• Mirabel et Blacons : la lutte continue contre les antennes haut débit du New Deal Mobile
    https://ricochets.cc/Mirabel-et-Blacons-la-lutte-continue-contre-les-antennes-haut-debit-du-New

    Pour les blaconnais, possible de répondre à un sondage express proposé par la mairie. Dernier jour pour y répondre ce vendredi 29 mars, voir pdf joint.. Déroulé des dernières "péripéties : 13 mars : le Conseil municipal décide de refuser la déclaration de travaux à SFR pour l’implantation de l’antenne à la salière pour des raisons d’esthétique du village et de non compatibilité avec un élément du PLU. Selon le collectif d’opposants : << Plusieurs options s’offrent désormais à la (...) #Les_Articles

    / Mirabel & Blacons, #Technologie

    #Mirabel_&_Blacons
    https://www.numerama.com/politique/641439-votre-maire-peut-il-refuser-la-5g.html

  • #How_To Mirror Your #iphone’s screen on Ubuntu Desktop
    https://www.omgubuntu.co.uk/2024/03/how-to-mirror-your-iphone-ipad-to-ubuntu

    Want to mirror your iPhone screen on your Ubuntu desktop? There’s a free, open-source app you can install from the Ubuntu repos to do exactly that. If you’re looking to mirror your iPhone or iPad to Ubuntu #UxPlay is the easy way to do it — and it’s free, open-source software The app is called UxPlay and once it’s installed you can quickly share your iPhone or iPad screen to Ubuntu (with audio) — and you don’t need to install an app on your #Apple device to use it. Whatever shows on your Apple device screen is streamed to your […] You’re reading How to Mirror Your iPhone’s screen on Ubuntu Desktop, a blog post from OMG! Ubuntu. Do not reproduce elsewhere without (...)

    #Mirroring

  • Miracle-WM: New #tiling #Wayland Compositor Based on #mir
    https://www.omgubuntu.co.uk/2024/02/miracle-wm-tiling-wayland-compositor-mir

    Fans of tiling window managers like i3, Sway, and Hyprland will be interested to hear there’s a new option in town called Miracle-WM. Created by Canonical engineer Matthew Kosarek, Miracle-WM is notable for being a Wayland compositor that is based on Mir. For those with long memories, Mir began life as a replacement for X. It was intended to become the default display server in Ubuntu desktop instead of Wayland. Controversy and acrimony ensued, then Canonical’s plans for Ubuntu changed, and so did the scope and purpose of Mir. Development on Mir continued and the project matured as it focused […] You’re reading Miracle-WM: New Tiling Wayland Compositor Based on Mir, a blog post from OMG! Ubuntu. Do not reproduce elsewhere without (...)

    #News

  • GNOME #network Displays Adds Support for MICE, #chromecast
    https://www.omgubuntu.co.uk/2024/02/gnome-network-displays-adds-support-for-mice-chromecast

    The latest version of the GNOME Network Displays app lets you stream your desktop to a #wireless_display using the Chromecast and #miracast over Infrastructure (MICE) protocols. Both features had been in development for a while and were long-standing requests from many in the community. To see both land in a recent release of GNOME Network Displays 0.9 is great #News, and makes working with wireless displays a lot easier. You can use GNOME Network Displays to mirror your screen or create a virtual screen. MICE support has been tested to stream a GNOME desktop to an LG WebOS smart […] You’re reading GNOME Network Displays Adds Support for MICE, Chromecast, a blog post from OMG! Ubuntu. Do not reproduce elsewhere without (...)

    #App_Updates

  • Alerte ! Projet d’antenne relais de 38m avec 5G à Mirabel et Blacons
    https://ricochets.cc/Alerte-Projet-d-antenne-relais-sFR-de-38m-avec-5G-a-Mirabel-et-Blacons_reu

    On transmet cette information préoccuppante, avec en PS des infos venant de la mairie et le dossier sur le projet d’antenne qu’elle fournit, plus quelques notes complémentaires. Message provenant du 1er collectif d’opposant.e.s : ALERTE ! Construction d’un PYLÔNE de 38m - ANTENNE RELAIS à Mirabel et Blacons Il y a deux semaines, la mairie de notre commune a validé la construction d’un pylône antenne relais d’une hauteur d’un immeuble de 13 étages devant le cimetière de la Salière, (...) #Les_Articles

    / Mirabel & Blacons, #Ecologie, #Technologie, #Vallée_de_la_Drôme

    #Mirabel_&_Blacons
    https://www.mirabel-et-blacons.fr/wp-content/uploads/2024/02/Dossier-Information-Mairie-Antenne-Relais.pdf
    https://www.mirabel-et-blacons.fr/2024/02/14/installation-dune-antenne-relais-sur-mirabel-et-blacons
    https://www.circet.fr
    https://www.circet.com

  • Qu’est-ce que la « neige industrielle », ce phénomène météorologique observé par endroits en France ce week-end ? - Le Parisien
    https://www.leparisien.fr/meteo/quest-ce-que-la-neige-industrielle-ce-phenomene-meteorologique-observe-pa

    Si ces conditions sont souvent synonymes de brouillards et stratus tenaces dans les plaines et les vallées, c’est l’activité humaine qui produit cette neige. « La pollution liée aux industries, à la circulation, aux appareils de chauffage vient charger l’air ambiant d’humidité supplémentaire mais aussi de petites particules solides appelées noyaux de condensation », explique Météo France. C’est alors que « par température négative et en l’absence de vent, la vapeur d’eau se fixe sur ces noyaux, gèle et se transforme en neige », précise le service météorologique.
    Des chutes de neige difficiles à prévoir

    Dans le quartier de Saint-Simon, à Toulouse (Haute-Garonne), cette neige également dite « de pollution » est tombée en raison de la présence de l’incinérateur du Mirail, le plus polluant de France. Cela explique notamment pourquoi ces zones où tombe la neige industrielle sont très localisées.

