• « Un peuple n’a qu’un ennemi dangereux, c’est son #Gouvernement » – #Saint-Just
    https://lvsl.fr/peuple-ennemi-dangereux-gouvernement-saint-just

    Le 26 mars 2025, le député Jocelyn Dessigny (RN) croyait donner une leçon d’histoire à ses collègues parlementaires en déclarant que Saint-Just avait été décapité par #Robespierre. En réalité, cette figure éminente de la #révolution française fut arrêtée et guillotinée en même temps que l’Incorruptible, précisément car il en était resté, jusqu’à la fin, l’un des plus proches compagnons. Tournée en dérision sur les réseaux sociaux, cette sortie illustre la méconnaissance qui entoure la vie et l’œuvre de celui que l’on surnomma « l’archange de la Révolution ».

    #Histoire #Démocratie #marc_belissa #tyran #yannick_Bosc

  • Yémen, le soulèvement des femmes

    C’est par milliers que les femmes yéménites sont descendues dans les rues ces dernières semaines.

    Elles ont exigé de l’eau, de l’électricité, un meilleur niveau de vie, le paiement des arriérés de salaires, l’amélioration des conditions d’enseignement, ou encore l’arrêt de la généralisation de l’armement et des poursuites contre les auteurs de corruption.

    Ce mouvement n’est pas né de rien. Il y a des années que des groupes de femmes descendent dans la rue de façon sporadique pour exiger eau ou électricité, dans le cadre plus large de mouvements de protestation essentiellement masculins. Pour ne citer que ces dernières : les femmes d’Arrawa (gouvernorat de Abyan) pour l’eau en 2017, d’Aden pour l’eau et électricité et de Mukalla (gouvernorat de Hadramaout) pour l’électricité et des emplois en 2020, de Maareb pour de l’eau et des médicaments en 2021, de Qaataba (gouvernorat de Dali) pour l’eau en 2022, et de Seiyoun (gouvenorat de Hadramaout) pour l’électricité et des écoles en 2024. Mais l’exacerbation des problèmes économiques, les incessantes manifestations de leurs pairs pour les mêmes revendications qui n’ont abouti à rien, sinon à des affrontements et de la répression, qui a pu entrainer arrestations, parfois assorties de torture, morts ou blessés par balles, ont poussé les femmes à s’affirmer comme une force pouvant diriger ce que d’aucunes ont déjà appelé la « révolution des femmes ».

    https://entreleslignesentrelesmots.wordpress.com/2025/06/11/yemen-le-soulevement-des-femmes

    #feminisme #yemen

  • La detenzione dei migranti per conto terzi in Bosnia ed Erzegovina

    Il piano del governo del Regno Unito di realizzare nei Balcani degli hub di rimpatrio dei richiedenti asilo che hanno visto respinta la propria domanda di protezione ha sollevato anche le critiche di Human rights watch. “L’esternalizzazione delle responsabilità pone le persone migranti e richiedenti asilo in una situazione di grave rischio”, spiega Michael Garcia Bochenek, consulente della divisione dei diritti dell’infanzia dell’organizzazione

    Nel marzo di quest’anno il governo del Regno Unito ha proposto di istituire in Bosnia ed Erzegovina -oltre che in Serbia, Albania e Macedonia del Nord- un centro per il rimpatrio in cui detenere i richiedenti asilo che hanno visto respinta la propria domanda di protezione in territorio britannico.

    Secondo il piano avanzato dalla ministra dell’Interno #Yvette_Cooper, le persone verrebbero inviate in queste strutture in attesa di essere rimpatriate nei loro Paesi di origine o in altri Paesi terzi. La proposta del Regno Unito si allinea alla visione della Commissione europea, che vorrebbe introdurre un Sistema europeo comune di rimpatrio con la possibilità, tra le altre cose, “di rimpatriare in un Paese terzo persone il cui soggiorno nell’Ue è irregolare che sono destinatarie di una decisione definitiva di rimpatrio”.

    Facendo riferimento ai Balcani a prendere posizione contro questo progetto è anche Human rights watch (Hrw), che ad aprile ha trascorso due settimane proprio in Bosnia per indagare la condizione delle persone migranti e richiedenti asilo.

    Secondo Michael Garcia Bochenek, consulente senior della divisione dei diritti dell’infanzia dell’organizzazione, “è una pessima strategia, anche solo considerando che si tratta di un Paese che già fatica a gestire il fenomeno migratorio già presente sul suo territorio”. Bochenek ha partecipato all’ispezione del centro di detenzione di Lukavica, nei pressi della capitale Sarajevo, rilevando “ritardi nell’esecuzione dei rimpatri dei richiedenti asilo respinti, oltre a coloro detenuti per motivi di sicurezza nazionale o penali, che in alcuni casi portano a reclusioni prolungate, fino a un massimo di 18 mesi”.

    Inoltre in occasione del monitoraggio i membri di Hrw non hanno potuto parlare in privato con le persone detenute a causa della presenza costante del personale della struttura. Tuttavia, spiega Bochenek ad Altreconomia, “Vaša Prava BiH -organizzazione bosniaca che ha il mandato di fornire consulenza legale gratuita alle persone trattenute- ha registrato diverse denunce da parte dei detenuti circa le condizioni di vita all’interno della struttura detentiva”.

    L’organizzazione che si occupa di diritti civili in Bosnia ed Erzegovina ha riferito che il servizio per gli Affari stranieri è solito non comunicare i dettagli delle accuse né ai detenuti né ai loro avvocati, soprattutto nei casi che riguardano minacce alla sicurezza nazionale. “Nel centro poi non sono previsti nemmeno servizi di supporto psicologico per le persone che presentano problematiche di salute mentale”, aggiunge Bochenek. Secondo quanto riportato da Hrw, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) in Bosnia avrebbe esplicitato le proprie preoccupazioni circa la trasparenza e la responsabilità nei centri di detenzione presso l’ufficio del Difensore civico del Paese, sollecitandolo a produrre un rapporto ufficiale sulle loro condizioni. Ad oggi però non è stata ancora pubblicata alcuna indagine.

    Volgendo poi l’attenzione al sistema di asilo della Bosnia ed Erzegovina nel suo complesso, il consulente senior di Human Rights Watch denuncia “l’assenza di un’adeguata protezione dei richiedenti asilo, tempi lunghissimi per lo svolgimento delle procedure, accesso limitato alla consulenza legale e preoccupazioni per le condizioni e l’accesso ai servizi”. Secondo i dati del ministero della Sicurezza del Paese, nel 2023 -ultimo anno per cui sono stati resi disponibili dati completi- la Bosnia ha registrato appena 147 domande di asilo. Di queste, solo quattro persone hanno ottenuto il riconoscimento dello status di rifugiato e 63 la protezione sussidiaria.

    Nel report del dicembre 2024 dedicato alla Bosnia ed Erzegovina, l’Unhcr ha rilevato poi che i tempi per l’esame della richiesta di protezione sono estremamente lunghi: sebbene la legge preveda la valutazione delle domande entro sei mesi, infatti, spesso ne trascorrono altrettanti solo per la prima audizione e fino a 344 giorni per la notifica della decisione. Bochenek precisa che “in questo lasso di tempo, i richiedenti asilo sono essenzialmente privi di diritti e possono legalmente cercare lavoro solo dopo nove mesi dalla registrazione”.

    Va detto poi che per le persone in cerca di protezione la Bosnia resta principalmente un Paese di transito verso l’Unione europea. Nel 2023 oltre quattromila cittadini di Paesi terzi sono stati riammessi in Bosnia dagli Stati membri dell’Ue in base ad accordi di riammissione. A loro volta, sulla base di questi accordi, le autorità bosniache hanno trasferito 298 persone, principalmente verso la Serbia. Sono stati invece 683 i provvedimenti di detenzione e 79 quelli di espulsione. A questo proposito però Bochenek puntualizza che “a causa della formulazione vaga del rapporto annuale sulle migrazioni del ministero della Sicurezza, non è chiaro quante di queste decisioni siano state effettivamente eseguite”. È bene ricordare, come fa il rappresentante di Hrw, che “la mancanza di accesso alla protezione e i rischi di una detenzione prolungata senza adeguate garanzie di tutela portano molti cittadini di Paesi terzi riammessi in Bosnia a tentare di varcare nuovamente i confini dell’Unione europea, principalmente attraverso la Croazia”.

