotspot de Lampedusa.

      Le hotspot, centre de triage où les personnes nouvellement arrivées sont tenues à l’écart de la population locale et pré-identifiées avant d’être transférées sur le continent, avec ses 389 places, n’a absolument pas la capacité d’accueillir dignement les personnes qui arrivent quotidiennement sur l’île. Depuis mardi, le personnel du centre est complètement débordé par la présence de 6 000 personnes. La Croix-Rouge et le personnel d’autres organisations ont été empêchés d’entrer dans le centre pour des « raisons de sécurité ».

      Jeudi matin, de nombreuses personnes ont commencé à s’échapper du hotspot en sautant les clôtures en raison des conditions inhumaines dans lesquelles elles y étaient détenues. Face à l’incapacité des autorités italiennes à offrir un accueil digne, la solidarité locale a pris le relais. De nombreux habitants et habitantes se sont mobilisés pour organiser des distributions de nourriture aux personnes réfugiées dans la ville [2].

      Différentes organisations dénoncent également la crise politique qui sévit en Tunisie et l’urgence humanitaire dans la ville de Sfax, d’où partent la plupart des bateaux pour l’Italie. Actuellement, environ 500 personnes dorment sur la place Beb Jebli et n’ont pratiquement aucun accès à la nourriture ou à une assistance médicale [3]. La plupart d’entre elles ont été contraintes de fuir le Soudan, l’Éthiopie, la Somalie, le Tchad, l’Érythrée ou le Niger. Depuis les déclarations racistes du président tunisien, Kais Saied, de nombreuses personnes migrantes ont été expulsées de leur domicile et ont perdu leur travail [4]. D’autres ont été déportées dans le désert où certaines sont mortes de soif.

      Alors que ces déportations massives se poursuivent et que la situation à Sfax continue de se détériorer, l’UE a conclu un nouvel accord avec le gouvernement tunisien il y a trois mois afin de coopérer « plus efficacement en matière de migration », de gestion des frontières et de « lutte contre la contrebande », au moyen d’une enveloppe de plus de 100 millions d’euros. L’UE a accepté ce nouvel accord en pleine connaissance des atrocités commises par le gouvernement tunisien ainsi que les attaques perpétrées par les garde-côtes tunisiens sur les bateaux de migrants [5].

      Pendant ce temps, nous observons avec inquiétude comment les différents gouvernements européens ferment leurs frontières et continuent de violer le droit d’asile et les droits humains les plus fondamentaux. Alors que le ministre français de l’Intérieur a annoncé son intention de renforcer les contrôles à la frontière italienne, plusieurs autres États membres de l’UE ont également déclaré qu’ils fermeraient leurs portes. En août, les autorités allemandes ont décidé d’arrêter les processus de relocalisation des demandeurs et demandeuses d’asile arrivant en Allemagne depuis l’Italie dans le cadre du « mécanisme de solidarité volontaire » [6].

      Invitée à Lampedusa dimanche par la première ministre Meloni, la Présidente de la Commission européenne Von der Leyen a annoncé la mise en place d’un plan d’action en 10 points qui vient confirmer cette réponse ultra-sécuritaire [7]. Renforcer les contrôles en mer au détriment de l’obligation de sauvetage, augmenter la cadence des expulsions et accroître le processus d’externalisation des frontières… autant de vieilles recettes que l’Union européenne met en place depuis des dizaines années et qui ont prouvé leur échec, ne faisant qu’aggraver la crise de la solidarité et la situation des personnes migrantes.

      Les organisations soussignées appellent à une Europe ouverte et accueillante et exhortent les États membres de l’UE à fournir des voies d’accès sûres et légales ainsi que des conditions d’accueil dignes. Nous demandons que des mesures urgentes soient prises à Lampedusa et que les lois internationales qui protègent le droit d’asile soient respectées. Nous sommes dévastés par les décès continus en mer causés par les politiques frontalières de l’UE et réaffirmons notre solidarité avec les personnes en mouvement.

      https://migreurop.org/article3203.html?lang_article=fr

    • Che cos’è una crisi migratoria?

      Continuare a considerare il fenomeno migratorio come crisi ci allontana sempre più dalla sua comprensione, mantenendoci ancorati a soluzioni emergenziali che non possono che risultare strumentali e pericolose
      Le immagini della fila di piccole imbarcazioni in attesa di fare ingresso nel porto di Lampedusa resteranno impresse nella nostra memoria collettiva. Oltre cinquemila persone in sole ventiquattrore, che si aggiungono alle oltre centomila giunte in Italia nei mesi precedenti (114.256 al 31 agosto 2023). Nel solo mese di agosto sono sbarcate in Italia più di venticinquemila persone, che si aggiungono alle oltre ventitremila di luglio. Era del resto in previsione di una lunga estate di sbarchi che il Governo aveva in aprile dichiarato lo stato di emergenza, in un momento in cui, secondo i dati forniti dal ministro Piantedosi, nella sola Lampedusa erano concentrate più di tremila persone. Stando alle dichiarazioni ufficiali, l’esigenza era quella di dotarsi degli strumenti tecnici per distribuire più efficacemente chi era in arrivo sul territorio italiano, in strutture gestite dalla Protezione civile, aggirando le ordinarie procedure d’appalto per l’apertura di nuove strutture di accoglienza.

      Tra il 2017 e il 2022, in parallelo con la riduzione del numero di sbarchi, il sistema d’accoglienza per richiedenti protezione internazionale era stato progressivamente contratto, perdendo circa il 240% della sua capacità ricettiva. Gli interventi dei primi mesi del 2023 sembravano tuttavia volerne rivoluzionare la fisionomia. Il cosiddetto “Decreto Cutro” escludeva i richiedenti asilo dalla possibilità di accedere alle strutture di accoglienza che fanno capo alla rete Sai (Sistema accoglienza migrazione), che a fine 2022 vantava una capacità di quasi venticinquemila posti, per riservare loro strutture come i grandi Centri di prima accoglienza o di accoglienza straordinaria, in cui sempre meno servizi alla persona sarebbero stati offerti. Per i richiedenti provenienti dai Paesi considerati “sicuri”, invece, la prospettiva era quella del confinamento in strutture situate nei pressi delle zone di frontiera in attesa dell’esito della procedura d’asilo accelerata e, eventualmente, del rimpatrio immediato.

      L’impennata nel numero di arrivi registrata negli ultimi giorni ha infine indotto il presidente del Consiglio ad annunciare con un videomessaggio trasmesso all’ora di cena nuove misure eccezionali. In particolare, sarà affidato all’Esercito il compito di creare e gestire nuove strutture detentive in cui trattenere “chiunque entri illegalmente in Italia per tutto il tempo necessario alla definizione della sue eventuale richiesta d’asilo e per la sua effettiva espulsione nel caso in cui sia irregolare”, da collocarsi “in località a bassissima densità abitativa e facilmente perimetrabili e sorvegliabili”. Parallelamente, anche i termini massimi di detenzione saranno innalzati fino a diciotto mesi.

      Ciò di cui nessuno sembra dubitare è che l’Italia si trovi a fronteggiare l’ennesima crisi migratoria. Ma esattamente, di cosa si parla quando si usa la parola “crisi” in relazione ai fenomeni migratori?

      Certo c’è la realtà empirica dei movimenti attraverso le frontiere. Oltre centomila arrivi in otto mesi giustificano forse il riferimento al concetto di crisi, ma a ben vedere non sono i numeri il fattore determinante. Alcune situazioni sono state definite come critiche anche in presenza di numeri tutto sommato limitati, per ragioni essenzialmente politico-diplomatiche. Si pensi alla crisi al confine greco-turco nel 2020, o ancora alla crisi ai confini di Polonia e Lituania con la Bielorussia nel 2021. In altri casi il movimento delle persone attraverso i confini non è stato tematizzato come una crisi anche a fronte di numeri molto elevati, si pensi all’accoglienza riservata ai profughi ucraini. Sebbene siano stati attivati strumenti di risposta eccezionali, il loro orientamento è stato prevalentemente umanitario e volto all’accoglienza. L’Italia, ad esempio, ha sì decretato uno stato d’emergenza per implementare un piano di accoglienza straordinaria dei profughi provenienti dall’Ucraina, ma ha offerto accoglienza agli oltre centosettantamila ucraini presenti sul nostro territorio senza pretendere di confinarli in centri chiusi, concedendo inoltre loro un sussidio in denaro.

      Ciò che conta è la rappresentazione del fenomeno migratorio e la risposta politica che di conseguenza segue. Le rappresentazioni e le politiche si alimentano reciprocamente. In breve, non tutti i fenomeni migratori sono interpretati come una crisi, né, quando lo sono, determinano la medesima risposta emergenziale. Ad esempio, all’indomani della tragedia di Lampedusa del 2013 prevalse un paradigma interpretativo chiaramente umanitario, che portò all’intensificazione delle operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo. Nel 2014 sbarcarono in Italia oltre centosettantamila migranti, centocinquantamila nel 2015 e ben centottantamila nel 2016. Questo tipo di approccio è stato in seguito definito come un pericoloso fattore di attrazione per le migrazioni non autorizzate e l’area operativa delle missioni di sorveglianza dei confini marittimi progressivamente arretrata, creando quel vuoto nelle attività di ricerca e soccorso che le navi delle Ong hanno cercato negli ultimi anni di colmare.