  • La trama di Camini: storie senza confini da un piccolo paese della Locride

    Nel Comune in provincia di Reggio Calabria c’è dal 2019 #Ama-La, un laboratorio tessile eco-solidale aperto grazie ai fondi 8xmille dell’Unione Buddhista Italiana che accompagna le donne rifugiate e vittime di violenza verso l’integrazione e l’autonomia. In questi anni il paese è rinato

    Si chiama filoxenia lo spirito di Camini, piccolo paese della Locride, in provincia di Reggio Calabria. È l’esatto contrario di xenofobia, la paura dello straniero. Proprio qui nel 2019 -grazie ai fondi 8xmille dell’Unione buddhista italiana- nell’ambito di un progetto del Sistema accoglienza integrazione (Rete Sai, già Siproimi e Sprar) è nato Ama-La, un laboratorio tessile eco-solidale le cui trame trascendono il telaio.

    Lo racconta Rosario Zurzolo, presidente della cooperativa sociale Eurocoop Servizi “Jungi mundu” (che in dialetto locale significa “unisci il mondo”). “Ama-La accoglie e accompagna da quattro anni donne rifugiate da diversi Paesi, vittime di violenza di genere e altre persone migranti con storie differenti, in un processo di formazione e di crescita dell’autostima, con l’obiettivo di appropriarsi del proprio potenziale creativo, imparare un mestiere e raggiungere l’autonomia”.

    Giuliano Ienco è uno dei maestri artigiani del laboratorio: “Donne e ragazze provengono da Paesi di culture diverse, nei primi anni soprattutto da Eritrea, Senegal, Yemen e oggi da Siria, Nigeria, Afghanistan, Libia, Marocco. Nei sei mesi di corso spieghiamo le tecniche di base della tessitura e tramandiamo i saperi tradizionali calabresi, come la tecnica della pezzara, ottenuta da stoffe di riciclo e recupero, ma ogni anno affrontiamo anche un ʻfilo’ diverso, ad esempio la ginestra, il baco da seta o la coltivazione a lino”.

    Al mattino Giuliano insegna alle donne a usare il telaio e spiega i vari sistemi di tessitura, mentre il pomeriggio Caterina gestisce la parte dedicata all’eco printing (la pittura con tecniche naturali, ad esempio con le foglie). Dai telai, a seconda del talento, della cultura e della capacità espressiva delle partecipanti escono poi borse, abiti e cinture, coprispalle, borsellini, cappelli, collane ma anche tappeti e tovagliette, che si possono acquistare in loco od ordinare sulla pagina Facebook. “L’obiettivo principale del laboratorio -spiega Giuliano- non è però il profitto, ma il benessere delle persone e il riconoscimento delle loro stesse capacità: essere apprezzate è importante per tutti ed è il primo passo per ritrovare autostima e fiducia”. Una ragazza siriana e una donna afghana hanno trovato proprio qui uno sbocco lavorativo, mentre tante altre hanno proseguito il loro progetto migratorio.

    Ma il maggiore valore aggiunto è che la comunità di Camini, circa 750 abitanti, il centro storico in collina a otto chilometri dalla località costiera, grazie al progetto di ospitalità Sai e alle sue attività sta vivendo una rinascita, fondata proprio sull’accoglienza. “Il paese oggi è vivo -spiega Zurzolo-, lo spopolamento, endemico nel territorio, si è interrotto, nonostante manchino ancora le strade e molti altri servizi essenziali; i giovani stanno rientrando, alcuni migranti si sono fermati, riaprono negozi e attività”. Un piccolo miracolo, in un contesto tanto bello quanto complicato.

    “I servizi nascono solo dove c’è gente -chiarisce Rosario- e il turismo di un mese all’anno per un borgo dell’entroterra non era sufficiente a creare un circolo virtuoso. La chiave per il cambiamento è stato un atto di coraggio, ovvero dare la massima disponibilità possibile per il progetto Sai -118 persone migranti da accogliere-. Questa apertura all’’altro’ è stata possibile perché non ci è stato imposta dall’alto ma è stata condivisa con piena consapevolezza dalla comunità”.

    Rosario è stato così testimone di un piccolo miracolo. Numeri piccoli, ma importanti, perché hanno validato un modello che negli ultimi tempi era stato messo -a torto o a ragione- in discussione: nel centro storico interno vivono oggi circa 300 persone, molte delle quali hanno a che fare con il progetto Sai, ma anche cittadini residenti, italiani e stranieri. I primi, terminato il percorso di accoglienza, hanno deciso di rimanere sul territorio, i secondi hanno scelto di tornare e di investire sul borgo. “Nel 2011, come era successo in diversi centri della Locride, la scuola materna era stata chiusa e restava solo una pluriclasse di otto bambini, con due insegnanti. A dodici anni di distanza con la nascita di nuovi bambini, ci sono due sezioni della materna, quattro classi di elementari e una ventina di persone assunte, tra insegnanti e personale non docente. Ma soprattutto i bambini possono rimanere a fare scuola qui”.

    “Ho visto un paese scomparire e poi risorgere dalle ceneri, grazie alla forza delle persone -continua Rosario-. Più di uno è salito verso Camini per lavorare o per fare l’imprenditore. Oltre a me erano rimasti alcuni ex-compagni di scuola della mia generazione, poi un paio di ragazzi che erano in Inghilterra sono tornati per lavorare con la cooperativa. Abbiamo potuto creare diversi laboratori artigianali per mantenere vive le nostre tradizioni, ceramica, falegnameria, liuteria, e corsi di cucina locale e siriana che hanno luogo all’interno del bar-ristorante Jungi Mundu”.

    Le storie personali si sono incrociate con le scelte dell’amministrazione comunale e hanno fatto la differenza. “Abbiamo puntato sull’autonomia abitativa: le case lasciate vuote dagli italiani e dalle italiane, infatti, ora sono occupate dalle persone rifugiate. E si è invertita la tendenza. Così quest’anno un ventitreenne del luogo ha deciso di tornare e ha aperto un salone di parrucchiere, aperto tre giorni alla settimana, dove vengono a tagliarsi i capelli anche dai Comuni limitrofi. Cose mai viste”. I turisti di passaggio nel borgo storico, finalmente, si possono fermare a dormire qui, da giugno a settembre, grazie a un progetto di turismo solidale e trovano il bar e ristorante, le botteghe di prodotti locali e i servizi essenziali, come la Posta e il suo bancomat. Il paese è vitale, a luglio il Kaminion fest l’ha fatto risuonare di musiche e discorsi.

