• Il complottismo è nato per scherzo, ma è ora di iniziare a capirlo - Wired

    Nato negli anni ’60 come poco più che una burla con l’operazione Mindfuck, il complottismo moderno è diventato mainstream. E al di là delle sue derive, l’immaginario del complotto spesso cerca di raccontare realtà che ci sfuggono (ed è bene che lo faccia)

    La nascita del complottismo, così come lo conosciamo oggi, si può far risalire alla fine degli anni ‘60 in America, e più precisamente a un’operazione di controcultura denominata operazione Mindfuck. Al tempo, gli Stati Uniti erano pervasi da movimenti hippie e situazionisti, che provavano a cambiare il mondo cercando di ribaltare l’ordine costituito e la narrazione dominante.

    A gettare le basi, più o meno inconsapevolmente, di quel fenomeno che solo qualche decennio dopo avrebbe fatto credere a 12 milioni di persone che il mondo è dominato da rettili umanoidi furono Greg Hill e Kerry Thornley. Ispirandosi al culto della dea greca del caos, Eris, fondarono il discordianesimo: una religione costruita sull’idea che l’ordine era solo un’illusione, una proiezione della mente umana, e che alla base di tutto ci fosse il caos.

    Se la religione organizzata era l’oppio dei popoli, pensavano Hill e Thornley, allora la loro religione disorganizzata sarebbe stata la marijuana della frangia lunatica. Decisero di raccogliere il loro pensiero in un libro, Principia Discordia, pubblicato nel ‘63.

    L’operazione Mindfuck nacque dal discordianesimo, e il suo obiettivo era quello di portare le persone a un tale stato di disorientamento e confusione da far crollare le loro rigide credenze, giungendo così a una sorta di illuminazione. Nella pratica però non funzionò proprio così, vista anche la tendenza di molti discordiani a scivolare nella schizofrenia paranoide. Almeno all’inizio, comunque, il discordianesimo voleva essere uno scherzo. Ma più lo scherzo andava avanti, più assumeva i contorni di una religione, e diventava difficile comportarsi come se fosse un semplice scherzo.

    Durante gli anni ‘70 il concetto di caos non venne solo abbracciato nei posti più disparati, ma venne teorizzato matematicamente dai dipartimenti di fisica e matematica delle università (vedi ad esempio il concetto di effetto farfalla). Le teorie del complotto create da Hill e Thorney attecchirono molto più di quanto i suoi creatori avrebbero mai immaginato. In particolare, presero piede tra alcuni redattori della rivista Playboy, che iniziarono a dedicare ampio spazio alle teorie di Hill, Thorney e dei discordiani in genere. Fra interviste, conigliette e paginoni centrali la rivista iniziò a ospitare lettere anonime che parlavano dell’omicidio di Kennedy. C’era chi sosteneva che fosse stata la Cia, altri la mafia, alcuni se la prendevano con Fidel Castro, e altri ancora le forze anti castriste. I due redattori dell’epoca, Robert Shea e Robert Anton Wilson, già sedotti dalle teorie discordiane e in contatto con Hill e Thorney, ci presero talmente gusto che alcuni anni più tardi scrissero Illuminatus!, una trilogia di romanzi sull’eterno conflitto tra Discordiani e Illuminati, una setta massonica creata con l’obiettivo di impadronirsi del mondo. I libri vennero pubblicati nel ‘75 e da allora sono sempre stati in ristampa.

    Fra i Principia Discordia e la trilogia degli illuminati passa la personificazione del conflitto. Se nel primo libro Hill e Thorney si erano limitati a teorizzare, sotto forma di religione, il caos alla base del quale pensavano si reggesse il mondo, nella trilogia Shea e Wilson fanno un passo ulteriore: gli illuminati diventano i paladini del caos, una forza oscura che vuole conquistare il mondo. La differenza sostanziale che passa fra i Principia Discordia e la trilogia Illuminatus è proprio questa. Nel libro di Hill e Thorney non ci sono buoni e cattivi, ma semplice paradosso e contraddizione. Mentre nella trilogia, sotto forma del conflitto fra discordiani e illuminati, ecco che il paradosso e la contraddizione prendono forma in un noi contro di loro.