      Gli arrivi a Lampedusa degli ultimi giorni sono in gran parte l’effetto della riduzione dell’attività di sorveglianza oltre le acque territoriali. Intercettare i migranti in acque internazionali implica l’assunzione di obblighi e ricerca e soccorso che l’attuale governo accetta con una certa riluttanza, ma consente anche di far sbarcare i migranti soccorsi in mare anche in altri porti, evitando eccessive concentrazioni in un unico punto di sbarco.

      I migranti che raggiungono le nostre coste sono rappresentati come invasori, che violando i nostri confini minacciano la nostra integrità territoriale. L’appello insistito all’intervento delle forze armate che abbiamo ascoltato negli ultimi giorni si giustifica proprio attraverso il riferimento alla necessità di proteggere i confini e, in ultima analisi, l’integrità territoriale dell’Italia. Per quanto le immagini di migliaia di persone che sbarcano sulle coste italiane possano impressionare l’opinione pubblica, il riferimento alla necessità di proteggere l’integrità territoriale è frutto di un grave equivoco. Il principio di integrità territoriale è infatti codificato nel diritto internazionale come un corollario del divieto di uso della forza. Da ciò discende che l’integrità territoriale di uno Stato può essere minacciata solo da un’azione militare ostile condotta da forze regolari o irregolari. È dubbio che le migrazioni possano essere considerate una minaccia tale da giustificare, ad esempio, un blocco navale.

      Se i migranti non possono di per sé essere considerati come una minaccia alla integrità territoriale dello Stato, potrebbero però essere utilizzati come strumento da parte di attori politici intenzionati a destabilizzare politicamente i Paesi di destinazione. Non è mancato negli ultimi tempi chi ha occasionalmente evocato l’idea della strumentalizzazione delle migrazioni, fino alla recente, plateale dichiarazione del ministro Salvini. D’altra parte, questo è un tema caro ai Paesi dell’Est Europa, che hanno spinto affinché molte delle misure eccezionali adottate da loro in occasione della crisi del 2021 fossero infine incorporate nel diritto della Ue. Una parte del governo italiano sembra tuttavia più cauta, anche perché si continua a vedere nella collaborazione con i Paesi terzi la chiave di volta per la gestione del fenomeno. Accusare esplicitamente la Tunisia di strumentalizzare le migrazioni avrebbe costi politico-diplomatici troppo elevati.

      Cionondimeno, insistendo sull’elemento del rischio di destabilizzazione interna, plasticamente rappresentato dalle immagini delle migliaia di persone ammassate sul molo o nell’hotspot di Lampedusa, il governo propone una risposta politica molto simile all’approccio utilizzato da Polonia e Lituania nel 2021, centrato su respingimenti di massa e detenzione nelle zone di frontiera. L’obiettivo è quello di disincentivare i potenziali futuri migranti, paventando loro lunghi periodi di detenzione e il ritorno nella loro patria di origine.

      Gran parte di questa strategia dipende dalla collaborazione dei Paesi terzi e dalla loro disponibilità a bloccare le partenze prima che i migranti siano intercettati da autorità Italiane, facendo di conseguenza scattare gli obblighi internazionali di ricerca e soccorso o di asilo. Una strategia simile, definita come del controllo senza contatto, è stata seguita a lungo nella cooperazione con la Guardia costiera libica. Tuttavia, è proprio il tentativo di esternalizzare i controlli migratori a rendere i Paesi della Ue sempre più vulnerabili alla spregiudicata diplomazia delle migrazioni dei Paesi terzi. In definitiva, sono i Paesi europei che offrono loro la possibilità di strumentalizzare le migrazioni a scopi politici.

      Sul piano interno, il successo di una simile strategia dipende dalla capacità di rimpatriare rapidamente i migranti giunti sul territorio italiano. Alla fine del 2021 la percentuale di rimpatri che l’Italia riusciva ad eseguire era del 15% dei provvedimenti di allontanamento adottati. Gran parte delle persone rimpatriate sono tuttavia cittadini tunisini, anche perché in assenza di collaborazione con il Paese d’origine è impossibile rimpatriare. I tunisini rappresentano solo l’8% delle persone sbarcate nel 2023, che vengono in prevalenza da Guinea, Costa d’Avorio, Egitto, Bangladesh, Burkina Faso. L’allungamento dei tempi di detenzione non avrà dunque nessuna incidenza sulla efficacia delle politiche di rimpatrio.

      Uno degli argomenti utilizzati per giustificare l’intervento dell’Esercito è quello della necessità di accrescere la capacità del sistema detentivo, giudicata dal Governo non adeguata a gestire l’attuale crisi migratoria. Stando ai dati inclusi nella relazione sul sistema di accoglienza, alla fine del 2021 il sistema contava 744 posti, a fronte di una capacità ufficiale di 1.395. Come suggerisce la medesima relazione, il sistema funziona da sempre a capacità ridotta, anche perché le strutture sono soggette a ripetuti interventi di manutenzione straordinaria a causa delle devastazioni che seguono alle continue rivolte. Si tratta di strutture ai limiti dell’ingestibilità, che possono essere governate solo esercitando una forma sistemica di violenza istituzionale.

      Il sistema detentivo per stranieri sta tuttavia cambiando pelle progressivamente, ibridandosi con il sistema di accoglienza per richiedenti asilo al fine di contenere i migranti appena giunti via mare in attesa del loro più o meno rapido respingimento. Fino ad oggi, tuttavia, la detenzione ha continuato ad essere utilizzata in maniera più o meno selettiva, riservandola a coloro con ragionevoli prospettive di essere rimpatriati in tempi rapidi. Gli altri sono stati instradati verso il sistema di accoglienza, qualora avessero presentato una domanda d’asilo, o abbandonai al loro destino con in mano un ordine di lasciare l’Italia entro sette giorni.

      Le conseguenze di una politica basata sulla detenzione sistematica e a lungo termine di tutti coloro che giungono alla frontiera sono facili da immaginare. Se l’Italia si limitasse a trattenere per una media di sei mesi (si ricordi che l’intenzione espressa in questi giorni dal Governo italiano è di portare a diciotto mesi i termini massimi di detenzione) anche solo il 50% delle persone che sbarcano, significherebbe approntare un sistema detentivo con una capacità di trentottomila posti. Certo, questo calcolo si basa sulla media mensile degli arrivi registrati nel 2023, un anno di “crisi” appunto. Ma anche tenendo conto della media mensile degli arrivi dei due anni precedenti la prospettiva non sarebbe confortante. Il nostro Paese dovrebbe infatti essere in grado di mantenere una infrastruttura detentiva da ventimila posti. Una simile infrastruttura, dato l’andamento oscillatorio degli arrivi via mare, dovrebbe essere poi potenziata al bisogno per far fronte alle necessità delle fasi in cui il numero di sbarchi cresce.

      Lascio al lettore trarre le conseguenze circa l’impatto materiale e umano che una simile approccio alla gestione degli arrivi avrebbe. Mi limito qui solo ad alcune considerazioni finali sulla maniera in cui sono tematizzate le cosiddette crisi migratorie. Tali crisi continuano ad essere viste come il frutto della carenza di controlli e della incapacità dello Stato di esercitare il suo diritto sovrano di controllare le frontiere. La risposta alle crisi migratorie è dunque sempre identica a sé stessa, alla ricerca di una impossibile chiusura dei confini che riproduce sempre nuove crisi, nuovi morti in mare, nuova violenza di Stato lungo le frontiere fortificate o nelle zone di contenimento militarizzate. Guardare alle migrazioni attraverso la lente del concetto di “crisi” induce tuttavia a pensare le migrazioni come a qualcosa di eccezionale, come a un’anomalia causata da instabilità e catastrofi che si verificano in un altrove geografico e politico. Le migrazioni sono così destoricizzate e decontestualizzate dalle loro cause strutturali e i Paesi di destinazione condannati a replicare politiche destinate a fallire poiché appunto promettono risultati irraggiungibili. Più che insistere ossessivamente sulla rappresentazione delle migrazioni come crisi, si dovrebbe dunque forse cominciare a tematizzare la crisi delle politiche migratorie. Una crisi più profonda e strutturale che non può essere ridotta alle polemiche scatenate dai periodici aumenti nel numero di sbarchi.

      https://www.rivistailmulino.it/a/che-cos-una-crisi-migratoria

    • Spiegazione semplice del perché #Lampedusa va in emergenza.

      2015-2017: 150.000 sbarchi l’anno, di cui 14.000 a Lampedusa (9%).

      Ultimi 12 mesi: 157.000 sbarchi, di cui 104.000 a Lampedusa (66%).

      Soluzione: aumentare soccorsi a #migranti, velocizzare i trasferimenti.
      Fine.

      https://twitter.com/emmevilla/status/1704751278184685635

    • Interview de M. #Gérald_Darmanin, ministre de l’intérieur et des outre-mer, à Europe 1/CNews le 18 septembre 2023, sur la question migratoire et le travail des forces de l’ordre.

      SONIA MABROUK
      Bonjour à vous Gérald DARMANIN.

      GERALD DARMANIN
      Bonjour.