    Rosario ha un’idea molto chiara: “La cosa positiva è che abbiamo creato almeno l’opportunità di scegliere se restare”. Le storie sono tante. Filmon è un ragazzo eritreo che ha comprato casa con la famiglia e l’ha ristrutturata grazie a una quota dei fondi 8xmille di Unione buddhista italiana e ora fa il miele. La curatrice, Chiara Scolastica Mosciatti, ha aperto qui Duçicontemporanea, una galleria e studio d’arte e, proprio ora, a ottobre 2023 un gruppo tedesco ha inaugurato la stalla recuperata per residenze teatrali con uno spettacolo di teatro all’aperto.

    “In sintesi, pur non avendo niente, siamo diventati un’attrazione, un paese aperto a differenze culturali e religiose dove si respira l’atmosfera di felice convivenza -dice Zurzolo- quasi di fratellanza. Il Laboratorio Ama-La, espressione di derivazione tibetana che significa ʻdonna e madre’, resta il simbolo di questo percorso, perché le storie delle donne che lo frequentano sono le nostre storie e non hanno confini. Questo non è solo un posto di lavoro, è anche luogo di conforto e di cura, dove le donne possono bere un tè e condividere i propri percorsi, tra di loro o con l’assistenza di psicologa, educatrice, assistente sociale. Una terapia ʻdello stare insieme’ e del ʻparlare insieme’, aperto a tutti, anche a persone del luogo”.

    https://altreconomia.it/la-trama-di-camini-storie-senza-confini-da-un-piccolo-paese-della-locri
    #textile #accueil #réfugiés #asile #migrations #Italie #Calabre #femmes_migrantes #Jungi_mundu #Giuliano_Ienco #miracle #dépeuplement #repeuplement #artisanat

  • « Chute libre » : un cadre supérieur à Pôle emploi
    https://www.lemonde.fr/emploi/article/2023/07/17/chute-libre-un-cadre-superieur-a-pole-emploi_6182281_1698637.html

    Dans ce nouvel environnement, les chausse-trapes sont nombreuses : on se laisse entraîner par le chant envoûtant des bonimenteurs proposant des programmes de réinsertion, on accepte un stage non rémunéré et non déclaré, espérant se remettre le pied à l’étrier. Et on répond positivement à de nouvelles connaissances qui vous proposent de vous investir dans des projets professionnels mal ficelés et sans issue. « Les angoisses générées par le chômage : peur de perdre la main et de ne plus jamais rien trouver, peur de se faire oublier, peur de n’avoir rien à raconter aux enfants, à son entourage, peur de ne plus avoir d’argent, vous font sauter sur n’importe quel projet, même farfelu, reconnaît M. Marot. Et travailler gratuitement, c’est toujours travailler. »

    Autre épreuve : le regard des autres évolue. A commencer par celui de l’entourage familial et amical. « La légèreté disparaît souvent, faisant place à une inquiétude gênée », explique l’auteur. Des liens se distendent, des tensions peuvent naître. Les échanges professionnels ne sont également plus les mêmes. Dans sa quête d’emploi, l’auteur a pu rencontrer des marques d’infantilisation, de condescendance. De quoi le renvoyer avec constance à son statut de chômeur.
    En publiant ce récit, l’auteur a voulu mettre en lumière ce qu’on passe souvent sous silence lorsqu’on évoque le chômage. Au-delà des statistiques sur les demandeurs d’emploi, il y a une expérience déstabilisante, une perte de repères épuisante sur le plan psychologique, « une course contre la montre avec, en ligne de mire, la fin des droits ».

    L’histoire se termine bien pour M. Marot : il a finalement retrouvé des collaborations et avec elles un rythme, des journées remplies, et la sensation de faire à nouveau partie d’une société dont beaucoup de #chômeurs se sentent exclus. Demeurent toutefois quelques cicatrices issues de ce parcours du combattant : une moindre confiance en soi, la perte d’une certaine légèreté, une tendance à surveiller les attitudes de ses chefs et collègues. Une forme de paranoïa, reconnaît-il. La sensation, au fond, que la vie professionnelle est terriblement fragile et qu’un rien pourra, à nouveau, le faire chuter.

    « Chute libre », de François Marot, Chemins de traverse, 154 p., 16,50 €.

    #miroir_pour_cadres

    • Les cadres, on ne pouvait pas les saquer à actuchômage.

      Après avoir passé des années à chier sur les précaires, ils se retrouvent comme des nazes quand c’est leur tour : « Pourquoi MOIIIII ! »

      Parce qu’au final, c’est toujours ça dont il est question, de leur pauvre petit nombril maltraité et de l’injustice du monde quand ça s’abat sur leur petit dos courbé de méritant

      Aucune contextualisation, aucune remise en question du genre « ah ben, finalement, j’étais juste un gros con imbu de moi-même ! », aucune conscience collective, si ce n’est utiliser tous ses privilèges pour retrouver sa juste place… et recommencer à chier sur les autres.

  • Migrations : l’Union européenne, droit dans le mur

    La Commission européenne affirme que l’UE ne finance pas de « murs » anti-migrants à ses #frontières_extérieures, malgré les demandes insistantes d’États de l’est de l’Europe. En réalité, cette « ligne rouge » de l’exécutif, qui a toujours été floue, s’efface de plus en plus.

    Le 14 juin dernier, le naufrage d’un bateau entraînait la noyade de centaines de personnes exilées. Quelques jours auparavant, le 8 juin, les États membres de l’Union européenne s’enorgueillissaient d’avoir trouvé un accord sur deux règlements essentiels du « Pacte européen pour l’asile et la migration », qui multipliera les procédures d’asile express dans des centres de détention aux frontières de l’Europe, faisant craindre aux ONG une nouvelle érosion du droit d’asile.

    Dans ce contexte délétère, un groupe d’une douzaine d’États membres, surtout d’Europe de l’Est, réclame que l’Union européenne reconnaisse leur rôle de « protecteurs » des frontières de l’Union en autorisant le financement européen de murs, #clôtures et #barbelés pour contenir le « flux migratoire ». Le premier ministre grec, Kyriákos Mitsotákis, avait même estimé que son pays était en première ligne face à « l’invasion de migrants ».