    Il ragionamento dietro al complotto è sempre lo stesso, a ritroso. Date determinate premesse, si cerca qualsiasi evidenza o congettura che possa convalidare la tesi. È un circolo vizioso impossibile da spezzare, in cui una serie di coincidenze legate fra loro da eventi insignificanti vengono reinterpretate come prove a favore. I discordiani la definirono sincronicità, riprendendo il concetto già teorizzato da Jung all’inizio del secolo. Erano coincidenze significative, che non potevano essere spiegata dal semplice nesso di causa ed effetto. In altre parole, pensiero magico.

    Esiste una teoria del complotto per tutto. Pensiamo al più assurdo: in un sondaggio del 2013, il 4 per cento delle persone intervistate (un dato che, se esteso a tutta la popolazione degli Stati Uniti, equivale a 12 milioni di abitanti) ha dichiarato di pensare che “rettili mutaforma controllano il nostro mondo, assumendo sembianze umane e accaparrandosi il potere politico per manipolare le nostre società”. Un ulteriore 7 per cento ha dichiarato semplicemente di non averne ancora la certezza assoluta.

    Lo racconta lo psicologo Rob Brotherton nel suo libro intitolato: Menti sospettose, perché siamo tutti complottisti. Ma se la teoria dei rettiliani non permette di avere il polso della situazione, non bisogna fare l’errore di credere all’idea che le teorie del complotto siano una questione di nicchia, che interessa solamente una piccola frangia paranoica dell’umanità, fatta di “uomini di mezza età, depressi ed emarginati, outsider tutt’altro che stupidi con una stravagante mania per le ricerche”. E non è nemmeno una questione di poveri e ricchi, o di ignoranti e laureati. L’argomento principale di Brotherton è che tutti noi possediamo una mentalità cospirazionista in qualche misura, perché è radicata nelle nostre teste e dipende da come funziona il nostro cervello.

    Nel libro vengono raccontati diversi esempi ed esperimenti che descrivono in dettaglio le varie stranezze e scorciatoie psicologiche attuate dal nostro cervello. Uno di questi metteva di fronte a una classe di studenti queste due figure.
    Ovviamente, quasi tutti gli studenti individuavano la barca a vela nascosta nella prima figura, ma spesso riferivano di scorgere delle immagini anche là dove, in realtà, non vi erano altro che puntini e linee disposti a caso, come nell’immagine a destra. Per quanto possa essere affascinante, non esiste alcun legame fra i punti, oltre a quelli che raffigurano la barca. Il legame è mentale: uniamo i punti che preferiamo, per raccontarci la storia che ci suona più familiare. Perché il nostro cervello funziona così, si chiama euristica.

    Alcune teorie del complotto sono assurde se non grottesche, è vero: però si tratta del nostro modo di ragionare, e in questo senso la storia ci ha insegnato che spesso non solo è sano mettere in discussione quello che sappiamo del mondo, ma è anche un modo per svelare la complessità del reale. Perché se c’è una cosa che ci ha insegnato il complottismo, nelle sue forme migliori – penso a William Burroughs o Alan Moore – è che al di là delle caricature che vanno dai Savi di Sion al piano Kalergi, l’immaginario del complotto ha anche cercato di raccontare una realtà che, per un motivo o per un altro, spesso ci sfugge. E in questo senso il complotto non è più la narrazione più facile per spiegare il reale, quanto piuttosto quella più complicata. A farla semplice, è semmai il debunker che spiega che le cose stanno così come ti sono state raccontate e punto.

    Se esiste un paese in cui il complotto si è fatto storia, quello è il nostro. E in questo senso, il paradigma di verità fondato sulla distinzione fra debunker/complottisti, risponde a una logica pericolosa, perché mette in moto un meccanismo per cui tutto ciò che non fa parte della versione ufficiale e veritiera è paranoico dissenso senza alcun fondamento. E se ci trovassimo quindi nella posizione di criticare, a priori, l’euristica del pensiero critico come processo cognitivo spontaneo, sminuendolo a roba da rettiliani o altre fesserie? Quello che non si accetta di un certo modo di ragionare – oltre al fatto che si ritiene pericoloso – è che le teorie complottiste con il passare degli anni sono diventate espressione di un sentimento comune e complesso che crea identità.