      SONIA MABROUK
      Merci de nous accorder cet entretien, avant votre déplacement cet après-midi à Rome. Lampedusa, Monsieur le Ministre, débordé par l’afflux de milliers de migrants. La présidente de la Commission européenne, Ursula VON DER LEYEN, en visite sur place, a appelé les pays européens à accueillir une partie de ces migrants arrivés en Italie. Est-ce que la France s’apprête à le faire, et si oui, pour combien de migrants ?

      GERALD DARMANIN
      Alors, non, la France ne s’apprête pas à le faire, la France, comme l’a dit le président de la République la Première ministre italienne, va aider l’Italie à tenir sa frontière, pour empêcher les gens d’arriver, et pour ceux qui sont arrivés en Italie, à Lampedusa et dans le reste de l’Italie, nous devons appliquer les règles européennes, que nous avons adoptées voilà quelques mois, qui consistent à faire les demandes d’asile à la frontière. Et donc une fois que l’on fait les demandes d’asile à la frontière, on constate qu’une grande partie de ces demandeurs d’asile ne sont pas éligibles à l’asile et doivent repartir immédiatement dans les pays d’origine. S’il y a des demandeurs d’asile, qui sont éligibles à l’asile, qui sont persécutés pour des raisons évidemment politiques, bien sûr, ce sont des réfugiés, et dans ces cas-là, la France comme d’autres pays, comme elle l’a toujours fait, peut accueillir des personnes. Mais ce serait une erreur d’appréciation que de considérer que les migrants parce qu’ils arrivent en Europe, doivent tout de suite être répartis dans tous les pays d’Europe et dont la France, qui prend déjà largement sa part, et donc ce que nous voulons dire à nos amis italiens, qui je crois sont parfaitement d’accord avec nous, nous devons protéger les frontières extérieures de l’Union européenne, les aider à cela, et surtout tout de suite regarder les demandes d’asile, et quand les gens ne sont pas éligibles à l’asile, tout de suite les renvoyer dans leur pays.

      SONIA MABROUK
      Donc, pour être clair ce matin Gérald DARMANIN, vous dites que la politique de relocalisation immédiate, non la France n’en prendra pas sa part.

      GERALD DARMANIN
      S’il s’agit de personnes qui doivent déposer une demande d’asile parce qu’ils sont persécutés dans leur pays, alors ce sont des réfugiés politiques, oui nous avons toujours relocalisé, on a toujours mis dans nos pays si j’ose dire une partie du fardeau qu’avaient les Italiens ou les Grecs. S’il s’agit de prendre les migrants tels qu’ils sont, 60 % d’entre eux viennent de pays comme la Côte d’Ivoire, comme la Guinée, comme la Gambie, il n’y a aucune raison qu’ils viennent…

      SONIA MABROUK
      Ça a été le cas lors de l’Ocean Viking.

      GERALD DARMANIN
      Il n’y a aucune raison. Pour d’autres raisons, c’est des raisons humanitaires, là il n’y a pas de question humanitaire, sauf qu’à Lampedusa les choses deviennent très difficiles, c’est pour ça qu’il faut que nous aidions nos amis italiens, mais il ne peut pas y avoir comme message donné aux personnes qui viennent sur notre sol, qu’ils sont quoiqu’il arrive dans nos pays accueillis. Ils ne sont accueillis que s’ils respectent les règles de l’asile, s’ils sont persécutés. Mais si c’est une immigration qui est juste irrégulière, non, la France ne peut pas les accueillir, comme d’autres pays. La France est très ferme, vous savez, j’entends souvent que c’est le pays où il y a le plus de demandeurs d’asile, c’est tout à fait faux, nous sommes le 4e pays, derrière l’Allemagne, derrière l’Espagne, derrière l’Autriche, et notre volonté c’est d’accueillir bien sûr ceux qui doivent l’être, les persécutés politiques, mais nous devons absolument renvoyer chez eux, ceux qui n’ont rien à faire en Europe.

      SONIA MABROUK
      On entend ce message ce matin, qui est un peu différent de celui de la ministre des Affaires étrangères, qui semblait parler d’un accueil inconditionnel. Le président de la République a parlé d’un devoir de solidarité. Vous, vous dites : oui, devoir de solidarité, mais nous n’allons pas avoir une politique de répartition des migrants, ce n’est pas le rôle de la France.

      GERALD DARMANIN
      Le rôle de la France, d’abord aider l’Italie.

      SONIA MABROUK
      Comment, concrètement ?

      GERALD DARMANIN
      Eh bien d’abord, nous devons continuer à protéger nos frontières, et ça c’est à l’Europe de le faire.

      SONIA MABROUK
      Ça c’est l’enjeu majeur, les frontières extérieures.

      GERALD DARMANIN
      Exactement. Nous devons déployer davantage Frontex en Méditerranée…

      SONIA MABROUK
      Avec une efficacité, Monsieur le Ministre, très discutable.

      GERALD DARMANIN
      Avec des messages qu’on doit passer à Frontex effectivement, de meilleures actions, pour empêcher les personnes de traverser pour aller à Lampedusa. Il y a eu à Lampedusa, vous l’avez dit, des milliers de personnes, 5000 même en une seule journée, m’a dit le ministre italien, le 12 septembre. Donc il y a manifestement 300, 400 arrivées de bateaux possibles. Nous devons aussi travailler avec la Tunisie, avec peut-être beaucoup plus encore d’actions que nous faisons jusqu’à présent. La Commission européenne vient de négocier un plan, eh bien il faut le mettre en place désormais, il faut arrêter d’en parler, il faut le faire. Vous savez, les bateaux qui sont produits à Sfax pour venir à Lampedusa, ils sont produits en Tunisie. Donc il faut absolument que nous cassons cet écosystème des passeurs, des trafiquants, parce qu’on ne peut pas continuer comme ça.

      GERALD DARMANIN
      Quand vous dites « nous », c’est-à-dire en partenariat avec la Tunisie ? Comment vous expliquez Monsieur le Ministre qu’il y a eu un afflux aussi soudain ? Est-ce que la Tunisie n’a pas pu ou n’a pas voulu contenir ces arrivées ?

      GERALD DARMANIN
      Je ne sais pas. J’imagine que le gouvernement tunisien a fait le maximum…

      SONIA MABROUK
      Vous devez avoir une idée.

      GERALD DARMANIN
      On sait qu’on que tous ces gens sont partis de Sfax, donc d’un endroit extrêmement précis où il y a beaucoup de migrants notamment Africains, Subsahariens qui y sont, donc la Tunisie connaît elle-même une difficulté migratoire très forte. On doit manifestement l’aider, mais on doit aussi très bien coopérer avec elle, je crois que c’est ce que fait en ce moment le gouvernement italien, qui rappelle un certain nombre de choses aux Tunisiens, quoi leur rappelle aussi leurs difficultés. Donc, ce qui est sûr c’est que nous avons désormais beaucoup de plans, on a beaucoup de moyens, on a fait beaucoup de déplacements, maintenant il faut appliquer cela. Vous savez, la France, à la demande du président de la République, c’était d’ailleurs à Tourcoing, a proposé un pacte migratoire, qui consistait très simplement à ce que les demandes d’asile ne se fassent plus dans nos pays, mais à la frontière. Tout le monde l’a adopté, y compris le gouvernement de madame MELONI. C’est extrêmement efficace puisque l’idée c’est qu’on dise que les gens, quand ils rentrent sur le territoire européen, ne sont pas juridiquement sur le territoire européen, que nous regardions leur asile en quelques jours, et nous les renvoyons. Il faut que l’Italie…

      SONIA MABROUK
      Ça c’est le principe.

      GERALD DARMANIN
      Il faut que l’Italie anticipe, anticipe la mise en place de ce dispositif. Et pourquoi il n’a pas encore été mis en place ? Parce que des députés européens, ceux du Rassemblement national, ont voté contre. C’est-à-dire que l’on est dans une situation politique un peu étonnante, où la France trouve une solution, la demande d’asile aux frontières, beaucoup plus efficace. Le gouvernement de madame MELONI, dans lequel participe monsieur SALVINI, est d’accord avec cette proposition, simplement ceux qui bloquent ça au Parlement européen, c’est le Rassemblement national, qui après va en Italie pour dire que l’Europe ne fait rien.

      SONIA MABROUK
      Sauf que, Monsieur le Ministre…

      GERALD DARMANIN
      Donc on voit bien qu’il y a du tourisme électoral de la part de madame LE PEN…

      SONIA MABROUK
      Vous le dénoncez.

      GERALD DARMANIN
      Il faut désormais être ferme, ce que je vous dis, nous n’accueillerons pas les migrants sur le territoire européen…

      SONIA MABROUK
      Mais un migrant, sur le sol européen aujourd’hui, sait qu’il va y rester. La vocation est d’y rester.

      GERALD DARMANIN
      Non, c’est tout à fait faux, nous faisons des retours. Nous avons par exemple dans les demandes d’asile, prévu des Ivoiriens. Bon. Nous avons des personnes qui viennent du Cameroun, nous avons des personnes qui viennent de Gambie. Avec ces pays nous avons d’excellentes relations politiques internationales, et nous renvoyons tous les jours dans ces pays des personnes qui n’ont rien à faire pour demander l’asile en France ou en Europe. Donc c’est tout à fait faux, avec certains pays nous avons plus de difficultés, bien sûr, parce qu’ils sont en guerre, comme la Syrie, comme l’Afghanistan bien sûr, mais avec beaucoup de pays, la Tunisie, la Gambie, la Côte d’Ivoire, le Sénégal, le Cameroun, nous sommes capables d’envoyer très rapidement ces personnes chez elles.

