• Il campo di #Nea_Kavala nel nord della Grecia

    Dove «le persone non hanno spazio per esistere»

    Il Nord della Grecia è spesso dimenticato ma, non meno delle isole, è un luogo in cui si consuma l’ipocrisia europea dei campi come strumento di gestione del fenomeno migratorio. Un esempio è ciò che accade nel campo di Nea Kavala, vicino a Polykastro, a nord di Salonicco, nonostante la situazione sia critica ovunque.

    Durante l’estate 2023, come in altri stati europei, gli arrivi di persone in movimento si sono moltiplicati. Ad ora, secondo l’UNHCR 2, la popolazione migrante ufficialmente in ingresso in Grecia è stata di 42.343 persone, quando l’anno scorso gli arrivi ufficiali registrati sono stati di poco meno di 20.000 in tutto l’anno. Inoltre la Grecia, sotto pressione per le alluvioni avvenute a inizio Settembre, ha dovuto svuotare campi inizialmente pensati per richiedenti asilo per poter far stare la popolazione greca senza più un’abitazione, come ad esempio è avvenuto nel campo di Klidi Sintiki.

    Di conseguenza, da inizio Luglio 2023 la popolazione del campo di Nea Kavala 3 è aumenta drasticamente, raggiungendo quasi la massima capacità di più di 1.500 persone distribuite in 280 container. Nonostante il governo greco stia affrontando il fenomeno migratorio da diversi anni, viene sempre considerato come un’emergenza e le soluzioni governative adottate sono precarie e non rispettose dei diritti umani. Non solo vengono messi fino a otto persone, incuranti delle nazionalità, negli stessi container di 24 mq pensati per massimo 6 persone, ma vengono anche mischiate persone sane con malate, famiglie con uomini singoli… ovviamente alimentando tensioni che si potrebbero evitare.

    Vivere in un campo in Grecia non è una questione temporanea di qualche giorno, ma possono volerci mesi e anni in base a quante decisioni negative si ricevono, e in base alla propria nazionalità e un po’ a fortuna, dato che la modalità di esaminare le richieste di asilo in Grecia presenta molte carenze e incongruenze. Le persone vedono la Grecia come passaggio, il loro obiettivo finale non è quello di rimanere, ma di ottenere i documenti di viaggio per poter chiedere asilo in un altro paese europeo, evitando così di percorrere la rotta balcanica. Nonostante gli accordi di Dublino, le persone spesso riescono a essere poi accolte in altri paesi europei in quanto riescono a dimostrare che le condizioni di vita nei campi greci sono inumane e degradanti.

    Per descrivere com’è il campo di Nea Kavala mi risuonano le parole di Shahram Khosravi in Io sono confine:

    «E’ il campo stesso a produrre il profugo, o la sua condizione (…) Nessuna delle mie esperienze passate- la fustigazione, il carcere, un anno di vagabondaggi illegali- era riuscita a privarmi della mia dignità. E’ stato il campo a togliermela. Fino ad allora avevo perso uno stato di riferimento con i suoi diritti di cittadinanza, ma non avevo perso la voglia di vivere, la forza di volontà e il coraggio. ll campo mi ha tolto tutto questo».

    Tra i vari effetti collaterali del sovraffollamento c’è stato anche il mancato inizio della scuola. Mentre a Settembre i bambini greci hanno iniziato a frequentarla, per chi vive nel campo di Nea Kavala si è dovuto aspettare fino a fine Ottobre. Oltre ad essere una discriminazione, i bambini nel campo non fanno nulla. Le ONG presenti sul territorio cercano di offrire lezioni e spazi gioco, ma non è abbastanza per coprire il bisogno e per poter garantire continuità educativa.

    Il campo è comunque pensato per non essere visto dalla popolazione, per essere lontano. 6 km lo separano dal centro di Polykastro in cui si trovano tutti i servizi (guardia medica, supermercato, fermata del bus, scuole…) e non c’è un servizio di trasporto pubblico disponibile. L’unica possibilità è utilizzare un taxi o una bicicletta, ma nel primo caso è costoso, nel secondo, la domanda è così alta che non ce ne sono abbastanza per tutti, nonostante l’ONG Open Cultural Center offra un servizio di noleggio 4.

    Il campo è circondato da un muro di cemento alto 3 metri (intervallato da porte di metallo), telecamere e sicurezza che controlla in entrata e in uscita e sembra più simile ad una prigione che ad un rifugio. Ma il problema non è solo questo, è la stessa esistenza e la funzione dei campi.

    Da Settembre il governo greco ha iniziato a impedire l’entrata al campo a chi avesse ottenuto i documenti o a chi, dopo 3 decisioni negative, avrebbe dovuto lasciare la Grecia. In Grecia, quando la richiesta di asilo viene accolta in modo positivo, si ottengono documenti che permettono di viaggiare in Europa e si finisce di ricevere alcuni benefici riservati ai richiedenti asilo, come ad esempio il pocket money o il cibo.

    I programmi che aiutano l’inclusione sono pochi o inesistenti, quindi le persone si ritrovano spaesate e senza sapere cosa fare. Fino a prima di Settembre, alle persone veniva almeno lasciata la possibilità di rimanere nel campo per qualche settimana in più, in modo da potersi organizzare per muoversi in un altro paese o per cercare un’ altra soluzione abitativa in Grecia.

    Attualmente invece, non solo si nega la possibilità di restare nel campo per qualche tempo, ma l’impossibilità di rientrare nel campo è comunicata senza preavviso, e senza dare l’opportunità di entrare per prendere i propri beni personali. Sono appena tornata da qualche mese lì, e nonostante diverse volte ho assistito a scene di totale disrispetto dei diritti umani fuori dal campo, ne ho una stampata in testa. Perché si tratta di persone.

    Quel pomeriggio avevamo organizzato una caccia al tesoro con i bambini che vengono al centro dell’ONG, era stato molto bello e divertente per tutti. Come ogni giorno, a fine giornata, i bambini risalgono sul pullman che Open Cultural Center mette loro a disposizione per tornare al campo di Nea Kavala. Appena arrivati tutti scendono di corsa, i più grandi si mettono in autonomia in fila per i controlli mentre i più piccoli corrono in braccio ai genitori che li aspettano e si preparano a rientrare insieme. Mi fermo a scambiare due chiacchiere con Said, perchè è il primo giorno che la piccola Nura è venuta al centro, e discutiamo di come sia andata. Lo saluto, lui si gira, fa per rientrare e la security controlla il documento ma dice no, non siete più nella lista, non potete entrare. Ma come, ci deve essere un errore, sono uscito 10 minuti fa per prendere la bambina. No, avete ottenuto i documenti e non avete più diritto a star qui.

    In realtà Said e Sana, sua moglie, hanno i documenti, ma non hanno ancora lasciato la Grecia perchè la piccola Roya, appena nata, non li ha. E’ quindi impossibile per loro andarsene. Said cerca di spiegarlo alla security ma niente da fare. Gli viene anche detto che potrebbero lasciarlo entrare, ma ci sono telecamere e se qualcuno dovesse vedere poi l’operatore della security perderebbe il posto di lavoro.

    Nel frattempo Nura intuisce qualcosa e inizia a piangere, perché la mamma e la sorella son dentro, ma niente da fare li han lasciati fuori dal campo. Fra l’altro Said è in infradito e maniche corte, nonostante faccia freddo, perchè pensava di essere uscito per soli 5 minuti, non per sempre. In tutto ciò io guardo la scena, cerco di supportare Said ma sono abbastanza scioccata, non ci credo che quello che vedo sta succedendo davvero.

    Alla fine Said, impotente, decide di passare la notte in un Hotel a Polykastro, nonostante sia costoso, perchè fa già tanto freddo per dormire all’aperto nei prati vicino al campo, soprattutto con una bambina di 4 anni. Prima di salutarci, lui che per tutto il tempo era stato fermo e deciso e sorridente per non far preoccupare la piccola, inizia a piangere e mi dice, ma lo sai che in Afghanistan facevo il traduttore per l’esercito greco? È per questo che me ne sono dovuto andare quando sono arrivati i Talebani.

    Lascio Said, Sana e Nura quando ormai si è fatto buio. Io, con il mio carico di privilegio bianco ed europeo e il passaporto in tasca, torno a casa, sono disgustata.

    Mi chiedo per quanto ancora le politiche EU e i governi continueranno a violare sistematicamente i diritti e la dignità delle persone in movimento. Mi chiedo fino a che punto sapranno spingersi, fino a quando sarà così buio.

    https://www.meltingpot.org/2023/12/il-campo-di-nea-kavala-nel-nord-della-grecia

    #Grèce #camps_de_réfugiés #réfugiés #asile #migrations #Polykastro #containers

  • En #Arizona, le mur de #conteneurs à la #frontière avec le #Mexique en cours de #démantèlement

    Sur une route poussiéreuse de l’Arizona, un pick-up fonce et emporte au loin un grand caisson métallique. A la frontière entre les Etats-Unis et le Mexique, un mur de conteneurs, installé pour plusieurs dizaines de millions de dollars il y a seulement quelques mois, était en cours de démantèlement ce week-end.

    Sur une route poussiéreuse de l’Arizona, un pick-up fonce et emporte au loin un grand caisson métallique. A la frontière entre les Etats-Unis et le Mexique, un mur de conteneurs, installé pour plusieurs dizaines de millions de dollars il y a seulement quelques mois, était en cours de démantèlement ce week-end.

    Dans les mois précédant la fin de son mandat, le gouverneur républicain de l’Arizona, dans le sud-ouest des Etats-Unis, avait ordonné qu’une gigantesque enfilade de conteneurs soient placés à la frontière avec le Mexique, afin, selon lui, d’endiguer l’immigration illégale.

    Mais après avoir été poursuivi devant la justice par l’Etat fédéral pour avoir placé les conteneurs sur des terres fédérales, dans la forêt nationale de #Coronado, le gouverneur #Greg_Ducey, remplacé depuis par la démocrate #Katie_Hobbs, a accepté en décembre de les retirer.

    « Je n’arrive pas à croire que le gouverneur Ducey puisse penser que c’était une bonne idée », souligne à l’AFP Debbie McGuire une ancienne habitante de l’Arizona venue assister aux opérations de démantèlement.

    « C’est complètement absurde de mettre des conteneurs qui n’allaient jamais réussir à empêcher les gens de passer », dit-elle. « C’est ridicule et un gaspillage complet de l’argent du contribuable ».

    L’édification du mur de conteneurs a commencé mi-2022 et a rapidement fait face à une puissante fronde. Ses détracteurs estiment que l’assemblage n’est rien d’autre qu’une manoeuvre politique cynique qui endommage l’#environnement et n’a aucun impact sur le nombre de traversées illégales de la frontière.

    Relief escarpé

    Ils affirment que le mur de conteneurs, qui s’étire sur près de sept kilomètres à travers les terres fédérales, empiète sur une zone importante de conservation environnementale.

    Le relief y est également tellement escarpé que selon eux, les passeurs de migrants n’ont jamais vraiment utilisé cette zone.

    En pratique, les conteneurs étaient inadéquats pour empêcher les migrants de les franchir : leur forme rigide faisait qu’ils n’étaient pas toujours alignés en fonction du relief, laissant des trous béants entre les boîtes.

    « C’est une #mascarade et un #gaspillage de l’#argent_public », estime Bill Wilson, un habitant de la ville voisine venu voir vendredi le démantèlement du mur de conteneurs.

    Le septuagénaire dénonce aussi « une #stratégie_politicienne ».

