• Il ricatto europeo targato #Frontex sui rimpatri “volontari” dei migranti

    In sei anni il numero di persone straniere a cui l’Agenzia ha dato supporto per “ritornare” è aumentato del 2.181%. Con un #budget superiore al miliardo di euro, le “divise blu” sono le vere protagoniste della politica europea sulle frontiere.

    “Giro per strada e mi vergogno. Tutti sanno che non ce l’ho fatta e che non sono riuscito a restituire neanche i soldi necessari per pagare il mio viaggio per l’Europa”. Nuha sospira mentre descrive una quotidianità difficile a Sukuta, città del Gambia che dista una ventina di chilometri dalla capitale Banjul. “Non ho un lavoro stabile e anche se sono passati tanti anni spesso ripenso al giorno in cui sono stato rimpatriato -racconta-. Non avevo commesso nessun reato: solo una volta non ho pagato il biglietto dell’autobus ma sono tornato nel mio Paese con le manette ai polsi”.

    Era il novembre 2019 e dopo cinque anni vissuti tra Italia e Germania, Nuha è stato rimpatriato su un volo gestito da Frontex. Come lui, negli ultimi dieci anni, altri 1.158 cittadini gambiani sono tornati nel loro Paese con l’assistenza dell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, che nel 2025 ha superato per la prima volta dalla sua istituzione il miliardo di euro di budget.

    “Soffrono molto”, sottolinea Bakary Camara, direttore sanitario dell’ospedale psichiatrico Tanka Tanka che si trova proprio a Sukuta, nella città in cui vive Nuha. “Spesso vengono ricoverati qui per problemi di salute mentale e dipendenza da sostanze stupefacenti sviluppate in Europa. Non è facile ricominciare da capo”.

    Guardare dal Gambia l’ossessione europea per i rimpatri dei cittadini irregolari è particolarmente significativo. Da quando nel 2017 è finita la dittatura dell’ex presidente Yahya Jammeh, molti giovani hanno deciso di lasciare uno dei più piccoli Paesi del continente africano che conta 2,5 milioni di abitanti in poco più di 11mila chilometri quadrati.

    L’aumento dell’emigrazione ha avuto un effetto decisivo sull’economia di uno Stato che nel 2022 era al 174esimo posto su 191, secondo l’indice di sviluppo umano delle Nazioni Unite. I 513 milioni di dollari inviati nel 2023 dagli emigrati ai propri familiari dall’estero (le cosiddette rimesse) hanno coperto il 21,9% del Prodotto interno lordo del Paese. Una fetta fondamentale dell’economia.

    Anche per questo il presidente Adama Barrow è stato duramente contestato quando nel 2018 ha siglato un accordo con l’Unione europea in materia di rimpatri. “Quando una persona è deportata non si perdono solo i soldi che questa inviava alla famiglia -spiega Yahya Sonko, attivista gambiano che dal 2015 vive in Germania- ma anche lo sviluppo di realtà imprenditoriali in loco. Dall’Europa io garantisco lavoro a 15 persone nella mia città di origine”.

    Le proteste hanno costretto Barrow a un passo indietro e all’inizio di un braccio di ferro con le istituzioni europee che più volte, l’ultima a luglio 2024, hanno minacciato una stretta sul rilascio dei visti come punizione per la mancata cooperazione sui rimpatri. “Un ricatto inaccettabile e uno spreco di soldi per gli europei -osserva Sonko-. Rimandare indietro una persona costa tantissimo e non è detto che questa, una volta rientrata, non riparta. Una politica dannosa e inutile”. Una strategia che numericamente ha fallito.

    Prendiamo come esempio il terzo trimestre del 2024: in Europa su un totale di 112.055 persone che hanno ricevuto un cosiddetto “ordine di espulsione”, quelle poi effettivamente rimpatriate sono state 28.630. Uno ogni cinque. “Una percentuale troppo bassa”, ha sottolineato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen nel presentare, a inizio marzo, il nuovo sistema comune di rimpatrio europeo che prevede procedure più snelle e che ha un protagonista indiscusso: Frontex.

    “Ricordo bene gli agenti che ci hanno accompagnato sull’aereo”, riprende Nuha. Sono quelli di Frontex, l’Agenzia guidata oggi dall’olandese Hans Leijtens che quest’anno celebra vent’anni di attività e si è vista destinare dalla Commissione europea la stratosferica cifra di 1,1 miliardi di euro, un budget che non ha eguali in istituzioni simili. Ad esempio, supera di ben 42 volte quello dell’Agenzia europea sulla cybersicurezza e dieci volte quello dell’Agenzia europea per l’ambiente.

    Di questa cifra monstre solo 2,5 milioni di euro vengono destinati alle attività relative ai diritti umani mentre ben 133 milioni ai rimpatri, con un aumento del 42% rispetto al 2024. “Nel nuovo Regolamento proposto dalla Commissione -spiega Silvia Carta, advocacy officer della Piattaforma per la cooperazione internazionale sui migranti senza documenti (Picum)- emerge chiaramente la centralità dell’Agenzia e si prevede un ulteriore aumento delle disponibilità di spesa per i rimpatri”. L’attività di Frontex in questo settore non è una novità.

    Fin dalla sua nascita, infatti, ha collaborato con gli Stati membri supportandoli con la copertura dei costi degli aerei e delle attività pre-partenza ma è con il nuovo regolamento del 2019 che si è ritagliata un ruolo sempre più importante. Grazie a maggiori possibilità di operare anche in Paesi terzi dell’Ue, attraverso agenti dislocati sul territorio, è diventata protagonista della delicata attività di cooperazione con le autorità locali.

    I problemi principali dei bassi numeri di rimpatri dall’Europa, infatti, oltre ai costi stratosferici (almeno quattromila euro a persona, solo per il noleggio dell’aereo, per l’espulsione di un cittadino dall’Italia alla “vicinissima” Tunisia) sono proprio gli accordi con gli Stati di origine: spesso, come si è visto nel caso del Gambia, questi sono restii ad accettarli.

    Così, per ovviare a questo problema, l’Agenzia con sede a Varsavia e le istituzioni europee puntano sempre di più sui cosiddetti rimpatri volontari che hanno almeno due vantaggi: non richiedono il coinvolgimento dei Paesi di origine perché la persona collabora e il viaggio costa meno perché avviene su un volo di linea. E infatti, oggi, più della metà delle persone che lasciano l’Europa lo fanno “volontariamente” e Frontex è sempre più protagonista.