    Nel suo discorso di ringraziamento all’Anti-Defamation League lo scorso novembre, l’attore Sacha Baron Cohen lo ha detto chiaro e tondo. Secondo lui, è finita l’era della ragione, il consenso scientifico è delegittimato, e alcuni demagoghi stanno facendo appello ai nostri peggiori istinti, per alimentare teorie del complotto che ormai sono diventate il mainstream. Per come la butta giù l’attore inglese, si tratta di una narrazione attraente: le grandi compagnie tech stanno distruggendo le democrazie. Ma forse è una spiegazione troppo semplice. Certo, quello delle teorie cospirazioniste è un mercato come tutti gli altri, con domanda e offerta. E la mano che lo muove è il denaro.

    Prima di andare oltre però, occorre una precisazione. Il concetto di propaganda è cambiato nel tempo. Propaganda significava storicamente indurre le persone a credere alle cose: ora significa indurle a mettere in discussione ciò in cui credono. Era propaganda il modo in cui l’amministrazione di Woodrow Wilson convinse gli americani a sostenere il coinvolgimento degli Stati Uniti nella Prima guerra mondiale. La propaganda raccontava la stessa storia attraverso così tanti canali mediatici contemporaneamente che sembrava esserci solo una storia: la necessità di prendere parte al conflitto, per il bene del pianeta. Oggi, tuttavia, l’obiettivo principale della propaganda governativa sembra essere quello di minare la nostra fiducia in tutto.

    In questo senso quindi è vero che le piattaforme dei social network hanno contribuito a decentralizzare quello che era il potere dei mezzi di comunicazione mainstream. E di conseguenza che abbiano alimentato i canali di comunicazioni non tradizionali, come quelli pseudoscientifici. Tuttavia ridurre il problema a questo implica non considerare come alla base della proliferazione di notizie false sui social non ci sia un problema di offerta, ma di domanda. L’idea che i social abbiano creato le condizioni del nostro rancore, della nostra paranoia e del nostro odio contro i poteri forti difficilmente regge. La radicalizzazione algoritmica, ovvero la teoria secondo cui siamo tutti imprigionati in una bolla informativa, in cui le notizie che non ci piacciono o con cui non siamo d’accordo vengono automaticamente filtrate rendendoci incapaci di cambiare idea, è d’altronde già stata messa in discussione.

    Facebook, Twitter e gli altri social hanno capito prima di altri che per attirare l’attenzione delle persone bisognava sfruttare il potere della comunità per creare identità. La polarizzazione che hanno generato è stata una dei motivi per cui in molti dicono che il sistema è truccato. Tuttavia, come scrive Richard Fletcher, Senior Research Fellow presso il Reuters Institute for the Study of Journalism dell’università di Oxford, “concentrarsi sulle filter bubble può farci fraintendere i meccanismi in gioco, e potrebbe anche distrarci da problemi un po’ più pressanti”.

    Preoccuparsi del fatto che una determinata affermazione sia vera o meno manca l’obiettivo: persuadere l’altra squadra a cambiare richieste, per convincerla che starebbe meglio con delle aspirazioni diverse. È un progetto politico. Ed è giusto quindi che venga trattato come tale; anche perché innalzare le big tech a capro espiatorio significa ridurre il tutto all’ennesimo complotto.

    https://www.wired.it/attualita/media/2020/06/01/complottismo-storia-operazione-mindfuck

    #complot #fakenews #wired

  • http://archive.wired.com/science/discoveries/magazine/16-07/pb_theory

    Sixty years ago, digital computers made information readable. Twenty years ago, the Internet made it reachable. Ten years ago, the first search engine crawlers made it a single database. Now Google and like-minded companies are sifting through the most measured age in history, treating this massive corpus as a laboratory of the human condition. They are the children of the Petabyte Age.

    The Petabyte Age is different because more is different. Kilobytes were stored on floppy disks. Megabytes were stored on hard disks. Terabytes were stored in disk arrays. Petabytes are stored in the cloud. As we moved along that progression, we went from the folder analogy to the file cabinet analogy to the library analogy to — well, at petabytes we ran out of organizational analogies.

    • The End of Theory: The Data Deluge Makes the Scientific Method Obsolete (Chris Andreesen, 2007)

      Article states the end of the need to establish theories, as it is being replaced by computational heuristics. There is no longer a need to interpret phenomenae, as it can be statistically deduced from the massive amounts of data.

