• Il cotone “sporco e insostenibile” di #Zara ed #H&M e la distruzione del #Cerrado

    La Ong inglese #Earthsight ha condotto un’inchiesta per un anno lungo la filiera di questa fibra tessile: i due marchi della fast fashion avrebbero immesso sul mercato 800mila tonnellate di cotone coltivato su terreni disboscati illegalmente nella savana tropicale che copre un terzo del Brasile. “Il sistema di filiera ‘etica’ su cui si basano questi colossi è fondamentalmente difettoso”

    Se negli ultimi anni avete acquistato vestiti di cotone, asciugamani o lenzuola di H&M o Zara “probabilmente sono macchiati del saccheggio del Cerrado”, un’area ricchissima di biodiversità che copre quasi un quarto della superficie del Brasile. Sam Lawson, direttore della Ong britannica Earthsight, non usa mezzi termini per commentare l’esito dell’inchiesta “Fashion crimes. The European retail giants linked to dirty Brazilian cotton”, pubblicata l’11 aprile, che analizza la lunga e insostenibile filiera di questa fibra dalla produzione (in Brasile) alla lavorazione (in Paesi come Indonesia e Bangladesh), fino alla commercializzazione in Europa (Italia compresa) dove, secondo le stime di Earthsight, i due brand avrebbero messo in commercio prodotti realizzati con 800mila tonnellate di cotone coltivato su terreni disboscati illegalmente nel Cerrado.

    Ma andiamo con ordine. L’inchiesta di Earthsigh prende le mosse proprio dal grande Paese latinoamericano che, negli ultimi dieci anni, ha guadagnato crescente importanza nel mercato globale del cotone, di cui oggi è il secondo esportatore mondiale “e si prevede che entro il 2030 supererà gli Stati Uniti”. Il cuore di questa produzione si concentra in uno degli ecosistemi più fragili e preziosi del mondo: il Cerrado, una grande savana tropicale che ospita una delle più importanti aree di biodiversità al mondo, dove vivono oltre seimila specie di alberi così come centinaia di rettili, mammiferi, anfibi e uccelli.

    La sopravvivenza di questo inestimabile patrimonio è minacciata dalla deforestazione illegale che nel 2023 ha raggiunto livelli record, con un aumento del 43% rispetto al 2022. “Circa la metà della vegetazione nativa del Cerrado è già andata perduta, soprattutto per far posto all’espansione dell’agrobusiness”, evidenzia il report. Milioni di litri d’acqua vengono prelevati regolarmente dai fiumi e dalle falde per irrigare i campi di cotone, la cui coltivazione richiede l’utilizzo di 600 milioni di litri di pesticidi ogni anno.

    L’inchiesta di Earthsight analizza in particolare il ruolo di due dei principali produttori di cotone brasiliani: il gruppo Horita e SLC Agrícola che controllano enormi aziende e centinaia di migliaia di ettari di terreno. “Nel 2014 l’agenzia ambientale dello Stato di Bahia ha rilevato 25mila ettari deforestati illegalmente nelle aziende agricole di Horita a Estrondo -si legge nel report-. Nel 2020 la stessa agenzia ha dichiarato di non essere riuscita a trovare i permessi per altri 11.700 ettari deforestati dall’azienda tra il 2010 e il 2018”. Tra il 2010 e il 2019 l’azienda è stata multata complessivamente più di venti volte, per un totale di 4,5 milioni di dollari, per violazioni ambientali.

    Altrettanto gravi, le denunce rivolte a SLC Agrícola: tre aziende, tutte coltivate a cotone, hanno cancellato per sempre 40mila ettari di Cerrado nativo negli ultimi 12 anni. E, sebbene l’azienda abbia adottato una politica “zero deforestazione” nel 2021, è accusata di aver distrutto altri 1.356 ettari di vegetazione nel 2022. Accuse che hanno spinto il fondo pensionistico pubblico della Norvegia a ritirare i propri investimenti nella società brasiliana.

    Al termine di un lavoro d’inchiesta di un anno -durante il quale hanno analizzato migliaia di registri di spedizione, relazioni aziendali, elenchi di fornitori e siti web– i ricercatori di Earthsight hanno ricostruito la filiera che porta il cotone coltivato illegalmente nel Cerrado nei negozi di Zara ed H&M e poi negli armadi di milioni di persone. I ricercatori hanno identificato otto produttori di abbigliamento asiatici che utilizzano il cotone Horita e SLC e che allo stesso tempo forniscono alle due società di fast fashion milioni di capi di cotone finiti. Tra questi figura l’indonesiana PT Kahatex “il più grande acquirente di cotone contaminato Horita e SLC che abbiamo trovato”. H&M è il secondo cliente dell’azienda indonesiana, da cui ha acquistato milioni di paia di calzini, pantaloncini e pantaloni che sono poi stati messi in vendita nei negozi del gruppo negli Stati Uniti, in Germania, nel Regno Unito, in Svezia, nei Paesi Bassi, in Belgio, in Spagna, in Francia, in Polonia, in Irlanda, in Italia.

    Il cotone sporco del Cerrado è finito anche negli stabilimenti di Jamuna Group, uno dei maggiori conglomerati industriali del Bangladesh: “Nei negozi Zara in Europa, fino ad agosto 2023, sono stati venduti per 235 milioni di euro jeans e altri capi in denim confezionati da Jamuna, circa 21.500 paia al giorno -si legge nel report-. Inditex importa i capi prodotti da Jamuna in Spagna e nei Paesi Bassi, da dove li distribuisce ai suoi negozi Zara, Bershka e Pull&Bear in tutta Europa”. Complessivamente, secondo le stime che i ricercatori hanno elaborato consultando i registri delle spedizioni il Gruppo Horita e SLC Agrícola hanno esportato direttamente almeno 816mila tonnellate di cotone da Bahia verso i mercati esteri tra il 2014 e il 2023. Una quantità di materia prima sufficiente a produrre dieci milioni di capi d’abbigliamento e prodotti per la casa tra lenzuola, tovaglie e tende.

    Ma come è stato possibile, si sono chiesti i ricercatori, che le catene di approvvigionamento dei due marchi di moda siano state “contaminate” da cotone brasiliano legato a deforestazione e land grabbing? “Parte della risposta sta nel fatto che le loro politiche etiche sono piene di falle. Ma soprattutto, il sistema di filiera etica su cui si basano è fondamentalmente difettoso”.

    Il riferimento è al fatto che, nel tentativo di presentarsi come sostenibili e responsabili, i due brand si sono affidati a un sistema di certificazione denominato Better Cotton (BC). “Il cotone che abbiamo collegato agli abusi ambientali a Bahia ne riportava il marchio di qualità. Questo non dovrebbe sorprendere dal momento che Better Cotton è stata ripetutamente accusata di greenwashing e criticata per non aver garantito la piena tracciabilità delle catene di approvvigionamento”, scrivono i ricercatori di Earthsight nel rapporto. Evidenziando come, sebbene dal primo marzo 2024 le regole di BC siano state aggiornate, rimangano comunque una serie di criticità e di punti deboli. A partire dal fatto che il cotone proveniente da terreni disboscati illegalmente prima del 2020 venga ancora certificato.