    L’Arizona partage quelque 600 kilomètres de frontière avec le Mexique, passant par des aires protégées, des parcs nationaux, des zones militaires et des réserves amérindiennes.

    Les arrivées illégales de migrants venant de pays d’Amérique du sud et centrale sont un thème récurrent dans les attaques des républicains contre Joe Biden, qui a promis d’augmenter les expulsions immédiates.

    Plus de 230.000 arrestations ont encore été enregistrées en novembre à la frontière sud des Etats-Unis, un niveau record.

    Jusqu’à l’arrivée à la Maison Blanche en 2017 de Donald Trump - qui avait fait campagne sur le slogan « Construisons le mur » - il n’existait pas réellement de barrière physique entre l’Arizona et le Mexique.

    A présent, de larges portions de la frontière sont dotées d’une grille qui s’élève par endroits jusqu’à neuf mètres de haut.

    Dans la forêt nationale de Coronado, qui ne peut être atteinte que par des petites routes de terre, la frontière n’était démarquée avant l’arrivée des conteneurs que par un grillage barbelé.

    https://www.courrierinternational.com/depeche/en-arizona-le-mur-de-conteneurs-la-frontiere-avec-le-mexique-

    #containers #frontières #barrières_frontalières #USA #Etats-Unis #walls_don't_work #asile #migrations #réfugiés #murs

  • Cocaïne : près de 110 tonnes saisies en 2022 à Anvers, nouveau record Ambroise Carton - RTBF
    https://www.rtbf.be/article/cocaine-pres-de-110-tonnes-saisies-en-2022-a-anvers-nouveau-record-11133894

    Près de 110 tonnes de cocaïne ont été saisies par les autorités belges en 2022 dans le port d’Anvers, première porte d’entrée en Europe pour cette drogue expédiée d’Amérique latine, soit un nouveau record, ont annoncé mardi les douanes belges.


    C’est la première fois que la barre des 100 tonnes est dépassée. Les saisies s’élevaient à 89,5 tonnes l’année précédente. A Rotterdam (Pays-Bas), les interceptions pour cette même drogue ont baissé à 52,5 tonnes contre environ 70 en 2021, a-t-il été précisé lors d’une conférence de presse associant les deux pays voisins à Beveren (Belgique), près d’Anvers.

    #ue #union_européenne #drogue #drogues #cocaïne #crack #mafia #santé #addiction #société #cocaine #police #trafic #criminalité #héroïne #Anvers #Rotterdam #containers #marché

    • La fillette de 11 ans tuée dans une fusillade « venait de la famille la plus riche de la pègre anversoise » : voici ce que l’on sait :
      https://www.lalibre.be/regions/flandre/2023/01/10/qui-est-la-fillette-de-11-ans-tuee-dans-une-fusillade-a-anvers-elle-venait-d

      Tuée dans la fusillade du lundi 9 janvier, Firdaous, une filette d’à peine 11 ans, serait de la plus grande famille anversoise impliquée dans le trafic de drogue.

      Alors qu’une fusillade éclatait du côté de Merksem, la jeune Firdaous a perdu la vie. L’annonce de ce décès a choqué toute la Flandre ce lundi soir.

      Selon nos confrères de HLN, la petite Firdaous est issue d’une famille de barons de la drogue. Sa mère, Naziha, serait la sœur aînée d’Othman, Younes et Nordin El B. Les frères de Naziha ne sont pas inconnus de la police et des services de renseignements. Ils ont déjà eu affaire à la justice à plusieurs reprises dans le cadre d’enquêtes sur le monde de la drogue. Depuis le piratage du service de chat Sky ECC, les enquêteurs affirment qu’il est clair qu’Othman et Younes tirent les ficelles de la scène de la drogue anversoise depuis Dubaï, indiquent nos confrères flamands.


      Cependant, la famille de Naziha semble hors de tout cela. Le voisinage décrit une famille sympathique et irréprochable. A part le fils aîné, Mohamed El J., soupçonné d’être lié à son célèbre oncle Othman, possible cause de l’attaque de lundi soir. Bart de Wever avait d’ailleurs qualifié la famille du baron Othman de « la plus riche de la pègre anversoise »

      « Il y aura certainement une réaction »
      Othman E.B., l’oncle de l’enfant tuée par balle à Merksem lundi soir, affirme mardi au journal Gazet van Antwerpen que sa famille répondra au drame sans recourir à la violence. « Nous allons rechercher les auteurs avec la police et la justice », a déclaré le trentenaire recherché pour trafic de drogue, supposément depuis Dubaï. . . . . .

  • Comment l’Europe est devenue une plaque tournante du marché de la cocaïne Miroslav Mares - RTS
    https://www.rts.ch/info/monde/13642897-comment-leurope-est-devenue-une-plaque-tournante-du-marche-de-la-cocain

    Le marché mondial de la cocaïne a changé. Le Vieux Continent n’est plus seulement un marché sur lequel les criminels écoulent leurs produits, il est le nouvel eldorado des trafiquants. A tel point, qu’il y a un mois, l’agence européenne de la police criminelle reconnaissait faire face à un phénomène d’une ampleur à laquelle elle ne s’attendait pas.

    Fin novembre, après des mois d’enquête, Europol a démantelé un « super-cartel ». A partir des Emirats arabes unis, il contrôlait près d’un tiers du commerce de la cocaïne en Europe. Des arrestations de dizaines de suspects ont eu lieu en France, en Espagne, en Belgique, aux Pays-Bas et à Dubai.

    Ce coup de filet emblématique démontre un déplacement du marché des drogues. Le Vieux Continent est non seulement une des destinations principales de la cocaïne, mais aussi une escale pour l’acheminer ailleurs dans le monde.

    Plus de 30 tonnes de cocaïne ont été saisies. Depuis cinq ans, ces mises sous séquestre augmentent de façon exponentielle, explique Laurent Laniel, analyste à l’Observatoire européen des drogues et de la toxicomanie, dans l’émission de Tout un monde mardi : « Entre 2017 et 2021, chaque année a été un record de saisies ».

    Expansion et nouveaux canaux de distribution
    Selon l’Observatoire européen, la croissance s’effectue en direction de l’Europe orientale et du Nord. Historiquement ces zones ne sont pas de gros marchés : « Il y a une augmentation des cas de pays rapportant la présence de crack, de cocaïne fumée. Ceci indique que la disponibilité de la drogue est très forte », indique Laurent Laniel.

    D’autres indicateurs, tels que l’analyse des eaux usées, montrent la présence de cocaïne dans un plus grand nombre de villes européennes.

    Pour élargir leur réseau de vente, les dealers adaptent leurs techniques marketing. Aujourd’hui, il est possible de se procurer les produits au travers des réseaux sociaux. Les dealers affichent toute une gamme de produits : dès 30 euros, il est possible de trouver de la marchandise, sans doute de qualité douteuse, « mais si tu payes 100 euros, alors là, tu as le super truc, » affirme l’analyste.

    Une métamorphose liée à la volonté des cartels colombiens
    Depuis les années 2000, les cartels colombiens se sont tournés vers l’Europe pour diversifier leurs canaux de distribution. Selon David Weinberger, co-directeur de l’Observatoire des criminalités internationales à l’Institut de relations internationales et stratégiques à Paris, le but des criminels colombiens était de court-circuiter les trafiquants mexicains : « Pour atteindre les Etats-Unis, ils avaient l’obligation de passer par le Mexique, ce qui les obligeait à diminuer leurs profits. »

    Désormais, ils sont présents dans d’autres zones du monde, notamment en Océanie, où la consommation par habitant est la plus importante au monde, localisée principalement en Australie et en Nouvelle-Zélande.

    Les nouvelles techniques de dissimulation
    En Europe, la drogue arrive majoritairement dans les ports d’Anvers, de Rotterdam ou de Valence. Le commerce de containers y est si dense que la surveillance systématique est illusoire.

    Les méthodes de dissimulation de la cocaïne sont aussi très sophistiquées, affirme Laurent Laniel. Il est possible de la cacher de manière chimique, de la faire se confondre avec d’autres matériaux, par exemple du plastique, du charbon de bois. Les trafiquants arrivent également à la mélanger avec de la peinture ou du plâtre.

    C’est seulement une fois les laboratoires démantelés que la police et les douanes arrivent à comprendre quel a été le subterfuge qui a permis d’introduire des tonnes de cocaïne sur le sol européen.

    Le marché européen contrôlé par plusieurs groupes
    La N’drangheta, la mafia calabraise, a la haute main sur une partie du trafic de cocaïne. Selon David Weinberger, c’est un marché fluide, pas tenu par un seul groupe mais par une multitude de gangs, notamment albanais ou turcs.

    Dans une logique de marché globalisé, ceux qui acheminent la drogue la moins chère et la plus pure possible arrivent à occuper le terrain et à grignoter celui des autres criminels.

    Cela peut aboutir à une augmentation de la violence, à des règlements de comptes, voire à des assassinats comme celui d’un journaliste néerlandais l’an dernier.
    A tel point qu’en Belgique et surtout aux Pays-Bas - où règne la Mocro Mafia, une organisation d’origine marocaine - des personnalités comme le Premier ministre et même une princesse ont été placés sous protection.

    #ue #union_européenne #drogue #drogues #cocaïne #crack #mafia #santé #addiction #société #cocaine #police #trafic #criminalité #héroïne #Australie #Nouvelle-Zélande #Océanie #Anvers #Rotterdam #Valence #containers #marché

    • Le géant maritime MSC aurait été infiltré par un gang de trafiquants de drogue RTS - Katja Schaer/jop
      https://www.rts.ch/info/economie/13644414-le-geant-maritime-msc-aurait-ete-infiltre-par-un-gang-de-trafiquants-de

      Une affaire de trafic de drogue embarrasse le plus grand transporteur maritime au monde. Selon une enquête de Bloomberg parue vendredi, l’entreprise MSC, établie à Genève, serait infiltrée par des trafiquants et participerait indirectement à un gigantesque trafic de cocaïne.

      Selon une estimation de l’ONU, l’Europe occidentale à elle seule compterait 4,5 millions de consommateurs et consommatrices de cocaïne, soit 1,5% de la population de plus de 15 ans. Le Vieux Continent serait ainsi en passe de devenir le premier marché mondial, devant l’Amérique du Nord. De quoi générer des montant vertigineux et constituer des organisations criminelles tentaculaires.


      Dans ce contexte, les enquêteurs de l’agence de presse américaine ont décortiqué les affaires qui ont concerné MSC ces trois dernières années, et plus particulièrement son porte-conteneurs Gayane, bloqué à Philadelphie en juin 2019 après la découverte d’un volume record de 20 tonnes de cocaïne destinées au port de Rotterdam.

      Dans l’oeil du cyclone aux Etats-Unis
      Le navire entier avait alors été saisi et l’affaire avait permis de démontrer la complicité d’une partie de l’équipage. Selon l’enquête, ces marins de MSC n’étaient pas à l’origine du trafic, mais ils auraient communiqué avec les fournisseurs de drogue, via des téléphones cryptés, et auraient coordonné le chargement de drogue sur le navire. Sur 22 membres d’équipage, huit d’entre eux ont ensuite plaidé coupable et ont été condamnés.

      Mais d’après Bloomberg, l’affaire fait encore l’objet d’un bras de fer juridique entre MSC et le gouvernement américain, qui estime que la complicité des marins rend l’entreprise partiellement responsable de ce trafic, et voudrait la sanctionner à hauteur de 700 millions de dollars.