      This is a world where massive amounts of data and applied mathematics replace every other tool that might be brought to bear. Out with every theory of human behavior, from linguistics to sociology. Forget taxonomy, ontology, and psychology. Who knows why people do what they do? The point is they do it, and we can track and measure it with unprecedented fidelity. With enough data, the numbers speak for themselves.

      [...]

      faced with massive data, this approach to science — hypothesize, model, test — is becoming obsolete

      [...]

      The new availability of huge amounts of data, along with the statistical tools to crunch these numbers, offers a whole new way of understanding the world. Correlation supersedes causation, and science can advance even without coherent models, unified theories, or really any mechanistic explanation at all.

      #wired
      #big_data
      #google
      #scientific_theory

  • Des raisons de se méfier de l’ #Anonabox

    L’Anonabox est un #Tor router qui se plug entre votre router et votre machine/ réseau à la maison, ce ou bien via réseau filaire ou bien sans fil à travers un wifi dans l’Anonabox. Il peut également être placé entre votre modem et votre router pour ainsi protéger tout le trafic internet de votre maison (mais alors vous pouvez oublier les jeux en-ligne à cause de la latence introduite.)

    Ainsi vous pouvez tranquillement surfer le web, tout votre trafic sera encrypté à travers Tor. Ce boîtier est petit et peut bien sûr venir avec vous en voyage. Ca tourne sous #OpenWrt.

    C’est un project #Kickstarter lancé par August Germar en Californie. L’objectif était de recolter $7.500, mais ils sont déjà à $587.000

    https://www.kickstarter.com/projects/augustgermar/anonabox-a-tor-hardware-router

    MAIS de la critique est apparu sur #Reddit disant que contrairement à ce qui était prétendu initialement le hardware n’est pas fait maison mais bien du readymade Chinois disponible en-ligne, et que le boîtier ne serait pas très sécurisé.

    https://www.reddit.com/r/technology/comments/2je9ms/anonabox_scam_why_i_dont_trust_them

    Dans un interview avec #WIRED, le concepteur August Germar admet que le hardware provient d’un OEM Chinois, et pas issu d’un propre développement comme faussement indiqué sur le project Kickstarter.

    Dans un deuxième article WIRED :

    But as of Thursday morning, the backlash against that project had become so severe that its total funding was actually ticking down rather than up, as disillusioned backers pulled their pledges faster than others could make them. The comments section on the Kickstarter page had filled with users accusing the project’s creators of fraud, many asking Kickstarter to cancel the fundraiser.

    [...]

    But as the security community has taken notice of Anonabox over the last week, its analysts and penetration testers have found that the router’s software also has serious problems, ones that could punch holes in its Tor protections or even allow a user to be more easily tracked than if they were connecting to the unprotected Internet.

    [...]

    But Germar argues that all the criticisms of the Anonabox stem from miscommunication, not carelessness or any attempt to scam users. He admits that he should have made clear which parts of the Anonabox’s hardware he sourced from China rather than give users the impression he was custom-building the parts from scratch. But he denies the software issues represent real vulnerabilities. Instead, he describes them as issues of user education. Germar says he intended to include warnings in the final documentation to change the router’s root password, for instance.

    http://www.wired.com/2014/10/anonabox-backlash

    PS :

    Ce project ressemble au projet #PORTAL. (Personal Onion Router To Assure Liberty) présenté lors du #DEFCON 2014
    https://github.com/grugq/portal
    http://arstechnica.com/information-technology/2014/08/a-portable-router-that-conceals-your-internet-traffic

    #privacy
    #anonymity

  • For young musicians in #Mozambique, “a career in #MUSIC is a pipe dream”
    http://africasacountry.com/for-young-musicians-in-mozambique-a-career-in-music-is-a-pipe-dream

    Young musicians in Mozambique don’t have much opportunity to record and distribute their music. “#Wired_for_Sound,” a mobile recording studio that currently tours northern Mozambique seeks to change that. The team of the founding member of the South African band Freshlyground Simon Attwell, radio producer Kim Winter, and Freshlyground guitarist Julio Sigauque, who was born […]

    #MEDIA #OSISA #Youth

  • PRISM : Facebook et Microsoft ont reçu 15 000 requêtes de la NSA
    http://m.radio-canada.ca/nouvelles/International/2013/06/15/001-prism-facebook-miscosoft-nsa.shtml

    Facebook et Microsoft ont conclu un accord avec le gouvernement américain afin de révéler des informations limitées sur le nombre de requêtes de surveillance qu’elles ont reçues de la part des services fédéraux, afin d’en relativiser l’importance, indiquent des sources familières du dossier.