      SONIA MABROUK
      Lorsque le patron du Rassemblement national Jordan BARDELLA, ou encore Eric ZEMMOUR, ou encore Marion MARECHAL sur place, dit : aucun migrant de Lampedusa ne doit arriver en France. Est-ce que vous êtes capable de tenir, si je puis dire cette déclaration ? Vous dites : c’est totalement illusoire.

      GERALD DARMANIN
      Non mais monsieur BARDELLA il fait de la politique politicienne, et malheureusement sur le dos de ses amis italiens, sur le dos de femmes et d’hommes, puisqu’il ne faut jamais oublier que ces personnes évidemment connaissent des difficultés extrêmement fortes. Il y a un bébé qui est mort à Lampedusa voilà quelques heures, et évidemment sur le dos de l’intelligence politique que les Français ont. Le Front national vote systématiquement contre toutes les mesures que nous proposons au niveau européen, chacun voit que c’est un sujet européen, c’est pour ça d’ailleurs qu’il se déplace, j’imagine, en Italie…

      SONIA MABROUK
      Ils ne sont pas d’accord avec votre politique, Monsieur le Ministre, ça ne surprend personne.

      GERALD DARMANIN
      Non mais monsieur SALVINI madame MELONI, avec le gouvernement français, ont adopté un texte commun qui prévoit une révolution : la demande d’asile aux frontières. Monsieur BARDELLA, lui il parle beaucoup, mais au Parlement européen il vote contre. Pourquoi ? Parce qu’il vit des problèmes. La vérité c’est que monsieur BARDELLA, comme madame Marion MARECHAL LE PEN, on a compris qu’il y a une sorte de concurrence dans la démagogie à l’extrême droite, eux, ce qu’ils veulent c’est vivre des problèmes. Quand on leur propose de résoudre les problèmes, l’Europe avec le président de la République a essayé de leur proposer de les résoudre. Nous avons un accord avec madame MELONI, nous faisons la demande d’asile aux frontières, nous considérons qu’il n’y a plus d’asile en Europe, tant qu’on n’a pas étudié aux frontières cet asile. Quand le Rassemblement national vote contre, qu’est-ce qui se passe ? Eh bien ils ne veulent pas résoudre les problèmes, ils veulent pouvoir avoir une sorte de carburant électoral, pour pouvoir dire n’importe quoi, comme ils l’ont fait ce week-end encore.

      SONIA MABROUK
      Ce matin, sur les 5 000, 6 000 qui sont arrivés à Lampedusa, combien seront raccompagnés, combien n’ont pas vocation et ne resteront pas sur le sol européen ?

      GERALD DARMANIN
      Alors, c’est difficile. C’est difficile à savoir, parce que moi je ne suis pas les autorités italiennes, c’est pour ça que à la demande, du président je vais à Rome cet après-midi, mais de notre point de vue, de ce que nous en savons des autorités italiennes, beaucoup doivent être accompagnés, puisqu’encore une fois je comprends que sur à peu près 8 000 ou 9 000 personnes qui sont arrivées, il y a beaucoup de gens qui viennent de pays qui ne connaissent pas de persécution politique, ni au Cameroun, ni en Côte d’Ivoire, ni bien sûr en Gambie, ni en Tunisie, et donc ces personnes, bien sûr, doivent repartir dans leur pays et la France doit les aider à repartir.

      SONIA MABROUK
      On note Gérald DARMANIN que vous avez un discours, en tout cas une tonalité très différente à l’égard de madame MELONI, on se souvient tous qu’il y a eu quasiment une crise diplomatique il y a quelques temps, lorsque vous avez dit qu’elle n’était pas capable de gérer ces questions migratoires sur lesquelles elle a été… elle est arrivée au pouvoir avec un discours très ferme, aujourd’hui vous dites « non, je la soutiens madame MELONI », c’est derrière nous toutes ces déclarations, que vous avez tenues ?

      GERALD DARMANIN
      Je ne suis pas là pour soutenir madame MELONI, non, je dis simplement que lorsqu’on vote pour des gouvernements qui vous promettent tout, c’est le cas aussi de ce qui s’est passé avec le Brexit en Grande-Bretagne, les Français doivent comprendre ça. Lorsqu’on vous dit " pas un migrant ne viendra, on fera un blocus naval, vous allez voir avec nous on rase gratis ", on voit bien que la réalité dépasse largement ces engagements.

      SONIA MABROUK
      Elle a réitéré le blocus naval !

      GERALD DARMANIN
      Le fait est qu’aujourd’hui nous devons gérer une situation où l’Italie est en grande difficulté, et on doit aider l’Italie, parce qu’aider l’Italie, d’abord c’est nos frères et nos soeurs les Italiens, mais en plus c’est la continuité, évidemment, de ce qui va se passer en France, donc moi je suis là pour protéger les Français, je suis là pour protéger les Français parce que le président de la République souhaite que nous le faisions dans un cadre européen, et c’est la seule solution qui vaille, parce que l’Europe doit parler d’une seule voix…

      SONIA MABROUK
      C’est la seule solution qui vaille ?

      GERALD DARMANIN
      Oui, c’est la seule solution qui vaille…

      SONIA MABROUK
      Vous savez que l’Allemagne a changé, enfin elle n’en voulait pas, finalement là, sur les migrants, elle change d’avis, la Hongrie, la Pologne, je n’en parle même pas, la situation devient quand même intenable.

      GERALD DARMANIN
      La France a un rôle moteur dans cette situation de ce week-end, vous avez vu les contacts diplomatiques que nous avons eus, on est heureux d’avoir réussi à faire bouger nos amis Allemands sur cette situation. Les Allemands connaissent aussi une difficulté forte, ils ont 1 million de personnes réfugiées ukrainiens, ils ont une situation compliquée par rapport à la nôtre aussi, mais je constate que l’Allemagne et la France parlent une nouvelle fois d’une seule voix.

      SONIA MABROUK
      Mais l’Europe est en ordre dispersé, ça on peut le dire, c’est un constat lucide.

      GERALD DARMANIN
      L’Europe est dispersée parce que l’Europe, malheureusement, a des intérêts divergents, mais l’Europe a réussi à se mettre d’accord sur la proposition française, encore une fois, une révolution migratoire qui consiste à faire des demandes d’asile à la frontière. Nous nous sommes mis d’accord entre tous les pays européens, y compris madame MELONI, ceux qui bloquent c’est le Rassemblement national, et leurs amis, au Parlement européen, donc plutôt que de faire du tourisme migratoire à Lampedusa comme madame Marion MARECHAL LE PEN, ou raconter n’importe quoi comme monsieur BARDELLA, ils feraient mieux de faire leur travail de députés européens, de soutenir la France, d’être un peu patriotes pour une fois, de ne pas faire la politique du pire…

      SONIA MABROUK
      Vous leur reprochez un défaut de patriotisme à ce sujet-là ?

      GERALD DARMANIN
      Quand on ne soutient pas la politique de son gouvernement, lorsque l’on fait l’inverser…

      SONIA MABROUK
      Ça s’appelle être dans l’opposition parfois Monsieur le Ministre.

      GERALD DARMANIN
      Oui, mais on ne peut pas le faire sur le dos de femmes et d’hommes qui meurent, et moi je vais vous dire, le Rassemblement national aujourd’hui n’est pas dans la responsabilité politique. Qu’il vote ce pacte migratoire très vite, que nous puissions enfin, concrètement, aider nos amis Italiens, c’est sûr qu’il y aura moins d’images dramatiques, du coup il y aura moins de carburant pour le Rassemblement national, mais ils auront fait quelque chose pour leur pays.

      SONIA MABROUK
      Vous les accusez, je vais employer ce mot puisque la ministre Agnès PANNIER-RUNACHER l’a employé elle-même, de « charognards » là, puisque nous parlons de femmes et d’hommes, de difficultés aussi, c’est ce que vous êtes en train de dire ?

      GERALD DARMANIN
      Moi je ne comprends pas pourquoi on passe son temps à faire des conférences de presse en Italie, à Lampedusa, en direct sur les plateaux de télévision, lorsqu’on n’est pas capable, en tant que parlementaires européens, de voter un texte qui permet concrètement de lutter contre les difficultés migratoires. Encore une fois, la révolution que la France a proposée, et qui a été adoptée, avec le soutien des Italiens, c’est ça qui est paradoxal dans cette situation, peut être résolue si nous mettons en place…

      SONIA MABROUK
      Résolue…

      GERALD DARMANIN
      Bien sûr ; si nous mettons en place les demandes d’asile aux frontières, on n’empêchera jamais les gens de traverser la Méditerranée, par contre on peut très rapidement leur dire qu’ils ne peuvent pas rester sur notre sol, qu’ils ne sont pas des persécutés…

      SONIA MABROUK
      Comment vous appelez ce qui s’est passé, Monsieur le Ministre, est-ce que vous dites c’est un afflux soudain et massif, ou est-ce que vous dites que c’est une submersion migratoire, le diagnostic participe quand même de la résolution des défis et des problèmes ?