    Officiellement, la Commission européenne se refuse toujours à financer les multiples projets de clôtures anti-migrants qui s’érigent le long des frontières extérieures de l’UE. « Nous avons un principe bien établi : nous ne finançons pas de murs ni de barbelés. Et je pense que cela ne devrait pas changer », avait encore déclaré Ylva Johansson, la commissaire européenne aux affaires intérieures, le 31 janvier. Pourtant, la ligne rouge semble inexorablement s’effacer.

    Le 7 octobre 2021, les ministres de douze États, dont la #Grèce, la #Pologne, la #Hongrie, la #Bulgarie ou les #Pays_baltes, demandaient par écrit à la Commission que le financement de « #barrières_physiques » aux frontières de l’UE soit une « priorité », car cette « mesure de protection » serait un outil « efficace et légitime » dans l’intérêt de toute l’Union. Une demande qu’ils réitèrent depuis à toute occasion.

    Les États membres n’ont pas attendu un quelconque « feu vert » de la Commission pour ériger des clôtures. Les premières ont été construites par l’Espagne dans les années 1990, dans les enclaves de Ceuta et Melilla. Mais c’est en 2015, après l’exil de centaines de milliers de Syrien·nes fuyant la guerre civile, que les barrières se sont multipliées. Alors que l’Union européenne comptait 315 kilomètres de fil de fer et barbelés à ses frontières en 2014, elle en totalisait 2 048 l’an passé.

    Depuis 2021, ce groupe d’États revient sans cesse à la charge. Lors de son arrivée au sommet des dirigeants européens, le 9 février dernier, Victor Orbán (Hongrie) annonçait la couleur : « Les barrières protègent l’Europe. » Les conclusions de ce sommet, ambiguës, semblaient ouvrir une brèche dans la politique européenne de financement du contrôle aux frontières. Les États demandaient « à la Commission de mobiliser immédiatement des fonds pour aider les États membres à renforcer […] les infrastructures de protection des frontières ».

    Dans ses réponses écrites aux questions de Mediapart, la Commission ne mentionne plus aucune ligne rouge : « Les États membres ont une obligation de protéger les frontières extérieures. Ils sont les mieux placés pour définir comment le faire en pratique d’une manière qui […] respecte les droits fondamentaux. »

    Si l’on en croit le ministre de l’intérieur grec, Panagiótis Mitarákis, les dernières résistances de la Commission seraient en train de tomber. Le 24 février, il affirmait, au sujet du projet grec d’#extension et de renforcement de sa clôture avec la Turquie, le long de la rivière #Evros, que la Commission avait « accepté que certaines dépenses pour la construction de la barrière soient financées par l’Union européenne ».

    Pour Catherine Woollard, de l’ONG Ecre (Conseil européen pour les réfugiés et exilés), « c’est important que la Commission résiste à ces appels de financement des murs et clôtures, car il faut respecter le droit de demander l’asile qui implique un accès au territoire. Mais cette position risque de devenir symbolique si les barrières sont tout de même construites et qu’en plus se développent des barrières d’autres types, numériques et technologiques, surtout dans des États qui utilisent la force et des mesures illégales pour refouler les demandeurs d’asile ».

    D’une ligne rouge à une ligne floue

    Au sein de l’ONG Statewatch, Chris Jones estime que « cette “ligne rouge” de la Commission européenne, c’est du grand n’importe quoi ! Cela fait des années que l’Union européenne finance des dispositifs autour ou sur ces clôtures, des #drones, des #caméras, des #véhicules, des #officiers. Dire que l’UE ne finance pas de clôtures, c’est uniquement sémantique, quand des milliards d’euros sont dépensés pour fortifier les frontières ». Même diagnostic chez Mark Akkerman, chercheur néerlandais au Transnational Institute, pour qui la « #ligne_rouge de la Commission est plutôt une ligne floue ». Dans ses travaux, il avait déjà démontré qu’en 2010, l’UE avait financé l’achat de #caméras_de_vidéosurveillance à #Ceuta et la construction d’un #mirador à #Melilla.

    Lorsqu’il est disponible, le détail des dépenses relatives au contrôle des frontières montre que la politique de non-financement des « murs » est une ligne de crête, car si la Commission ne finance pas le béton ni les barbelés, elle finance bien des #dispositifs qui les accompagnent.

    En 2021, par exemple, la #Lituanie a reçu 14,9 millions d’euros de fonds d’aide d’urgence pour « renforcer » sa frontière extérieure avec la Biélorussie, peut-on lire dans un rapport de la Commission. Une frontière qui, selon le ministère de l’intérieur lituanien, contacté par Mediapart, est « désormais longée d’une clôture de 530 km et d’une barrière surmontée de fils barbelés sur 360 kilomètres ». Si la barrière a pesé 148 millions d’euros sur le #budget de l’État, le ministère de l’intérieur affirme que la rénovation de la route qui la longe et permet aux gardes-frontières de patrouiller a été financée à hauteur de « 10 millions d’euros par des fonds européens ».

    En Grèce, le détail des dépenses du gouvernement, dans le cadre du fonds européen de sécurité intérieur, de 2014 à 2020, est éclairant. Toujours le long de la rivière Evros, là où est érigée la barrière physique, la police grecque a pu bénéficier en 2016 d’un apport de 15 millions d’euros, dont 11,2 millions financés par le fonds européen pour la sécurité intérieure, afin de construire 10 #pylônes et d’y intégrer des #caméras_thermiques, des caméras de surveillance, des #radars et autres systèmes de communication.

    Cet apport financier fut complété la même année par 1,5 million d’euros pour l’achat d’#équipements permettant de détecter les battements de cœur dans les véhicules, coffres ou conteneurs.

    Mais l’enjeu, en Grèce, c’est avant tout la mer, là où des bateaux des gardes-côtes sont impliqués dans des cas de refoulements documentés. Dans son programme d’action national du fonds européen relatif à la gestion des frontières et des visas, écrit en 2021, le gouvernement grec envisage le renouvellement de sa flotte, dont une dizaine de bateaux de #patrouille côtière, équipés de #technologies de #surveillance dernier cri, pour environ 60 millions d’euros. Et malgré les refoulements, la Commission européenne octroie les fonds.