    #prism #facebook #nsa #microsoft #Snowden

  • Dilithium Crystals Could Power Hypothetical, Star Trek-Style Warp Drive
    http://www.wired.com/wiredscience/2012/10/dilithium-crystals-warp-drive

    The dilithium of Star Trek was not merely a molecule with two atoms of lithium, though — it was always described as its own element, and a periodic table seen in one episode listed it as having atomic weight 87 (which would place it between Rubidium and Strontium if its atomic number followed normal convention, but we can probably assume that dilithium is a bit unusual and obeys laws of molecular physics as yet unknown to our primitive science).

    #dilithium #warp #star_trek #wired

  • Technology and Democracy: Wired Magazine Elitism versus Pirate Party Openness
    http://chieforganizer.org/2012/05/03/technology-and-democracy-wired-magazine-elitism-versus-pirate-party-

    An article by Wired contributing editor, Joshua Davis, called “Fewer Voters, Better Elections,” was breathtaking in its elitism and implicit attack on democracy. Citing two current research studies, one disappointingly from Stanford, Davis argues for a random “statistically valid” sample of 100,000 of our 313 million citizens who would be polled on the questions and candidates of the day. Davis deftly avoids the gaping holes in his argument against mass citizen participation by citing the litany of problems with the current system (lack of participation, problems of campaign financing, TV ads) and arguing for a system of random participation in “small group deliberations” which would have more time and ability to make “informed” decisions, which he likens to jury pools, ignoring all evidence to the problems with juries as well.

    L’article de Wired : http://www.wired.com/opinion/2012/05/st_essay_voting

    #Démocratie #Vote #Wired #Etats-Unis

  • Modem Grrrl | Rosie Cross (trad. Elodie Chatelais)
    http://owni.fr/2012/07/12/modem-grrrl

    Pâles greluches geekettes idôlatrant l’iPhone, lisez donc cette interview que feu Jude Milhon accorda à Wired en 1995. « Trouvez-vous des modems ! », tel était le conseil que St. Jude, « hackeuse du futur » donnait aux femmes qui avaient du mal avec la technologie. Pour cette féministe, le combat passait aussi par le numérique.

    #Cultures_numériques #Traduction #Vive_Internet ! #couillue #féminisme #hackers #Jude_Milhon #programmation #traduction #wired

  • More Commercial Drones Flying Now Than Military | TPM Livewire
    http://livewire.talkingpointsmemo.com/entries/report-more-commercial-drones-flying-now-than-military

    #Wired magazine editor and chief Chris Anderson writes that his other company, 3D Robotics, estimates it has shipped more commercial #drone parts to customers (10,000) than the U.S. military has flying today (7,494).

    Anderson goes on to explain how in 2007 he came to start an online forum for amateur drone ethusiasts and hobbyists that now has 26,000 members, pointing out that the cheap availability of smartphone sensors has led to an explosion in commercial drone development. Anderson doesn’t see this as threatening but rather a revolution akin to that of the personal computer.

    What we will do with our personal drones? That question is just as unanswerable—but just as tantalizing—as the same question about personal computers back in 1977.

    #diy #geek_power

  • Quelle sorte de cyborg voulez-vous être ? | Xavier Delaporte
    http://owni.fr/2011/06/03/homme-machine-intelligence-sorte-cyborg-voulez-vous-etre

    Qui, de l’homme ou de la machine, est le plus intelligent ? Cette question fondamentale mérite d’être reformulée, en prenant en compte le fait que c’est la collaboration entre les deux qui s’avère le plus efficace.

    #Science #Cyborg #Deep_Blue #échecs #IBM #Kasparov #wired

  • Wired’s refusal to release or comment on the Manning chat logs - Glenn Greenwald - Salon.com
    http://www.salon.com/news/opinion/glenn_greenwald/2010/12/29/wired_1/index.html

    I’m going to do everything possible here to ensure that the focus remains on what matters: the way in which Wired, with no justification, continues to conceal this evidence and, worse, refuses even to comment on its content, thus blinding journalists and others trying to find out what really happened here, while enabling gross distortions of the truth by Poulsen’s long-time confidant and source, the government informant Adrian Lamo.

    #wikileaks #cablegate #wired #lamo