    Di fronte a questa realtà fatta di ritardi nelle procedure, accesso limitato all’assistenza legale e gravi carenze circa le condizioni e l’accesso ai servizi delle persone migranti, Human rights watch non ha dubbi sui percorsi che Ue e Regno Unito dovrebbero intraprendere in collaborazione con la Bosnia ed Erzegovina e gli altri Paesi della regione. “Bisognerebbe smettere di puntare sull’esternalizzazione delle frontiere e ora anche dei rimpatri -conclude Michael Garcia Bochenek-. I partner internazionali dovrebbero dare il loro contributo per rafforzare i sistemi di protezione per richiedenti asilo e migranti in Bosnia e non solo. Cambiare strada è ancora possibile, si tratta ‛solo’ di una questione di volontà politica”.

    https://altreconomia.it/la-detenzione-dei-migranti-per-conto-terzi-in-bosnia-ed-erzegovina
    #Bosnie-Herzégovine #migrations #réfugiés #détention #route_des_Balkans #Balkans #externalisation #UK #Angleterre #Serbie #Macédoine_du_Nord #Albanie #renvois #expulsions #hubs #hub_d'expulsion #déboutés #Lukavica

  • Après 15 ans, YouTube a supprimé la vidéo originale du «  Rick Roll  » en raison d’un «  problème de licence  », probablement lié à l’acquisition du label de Rick Astley.

    Les métadonnées sont toujours présentes, mais si vous cliquez dessus, vous tombez sur «  vidéo introuvable  ».
    https://bsky.app/profile/snmrrw.bsky.social/post/3lpka6pnggk2o

    Wow: after 15 years, YouTube has taken down the original ’Rick Roll’ video due to a “licensing issue,” likely due to the acquisition of Astley’s record lable.

    The metadata remains, but if you click through it goes to ’video not found’:
    https://www.youtube.com/watch?v=dQw4w9WgXcQ

    J’ai vérifié, effectivement, ça fait drôle tout de même. Internet est foutu.

  • Le président de l’#UGA #censure des œuvres artistiques suite à une pétition de l’UNI

    Énoncé des faits :

    À la suite d’une pétition initiée par l’UNI, #Yassine_Lakhnech a décidé de retirer plusieurs inscriptions artistiques apposées sur les parois vitrées de la galerie des amphithéâtres, dans le bâtiment Pierre Mendès France.

    Ces inscriptions, réalisées dans le cadre du « #Mois_de_l’égalité » organisé en mars, font partie d’un projet artistique mobilisant étudiants et personnels de l’université contre le racisme et les discriminations. L’artiste « #Petite_Poissone », une Grenobloise de 42 ans, a encadré les ateliers au cours desquels ces messages ont été créés. Environ quarante messages engagés ont été affichés dans la galerie.

    L’UNI a vivement dénoncé ces œuvres, les qualifiant de « propagande anti-blancs ». Le délégué national du syndicat, Yvenn Le Coz, a estimé que ces messages « encouragent un racisme à l’encontre des personnes blanches et diffusent une idéologie ‘woke’ selon laquelle notre société serait structurellement raciste », réclamant leur retrait auprès de l’administration universitaire.

    Le président s’est alors exécuté suivant les injonctions de l’UNI. Il a déclaré au journal Le FIGARO (https://www.lefigaro.fr/actualite-france/l-universite-de-grenoble-retire-en-urgence-des-oeuvres-d-art-conspuant-les-) et dans un communiqué de presse : « Le contenu des messages a été élaboré lors d’ateliers artistiques par des personnels et des étudiants. Leur contenu n’est pas à l’initiative de l’établissement. Malheureusement, certains messages ont échappé à la vigilance de l’Université et sont incompatibles avec les #valeurs et les #principes républicains que l’université incarne ».

    Dans le même temps la page wikipedia de « Petite Poissone » a fait l’objet de modifications insultantes.
    Notre analyse

    Cette attaque de l’UNI contre les libertés académiques et artistiques est organisée minutieusement. Elle concerne ces dernières semaines de nombreuses universités en France et présente dans sa forme et les thématiques ciblées, des similitudes avec les actions de l’extrême droite américaine contre les universités. Rappelons qu’à Grenoble, le représentant de l’UNI a été aux législatives de 2024, candidat suppléant pour le RN.

    Le président de l’université en acceptant la demande de l’UNI a fait une double faute.

    - En premier lieu, il a pris la décision seul sans en référer à aucune des instances de l’université (Directoire, CA, CaC). Cela pose un problème grave. Soit les messages en question tombent sous le coup de la loi et il se doit de porter l’affaire devant les instances judiciaires et disciplinaires compétentes, soit ce n’est pas le cas et il porte atteinte à la liberté artistique, composante majeure de la liberté d’expression, d’autant plus qu’il s’agissait d’un travail collectif des personnels et des étudiants de l’UGA.
    – En cas de doute sur les messages inscrits, le président aurait dû à minima porter l’affaire devant le comité d’éthique de l’UGA pour statuer sur ce cas. Il aurait également pu prendre les avis du directoire et du CA. Cela illustre parfaitement la conception du pouvoir qu’à Yassine Lakhnech, autoritaire, solitaire et autocratique. Dans le cas présent, l’urgence de la décision ne pouvait être caractérisée puisqu’il semble que ces œuvres étaient affichées depuis 2 mois.

    Le président montre une fois encore son traitement asymétrique des questions éthiques à l’université. Les exemples des conférences récentes de Rima Hassan, Alain Bauer et Hanane Mansouri où le président a été plus que complaisant avec des personnalités controversées et d’extrême droite alors qu’il a demandé des conditions restrictives à la conférence de Rima Hassan est particulièrement parlant.

    En conclusion

    Nous constatons — et l’avons déjà souligné à plusieurs reprises — une dérive vers l’extrême droite du président et de tout ou partie de l’équipe présidentielle, ainsi qu’un mépris caractérisé pour les instances collectives de l’université.

    En agissant ainsi, le président de l’université — élu grâce à la voix de l’UNI au CA — se rend complice des attaques contre les libertés artistiques et académiques que mène l’extrême droite trumpiste partout dans le monde. Il alimente le climat délétère qu’entretient sa composante française, dont l’UNI fait partie, désinhibée par les politiques fascistes de l’administration américaine.

    En retirant, sans discussion, des œuvres d’art élaborées par des membres du personnel et des étudiants, il montre son mépris pour le travail des membres de la communauté universitaire.

    UGA en commun dénonce fermement le mode de prise de décision autocratique du président et sa participation de fait à l’entreprise de destruction des libertés académiques, artistiques et plus largement de la liberté d’expression.

    UGA en commun souligne de plus la responsabilité de la VP à l’égalité des chances et du VP culture et culture scientifique forcément concernés par ce dossier et qui à l’heure actuelle ne se sont pas désolidarisés de la décision du président.

    UGA en commun exprime par ailleurs son soutien à « Petite Poissone » attaquée par des mentions insultantes sur sa fiche wikipedia.

    Quant au fond des messages qui, selon le président, posaient problème, nous renvoyons les lecteurs aux nombreuses références académiques sérieuses qui soulignent actuellement l’asymétrie de traitement par les institutions des diverses catégories de population. Provoquer sur ces questions – un des rôles de l’art contemporain – pour susciter du débat est sans doute salutaire.

    Par cette action, l’UGA est bien loin d’incarner les valeurs et principes républicains tels que revendiqués par le président.

    https://ugaencommun.fr/le-president-de-luga-censure-des-oeuvres-artistiques-suite-a-une-petitio
    #université_grenoble_alpes #féminisme #mois_de_l'égalité

  • [Livre] L’inceste n’est pas qu’un crime sexuel | Yapaka
    https://www.yapaka.be/livre/livre-linceste-nest-pas-quun-crime-sexuel

    Livre en accès libre ! https://www.yapaka.be/sites/yapaka.be/files/publication/ta-143-web.pdf

    Auteur :
    Jean Luc Viaux
    Numéro de collection :
    143

    L’inceste n’est pas qu’un abus d’ordre sexuel. Il va bien au-delà. Le passage à l’acte sexuel est le symptôme d’un désordre plus profond, une trahison du lien familial. En effet, l’inceste impacte les liens d’attachement, détruit la construction identitaire, désorganise la psyché familiale.

    Jean Luc Viaux ouvre une lecture des systèmes familiaux où existe un pacte incestueux silencieux : en attaquant sexuellement un enfant, l’abuseur révèle ce pacte et désorganise à son tour la filiation. En ce sens, l’abuseur détruit la victime et la famille dans son ensemble. Les dommages qu’il cause vont bien au-delà du traumatisme sexuel, car pour en arriver là il lui faut brouiller les repères familiaux, manipuler les liens, désorganiser le langage, déshumaniser les victimes.

    Au-delà de la sanction, du traitement de l’abuseur, cette compréhension de l’inceste ouvre sur de nouvelles perspectives de prise en charge de l’ensemble de la famille pour soigner la victime et parler les liens familiaux.

    #inceste #yapaka

    Temps d’Arrêt / Lectures

    Une collection de textes courts destinés aux
    professionnels en lien direct avec les familles.
    Une invitation à marquer une pause dans la
    course du quotidien, à partager des lectures en
    équipe, à prolonger la réflexion par d’autres textes.
    – 8 parutions par an.