    Technologies et barrières font bon ménage

    Les États membres de l’UE qui font partie de l’espace Schengen ont pour mission de « protéger les frontières extérieures ». Le droit européen leur impose aussi de respecter le droit d’asile. « Les exigences du code Schengen contredisent bien souvent l’acquis européen en matière d’asile. Lorsqu’un grand nombre de personnes arrivent aux frontières de l’Union européenne et qu’il existe des pressions pour faire baisser ce nombre, il est presque impossible de le faire sans violer certaines règles relatives au droit d’asile », reconnaît Atanas Rusev, directeur du programme « sécurité » du Centre pour l’étude de la démocratie, basé en Bulgarie.

    La Bulgarie est au cœur de ces tiraillements européens. En 2022, la police a comptabilisé 164 000 passages dits « irréguliers » de sa frontière, contre 55 000 l’année précédente. Des demandeurs d’asile qui, pour la plupart, souhaitent se rendre dans d’autres pays européens.

    Les Pays-Bas ou l’Autriche ont fait pression pour que la #Bulgarie réduise ce nombre, agitant la menace d’un report de son intégration à l’espace Schengen. Dans le même temps, des ONG locales, comme le Helsinki Committee Center ou le Refugee Help Group, dénoncent la brutalité qui s’exerce sur les exilé·es et les refoulements massifs dont ils sont victimes. Le pays a construit une clôture de 234 kilomètres le long de sa frontière avec la Turquie.

    Dans son plan d’action, le gouvernement bulgare détaille son intention de dépenser l’argent européen du fonds relatif à la gestion des frontières, sur la période 2021-2027, pour renforcer son « système de surveillance intégré » ; une collecte de données en temps réel par des caméras thermiques, des #capteurs_de_mouvements, des systèmes de surveillance mobiles, des #hélicoptères.

    Philip Gounev est consultant dans le domaine de la gestion des frontières. Il fut surtout ministre adjoint des affaires intérieures en Bulgarie, chargé des fonds européens, mais aussi de l’érection de la barrière à la frontière turque. Il explique très clairement la complémentarité, à ses yeux, des différents dispositifs : « Notre barrière ne fait que ralentir les migrants de cinq minutes. Mais ces cinq minutes sont importantes. Grâce aux caméras et capteurs qui détectent des mouvements ou une brèche dans la barrière, l’intervention des gardes-frontières est rapide. »

    L’appétit pour les technologies et le numérique ne fait que croître, au point que des ONG, comme l’EDRi (European Digital Rights) dénoncent la construction par l’UE d’un « #mur_numérique ». Dans ce domaine, le programme de recherche européen #Horizon_Europe et, avant lui, #Horizon_2020, tracent les contours du futur numérisé des contrôles, par le financement de projets portés par l’industrie et des centres de #recherche, au caractère parfois dystopique.

    De 2017 à 2021, « #Roborder » a reçu une aide publique de 8 millions d’euros. L’idée est de déployer une armada de véhicules sans pilotes, sur la mer ou sur terre, ainsi que différents drones, tous munis de caméras et capteurs, et dont les informations seraient croisées et analysées pour donner une image précise des mouvements humains aux abords des frontières. Dans son programme d’action national d’utilisation du fonds européen pour la gestion des frontières, la Hongrie manifeste un intérêt appuyé pour « l’adaptation partielle des résultats » de Roborder via une série de projets pilotes à ses frontières.

    Les #projets_de_recherche dans le domaine des frontières sont nombreux. Citons « #Foldout », dont les 8 millions d’euros servent à développer des technologies de #détection de personnes, à travers des #feuillages épais « dans les zones les plus reculées de l’Union européenne ». « Le développement de technologies et de l’#intelligence_artificielle aux frontières de l’Europe est potentiellement plus puissant que des murs, décrypte Sarah Chandler, de l’EDRi. Notre inquiétude, c’est que ces technologies soient utilisées pour des #refoulements aux frontières. »

    D’autres projets, développés sous l’impulsion de #Frontex, utilisent les croisements de #données et l’intelligence artificielle pour analyser, voire prédire, les mouvements migratoires. « Le déploiement de nouvelles technologies de surveillance, avec la construction de barrières pour bloquer les routes migratoires, est intimement lié à des dangers accrus et provoque davantage de morts des personnes en mouvement », peut-on lire dans un rapport de Statewatch. Dans un contexte de droitisation de nombreux États membres de l’Union européenne, Philip Gounev pense de son côté que « le financement de barrières physiques par l’UE deviendra inévitable ».

    https://www.mediapart.fr/journal/international/170723/migrations-l-union-europeenne-droit-dans-le-mur
    #murs #barrières_frontalières #migrations #financement #UE #EU #Union_européenne #technologie #complexe_militaro-industriel

  • La France forme l’armée de l’air ukrainienne sur des Mirage
    (Le Figaro)

    Depuis le début de la guerre, la France a souvent été critiquée par ses alliés européens pour l’ambiguïté de sa politique russe. Elle a pourtant été plusieurs fois à l’avant-garde de l’aide militaire à l’#Ukraine, en lui fournissant d’abord des canons Caesar, puis des blindés AMX. Ces derniers avaient ouvert la voie à la livraison de chars lourds occidentaux, notamment les fameux Leopard de conception allemande, très nombreux dans les parcs des armées européennes.

    Elle l’est encore aujourd’hui en formant des pilotes ukrainiens aux avions de combat #Mirage 2000 conçus par #Dassault Aviation. Depuis plus d’un mois et demi, une trentaine d’entre eux reçoit un apprentissage accéléré sur les chasseurs bombardiers français sur les bases aériennes de Mont-de-Marsan et de Nancy. La décision a été prise avant la visite de Volodymyr Zelensky à Paris, le 8 février dernier. La France rejoint ainsi les États-Unis, qui fournissent eux aussi un apprentissage aux pilotes ukrainiens sur des #F-16. Et le Royaume-Uni, qui a annoncé début février son intention de franchir également cette nouvelle étape de la guerre.

    Mais alors que la Maison-Blanche a réaffirmé la semaine dernière qu’une éventuelle livraison d’avions de chasse n’était toujours pas « sur la table », Paris pourrait, en temps voulu, livrer une dizaine d’appareils à Kiev. « Je n’exclus absolument rien », a affirmé Emmanuel Macron, le 23 février, même s’il estime qu’il faut privilégier la livraison des matériels « les plus utiles » et « les plus rapides ». Sur le sujet, Paris n’a pas de tabou. « La France veut se garder toutes latitudes. Si un jour la décision politique est prise, il faudra que les pilotes soient formés », confie une source proche du dossier. Pour les Ukrainiens, qui ont perdu une soixantaine d’avions depuis le début de la guerre, une telle initiative de la France serait d’autant plus intéressante que de nombreux pays, notamment en Asie, sont équipés de Mirage.