    Dal 2019 l’Agenzia può aiutare i Paesi Ue anche sui rimpatri volontari assistiti e i dati dimostrano che la sua attività da quell’anno è esplosa. Si passa dalla collaborazione con nove Stati membri per 155 persone rimpatriate alle 35.637 (+2.181%) del 2024 da 26 Stati Ue diversi. Inoltre cresce tantissimo anche il numero dei Paesi di destinazione coinvolti nell’attività delle “divise blu” che oggi sono 117 contro i 41 di sei anni fa. In totale quindi Frontex supporta i rimpatri nel 74% degli Stati del mondo extra-Ue: se si guarda al continente africano mancano all’appello solo eSwatini e Malawi.

    “La strategia di Bruxelles su questa tipologia di rimpatri è ambigua. Il nuovo Regolamento prevede una stretta sui rientri volontari ma lascia la possibilità alle autorità nazionali di implementare forme di premialità per persone che ‘cooperano’ con la propria deportazione, accettando di partecipare a programmi di rimpatrio assistito -riprende Carta di Picum-. Una forma di ricatto che deriva dalla riduzione degli anni del divieto di reingresso sul territorio europeo e dal supporto economico”.

    Per Frontex questi aiuti avvengono nell’ambito del “Reintegration program” che garantisce un “supporto a breve termine” (615 euro per i rimpatri volontari, 205 per quelli forzati) e uno a “lungo termine” che prevede forme indirette di aiuto per un anno (dalla copertura dell’assistenza sanitaria alla possibilità di supporto nell’aprire un’attività) per un importo di duemila o mille euro, a seconda di rientro volontario o forzato per il richiedente principale, più mille per ogni familiare.

    Questa dote è gestita da sei Ong che sono state selezionate tramite bando pubblico per operare in 38 diversi Paesi del mondo: Caritas international Belgium, Women empowerment, literacy and development organization (Weldo), Irara, European technology and training centre (Ettc), Life makers foundation Egypt, Micado migration. Se nel 2022 i cittadini rimpatriati supportati all’interno di questo progetto erano 867, nel 2024 sono cresciuti del 1.362% (12.676): le principali nazionalità delle persone sono Turchia (2.750), Iraq (2.469), Georgia (1.472), Gambia (1.162), Nigeria (816), Pakistan (794) e Bangladesh (620).

    “Spesso queste forme di aiuto non sono efficaci per chi ritorna nel proprio Paese perché è molto problematico l’utilizzo dei fondi -chiarisce Rossella Marino, professoressa all’Università di Gent in Belgio che ha svolto un dottorato proprio sul tema dei progetti di reintegrazione in Gambia-. Sono estremamente utili però alle istituzioni europee perché descrivono attraverso una narrazione positiva e accettabile, ovvero aiutare le persone che rientrano, quello che è un approccio neocoloniale e che mira in definitiva al controllo della mobilità”. Marino sottolinea, infatti, come la “macchina” dei rimpatri coinvolga tantissimi attori sul campo. “Tutte attività che consolidano la presenza delle istituzioni europee su quel territorio ma soprattutto che aiutano a evitare la ripartenza di chi è rientrato. Questo processo avviene anche attraverso la digitalizzazione di tutte le informazioni”.

    Proprio con questo scopo è stata sviluppata la piattaforma digitale Reintegration assistance tool (Riat), finanziata dalla Commissione europea e implementata dal Centro internazionale per lo sviluppo delle politiche migratorie (Impcd), attraverso cui avviene un monitoraggio costante dei casi che accedono al programma di Frontex e viene migliorata la cooperazione degli Stati.

    C’è poi un enorme tema di responsabilità rispetto al ruolo di Frontex nei rimpatri. Tutto ruota attorno alla questione se le divise blu siano o meno responsabili di quello che avviene prima del rimpatrio. Che cosa succede ad esempio se il decreto di espulsione alla base del rimpatrio della persona è illegittimo? Chi ne risponde? Oppure se, nel caso della partenza volontaria, la persona non si trovava in una condizione adeguata per decidere liberamente? Questo aspetto è decisivo. “Frontex si fa forte del fatto che la responsabilità di tutto ciò che succede prima del rimpatrio ricade unicamente sullo Stato membro. Ma non è così -spiega Laura Salzano, docente di diritto dell’Ue dell’Università Ramon Llull di Barcellona che da anni si occupa di queste tematiche-. L’Agenzia deve valutare caso per caso se quella espulsione sia legittima o meno: glielo impone il suo stesso Regolamento all’articolo 80. O si cambiano le regole di ingaggio, oppure è così”.

    Tutto questo riguarda da vicino anche l’Italia. Il nostro Paese è il fanalino di coda in Europa, insieme alla Romania, per il numero di rimpatri volontari. In dieci anni (2015-2024), secondo i dati forniti dal ministero dell’Interno ad Altreconomia, sono state 4.059 le persone rimpatriate con questo programma per un totale di 35,5 milioni di euro investiti dal Viminale. Nel 2024 tutti i 290 casi di rimpatrio assistito, che riguardavano per il 42% persone in posizione di irregolarità, sono stati gestiti dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim).

    Negli ultimi mesi, però, nei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) italiani crescono le testimonianze di chi racconta una forte pressione da parte degli operatori per accedere a quelle che vengono definite “partenze volontarie”. Un funzionario di Oim che preferisce mantenere l’anonimato ci conferma che l’organizzazione per cui lavora non attiva rimpatri volontari dal Cpr.

    A intervenire è Frontex con il suo “Reintegration program”, che ora sembra una priorità anche per l’Italia: tutto è gestito dalla questura che segue caso per caso segnalando a Varsavia coloro che accettano di lasciare subito il Paese. La longa manus dell’Agenzia è arrivata così anche nei centri di detenzione italiani. E chi lo sa, forse presto sbarcherà anche in Albania.

    “A sei anni di distanza -conclude Nuha- una delle cose che mi fa più male è non aver potuto abbracciare mia moglie e mia figlia prima di partire: mi hanno fatto uscire dal retro della stazione di polizia, lei ha provato a seguire la macchina ma l’hanno seminata. Piangeva, urlava e con lei anche la bambina. Questa è l’ultima immagine che ho dell’Europa”.

    https://altreconomia.it/il-ricatto-europeo-targato-frontex-sui-rimpatri-volontari-dei-migranti
    #retours_volontaires #renvois #expulsions #migrations #réfugiés #sans-papiers #Europe #EU #UE #politiques_migratoires #chiffres #statistiques #santé_mentale #toxicodépendance #Gambie #réfugiés_gambiens #visas #chantage #coût #coûts #réintégration #Reintegration_program #Caritas_international_Belgium #Women_empowerment_literacy_and_development_organization (#Weldo) #Irara #European_technology_and_training_centre (#Ettc) #Life_makers_foundation_Egypt #Micado_migration #Reintegration_assistance_tool (#Riat) #International_Centre_for_Migration_Policy_Development (#ICMPD)

  • Codes de conduite, florilège

    Code de conduite | Duchess France
    https://www.duchess-france.fr/coc

    Toute personne qui nuit au bon fonctionnement de la communauté s’expose à des sanctions allant du rappel à l’ordre jusqu’à l’exclusion du Slack et des évènements de la communauté. Les sanctions sont à la discrétion de la Core Team Duchess.