    Directrice de collection : Claire-Anne Sevrin assistée de Diane
    Huppert ainsi que de Meggy Allo, Laurane Beaudelot, Philippe
    Dufromont, Audrey Heine et Habiba Mekrom.

    Le programme yapaka

    Fruit de la collaboration entre plusieurs administrations de la
    Communauté française de Belgique (Administration générale de
    l’Enseignement, Administration générale de l’Aide à la Jeunesse,
    Administration générale des Maisons de Justice, Administration
    générale du Sport, Administration générale de la Culture et ONE),
    la collection « Temps d’Arrêt / Lectures » est un élément du pro-
    gramme de prévention de la maltraitance yapaka.be

    Comité de projets : Alexandra Adriaenssens, Mathieu Blairon,
    Louise Cordemans, Olivier Courtin, Anne-Marie Dieu, Ingrid
    Godeau, Emilie Helman, Françoise Hoornaert, Philippe Massay,
    Claire Meersseman, Farah Merzguioui, Perrine Molter, Géraldine
    Poncelet, Nathalie Van Cauwenberghe, Françoise Verheyen.
    Comité directeur : Alexandra Adriaenssens, Frédéric Delcor,
    Freddy Cabaraux, Quentin David, Valérie Devis, Annie Devos,
    Laurent Monniez, Yves Polomé

    • – le pacte incestuel
      – la place généalogique
      – la part de la mère (constitution du Soi) p.21
      – fantasme de l’auto-engendrement (Musk saute à la gueule)
      – fantasme du désir de fusion des liens
      générationnels p.55

      Le texte souligne dans la société et ses institutions l’insistance sur le sexuel - à punir -, alors que l’inceste est avant tout une systémie familiale à déconstruire qui lui préexiste.

      Il est des sujets « mal institués » : ils n’ont pas été
      assignés correctement dans leur place généalogique,
      les liens familiaux sont confus ou en partie dissimulés.
      Dès lors, la réalisation du fantasme indicible ne se
      heurte à aucun butoir, faute de savoir qui est interdit,
      et l’enlacement des images prévaut, car ces sujets ne
      savent et ne peuvent désirer un « autre », si cet autre
      n’a pas en lui/elle un reflet, une part, un signifiant qui
      fait de lui/elle l’image narcissique de Soi.

      –---

      Un chapitre court sur l’inceste dans une fratrie

      –---
      j’ai un peu du mal par contre avec ses tergiversations sur l’incestuel

      –---
      en conclusion

      Ce qui est dangereux, c’est d’avoir affaire à un ou une iconoclaste qui agit ce fantasme pour s’emparer d’un(e) autre
      comme soi, le manipuler, le dominer par le sexuel
      pour l’atteindre dans ses fondations identitaires et
      familiales, et de ne pas voir qu’il est iconoclaste dans
      toute sa vie
      . Ce qui est dangereux et mortifère, c’est de
      ne pas savoir que cette transgression d’un Interdit qui
      permet à chacun de n’être que Soi, est sans fin si on ne
      débusque pas au-delà de la souffrance de l’effraction
      sexuelle l’attaque contre l’identité, la filiation, tout ce
      qui donne sens au mot « #famille ».

  • #netanyahu verso la #soluzione_finale
    https://radioblackout.org/2025/05/netanyahu-verso-la-soluzione-finale

    Il piano annunciato dal governo di Netanyahu, che pare attenda soltanto il passaggio di Donald Trump nel Golfo, per essere messo in atto ha i contorni ben precisi: spingere la popolazione palestinese verso l’unico valico esistente con l’obiettivo di gestire delle zone in cui controllare la popolazione, alla quale inviare sotto serrata gestione israeliana beni […]

    #L'informazione_di_Blackout #Gaza #witkoff #yemen
    https://cdn.radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/Eliana-riva-soluione-final-2025_05_08_2025.05.08-09.00.00-escopos

  • « Nous avons toujours la #montagne ». Les #monts_Shengal ou la survie du peuple yézidi

    À partir de deux romans graphiques — Shingal de Mikkel Sommer et Tore Rorbaek (2020) et No sleep till Shengel de Zerocalcalcare (2023) -, et de l’essai La montagna sola. Gli ezidi e l’autonomia democratica di Şengal1 co-signé par Rojbîn Berîtan et Chiara Cruciati (2022), ce texte propose de mettre en avant le rôle que les auteurices attribuent à la figure de la montagne. Les monts #Shingal ou Shengal (en kurde) ou #Sinjar (en arabe), qui s’érigent au milieu de la Plaine de Ninive, territoire contesté entre l’Irak fédéral et le Kurdistan irakien (Calvaillé, 2024), sont le lieu duquel est originaire le peuple yézidi, d’où il a été chassé au nom de l’#ingénierie_démographique mise en place par l’État irakien sous #Saddam_Hussein (années 1970), et où il cherche à se reconstruire en puisant dans les principes et valeurs du #confédéralisme_démocratique.

    1Les images satellites montrent une des spécificités des monts Shengal2 : ils s’érigent, seuls, au milieu du désert dénommé la #Plaine_de_Ninive (Figures 1, 2 et 3). Ils font 100 kilomètres de long et 15 de large, et culminent à 1462 mètres d’altitude, nous dit Wikipedia3.

    2Sur la page en français de l’encyclopédie en ligne, les informations sur cette chaîne de montagnes sont succinctes. Deux articles « détaillés » et connexes sont toutefois consacrés à des événements qui s’y sont déroulés : le « massacre de Sinjar » (3-15 août 2014) et la « bataille de Sinjar » (3 août 2014-13 novembre 2015).

    3Ces articles font référence au massacre du peuple yézidi par l’État islamique en août 2014, qui a été qualifié de génocide par l’ONU en mai 20214.

    4Une bande dessinée de Mikkel Sommer et Tore Rorbaek (2020) raconte, de manière romancée mais fondée sur des faits réels, cette histoire à partir des vicissitudes de deux frères et leurs familles.

    5Dans cet album, à côté de la population yézidie il y a un autre protagoniste : la montagne. En effet, quand les signes annonciateurs de l’attaque de Daech sur la population se font plus présents, celles et ceux qui peuvent fuient dans les montagnes. En quelques jours 50 000 Yézidi·es y trouvent refuge, d’autres, empêché·es par les soldats de Daech, subissent exécutions de masse, enlèvements, viols et esclavage sexuel. La montagne sera assiégée par les djihadistes et les rescapé·es se retrouvent ainsi sans vivres, sans eau, et dans un environnement où la température peut atteindre 50°C (Figure 5).

    6L’auteur de bande dessinée #Zerocalcare, qui a accompagné #Rojbîn_Berîtan et #Chiara_Cruciati sur le terrain à #Shengal, et dont il sera question plus tard, a résumé dans une planche parue dans son album No sleep till Shengal cette fuite pour la survie.

    7C’est le 64e génocide dans l’histoire du peuple yézidi, nous apprend le roman graphique. L’aide humanitaire occidentale et irakienne est larguée depuis le ciel. Des hélicoptères évacuent les femmes et les enfants. 50 000 personnes seront sauvées via un corridor humanitaire mis en place par les Kurdes de Syrie ; il permettra aux survivant·es de s’installer dans des camps de réfugié·es dans la région. D’autres resteront sur place, pour combattre les islamistes et protéger leur territoire ; dans ce groupe il y a des femmes, qui ont pris les armes et créé des unités d’autodéfense, les Unités des femmes d’Êzîdxan. Une des leurs membres, Viyan Hebabî, déclare : « [L’agression de Daech avait] l’objectif d’effacer les Yézidis de la surface de la Terre. Pour cette raison ils ont ciblé les femmes, les fondements de la société. La réaction a été la naissance des Unités des femmes d’Êzîdxan. Une armée de femmes pour venger les Yézidies. Les Unités des femmes d’Êzîdxan sont la promesse de la vengeance, la réponse au 64e ferman5 » (p. 152).

    8Les mots prononcés par un des deux pères, protagonistes de la BD, sont prémonitoires : « Jusqu’à aujourd’hui, personne n’a jamais pu nous débusquer chaque fois que nous nous sommes réfugiés dans les montagnes. […] La montagne nous protégera toujours, comme elle l’a fait tant et tant de fois par le passé » (p. 69). Une montagne-refuge qui rappelle la figure-concept de « zomia », théorisée par James C. Scott, récemment disparu, et à qui le JAR|RGA a rendu hommage dans un texte co-signé par Emmanuel Peyvel et Bernard Debarbieux6. Ainsi, quand le district de Shingal est libéré de Daech en novembre 2015, une autre histoire commence, une histoire de résistance, où la montagne joue, une fois de plus, le rôle de protagoniste.