    “È ormai molto chiaro che i crimini legati ai beni che consumiamo devono essere affrontati attraverso la regolamentazione, non attraverso le scelte dei consumatori -conclude Sam Lawson, direttore di Earthsignt-. Ciò significa che i legislatori dei Paesi consumatori dovrebbero mettere in atto leggi forti con un’applicazione rigorosa. Nel frattempo, gli acquirenti dovrebbero pensarci due volte prima di acquistare il prossimo capo di abbigliamento in cotone”.

    https://altreconomia.it/il-cotone-sporco-e-insostenibile-di-zara-ed-hm-e-la-distruzione-del-cer
    #industrie_textile #coton #mode #déforestation #Brésil #rapport #chiffres #statistiques #SLC_Agrícola #Horita #SLC #fast-fashion #land_grabbing #accaparement_de_terres #Better_Cotton #greenwashing #green-washing

    • Fashion Crimes: The European Retail Giants Linked to Dirty Brazilian Cotton


      Key Findings:

      - The world’s largest fashion brands, H&M and Zara, use cotton linked to land grabbing, illegal deforestation, violence, human rights violations and corruption in Brazil.
      - The cotton is grown by two of Brazil’s largest agribusinesses – SLC Agrícola and the Horita Group – in western Bahia state, a part of the precious Cerrado biome, which has been heavily deforested in recent decades to make way for industrial-scale agriculture.
      - Unlike in the Amazon, deforestation in the Cerrado is getting worse. The biome is home to five per cent of the world’s species. Many face extinction due to habitat loss if current deforestation trends are not reversed.
      - For centuries, traditional communities have lived in harmony with nature. These communities have seen their lands stolen and suffered attacks by greedy agribusinesses serving global cotton markets.
      - The tainted cotton in H&M and Zara’s supply chains is certified as ethical by the world’s largest cotton certification scheme, Better Cotton, which has failed to detect the illegalities committed by SLC and Horita. Better Cotton’s deep flaws will not be addressed by a recent update to its standards.
      - Failure by the fashion sector to monitor and ensure sustainability and legality in its cotton supply chains means governments in wealthy consumer markets must regulate them. Once in place, rules must be strictly enforced.

      https://www.earthsight.org.uk/fashion-crimes

  • Film Anti-squat, à découvrir
    https://ricochets.cc/Film-Anti-squat-a-decouvrir-7027.html

    Un film sorti à l’automne 2023 qui semble intéressant, à voir à l’occasion alors que de nouvelles lois répressives s’appliquent contre le squat et facilitent l’expulsion des pauvres en délicatesse de loyer. Dresser les gens les uns contre les autres, utliser des procédés dégeulasses, encourager le chacun pour soi et les mauvais « penchants » humains..., on retrouve apparemment dans cette fiction des ingrédients tristement habituels du capitalisme. Sur Wikipédia : Inès est menacée (...) #Les_Articles

    / #Logement, La propriété

    #La_propriété
    https://fr.wikipedia.org/wiki/Anti-Squat

  • Uber, Bolt und Free Now: Berlin sperrt ab sofort ein Viertel der Autos
    https://www.berliner-zeitung.de/news/uber-bolt-und-free-now-berlin-sperrt-ab-sofort-ein-viertel-der-auto

    Der Berliner Senat überprüfte sämtliche Fahrdienste. Weil Genehmigungen fehlten oder fehlerhaft waren, werden fast 25 Prozent der Autos von Uber, Bolt und Free Now aus dem Verkehr gezogen.

    Wegen fehlender oder falscher Genehmigungen sperrt der Berliner Senat rund ein Viertel aller Mietwagen-Fahrzeuge, die auf Fahrdienstplattformen wie Uber, Free Now, Bolt oder Bilq angeboten werden. In den Wochen zuvor hatte das Landesamt für Bürger- und Ordnungsangelegenheiten (Labo) in diesem Zusammenhang mehr als 8900 Autos überprüft, wie die Senatsverwaltung für Verkehr am Freitag mitteilte. In mehr als 24 Prozent der Fälle gab es demnach Beanstandungen.

    Entweder lagen für die Autos keine gültigen Genehmigungen vor oder sie waren von einer bestehenden Erlaubnis nicht abgedeckt oder der angegebene Betriebssitz entsprach nicht der Genehmigung, hieß es weiter. Die beanstandeten Autos und Unternehmen sollen nun „unverzüglich“, spätestens aber bis zum kommenden Donnerstag, „von den Vermittlungsdiensten für weitere Vermittlungen gesperrt“ werden, hieß es. „Mit dieser umfassenden Bereinigung der Datenbestände ist der Prozess der Bestandsüberprüfung erfolgreich abgeschlossen.“

    Der Prüfung vorausgegangen waren Medienberichte und Erkenntnisse, wonach zahlreiche der auf den Plattformen angebotenen Autos ohne Genehmigung des Labo unterwegs sind. Die Autos gehören Firmen, die die Fahrzeuge samt Fahrer bei den Plattformen registrieren. Über die jeweiligen Apps können Kundinnen und Kunden dann eine Fahrt damit buchen.

    Schon im August vergangenen Jahres hatte der Senat deshalb veranlasst, dass jeder neu bei den Plattformen registrierte Mietwagen vom Landesamt überprüft und im Zweifel ausgeschlossen wird. Nun schaute sich die Behörde auch die Fahrzeuge an, die schon länger dort registriert sind. „Die genannten Maßnahmen tragen zu einer höheren Sicherheit für die Nutzerinnen und Nutzer, die Angebote der Vermittlungsdienste in Anspruch nehmen, bei“, teilte die Senatsverwaltung im März mit. Die Plattformanbieter hatten für die Überprüfung mit dem Senat kooperiert.

    #Berlin #Verkehr #LABO

  • Il corpo del Teatro, riflesso del reale
    https://resistenzeincirenaica.com/2024/04/20/il-corpo-del-teatro-riflesso-del-reale

    Opera MundiRigoletto Experientia Un #Film_Musicale di Paolo Fiore AngeliniCon #Raffaele_Abete, #Scilla_Cristiano, #Vladimir_Stoyanov Martedì 23 aprile 2024, ore 21, #CINEMA Jollyvia G. Marconi 14, BolognaAlla presenza del regista e del cast #Opera_Mundi prende spunto dalla messa in scena del Rigoletto di Giuseppe Verdi al Comunale di #Bologna per narrare la vita del... Continua a leggere

    #Annessioni_e_connessioni #Barbara_Francesca_Serofilli #Cristian_Poli #Lavinia_Turra #Paolo_Fiore_Angelini #Teatro_Comunale_di_Bologna


    https://1.gravatar.com/avatar/a58008e2faff908bf3bce3deda6cae65d83f56b910f14098523ef4fc18c7427a?s=96&d=

  • Bekämpfung illegaler Strukturen im Mietwagengewerbe
    https://www.berlin.de/sen/uvk/presse/pressemitteilungen/2024/pressemitteilung.1439400.php

    LABO prüft Mietwagen? Selten so jelacht. Die blinde Gurkentruppe ausde Puttkamer prüft 8940 Illegale und wird bei 24,12% fündig. Sanktion? Nich wirklich. Sollen die Plattformen aus der Vermittlung schmeiszen. Un schon is fertich. Ob dit man klappt?