    –---

    Code de conduite - Paris Web
    https://www.paris-web.fr/code-de-conduite

    Nous ne tolèrerons aucune forme d’attaque personnelle quelle qu’elle soit. Les personnes participant à l’événement qui violeraient ces principes pourront être sanctionnées et expulsées à la discrétion de l’équipe d’organisation.

    –---

    Ce fil propose de recenser les #codes_de_conduite dans les communautés.

    #sexisme #logiciel #communauté #gestion_des_agressions #modération #exclusion #judiciarisation_improvisée

  • Why Ada Lovelace Day matters | Science | The Guardian
    https://www.theguardian.com/science/sifting-the-evidence/2015/oct/13/why-ada-lovelace-day-matters
    https://i.guim.co.uk/img/static/sys-images/Guardian/Pix/pictures/2015/10/12/1444685308186/98a32e1c-4856-4f95-a8d8-f3f7b0e88dc3-bestSizeAvailable.png?width=1200&heig

    We know that women are underrepresented in science, and because of initiatives like Ada Lovelace Day, and organisations like ScienceGrrl, there are more and more people attempting to do something about the unconscious biases that may well be responsible for the discrepancy. But women are not the only group underrepresented.

    Ada herself was a wealthy and highly educated woman. And these days academia still has more than its fair share of white, middle class employees. Perhaps as well as Ada Lovelace Day we need a day championing scientists, engineers and mathematicians who don’t fit this mould, in the hope that increasing the visibility of these people will encourage more diversity in future.

    Of course, more needs to change than just visibility. The culture of academia needs to change in order for it to be a place that everyone can thrive. Unconscious biases are problematic and hard to remove precisely because they are unconscious. I may have been overlooked or belittled because I’m a woman - equally it’s likely I may have unconscious biases of my own. It isn’t just men who rate CVs with women’s names at the top as being of lower quality, the study that investigated this found that women did so too.

    The harder question is how do we counter and overcome these unconscious biases. Being aware of the problem is the first step. Professor Athene Donald has a practical list of suggestions that I think is brilliant - and most can be applied to equality and diversity in science beyond gender. Encouraging diversity in academia benefits everyone, so what better time than Ada Lovelace Day to highlight the work of a woman that you think is inspirational, so that her achievement can inspire others.

    With Athene’s permission, I have listed her suggestions below:

    Call out bad behaviour whenever and wherever you see it – in committees or in the street. Don’t leave women to be victimised;
    Encourage women to dare, to take risks;
    Act as a sponsor or mentor (if you are just setting out there will still always be people younger than you, including school children, for whom you can act);
    Don’t let team members get away with demeaning behaviour, objectifying women or acting to exclude anyone;
    Seek out and remove microinequities wherever you spot them;
    Refuse to serve on single sex panels or at conferences without an appropriate level of female invited speakers;
    Consider the imagery in your department and ensure it represents a diverse group of individuals;
    Consider the daily working environment to see if anything inappropriate is lurking. If so, do something about it.
    Demand/require mandatory unconscious bias training, in particular for appointment and promotion panels;
    Call out teachers who tell girls they can’t/shouldn’t do maths, physics etc;
    Don’t let the bold (male or female) monopolise the conversation in the classroom or the apparatus in the laboratory, at the expense of the timid (female or male);
    Ask schools about their progression rates for girls into the traditionally male subjects at A level (or indeed, the traditionally female subjects for boys);
    Nominate women for prizes, fellowships etc;
    Tap women on the shoulder to encourage them to apply for opportunities they otherwise would be unaware of or feel they were not qualified for;
    Move the dialogue on from part-time working equates to ‘isn’t serious’ to part-time working means balancing different demands;
    Recognize the importance of family (and even love) for men and women;
    Be prepared to be a visible role model;
    Gather evidence, data and anecdote, to provide ammunition for management to change;
    Listen and act if a woman starts hinting there are problems, don’t be dismissive because it makes you uncomfortable;
    Think broadly when asked to make suggestions of names for any position or role.

    #Ada_Lovelace_Day #Women_in_science #Egalité

  • Women’s voices from the frontlines of health and humanitarian action
    https://redasadki.me/2024/03/07/womens-voices-from-the-frontlines-of-health-and-humanitarian-action

    GENEVA, Switzerland, 8 March 2024 – The Geneva Learning Foundation (TGLF) is sharing a collection of stories titled “Women inspiring women”, shared by 177 women on the frontlines of health and humanitarian action. Download: The Geneva Learning Foundation. (2024). #Women_inspiring_women: #International_Women’s_Day 2024 (1.0). The Geneva Learning Foundation. https://doi.org/10.5281/zenodo.10783218 The collection is a vibrant tapestry of women’s voices from the frontlines of health and humanitarian action, woven together to showcase the resilience, passion, and leadership of women who are making a difference in the face of war, disease, and climate change. TGLF reached out to women in its global network of more than 60,000 #health_workers, inviting them to share their heartfelt advice and vision (...)

    #Global_health #gender #global_health #HRH #IWD2024

    • #Women_Life_and_Liberty

      Choose! women life and liberty
      Or man-made catastrophe
      (For #Narges_Mohammadi)

      Old male Imams make life a hell
      When Iranian women they try to tell
      Exactly how they ought to dress
      But this is one unholy mess
      The Taliban treat women as slaves
      Their attitudes belong in caves
      They’re driven by a Freudian fear
      Of Afghan women that is clear

      In Africa power comes with a gun
      Military elites have all the fun
      Women they get picks and hoes
      While sick children starve in droves
      Across the Pacific rising seas
      Bring small nations to their knees
      It isn’t they their homes pollute
      But what can flooded women do?