    9C’est d’ailleurs l’élément choisi pour le titre d’un essai, co-écrit par Rojbîn Berîtan, interprète et médiatrice culturelle, et Chiara Cruciati, journaliste, et dont la couverture est illustrée par Zerocalcare : La montagna sola (la montagne seule, de l’arabe Al Jabal Wahid). La monographie est consacrée, pour une bonne partie, à expliquer les origines, l’histoire, les rites, la sociologie, la culture et la religion du peuple yézidi (chapitres 1 à 3). Les quatrième et cinquième chapitres relatent le massacre de 2014 et la résistance des femmes. Les deux derniers racontent la libération de Shingal et la mise en place de l’autonomie yézidie selon les principes et valeurs du confédéralisme démocratique, théorisé par Abdullah Öcalan, fondateur du Parti des travailleurs du Kurdistan (PKK), qui le définit ainsi : « Font partie de la nation démocratique toutes les personnes qui cohabitent sur la base de trois piliers fondamentaux : démocratie, liberté des femmes et écologie, et qui s’organisent à travers un auto-gouvernement et une auto-défense où chaque identité est représentée et organisée » (p. 32). Des normes éthiques et morales structurent la vie collective : abolition de la peine de mort, des prisons, des mariages précoces, de la polygamie et du travail des enfants. Le système prévoit en outre la propriété publique des ressources naturelles et des moyens de production (p. 193).

    10La montagne apparaît centrale dès le début du livre, dans son introduction : l’expérience d’autonomie et de résistance à l’État a été rendue possible par la montagne, un « instrument tangible de défense » (p.18), disent les autrices. « C’est la montagne qui a protégé le peuple yézidi des persécutions et des massacres », rappellent-elles quelques pages plus loin (p. 27).

    11Le #retour des Yézidi·es sur leurs montagnes s’inscrit dans une histoire qui date d’avant le massacre de 2014. Les autrices s’arrêtent longuement sur les événements de 1975, quand, sous la vice-présidence de Saddam Hussein, « Baghdad a ordonné la destruction des villages yézidis de montagne et a contraint 250 000 personnes, dont la majorité yézidies, à se transférer dans la vallée dans onze townships construits ad hoc, selon un style urbanistique étranger à la tradition yézidie, mais utile au contrôle social par l’armée » (p. 40). Pendant la « réforme de la terre » (p.126), 148 villages furent détruits à Shengal et 38 à Shexka, vidés de leur population remplacée par des arabophones. Les communautés yézidies furent séparées, leurs terres confisquées, et des processus d’arabisation et islamisation entamés. Un processus qualifié de « dilution ethnique » par UN-Habitat (2019, p. 6). Avec la chute de Saddam Hussein, et jusqu’en 2014, les Yézidi·es furent gouverné·es par l’autorité régionale du Kurdistan.

    12Or, comme on l’a vu plus haut, la montagne a permis en 2014 à celleux qui ont réussi à fuir de survivre, individuellement mais aussi collectivement, au massacre : « Si, après le massacre de Daech, les Yézidis n’avaient pas choisi la route vers la montagne, leur peuple aurait été oublié par l’histoire, dispersé et éloigné de ses terres, victime d’un génocide culturel, séparé de ses propres origines et éloigné d’un mouvement de libération – le mouvement kurde – défini par certains comme terroriste, mais qui a sacrifié des vies pour l’aider à survivre » (p. 30). Une femme âgée yézidie témoigne :

    "La première chose que chaque Yézidi a pensé était de rejoindre la montagne. Nous préférons mourir sur les montagnes plutôt que d’aller sur la terre de quelqu’un d’autre. Pour nous, le Mont Shengal est honneur et dignité. Ceux qui ont abandonné les montagnes ont accepté l’éradication. Nos vieux, qui l’avaient prévu, nous disaient : « Quand arrivera le grand ferman, réfugiez-vous sur les montagnes, n’allez nulle part ailleurs. Cela arrivera, mais si vous tombez loin des montagnes, il ne restera plus rien du yézidisme. Nous, Yézidis, nous n’avons ni amis ni refuge si ce n’est les montagnes, ne considérez aucun autre lieu comme votre patrie » (p. 110)."

    13Et… « de la tragédie est né le retour » (p.128), et ceci grâce à la « première graine du mouvement de libération » (p.113) apporté par les Kurdes du Rojava. En effet, les Yézidi·es qui sont retourné·es sur les montagnes se sont approprié les « instruments matériels et idéologiques […] d’une nouvelle forme d’organisation politique » (p. 42). Ainsi, ce retour a permis au peuple yézidi de « retrouv[er] ses racines dans le yézidisme des origines » (p. 42), celui d’avant le processus d’« ingénierie démographique » (p. 125) qui a conduit à l’arabisation et l’islamisation forcées de la population yézidie.

    14Toutefois, la #reconquête de l’#autonomie n’est pas sans obstacle : l’armée irakienne a construit un mur haut de quatre mètres « pour mettre les Yézidis sous pression et les isoler » (p. 209) ; l’aviation turque bombarde régulièrement Shengal (p. 212). Pourtant, les Yézidi·es continuent de défendre leur montagne, seuls, en s’opposant aux armées, en se formant dans les académies et les assemblées populaires ; c’est leur contre-attaque politique (p. 213). Une contre-attaque fondée sur l’autonomie « de facto construite autour de la montagne et protégée par la montagne » (p. 216). Ainsi, la montagne protège les Yézidi·es, mais les Yézidi·es, en retour, protègent la montagne, en la réhabitant avec un projet politique « autre, de #liberté et #démocratie_participée » (p. 215).

    https://journals.openedition.org/rga/14851
    #shameless_autopromo #livre #recension #BD #bande-dessinée
    #yézidis #Irak #génocide #histoire #Etat_islamique #Kurdistan #Kurdistan_irakien #refuge #persécution #montagne_refuge #religion

  • Les forces armées yéménites ont confirmé une attaque contre le #porte-avions USS « Harry S. #Truman » hier à l’aide de missiles et de drones, le forçant à se replier vers l’extrême nord de la #mer_Rouge - Le Père Peinard
    https://www.leperepeinard.com/breves/les-forces-armees-yemenites-ont-confirme-une-attaque-contre-le-porte-

    Il est probable que cette même attaque ait causé la perte d’un #F/A-18 » #Super_Hornet » de l’#US_Navy, survenue après que le porte-avions eut effectué un virage serré pour » éviter les tirs « . Un tracteur de remorquage a également été perdu et un marin a été blessé.

    • pas de mention de manœuvre d’évitement dans ma source maritime – reprenant le communiqué officiel de NAVCENT

      F/A-18 Super Hornet Lost Overboard in Red Sea
      https://gcaptain.com/f-a-18-super-hornet-lost-overboard-in-red-sea

      The USS Harry S. Truman (CVN 75) Carrier Strike Group reported the loss of an F/A-18E Super Hornet and tow tractor during a routine operation in the Red Sea on April 28, 2025.

      According to naval officials in Manama, Bahrain, the incident occurred during a hangar bay operation when the move crew lost control of the aircraft. Quick action by sailors involved in the towing operation allowed them to clear the area before both the aircraft and tow tractor went overboard.

      One sailor sustained minor injuries in the incident. Naval authorities have launched an investigation into the cause of the accident.

      The Harry S. Truman Carrier Strike Group, which includes nine squadrons of Carrier Air Wing 1, three guided-missile destroyers from Destroyer Squadron 28, and the Ticonderoga-class cruiser USS Gettysburg (CG 64), remains fully mission capable despite the loss.

      The incident comes during an extended deployment for the carrier. Defense Secretary Pete Hegseth extended the Truman’s Middle East deployment in March 2025. The carrier has been operating continuously since departing Naval Station Norfolk in September 2024.

      This is not the first incident involving the Truman during its current deployment. In February, the carrier sustained damage to its starboard quarter following a collision with the Panama-flagged bulk carrier MV Besiktas-M near Port Said, Egypt. That incident resulted in damage to storage rooms, maintenance space, line handling space, and the fantail, though aircraft elevator three remained operational.

      The Truman is currently engaged in Operation Rough Rider, a U.S. Central Command campaign targeting Houthi forces in Yemen. The operation, which began on March 15, 2025, aims to restore freedom of navigation and American deterrence in the region. Working alongside the Carl Vinson Carrier Strike Group, the Truman has been part of operations that have struck over 800 targets.

      Naval officials have not released details about potential recovery operations for the lost aircraft and equipment, citing operational security concerns.

      The USS Harry S. Truman is commanded by Captain Christopher Hill, having assumed command after Captain Dave Snowden’s removal following the collision. 