      En 2019, plusieurs autres saisies ont eu lieu : 1,6 tonne de cocaïne a été trouvée sur le MSC Carlotta dans le New Jersey (USA), puis 2,4 tonnes ont été saisies par les autorités péruviennes sur le même bateau. Cette année encore, 450kg de poudre blanche ont été saisies au port de Gênes, en Italie, à bord du MSC Adélaïde.

      MSC « particulièrement exposée »
      Bloomberg précise que l’armateur se défend de toute participation, s’estimant victime et non complice. Par communiqué de presse, le groupe rappelle que les transporteurs ne sont ni responsables ni formés pour lutter contre le crime organisé, même s’ils s’efforcent de déjouer les techniques des criminels.

      Mais surtout, MSC s’oppose à l’affirmation de Bloomberg selon laquelle la société entière serait infiltrée par un gang. Elle estime en outre avoir subi « un préjudice financier et réputationnel conséquent ».

      En définitive, l’enquête de Bloomberg https://www.bloomberg.com/news/features/2022-12-16/how-world-s-top-shipping-company-became-hub-for-drug-trafficking?leadSour montre surtout comment les gangs et cartels viennent se greffer au transport maritime international pour garantir leurs chaînes d’approvisionnement. Et MSC serait particulièrement exposé, parce qu’il couvre des trajets de l’Amérique du Sud à l’Europe du Nord, décrits comme les « autoroutes » de la cocaïne. Il est aussi le premier employeur de marins issus du Monténégro, pays d’origine du « Gang des Balkans », spécialisé dans le trafic de cocaïne.

      #transport_maritime #msc #mer #transport #conteneurs #containers #container #drogue #capitalisme #alexis_kohler

  • Le plus grand porte-conteneurs du monde livré à Evergreen (Traduction : Jamais vert)
    https://lemarin.ouest-france.fr/secteurs-activites/shipping/44098-le-plus-grand-porte-conteneur-du-monde-livre-evergreen
    Construit en Chine par Hudong-Zhonghua shipbuilding, filiale du groupe CSSC, le navire de 400 mètres de long sur 61,5 de large, pour un tirant d’eau de 17 mètres, est le premier de la classe A de la compagnie à être doté de cette capacité, qui dépasse de tout juste 12 EVP celle des six premiers navires de la série construits en Corée par Samsung heavy industries.


    Le porte-conteneurs Ever Alot de 24 004 EVP – un record – a été livré le mercredi 22 juin à l’armateur taiwanais Evergreen.

    Il est le premier dans le monde à dépasser la barre des 24 000 EVP. Huit autres sisterships doivent être livrés par les chantiers jumeaux de Shanghai, Jiangnan et Hudong-Zhonghua. Ces navires équipés de scrubbers sont dotés de moteurs WinGD - 11X92B.

    Avant la classe A d’Evergreen, c’est HMM qui détenait le record de capacité avec le HMM Algeciras de 23 964 EVP. MSC exploite des navires jusqu’à 23 756 EVP, et CMA CGM 23 112 EVP avec la série ouverte par le Jacques Saadé. https://lemarin.ouest-france.fr/secteurs-activites/shipping/40206-le-cma-cgm-sorbonne-dernier-de-la-serie-livre

    #containers #portes_containers #pollution #Chine #union_européenne #ue #navires #samsug #cma_cgm

  • Don’t install #PostgreSQL - Using containers for local development.
    https://www.perrygeo.com/dont-install-postgresql-using-containers-for-local-development.html

    #Docker #containers provide a robust way to run postgres in local development, with very few compromises. A container-based workflow makes it easier to maintain multiple parallel database, and to move data freely between systems. For my money, there’s no need to apt install postgres again.

  • * Trafic de drogue : le géant du transport par containers MCS cesse ses activités en provenance d’Amérique du Sud
    https://www.rtbf.be/article/trafic-de-drogue-le-geant-du-transport-par-containers-mcs-cesse-ses-activites-e

    La plus grande firme de containers au monde met ses activités en provenance d’Amérique du Sud à l’arrêt à cause du trafic de drogue. MSC Brésil a prévenu tous ses clients que dorénavant, et pour une période indéterminée, elle interrompait ses activités dans cette partie du monde. La raison : les menaces que font peser les actions criminelles sur l’entreprise, ses clients et ses partenaires commerciaux. Les activités criminelles dont il est question concernent bien sûr le trafic de drogue : les cartels utilisent la chaîne logistique du transport par containers.

    MSC a pris cette décision après la découverte de 200 kilos de drogue dans le port d’Aden, au Yémen, selon le média brésilien Jornal Da Band https://www.band.uol.com.br/noticias/jornal-da-band/ultimas/maior-empresa-de-conteiner-do-mundo-interrompe-parte-das-atividades-no- . En été 2019, un navire de MSC en route vers l’Europe s’est échoué aux Etats-Unis. Les autorités américaines ont découvert une importante quantité de drogue cachée dans ce navire, une vingtaine de tonnes de cocaïne ont été saisies. La firme MSC a dû payer une caution de 50 millions de dollars pour libérer le navire.

    Au Brésil, les marchandises qui passent par le port de Santos, dans l’Etat de São Paulo, représentent 34% de la balance commerciale du pays. Environ 150 millions de tonnes y transitent chaque année.

    La décision de MSC aura des conséquences en Europe, évidemment, et notamment dans le port d’Anvers, qui a transporté en 2021 près de 14 millions de tonnes de marchandises venant d’Amérique du Sud, selon Gazet Van Antwerpen https://www.gva.be/cnt/dmf20220119_96745239 . Cela concerne du bois, et aussi des produits alimentaires tels que du café, du sucre et des bananes notamment, explique à ce journal le patron belge de MSC Marc Beerlandt. De la drogue est parfois cachée dans ces marchandises. Il explique qu’il continuera à expédier des containers pour ses clients belges, mais qu’il interrompt les activités de transbordement.

    Conscientes qu’Anvers est une plaque tournante importante de la drogue provenant d’Amérique du Sud, les autorités belges ont intensifié les contrôles en utilisant notamment des caméras thermiques https://www.rtbf.be/article/plus-de-65-tonnes-de-cocaine-interceptees-au-port-d-anvers-en-2020-un-nouveau-r .

    #Transport #Containers #Logistique #Anvers #drogue #cocaïne #mondialisation #cocaïne #drogue #drogues #mafia #santé #cocaine #société #trafic #criminalité

  • L’embouteillage maritime mondial cause une pénurie de produits Cynthia Racine/oang
    https://www.rts.ch/info/economie/12362600-lembouteillage-maritime-mondial-cause-une-penurie-de-produits.html

    Sandales, montres-bracelets, capsules de café et autres produits, en provenance d’Asie notamment, manquent sur les étalages des supermarchés en Suisse. La cause en est un embouteillage persistant dans le commerce mondial, dû avant tout aux conséquences de la pandémie.
    De nombreux conteneurs sont actuellement bloqués, tant dans les ports de départ comme dans le port chinois de Yantian (Shenzen), que dans les ports d’arrivée européens.

    Et certains produits commencent à faire défaut dans les supermarchés. Aldi Suisse a ainsi signalé il y a quelques jours avoir mis en place un nouveau service de notification pour les produits concernés par cette pénurie.


    Le boom du commerce en ligne
    Les raisons de cet engorgement du commerce sont diverses, mais la pandémie a joué un rôle central : les consommateurs et consommatrices partout dans le monde, privés de voyages et de restaurants, se sont repliés sur le commerce en ligne, grand utilisateur du fret maritime.

    Il y a eu aussi ce printemps le blocage du canal de Suez, dont les conséquences se font encore sentir aujourd’hui. Et il y a donc embouteillage dans quasiment tous les ports du monde.

    Fermeture des ports en raison du Covid
    Carlos Cordon, professeur de gestion de la chaîne d’approvisionnement à l’IMD, rappelle que les ports ont vécu des fermetures en raison du Covid, entraînant des étranglements à l’arrivée des porte-conteneurs.

    « Dans le port de Los Angeles, par exemple, il y avait une quantité énorme de bateaux en train d’attendre pour être déchargés », a-t-il illustré jeudi dans La Matinale de la RTS.

    Autre raison à ce blocage du commerce mondial, les compagnies fabriquant les conteneurs avaient anticipé un recul de la consommation mondiale. Elles en ont donc moins fabriqué.

    Des conteneurs dix fois plus chers
    « Depuis presque une année, on a un gros problème, il n’y a pas suffisamment de conteneurs dans le monde », a expliqué Carlos Cordon. « Il y a une année et demie, un conteneur pouvait valoir moins de 1000 francs. Et aujourd’hui, il peut coûter jusqu’à 10’000 francs ».

    Le risque est évidemment de faire augmenter le prix du produit transporté pour le consommateur final.

    Selon les experts, cette situation pourrait perdurer jusqu’en 2022. De son côté, Aldi dit ne pas être en mesure d’estimer comment la situation va évoluer pour le moment.

     #transport_maritime #container #containers #pénuries #ports #commerce #spéculation #approvisionnement #transports #transport_maritime #consommation #commerce #navires #penurie #pénuries #capitalisme #bateaux #navires

  • #Grèce : un cas de #coronavirus dans un deuxième camp de migrants

    Le camp de #Malakasa, non loin d’#Athènes, a été placé en « confinement sanitaire total ».

    Un deuxième camp de migrants près d’Athènes a été placé dimanche 5 avril en quarantaine par les autorités grecques après un test au coronavirus qui s’est révélé positif pour un ressortissant afghan, a annoncé le ministère des Migrations.

    Le camp de Malakasa, à quelque 38 km au nord-est d’Athènes, a été placé « en confinement sanitaire total » pour 14 jours, avec interdiction d’y entrer ou d’en sortir.

    Selon le ministère, un Afghan âgé de 53 ans, souffrant déjà d’une maladie, s’est présenté de lui-même au dispensaire du camp après avoir ressenti des symptômes du Covid-19. Il a été emmené dans un hôpital d’Athènes où il a été testé positif au nouveau coronavirus. Sa famille a été placée à l’isolement et un examen complet du camp est en cours, a ajouté le ministère.

    Les camps de migrants qu’abrite la Grèce accueillent des dizaines de milliers de demandeurs d’asile dans des conditions précaires. Un foyer d’infection avait été repéré jeudi dans celui de Ritsona, à 80 km au nord d’Athènes, où 23 personnes ont jusqu’à présent été testées positives. Aucun membre du personnel du camp ne semblait touché par le virus, selon « le Monde ». « Nous alertons depuis des mois sur le manque d’hygiène dans les camps des îles. Face à cette épidémie, il devient urgent de transférer au plus vite les personnes les plus vulnérables vers le continent, vers des hébergements adaptés », estimait Boris Cheshirkov, porte-parole du Haut-Commissariat des Nations unies pour les réfugiés en Grèce, cité par le quotidien du soir.

    https://www.nouvelobs.com/coronavirus-de-wuhan/20200405.OBS27087/grece-un-cas-de-coronavirus-dans-un-deuxieme-camp-de-migrants.html
    #confinement #confinement_sanitaire_total #asile #migrations #réfugiés #covid-19 #camp_de_réfugiés

    Sur le camp de Ritsona :
    https://seenthis.net/messages/838008

    ping @luciebacon

    • Coronavirus : dans le camp de Malakasa en quarantaine, « personne ne manque de nourriture »

      Le camp de Malakasa, situé à 38 kilomètres au nord-est d’Athènes, a été placé en “confinement sanitaire total” pour 14 jours après qu’un cas de coronavirus y a été détecté. Les autorités grecques et l’OIM doivent assurer l’approvisionnement des résidents en nourriture et produits d’hygiène. Des tests sont également effectués.