    Comme la France avait « amorcé la pompe des chars occidentaux », selon les mots d’un responsable, en décidant d’envoyer des blindés légers AMX à l’Ukraine en janvier, la Pologne et la Slovaquie ont ouvert la voie aux avions en décidant, la semaine dernière, de livrer des bombardiers #MiG à l’armée ukrainienne. De fabrication soviétique, les 4 appareils promis par la Pologne et les 17 que la Slovaquie s’est engagée à transférer sont immédiatement opérationnels. En soi, ni la livraison des chasseurs soviétiques MiG ni celle des avions de combat français, si la décision politique était prise, n’entraîneraient de tournant stratégique en Ukraine. Pour des actions en profondeur, les tirs d’artillerie sont plus efficaces. Les Mirage 2000, qui ne sont plus produits en France et manquent de munitions, ne permettront pas aux Ukrainiens d’« effectuer des vols d’endurance », selon un spécialiste. Quant aux MiG d’Europe orientale, ils ne sont pas en nombre suffisant « pour permettre aux Ukrainiens de contre-attaquer ». Mais ils peuvent aider à éviter ce qui, pour une source proche du dossier, serait « le scénario du pire » : un enfoncement de la poche de Bakhmout, qui permettrait aux forces russes et aux miliciens de Wagner de se « répandre » plus avant sur le territoire ukrainien. Ils peuvent, surtout, aider le pays à se défendre et à effectuer des frappes précises. Mais jusqu’à quand ?

    Car, après les annonces spectaculaires du début de l’année, le rythme des livraisons d’armes s’est ralenti. Les chars Leopard arrivent plus lentement que prévu, mais aussi en nombre plus réduit. Les Pays-Bas et le Danemark se sont rétractés. L’Allemagne n’a pas vaincu toutes ses résistances. Or les chasseurs bombardiers ont besoin d’être accompagnés de tanks sur le terrain. Et la frontière à sécuriser est longue : 900 kilomètres. Après un an de guerre, le transfert d’armes occidentales s’essouffle en raison du manque de stocks, après plusieurs décennies de coupes sombres dans les budgets de la Défense. N’ayant pas senti souffler les vents de la guerre, les Européens, persuadés que les dividendes de la paix dureraient toujours et sûrs d’avoir, depuis la Seconde Guerre mondiale, chassé pour toujours le mal absolu du continent, n’ont pas anticipé le bouleversement stratégique que constitue l’invasion russe. « La France fait le maximum de ce qu’elle peut faire. Mais l’industrie de défense n’a plus l’habitude de produire aussi vite. Or le vrai sujet aujourd’hui, c’est l’endurance », explique un haut responsable français.

    Lentement mais sûrement, les Occidentaux se préparent donc à faire franchir un nouveau pas, aérien cette fois, à leur engagement auprès de Kiev. Les dirigeants ukrainiens réclament des avions de chasse aux Occidentaux depuis de longs mois. « Donnez-nous des ailes pour défendre notre liberté », ont-ils plaidé à Bruxelles devant leurs alliés européens. Craignant la réaction de Moscou, mais aussi désormais celle de la Chine, qui aurait menacé d’armer la Russie en réponse, les dirigeants occidentaux ont été jusque-là réticents. Mais, comme avec les chars, ces réticences s’amenuisent avec le temps. Même les Pays-Bas réfléchissent à livrer des F-16 à l’Ukraine. Alors que les fronts menacent de se calcifier dans l’est du pays, les Occidentaux tentent d’offrir à l’Ukraine « un environnement sécurisé ». En attendant la contre-offensive de printemps ?

  • Les #VasesCommunicants de janvier 2022 :

    Forme de l’esprit, d’Alice Diaz (sur des images de Pierre Ménard)
    https://youtu.be/Hx4WvPmiEuI

    La mémoire et l’oubli, de Pierre Ménard (sur des images d’Alice Diaz)
    https://www.youtube.com/watch?v=32-wm9BI1SE

    http://liminaire.fr/vases-communicants/article/forme-de-l-esprit-la-memoire-et-l-oubli

    Tous les mois, faire échange de vidéo. S’emparer des images et de la bande son, entrer en dialogue avec, sans nécessairement modifier le montage de la vidéo mais en ajoutant selon ses préférences (voix off, texte lu, improvisé, écrit sur l’image, ajout de sons, de musique), puis envoyer sa propre vidéo à son correspondant pour qu’il s’en empare à son tour.
    Le premier vendredi du mois, chacun diffuse le mixage/montage qu’il a réalisé sur la vidéo de l’autre et découvre à son tour son montage mixé sur la chaîne YouTube de son invité. (...) #Journal / #Vidéo, #Architecture, #Écriture, #Sons, #Mer, #Plage, #Miroir, #Paysage, #Ville, #Regard, #Dérive, #Ciel, #Voyage, #Vidéo, #Littératube, #vidéoécriture (...)

  • Le tueur de la rue d’Enghien en mission contre les militants kurdes ?
    https://www.humanite.fr/politique/kurdes/le-tueur-de-la-rue-d-enghien-en-mission-contre-les-militants-kurdes-775961

    Selon les informations recueillies par l’Humanité, l’homme aurait été déposé par une voiture devant le siège du Conseil démocratique kurde de France (CDKF) alors que devait se tenir une réunion d’une soixantaine de femmes kurdes, finalement décalée d’une heure au dernier moment. Un massacre a été évité. Qui aurait renseigné le tueur ?