      GERALD DARMANIN
      Non, mais sur Lampedusa, qui est une île évidemment tout au sud de la Méditerranée, qui est même au sud de Malte, il y a 6000 habitants, lorsqu’il y a entre 6 et 8 000 personnes qui viennent en quelques jours évidemment c’est une difficulté immense, et chacun le comprend, pour les habitants de Lampedusa.

      SONIA MABROUK
      Comment vous qualifiez cela ?

      GERALD DARMANIN
      Mais là manifestement il y a à Sfax une difficulté extrêmement forte, où on a laissé passer des centaines de bateaux, fabriqués d’ailleurs, malheureusement….

      SONIA MABROUK
      Donc vous avez un gros problème avec les pays du Maghreb, en l’occurrence la Tunisie ?

      GERALD DARMANIN
      Je pense qu’il y a un énorme problème migratoire interne à l’Afrique, encore une fois la Tunisie, parfois même l’Algérie, parfois le Maroc, parfois la Libye, ils subissent eux-mêmes une pression migratoire d’Afrique, on voit bien que la plupart du temps ce sont des nationalités du sud du Sahel, donc les difficultés géopolitiques que nous connaissons ne sont pas pour rien dans cette situation, et nous devons absolument aider l’Afrique à absolument aider les Etats du Maghreb. On peut à la fois les aider, et en même temps être très ferme, on peut à la fois aider ces Etats à lutter contre l’immigration interne à l’Afrique, et en même temps expliquer…

      SONIA MABROUK
      Ça n’empêche pas la fermeté.

      GERALD DARMANIN
      Que toute personne qui vient en Europe ne sera pas accueillie chez nous.

      SONIA MABROUK
      Encore une question sur ce sujet. Dans les différents reportages effectués à Lampedusa on a entendu certains migrants mettre en avant le système social français, les aides possibles, est-ce que la France, Gérald DARMANIN, est trop attractive, est-ce que notre modèle social est trop généreux et c’est pour cela qu’il y a ces arrivées aussi ?

      GERALD DARMANIN
      Alors, je ne suis pas sûr qu’on traverse le monde en se disant « chouette, il y a ici une aide sociale particulièrement aidante », mais il se peut…

      SONIA MABROUK
      Mais quand on doit choisir entre différents pays ?

      GERALD DARMANIN
      Mais il se peut qu’une fois arrivées en Europe, effectivement, un certain nombre de personnes, aidées par des passeurs, aidées parfois par des gens qui ont de bonnes intentions, des associations, se disent « allez dans ce pays-là parce qu’il y a plus de chances de », c’est ce pourquoi nous luttons. Quand je suis arrivé au ministère de l’Intérieur nous étions le deuxième pays d’Europe qui accueille le plus de demandeurs d’asile, aujourd’hui on est le quatrième, on doit pouvoir continuer à faire ce travail, nous faisons l’inverse de certains pays autour de nous, par exemple l’Allemagne qui ouvre plutôt plus de critères, nous on a tendance à les réduire, et le président de la République, dans la loi immigration, a proposé beaucoup de discussions pour fermer un certain nombre d’actions d’accueil. Vous avez la droite, LR, qui propose la transformation de l’AME en Aide Médicale d’Urgence, nous sommes favorables à étudier cette proposition des LR, j’ai moi-même proposé un certain nombre de dispositions extrêmement concrètes pour limiter effectivement ce que nous avons en France et qui parfois est différent des pays qui nous entourent et qui peuvent conduire à cela. Et puis enfin je terminerai par dire, c’est très important, il faut lutter contre les passeurs, la loi immigration que je propose passe de délit a crime, avec le garde des Sceaux on a proposé qu’on passe de quelques années de prison à 20 ans de prison pour ceux qui trafiquent des êtres humains, aujourd’hui quand on arrête des passeurs, on en arrête tous les jours grâce à la police française, ils ne sont condamnés qu’à quelques mois de prison, alors que demain, nous l’espérons, ils seront condamnés bien plus.

      SONIA MABROUK
      Bien. Gérald DARMANIN, sur CNews et Europe 1 notre « Grande interview » s’intéresse aussi à un nouveau refus d’obtempérer qui a dégénéré à Stains, je vais raconter en quelques mots ce qui s’est passé pour nos auditeurs et téléspectateurs, des policiers ont pris en chasse un deux-roues, rapidement un véhicule s’est interposé pour venir en aide aux fuyards, un policier a été violemment pris à partie, c’est son collègue qui est venu pour l’aider, qui a dû tirer en l’air pour stopper une scène de grande violence vis-à-vis de ce policier, comment vous réagissez par rapport à cela ?

      GERALD DARMANIN
      D’abord trois choses. Les policiers font leur travail, et partout sur le territoire national, il n’y a pas de territoires perdus de la République, il y a des territoires plus difficiles, mais Stains on sait tous que c’est une ville à la fois populaire et difficile pour la police nationale. La police le samedi soir fait des contrôles, lorsqu’il y a des refus d’obtempérer, je constate que les policiers sont courageux, et effectivement ils ont été violentés, son collègue a été très courageux de venir le secourir, et puis troisièmement force est restée à la loi, il y a eu cinq interpellations, ils sont présentés aujourd’hui…

      SONIA MABROUK
      A quel prix.

      GERALD DARMANIN
      Oui, mais c’est le travail…

      SONIA MABROUK
      A quel prix pour le policier.

      GERALD DARMANIN
      Malheureusement c’est le travail, dans une société très violente…

      SONIA MABROUK
      D’être tabassé ?

      GERALD DARMANIN
      Dans une société très violente les policiers, les gendarmes, savent la mission qu’ils ont, qui est une mission extrêmement difficile, je suis le premier à les défendre partout sur les plateaux de télévision, je veux dire qu’ils ont réussi, à la fin, à faire entendre raison à la loi, les Français doivent savoir ce matin que cinq personnes ont été interpellées, présentées devant le juge.

      SONIA MABROUK
      Pour quel résultat, Monsieur le Ministre ?

      GERALD DARMANIN
      Eh bien moi je fais confiance en la justice.

      SONIA MABROUK
      Parfois on va les trouver à l’extérieur.

      GERALD DARMANIN
      Non non, je fais confiance en la justice, quand on…

      SONIA MABROUK
      Ça c’est le principe. On fait tous, on aimerait tous faire confiance à la justice.

      GERALD DARMANIN
      Non, mais quand on moleste un policier, j’espère que les peines seront les plus dures possible.

      SONIA MABROUK
      On va terminer avec une semaine intense et à risques qui s’annonce, la suite de la Coupe du monde de rugby, la visite du roi Charles III, le pape à Marseille. Vous avez appelé les préfets à une très haute vigilance. C’est un dispositif exceptionnel pour relever ces défis, qui sera mis en oeuvre.

      GERALD DARMANIN
      Oui, donc cette semaine la France est au coeur du monde par ces événements, la Coupe du monde de rugby qui continue, et qui se passe bien. Vous savez, parfois ça nous fait sourire. La sécurité ne fait pas de bruit, l’insécurité en fait, mais depuis le début de cette Coupe du monde, les policiers, des gendarmes, les pompiers réussissent à accueillir le monde en de très très bonnes conditions, tant mieux, il faut que ça continue bien sûr. Le pape qui vient deux jours à Marseille, comme vous l’avez dit, et le roi Charles pendant trois jours. Il y aura jusqu’à 30 000 policiers samedi, et puis après il y a quelques événements comme PSG - OM dimanche prochain, c’est une semaine…

      SONIA MABROUK
      Important aussi.

      GERALD DARMANIN
      C’est une semaine horribilis pour le ministre de l’Intérieur et pour les policiers et les gendarmes, et nous le travaillons avec beaucoup de concentration, le RAID, le GIGN est tout à fait aujourd’hui prévu pour tous ces événements, et nous sommes capables d’accueillir ces grands événements mondiaux en une semaine, c’est l’honneur de la police nationale et de la gendarmerie nationale.

      SONIA MABROUK
      Merci Gérald DARMANIN.

      GÉRALD DARMANIN
      Merci à vous.

      SONIA MABROUK
      Vous serez donc cet après-midi…

      GÉRALD DARMANIN
      A Rome.

      SONIA MABROUK
      …à Rome avec votre homologue évidemment de l’Intérieur. Merci encore de nous avoir accordé cet entretien.

      GERALD DARMANIN
      Merci à vous.

      SONIA MABROUK
      Et bonne journée sur Cnews et Europe 1

      https://www.vie-publique.fr/discours/291092-gerald-darmanin-18092023-immigration

      #Darmanin #demandes_d'asile_à_la_frontière

    • Darmanin: ’La Francia non accoglierà migranti da Lampedusa’

      Ma con Berlino apre alla missione navale. Il ministro dell’Interno francese a Roma. Tajani: ’Fa fede quello che dice Macron’. Marine Le Pen: ’Dobbianmo riprendere il controllo delle nostre frontiere’

      «La Francia non prenderà nessun migrante da Lampedusa». All’indomani della visita di Ursula von der Leyen e Giorgia Meloni sull’isola a largo della Sicilia, il governo transalpino torna ad alzare la voce sul fronte della solidarietà e lo fa, ancora una volta, con il suo ministro dell’Interno Gerald Darmanin.

      La sortita di Parigi giunge proprio mentre, da Berlino, arriva l’apertura alla richiesta italiana di una missione navale comune per aumentare i controlli nel Mediterraneo, idea sulla quale anche la Francia si dice pronta a collaborare.