      Plus personne n’entre ni ne sort du camp de Malakasa, en Grèce. Installé près d’un terrain militaire, à quelque 38 kilomètres au nord-est d’Athènes, ce camp – normalement ouvert – a été placé dimanche 5 avril en "confinement sanitaire total" pour 14 jours.

      Un migrant afghan y a été testé positif au Covid-19, a annoncé le ministère des Migrations. Cet homme de 53 ans, souffrant déjà d’une maladie, s’est présenté de lui-même au dispensaire du camp après avoir ressenti des symptômes du Covid-19.

      Il a été emmené dans un hôpital d’Athènes où il a été testé positif au nouveau coronavirus. Sa famille a été placée à l’isolement et un examen complet du camp est en cours, a ajouté le ministère.

      Interrogée par InfoMigrants, Christine Nikilaidou, responsable des informations publiques de l’Organisation internationale des migrations (OIM) – qui gère le camp – confirme que les résidents sont soumis à des tests. Si elle affirme ne pas savoir exactement combien de tests ont déjà été effectués, elle avance que l’entourage proche de l’Afghan malade a été testé en priorité.
      Distribution de nourriture et kits d’hygiène

      L’immense majorité des 1 611 personnes qui vivent dans le camp de Malakasa est originaire d’Afghanistan. En temps normal, les allées de graviers du camp grouillent d’enfants qui courent. Mais, ces jours-ci, le camp semble désert. La pluie tombe en permanence et l’OIM incite les familles à rester à l’intérieur de leur conteneur.

      Dans ces petits bâtiments posés sur le sol, les familles disposent de l’eau courante et de l’électricité mais les murs sont tachés d’humidité et le manque d’espace est criant.

      Jusqu’à la fermeture du camp, les résidents pouvaient aller faire leurs courses dans les commerces de la ville ou à Athènes. Toute sortie étant désormais interdite, l’OIM assure se coordonner avec les autorités grecques pour permettre des distributions de nourriture et de kits d’hygiène aux résidents du camp.

      "Ces distributions commenceront dans quelques jours. Les kits sont prêts mais nous attendons de recevoir les résultats des tests déjà effectués. Nous savons que, pour le moment, tout le monde a des provisions et personne ne manque de nourriture", affirme Christine Nikilaidou.

      Le camp de Malakasa est le deuxième camp de migrant en Grèce à être placé en quarantaine en raison du coronavirus. Un foyer d’infection avait déjà été repéré jeudi dans le camp de Ritsona, à 80 km au nord d’Athènes, où 23 personnes ont jusqu’à présent été testées positives.

      Comme de nombreux autres pays européens, la Grèce a imposé à sa population des mesures de confinement depuis le 23 mars. Les autorités grecques ont annoncé samedi qu’elles seraient étendues pour trois semaines, jusqu’au 27 avril.

      https://www.infomigrants.net/fr/post/23905/coronavirus-dans-le-camp-de-malakasa-en-quarantaine-personne-ne-manque
      https://seenthis.net/messages/839727

    • Greece Quarantines Second Migrant Camp After COVID-19 Case Confirmed

      Greece has quarantined a second migrant facility on its mainland after a 53-year-old man tested positive for the new coronavirus, the migration ministry said on Sunday.

      The Afghan man lives with his family at the Malakasa camp, just north of Athens, along with hundreds of asylum seekers. He has been transferred to a hospital in Athens and tests on his contacts will continue as authorities try to trace the route of the virus.

      Greece confirmed 62 new cases of COVID-19 later in the day, bringing the total in the country to 1,735 since its first case was reported in February. Seventy three people have died.

      Last week, the Ritsona camp in central Greece was sealed off after 20 tested positive for the new coronavirus. It was the first such facility in the country to be hit since the outbreak of the disease. [L8N2BQ1V9]

      Greece has been the main gateway into the European Union for people fleeing conflict in the Middle East and beyond. More than a million people reached its shores from Turkey in 2015-16.

      At least 110,000 people currently live in migrant facilities - 40,000 of them in overcrowded camps on five islands.

      “The number (of migrants and refugees) is very large, therefore it is a given, mathematically, that there will be confirmed cases,” Migration Minister Notis Mitarachi told Skai TV. “We have an emergency plan in place ... But it is more difficult to implement it on the islands.”

      No cases have been recorded in camps on Greek islands so far.

      The conservative government wants to replace all existing camps on islands with enclosed detention centers, but its plans have been met with resistance from local authorities and residents who want all facilities shut.

      To contain the spread of the virus the government also wants new arrivals isolated from the rest of the migrants but most islands have not designated areas of accommodation, ministry officials said. About 120 people who recently arrived on Lesbos have not yet found a shelter, according to sources.
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      Aid groups have urged Greece to evacuate the camps, warning the risk of the fast-moving virus spreading among people living in squalid conditions is high and containing an outbreak in such settings would be “impossible”.

      The camp in Malakasa, 40 km (25 miles) northeast of Athens, will be put into quarantine for two weeks, the ministry said on Sunday, adding that police guarding the site would be reinforced to ensure the restrictions are implemented.

      A separate, enclosed facility started operating last month for migrants who arrived after March 1, the ministry said.

      Greece has imposed a nationwide lockdown and banned arrivals from non-EU countries as well as Germany, Britain, Italy and Spain. The measures have hit its economy which is relying on tourism for a recovery after a decade-long debt crisis.

      https://www.nytimes.com/reuters/2020/04/05/world/europe/05reuters-health-coronavirus-greece-camp.html?searchResultPosition=5

    • COVID-19 : Διαμαρτυρία μεταναστών στη Μαλακάσα

      Στο προσφυγικό κέντρο της Μαλακάσας μετανάστες διαμαρτύρηθηκαν και ζητούν να υποβληθούν σε τεστ για τον COVID-19. Η κυβέρνηση αποφάσισε τον υγειονομικό αποκλεισμό του κέντρου για 14 ημέρες, αφού ένας 53χρονος Αγφανός βρέθηκε θετικός στον ιό. Στο μεταξύ, ο Εθνικός Οργανισμός Δημόσιας Υγείας συνεχίζει την ιχνηλάτηση με στόχο τον εντοπισμό άλλων κρουσμάτων εντός της δομής φιλοξενίας, ενώ ειδικά συνεργεία απολυμαίνουν τους κοινόχρηστους χώρους.

      Οι υγιείς μετανάστες και πρόσφυγες διαμένουν σε χώρο πλήρως απομονωμένο, ενώ η αστυνομία έχει ενισχύσει την παρουσία της στην περίμετρο του χώρου φιλοξενίας. Μετά την Ριτσώνα, η παλιά δομή της Μαλακάσας είναι το δεύτερο προσφυγικό κέντρο που μπαίνει σε καραντίνα με στόχο να περιοριστεί η εξάπλωσης της πανδημίας.


      https://gr.euronews.com/2020/04/06/covid-19-diamartyria-metanaston-sti-maklakasa

      –-> Commentaire de Vicky Skoumbi reçu via mail via la mailing-list Migreurop :

      Aujourd’hui, c’était le deuxième jour d’une quarantaine de quatorze jours pour l’ancien camp de réception de Malakasa – celui qui se trouve juste à côté du nouveau camp fermé destinés à ceux qui sont arrivés après le 1 mars. A cet ancien camp géré par l’OIM mis sous quarantaine suite au recensement d’un cas de coronavirus -voir mail précédent- les migrants ont organisé une protestation juste derrière les barbelés pour réclamer un dépistage généralisé dans le camp –voir la vidéo sur https://gr.euronews.com/2020/04/06/covid-19-diamartyria-metanaston-sti-maklakasa

      Jusqu’à maintenant les seules personnes dépistées ont été la famille du malade et quelques contacts. 1.611 personnes habitent dans le camp, la plupart en containers de six personnes, mais il y a 133 personnes qui sont logés dans des espaces communs et 116 dans des abris de fortunes- voir photo.

      Pour les personnes qui ne sont pas logés en containers, il y 30 toilettes chimiques et 16 douches, tandis que chaque container dispose de sa propre toilette et d’une douche.

      D’après le quotidien grec Journal de Rédacteurs (Efimerida tôn Syntaktôn : https://www.efsyn.gr/ellada/ygeia/237999_poly-liga-kai-poly-arga-ta-metra-kai-sti-malakasa) les autorités ont fait trop peu et trop tard. Trois jours avant que le malade de 53 ne soit transféré à Athènes, un cas suspect d’une femme enceinte présentant tous les symptômes n’a pas été dépisté et aucune mesure n’a été prise.

    • How my dream of freedom died in Greece’s ‘holding pens’

      Ahmed fled Syria only to end up in the Malakasa refugee camp, where more than 1,000 people are being denied basic human rights.

      When Ahmed landed in darkness on the Greek island of Lesbos he was convinced that the road ahead could not be as hard as the one he had just travelled.

      But, instead of the volunteers and blankets that have met hundreds of thousands of asylum seekers before him, he was greeted by a jeering crowd of locals and had to be rescued by police. “It was the worst feeling I’ve ever had,” he said. “I felt that my dream of Greece was a false one.”

      Ahmed was among the more than 2,000 refugees who have arrived in Greece since the beginning of March, when the country suspended all access to asylum.

      Their experiences, from seeing their children drowned at sea to being attacked by angry islanders, separated from family and dumped in remote detention camps, offer a month-long, nightmarish vision of what Europe would look like with no asylum rights.

      Greece shut off access after Turkey opened its borders in February and encouraged refugees to cross in a bid to pressure the European Union for more aid money in support of its military involvement against Russia and the Assad regime over the Syrian enclave of Idlib.

      Born in Syria’s capital, Damascus, Ahmed fled his home to escape military service with the regime. The 30-year-old told his story from inside the Malakasa detention camp in central Greece.

      He spent the past four years in Turkey, where he met and married his wife, Hanin. Their precarious life and their wedding were documented in a Guardian photo essay last year.

      But the couple were unable to make ends meet and Hanin, by now pregnant, made the journey by dinghy to Lesbos six months ago, with Ahmed promising to follow. She arrived safely and gave birth to their daughter, who is now two months old. Ahmed has yet to meet his child.

      His first week on Lesbos was spent camping in a fenced-off area of the port city of Mytilene before he was shipped off, along with 450 other new arrivals, on a Greek navy vessel.

      Amelia Cooper, a case worker at the Lesbos Legal Centre who spoke to some of those detained at the port, said: “The suspension of the right to seek asylum was followed by deliberate attempts to isolate new arrivals and prevent their access to lawyers, journalists and members of the European parliament.”

      In the middle of last month, Greek authorities began work on two sites, one in Malakasa, where 1,340 people have been sent, and another near the border with Bulgaria in Serres, which is housing 600 people. A video of Malakasa shows white tents behind a chainlink fence topped with razor wire. A Greek contractor who posted the video on 28 March, with construction work still going on, acts as narrator: “The money is flowing. These illegal strays are good business.”

      “These sites are fundamentally different,” said Belkis Wille from Human Rights Watch. “They are open-air prisons, filled with people who have been denied their basic rights and are being held as de facto detainees without any legal framework.”

      Most people in Malakasa and Serres are thought to be holding a deportation order from the Greek police. Refugees say they were forced to sign this Greek-language document despite being unable to read it. Under European law everyone is entitled to an individual assessment of their claim for protection but these documents declare that the accused must be deported for illegally entering Greece.