      The F/A-18E Super Hornet is manufactured by Boeing and costs approximately $60 million per aircraft.

      pour l’incident devant Port-Saïd, cf. https://seenthis.net/messages/1098410

    • Harry S. Truman Carrier Strike Group F/A-18 Super Hornet Lost at Sea > United States Navy > display-pressreleases
      https%3A%2F%2Fwww.navy.mil%2FPress-Office%2FPress-Releases%2Fdisplay-pressreleases%2FArticle%2F4167948%2Fharry-s-truman-carrier-strike-group-fa-18-super-hornet-lost-at-sea%2F

      MANAMA, Bahrain – USS Harry S. Truman (CVN 75) lost an F/A-18E Super Hornet assigned to Strike Fighter Squadron (VFA) 136 and a tow tractor as the aircraft carrier operated in the Red Sea, April 28. All personnel are accounted for, with one Sailor sustaining a minor injury.

      The F/A-18E was actively under tow in the hangar bay when the move crew lost control of the aircraft. The aircraft and tow tractor were lost overboard.

      Sailors towing the aircraft took immediate action to move clear of the aircraft before it fell overboard. An investigation is underway.

      The Harry S. Truman Carrier Strike Group and embarked air wing remain fully mission capable.

      The strike group consists of flagship Harry S. Truman, the nine squadrons of Carrier Air Wing 1, three guided-missile destroyers of Destroyer Squadron 28, and the Ticonderoga-class cruiser USS Gettysburg (CG 64).

    • Houthis Get « Soft Kill » on U.S. Navy Jet - YouTube
      https://www.youtube.com/watch?v=siL417q1BgM

      An F/A-18E from VFA-136 being towed on the hangar bay fell over the side of the USS Harry S Truman as the ship was maneuvering to avoid getting hit by a Houthi weapon. One sailor was injured while jumping from the jet before it went into the water, but there was no loss of life.

      il s’agit bien d’une manœuvre d’évitement… (3:14 de la vidéo, dont le début ne contient que de la pub du sponsor)
      je la mets car il y a, à suivre, d’intéressants détails sur le fonctionnement du porte-avions notamment le déplacement des avions sur les ponts et, à 3:54, la vue du poste de travail du superviseur des mouvements de pont…

    • L’US Navy a perdu un autre F/A-18 Super Hornet cette semaine, après sa chute dans la mer Rouge lors d’une tentative d’atterrissage sur le porte-avions USS Harry S. Truman - Le Père Peinard
      https://www.leperepeinard.com/breves/lus-navy-a-perdu-un-autre-f-a-18-super-hornet-cette-semaine-apres-sa-

      07 mai 2025 8h44

      Les pertes d’avions américains lors des opérations » #Prosperity_Guardian » et » #Rough_Rider » contre le #Yémen s’élèvent à au moins 930 millions de dollars, dont 22 drones #MQ-9 » #Reaper » et trois jets F/A-18 » Super Hornet « .

  • Fix Coming for Window Button Bug in #Ubuntu_25.04
    https://www.omgubuntu.co.uk/2025/04/ubuntu-25-04-window-button-size-bug

    If you installed Ubuntu 25.04 (or upgraded from 24.10 before the gate was closed due to various pernickety issues) you might have noticed that window buttons in GTK apps. Ubuntu user Cristiano Fraga G. Nunes certainly did, filing bug report to report that “…on Ubuntu 25.04, the window control buttons (minimize, maximize, close) appear at inconsistent sizes across different GTK applications.” As he notes, GTK4 apps like Nautilus and Text Editor use smaller window buttons than in GTK3 apps, like Terminal which uses larger buttons (the same size GTK4 apps did in Ubuntu 24.10): Why the discrepancy? Ubuntu uses #yaru […] You’re reading Fix Coming for Window Button Bug in Ubuntu 25.04, a blog post from OMG! Ubuntu. Do not reproduce elsewhere without (...)

    #News #Bug_Fixes

  • Mettre des bâtons dans les roues des #GAFAM sans pour autant s’en passer complètement et utiliser son smartphone de façon plus (éco)responsable et moins invasive

    Bonjour à tou·te·s !

    Nous sommes de plus en plus nombreux·ses à prendre conscience du problème éthique et écologique qui se cache derrière l’utilisation des GAFAM : Twitter/X, Google, Meta (Facebook, Instagram, Whatsapp), Youtube, …

    🚮 Beaucoup ont passé le cap de supprimer leur(s) compte(s) de ces réseaux et c’est tout à leur honneur !

    Cependant pour des raisons diverses (activité pro en ligne, suivi des évènements locaux, lien avec ses proches, …), d’autres ne peuvent ou ne veulent pas forcément s’en passer complètement (aucun jugement, chacun·e fait comme il peut/veut).

    Et c’est pour quoi j’ai rédigé ce petit guide qui vous permettra de continuer à utiliser certains des réseaux sociaux en nourrissant le moins possible l’ogre qui est derrière.

    📱 Vous trouverez aussi 2 points à propos de l’utilisation de votre #smartphone plus généraliste : désactiver les options inutiles, énergivores et intrusives, et un petit #tuto sur comment installer une appli de façon plus « safe » (pour vos données surtout).

    I. Google
    1. Sur smartphone
    a) Sur #Android :
    b) Sur #iPhone, pour #Siri et l’#IA d’#Apple :
    2. Sur #ordinateur
    II. #Twitter/X
    III. #Meta (#Facebook et #Instagram)
    IV. Désactiver les options inutilisées et intrusives sur son smartphone
    V. Installer et gérer ses #applications et leurs autorisations
    VI. #Youtube

    https://auptitmism.wordpress.com/2025/04/18/mettre-des-batons-dans-les-roues-des-gafam-sans-pour-autant-se
    #IA #intelligence_artificielle #AI #options #désactivation #how_to #manuel #guide

    signalé aussi par @monolecte :
    https://seenthis.net/messages/1110405

    • Nous sommes de plus en plus nombreux·ses à prendre conscience du problème éthique et écologique qui se cache derrière

      Les Gafams n’ont jamais cachés être des pourritures et l’ont prouvé dès le début, et pas seulement avec les lanceurs d’alerte.

      Cette légèreté à déresponsabiliser les utilisateurs qui découvriraient et prendraient conscience aujourd’hui est très irritante et du même ordre que celle qui les a poussé à utiliser les réseaux et applications pourris.

      Je prends quelques notes, vu que des potes me demandent comment j’ai fait pour désactiver un maximum de trucs sur mon smartphone pour ne m’en servir que comme téléphone (ou presque). A savoir aussi qu’il faut arrêter de donner son vrai numéro de téléphone qui sert désormais d’identificateur sans qu’aucune loi n’oblige à être sous smartphone, se mettre à échanger nos cartes de crédit, utiliser des comptes à plusieurs personnes (de confiance…oupa) et en partager les accès. Désindividualiser les usages.

      Et apprendre à se servir de l’informatique, des B.A BA comme les applis où ne peut plus lire le code source contrairement aux pages internet donc refuser les applis. Apprendre aussi à refuser de ficher son entourage. Arrêter de faire passer les résistant·es pour des demeurées qui exagèrent.

  • Pour la reconnaissance du #génocide des #Roms et des Voyageurs

    https://contre-attaque.net/2025/04/11/pour-la-reconnaissance-du-genocide-des-roms-et-des-voyageurs

    FOISNEAU Lise, Le Génocide des « nomades » : figures du déni, revue L’homme, 2024

    https://shs.cairn.info/revue-l-homme-2024-1-page-113?lang=fr

    La question politique qui reste désormais en suspens est celle de savoir pourquoi certains historiens ont décidé de refuser aux Roms, #Sinti, #Manouches, #Gitans, #Yéniches et #Voyageurs le statut de victimes d’un génocide sur le sol français. Il reste aussi à s’interroger sur le choix de l’État de soutenir un projet de musée-mémorial qui nie la portée raciale et génocidaire de la persécution des « Nomades ». En 2024, les descendants ayant résisté à la sédentarisation forcée initiée après-guerre ne peuvent toujours pas choisir librement leurs lieux de vie et demeurent enfermés dans un réseau d’aires d’accueil. Ce dispositif fonctionne grâce à l’identification d’un groupe donné – les « gens du voyage » – qui est encore fiché par les services de police et de gendarmerie, mais aussi par le biais de terrains désignés, d’un monitorage de leurs activités économiques et d’une surveillance de leurs pratiques éducatives. Le débat autour de la qualification des persécutions de la Seconde Guerre mondiale n’est donc pas réservé aux historiens : la manière dont il est posé détermine, en partie, les relations que nous entretenons aujourd’hui avec les Roms, Sinti, Manouches, Gitans, Yéniches et Voyageurs.