      Sullo stesso tenore anche le dichiarazioni Marine Le Pen. «Nessun migrante da Lampedusa deve mettere piede in Francia. Serve assolutamente una moratoria totale sull’immigrazione e dobbiamo riprendere il controllo delle nostre frontiere. Spetta a noi nazioni decidere chi entra e chi resta sul nostro territorio». Lo ha detto questa sera Marine Le Pen, leader dell’estrema destra francese del Rassemblement National, «Quelli che fanno appello all’Unione europea si sbagliano - ha continuato Le Pen - perché è vano e pericoloso. Vano perché l’Unione europea vuole l’immigrazione, pericoloso perché lascia pensare che deleghiamo all’Unione europea la decisione sulla politica di immigrazione che dobbiamo condurre. Spetta al popolo francese decidere e bisogna rispettare la sua decisione».

      La strada per la messa a punto di un’azione Ue, tuttavia, resta tremendamente in salita anche perché è segnata da uno scontro interno alle istituzioni comunitarie sull’intesa con Tunisi: da un lato il Consiglio Ue, per nulla soddisfatto del modus operandi della Commissione, e dall’altro l’esecutivo europeo, che non ha alcuna intenzione di abbandonare la strada tracciata dal Memorandum siglato con Kais Saied. «Sarebbe un errore di giudizio considerare che i migranti, siccome arrivano in Europa, devono essere subito ripartiti in tutta Europa e in Francia, che fa ampiamente la sua parte», sono state le parole con cui Darmamin ha motiva il suo no all’accoglienza. Il ministro lo ha spiegato prima di recarsi a Roma, su richiesta del presidente Emmanuel Macron, per un confronto con il titolare del Viminale Matteo Piantedosi. Ed è proprio a Macron che l’Italia sembra guardare, legando le frasi di Darmanin soprattutto alle vicende politiche interne d’Oltralpe. «Fa fede quello che dice Macron e quello che dice il ministro degli Esteri, mi pare che ci sia voglia di collaborare», ha sottolineato da New York il titolare della Farnesina Antonio Tajani invitando tutti, in Italia e in Ue, a non affrontare il dossier con «slogan da campagna elettorale».

      Eppure la sortita di Darmanin ha innescato l’immediata reazione della maggioranza, soprattutto dalle parti di Matteo Salvini. «Gli italiani si meritano fatti concreti dalla Francia e dall’Europa», ha tuonato la Lega. Nel piano Ue su Lampedusa il punto dell’accoglienza è contenuto nel primo dei dieci punti messi neri su bianco. Ma resta un concetto legato alla volontarietà. Che al di là della Francia, per ora trova anche il no dell’Austria. Il nodo è sempre lo stesso: i Paesi del Nord accusano Roma di non rispettare le regole sui movimenti secondari, mentre l’Italia pretende di non essere l’unico approdo per i migranti in arrivo. Il blocco delle partenze, in questo senso, si presenta come l’unica mediazione politicamente percorribile. Berlino e Parigi si dicono pronte a collaborare su un maggiore controllo aereo e navale delle frontiere esterne. L’Ue sottolinea di essere «disponibile a esplorare l’ipotesi», anche se la «decisione spetta agli Stati».

      Il raggio d’azione di von der Leyen, da qui alle prossime settimane, potrebbe tuttavia restringersi: sull’intesa con Tunisi l’Alto Rappresentante Ue per la Politica Estera Josep Borrell, il servizio giuridico del Consiglio Ue e alcuni Paesi membri - Germania e Lussemburgo in primis - hanno mosso riserve di metodo e di merito. L’accusa è duplice: il Memorandum con Saied non solo non garantisce il rispetto dei diritti dei migranti ma è stato firmato dal cosiddetto ’team Europe’ (von der Leyen, Mark Rutte e Meloni) senza l’adeguata partecipazione del Consiglio. Borrell lo ha messo nero su bianco in una missiva indirizzata al commissario Oliver Varhelyi e a von der Leyen. «Gli Stati membri sono stati informati e c’è stato ampio sostegno», è stata la difesa della Commissione. Invero, al Consiglio europeo di giugno l’intesa incassò l’endorsement dei 27 ma il testo non era stato ancora ultimato. E non è arrivato al tavolo dei rappresentanti permanenti se non dopo essere stato firmato a Cartagine. Ma, spiegano a Palazzo Berlaymont, l’urgenza non permetteva rallentamenti. I fondi per Tunisi, tuttavia, attendono ancora di essere esborsati. La questione - assieme a quella del Patto sulla migrazione e al Piano Lampedusa - è destinata a dominare le prossime riunioni europee: quella dei ministri dell’Interno del 28 settembre e, soprattutto, il vertice informale dei leader previsto a Granada a inizio ottobre.

      https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2023/09/18/darmanin-la-francia-non-accogliera-migranti-da-lampedusa_2f53eae6-e8f7-4b82-9d7

    • Lampedusa : les contrevérités de Gérald Darmanin sur le profil des migrants et leur droit à l’asile

      Le ministre de l’Intérieur persiste à dire, contre la réalité du droit et des chiffres, que la majorité des migrants arrivés en Italie la semaine dernière ne peuvent prétendre à l’asile.

      A en croire Gérald Darmanin, presque aucune des milliers de personnes débarquées sur les rives de l’île italienne de Lampedusa depuis plus d’une semaine ne mériterait d’être accueillie par la France. La raison ? D’un côté, affirme le ministre de l’Intérieur, il y aurait les « réfugiés » fuyant des persécutions politiques ou religieuses, et que la France se ferait un honneur d’accueillir. « Et puis, il y a les migrants », « des personnes irrégulières » qui devraient être renvoyées dans leur pays d’origine le plus rapidement possible, a-t-il distingué, jeudi 22 septembre sur BFMTV.

      « S’il s’agit de prendre les migrants tels qu’ils sont : 60 % d’entre eux viennent de pays tels que la Côte d’Ivoire, comme la Guinée, comme la Gambie, il n’y a aucune raison [qu’ils viennent] », a-t-il en sus tonné sur CNews, lundi 18 septembre. Une affirmation serinée mardi sur TF1 dans des termes semblables : « 60 % des personnes arrivées à Lampedusa sont francophones. Il y a des Ivoiriens et des Sénégalais, qui n’ont pas à demander l’asile en Europe. »
      Contredit par les données statistiques italiennes

      D’après le ministre – qui a expliqué par la suite tenir ses informations de son homologue italien – « l’essentiel » des migrants de Lampedusa sont originaires du Cameroun, du Sénégal, de Côte-d’Ivoire, de Gambie ou de Tunisie. Selon le ministre, leur nationalité les priverait du droit de demander l’asile. « Il n’y aura pas de répartition de manière générale puisque ce ne sont pas des réfugiés », a-t-il prétendu, en confondant par la même occasion les demandeurs d’asiles et les réfugiés, soit les personnes dont la demande d’asile a été acceptée.

      https://twitter.com/BFMTV/status/1704749840133923089

      Interrogé sur le profil des migrants arrivés à Lampedusa, le ministère de l’Intérieur italien renvoie aux statistiques de l’administration du pays. A rebours des propos définitifs de Gérald Darmanin sur la nationalité des personnes débarquées sur les rives italiennes depuis la semaine dernière, on constate, à l’appui de ces données, qu’une grande majorité des migrants n’a pas encore fait l’objet d’une procédure d’identification. Sur les 16 911 personnes arrivées entre le 11 et le 20 septembre, la nationalité n’est précisée que pour 30 % d’entre elles.

      En tout, 12 223 personnes, soit 72 % des personnes arrivées à Lampedusa, apparaissent dans la catégorie « autres » nationalités, qui mélange des ressortissants de pays peu représentés et des migrants dont l’identification est en cours. A titre de comparaison, au 11 septembre, seulement 30 % des personnes étaient classées dans cette catégorie. Même si la part exacte de migrants non identifiés n’est pas précisée, cette catégorie apparaît être un bon indicateur de l’avancée du travail des autorités italiennes.

      Parmi les nationalités relevées entre le 11 et 20 septembre, le ministère de l’Intérieur italien compte effectivement une grande partie de personnes qui pourraient être francophones : 1 600 Tunisiens, 858 Guinéens, 618 Ivoiriens, 372 Burkinabés, presque autant de Maliens, 253 Camerounais, mais aussi des ressortissants moins susceptibles de connaître la langue (222 Syriens, environ 200 Egyptiens, 128 Bangladais et 74 Pakistanais).

      A noter que selon ces statistiques italiennes partielles, il n’est pas fait état de ressortissants sénégalais et gambiens évoqués par Gérald Darmanin. Les données ne disent rien, par ailleurs, du genre ou de l’âge de ces arrivants. « La plupart sont des hommes mais aussi on a aussi vu arriver des familles, des mères seules ou des pères seuls avec des enfants et beaucoup de mineurs non accompagnés, des adolescents de 16 ou 17 ans », décrivait à CheckNews la responsable des migrations de la Croix-Rouge italienne, Francesca Basile, la semaine dernière.