    La communauté kurde refuse de croire à la thèse de l’attaque raciste à Paris

    Personne dans la foule n’est prêt à accepter le seul mobile raciste du tueur. Il ne peut qu’avoir été manipulé par les services secrets turcs ou avoir bénéficié de renseignements d’Etat. Tous posent les mêmes questions à l’appui de leur démonstration : « On n’a jamais entendu parler de racisme antikurde, pourquoi s’en prendre à eux ? » « Comment cet homme a-t-il entendu parler du centre Ahmet-Kaya qui n’est pas très connu dans Paris ? » « Comment se fait-il qu’il ait agi le jour même où une réunion était prévue en vue de l’anniversaire des trois [militantes kurdes tuées] de la rue Lafayette ? » « Comment se fait-il qu’il ait tué une femme de premier plan du mouvement kurde, comme il y a dix ans déjà ? »

    Emine Kara était en effet la responsable nationale du mouvement des femmes kurdes. Elle avait combattu les djihadistes de l’organisation Etat islamique les armes à la main à Kobané et ailleurs en Syrie. Elle avait même été blessée. Elle venait de déposer une demande d’asile politique « rejetée par les autorités françaises », selon le porte-parole du CDKF, Agit Polat.
    Menal Kara – aucun lien de famille – connaissait Emine Kara et le chanteur Mir Perwer : « Nous avons perdu 15 000 combattants face à Daech et les survivants se font tuer à Paris ! Et les autorités refusent d’appeler ça un attentat ? C’est scandaleux. Mir Perwer avait fait deux années de prison en Turquie avec les maires de villes kurdes destitués par Erdogan, c’était un réfugié politique qui avait laissé derrière lui sa femme et ses deux enfants. Et l’on refuse d’appeler cela un crime politique ? »

    https://justpaste.it/cz2p9

    #Turquie #MIT #DGSI #PKK #Evin_Goyi #Emine_Kara pour l’état civil #Mir_Perwer #Abdurrahman_Kizil

    • Des trois, Emine Kara, est assurément la plus connue. Cette femme de 48 ans, également appelée sous son nom de guerre Evin Goyi, est une des héroïnes du mouvement national kurde sorti des rangs du Parti des travailleurs du Kurdistan (PKK), en guerre contre l’Etat turc et contre les djihadistes de l’organisation Etat islamique (EI). A l’instar de Sakine Cansiz, cofondatrice du PKK et amie de son chef, Abdullah Öcalan, de Fidan Dogan, chargée des relations extérieures pour l’Union européenne, et de Leyla Saylemez, qui encadrait le mouvement de jeunesse du parti, toutes tuées par balles le 9 janvier 2013, rue La Fayette, à Paris.

      Le PKK compte nombre de femmes dans ses postes dirigeants, y compris dans sa branche armée. Il ne s’agit pas seulement d’une politique de parité, mais d’un engagement féministe très affirmé, qui fait partie des piliers idéologiques du mouvement – avec l’écologie et un communalisme à tendance marxiste – et contribue à son aura auprès des cercles de gauche et d’ultragauche en Occident.
      Emine Kara, une certaine notoriété dans les cercles féministes
      Digne et réservée, voire austère, Emine Kara dirigeait le Mouvement des #femmes #kurdes de France, bien que ne s’exprimant pas en français. C’est à ce titre qu’elle était présente, vendredi matin, au Centre culturel kurde Ahmet-Kaya afin de participer à une réunion – reportée au dernier moment – de préparation de la commémoration du triple assassinat de 2013. C’est aussi cette activité militante qui lui a valu une certaine notoriété dans les cercles féministes en France. C’est à cause d’Emine Kara que Laetitia et Constance, deux jeunes militantes féministes françaises sans lien avec le Kurdistan, sont venues, samedi 24 décembre, rendre hommage, place de la République, aux victimes de la rue d’Enghein.

      la page citée ci-dessus a été augmentée

      #reloaded #féminisme

  • Santiago, Italia

    Le documentaire rend compte à travers des documents d’époque et des témoignages, de l’activité de l’ambassade Italienne à Santiago lors des mois qui ont suivi le coup d’état de Pinochet le 11 septembre 1973 mettant fin au régime démocratique de Salvador Allende2. L’ambassade a donné refuge à des centaines d’opposants au régime du général Pinochet, leur permettant ensuite de rejoindre l’Italie3.

    https://fr.wikipedia.org/wiki/Santiago,_Italia
    #film #documentaire #film_documentaire

    #Chili #Santiago #Unidad_Popular #Allende #histoire #mémoire #socialisme_humaniste_et_démocratique #marxisme #cuivre #nationalisme #prix_bloqués #médias #démocratie #coup_d'Etat #dictature #témoignage #terreur #climat_de_peur #peur #enfermement #MIR #torture #stade #Villa_Grimaldi #disparitions #ambassade_d'Italie #ambassades #réfugiés #réfugiés_chiliens #solidarité

  • Mirwais Ahmadzaï : « Avec Taxi Girl, on était hors cadre musicalement et il n’y avait plus de place pour nous, les drogués »
    https://www.lemonde.fr/m-le-mag/article/2022/12/03/mirwais-ahmadzai-avec-taxi-girl-on-etait-hors-cadre-musicalement-et-il-n-y-a


    Mirwais Ahmadzaï et Daniel Darc, en 1983, à Paris. MIRWAIS [Mathilde Malaval]

    Le musicien et producteur vient de sortir « Les Tout-Puissants », un premier roman dystopique. Cofondateur du groupe Taxi Girl, il revient sur cette photo prise en 1983, quand lui et Daniel Darc étaient au creux de la vague.

    .... Nous avions été un des premiers groupes à signer chez Virgin et nous avons un peu donné la direction de ce label qui a accompagné l’émergence de la musique française moderne, mais on s’était fait arnaquer par notre manageur et nous n’avions pas un sou. Daniel et moi, il faut voir d’où on venait, on était loin d’être riches… J’ai passé une grande partie de ma vie à m’en remettre financièrement. Cette photo, c’est aussi ça, une fois que la chance est passée…

    Avant Taxi Girl, j’étais un pauvre gars, un réfugié politique qui attendait dans le froid pendant des heures, porte de Clignancourt, devant les bureaux de l’Ofpra, pour faire sa carte de séjour. Mon père était un intellectuel qui avait organisé la résistance dans son pays, mais personne alors ne se souciait de l’Afghanistan. Maurice G. Dantec, qui est devenu écrivain mais jouait dans le groupe Artefact, à l’époque du Rose Bonbon, était crypto-communiste et défendait carrément l’invasion de l’Afghanistan par les Russes. On en est venus aux mains ! Bref, 1983, c’était un moment difficile, mais j’aime bien cette photo. Elle a longtemps été dans ma bibliothèque.