    #anti-tsiganisme

  • YouTube says Nope! to age-gating Balatro videos | The Verge
    https://www.theverge.com/news/645257/youtube-balatro-univeristy-videos-age-gated-localthunk

    “Videos featuring Balatro gameplay should not be age-restricted,” YouTube says in a post on X. We’re reviewing the age-restrictions on these videos and conducting a platform-wide review. Thanks for your patience as we fix!”

    #jeu_vidéo #jeux_vidéo #jeu_vidéo_balatro #youtube #pegi #modération

  • Why #YouTube is obsolete: From linear #video content to AI-mediated multimodal knowledge
    https://redasadki.me/2025/04/06/why-youtube-is-obsolete-from-linear-video-content-to-ai-mediated-multimoda

    Does the educational purpose of video change with AI? The purpose of video in education is undergoing a fundamental transformation in the age of #Artificial_Intelligence. This medium, long established in digital #Learning environments, is changing not just in how we consume it, but in its very role within the learning process. Video has always been a problem in education Video has always presented significant challenges in educational contexts. Its linear format makes it difficult to skim or scan content. Unlike text, which allows learners to quickly jump between sections, glance at headings, or scan for key information, video requires sequential consumption. This constraint has long been problematic for effective learning. Furthermore, in many regions where our learners are based, (...)

    #Global_health #knowledge_construction #knowledge_consumption #knowledge_theory #learning_theory #linear_content

  • #Bombardements au #Yémen : républicains et démocrates main dans la main
    https://lvsl.fr/bombardements-au-yemen-republicains-et-democrates-main-dans-la-main

    Bavure monumentale ou routine de la machine de guerre américaine ? En préparant une frappe au Yémen, de hauts responsables de l’administration #Trump ont accidentellement ajouté un journaliste à leur conversation Signal. Stupeur et tremblements. L’information la plus scandaleuse, à lire la presse ? Non pas la destruction d’un immeuble résidentiel pour tuer un seul combattant Houthi, […]

    #International #Les_États-Unis,une_puissance_menacée ? #Houthis #J._D._Vance #Mike_Walz #Tulsi_Gabbard

    • Et autre alternative au #teflon (pas essayé) :
      COOK-PAL

      We have successfully developed supreme rust-resistant and anti-caking steel woks and frying pans.

      Oil soaks smoothly into our woks and frying pans letting you cook with greater ease.

      Most steel woks and frying pans suffer from rusting and caking but our products overcome these problems as they have been optimised with a high heat treatment which keeps them free from rust and gives them lifetime protection.

      YOSHIKAWA Innovation with confidence. A genuine “steel made product”. Try out products and you will be using them for a lifetime.

      https://www.yoshikawa-group.co.jp/e/kitchen/products/cook-pal_ren.htm

      #japon #cook-pal #cookpal #Nitruration #Fonte #YOSHIKAWA

    • Et une autre alternative, que j’ai, celle-ci, testée et adoptée :

      Poêles en Acier Mineral B

      Héritage de la Gastronomie Française, l’ustensile en acier est emblématique de la cuisine de nos grands-mères.

      Indémodable, pour saisir, griller, dorer, il détient jalousement les secrets de la réaction de Maillard : une caramélisation en surface des sucs naturels des aliments et un moelleux à l’intérieur.

      Naturellement sans revêtement, inusable, se bonifiant avec le temps, il se transmet de génération en génération.

      En tôle d’acier protégée avec de la cire d’abeille, Mineral B est naturelle et robuste.

      Sa coupe lyonnaise évasée et bombée, favorise la glisse des aliments. La queue rivetée, courbée à la française est confortable et éloignée de la source de chaleur.

      https://www.debuyer.com/fr/content/95-poeles-en-acier-mineral-b
      #acier #De_Buyer

      déjà signalé ici :
      https://seenthis.net/messages/1048671#message1053817

    • #Cookut


      https://www.cookut.com
      –-> poêle légère, sans PFAS et dont le revêtement est durable (sauf si ça chauffe trop)

      Plus en détail :

      Un revêtement 100% minéral SANS PFAS au contact des aliments

      L’Incroyable Cocotte et les autres accessoires de cuisson possèdent un revêtement totalement minéral et naturel : sans PFAS, sans BPA, sans PTFE, sans cadmium, sans PFTE, sans nickel.

      Concrètement ce revêtement est obtenu simplement lors de la #vitrification à haute température du principal composant du sable (silice) et d’eau. Il n’y a aucune substance organique controversée issue du pétrole.

      Cela signifie que cuisiner dans un ustensile Cookut est 100% sain, ce qu’attestent les nombreux tests réalisés par des laboratoires indépendants.

      En plus d’être totalement inerte pour la santé, le revêtement obtenu est à la fois antiadhérent et solide.

      Un coeur en alliage d’aluminium

      Afin d’obtenir les meilleures performance de chauffe et un poids réduit, nous avons choisi un alliage d’aluminium haute performance. L’aluminium présent dans cet alliage ne peut pas se diffuser dans la nourriture, même en présence de traces d’usure normales. Les tests indépendants en laboratoire prouvent la non diffusion d’Aluminium dans la nourriture.

      L’aluminium a souvent mauvaise presse car pendant longtemps des casseroles « tout en aluminium » ont été utilisées. Ces produits qui pouvaient présenter un risque sur la durée sont interdits depuis des années en Europe. Le coeur en aluminium encapsulé dans le sable vitrifié de notre cocotte n’a aucun rapport avec ces produits anciens.

      Pour rappel, l’aluminium est le 2ème composant le plus présent dans la croute terrestre. Les quantités ingérés dans l’alimentation sont de loin les plus importantes au quotidien. A titre d’exemple, la plupart des légumes contiennent 5 à 10 mg d’Aluminium par kg.

      https://www.cookut.com/fr/ma-cocotte-personnalisable

      –—

      J’ai décidé d’aller voir L’incroyable cocotte dans un magasin pour poser 2-3 questions, notamment sur la durabilité.
      La vendeuse m’a dit « c’est sans PFAS et autres produits nocifs, mais ça reste un revêtement... du coup, au bout d’un temps il partira et la poêle ne sera plus anti-adhérante ». Elle dit « après 4-5 ans, quand le revêtement ne sera plus fonctionnel, il faudra changer la poêle/cocotte ». Du coup, pour moi, c’est niet.

  • Le Yémen au bord du gouffre

    Notre réaction naturelle à toute attaque étatsunienne contre un pays du Sud mondial est de la condamner, et c’est tout à fait correct. Les attaques étatsuniennes contre le Yémen ne font pas exception, d’autant plus qu’elles s’accompagnent de l’arrêt de l’aide humanitaire à une grande partie de ce pays pauvre et affligé. Cela est tout à fait cohérent avec le cours impérialiste poursuivi par les États-Unis dans l’Orient arabe en particulier, qui s’est fortement intensifié depuis l’agonie de l’Union soviétique, suivie de son effondrement. Depuis lors, nous avons assisté à une première guerre contre l’Irak, suivie d’une guerre de basse intensité accompagnée de l’étranglement du pays par le biais d’un embargo criminel, affectant principalement la population civile, et enfin de l’occupation et de ses conséquences désastreuses dont l’Irak continue de pâtir. Cela s’ajoute aux opérations de bombardement qui ont suivi et qui ont transformé l’Irak, le Yémen et la Syrie en un champ de tir pour les forces armées étatsuniennes, qui bombardent qui elles veulent, quand elles veulent et comme elles veulent avec leurs avions, leurs missiles et leurs drones.

    https://entreleslignesentrelesmots.wordpress.com/2025/03/25/oradour-coloniaux-une-accusation-frequente-apr

    #international #yemen

  • Pourquoi des youtubeurs info reconnus se retrouvent privés de publicité
    https://www.telerama.fr/television/pourquoi-des-youtubeurs-info-reconnus-se-retrouvent-prives-de-publicite-702

    Sujets controversés, événements sensibles… Pour rassurer les annonceurs, la plateforme soumet à ses vidéastes une liste de thèmes à éviter. Un cadre qui limite les youtubeurs journalistes dans leurs choix éditoriaux. Explications.
    Les vidéos du youtubeur Ludoc sont régulièrement démonétisées.

    Les vidéos du youtubeur Ludoc sont régulièrement démonétisées. Capture d’écran YouTube/Ludoc

    Par Marion Mayer

    Publié le 23 mars 2025 à 15h00

    Décembre 2024. Le réalisateur et vidéaste Ludoc sort sur sa chaîne YouTube une enquête haletante et fouillée sur la traque d’un pédocriminel, un documentaire de cinquante-six minutes pour sensibiliser les adolescents et leurs parents aux dangers d’Internet. Dans une « foire aux questions » qu’il publie pour raconter les coulisses du tournage, il est interrogé sur le coût de sa vidéo, et indique : « Je savais dès le début que ce n’était pas avec ce projet que j’allais me faire des sous parce que, sur YouTube, ce genre de sujet malheureusement est démonétisé [c’est-à-dire dans l’impossibilité de comporter des publicités et donc de rapporter de l’argent à son auteur, ndlr]. » Or quand il s’agit, comme ici, d’information et de sensibilisation, évoquer la pédocriminalité n’a rien de dangereux pour le public. Pourquoi les vidéos peuvent-elles ainsi se retrouver « démonétisées » selon leur sujet, sans que leur fond ou leur mode de traitement soit analysé ? Éléments de réponse.
    Comment fonctionne la monétisation sur YouTube ?