    Wieso nur so wenje Vastöse? Na weil nich jeprüft wird.

    – Rückkehrpflicht?
    – Stellplätze am Betriebssitz?
    – Aufenthaltsräume?
    – Umsätze, Steuern und Sozialabgaben?
    – Dokumentation der Arbeitszeiten?
    – Arbeitszeitgesetz?
    – Pausen?
    – Mindestlohn?

    Allet Fehlanzeige. Intressiert nich. Eijentlich wird jarnich jeprüft.

    Die LABO-Aufgabe: Zuverlässigkeit der Betriebe sicherstellen. Da jehört dit allet szu. LABO hat schon wieda szein Job nich jemacht. Schon wieda durchjefalln.

    Und wat wird nu jemacht? Datenabgleich. Machen de Plattformen. Unklare Fälle? Klärn die Plattformen. Böcke zu Järtnern.

    Dis Zeugs muss komplett vonne Straße. Ausbeuta. Alle bescheißen. Ausnahmen? Keene. Dit kommt raus, wennste echt prüfst.

    Nu machma endlich. Ick vahunga hier anne Halte

    19.4.2024 Pressemitteilung der Senatsverwaltung für Mobilität, Verkehr, Klimaschutz und Umwelt (SenMVKU)

    LABO beanstandet ein Viertel der bei Vermittlungsdiensten registrierten Fahrzeuge

    Das Landesamt für Bürger- und Ordnungsangelegenheiten (LABO) hat erfolgreich einen weiteren entscheidenden Schritt im Rahmen seiner Maßnahmen zur Bekämpfung illegaler Strukturen im Mietwagengewerbe vollzogen. Alle bei den Vermittlungsplattformen Bliq, Bolt, FREENOW und Uber am 01.04.2024 registrierten Mietwagen-Unternehmen und Fahrzeuge wurden einer umfassenden Überprüfung unterzogen, um die Einhaltung der Genehmigungspflicht nach dem Personenbeförderungsgesetz (PBefG) sicherzustellen. Insgesamt wurden 8940 Datensätze (Fahrzeuge) überprüft. Diese Anzahl stellt die Gesamtzahl der bei den Plattformen registrierten Fahrzeuge dar, wobei auf die drei größten Anbieter im Schnitt je 2900 Fahrzeuge entfallen. Viele Unternehmen melden ihre Fahrzeuge bei mehreren Plattformen zur Vermittlung an.

    Von den überprüften Fahrzeug-Datensätzen wurden 24,12 %, also rund ein Viertel, beanstandet.

    Gründe für die Beanstandung waren:

    Für die Fahrzeuge war keine Genehmigung erteilt, oder diese war bereits abgelaufen oder durch das LABO aufgrund von Verstößen gegen das PBefG widerrufen.
    Es wurden Fahrzeuge festgestellt, die von einer bestehenden Genehmigung nicht abgedeckt waren.
    Der von den Unternehmen bei den Vermittlern angegebene Betriebssitz entsprach nicht der Genehmigung.

    182 Fahrzeug-Datensätze (2,04 %) konnten nicht abschließend geprüft werden, da sie unplausibel waren. Hier erfolgt zeitnah eine Klärung mit und durch die Vermittler.

    Die beanstandeten Fahrzeuge und Unternehmen werden unverzüglich, spätestens jedoch bis zum 25.04., von den Vermittlungsdiensten für weitere Vermittlungen gesperrt. Mit dieser umfassenden Bereinigung der Datenbestände ist der Prozess der Bestandsüberprüfung erfolgreich abgeschlossen.

    Da die Vermittler auch weiterhin verpflichtet sind, neue Unternehmen und Fahrzeuge vorab durch das LABO überprüfen zu lassen, wird sichergestellt, dass Fahrtaufträge nur an genehmigte Fahrzeuge vermittelt werden. Das LABO wird dies in Zusammenarbeit mit der Polizei weiterhin im Rahmen von Verkehrskontrollen überprüfen.

    Das LABO wird die erhobenen Daten weiter auswerten und konsolidieren. Dabei werden die Daten der Vermittler auch soweit zusammengeführt, dass festgestellt werden kann, wie viele Fahrzeuge unter Berücksichtigung der Mehrfacherfassung bei den verschiedenen Vermittlern von den Beanstandungen betroffen waren. Gleichzeitig wird damit erkennbar sein, wie viele der derzeit 4388 genehmigten Mietwagen ihre Dienste über mindestens eine der Vermittlungsplattformen anbieten. Diese Aufbereitung wird voraussichtlich zwei Wochen in Anspruch nehmen.

    Auf Basis der konsolidierten Daten wird das LABO weitere Maßnahmen gegen die beanstandeten Unternehmen ergreifen, darunter Bußgeldverfahren und Verfahren zum Widerruf nicht ordnungsgemäß genutzter Genehmigungen. Darüber hinaus können die gewonnenen Erkenntnisse Anlass für weitergehende Überprüfungen sein, an denen auch andere Behörden beteiligt sind. Für einen verstärkten Informationsaustausch zwischen den Behörden sowie die Vorbereitung und Durchführung gemeinsamer Maßnahmen wurde unter Federführung der Senatsverwaltung für Mobilität, Verkehr, Klimaschutz und Umwelt (SenMVKU) eine übergreifende Arbeitsgruppe ins Leben gerufen.

    #Berlin #Kreuzberg #Puttkamerstraße #SenMVKU #LABO #Uber #Plattformkapitalismus

  • Vers une révolution européenne : Inspirations zapatistes pour le changement social et politique
    https://bascules.blog/2024/04/19/vers-une-revolution-europeenne-inspirations-zapatistes-pour-le-changement

    « La rébellion zapatiste – Insurrection indienne et résistance planétaire » de #Jérôme_Baschet, édité par Flammarion en 2019, présente une analyse approfondie de l’expérience zapatiste au Chiapas, au Mexique, et explore son impact sur les mouvements de résistance à l’échelle mondiale. Baschet, historien et chercheur de renom, offre une perspective unique sur #La_rébellion_zapatiste en […]

    #Alternatives,_imaginaires,_mondes_émergents,_possibles_désirables...


    https://2.gravatar.com/avatar/2cef04a2923b4b5ffd87d36fa9b79bc27ee5b22c4478d785c3a3b7ef8ab60424?s=96&d=