      Légalement, toutes les personnes arrivées à Lampedusa peuvent déposer une demande d’asile, s’ils courent un danger dans leur pays d’origine. « Il ne s’agit pas seulement d’un principe théorique. En vertu du droit communautaire et international, toute personne – quelle que soit sa nationalité – peut demander une protection internationale, et les États membres de l’UE ont l’obligation de procéder à une évaluation individuelle de chaque demande », a ainsi rappelé à CheckNews l’agence de l’union européenne pour l’asile. L’affirmation de Gérald Darmanin selon laquelle des migrants ne seraient pas éligibles à l’asile en raison de leur nationalité est donc fausse.

      Par ailleurs, selon le règlement de Dublin III, la demande d’asile doit être instruite dans le premier pays où la personne est arrivée au sein de l’Union européenne (à l’exception du Danemark), de la Suisse, de la Norvège, de l’Islande et du Liechtenstein. Ce sont donc aux autorités italiennes d’enregistrer et de traiter les demandes des personnes arrivées à Lampedusa. Dans certains cas, des transferts peuvent être opérés vers un pays signataires de l’accord de Dublin III, ainsi du rapprochement familial. Si les demandes d’asile vont être instruites en Italie, les chiffes de l’asile en France montrent tout de même que des ressortissants des pays cités par Gérald Darmanin obtiennent chaque année une protection dans l’Hexagone.

      Pour rappel, il existe deux formes de protections : le statut de réfugié et la protection subsidiaire. Cette dernière peut être accordée à un demandeur qui, aux yeux de l’administration, ne remplit pas les conditions pour être considéré comme un réfugié, mais qui s’expose à des risques grave dans son pays, tels que la torture, des traitements inhumains ou dégradants, ainsi que des « menaces grave et individuelle contre sa vie ou sa personne en raison d’une violence qui peut s’étendre à des personnes sans considération de leur situation personnelle et résultant d’une situation de conflit armé interne ou international », liste sur son site internet la Cour nationale du droit d’asile (CNDA), qui statue en appel sur les demandes de protection.
      Contredit aussi par la réalité des chiffres en France

      Gérald Darmanin cite à plusieurs reprises le cas des migrants originaires de Côte-d’Ivoire comme exemple de personnes n’ayant selon lui « rien à faire » en France. La jurisprudence de la CNDA montre pourtant des ressortissants ivoiriens dont la demande de protection a été acceptée. En 2021, la Cour a ainsi accordé une protection subsidiaire à une femme qui fuyait un mariage forcé décidé par son oncle, qui l’exploitait depuis des années. La Cour avait estimé que les autorités ivoiriennes étaient défaillantes en ce qui concerne la protection des victimes de mariages forcés, malgré de récentes évolutions législatives plus répressives.

      D’après l’Office de protection des réfugiés et apatrides (Ofrpa), qui rend des décisions en première instance, les demandes d’asile de ressortissants ivoiriens (environ 6 000 en 2022) s’appuient très souvent sur des « problématiques d’ordre sociétal […], en particulier les craintes liées à un risque de mariage forcé ou encore l’exposition des jeunes filles à des mutilations sexuelles ». En 2022, le taux de demandes d’Ivoiriens acceptées par l’Ofrpa (avant recours éventuel devant la CNCDA) était de 27,3 % sur 6 727 décisions contre un taux moyen d’admission de 26,4 % pour le continent africain et de 29,2 % tous pays confondus. Les femmes représentaient la majorité des protections accordées aux ressortissants de Côte-d’Ivoire.

      Pour les personnes originaires de Guinée, citées plusieurs fois par Gérald Darmanin, les demandes sont variées. Certaines sont déposées par des militants politiques. « Les demandeurs se réfèrent à leur parcours personnel et à leur participation à des manifestations contre le pouvoir, qu’il s’agisse du gouvernement d’Alpha Condé ou de la junte militaire », décrit l’Ofpra. D’autre part des femmes qui fuient l’excision et le mariage forcé. En 2022, le taux d’admission par l’Ofpra était de 33,4 % pour 5 554 décisions.
      Jurisprudence abondante

      S’il est vrai que ces nationalités (Guinée et Côte-d’Ivoire) ne figurent pas parmi les taux de protections les plus élevées, elles figurent « parmi les principales nationalités des bénéficiaires de la protection internationale » en 2022, aux côtés des personnes venues d’Afghanistan ou de Syrie, selon l’Ofpra. Les ressortissants tunisiens, qui déposent peu de demandes (439 en 2022), présentent un taux d’admission de seulement 10 %.

      La jurisprudence abondante produite par la CNDA montre que, dans certains cas, le demandeur peut obtenir une protection sur la base de son origine géographique, jugée dangereuse pour sa sécurité voire sa vie. C’est le cas notamment du Mali. En février 2023, la Cour avait ainsi accordé la protection subsidiaire à un Malien originaire de Gao, dans le nord du pays. La Cour avait estimé qu’il s’exposait, « en cas de retour dans sa région d’origine du seul fait de sa présence en tant que civil, [à] un risque réel de subir une menace grave contre sa vie ou sa personne sans être en mesure d’obtenir la protection effective des autorités de son pays ».

      « Cette menace est la conséquence d’une situation de violence, résultant d’un conflit armé interne, susceptible de s’étendre indistinctement aux civils », avait-elle expliqué dans un communiqué. Au mois de juin, à la suite des déclarations d’un demandeur possédant la double nationalité malienne et nigérienne, la Cour avait jugé que les régions de Ménaka au Mali et de Tillaberi au Niger étaient en situation de violence aveugle et d’intensité exceptionnelle, « justifiant l’octroi de la protection subsidiaire prévue par le droit européen ».

      D’après le rapport 2023 de l’agence de l’Union européenne pour l’asile, le taux de reconnaissance en première instance pour les demandeurs guinéens avoisinait les 30 %, et un peu plus de 20 % pour ressortissants ivoiriens à l’échelle de l’UE, avec un octroi en majorité, pour les personnes protégées, du statut de réfugié. Concernant le Mali, le taux de reconnaissance dépassait les 60 %, principalement pour de la protection subsidiaire. Ces données européennes qui confirment qu’il est infondé d’affirmer, comme le suggère le ministre de l’Intérieur, que les nationalités qu’il cite ne sont pas éligibles à l’asile.

      En revanche, dans le cadre du mécanisme « de solidarité », qui prévoit que les pays européens prennent en charge une partie des demandeurs, les Etats « restent souverains dans le choix du nombre et de la nationalité des demandeurs accueillis ». « Comme il s’agit d’un mécanisme volontaire, le choix des personnes à transférer est laissé à l’entière discrétion de l’État membre qui effectue le transfert », explique l’agence de l’union européenne pour l’asile, qui précise que les Etats « tendent souvent à donner la priorité aux nationalités qui ont le plus de chances de bénéficier d’un statut de protection », sans plus de précisions sur l’avancée des négociations en cours.

      https://www.liberation.fr/checknews/lampedusa-les-contreverites-de-gerald-darmanin-sur-le-profil-des-migrants

      #fact-checking

    • #Fanélie_Carrey-Conte sur X :

      Comme une tragédie grecque, l’impression de connaître à l’avance la conclusion d’une histoire qui finit mal.
      A chaque fois que l’actualité remet en lumière les drames migratoires, la même mécanique se met en place. D’abord on parle d’"#appel_d'air", de « #submersion », au mépris de la réalité des chiffres, et du fait que derrière les statistiques, il y a des vies, des personnes.
      Puis l’#extrême_droite monte au créneau, de nombreux responsables politiques lui emboîtent le pas. Alors les institutions européennes mettent en scène des « #plans_d'urgence, » des pactes, censés être « solidaires mais fermes », toujours basés en réalité sur la même logique:chercher au maximum à empêcher en Europe les migrations des « indésirables », augmenter la #sécurisation_des_frontières, prétendre que la focalisation sur les #passeurs se fait dans l’intérêt des personnes migrantes, externaliser de plus en plus les politiques migratoires en faisant fi des droits humains.
      Résultat : les migrations, dont on ne cherche d’ailleurs même plus à comprendre les raisons ni les mécanismes qui les sous-tendent, ne diminuent évidemment pas, au contraire ; les drames et les morts augmentent ; l’extrême -droite a toujours autant de leviers pour déployer ses idées nauséabondes et ses récupérations politiques abjectes.
      Et la spirale mortifère continue ... Ce n’est pas juste absurde, c’est avant tout terriblement dramatique. Pourtant ce n’est pas une fatalité : des politiques migratoires réellement fondées sur l’#accueil et l’#hospitalité, le respect des droits et de la #dignité de tout.e.s, cela peut exister, si tant est que l’on en ait la #volonté_politique, que l’on porte cette orientation dans le débat public national et européen, que l’on se mobilise pour faire advenir cet autre possible. A rebours malheureusement de la voie choisie aujourd’hui par l’Europe comme par la France à travers les pactes et projets de loi immigration en cours...

      https://twitter.com/FCarreyConte/status/1703650891268596111

    • Migranti, Oim: “Soluzione non è chiudere le frontiere”

      Il portavoce per l’Italia, Flavio di Giacomo, a LaPresse: «Organizzare diversamente salvataggi per aiutare Lampedusa»