      In the land of the free, the USA
      Massacres happen every day
      One thing you can always figure
      There’ll be testosterone on the trigger
      What woman there is truly free
      Without control of her own body?
      Unwanted zygotes must be borne
      Say Christian fanatics so forlorn

      England’s nurses are poorly paid
      Schools there crack and crumble away
      Police cultures are at fault
      Failing victims of assault
      Australia spends on subs much more
      Than to house the aged and poor
      Domestic violence thrives unchecked
      Beer and footie have more respect

      Through all the crises the wealthy live
      Industrial waste is all they give
      In fact their profits only thrive
      But many women can’t survive
      The world’s rich men two ends foresee
      The earth slowly dies in heat
      Amid the whimper of climate pangs
      Or in the roar of nuclear bangs

      #Shereen_Abu_Akleh and #Mahsa_Amini
      These young women died needlessly
      Greta and Marina deserve our support
      The truth to tell of pollution and war
      The future belongs to women so brave
      Men our chance did only waste
      For future life and liberty Shun all man-made catastrophe

      https://soundcloud.com/the-sheep-teacher/women-life-and-liberty


      #femmes #musique #chanson #musique_et_politique #féminisme

  • Deepfakes pornographiques : quand l’intelligence artificielle sert à humilier
    https://www.nextinpact.com/article/72477/deepfakes-pornographiques-quand-lintelligence-artificielle-sert-a-humili

    Avec les progrès de l’IA, notamment générative, il n’a jamais été aussi simple de créer des deepfakes, ces manipulations d’images qui peuvent impliquer des personnes réelles. Certains s’en servent pour créer des montages pornographiques. Premières victimes de cette dérive : les femmes.

    « Ah, je viens de tomber sur un truc horrible ! » Le 6 août, la youtubeuse Lena Situations publie l’un de ses habituels vlogs d’août (chaque année, elle publie une vidéo par jour pendant le mois d’été). À la huitième minute de sa vidéo, on la suit, en route pour aller rencontrer une copine, quand elle tombe sur un deepfake pornographique. À Marcus, l’ami qui l’accompagne, elle explique : « C’est des gens qui font des montages, ils mettent ta tête sur le corps d’une femme nue. (…) Et y a tellement de meufs sur internet qui vivent ça. C’est horrible. C’est dégueulasse. »

    Si les prouesses d’un ChatGPT et des concurrents ont de quoi épater, si les progrès de l’intelligence artificielle tiennent largement en haleine, ces progrès technologiques apportent aussi leur lot d’usages négatifs. En matière de génération d’images, depuis 2018 au moins, des alertes se multiplient sur la question des deepfakes, aussi nommés hypertrucages, notamment à caractère pornographique.

    #deep_fake #cyberharcèlement #slut_shaming #women_hating

    https://fr.wikipedia.org/wiki/Slut-shaming

  • [Talk From Homografía] Talk From Homografía #19
    https://www.radiopanik.org/emissions/talk-from-homografia/talk-from-homografia-19

    En cette journée mondiale de lutte pour les droits des femmes, nous rendons hommage en abordant l’état des droits et condition, en évoquant le #féminisme, d’hier et d’aujourd’hui. Temporairement solo, Prinzessin a invité Cr33p.exe, aka Thor, DJ & camarade qui nous parlera entre autres de son expérience de terrain auprès de femmes TDS migrantes dans le Quartier Nord de Bruxelles. On écoutera des archives sonores de Delphine Seyrig grâce à Suzy Q en régie, et comme chaque mois en #musique avec morceaux choisis, dont celui emblématique du #dancefloor.

    Régie : Suzy Q

    Host.ess : Prinzessin & Creep.exe

    #sexwork #rights #women #actrice #féminisme,musique,dancefloor,sexwork,rights,women,actrice
    https://www.radiopanik.org/media/sounds/talk-from-homografia/talk-from-homografia-19_15473__1.mp3

  • Inside the Women Life Freedom Movement in Iran
    https://urbanpolitical.podigee.io/59-women_life_freedom

    Listen to this gripping account from the current „Women Life Freedom“ movement in Iran and its impact on cities and its inhabitants. The movement was sparked by the killing of Mahsa Jina Amini in the custody of the Islamic regime’s „morality police“ in September 2022. After several weeks of uprising, the media coverage in Western countries has become more silent due in part to the extremely repressive acts of the government in which several people have been killed and many imprisoned. The regime has also made a deliberate attempt to control communication chanels including the control or shut-down of the internet, making it more difficult for news about events to leave the country. The movement, however, is still very alive as you will hear in this episode.

    In this audio recording, (...)

    #urban,political,women,life,freedom,Iran,movement,Tehran
    https://audio.podigee-cdn.net/1004056-m-ffc67530772a12ca0dd9695d6cbc0e3b.m4a?source=feed

  • Milos Popovic/Милош Поповић sur Twitter :

    “My new map shows the % of female researchers in #Europe, according to #UNESCO data. Link to the data source is in the map just below the legend. 👩‍🔬 #women #science #womenintech #stats #maps #dataviz #DataScience” / Twitter

    https://mobile.twitter.com/milos_agathon/status/1456969757299822595

    #données #femmes

  • Picture a scientist

    https://vimeo.com/405966332

    SYNOPSIS

    PICTURE A SCIENTIST chronicles the groundswell of researchers who are writing a new chapter for women scientists. Biologist Nancy Hopkins, chemist Raychelle Burks, and geologist Jane Willenbring lead viewers on a journey deep into their own experiences in the sciences, ranging from brutal harassment to years of subtle slights. Along the way, from cramped laboratories to spectacular field stations, we encounter scientific luminaries - including social scientists, neuroscientists, and psychologists - who provide new perspectives on how to make science itself more diverse, equitable, and open to all.

    https://www.pictureascientist.com

    #documentary #film #science #academia #women #US #harassment

    ping @cdb_77

    • Picture a Scientist

      Le #harcèlement_sexuel et les #inégalités femmes-hommes n’épargnent pas le monde des #sciences. Cette enquête édifiante ouvre les portes des laboratoires et donne la parole à plusieurs scientifiques qui brisent l’omerta en se confiant sur leur #parcours_professionnel, gangréné par le harcèlement et les #discriminations.

      http://www.film-documentaire.fr/4DACTION/w_fiche_film/60365_1

    • Podiumsdiskussion & Streaming-Event –
      Eine Veranstaltung des Gleichstellungsbüros

      Der Film
      Picture a Scientist wirft Fragen zur Rolle von Frauen in der Wissenschaft auf. Wer macht eigentlich Wissenschaft? Und weshalb ist es in unserer Vorstellung immer noch „der Wis­senschaftler“?
      Im Film nehmen sich eine Biologin, eine Chemi­kerin und eine Geologin dieser Fragen an und führen das Publikum auf eine Reise durch die Erfahrungen ihrer akademischen Laufbahn – als Frauen der Wissenschaft.
      In ihren Karrieren sind sie von Beginn an Dis­kri­minierungen ausgesetzt. Wissenschaftlerinnen müssen einen stetigen Kampf um Anerkennung, Respekt und Gleichberechtigung führen.
      Informationsmaterial zum Film

      Trailer: PICTURE A SCIENTIST - Frauen der Wissenschaft online ansehen | Vimeo On Demand auf Vimeo

      Interview mit den Filmmacher*innen (englisch): https://www.youtube.com/watch?v=62qVQPe1sVc


      E-Flyer zum Film

      Die Veranstaltung

      Das Gleichstellungsbüro lädt am 21.07.2021 zu einer Podiumsdiskussion im Rah­men eines Online-Lunchtalks von 12–14 Uhr zum Thema ’Aktuelle Situation von Frauen in der Wissenschaft’ ein. Diskussionsgrundlage und Anlass bildet der Film Picture a Scientist.