  • Giorgia Meloni de retour à Tunis pour consolider son projet de coopération migratoire
    https://www.lemonde.fr/afrique/article/2024/04/18/giorgia-meloni-de-retour-a-tunis-pour-consolider-son-projet-de-cooperation-m

    Giorgia Meloni de retour à Tunis pour consolider son projet de coopération migratoire
    Cette quatrième visite de la présidente du conseil italien en moins d’un an consacre le président Kaïs Saïed comme son premier partenaire africain dans lutte contre les arrivées irrégulières dans la péninsule.
    Par Nissim Gasteli (Tunis) et Allan Kaval (Rome, correspondant)
    La Tunisie continue d’occuper une place à part dans la politique étrangère de Giorgia Meloni. Pour la quatrième fois en moins d’un an, la présidente du conseil italien s’est rendue à Tunis, mercredi 17 avril, pour rencontrer son homologue, le président Kaïs Saïed.
    Accompagnée d’une large délégation ministérielle, Mme Meloni n’est restée que quelques heures dans la capitale tunisienne, avant de s’envoler pour la réunion du Conseil européen à Bruxelles. Elle en a profité pour annoncer plusieurs protocoles de coopération : un soutien direct d’une valeur de 50 millions d’euros au budget de l’Etat tunisien en faveur de « l’efficacité énergétique et des énergies renouvelables », une ligne de crédit de 55 millions d’euros pour soutenir les petites et moyennes entreprises tunisiennes et un accord-cadre permettant de poser les bases d’une collaboration dans le domaine universitaire.
    Lors de sa « déclaration à la presse » – à laquelle les journalistes n’étaient pas conviés –, Giorgia Meloni a mis en avant, à travers ces accords, une approche « complètement nouvelle », « égalitaire », basée sur « l’intérêt mutuel » des nations, qui s’inscrit dans son ambitieuse politique africaine, placée au cœur de sa diplomatie et désormais inséparable d’une stratégie migratoire centrée sur l’objectif de mettre un terme aux arrivées irrégulières sur le territoire italien. « Nous ne pouvons plus traiter la question migratoire de manière isolée avec nos partenaires africains, explique une source diplomatique italienne haut placée. Elle doit être incluse dans une approche globale et prendre pour base les exigences des pays de départs et de transit. »
    La vision de Giorgia Meloni, qui relève d’abord d’un récit et d’un discours mais qui se construit progressivement de visites officielles en accords divers, intègre son concept de « plan Mattei pour l’Afrique ». Lancé lors du sommet Italie-Afrique, les 28 et 29 janvier, celui-ci doit impliquer tout son gouvernement ainsi que les différents acteurs de l’économie italienne. « Cette nouvelle visite de Giorgia Meloni en Tunisie a pour objet de montrer que ce plan commence à avoir des applications concrètes et à projeter l’image d’une diplomatie en action en direction ses partenaires internationaux comme à son électorat », explique Maria Fantappie, directrice du département Méditerranée, Moyen-Orient et Afrique à l’Istituto Affari Internazionali, un influent centre de réflexion romain, précisant que « la Tunisie est le pays où la politique africaine du gouvernement italien a été testée pour la première fois grâce à la relation personnelle entre la présidente du conseil et Kaïs Saïed. »
    Le président tunisien, qui a multiplié au cours des derniers jours les mises en garde, répétant que son pays ne traiterait avec les autres nations que « sur un pied d’égalité » semble apprécier la rhétorique de Giorgia Meloni, seule dirigeante européenne avec laquelle il entretient un dialogue aussi régulier, qui évite soigneusement d’aborder sa dérive autoritaire. Au cours de la visite, M. Saïed a salué cette collaboration et exprimé son souhait de « renforcer et diversifier les liens de coopération et de partenariat entre les deux pays amis ».
    Une volonté partagée par Rome pour qui la Tunisie représente de nombreux intérêts. Dans le domaine énergétique, dans lequel l’Italie ambitionne de devenir un « hub » entre les deux rives de la Méditerranée, les réseaux électriques des deux pays devraient, d’ici à 2025, être interconnectés par le câble sous-marin El Med ouvrant la voie à l’exploitation du vaste potentiel du sud tunisien dans la production d’énergies solaires et éoliennes. Le territoire tunisien sert aussi de plateforme de transit du gaz algérien vers la péninsule italienne. La Tunisie est enfin un important débouché pour près de 900 entreprises de la péninsule, présentes sur son territoire.
    Sur le plan migratoire, alors que le printemps apporte des conditions climatiques favorables aux traversées de la Méditerranée et que les élections européennes de juin approchent, Giorgia Meloni mise en effet sur la coopération de la Tunisie pour éviter que la campagne ne soit affectée par des pics d’arrivées dont les effets seraient politiquement désastreux. Les images de septembre 2023 montrant un afflux exceptionnel de plus de 10 000 migrants partis des rivages de la Tunisie pour débarquer sur l’île de Lampedusa avaient produit un vent de panique parmi les gouvernements européens et remis en cause la pertinence des premiers efforts de la présidente du conseil italien sur le front tunisien.Depuis cet épisode, les autorités tunisiennes ont soigneusement réaffirmé leur contrôle sur la frontière maritime tout en renforçant, sur terre, la répression des exilés, multipliant les campagnes d’expulsion vers les frontières de l’Algérie et de la Libye. Si celles-ci s’étaient faites au prix de nombreuses violations de droits humains, Giorgia Meloni n’a pas manqué lors de son discours de « remercier encore une fois les autorités tunisiennes » pour le travail effectué et de se féliciter des résultats de l’accord de « partenariat stratégique complet » signé, sous ses auspices, par l’Union européenne et la Tunisie, le 16 juillet 2023.
    Au-delà de cette satisfaction affichée, sa visite intervient dans un contexte d’augmentation des arrivées de migrants sur le rivage italien en provenance des côtes tunisiennes, au cours des dernières semaines. Si cette tendance reste à relativiser car elles ont diminué de moitié au cours des quatre premiers mois de l’année 2024 par rapport à la précédente, elle montre toutefois la volatilité du contrôle migratoire tunisien. Le président Kaïs Saïed a ainsi rappelé, une fois de plus, son refus catégorique que son pays soit « une destination ou un point de passage pour les migrants irréguliers ». A El Amra, région côtière du centre-est de la Tunisie, située à plus d’une centaine de kilomètres de Lampedusa, ils sont pourtant des milliers à attendre, dans des conditions extrêmement précaires, de pouvoir traverser la Méditerranée. Le contrôle migratoire délégué à la Tunisie par le mémorandum de juillet 2023, présenté par Giorgia Meloni lors de sa signature comme « un modèle pour l’établissement de nouvelles relations avec l’Afrique du Nord » et depuis dupliqué avec l’Egypte et prochainement la Mauritanie, paraît aujourd’hui fragile

    #covid-19#migrant#migration#italie#tunisie#lampedusa#afriquedunord#mediterranee#traversee#migrationirreguliere#approcheglobale#partenariat#sante

  • #Nestlé adds sugar to infant milk sold in poorer countries, report finds | Global development | The Guardian
    https://www.theguardian.com/global-development/2024/apr/17/nestle-adds-sugar-to-infant-milk-sold-in-poorer-countries-report-finds

    Campaigners from Public Eye, a Swiss investigative organisation, sent samples of the Swiss multinational’s baby-food products sold in Asia, Africa and Latin America to a Belgian laboratory for testing.