      Per risolvere l’emergenza migranti, secondo l’Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni), la soluzione non è chiudere le frontiere. Lo ha dichiarato a LaPresse il portavoce per l’Italia dell’organizzazione, Flavio di Giacomo. La visita della presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen a Lampedusa insieme alla premier Giorgia Meloni, ha detto, “è un segnale importante, ma non bisogna scambiare un’emergenza di tipo operativo con ‘bisogna chiudere’, perché non c’è nessuna invasione e la soluzione non è quella di creare deterrenti come trattenere i migranti per 18 mesi. In passato non ha ottenuto nessun effetto pratico e comporta tante spese allo Stato”. Von der Leyen ha proposto un piano d’azione in 10 punti che prevede tra le altre cose di intensificare la cooperazione con l’Unhcr e l’Oim per i rimpatri volontari. “È una cosa che in realtà già facciamo ed è importante che venga implementata ulteriormente“, ha sottolineato Di Giacomo.
      “Organizzare diversamente salvataggi per aiutare Lampedusa”

      “Quest’anno i migranti arrivati in Italia sono circa 127mila rispetto ai 115mila dello stesso periodo del 2015-2016, ma niente di paragonabile agli oltre 850mila giunti in Grecia nel 2015. La differenza rispetto ad allora, quando gli arrivi a Lampedusa erano l’8% mentre quest’anno sono oltre il 70%, è che in questo momento i salvataggi ci sono ma sono fatti con piccole motovedette della Guardia costiera che portano i migranti a Lampedusa, mentre servirebbe un tipo diverso di azione con navi più grandi che vengano distribuite negli altri porti. Per questo l’isola è in difficoltà”, spiega Di Giacomo. “Inoltre, con le partenze in prevalenza dalla Tunisia piuttosto che dalla Libia, i barchini puntano tutti direttamente su Lampedusa”.
      “Priorità stabilizzare situazione in Maghreb”

      Per risolvere la questione, ha aggiunto Di Giacomo, “occorre lavorare per la stabilizzazione e il miglioramento delle condizioni nell’area del Maghreb“. E ha precisato: “La stragrande maggioranza dei flussi migratori africani è interno, ovvero dalla zona sub-sahariana a quella del Maghreb, persone che andavano a vivere in Tunisia e che ora decidono di lasciare il Paese perché vittima di furti, vessazioni e discriminazioni razziali. Questo le porta a imbarcarsi a Sfax con qualsiasi mezzo di fortuna per fare rotta verso Lampedusa”.

      https://www.lapresse.it/cronaca/2023/09/18/migranti-oim-soluzione-non-e-chiudere-le-frontiere

    • Da inizio 2023 in Italia sono sbarcati 133.170 migranti.

      La Ong Humanity1, finanziata anche dal Governo tedesco, ne ha sbarcati 753 (lo 0,6% del totale).
      In totale, Ong battenti bandiera tedesca ne hanno sbarcati 2.720 (il 2% del totale).

      Ma di cosa stiamo parlando?

      https://twitter.com/emmevilla/status/1708121850847309960
      #débarquement #arrivées #ONG #sauvetage

  • Dans les supermarchés américains, lessive sous clé et antivols sur crèmes glacées
    https://www.lemonde.fr/m-le-mag/article/2023/09/16/dans-les-supermarches-americains-lessive-sous-cle-et-antivols-sur-cremes-gla


    Des bouteilles de lessive liquide mises sous clé dans un magasin à New York, le 3 juillet 2023. RICHARD B. LEVINE-ROBERTS / SIPA

    ces nouvelles habitudes qui font un carton aux Etats-Unis pourraient bientôt débarquer en France.

    On pourrait s’imaginer qu’on vient de demander une bouteille de champagne, mais on veut juste acheter un paquet de café jusque-là inaccessible car rangé derrière une vitre verrouillée. La vendeuse vient alors ouvrir la vitrine pour nous libérer un paquet de café. Bien sûr, le prix des matières premières a flambé ces dernières années. Mais l’inflation n’explique pas tout. Dans certaines grandes surfaces américaines, ce sont aussi le shampooing, les chaussettes pour hommes ou la lessive qui ne sont plus accessibles qu’en demandant à un vendeur de venir vous ouvrir la vitrine.
    La grande distribution américaine, qui a inventé le supermarché où tous les produits étaient en accès libre, connaît un retour de balancier, avec des rayons entièrement sous clé. Plutôt qu’un vendeur, il y a généralement un bouton à côté de la vitrine sur lequel appuyer pour faire venir quelqu’un. Oui, j’ai vu une employée ouvrir une vitre pour qu’une dame attrape une éponge exfoliante de douche à 2,99 dollars.
    Sur la vitrine du rayon chaussettes pour hommes d’un magasin Target de Manhattan, il n’est pas écrit « pour éviter le #vol, on a tout enfermé », mais « pour maintenir nos niveaux d’inventaire, cette partie demande l’assistance d’un membre de l’équipe » ou encore « des étagères sécurisées permettent de garder les produits en stock pour que vous puissiez faire vos courses ». Le rayon dentifrice est entièrement sous vitre. « Les gens volent même le dentifrice maintenant ? », s’interroge un homme devant moi.

    Certaines stratégies semblent plus bricolées
    Ce n’est pas toujours ce qui est le plus cher qui est sous les verrous, mais ce qui est le plus facile à écouler, se dit-il. C’est ce qu’a expliqué un supermarché Giant de Washington pour justifier son renoncement à vendre certaines marques comme Colgate ou la lessive Tide. Manifestement, les marques distributeurs se revendent moins facilement.
    Souvent sous verrou, les vitamines, le Red Bull… et les crèmes glacées. Dans les supermarchés Fairway de Manhattan, les glaces Häagen-Dazs sont vendues avec un antivol sur le couvercle. Il existe donc des ingénieurs sur cette terre à qui un service de recherche et développement a demandé de plancher sur des antivols destinés à bloquer l’ouverture de pots de glace de 400 grammes.

    Certaines stratégies semblent plus bricolées : dans le même magasin, un gros cadenas a été mis sur les rayons de complément nutritionnel. Les chaînes de magasins n’ont jamais aussi bien porté leur nom. La présence de ces cadenas aurait pu tirer le shopping vers le haut — après tout, on pourrait se sentir place Vendôme entouré de tous ces produits de luxe sous vitrine. Du shampooing ! Des déodorants ! Du paracétamol ! A la vérité, on se sent plutôt pris pour un voleur en puissance. Voilà qui ruine tous les efforts qu’avait déployés la grande distribution pour nous faire croire que les caissiers étaient des coéquipiers, les vendeurs des conseillers, et les courses « une expérience ».

    Au centre du Target de la 86e Rue à New York, une feuille a été scotchée à un comptoir. « Besoin d’aide pour déverrouiller un produit ? Je peux vous aider. » Mais personne n’est là derrière. C’est une autre partie du problème. Le nombre d’employés dans la grande distribution n’est pas revenu au niveau pré-Covid 19, ce qui pourrait expliquer la plus grande quantité de vols, tandis que les distributeurs, eux, justifient la réduction de leurs effectifs par la baisse de leurs résultats financiers.

    Le Wall Street Journal s’est déjà inquiété des effets de ce cercle vicieux : « Le risque est que ces contre-mesures rendent le shopping en magasin encore plus pénible qu’il ne l’est déjà. » A Chicago, les supermarchés-pharmacies Walgreens testent un nouveau type de grande surface où le client ne peut rien toucher : sur une sorte de tablette, il indique ce qu’il souhaite avant de retrouver sa commande à la sortie. Le cerveau derrière cette idée a réussi à combiner les aspects les plus désagréables du commerce physique et de l’achat en ligne : être contraint d’aller dans un magasin mais sans rien toucher et devoir utiliser un écran.

    #antivol #grande_distribution #revente #É-U

  • ★ Anti-étatisme - Socialisme libertaire

    Une analyse fouillée de Voline (1882-1945) partant de la vision bourgeoise (toujours d’actualité), soulignant les contradictions marxistes et arrivant à la vision libertaire.

    #Voline #anarchisme #antiétatisme

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    ▶️ https://www.socialisme-libertaire.fr/2017/02/anti-etatisme.html

  • ★ Voline, un anarchiste russe dans la Résistance contre les nazis mais aussi contre les « libérateurs » - Socialisme libertaire

    Voline est une des figures les plus marquantes de l’anarchisme international de la première moitié du XXème siècle. Si la première partie de sa vie, et notamment sa participation à la révolution russe puis à l’Armée révolutionnaire insurrectionnelle ukrainienne de Nestor Makhno et ensuite son exil est assez bien connue, les dernières années de sa vie sont rarement évoquées. Elles sont pourtant intéressantes au-delà de l’aspect historique, comme réflexion sur la signification de l’engagement anarchiste dans un pays en guerre (...)

    #Voline #anarchisme #anarchie #internationalisme #Ukraine #URSS #histoire #antifascisme #antinazisme #Trotsky #bolchevisme #stalinisme...

    ⏩ Lire l’article complet...

    ▶️ https://www.socialisme-libertaire.fr/2023/07/voline-un-anarchiste-russe-dans-la-resistance-contre-les-nazis

  • Interview d’André Arru - PARTAGE NOIR
    https://www.partage-noir.fr/interview-d-andre-arru

    J.-R. Saulière, alias #André_Arru, faisait partie du groupe de Bor­deaux lorsque la guerre fut décla­rée. Refusant la mobilisation, il arrive à Marseille et y constitue un groupe anarchiste clandestin dont Voline sera l’un des membres.

    #arru #voline