      Der Stream des Films steht nach Anmeldung für die Podiumsdiskussion kostenfrei vom 16.–18.07.2021 zur Verfügung. Die darin aufgeworfenen Themen und Fragestellungen sollen im Rahmen der anschließenden Podiumsdiskussion reflektiert sowie kritisch diskutiert werden. Die Teilnehmer*innen der Veranstaltung sind eingeladen, bereits im Vorfeld der Podiumsdiskussion über die Homepage des Gleichstellungsbüros Fragen und Diskussionsanreize zu senden, die vom Podium aufgegriffen werden können.

      Die Veranstaltung wird moderiert von Anneliese Niehoff, Mitglied im Vorstand der Bundeskonferenz der Frauen- und Gleichstellungsbeauftragten an Hochschulen e.V. (bukof) und Leiterin des Referates Chancengleichheit/Antidiskriminierung, Arbeitsstelle Chancengleichheit der Universität Bremen. Die Diskussionssprache ist deutsch.

      Podium
      Prof. Dr. #Diana_Imhof (Professorin für Pharmazeutische Biochemie und Bioanalytik)
      Dr. #Amma_Yeboah (Psychodynamische Supervisorin, Fachärztin für Psychiatrie & Psychotherapie)
      Dr. #Sinah_Kloß (Forschungsgruppenleiterin im Bonn Center for Dependency and Slavery Studies)
      Dr. #Nina_Steinweg (Mitarbeiterin am Center of Excellence Women and Science)
      PD Dr. #Eva_Youkhana (Stellvertretende Direktorin im Center for Development Research, ZEF)
      Prof. Dr. #Heike_Kahlert (Professorin für Soziologie/Soziale Ungleichheit und Geschlecht)

      Organisatorisches

      Die Veranstaltung findet in Zoom statt. Der Veranstaltungslink sowie die Registrierung für das Filmstreaming wird Ihnen nach der finalen Platzvergabe per E-Mail zugestellt. Da nur eine begrenzte Anzahl von Tickets für den Film zur Verfügung steht, kann es sein, dass nicht alle Interessierten teilnehmen können. Wenn Sie den Film bereits kennen oder auch ohne den Stream in Anspruch zu nehmen gerne bei der Podiumsdiskussion dabei sein möchten, können Sie diese Option bei der Registrierung wählen.
      Termine
      Der Stream des Films wird im Zeitraum von
      Freitag 16.07.2021 um 18:00 Uhr
      bis Sonntag dem 18.07.2021 um 23.59 Uhr
      verfügbar sein.

      Die Podiumsdiskussion findet am 21.07.2021 von 12–14 Uhr statt.
      Anmeldung
      Hier können Sie sich bis zum 11.07.2021 anmelden.
      Diskussionsfragen können Sie hier bis zum 19.07.2021 einreichen.
      Stand 12.07.2021: Es sind noch Plätze bzw. Tickets verfügbar! Hier

      Weitere Informationen zu Technik und Format:
      Aufgrund der großen Personenzahl wird die Zoomveranstaltung im Webinarformat durchgeführt.
      Eine Diskusssionsbeteiligung kann über die Chatfunktion erfolgen.

      Wenn Sie eine*n Gebärdendolmetscher*in, eine*n Schriftsprachdolmetscher*in oder andere Unterstützungsmaßnahmen benötigen, melden Sie dies bitte bereits bei der Anmeldung an, damit wir rechtzeitig Vorkehrungen treffen können. Wir bemühen uns, die Veranstaltung so barrierefrei wie möglich zu gestalten.

      https://www.gleichstellung.uni-bonn.de/de/universitaetskultur/picture-a-scientist

      #Gender_Equity_Office #Bonn #Bonn_University #panel_discussion #interview

  • Asyl im Dialog - der #Podcast der #Refugee_Law_Clinics Deutschland

    Episonden

    Flucht und Behinderung

    70 Jahre Genfer Flüchtlingskonvention

    Rechtswidrige Hausordnungen für Geflüchtete

    Wieso Menschen aus Eritrea fiehen

    Somalia - Frauen* auf der Flucht

    Alarmphone statt Küstenwache

    Warum Afghanistan nicht sicher ist

    Brutalität und Menschenrechte auf der Balkanroute

    Solidarität kindgerecht: Eine Wiese für alle

    Wenn der Klimanwandel zum Fluchtgrund wird

    Migrationssteuerung durch die EU in Westafrika

    Abschottung reloaded - die Zukunft der Hotspots durch den Nwe
    Pact der EU

    FRONTEX - Grenzschutz außer Kontrolle

    Flucht und Trauma

    Das Asylrecht aus Sicht eines Verwaltungsrichters

    Wenn JUMEN e.V. Familiennachzug durch strategische
    Prozessführung erkämpft

    Wieso das AsybLG ein Gestz für Menschen zweiter Klasse ist

    Wie hängen Flucht und Menschenhandel zusammen? Wie die EU ihre
    Verpflichtung zur Seenotrettung umgeht

    Die Härtefallkommission als Gandeninstanz

    Haft ohne Straftat - aus der Praxis einer Abschiebehaft

    Entrechtung von Geduldeten -die neue Duldung light

    Die griechischen Hospots

    Das Kirchenasyl als ultima ratio

    Zuständigkeiten im Asylverfahren

    Gestzgebung im Asylrecht seit 2015 - rechtsiwedrig und populistisch?

    Was machen Refugee Law Clinics?