    The results, and examination of product packaging, revealed added sugar in the form of sucrose or honey in samples of #Nido, a follow-up milk formula brand intended for use for infants aged one and above, and #Cerelac, a cereal aimed at children aged between six months and two years.

    In Nestlé’s main European markets, including the UK, there is no added sugar in formulas for young children. While some cereals aimed at older toddlers contain added sugar, there is none in products targeted at babies between six months and one year.

    #criminels #sucre #laits #bébés

  • Radio Canada Des tests de paternité vendus au Canada qui identifiaient le mauvais père D’après des renseignements fournis par Jorge Barrera, de CBC News

    « [Nos tests de paternité prénataux] n’étaient pas si fiables », admet à la caméra cachée le propriétaire de la compagnie Viaguard Accu-Metrics, de Toronto, qui a vendu de tels tests d’ADN en ligne pour 800 $ à 1000 $ de 2014 à 2020, selon une enquête de CBC.

    Harvey Tenenbaum, qui dirige toujours le laboratoire de Toronto à l’âge de 91 ans, a confié à la caméra cachée d’un journaliste de CBC qui se faisait passer pour un client, qu’il se « méfie de ce test maintenant ».

    Grâce à un kit maison visant à prélever quelques gouttes de sang de la femme enceinte et un échantillon buccal d’ADN de l’homme, le test devait permettre de confirmer l’identité du père avant la naissance de l’enfant.


    À la caméra cachée, M. Tenenbaum admet toutefois que le test a produit des résultats erronés au fil des années.

    C’est arrivé. Un père blanc se fait tester et le bébé est noir.
    Une citation de Harvey Tenenbaum, propriétaire du laboratoire

    À la caméra cachée, M. Tenenbaum se dit conscient des conséquences possibles d’une erreur : “Si on identifie le mauvais père, la mère peut avoir un avortement.”

    Questionné par CBC, il assure publiquement que les tests étaient, au contraire, « précis » et « parfaits ». Il a cessé de les vendre, ajoute-t-il, parce que l’un des éléments était devenu trop coûteux.

    La vie chamboulée d’une mère
    “Je hais le nom Viaguard”, lance Corale Mayer, 22 ans, de North Bay, en Ontario.

    Lorsqu’elle est tombée enceinte en 2019, à l’âge de 19 ans, elle n’était pas sûre de qui était le père et a commandé un test de Viaguard, renvoyant ensuite les échantillons demandés par la poste.

    Un premier test erroné de la compagnie, raconte-t-elle, lui a fait croire que le père n’était pas l’homme avec qui elle était. Un deuxième test, lui aussi erroné a-t-elle appris après la naissance de sa fille, indiquait que le père était plutôt un autre homme, qui ne voulait rien savoir d’avoir un enfant.

    Ça a été extrêmement traumatisant.
    Une citation de Corale Mayer, mère

    Elle a lancé un groupe dans les médias sociaux qui compte des dizaines d’autres personnes qui soutiennent que leur vie a aussi été chamboulée par des tests de paternité erronés de Viaguard.

    La faute du test ?
    Sika Richot a travaillé comme réceptionniste pour Viaguard durant près de trois mois en 2019.

    Elle soutient que le laboratoire lui demandait de questionner les femmes qui commandaient un test de paternité sur leur cycle menstruel et sur les dates auxquelles elles avaient eu des relations sexuelles avec les différents pères possibles, des questions qui n’ont rien à voir avec un test d’ADN.

    Le personnel compilait ensuite ces renseignements dans un cycle d’ovulation pour réduire le nombre de pères potentiels, affirme Mme Richot. “[Tenenbaum] allait toujours dire : ’’Celui-ci est le père biologique, c’est certain’’”, soutient-elle.


    M. Tenenbaum laisse entendre, lui, que les clients sont responsables des résultats erronés, en raison d’une mauvaise collecte des échantillons. “On a fait des milliers de tests et la moitié des erreurs venaient de la collecte”, dit-il.

    Le Dr Mohammad Akbari, directeur de recherche au laboratoire de génétique moléculaire de l’Hôpital Women’s College, à Toronto, affirme que le genre de test que Viaguard disait utiliser est fiable normalement, mais qu’il faut plus que quelques gouttes de sang de la mère pour confirmer l’ADN du fœtus.

    Il faut au moins 10 ml de sang d’une veine de la mère pour un test adéquat.
    Une citation de Le Dr Mohammad Akbari, expert dans les tests d’ADN

    Dans certains cas, comme l’illustre une poursuite contre Viaguard en Californie, les clients devaient se rendre à un laboratoire pour le prélèvement de sang. Cette poursuite s’est conclue par un règlement à l’amiable.

    Santé Canada indique par courriel qu’elle ne réglemente pas les tests commerciaux d’ADN comme ceux de Viaguard.

    La compagnie n’offre plus de tests de paternité prénataux, mais continue à vendre des tests d’ADN postnataux, tout comme des tests pour déterminer la race des chiens, notamment.

    D’après des renseignements fournis par Jorge Barrera, de CBC News

    #ADN #Tests #identité #enfants #fœtus #laboratoires #maternité #paternité #femmes #hommes #famille #médecine #génétique

  • 05.02.2017, #Tal_Abdoul, VENTIMIGLIA : MIGRANTE TRAVOLTO E UCCISO DA UN TRENO NELL’ULTIMA GALLERIA PRIMA DELLA FRANCIA
    (pour archivage)

    Un migrante è stato travolto e ucciso da un treno regionale francese, che procedeva verso l’Italia, intorno alle 7, a Ventimiglia, all’interno della galleria «Dogana», di 407 metri di lunghezza, l’ultima prima del confine con la Francia. Sul posto sono presenti il personale sanitario del 118 con polizia, carabinieri e vigili del fuoco. La vittima si trovava assieme ad altri stranieri e, come solitamente accade in questi casi, sarebbe stato lo spostamento d’aria provocato dal treno in corsa, a rivelarsi fatale.

    Il traffico ferroviario è stato inizialmente interrotto in entrambi i sensi di marcia e sarà ripristinato a senso unico alternato, prima del definitivo ripristino della circolazione. Il bilancio degli ultimi due anni è di due morti e un ferito sulla linea ferroviaria Ventimiglia-Mentone (in territorio italiano).

    Episodi, comunque, tutti risalenti al periodo tra l’agosto del 2016 e il gennaio del 2017. Nel pomeriggio del 5 agosto scorso, in concomitanza con i disordini tra «no border» e forze dell’ordine, ai Balzi Rossi di Ventimiglia, veniva investito e gravemente ferito un giovane africano che assieme ad altri stranieri cercava di raggiungere la Francia.