      For the past four years, the larger flow of people across the eastern Aegean has been reduced by an arrangement between the EU and Ankara that saw Turkey get €6bn in aid in return for restricting crossings. Under this deal, Greece has returned 2,000 new arrivals. Since early March, Turkey has stated that even this deal is dead.

      Ahmed said the uncertainty of the situation was unbearable: “I lived through four years of war in Syria. This month is worse than those four years: can you imagine?”

      Conditions at the Serres site, where tents are packed tightly together behind fences on a dry riverbed, are even worse than at Malakasa. Detainees say they have no electricity to even charge a phone. The Serres police union said in a statement that the site was “totally unsuitable”.

      Spyros Leonidas, mayor of the nearest village, Promaxonas, said the camp was “unfit for animals, let alone people”. “There are newborns and pregnant women among the people. And there is no hot water,” he said.

      The fate of those in detention remains unclear.

      The Greek government has said that the suspension of asylum will be lifted , and the EU home affairs commissioner, Ylva Johansson, said last week she had received assurances that those who arrived in March would be able to apply for asylum.

      However, Greece’s migration and asylum minister, Notis Mitarakis, subsequently said that people who had been issued with deportation orders would not be granted an asylum process.

      None of the detainees reached by the Observer had been notified of any change in their access to asylum. The Greek asylum service is closed until 10 April 10 because of the Covid-19 crisis.

      Vassilis Papadopoulos, a lawyer and former senior official at the migration ministry under the previous government, said that Ahmed and the other detainees were “being made an example of” to show there was a tough new policy.

      “What happened in March brought the numbers [of crossings] down so they’re going to keep doing it, even if they say something different,” he added.

      https://www.theguardian.com/world/2020/apr/05/how-my-dream-of-freedom-died-on-the-road-to-greeces-gulag

      –-> commentaire de Vicky Skoumbi reçu via mail, le 06.04.2020:

      Dans un article du Guardian sont décrites les conditions de vie inhumaines et les violations systématiques de droits fondamentaux dans les centres fermés de Malakassa et Serres. Ces centres ont été créés récemment pour que ceux et celles qui sont arrivés après le 1 mars y sont détenus en vue d’une expulsion ou d’un renvoi forcé vers la Turquie. Il s’agit de véritables prisons à ciel ouvert, où le manque d’eau courante et l’absence totale de toute mesure d’hygiène créent les conditions idéales pour une propagation généralisée de coronavirus. Le camp à l’endroit dit Klidi de Serres, construit au milieu de nulle part sur le lit d’une rivière asséchée, expose les personnes qui y sont détenus même au risque d’inondation. Vu l’extrême urgence de la situation- en Grèce les derniers jours des très fortes pluies sont tombées- j’aimerais vous rappeler l’appel à fermer immédiatement ce camp (en grec) et dont la traduction en français se trouve en PJ. Merci de partager.

      #Malakassa #Serres #Klidi

    • Coronavirus en Grèce : deux camps de réfugiés en quarantaine

      Ritsona et Malakasa, deux camps de réfugiés de la région d’Athènes, ont été mis en quarantaine après le dépistage de plusieurs cas de coronavirus. Les ONG craignent la propagation du virus dans des lieux pas du tout adaptés aux règles d’hygiène ni de distanciation sociale.

      « Les paniers repas distribués ne sont pas suffisants et ne couvrent pas les besoins nutritionnels de la population », explique Parwana, une réfugiée afghane, dans une vidéo publiée sur le groupe facebook (https://www.facebook.com/watch/?ref=external&v=969395506808816) d’une initiative solidaire. « Nous manquons également de médicaments, alors que des personnes vulnérables qui ont besoin de suivre des traitements résident dans le camp. »

      Depuis jeudi, le camp de Ritsona, au nord-est d’Athènes, où vit cette adolescente, a été mis en quarantaine après le dépistage de 23 cas de coronavirus parmi les demandeurs d’asile. Les tests ont été effectués après qu’une résidente du camp, une Camerounaise de 22 ans, a été détectée positive au lendemain de son accouchement le 28 mars dans un hôpital athénien. Les 23 demandeurs d’asile atteints du virus ont été mis à l’isolement pour éviter la contamination des autres résidents.

      L’accès au camp est désormais interdit, sauf au personnel de l’agence sanitaire publique et de l’Organisation International des migrations (OIM) en charge du camp. Les demandeurs d’asile ne peuvent plus sortir et reçoivent des paniers repas et des objets de première nécessité distribués par l’OIM, alors qu’en temps normal ils reçoivent une assistance financière du Haut-Commissariat aux Réfugiés (UNHCR) et peuvent aller faire leurs courses à la ville la plus proche, qui se trouve à huit kilomètres...

      À Ritsona, les conditions de vie ne sont pas les plus mauvaises parmi les 30 camps établis en Grèce continentale : quelque 2700 personnes logent dans 195 conteneurs et 222 dans des petits appartements qui disposent d’une cuisine, d’une douche et de toilettes. La quarantaine, l’absence d’activités, les paniers repas peu fournis, le manque de médicaments, les difficultés à voir un médecin et le report des rendez-vous pour la demande d’asile rendent toutefois le quotidien des demandeurs d’asile de plus en plus éprouvant.

      Malakasa, « une bombe à retardement »

      Dimanche, un deuxième camp a été mis en quarantaine, celui de Malakasa à 38 km au nord-est d’Athènes. Un Afghan de 53 ans qui s’était présenté de lui-même dans la clinique du camp, toussant et avec de la fièvre, a été diagnostiqué positif au coronavirus après avoir été transporté dans un hôpital athénien.

      La famille du réfugié a été mise à l’isolement et le camp bouclé par des renforts de police. Selon Human Rights Watch (HRW), les conditions sont déplorables dans ce centre où ont notamment été transférées toutes les personnes arrivées après le 1er mars sur les îles grecques en face de la Turquie. La Grèce avait alors suspendu le droit d’asile face à la menace d’Ankara de laisser passer les réfugiés en Europe. D’après HRW, qui a recueilli plusieurs témoignages, dans chaque tente vivent jusqu’à dix demandeurs d’asile. Les mesures de distanciation sociale et les gestes barrières ne peuvent donc pas être appliqués. Dans un communiqué du 26 mars, le syndicat de la police d’Athènes et de l’Attique dénonce aussi le manque d’hygiène à Malakasa. « C’est une bombe à retardement, tous les moyens sanitaires de base manquent… »

      https://www.courrierdesbalkans.fr/deux-camps-de-refugies-en-quarantaine-en-Grece

    • Via Migreurop

      Il me semble qu’en ce qui concerne le camp de Malakasa, il y a une erreur due au fait qu’actuellement à Malakasa il y a deux camps, un camp fermé destiné à ceux qui sont arrivés après le 1 mars et où en effet les conditions sont terribles, et un camp plus ancien, le camp ouvert géré par l’OIM où la grande majorité est dans de containers pour 6 personnes avec toilette et douche. Comme je vous ai écrit dans un mail précédent
      1.611 personnes habitent dans le camp, la plupart en containers de six personnes, mais il y a 133 personnes qui sont logés dans des espaces communs et 116 dans des abris de fortunes
      Et c’est bien ce camp ouvert qui a été mis en quarantaine, il ne faudrait pas confondre les deux camps
      Merci de transmettre

    • Il me semble qu’en ce qui concerne le camp de Malakasa, il y a une erreur due au fait qu’actuellement à Malakasa il y a deux camps, un camp fermé destiné à ceux qui sont arrivés après le 1 mars et où en effet les conditions sont terribles, et un camp plus ancien, le camp ouvert géré par l’#OIM où la grande majorité est dans de #containers pour 6 personnes avec toilette et douche.
      1’611 personnes habitent dans le camp, la plupart en containers de six personnes, mais il y a 133 personnes qui sont logés dans des espaces communs et 116 dans des abris de fortunes
      Et c’est bien ce camp ouvert qui a été mis en quarantaine, il ne faudrait pas confondre les deux camps

      –-> Commentaire de Vicky Skoumbi, reçu via la mailing-list Migreurop, le 08.04.2020

    • Greece’s Malakasa migrant camp: What life is like during the coronavirus lockdown

      On April 5, the Malakasa camp near Athens was placed in “full sanitary isolation” for 14 days, after a migrant tested positive for the novel coronavirus. Greek authorities and the UN migration agency are providing the camp’s residents with both food and hygiene products. But residents told us: “We feel like we’ve been completely abandoned.”

      For the next 14 days, no one is allowed to enter or leave Greece’s Malakasa migrant camp. Located on a vast military field, 38 kilometers northeast of Athens, the camp has been placed in “full sanitary isolation” after an Afghan migrant living there tested positive for COVID-19, Greece’s ministry of migration announced earlier this week.

      The 53-year-old man, who was already suffering from another illness, visited the camp clinic after experiencing COVID-19 symptoms. The man was then taken to a hospital in Athens where he tested positive for the coronavirus. The ministry said that his family had been placed in quarantine, and that officials were screening the camp to get a full overview of the gravity of the situation.

      Christine Nikilaidou, a spokewoman for the UN migration agency (IOM), told InfoMigrants that all camp residents were currently being tested. She could not specify exactly how many tests had been carried out so far, but she said that the people who had been in contact with the ill Afghan had been given priority.

      ‘Feel completely abandoned’

      The vast majority of the 1,611 people living in the Malakasa camp are from Afghanistan. Under normal circumstances, the gravel paths that run through the camp are full of children playing with each other. But after the lockdown went into force, the camp feels totally deserted. For days, rain has been pouring down non-stop, and the IOM has told all camp residents to stay inside.

      Although residents live in fitted shipping containers that contain both running water and electricity, the space inside them is cramped and the walls are often stained with mold from the humidity.

      Souad* lives with her husband and three children in one of the containers. On Sunday, she abruptly woke to the sound of loudspeakers. “I went to the window and saw police cars driving through the camp and a voice announcing that we had been placed in lockdown and wouldn’t be allowed to go out anymore,” she told InfoMigrants.

      Souad, who comes from a Middle Eastern country she did not want to identify, said that aside from that, the camp’s residents have not received much information about the situation. “We are completely isolated and no one has told us what we should do, we feel like we’ve been completely abandoned. My husband has health problems related to high blood pressure and diabetes, and we don’t have enough medication,” she said.

      Food distribution and hygiene kits

      Prior to the lockdown, camp residents would either do their grocery shopping in Malakasa village, or in Athens. But after the camp went into lockdown and all outings were banned, IOM and Greek authorities are in charge of providing the camp’s residents with both food and hygiene products.

      “These distributions will start in a few days. The kits are ready but we are waiting to receive the results of the tests that we’ve already carried out. We know that for the moment, everyone has provisions, and no one is running out of food,” Nikilaidou said.

      Souad confirmed that her family has enough food to last them for at least another few days, but said their biggest concern is the lack of access to medication and protective gear, such as gloves and masks. “They don’t let us out and they don’t provide us with what we need to protect ourselves from COVID-19. All they did was give each family a bottle that contained a cleaning liquid, that’s all I have with my husband and my three children to deal with the virus,” she said.

      Malakasa is the second migrant camp in Greece to have been placed in full lockdown due to the coronavirus. Last Thursday, an outbreak was detected in the Ritsona camp, 80 kilometers north of Athens, where 23 people have tested positive so far.