    #podcast #audio #RLC #Germany #migration #refugees #EU #Frontex #migration_law #Duldung #trauma #gender #women* #handicap #children #family #asylum #Balkans #church_asylum #Greece #hotspot #Alarmphone #human_rights #Eritrea #Afghanistan

    ping @cdb_77

    https://www.podcast.de/podcast/778497/asyl-im-dialog-der-podcast-der-refugee-law-clinics-deutschland

  • #OMGyes

    WHO WE ARE

    We’re a group of researchers, filmmakers, engineers, designers, educators and sexologists who are passionate about making an honest, practical resource about women’s pleasure. We wanted this information for ourselves and couldn’t find it! Just knowing that ‘everyone’s different’ isn’t as useful as knowing the specific ways we’re different and being able to discuss them.

    [...]

    Women’s sexual pleasure has hidden in the shadows for too long. It’s time to get it all out in the open.

    There’s so much that’s been left unsaid, unasked, and unknown. All because of a taboo that, we believe, will look absurd in a few decades—the same way taboos from the 1950’s about oral sex and homosexuality are absurd to us now. We want to accelerate that transition.

    OMGyes is an entirely new way to explore fascinating, useful and fun information that’s been uncovered in new research. Let’s lift the veil and take an honest look at the specific ways women actually find pleasure.

    [...]

    Scientists and researchers have uncovered the inner workings of almost everything in the world. But the only large-scale sex research that’s been funded has either been biological (the physiology of what happens in the body during sex) or behavioral (general activities without the details, like the percentage of women who have orgasms or use vibrators). So what about the actual techniques and insights that women across the world discover that lead to more pleasure? That was an uncharted frontier, when it comes to science and research.

    So we conducted the first-ever, large-scale peer-reviewed and published research to get the details. And, thanks to the success of OMGyes Season 1, we’ve launched Season 2 and continue to do more and more research, expanding and growing the evidence-based, human understanding of sexual pleasure.

    Trailer

    #sexuality #science #research #pleasure #taboo #transition #sex #women #gender #techniques #insights #information #honest #myth

    https://www.omgyes.com/en

    –-> added to metalist : https://seenthis.net/messages/911504

  • Travesties pour changer le cours de l’HIStoire :
    Guerrières et femmes soldats.

    Mulan (IVe-Ve siècle).
    Catalina de Erauso (vers 1581-vers 1645).
    Anne Bonny et Mary Read (1697-1782 et 1685-1721).
    Hannah Snell (1723-1792).
    Nadjeda Dourova (1783-1866).

    Savantes et intellectuelles.

    Agnodice (vers 305 av. J.-C.).
    Docteur James Barry (1795-1865).
    Louise Michel (1830-1905).
    Madeleine Pelletier (1874-1939).

    Aventurières et voyageuses.

    Jeanne Barret (1740-1807).
    Jane Dieulafoy (1851-1916).
    Calamity Jane (1856-1903).
    Isabelle Eberhardt (1877-1904).

    Artistes et créatrices.
    George Sand (1804-1876).
    Billy Tipton (1914-1989).
    Rosa Bonheur (1822-1899).
    Marc de Montifaud (vers 1850-1912).
    Colette (1873-1954)
    https://www.dunod.com/histoire-et-relations-internationales/insoumises-et-conquerantes-travesties-pour-changer-cours


    #HERstory #WomenInHistory

  • Publication de l’étude « Parcours de vie de femmes migrantes en Tunisie. Entre inégalités, discriminations et ambitions »

    Dans le cadre de notre projet de « Plateformes d’assistance aux migrants dans le Grand Tunis et dans la région de Sfax » (PMGTS 3) soutenu par la Coopération Suisse, Terre d’Asile Tunisie publie une étude portant sur les femmes en situation de migration et leurs parcours en Tunisie.

    Par le recours aux récits de vie de cinq femmes migrantes accompagnées par Terre d’Asile Tunisie vivant dans le Grand Tunis, ainsi que les données quantitatives et qualitatives recueillies par la permanence d’accueil de l’association, cette étude met en lumière les parcours migratoires et situations très divers que les femmes migrantes vivent et ont vécus. Elle tente de comprendre les défis et les obstacles auxquels elles font face et qui perpétuent leurs conditions de vie précaires, mais aussi les éléments qui renforcent leur capacité de résilience.

    #Tunisia #migration #women #gender #discrimination #Terre_d'Asile-Tunisie #TAT #study #depoliticization

    https://www.terre-asile-tunisie.org/index.php/38-actualites/actualites-mdm/666-publication-de-l-etude-parcours-de-vie-de-femmes-migrantes-

    PDF : https://www.terre-asile-tunisie.org/images/Parcours_de_vie_de_femmes_migrantes_-_Terre_dAsile_Tunisie.pdf

    • Anne Sylvestre - Disparition d’une sorcière comme les autres
      #radio Zinzine http://www.zinzine.domainepublic.net/?ref=5399

      Anne Sylvestre nous a quitté ! Nous sommes le 1er décembre 2020 et en ce jour de deuil nous sommes des centaines de milliers de sorcières à nous envoler avec elle vers d’autres cieux retrouver toutes celles qui y sont déjà et qui nous ont ouvert les voies de la résistance au système patriarcal responsable de millions de féminicides !
      Tricoteuse de mots ; c’est avec la poésie et la musique que Anne Sylvestre a sensibilisé nos conscience et attisé nos désirs de libertés.
      Dans l’ombre des grands médias pendant des décennies, elle a refusé d’adapter son discours et ses poèmes révoltés et poétiques pour cédé aux appels des sirènes du show bisness. Aucune compromission n’était possible et c’est sans humilité qu’elle a revendiqué son statut d’autrice, de chanteuse, de poétesse féministe, même si le mot ne lui convenait pas toujours refusant obstinément d’être « encartée » sous quelques formes d’idéologies que ce soit « ce ne sont pas des idées que je cherche, ce sont des histoires, les histoires des gens... ». Voilà ce qui composaient la substance de c’est textes, de ses chansons de ses colères parfois.
      Des histoires singulières pour parler de la Grande Histoire, telles étaient les histoires que Anne racontait.
      En hommage à Anne Sylvestre, nous vous rediffusons un entretien réalisé aux villages des Magnans à Pierrerue dans les Alpes de hautes-Provence où elle est venue donner des ateliers d’écritures à des chansonnier.ères apprenti.es qui auront eu l’immense chance de partager ces moment intenses et riches d’exigences et de tendresse, de rires et de grognements.
      Cette émission est donc réalisée sur la base de cette entretien et des quelques émissions faites en direct de ces semaines de stage.

    • Le terme « écoféminisme », forgé par #Françoise_d’Eaubonne en 1974, est associé à un mouvement social anglophone né aux États-Unis et au Royaume-Uni dans les années 1970-80, et continue à essaimer aujourd’hui. L’objectif militant de l’écofeminisme consiste à éveiller les consciences sur les deux grandes questions intrinsèques à son concept : la crise environnementale et le féminisme.