    La sera del 23 dicembre scorso, un algerino di 25 anni veniva ucciso sullo stesso tratto di linea, compreso tra Ventimiglia e Mentone. Assieme ad altri stranieri era appena saltato sulla ferrovia, quando è passato il treno che lo ha centrato. A questi si aggiungono altri morti sulla strada. Sull’autostrada, in particolare. Africani travolti da auto piuttosto che furgoni o, in un caso, anche da uno scooter.

    https://primalariviera.it/cronaca/ventimiglia-migrante-travolto-e-ucciso-da-un-treno-nellultima-galleri
    #Vintimille #asile #migrations #réfugiés #morts #mourir_aux_frontières #frontière_sud-alpine #France #Italie #Alpes_Maritimes

    Nom présent sur cette liste :
    5 février 2017 : Tal Abdoul (1997,Guinée) est mort percuté par un train de la SNCF dans le tunnel des Douanes.
    https://www.roya-citoyenne.fr/2023/02/frontiere-de-tous-les-dangers-la-fermeture-des-frontieres-tue-les-dec

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    ajouté au fil de discussion sur les morts à la frontière de Vintimille :
    https://seenthis.net/messages/784767

    lui-même ajouté à la métaliste sur les morts aux frontières alpines :
    https://seenthis.net/messages/758646

    • Muore travolto da un trenoi sogni infranti di un migrante

      La vittima non ancora identificata investita in galleria dopo Latte.

      Non si sa ancora chi fosse. Si sa soltanto che cercava disperatamente di oltrepassare il confine con la Francia, verso una nuova vita, ma che a pochi metri dalla meta ha trovato la morte, nella galleria ferroviaria «Dogana», l’ultima dopo #Latte di Ventimiglia, prima della frontiera. E’ stato investito da un treno in corsa ed è deceduto sul colpo. Il migrante, secondo i primi accertamenti, proverrebbe dall’Africa Centrale e avrebbe tra i 25 e i 30 anni. Viaggiava solo, a piedi, lungo i binari. Addosso pochi effetti personali e nessun documento: per questo gli agenti della scientifica del commissariato di Ventimiglia stanno faticando a identificarlo. Il suo corpo è stato composto all’obitorio di Sanremo e in queste ore saranno prelevate le impronte digitali, per tentare di scoprirne l’identità e di ricostruire il suo viaggio (non è escluso che sia stato fotosegnalato durante altri controlli).

      L’allarme è stato lanciato dal macchinista del treno francese che ha investito lo straniero. Il convoglio era partito da Cannes alle 5,18 e sarebbe dovuto arrivare a Ventimiglia alle 6,53. Già in territorio italiano, a una manciata di minuti dall’arrivo in stazione, l’incidente. In galleria, in un tratto buio, dove sarebbe stato praticamente impossibile evitare l’impatto. Il macchinista, che ha riferito alla polizia di aver soltanto avvertito l’impatto improvvisamente, ha fermato il treno e chiamato i soccorsi. Sono intervenuti gli agenti della polizia Ferroviaria di Ventimiglia, agli ordini del dirigente Sergio Moroni. Il traffico ferroviario è stato interrotto ed è ripreso soltanto verso le 11,30.

      «Sono tragedie ormai annunciate - commenta Maurizio Marmo, direttore della Caritas diocesana che da anni è in prima linea per gli aiuti ai profughi - Sono già capitate e non è cambiato nulla. Il blocco francese alla frontiera rende il viaggio più pericoloso (per chi vuole evitare i controlli), o più costoso (per chi sceglie di affidarsi ad un passeur)». Marmo sottolinea anche che è necessario comunque predisporre luoghi di accoglienza adeguati, «soprattutto per le donne e i minori. Le istituzioni devono dare una risposta umana a chi è in viaggio». Senza contare che dalla scorsa settimana sono stati anche sospesi gli arrivi al centro migranti del Parco Roja, per svolgere alcuni lavori di manutenzione ai moduli abitativi che ospitano i bagni e le docce. «L’unica cosa da fare è proseguire con gli accordi e arrivare a diminuire gli arrivi. Altrimenti continueremo a fare i conti con tragedie come questa - spiega il sindaco di Ventimiglia Enrico Ioculano - Distribuire i profughi è l’unica strada per aiutare loro ed evitare disagi per i cittadini».

      https://www.lastampa.it/imperia-sanremo/2017/02/06/news/muore-travolto-da-un-trenoi-sogni-infranti-di-un-migrante-1.34649005

  • Germany prepares to widen fixed border checks

    (automne 2023 —> pour archivage)

    Germany is expected to notify the EU about plans to introduce fixed border checks on the Polish, Czech Republic and Swiss borders. Previously, this had only been possible at the Austrian frontier.

    The German Interior Ministry is expected to register fixed border controls with Poland, the Czech Republic and Switzerland with the European Commission in light of a high number of refugees entering Germany.

    The intention of the checks is to more effectively fight against people smugglers and to detect and stop unauthorized entries.
    What we know so far

    According to government sources, the necessary notification in Brussels was being prepared on Monday.

    The plan is an extension of police checks directly at the border in place at the border with Austria since 2015.

    German Interior Minister Nancy Faeser had long rejected permanent fixed contro points, citing, among other things, the effects on commuters and freight transport. The norm in the EU’s Schengen Zone is for open borders but with police reserving the right to check anybody crossing at random, but not at set checkpoints.

    Interior ministers of the eastern German states of Brandenburg and Saxony have pressed Faeser to implement fixed checks.

    Germany had introduced additional controls at border crossings with Poland and the Czech Republic in September, but these were not intended to be permanent.

    German municipalities have urged the federal government to provide more funding to cope with the surge in migrant arrivals. They have pointed to stretched accommodation and services that seem similar to the events of 2015, when Germany took in over 1 million refugees mainly fleeing war in the Middle East.

    Opposition parties in Germany have also called on the government to limit the number of asylum-seekers, with Bavaria’s conservative Premier Markus Söder suggesting an annual upper limit on asylum seekers of 200,000.

    https://www.dw.com/en/germany-prepares-to-widen-fixed-border-checks/a-67109731

    #Allemagne #Pologne #Suisse #République_Tchèque

    #Allemagne #Suisse #contrôles_systématiques_aux_frontières #France #frontières_intérieures #frontières #asile #migrations #réfugiés #frontière_sud-alpine #prolongation #2023 #2024 #contrôles_frontaliers #frontière_sud-alpine

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    ajouté à cette métaliste sur l’annonce du rétablissement des contrôles frontaliers de la part de plusieurs pays européens :
    https://seenthis.net/messages/1021987

    • 15.12.2023 : L’Allemagne prolonge de trois mois les contrôles aux frontières suisses

      L’Allemagne estime que la protection des frontières extérieures de l’UE est déterminante pour limiter l’immigration irrégulière. Elle prolonge donc les contrôles à la frontière avec la Suisse jusqu’au 15 mars 2024 au moins. Les frontières allemandes avec la Pologne et la République tchèque sont également concernées.