    Elle est gérée par la régie publicitaire de Google (propriétaire de la plateforme), AdSense. Elle permet à des annonceurs d’insérer des encarts publicitaires dans les vidéos des créateurs qui le souhaitent, tant que leur chaîne compte au moins mille abonnés et quatre mille heures de visionnage dans l’année écoulée. Ce sont les créateurs qui choisissent combien de coupures jalonneront chacune de leurs vidéos et à quel endroit. En revanche, ils ne peuvent pas choisir quelle publicité apparaîtra. « En général, YouTube récupère 45 % de ces revenus et le vidéaste, 55 % », précise Franck Rebillard, professeur en sciences de l’information et de la communication à la Sorbonne-Nouvelle et coauteur de La Machine YouTube. Contradictions d’une plateforme d’expression (éd. C & F, 2023).
    Pourquoi certaines vidéos sont-elles démonétisées ?

    « Pour garantir aux annonceurs que leurs publicités ne risquent pas d’être associées à des contenus litigieux », explique Franck Rebillard. Les « consignes relatives aux contenus adaptés aux annonceurs » sont d’ailleurs rendues publiques par Google. Il faut donc, pour avoir droit aux publicités, éviter un langage inapproprié, la violence, les contenus choquants, les vidéos sur les drogues ou les armes à feu, les controverses… Les transactions entre les annonceurs et YouTube étant automatisées, une intelligence artificielle est chargée de détecter les contenus problématiques. « Forcément, c’est assez grossier, puisque l’outil n’est pas capable d’interpréter, estime le chercheur. Il est donc possible qu’il bloque la monétisation d’un contenu qui traite de violences de manière appropriée et utile à la société. » Ludoc se souvient ainsi que l’année dernière, sa vidéo « Ce que le 11 Septembre a changé au cinéma » a été démonétisée, car comportant des images de l’attentat. Cela peut aussi être le cas de contenus traitant de violences sexistes et sexuelles, de conflits armés ou de certains faits divers, même si les créateurs que nous avons tenté de contacter semblent frileux à l’idée de donner des exemples précis.

    En cas de désaccord, « ils peuvent demander un examen individuel », selon un porte-parole de YouTube France, qui assure que le règlement est amené à évoluer dans un contexte de « multiplication des créateurs se réclamant du journalisme ». Le youtubeur actualité et politique Gaspard G, par exemple, note « une vraie amélioration ces dernières années au niveau de la politique de monétisation », notamment sur les « sujets pouvant être considérés comme “sensibles” ». Quant à Ludoc, dont la plupart des vidéos touchent à des sujets moins délicats, il n’a pas jugé utile de faire appel de la démonétisation de son documentaire : « Je comprends et respecte les règles, explique-t-il. Sachant qu’elle allait être démonétisée, j’ai réalisé la vidéo avec les moyens du bord, en bossant avec des amis, en occupant plusieurs postes et sans me rémunérer. »
    Quels sont les autres moyens de se rémunérer sur YouTube ?

    « Les partenariats sont, en grande partie, ce qui permet de produire les vidéos : c’est ce qu’on prend en compte quand on fait un budget. Les publicités ajoutées par la régie sont un bonus », confie Gaspard G, qui précise que les placements de produits lui permettent de générer 90 à 95 % du chiffre d’affaires de sa chaîne YouTube. Mais comment faire de la publicité au milieu d’un récit d’information sans perdre en crédibilité, en authenticité, ni même bien sûr en indépendance éditoriale ? Un vrai casse-tête pour certains, qui aimeraient « faire preuve d’exemplarité » en la matière, comme l’indique Gaspard G. Pour l’heure, il délivre encore les messages publicitaires dans ses vidéos, comme dans sa « Véritable histoire du féminisme » – il y vante en personne, pendant un peu plus d’une minute (sur les trente-sept que dure le récit), les mérites d’une marque de thé glacé. Un système dont il aimerait se détacher en n’incarnant plus lui-même le discours publicitaire. Son objectif : « faire évoluer le regard » sur sa profession et « adhérer à 100 % à la charte de Munich », la déclaration des droits et des devoirs des journalistes, qui stipule depuis 1971 qu’un journaliste ne peut pas être un panneau publicitaire.

    Toutefois, la chaîne de Gaspard G (qui base son budget sur les placements de produits, donc) n’est pas représentative de la majorité des créateurs de la plateforme, moins connus et plus dépendants de la monétisation sur YouTube, explique Franck Rebillard, précisant que « souvent, les personnes qui arrivent à solliciter des partenariats ou des dons sont celles qui ont déjà une grande notoriété ». Pour les autres, traiter de sujets sensibles représente encore plus un risque de travailler à perte, d’autant que les subventions telles que le Fonds d’aide aux créateurs vidéo sur Internet (CNC Talent) sont insuffisantes pour un secteur « amené à se renforcer », estime le député Arthur Delaporte (dans un article de Méta-Media). Pour lui, il faudrait que le budget alloué à la création sur YouTube passe de 2 à 10 millions d’euros. Mais une telle ambition pourrait-elle se concrétiser, alors qu’est demandé au secteur de la culture de se serrer la ceinture ?

    #YoiuTube #Economie_numérique #Franck_Rebillard #Machine_YouTube #Monétisation

  • Restaurant Kreuzberger Himmel an der Yorckstraße: Übers Essen sind wir alle verbunden
    https://www.berliner-zeitung.de/panorama/restaurant-kreuzberger-himmel-an-der-yorckstrasse-uebers-essen-sind

    16.3.2025 von Tina Hüttl - Wo essen gehen politisch wird: Im Kreuzberger Himmel wird Migration erfolgreich gelebt. Und zwar am Tisch, wo alle Nationen zum Essen zusammenkommen.

    Forschungsergebnisse zeigen, dass wir ungefähr 200-mal am Tag übers Essen nachdenken. Zieht man die Schlafenszeit ab, stellen wir uns etwa alle fünf Minuten ein Gemüsekebab, Schnitzel oder Schokotörtchen vor.

    Planen, weniger Zucker zu verzehren, entscheiden, wie wir den Blumenkohl würzen, wählen, welchen Joghurt wir kaufen oder was für ein Restaurant wir demnächst besuchen. Wie und was wir essen, hat Folgen für Gesundheit, Klima, Artenvielfalt und soziale Gerechtigkeit. Zum Glück muss man das heute niemandem mehr erklären.

    Aber nicht nur in dieser Hinsicht ist Essen politisch. Eine engagierte Kochbuchautorin und Gastrokollegin schrieb kurz vor der Wahl, dass ihre Gewürzschublade von Reisen durch die Welt erzähle, ihre Rezepte von Begegnungen mit Menschen unterschiedlichster Herkunft und jede Küche von Migrationsgeschichten und kulturellem Austausch. Sie rief daher dazu auf, sich bei der Bundestagswahl für diejenigen Parteien zu entscheiden, die das Fremde als bereichernd, nicht als bedrohlich ansehen.

    Aus Südamerika nach Europa

    Tatsächlich gibt es keine Esskultur, die sich ohne Migration und Handel entwickelt hätte. Man denke nur: Selbst die für die mediterrane Küche so entscheidende Tomate musste erst aus Südamerika nach Europa gelangen! Übers Essen sind wir alle verbunden. Hier sehen wir Vielfalt als selbstverständlich an. Hier macht uns Neues nicht ängstlich, sondern neugierig. Hier ist Fusion der natürliche Zustand.

    Genau daran, an diese positiven Gefühle und die kulinarische sowie gesellschaftliche Win-win-Situation, die durch Migration entsteht, knüpft auch das Restaurant an, das ich Ihnen heute vorstellen will. Es heißt Kreuzberger Himmel. Einmal, weil es die hohen, gewölbeartigen Räume der Sankt-Bonifatius-Kirche in der Yorckstraße bezogen hat. Zum anderen, weil als Betreiber der Verein „Be an Angel“ dahinter steht, der Geflüchtete bei der Integration in die Gesellschaft unterstützt und dazu 2018 dieses Restaurant eröffnete.

    Im „Himmel“, wie die Mitarbeiterinnen und Mitarbeiter ihren Laden liebevoll nennen, arbeiten Menschen aus Syrien, dem Irak, Pakistan und Afghanistan. Derzeit werden vier neue Servicekräfte ausgebildet. Einer, der selbst hier gelernt hat, ist nun ihr IHK-geprüfter Ausbilder.