      Selon la Déclaration d’unité de #WLOE (#Women_for_Life_on_Earth) en 1980, les écoféministes affirment voir « des liens entre l’#exploitation de la terre et de ses populations et la #violence physique, économique et psychologique perpétrée envers les #femmes », et veulent « comprendre et surmonter les divisions historiques basées sur la différence de race, de degré de pauvreté, de classe sociale, d’âge et de sexe ».

      La visée du mouvement est donc double : la #prise_de_conscience de l’équation « domination des femmes/domination de la nature », et sa traduction en exigences de « réinvention de l’histoire » et de « #réappropriation de la place des femmes dans le monde ». Y compris la réappropriation de leurs qualités présupposées féminines et pour cela trop souvent dénigrées ou peu valorisées (du soin des proches à la maternité, du rapport aux plantes à la sensibilité…).

      Un angle d’étude insolite

      Aborder l’écoféminisme (certains l’appellent « #féminisme_écologique ») sous l’angle anthropologique permet de montrer ces dynamiques même au cœur des groupes humains étudiés. Être anthropologue, voire ethnographe dès lors qu’il s’agit d’appliquer directement la méthode d’investigation anthropologique dans la proximité côte à côte avec ses interlocuteurs de terrain, ce n’est pas observer du haut d’une tour d’ivoire mais bien s’insérer dans une population donnée, en faire partie au quotidien pour une période plus ou moins longue, et y découvrir, chemin faisant, des aspects des phénomènes qui intéressaient au préalable au chercheur, ou en découvrir de nouveaux. C’est l’« observation participante ».

      Dès lors, il s’agit de définir, pour chaque culture, ses propres « systèmes symboliques qui rendent le monde signifiant ». Par exemple, le célèbre anthropologue C. Lévi-Strauss avait compris que la conformation du village de Kejara des indigènes Bororo (au Brésil), où la maison des hommes (baitemannageo) et les maisons possédées par les femmes sont situées respectivement au centre et à la périphérie circulaire de l’espace habité, servait à séparer les individus non seulement d’un point de vue physique, mais aussi en termes symboliques, en leur attribuant de différents rôles sociaux selon les catégories. Ainsi, les femmes sont exclues des rites religieux réservés aux hommes dans leur « maison », tandis qu’elles ont à cœur la gestion de la résidence et de la vie conjugale.

      En anthropologie, il faut en particulier distinguer les données relevant du point de vue affirmé par les interlocuteurs de celles inhérentes aux analyses et interprétations du chercheur.

      C’est de cette façon que j’ai travaillé avec les deux associations en territoire vaudois de mon terrain : les femmes de la Maison pour agir et à Bricologis revendiquent des valeurs et pratiques participatives relatives aux champs de l’« écologie », la « solidarité » et du « bricolage » pour l’amélioration du cadre de vie de proximité.

      En entrant dans les coulisses de ces associations, j’y ai découvert des représentations révélatrices de traits féministes. Alors, comment ces femmes se révèlent-elles comme écoféministes ? Comment, d’ailleurs, se comporte l’ethnographe face à elles, et vice-versa ?
      S’émanciper de la nature…

      Ces femmes mettent en place une série d’actions collectives mettant en avant un éthos écologique commun et aux saveurs locales : des ateliers de cuisine anti-gaspillage alimentaire (au premier rang) à ceux de cosmétiques « faits soi-même » ; mais aussi les repas partagés, occasions de goûter des soupes aromatiques ou des cakes truffés de fruits et légumes « glanés » (récupérés des magasins), tout en entretenant des amitiés de quartier de longue date.

      Alors, s’enchaînant, selon les journées, les phases méticuleuses et conviviales de création de masques à l’argile verte, de « pâtes à tartiner » à partir du mixage de dattes, miel et lait, de déodorants composés de cires naturelles et d’huiles essentielles, de tartines de ratatouille à base de poivrons, courgettes et aubergines étalés sur un fond léger de crème chantilly.

      Le tout rythmé par des moments de dégustation ou d’échange de récits de vie ou d’impressions éclatantes. « Oh que c’est bon ce jus de pomme ! » ; « mes enfants ils seraient venus, ils adorent cuisiner » ; « on est bien ici, entre nous… » ; « c’est malheureux mais c’est ça en fait, on a toujours mis les femmes à la cuisine alors que les meilleurs pâtissiers c’est les hommes. Les pâtissiers c’est les mecs ! ».

      C’est là que le noyau dur de l’écoféminisme se construit au fil des rencontres. Puisque la « nature » n’est pas fixe, mais changeante, elle se recrée dans les recettes. Et parce que ce sont des femmes qui la transforment grâce à leur créativité et leur maîtrise technique, elles s’émancipent de ce naturalisme millénaire, conception masculine dominatrice, qui associe les femmes à une idée de nature passive et inférieure à la culture.

      Elles mêlent librement autonomie personnelle et coopération, mais aussi tradition et innovation en reproduisant des recettes du passé, de l’époque de leurs parents, à l’aide d’outils électromécaniques modernes (blenders, mixeurs plongeants, toasters). La nature est de ce fait culturalisée, elle devient une élaboration active dans un vocabulaire écologique qui lie les membres du groupe ; elle est proche finalement de la vision féminine du « #care », qui critique à bas bruit le stigmate naturaliste de la passivité.

      Travailler dans un groupe féminin

      Étant presque le seul homme dans les groupes des deux associations, il me fallait combattre un double « danger » hantant les milieux féministes : celui de rejouer la domination masculine, mais aussi celui, statutaire, que représentait ma casquette de chercheur. On sait qu’un des défis de toute enquête ethnographique est de réussir à réduire le fossé social séparant l’enquêteur des enquêtés, de sorte que ceux-ci ne soient pas instrumentalisés en « simples représentants de leur culture ».

      Pour travailler dans de bonnes conditions, je devais donc prendre part aux actions, sans être ni intrusif ni tout à fait distancié, écouter et m’intégrer aux conversations, cuisiner, grignoter « écolo ».

      J’ai pu vivre de l’intérieur cette volonté, entre « sœurs », à impacter, même à petite échelle, le microcosme local par des habitus plus écologiques. Ce sont là encore des empreintes du « care », ce phénomène transfrontalier qui appelle à unir les femmes militantes dans une quête de connaissances partagées, de tissage de réseaux, de combat face aux catastrophes environnementales ; une quête qui aspire à abattre les frontières entre les être vivants et les non-vivants, entre les femmes et les hommes.
      Un déplacement de perspective

      Le pouvoir d’agir, indépendamment des fronts où on agit, n’est pas le monopole des hommes. Du seul « privilège » accolé à l’Homme de changer le monde à la possibilité pour chaque femme, pour elle-même et pour les autres, de s’approprier le monde, c’est ce déplacement de perspective très concret que m’a appris ce terrain.