      Afin de lutter encore plus fortement contre la criminalité liée au trafic de migrants et de limiter la migration irrégulière, les contrôles seront poursuivis et ont été notifiés à la Commission européenne, a annoncé vendredi le ministère allemand de l’Intérieur.

      Berlin avait introduit en octobre des contrôles aux frontières avec la Pologne, la République tchèque et la Suisse, en raison de la nette augmentation du nombre de réfugiés en Allemagne. Cette mesure a été prolongée à plusieurs reprises.

      Mesures efficaces

      Le nombre d’entrées non autorisées en Allemagne a diminué de 60%, passant de plus de 20’000 en octobre à 7300 entrées non autorisées en novembre. « Nos mesures sont efficaces », a déclaré la ministre de l’Intérieur Nancy Faeser.

      Les contrôles aux frontières intérieures entre l’Allemagne et l’Autriche, qui avaient déjà commencé à l’automne 2015, durent actuellement jusqu’au 11 mai 2024.

      Les contrôles aux frontières ne sont en fait pas prévus au sein de l’espace Schengen et doivent être notifiés à Bruxelles. S’il ne s’agit que de quelques jours, il est possible de le faire à court terme, mais cette possibilité prend fin après deux mois, soit vendredi 15 décembre dans le cas de l’Allemagne.

      https://www.rts.ch/info/monde/14556738-lallemagne-prolonge-de-trois-mois-les-controles-aux-frontieres-suisses.

    • 17.10.2024 : Face à l’immigration illégale, l’Allemagne réinstaure des contrôles à la frontière suisse

      Le ministère allemand de l’Intérieur a notifié lundi auprès de la Commission européenne « des contrôles temporaires aux frontières avec la Pologne, la République tchèque et la Suisse »

      Le gouvernement allemand a annoncé le renforcement de sa surveillance aux frontières au sud et à l’est. Depuis lundi, des contrôles stationnaires aux passages douaniers avec la Pologne, la République tchèque et la Suisse ont été instaurés, indique le ministère allemand de l’Intérieur. Cette mesure exceptionnelle, qui nécessite l’aval de Bruxelles, est destinée à durer 10 jours, et peut être prolongée pour deux mois, précise le ministère.

      Des contrôles de ce type ont été mis en place à la frontière autrichienne depuis 2015, au moment de l’afflux sans précédent d’immigrants vers l’Allemagne, une décision dont la prolongation de six mois à compter du 12 novembre a également été annoncée ce lundi. « La police fédérale peut utiliser les mêmes moyens aux frontières avec la Pologne, la République tchèque et la Suisse que ceux déjà en place avec l’Autriche », précise le ministère. Les voyageurs transfrontaliers ne devraient cependant pas être confrontés à des contrôles systématiques : « un paquet de contrôles fixes et mobiles » sera mis en œuvre « de façon flexible et selon la situation », a déclaré la ministre allemande Nancy Faeser, citée dans le communiqué.

      Une importante hausse des arrivées en Allemagne

      L’Allemagne est confrontée à une forte hausse de l’immigration illégale. De janvier à début octobre, la police a comptabilisé environ 98 000 arrivées illégales dans le pays, dépassant déjà le nombre total des arrivées pour l’année 2022 qui était d’environ 92 000. Pour justifier les mesures décidées, l’Allemagne s’appuie sur un article de la réglementation de Schengen qui permet d’introduire pour une période limitée des contrôles intérieurs aux frontières en cas « de menace sérieuse à l’ordre public ou à la sécurité intérieure ».

      Nancy Faeser s’était pourtant jusqu’ici montrée réticente à l’idée d’instaurer des contrôles fixes, en raison notamment de leur impact sur les travailleurs frontaliers ainsi que sur les échanges commerciaux avec les pays voisins : ces mesures ralentissent en effet considérablement le trafic et créent des embouteillages. Mais la hausse des arrivées illégales provoque un vif débat en Allemagne, dont les capacités d’accueil s’épuisent. Les communes et les régions, qui ont aussi absorbé l’arrivée d’un million de réfugiés ukrainiens depuis février 2022, se disent à la limite de leur capacité d’accueil, alors que la situation profite à l’extrême-droite, qui a obtenu des résultats records dans deux scrutins régionaux il y a une semaine.

      « Le nombre de personnes qui viennent actuellement chez nous est trop élevé », avait récemment martelé le chancelier Olaf Scholz, en présentant des mesures pour accélérer les expulsions de personnes déboutées de l’asile. La décision était donc attendue, et « la ministre de l’Intérieur […] a apparemment attendu les élections législatives polonaises avant de rendre publique sa décision », note le Tages-Anzeiger.
      Poursuite de la collaboration avec les douaniers suisses

      Nancy Fraeser « a assuré à [Elisabeth] Baume-Schneider que le trafic frontalier serait entravé aussi peu que possible », indique le Département fédéral de justice et police (DFJP) à Keystone-ATS. La conseillère fédérale et la ministre allemande ont par ailleurs convenu lundi de renforcer la « collaboration fructueuse » entre les deux pays dans le cadre du plan d’action mis en place en 2022 qui prévoit des patrouilles en commun et un meilleur échange d’informations pour enrayer les migrations secondaires, ajoute le DFJP. Au parlement, l’annonce allemande semble être accueillie avec compréhension : « ce n’est pas un secret que de nombreux migrants utilisent la Suisse comme pays de transit, tous ceux qui prennent le train de Milan à Zurich le voient », a réagi dans la Neue Zürcher Zeitung le président de la Commission de politique extérieure du Conseil national, Hans-Peter Portmann (PLR/ZH).

      Un porte-parole du gouvernement allemand a par ailleurs confirmé au quotidien zurichois que les contrôles avaient commencé à être mis en place ce lundi, et qu’ils « seront renforcés dans les jours à venir en fonction de l’évaluation de la situation par la police fédérale » allemande. « Les contrôles fixes aux frontières présentent l’avantage […] que les personnes peuvent être refoulées par la police fédérale dès qu’elles tentent de franchir la frontière », poursuit la NZZ. « Elles sont alors considérées comme n’étant pas entrées sur le territoire » et nécessitent un investissement bureaucratique « incomparablement plus faible » que dans le cas d’un processus d’expulsion du territoire, argumente le journal.

      « Les spécialistes, les politiciens et les policiers sont loin d’être d’accord » sur l’efficacité des contrôles, tempère le Tages-Anzeiger qui rappelle qu’il y a quelques semaines encore, Nancy Faeser qualifiait les contrôles fixes de « fausses solutions ». Reste, conclut le Tagi, qu’il est « pour l’instant impossible d’estimer » les effets concrets des nouvelles mesures à la frontière suisse, notamment sur le trafic important des pendulaires avec le Bade-Wurtemberg.

      https://www.letemps.ch/suisse/face-a-l-immigration-illegale-l-allemagne-reinstaure-des-controles-a-la-fron

    • La Suisse accusée de « #laisser_passer » les migrants

      Le président du Conseil national Martin Candinas est en visite à Berlin ce vendredi, dans un climat tendu : l’Allemagne reproche à la Suisse de faciliter le transit des demandeurs d’asile.