      Like many other European countries, Greece went into lockdown on March 23. On Saturday, April 4, the government announced the lockdown would be extended for another three weeks, until April 27.

      https://www.infomigrants.net/en/post/24010/greece-s-malakasa-migrant-camp-what-life-is-like-during-the-coronaviru

  • Le plus grand porte-conteneurs du monde prend la mer à Tianjin 10 Juillet 2018 - French.xinhuanet.com
    http://french.xinhuanet.com/2019-07/08/c_138209629.htm

    TIANJIN, 8 juillet (Xinhua) — Le MSC Gulsun, le plus grand porte-conteneurs du monde en termes de capacité de transport, a pris la mer depuis la ville portuaire de Tianjin, dans le nord de la Chine, lundi, en direction du nord-ouest de l’Europe.

    Avec une charge maximale de 224.986,4 tonnes, le MSC Gulsun est capable de transporter 23 756 EVP (ou équivalents vingt pieds), selon Jonathan Zhu, directeur général de Greater China de la MSC Mediterranean Shipping Company, l’exploitant du navire.

    Le navire mesure 399,9 mètres de long et 61,5 mètres de large, et doit arriver dans le nord-ouest de l’Europe avant de passer par divers ports, dont Qingdao, Shanghai, Algésiras, Dantzig, Kaliningrad et Rotterdam.

    Le navire a été construit par Samsung Heavy Industries, la filiale de construction navale de Samsung Group de la République de Corée.

    #containeurs #containers #transport_maritime #mer #commerce_mondial #route_de_la_soie ou route de la pollution ? #chine #europe

  • Delays in app delivery to #kubernetes
    https://hackernoon.com/delays-in-app-delivery-to-kubernetes-5d0511094f38?source=rss----3a8144ea

    Delays in App Delivery to KubernetesDelivering enterprise applications to KubernetesEnterprises around the world are waking up to the #containers and Kubernetes trend. There are numerous benefits of delivering an application as container packages to Kubernetes but at the same time, the process of app containerization and the subsequent app deployment to Kubernetes can hit many roadblocks. Since the idea of using Kubernetes and containers for app delivery is fairly recent, the transition from traditional delivery systems to these modern delivery systems is a bumpy ride.Major roadblocks while achieving continuous deliveryTo modernize, breaking down large applications into smaller microservices is just a start. The main challenge is in continuously delivering these microservices as (...)

    #continuous-delivery #devops #docker

  • #docker Swarm, Kubernetes’s clever little borther
    https://hackernoon.com/docker-swarm-kubernetess-clever-little-borther-49ac3d0a853?source=rss---

    Docker Swarm, Kubernetes’s clever little brotherIs kubernetes suitable for any container based project?There is no doubt that kubernetes is one of the most talked about technologies in the domain of #cloud and #containers. Kubernetes provides a complete solution to managing containers, but there are cases where it is not the best solution.The main disadvantage of kubernetes is its complexity and learning curve. This complexity is due to several reasons:We need to know both the “language” of Docker and the “language” of kubernetes.There are a lot of “moving parts” in the infrastructure (kube-apiserver, etcd, kube-scheduler, kube-controller, kubelet, kube-proxy etc..)There are many types of objects (Service, Pod, Deployment, ReplicaSet)A vast amount of features that we do not necessarily need.In (...)

    #devops #tutorial

  • Health Checks for Services, #containers and Daemons
    https://hackernoon.com/health-checks-for-services-containers-and-daemons-7f326a66430e?source=rs

    https://medium.com/media/a6b1fc7512f3bfedaf47f154db36270b/hrefJon Christensen and Chris Hickman of Kelsus discuss health checks for services, containers, and daemons. They use them to keep Kelsus’s distributed systems and services functioning.Some of the highlights of the show include:Health Checks: A first line of defense when running any software in production from an operational standpoint to detect errors and identify when a service needs to be recreatedHealth checks involve something hitting an endpoint to execute application code and determine if it’s responding on that port and back to itTwo main types of health checks: Shallow: Use service code to create new endpoint; goes through frontend, routes to your code, executes code, and returns a response that signifies success. Deep: (...)

    #docker #daemon #aws #container-health-checks

  • All your #containers are belong to us — deploying to Microsoft #azure
    https://hackernoon.com/all-your-containers-are-belong-to-us-deploying-to-microsoft-azure-2e9aa4

    All your containers are belong to us — deploying to Microsoft AzureAzure Container Instances enables #deployment of #docker containers onto Azure infrastructure without provisioning any virtual machines or adopting a higher-level service.Follow me on Twitter, happy to take your suggestions on topics or improvements /ChrisIt becomes more and more common today to develop as well as deliver your application in one or more containers. One of the most common containerization software’s out there is Docker. It’s a great tool making it very easy to create image as well as containers and also monitor the same. Wouldn’t it be great if we could continue using Docker and bring our app to the cloudIn this article we will do the following:Explain, why we might need the cloudClone application source code (...)

    #devops

  • Stretching the Mold: How Alibaba Enhances #database Flexibility
    https://hackernoon.com/stretching-the-mold-how-alibaba-enhances-database-flexibility-78ec97fcfd

    From hybrid cloud flexibility to containerization, supporting the 11.11 Global Shopping Festival has taken relentless innovation from Alibaba’s database team.For Alibaba Group, preparing to support peak data traffic during the annual 11.11 Global Shopping Festival is a yearlong challenge, at the center of which demand for database flexibility has been a perennial feature.As a widely used data storage system, Alibaba’s database consumes IO and CPU resources to perform operations involved with its SQL requests, including physical read, logical read, and sorting and filtering. With different services’ SQL requests consuming different resources according to their execution plans, the demand for resource specification varies by service.To improve overall utilization, Alibaba must abstract (...)

    #containers #cloud-computing #docker #database-flexibility

  • #Pollution : plages souillées, oiseaux empoisonnés... Comment les #conteneurs tombés à l’eau deviennent un vrai mal de mer
    https://www.francetvinfo.fr/monde/environnement/alerte-pollution/enquete-franceinfo-alertepollution-plages-souillees-oiseaux-empoisonnes

    Difficile de mesurer l’ampleur du phénomène : quantifier le nombre de conteneurs perdus chaque année – à cause du surpoids des marchandises, des conditions de chargement ou encore des conditions météo – s’avère une entreprise délicate. Le World Shipping Council (WSC), qui représente les compagnies de transport industriel, affirme dans un rapport (en anglais) publié en 2017 que 1 582 conteneurs en moyenne ont disparu en mer chaque année entre 2006 et 2016. Mais ces données sont basées uniquement sur les déclarations des armateurs membres du WSC, qui représentent selon elle 80% du secteur.

    D’autres estimations décrivent un phénomène bien plus impressionnant : le Centre de ressources sur les pollutions accidentelles en mer agréé par l’Etat français (#Cedre) fait état de 10 000 à 15 000 conteneurs perdus chaque année en mer, quand l’association de protection de l’#environnement Robin des bois avance carrément que « plusieurs dizaines de milliers de conteneurs tombent à la mer chaque année ». Pour le porte-parole de Robin des bois, Jacky Bonnemains, s’il est aujourd’hui impossible d’établir un état des lieux précis, c’est que « le marché du #porte-conteneurs est beaucoup trop opaque ».

    #transport_maritime

  • What Is #containerization ?
    https://hackernoon.com/what-is-containerization-83ae53a709a6?source=rss----3a8144eabfe3---4

    In traditional software development, code developed in one computing environment often runs with bugs and errors when deployed in another environment.Software developers solve this problem by running software in ‘containers’ in the cloud.How #containers WorkContainerization involves bundling an application together with all of its related configuration files, libraries and dependencies required for it to run in an efficient and bug-free way across different computing environments.The most popular containerization ecosystems are Docker and Kubernetes.Apps and their dependencies sit in containers on top of a ‘container runtime environment’ which can work on a host operating system and the infrastructure of choice.Containers versus Virtual MachinesContainers are often compared to Virtual (...)

    #whats-is-containerization #devops #distributed-systems

  • Challenges in Container Adoption
    https://hackernoon.com/challenges-in-container-adoption-72540b0be7ad?source=rss----3a8144eabfe3

    This article is in continuation to the “Democratization of Container Technologies” piece, in which I discussed #docker’s meteoric rise to fame.In this article I’ll focus on the pain points & challenges that organizations face while trying to implement container based solutions and in the next article I’ll elucidate the best practices that should be followed for adopting #containers with minimum friction and future readiness in mind. These insights are based on my experiences & learnings while working with multiple docker / kubernetes implementations. I am also an active part of the vibrant docker community, which has always stood up & been there to help as and when needed.In order to better understand the challenges I have segregated these into 7 buckets. These buckets are not (...)

    #devops #container-adoption #technology

  • L’#Autriche et le #Danemark présentent leur projet de #centre_de_déportation pour demandeurs d’asile #déboutés

    La semaine dernière, le Danemark et l’Autriche ont présenté conjointement à Vienne un projet pour réformer le système de l’asile au sein de l’Union européenne. Ce projet prévoit d’établir un centre de déportation basé hors de l’UE pour les demandeurs d’asile refoulés.

    La ministre danoise de la migration, #Inge_Støjberg, s’était rendue à Vienne jeudi, où elle a rencontré le ministre de l’Intérieur autrichien, #Herbert_Kickl, membre du parti d’extrême droite autrichien, le FPÖ.

    Støjberg est membre du parti libéral du Danemark (Venstre), et depuis juin 2015, elle occupe le poste de ministre de l’Immigration et de l’Intégration dans le gouvernement du Premier ministre Lars Løkke Rasmussen.

    Un projet qui n’est pas nouveau

    Leur projet vise à fournir un hébergement aux réfugiés déboutés du droit d’asile plus proche de leur pays d’origine, tout en perturbant les activités des activités de trafiquants.

    La création de centres d’accueil hors de l’Europe, des “#plate-formes_de_retour”, pour accueillir les migrants déboutés du droit d’asile en Europe, en attendant leur retour dans leur pays d’origine, est une idée chère à M. Kickl. Elle avait déjà été proposée cet été, mais jusqu’à présent, aucun pays situé hors de l’UE n’a accepté de se porter candidat pour ouvrir de tels centres sur son territoire. L’#Egypte, le #Maroc, la #Tunisie, l’#Algérie, l’#Albanie, et la #Macédoine ont tous décliné l’invitation jusqu’ici.

    Quant à Mme Støjberg, l’année dernière, elle envisageait d’adopter un projet de l’extrême-droite danoise consistant à exiler les demandeurs d’asile déboutés par son pays sur une ou plusieurs des 300 îles inhabitées au large de la côte danoise.

    Un centre d’accueil hors de l’UE pour décourager les migrants d’entreprendre le voyage

    « Nous maintenons que [les réfugiés] devraient réclamer le droit d’asile dans le premier pays où ils arrivent, plutôt qu’on leur permette de voyager dans toute l’Europe », a affirmé Mme Støjberg. « De notre côté, nous nous engageons à augmenter les capacités d’accueil [des pays voisins des zones de conflit pour gérer les arrivées de demandeurs d’asile]. Cela peut signifier des choses telles que les soins de santé, l’éducation, les gardes-frontières, et un système pour gérer les demandeurs d’asile », a-t-elle ajouté.

    Selon la ministre danoise, un centre d’accueil situé hors de l’UE réduirait la tentation des migrants de se rendre en Europe pour y trouver l’asile. « Si vous pouvez voir à quelle vitesse vous pouvez être renvoyé, il n’y a plus de raison de dépenser votre argent et de risquer votre vie pour vous rendre là-bas », a-t-elle dit.

    Selon elle, le projet respecte les conventions de l’Union européenne en matière de droit des réfugiés, et elle a exhorté les autres pays membres à soutenir le projet.