      Ce féminisme écologique est un carburant qui vise au bien-être de tous, hommes et femmes, en rejetant les grandes divisions par le biais d’une écologie fluide qui mêle sensibilité et rationalité, tradition et innovation, nature et culture, « ego » et « nous », féminin et masculin. C’est cela que voulaient dire Médaline, Radhia et Olympe en me déclarant non sans emphase : « Ici, Alessandro, tout est relié ».

      #écoféminisme

  • Un “#effet_Pygmalion” chez les matheux ? | CultureMath
    https://culturemath.ens.fr/thematiques/femmes-et-mathematiques/un-effet-pygmalion-chez-les-matheux

    En 2017, sur les 38 étudiants admis sur liste principale à l’École Normale Supérieure de Paris en filière MPI (Mathématiques-Physique-Informatique), seules 3 sont des filles...

    Au vu de ces statistiques on serait tenté d’affirmer qu’effectivement les garçons sont meilleurs en #mathématiques que les filles. Pourtant, ce que l’on oublie alors, c’est que ce flagrant déséquilibre est le résultat d’un processus long – et souvent inconscient – de #construction_sociale des inégalités de maîtrise des compétences mathématiques et d’orientation vers les filières scientifiques. Reconstituons donc la genèse de ces apparents « don » masculin et « faiblesse » féminine dans le domaine des mathématiques.

    Victor Lavy et David Sand (2015)1, tous deux économistes, se penchent sur la question en suivant une cohorte d’élèves israéliens du début du collège à la fin du lycée – du moins de leurs équivalents israéliens. Ils observent que lorsque l’on fait passer aux élèves des tests corrigés anonymement au collège, les #filles obtiennent de meilleurs résultats en mathématiques que les #garçons. Or, ce n’est pas le cas lorsque les copies sont corrigées de manière nominative. Comment expliquer ce phénomène ?

    Ce sont les psychologues américains Robert Rosenthal et Lenore Jacobson (1968) qui théorisent ce processus sous le nom d’« effet Pygmalion ».

  • La représentation dominante voudrait que les sociétés aient toujours été dominées politiquement par les hommes. Grave erreur… Un petit saut dans l’espace et le temps ? Allons à Timor... #politique #femmes #women #genre #Asie

    https://sms.hypotheses.org/21403

    La place et les droits des femmes dans les sociétés contemporaines sont désormais des sujets mondiaux majeurs. La recherche de l’égalité entre les sexes est un combat très présent dans les sociétés occidentales et concerne les sphères sociale, médicale, professionnelle mais aussi politique. La représentation dominante voudrait que la majorité des sociétés, au nord comme au sud, aient été longtemps dominées politiquement par les hommes. Les luttes vers l’égalité politique seraient dès lors un combat amorcé récemment par les pays du nord. Et si l’étude des sociétés extra européennes nous fournissait des éléments venant remettre en question cette idée ?

    Cette représentation d’une société dominée politiquement par l’homme est biaisée et problématique. D’une part, elle place en effet les nations occidentales en position de donneuses de leçon vis-à-vis des autres autorités politiques, notamment via les programmes de l’ONU. Le risque de rejet par une partie de la population, particulièrement les hommes des pays du sud est grand. Ils peuvent ressentir cela comme une atteinte à la culture locale.

    • Les politiques d’égalités hommes-femmes y sont souvent regardées comme une importation occidentale, favorisée par l’administration transitoire des Nations Unies après le Référendum de 1999. Cependant, cela est faux. En effet, bien que l’unité Gender Affairs Unit ait été prévue initialement sur ce sujet, les administrateurs onusiens n’ont pas cru bon de la créer. Ce sont en réalité les femmes timoraises, réunies en congrès national en 2000, qui se sont battues pour l’obtenir.

      De plus, la République Démocratique de #Timor-Leste fait par ailleurs plutôt figure de « bon élève » sur la scène internationale en 2019, avec plus de 33 % de femmes au Parlement. Elle est ainsi parmi les 15 nations du monde ayant la plus grande proportion de femmes au Parlement, notamment devant le Royaume-Uni, les Pays-Bas, l’Australie ou les États-Unis. Cette réalisation est d’autant plus surprenante qu’elle s’est effectuée sans prendre en compte l’histoire ou l’anthropologie.

      Des reines avant l’arrivée des Portugais au XVIe siècle
      Plusieurs raisons sont à l’origine de la complexité de la situation au Timor : la diversité des sociétés réparties en plusieurs dizaines de groupes ethnolinguistiques matrilinéaires et patrilinéaires ; l’évolution des pratiques au cours d’une histoire de 40 000 ans ; l’influence portugaise et le fait que les sources fragmentaires, essentiellement occidentales, ne montrent pas le fonctionnement des sociétés et encore moins le rôle des femmes.

      Ah ah, l’ONU qui arrive sans rien mais c’est localement que sont portées l’#égalité et les #droits_des_femmes.

      #matrilinéarité #anthropologie #genre #Timor #Timor_Leste

      Timor est une île coupée en deux par la colonisation, l’ouest colonisé par les Pays-Bas est en #Indonésie où il fait partie de ces îles de l’est très christianisées, et l’est colonisé par le Portugal puis envahi par l’Indonésie lors de la décolonisation puis indépendant après la Reformasi et la chute du régime de Sukarno.

      Les royaumes n’étaient pas dirigés par un souverain unique, mais par un couple : l’un, représentant le féminin, s’occupait des affaires intérieures et spirituelles ; l’autre, masculin, était en charge des affaires extérieures (souvent appelé Liurai). Tous les deux étaient élus selon un mode qui a été qualifié par un administrateur colonial au milieu du XIXe siècle de « démocratie aristocratique ».

      Il n’y avait toutefois pas de lien entre le sexe de la personne et le genre du pouvoir. Ainsi, une femme pouvait représenter le pouvoir féminin ou masculin, et inversement.

      Les femmes s’avèrent finalement avoir participé régulièrement à l’exercice du pouvoir au sein des royaumes de l’île de Timor jusqu’aux milieu des années 1920.

      Hägerdal H., Kammen D., 2016, « The lost queens of Timor », Niner (Sarah), Women and the Politics of Gender in Post-Conflict Timor-Leste, London and New York : Routledge, pp.17-45.

      Après, les peuples austronésiens ont tous un substrat égalitaire qui a été entamé par l’islam, la colonisation et d’autres encore.