    Bei meinem letzten Besuch durfte ich auch Rami Adham kennenlernen. Der 33-jährige Syrer ist seit 2017 in Berlin, hat als Kellner im Himmel angefangen, bis er mithilfe des „Be an Angel“-Vereins eine Ausbildungsstelle zum Koch im Berliner Restaurant Weltwirtschaft begann. Vor etwas mehr als einem halben Jahr ist Adham in den Kreuzberger Himmel zurückgekehrt – als neuer Küchenchef.

    Kein Mahl ohne Mezze

    Als solcher hat er gleich einige neue Gerichte auf die Speisekarte gesetzt: darunter Kebab Betahini und Zahra Betahini – ein Gericht mit sehr aromatischem Fleisch beziehungsweise geröstetem Blumenkohl mit karamellisierten Zwiebeln sowie einer cremigen Tahini-Soße, den ich sehr empfehle.

    Doch erstmal zu den Vorspeisen. Ein arabisches Mahl ist kein Mahl, wenn für den ersten Hunger nicht mindestens vier bis fünf Mezze in der Mitte des Tisches zum Teilen stehen. Die Mezze verantwortet Rima. Sie ist aus dem Libanon geflüchtet, hat aber syrische Wurzeln und – so betont sie – kocht alles mit „viel Liebe“.

    Natürlich braucht es am Tisch ein Schälchen Hummus als Grundlage. Ihrer hat die perfekte Geschmeidigkeit. Die Kichererbsen sind fein passiert und die Masse nicht klebrig. Denn mit der Sesampaste Tahini geht sie behutsam um. Ebenso haben der Knoblauch und das Olivenöl genau das richtige Maß. So steht der Geschmack der Hülsenfrüchte im Vordergrund, die mit Kreuzkümmel, Koriander und Zitrone gewürzt sind. Gut gefällt mir auch Schawandar, ein süßlich-erdiger Rote-Bete-Salat. Hier jedoch nicht als Rohkost, sondern aus gebackener, dann zerquetschter Bete zubereitet, die mit viel Minze und Walnüssen vermengt wird. Geschmacklich vertraut und doch neu ist das.

    Ebenso wenig kannte ich Khater, eine sahnige Frischkäsepaste, in die gegrillte rote Paprika, Nüsse und Oliven eingearbeitet sind. Mir ist sie zu üppig. Dafür esse ich umso mehr vom Nasektun, wohl ein Fantasiename, hinter dem ein leichter, mit Öl und Zitrone angemachter Salat aus feinst geschnippelten Oliven, Gurken, Karotten und Granatäpfeln mit viel Minze und Oregano steckt. Mit ebenso viel Liebe, sprich Geduld, Fleiß und Hingabe, sind die Kräuter für das hervorragende Taboulé gehackt, bei dem das wunderbar abgeschmeckte Grün und nicht der Bulgur dominieren. Schade ist nur, dass das dünne, zugekaufte Fladenbrot den generell hohen Anspruch unterläuft und kalt serviert wird.

    Besser man hält sich an die knusprig frittierten Fladenbrotchips, die sich im Klassiker, dem Fattusch-Salat, finden. Noch besser machen sie sich allerdings in Fatteh Makdusch, einem warmen Gericht, das süchtig machen könnte. Küchenchef Rami Adham betont, dass es ein 500 Jahre altes Rezept aus Damaskus sei. Streifen frittierten Fladenbrots, eine mit Tahini verrührte Joghurtsoße sowie Granatapfelkerne und Cashews krönen wie ein Deckel den darunter befindlichen würzigen Eintopf aus Tomaten, gebratenen Auberginen und Weinblättern. Einfach verrühren und löffeln, garantiert schmeckt das unvergesslich.

    Wahlweise kann man dieses Gericht auch mit Huhn oder Rinderhack bestellen, was nicht nötig ist. Generell schmecken mir die fleischlosen Kreationen auf der Speisekarte besser, etwa Rami Adhams Blumenkohl Zahra Betahini. Dabei geben karamellisierten Zwiebeln dem gebackenen Kohl das Umami, die Tahinisoße die Frische. Perfekt ist auch der luftige persische Reis dazu.

    Im Kreuzberger Himmel kursieren stets neue Ideen, weil sich hier so viele unterschiedliche Menschen engagieren. Seit Russlands Überfall ist der Verein „Be an Angel“, der über die Jahre zu einer weltweit tätigen Organisation mit vielen NGO-Partnern herangewachsen ist, in der Ukraine aktiv. Seit März 2022 lebt der Vereinsinitiator Andreas Toelke in Odessa, seine Organisation hat Hilfsgüter im Gesamtgegenwert von 60 Millionen ins Land und um die 30 000 Zivilisten aus umkämpften Gebieten aus dem Land geschafft. Nun konzentriert man sich dort auf den Wiederaufbau. Und in Berlin? Plant das Kreuzberger-Himmel-Team demnächst ukrainische Wochen auf der Speisekarte.

    Kalte und warme Vorspeisen 7,10–8,90 Euro, Hauptspeisen 13,80–21,10 Euro, Desserts 5 Euro

    Restaurant Kreuzberger Himmel. Yorckstraße 89, 10965 Berlin, Di–Sa 12–23 Uhr, Tel.: 030 92142782, https://www.kreuzberger-himmel.de

    #Berlin #Kreuzberg #Yorckstraße #Gastronomie #Restaurant

  • #Ubuntu_25.04 #yaru Theme Update Brings New Icons
    https://www.omgubuntu.co.uk/2025/03/ubuntu-25-04-yaru-theme-update-brings-new-icons

    With Ubuntu 25.04 feature freeze now in effect the final licks of polish and paint have begun landing — including an update to Ubuntu’s Yaru theme. The Yaru theme is composed of a modified GTK4/libadwaita stylesheet, GNOME Shell theme, icon pack, and set of system sounds. With visual change and new features in GNOME 48 to account for, the design team working on Yaru have dutifully update the theme to accommodate. Most of the changes are subtle, but Yaru’s oversized icon bug I reported on last month? Fixes to address that did make it in. Thus, in 25.04 you may […] You’re reading Ubuntu 25.04 Yaru Theme Update Brings New Icons, a blog post from OMG! Ubuntu. Do not reproduce elsewhere without (...)

    #News

  • Au #Maroc, les #voix_dissidentes victimes d’un « tour de vis de la #répression »
    https://www.lemonde.fr/afrique/article/2025/03/10/au-maroc-les-voix-dissidentes-victimes-d-un-tour-de-vis-de-la-repression_657

    Au Maroc, les voix dissidentes victimes d’un « tour de vis de la répression »
    L’arrestation de quatre membres de la famille du youtubeur Hicham Jerando, début mars, a été suivie par les lourdes condamnations du militant des droits humains Fouad Abdelmoumni et d’un citoyen ayant critiqué la reconstruction après le séisme de 2023.

    Le tribunal de Rabat, en avril 2023. FADEL SENNA / AFP
    La répression contre les voix dissidentes a franchi un palier supplémentaire au Maroc avec l’interpellation, début mars, de quatre membres de la famille du youtubeur Hicham Jerando. Installé au Canada, ce Marocain très actif sur les réseaux sociaux entend dénoncer dans ses publications la « corruption » dont se rendraient coupables des personnalités publiques et des hauts responsables du royaume.

    Lire aussi | Article réservé à nos abonnés L’arrestation de complices de Mohamed Amra, illustration de la bonne coopération judiciaire entre la France et le Maroc

    Si les autorités marocaines sont coutumières des mesures d’intimidation exercées sur l’entourage des défenseurs de la liberté d’expression, elles n’avaient pas, jusqu’ici, procédé à l’arrestation simultanée de plusieurs membres de la famille d’un dissident. C’est pourtant ce qui s’est produit avec l’intervention de la Brigade nationale de la police judiciaire de Casablanca, qui a interpellé et déféré le 1er mars devant le tribunal d’Aïn Sebaa la sœur d’Hicham Jerando, le mari de celle-ci, le neveu et la nièce du #youtubeur, Malak, âgée de 13 ans et atteinte d’une maladie rare.

    Tous quatre – ainsi qu’un militant local de l’Association marocaine des droits humains (AMDH) présent au moment du coup de filet – sont poursuivis pour complicité d’outrage à une instance constitutionnelle, diffusion de faits mensongers pour atteinte à la vie privée d’autrui et participation au délit de menaces. La mineure, placée depuis dans un centre de protection de l’enfance, aurait acheté des puces électroniques afin d’aider sa #famille à communiquer avec Hicham Jerando, désigné comme « suspect principal en fuite à l’étranger » dans le communiqué du procureur, que Le Monde a pu consulter.