    Des contours encore très flous

    Néanmoins, le site choisi et le calendrier pour l’ouverture de ce centre n’ont pas été révélés. M. Kickl s’est montré optimiste quant aux perspectives d’aboutissement ce projet, mais n’a pas voulu donner plus de détails.

    Reste à savoir si ce projet sera accepté par les collègues européens de Mme Støjberg et M. Kickl. L’idée de la création de centres de déportation hors de l’UE avait déjà été évoquée cet été, notamment lors d’une réunion des ministres de l’Intérieur des pays membres de l’UE à Innsbruck en Autriche au mois de juillet, et n’avait pas été bien accueillie par un certain nombre d’officiels européens.

    https://fr.express.live/2018/10/09/lautriche-et-le-danemark-presentent-leur-projet-de-centre-de-deportatio

    #centre_d'expulsion #expulsions #renvois #asile #migrations #réfugiés #externalisation #UE #EU #île #îles #plate-forme_de_retour

    • Les Danois veulent loger les demandeurs d’asile déboutés sur une #île_déserte

      La ministre danoise de l’Immigration Inger Støjberg (photo) songe à adopter un projet de l’extrême-droite, qui consisterait à exiler les demandeurs d’asile déboutés sur une ou plusieurs des 300 îles inhabitées au large de la côte danoise. À l’heure actuelle, près d’un millier de demandeurs d’asile déboutés au Danemark attendent leur expulsion.

      Støjberg est membre du parti libéral du Danemark (Venstre), et depuis juin 2015, elle occupe le poste de ministre de l’Immigration et de l’Intégration dans le gouvernement du Premier ministre Lars Løkke Rasmussen.

      « Je suis toujours prête à écouter les bonnes idées pour le suivi des demandeurs d’asile », dit-elle dans le journal Berlingske.

      La proposition d’exil des demandeurs d’asile déboutés vient du parti populiste d’extrême droite danois « parti du peuple danois » (Dansk Folkeparti, ou DF). Ce parti soutient la coalition au gouvernement, mais n’en fait pas partie.

      Pourtant, selon Støjberg, le projet est intéressant mais pas immédiatement réalisable. « Il pourrait y avoir des obstacles pratiques et juridiques pour établir un centre de déportation dans un endroit très isolé, et ce sont des choses qu’il faut prendre en compte », a-t-elle déclaré.
      Dansk Folkeparti : loger les demandeurs d’asile déboutés « dans des containers, ou des tentes »
      La plupart des demandeurs d’asile déboutés résident actuellement dans une ancienne #prison d’état dans le centre du pays. Mais les résidents locaux se sont plaints de vols à l’étalage et affirment qu’ils ne se sentent pas en #sécurité en raison de la présence de ces migrants à proximité.

      Selon le DF, le coût ne devrait pas être un obstacle. « Peut-être que nous pouvons trouver une île sur laquelle il y a déjà des constructions, mais sinon, le centre pourrait être établi à partir de n’importe quoi : de #containers dans lesquels les gens pourraient vivre, ou de #tentes ». C’est ce qu’a déclaré le porte-parole du parti, Martin Henriksen.

      Le DF est très attaché à la politique d’asile du gouvernement. L’année dernière, il a suggéré la possibilité que la police impose une #assignation_à_résidence aux demandeurs d’asile mineurs qui se seraient mal comportés.

      Cette proposition faisait suite à la mise en cause que 5 garçons âgés d’entre 14 et 17 ans du centre d’asile de #Tullebølle. Ils avaient été accusés d’#agressions_sexuelles et de #viol commis sur des visiteuses du festival Langeland, sur l’île de Funen.

      https://fr.express.live/2017/12/08/danemark-demandeurs-dasile-deboutes-exil

      #géographie_du_vide #géographie_du_plein

    • Denmark Plans to Isolate Unwanted Migrants on a Small Island

      Denmark plans to house the country’s most unwelcome foreigners in a most unwelcoming place: a tiny, hard-to-reach island that now holds the laboratories, stables and crematory of a center for researching contagious animal diseases.

      As if to make the message clearer, one of the two ferries that serve the island is called the Virus.

      “They are unwanted in Denmark, and they will feel that,” the immigration minister, Inger Stojberg, wrote on Facebook.

      On Friday, the center-right government and the right-wing Danish People’s Party announced an agreement to house as many as 100 people on #Lindholm_Island — foreigners who have been convicted of crimes and rejected asylum seekers who cannot be returned to their home countries.

      The 17-acre island, in an inlet of the Baltic Sea, lies about two miles from the nearest shore, and ferry service is infrequent. Foreigners will be required to report at the island center daily, and face imprisonment if they do not.

      “We’re going to minimize the number of ferry departures as much as at all possible,” Martin Henriksen, a spokesman for the Danish People’s Party on immigration, told TV 2. “We’re going to make it as cumbersome and expensive as possible.”

      The deal allocates about $115 million over four years for immigrant facilities on the island, which are scheduled to open in 2021.

      The finance minister, Kristian Jensen, who led the negotiations, said the island was not a prison, but added that anyone placed there would have to sleep there.

      Louise Holck, deputy executive director of The Danish Institute for Human Rights, said her organization would watch the situation “very closely” for possible violations of Denmark’s international obligations.

      The agreement was reached as part of the annual budget negotiations. Each year, the Danish People’s Party demands restrictions on immigrants or refugees in return for its votes on a budget.

      In Denmark, as in much of Europe, the surge in migration from the Middle East and Africa in 2015 and 2016 prompted a populist, nativist backlash.

      The government has vowed to push immigration law to the limits of international conventions on human rights.

      Legal experts said it was too early to tell whether the Lindholm Island project would cross those boundaries, constituting illegal confinement. They said it resembled an Italian government project that was struck down in 1980 by the European Court of Human Rights.

      The Lindholm Island plan furthers the government’s policy of motivating failed asylum seekers to leave the country by making their lives intolerable.

      Asylum seekers with criminal records are not allowed to work in Denmark. Rejected asylum seekers who cannot be deported are given accommodations, where they cannot prepare their own meals, food and an allowance of about $1.20 per day, which is withheld if they fail to cooperate with the authorities.

      A former immigration minister, Birthe Ronn Hornbech, called the island project “a joke” and a blunder comparable to a soccer player scoring a goal for the opposing team.

      “Nothing will become of this proposal,” she wrote in her newspaper column.

      Many foreigners who have been denied asylum cannot be deported to their home countries for fear of abuse or persecution, or simply because those countries refuse to take them back.

      Hundreds lingering in two deportation centers refuse to leave — a challenge for a government that has promised to get rid of those who have no legal right to remain in Denmark.

      Some have held out for more than a decade despite a steady deterioration in living conditions. An independent study by a former prison director now working for the rights group Helsinki Citizens’ Assembly found conditions in one of the deportation centers to be comparable to those in some prisons, or worse.

      Prime Minister Lars Lokke Rasmussen said last month that the government’s aim in receiving refugees would no longer be to integrate them, but to host them until they can return to their countries of origin.

      “It’s not easy to ask families to go home, if they’ve actually settled,” he told a meeting of his party. “But it is the morally right thing. We should not make refugees immigrants.”

      This summer, a ban on face coverings was introduced and quickly nicknamed “the burqa ban” as it followed a debate on the Islamic garment seen by some as “un-Danish.” This month, Parliament is expected to pass legislation requiring immigrants who want to obtain citizenship to shake hands with officials as part of the naturalization ceremony — though some Muslims insist that they cannot shake hands with someone of the opposite sex.

      The government contends that hand shakes are “a basic Danish value.”


      https://www.nytimes.com/2018/12/03/world/europe/denmark-migrants-island.html
      #Lindholm #mer_Baltique

    • La Danimarca confinerà i migranti su un’isola con gli animali infetti. Così l’Europa muore.

      C’è del marcio in Danimarca. Senza scomodare Amleto e i rimandi shakespeariani, bisogna constatare l’ennesima trovata discriminatoria quanto disumana di un Paese del “civile e ordinato” Nord Europa. Le normative internazionali non consentono l’espulsione di alcuni richiedenti asilo: secondo l’articolo 33 della Convenzione di Ginevra: “Nessuno Stato Contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche”. Tali leggi non si possono ignorare, ma evidentemente si possono aggirare. Dunque il governo danese ha pensato bene non di espellere questi immigrati, ma di relegarli su un’isola-prigione.

      Per la precisione si tratta dell’isola di Lindholm, con una superficie di sette ettari. Pressoché deserta, viene usata esclusivamente come luogo per ricerche veterinarie, e vi soggiornano diversi medici che studiano la peste suina e la rabbia canina. Adesso cani e maiali dovranno cedere il posto agli immigrati, che qualcuno, vista la deriva che sta prendendo il pianeta sotto il profilo dei diritti umani, sembra non considerare tanto dissimili.

      L’idea scellerata è della coalizione di governo che comprende i Conservatori e il Dansk Folkeparti. Quest’ultimo, il Partito popolare danese, è noto per la perenne caccia all’immigrato, tanto veemente da far sembrare Matteo Salvini un misto tra Nicola Fratoianni e il Papa. Sull’isola verrà costruito, entro il 2021, un centro di espulsione dove i migranti – un massimo di 125 persone, che hanno compiuto un reato e ai quali è stata rifiutata la richiesta d’asilo – saranno costantemente sorvegliati dalla polizia. Potranno lasciare l’isola solo dopo aver ottenuto permessi speciali, per qualche ora durante la giornata, ma con l’obbligo di tornarvi la sera. E il biglietto del traghetto dovranno pagarselo da soli, a un prezzo inaccessibile per la loro condizione economica. D’altronde, il governo non ha alcuna intenzione di ammorbidire il loro soggiorno, e lo scopo è proprio quello di non permettere loro di lasciare l’isola-prigione. Di tutti i modi escogitati per camuffare una detenzione, questo pare di certo il meno credibile.

      Suonano paradossali anche le precisazioni della sezione danese di Amnesty International, che spiega come la misura riguarderà i soli richiedenti asilo con precedenti penali. Quindi quelli che hanno già scontato una pena in una prigione reale, e che si ritroveranno nuovamente in stato di detenzione, stavolta senza colpe e senza processi, è giusto, secondo un’organizzazione che dovrebbe tutelare i diritti umani, che ne scontino una nuova. Il clima di ostilità nei confronti dei migranti è così accentuato che la misura, palesemente in conflitto con i più basilari principi di tutela delle libertà, ha generato addirittura festeggiamenti sui social. In particolare, è un video a rendere chiaro il sentimento di molti, diffuso in rete dal Dansk Folkeparti: si tratta di un cartone animato dove un uomo di colore, con abiti da musulmano, viene scaricato su un’isola deserta. Il testo di accompagnamento alle immagini recita: “Gli stranieri criminali non hanno motivo di stare in Danimarca. Finché non riusciremo a liberarcene, li trasferiremo sull’isola di Lindholm”. Come cani e maiali, appunto.

      L’isola sarà trasformata in una prigione grazie a un investimento di 100 milioni di dollari che servirà a smantellare i laboratori e le stalle dell’istituto di veterinaria e a costruire la struttura con i dormitori per gli immigrati. Sarà pronta entro il 2021, salvo improbabili ripensamenti o interventi da parte della comunità europea. Inger Støjberg, ministra dell’immigrazione in quota Venstre, partito di destra della coalizione, ha usato Facebook per lanciare un messaggio che suona come un lapidario avvertimento: “Alcuni migranti si accorgeranno di non essere i benvenuti”. In pratica la versione danese di “È finita la pacchia”.