    https://seenthis.net/messages/799717

    poseurs, héroïnomanes ingrats, mais pas seulement

    V2 sur mes souvenirs
    https://www.youtube.com/watch?v=4eIwS0_mCvk

    #Taxi_girl #Mirwais #musique #drogue

  • Les #VasesCommunicants de novembre 2022 :

    Jeté dehors, de Laurent Givelet (sur des images de Pierre Ménard) https://youtu.be/_mvY5Wo4bg4

    La vitesse des rêves, de Pierre Ménard (sur des images de Laurent Givelet) https://www.youtube.com/watch?v=EVbQIXz-jjA

    http://liminaire.fr/vases-communicants/article/la-vitesse-des-reves-jete-dehors

    Tous les mois, faire échange de vidéo. S’emparer des images et de la bande son, entrer en dialogue avec, sans nécessairement modifier le montage de la vidéo mais en ajoutant selon ses préférences (voix off, texte lu, improvisé, écrit sur l’image, ajout de sons, de musique), puis envoyer sa propre vidéo à son correspondant pour qu’il s’en empare à son tour.
    Le premier vendredi du mois, chacun diffuse le mixage/montage qu’il a réalisé sur la vidéo de l’autre et découvre à son tour son montage mixé sur la chaîne YouTube de son invité. (...) #Journal / #Vidéo, #Architecture, #Écriture, #Sons, #Mer, #Plage, #Miroir, #Paysage, #Ville, #Regard, #Dérive, #Ciel, #Voyage, #Vidéo, #Littératube, #vidéoécriture (...)

  • Les #VasesCommunicants d’octobre 2022 :

    Il y a une guerre derrière la ville, de Juliette Cortese (sur des images de Pierre Ménard) https://youtu.be/3qon-YzTz8w

    À l’envers du miroir, de Pierre Ménard (sur des images de Juliette Cortese) https://www.youtube.com/watch?v=teXqF1-J6aU&feature=youtu.be

    http://liminaire.fr/vases-communicants/article/a-l-envers-du-miroir-il-y-a-une-guerre-derriere-la-ville

    Tous les mois, faire échange de vidéo. S’emparer des images et de la bande son, entrer en dialogue avec, sans nécessairement modifier le montage de la vidéo mais en ajoutant selon ses préférences (voix off, texte lu, improvisé, écrit sur l’image, ajout de sons, de musique), puis envoyer sa propre vidéo à son correspondant pour qu’il s’en empare à son tour.
    Le premier vendredi du mois, chacun diffuse le mixage/montage qu’il a réalisé sur la vidéo de l’autre et découvre à son tour son montage mixé sur la chaîne YouTube de son invité. (...) #Journal / #Vidéo, #Architecture, #Écriture, #Sons, #Mer, #Plage, #Miroir, #Paysage, #Ville, #Regard, #Dérive, #Ciel, #Voyage, #Vidéo, #Littératube, #vidéoécriture (...)

  • La musique comme arme de propagande dans la Guinée de Sékou Touré
    https://lhistgeobox.blogspot.com/2022/09/la-musique-comme-arme-de-propagande.html

    Pour contrer l’influence culturelle de l’ancienne métropole, Touré met en place une politique inédite sur le thème de l’authenticité. Selon lui, « la culture est une arme de domination plus efficace que le fusil ». Dans un pays, où l’analphabétisme reste très répandu, la musique est un vecteur de propagande et d’affirmation nationale efficace. L’objectif est de faire naître une musique populaire guinéenne, à la croisée de la tradition et de la modernité.

    Le mécénat d’État conduit à la création d’orchestres dans les différentes régions du pays. Ces formations s’affrontent lors de compétitions et les meilleures d’entre elles sont même « nationalisées ». Les musiciens jouissent du statut de fonctionnaire. Leurs instruments et voyages de promotion dans le bloc de l’est sont pris en charge par l’État. Parmi les plus célèbres orchestres, citons Keletigui et ses Tambourinis, Balla et ses Baladins, le Horoya Band, les Amazones de Guinée ou encore le Bembeya Jazz national. Les créations musicales de ces formations sont enregistrées au studio de la Révolution, financé par des fonds est-allemands, publiées par le label d’Etat Silyphone que symbolise un éléphant (silly en langue soussou), l’emblème du parti du président. Les morceaux sont ensuite diffusés sur les ondes de la radio nationale dont est bientôt bannie toute musique occidentale. De la sorte, la musique mandingue rénovée devient une influence majeure pour l’Afrique occidentale, au même titre que le highlife ghanéen ou l’afro-beat nigérian.

  • Meta dévoile ses prototypes futuristes de casques de réalité virtuelle | Les Echos
    https://www.lesechos.fr/tech-medias/hightech/meta-devoile-ses-prototypes-futuristes-de-casques-de-realite-virtuelle-1414

    Le groupe de Menlo Park a présenté une série de casques de réalité virtuelle (VR) sur lesquels travaillent ses ingénieurs. Chacun doit résoudre un problème précis pour avoir, à terme, un affichage impossible à distinguer de la réalité.

    #vr #réalité_virtuelle #mark_zuckerberg #meta #business #finance #reality_labs #test_de_turing #virtuel #casque_vr #casque_de_réalité_virtuelle #présentation #butterscotch #3d #résolution #quest_2 #écran #half_dome #starbust #holocake #mirror_lake #batterie #project_cambria #cambria #prototype #recherche_et_développement #rnd

  • #Les_Hommes_du_jour : #Octave_Mirbeau
    https://www.partage-noir.fr/les-hommes-du-jour-octave-mirbeau

    La première fois que j’ai vu Octave #Mirbeau, ou plutôt que je l’ai entendu, dans la fumée d’une réunion publique, c’était pendant l’affaire Dreyfus. Il présidait je ne sais plus quel meeting dans je ne sais plus quel quartier. Il m’a donné l’impression d’un énergique et d’un solide. Ses sourcils proéminents, ses mâchoires puis­santes, son cou de taureau, ses moustaches énormes embroussaillant la bouche étroite ; tout cet ensemble de traits nettement accusés lui composait une physionomie terrible de vieux (...) #Partages_noirs

    / Octave Mirbeau, Les Hommes du jour

    https://www.partage-noir.fr/IMG/pdf/mirbeau.pdf