      Già in passato la Danimarca si era distinta per il pugno duro contro i migranti, sino al punto di minare la loro libertà e addirittura privarli dei loro effetti personali. Il Parlamento danese ha infatti approvato nel 2016 una legge tesa a scoraggiare le richieste d’asilo, che conferisce alle autorità il potere di perquisire vestiti e bagagli dei migranti per confiscare beni superiori a 10mila corone (circa 1.350 euro) e usarli per contribuire al loro mantenimento. Eppure la Danimarca, così come gran parte dei paesi del Nord Europa e tutta l’area scandinava, viene dipinta come l’espressione massima del “Paese civile”. Questa definizione a quanto pare si riferisce all’ordine e alla pulizia di una nazione, mentre si chiudono entrambi gli occhi sulle politiche disumane e dal sapore fascista – dove “ordine e pulizia” assumono un altro significato.

      Il governo, intanto, continua a ripetere che quella che verrà realizzata non sarà una prigione, perché non ci saranno vere e proprie celle. Si potrebbe comunque fare un paragone con il regime carcerario, considerando le condizioni nelle quali verseranno gli “ospiti” dell’isola. I danesi hanno probabilmente preso spunto dalla politica sull’immigrazione australiana. L’isola di Nauru, nell’Oceano Pacifico, è il luogo dove il governo “scarica” i richiedenti asilo: per dirla alla Toninelli, i migranti restano a Nauru “per mesi, al massimo anni”. Ci sono intere famiglie, bambini che vengono seguiti dalla polizia anche quando vanno a scuola, mentre gli adulti vengono vessati quotidianamente dalle guardie e vivono in condizioni precarie. Il Guardian Australia ha denunciato abusi su minori e violenze sessuali sulle donne. Ovviamente, in Italia, c’è chi ha lodato il No Way australiano e la detenzione dei migranti a Nauru. È un politico di spicco. Sì, proprio lui.

      Matteo Salvini, durante lo stallo della nave Diciotti, ha dichiarato: “Il mio obiettivo è il No Way australiano. Nessun migrante soccorso in mare mette piede in Australia”. Nel 2015, sulla sua pagina Facebook, si era spinto oltre, parlando proprio di Nauru: “In Australia per me fanno bene! Che dite, affittiamo un’isola anche noi?”. Salvini, invece di gongolare di fronte alle sirene australiane e danesi, dovrebbe semplicemente ripassare la nostra storia. Mandare al confino gli “indesiderati”, cacciandoli su un’isola per allontanarli dalla civiltà, era una prerogativa di Mussolini. Forse il ministro dell’Interno non ha mai sentito parlare di Ventotene o delle isole Tremiti.

      Dopo le leggi speciali del 1926, gli individui ritenuti pericolosi per lo Stato e per l’ordine pubblico venivano spediti in queste isole. È bene sottolineare che, quasi cento anni fa, venivano considerati pericolosi anche gli omosessuali, gli avversari politici, i credenti di fede diversa, come i testimoni di Geova, o i lettori di libri considerati sovversivi. Durante il fascismo vennero emesse 12mila ordinanze dalle commissioni Provinciali, e le isole si riempirono. Una volta giunti in quei luoghi, ai confinati venivano sottratti i documenti personali, non potevano interagire con gli isolani o superare zone di confine sorvegliate da guardie armate. Sulla carta era vietato anche ascoltare la radio o parlare di politica, mentre era permesso l’invio di una sola lettera alla settimana, non più lunga di 24 righe. Da Ventotene passò anche Sandro Pertini, che poi divenne uno dei più amati presidenti della Repubblica. Quando Salvini si lancia in azzardati inviti ad affittare isole, ricordiamoci quanto ci hanno trasmesso i libri di storia.

      È proprio per la memoria storica ancora pulsante, da preservare il più a lungo possibile, che proposte come quella del governo danese dovrebbero mettere in allarme le democrazie europee, che sono sotto attacco anche per questo e non solo per gli attacchi terroristici di individui radicalizzati e riempiti di odio esattamente come i sostenitori di simili politiche.

      Nessun uomo è un’isola, scriveva il poeta John Donne. Rivisitando i suoi versi, auspichiamo “nessun uomo su un’isola”, se viene intesa come prigionia e azzeramento dei diritti fondamentali dell’uomo. Che sia in Danimarca, nel profondo Sud dell’Oceania o in qualche nostalgia malsana di un politico nostrano che strizza troppo spesso l’occhio a un passato nero che non dovrebbe ripetersi.

      https://thevision.com/politica/danimarca-migranti-isolamento

  • #Transport_maritime : une #mondialisation conteneurisée qui rime encore avec #pollution

    La pollution des océans et de notre air est aussi interrogée par le développement du trafic maritime et de géants des mers. Cette semaine, la France a inauguré un #porte-conteneur de 400 mètres de long, alors que le secteur a tardé jusqu’au printemps dernier pour signer un accord en faveur du climat.


    https://www.franceculture.fr/ecologie-et-environnement/transport-maritime-une-mondialisation-conteneurisee-qui-rime-encore-av
    #containeurs #containers

    ping @simplicissimus @reka

    • L’OMI avait fixé des limites pour le taux de soufre des carburants en 2008 avec entrée en vigueur en 2020. Il semble que les armateurs n’ont pas vraiment eu le temps de s’y adapter…

      Shipping’s 2020 Low Sulphur Fuel Rules Explained – gCaptain
      https://gcaptain.com/shippings-2020-low-sulphur-fuel-rules-explained
      article de mai 2018

      New rules coming into force from 2020 to curb pollution produced by the world’s ships are worrying everyone from OPEC oil producers to bunker fuel sellers and shipping companies.

      The regulations will slash emissions of sulphur, which is blamed for causing respiratory diseases and is a component of acid rain that damages vegetation and wildlife.

      But the energy and shipping industries are ill-prepared, say analysts, with refiners likely to struggle to meet higher demand for cleaner fuel and few ships fitted with equipment to reduce sulphur emissions.

      This raises the risk of a chaotic shift when the new rules are implemented, alongside more volatility in the oil market.

      The reality is that the industry has already passed the date beyond the smooth transition,” Neil Atkinson, head of the oil industry and market division at the International Energy Agency (IEA), said in April.

      Toujours pour les produits sulfurés, l’équipement en scrubbers (absorbeurs-épurateurs) autre exigence de l’OMI progresse tout doucement ; le marché commencerait à se réveiller.

      IMO 2020 : How Many Ships Have Scrubbers ? - Ship & Bunker
      https://shipandbunker.com/news/world/811942-imo-2020-how-many-ships-have-scrubbers


      Image Credit : EGCSA

      After months of downbeat assessment for the scrubber market, in recent weeks orders are reported to have surged and the corresponding positive headlines have been difficult to miss.

      So how many vessels actually have scrubbers? According to a recent survey of its membership by the Exhaust Gas Cleaning Systems Association (EGCSA), as of May 31, 2018 there were 983 vessels with scrubber systems installed or on order, translating into 1,561 individual scrubber towers.

      This is notably higher than the 817 vessels reported by DNV GL last month, but still a far cry from the 3,800 predicted in official estimates by IMO’s fuel availability study.

      Enfin, à côté, on annonce ponctuellement l’arrivée de navires propulsés au GNL, censé être moins polluant.

      http://www.golng.eu/files/Main/20180417/2.%20Ole%20Vidar%20Nilsen%20-%20DNV%20GL.pdf

      There are currently [Updated 1 April 2018] 247 confirmed LNG fuelled ships, and 110 additional LNG ready ships
      […]
      (Scrubber retrofit is the “main competitor” to LNG)

  • One-shot #containers with #serverless
    https://hackernoon.com/one-shot-containers-with-serverless-10794f68fc16?source=rss----3a8144eab

    Have you ever had short lived containers like the following use cases:Batch and ETL (Extract, Transform & Load) Jobs.Database backups and replication.Machine Learning algorithms for generation of learning and training models.Integration & Sanity tests.Web scrapers & crawlers.And you were wondering how you can deploy your container periodically or in response to an event ? The answer is by using Lambda itself, the idea is by making a Lambda function trigger a deployment of your container from the build server. The following figure illustrates how this process can be implemented:I have wrote a simple application in Go to simulate a short time process using sleep method:https://medium.com/media/fae0d07f0c64f6c8ce8ae6b2ab5d3577/hrefAs Go is a complied language, I have used Docker (...)

    #aws #one-shot-containers #serverless-containers

  • Should you use a #monolith, #containers or #serverless ?
    https://hackernoon.com/should-you-use-a-monolith-containers-or-serverless-a5e23a44e73f?source=r

    Monolith. Credit: https://pixabay.com/en/stonehenge-architecture-history-1590047/It’s been a long time since my last Article in January. I apologise for the delay, it’s difficult to find time to just sit down and translate my thoughts into insightful, digestible content. I have so much I want to write about but sometimes there’s so much that I don’t exactly know where to start.IntroductionThe purpose of this post is intended to help you decide whether you should use monoliths, containers or serverless architectures. Each have their own merits and faults and we’ll discuss each of them in detail throughout the article. The decision should ultimately be made based on the stage of the project you are at and your familiarity with these architectures. A clean architecture will always be better (...)

    #microservices #docker

  • A Practical #introduction to #docker Compose
    https://hackernoon.com/practical-introduction-to-docker-compose-d34e79c4c2b6?source=rss----3a81

    TL;DRDocker #containers opened a world of possibilities for the tech community, hassles in setting up new software were decreased unlike old times when a mess was to be sorted by a grievous format, it reduced the time to set up and use new software which eventually played a big part for techies to learn new things, roll it out in a container and scrap it when done. Things became easy, and the best thing its open source anyone and everyone can use it, comes with a little learning curve though.Out of the myriad possibilities was the possibility of implementing complex technology stacks for our applications, which previously would have been the domain of experts. Today with the help of containers software engineers with sound understanding of the underlying systems can implement a complex (...)

    #docker-compose #containerization

  • Revamping a #legacy backend #2
    https://hackernoon.com/revamping-a-legacy-backend-2-56d6c98df1f3?source=rss----3a8144eabfe3---4

    Photograph by Gerald David NordleyIn my last article I shared our approach at Sense Health to use Infrastructure as Code for creating and provisioning servers. While this gives us a solid base to introduce new clusters into our stack and increases reliability of our servers to run different services and databases, we are still missing a solution to deploy our software.To give you a scope of the problem, we have a micro-services driven architecture with APIs developed over the last several years in PHP, Python and Go. These services were deployed manually onto 1 server that had been running for years and we had only 1 senior engineer who had enough knowledge to troubleshoot any issues that occurred when deploying.To be able to confidently move our entire code-base into a new environment (...)

    #containers #deployment #rancher #docker

  • Another reason why your #docker #containers may be slow
    https://hackernoon.com/another-reason-why-your-docker-containers-may-be-slow-d37207dec27f?sourc

    In my last blog post I was talking about Kubernetes and how ThoughtSpot uses it for its dev infrastructure needs. Today I’d like to follow up on that with a rather short but interesting #debugging story that happened recently. It re-iterates on the fact that containerization != virtualization and demonstrates how containerized processes can compete for resources even if all cgroup limits are set to reasonable values, and there’s plenty of computing power available on the host machine.So, we were using our internal Kubernetes cluster to run a bunch of CI/CD and dev-related workflows, and everything was going great except one thing: when launching Dockerized copies of our product, we saw a much much worse #performance than we expected. Each of our containers had generous CPU and memory limits (...)

    #linux