      Le nombre des réfugiés arrivant en Europe atteint un nouveau record… et l’Allemagne est une fois de plus en première ligne. Elle accuse ses voisins de « laisser passer » des demandeurs d’asile de Syrie, d’Afghanistan, du Pakistan ou d’Irak, voire de leur faciliter le transit comme en Suisse. La télévision suisse alémanique avait révélé fin 2022 comment la compagnie ferroviaire CFF avait mis en place des « wagons réservés aux étrangers » avec des portes fermées à clé pour conduire les réfugiés jusqu’à Bâle.

      « Ça ne peut plus continuer ! […] Il nous faut une protection plus efficace à la frontière entre l’Allemagne et la Suisse. » (Thomas Strobel, ministre de l’Intérieur du Bade-Wurtemberg)

      La situation est particulièrement dramatique à la frontière avec la Pologne avec 14’303 illégaux arrêtés dans les sept premiers mois de l’année (+143% par rapport à 2022). En provenance de Suisse, la progression est encore plus importante : +200%, soit plus de 6000 illégaux arrêtées à la frontière avec le #Bade-Wurtemberg. « Les passages entre la Suisse et l’Allemagne n’ont jamais été aussi élevés depuis 2016 », s’est plaint le Ministère de la justice de la région frontalière dans un communiqué officiel.

      « Nos villes et nos communes ont atteint leurs capacités d’accueil. Ça ne peut plus continuer ! […] Il nous faut une protection plus efficace à la frontière entre l’Allemagne et la Suisse », a insisté avant l’été Thomas Strobel, le ministre conservateur (CDU) de l’Intérieur du Bade-Wurtemberg. Pour le chef du groupe parlementaire des libéraux (FDP), Hans-Ulrich Rülke, il n’est « pas normal qu’un État non-membre de l’UE comme la Suisse introduise des réfugiés en Allemagne par le Bade- Wurtemberg ».

      Menace de l’opposition

      Lors du débat de politique générale à l’assemblée fédérale (Bundestag), mercredi 6 septembre, Friedrich Merz, le leader de l’opposition conservatrice (CDU), a attaqué lui aussi la Suisse en l’accusant de ne pas respecter le « règlement de Dublin » qui l’oblige à traiter les demandes d’asile chez elle ou à renvoyer des réfugiés dans le premier pays d’enregistrement (la plupart des demandes sont faites en Autriche).

      « Vu le nombre de passages illégaux, nous sommes prêts à rétablir des contrôles aux frontières. » (Friedrich Merz, leader de l’opposition conservatrice (CDU))

      « Notre volonté n’est pas de réinstaller des barrières douanières aux frontières polonaises, tchèques et suisses. Mais vu le nombre de passages illégaux, nous sommes prêts à rétablir des contrôles », at- il menacé dans l’hémicycle sous les huées de la gauche gouvernementale.

      Une déclaration qui met le président du Conseil national dans l’embarras. Martin Candinas rencontre ce vendredi à 9 heures la vice-présidente du Bundestag, Yvonne Magwas (CDU), pour un entretien bilatéral. « La Suisse respecte le règlement de Dublin », nous a-t-il assuré jeudi, ne voulant pas davantage commenter cette crise. Il ne compte pas aborder le sujet avec les officiels allemands, sauf si ces derniers souhaitent lui en parler. Du côté allemand, on reste également discret sur la teneur de l’entretien.

      Le président du Conseil national Martin Candinas, qui doit rencontrer vendredi la vice-présidente du Bundestag, assure que « la Suisse respecte le règlement de Dublin ».

      La tension est sensible aux frontières polonaises et tchèques. La Saxe a décidé d’envoyer sa propre police pour épauler les agents fédéraux chargés de contrôler seulement les passages frontaliers officiels. Le ministre de l’Intérieur de Saxe, Armin Schuster, a estimé qu’il n’avait pas d’autre choix que d’employer cette méthode. Dès la première semaine, ses agents ont arrêté 307 clandestins et 7 passeurs sur un total de 514 personnes contrôlées… « Vous le voyez, le principe des accords de Dublin ne fonctionne pas », regrette-t-il. Friedrich Merz abonde : « Cela me fait mal au coeur de voir que nous ne sommes même pas en mesure de protéger nos propres frontières, d’autant plus que celles de l’Europe ne sont toujours pas sécurisées. »

      Épargner les frontaliers

      Mais la ministre fédérale de l’Intérieur, la social-démocrate Nacy Faeser, refuse catégoriquement la mise en place de contrôles permanents, surtout vers la Suisse. Les experts les considèrent comme inefficaces. La Bavière a mis en place 5 points de contrôle à la frontière autrichienne en 2015. « Ces contrôles n’ont aucun sens », estime Andreas Roßkopf du syndicat de la police (GdP).

      « Ils bouleversent surtout le quotidien des frontaliers. Le personnel soignant, les artisans et de nombreux pendulaires des deux pays sont concernés. Ils affectent durablement notre économie », ajoute la ministre. Elle a en revanche ordonné le renforcement des contrôles aléatoires aux frontières.

      https://www.tdg.ch/tensions-avec-lallemagne-la-suisse-accusee-de-laisser-passer-les-migrants-428988

    • A #Buchs, « porte d’entrée orientale du pays », la banalité de l’immigration

      Sorti ce lundi, le baromètre des préoccupations Ipsos réalisé par « Le Temps » place l’immigration en quatrième position. A Buchs, où plus de 26 000 personnes « illégales » ont été contrôlées l’an dernier, le phénomène fait désormais partie du paysage.

      La scène est devenue parfaitement ordinaire : il est un peu moins de 10h à la #gare de Buchs (SG) ce mardi 23 août et une cinquantaine d’hommes en training sont alignés contre un mur par les gardes-frontières suisses. Les voyageurs – des Afghans fuyant les talibans, des Nord-Africains en quête d’une vie meilleure et d’autres compagnons d’infortune internationaux – affluent tous du même endroit : #Vienne, d’où les trains de nuit rallient régulièrement Zurich (notre reportage sur la question : https://www.letemps.ch/suisse/rails-entre-vienne-zurich-migrants-route-balkans).

      L’année dernière, pas moins de 26 000 « entrées illégales » ont été enregistrées par l’Office fédéral de la douane à la frontière orientale suisse. Ce qui représente deux fois la population de Buchs, 13 000 habitants. Dans la petite localité saint-galloise, cet afflux ininterrompu laisse cependant froid. Les nouveaux arrivants ne sont pas là pour rester, alors à quoi bon s’en soucier ? Et qu’importent les Accords de Schengen-Dublin.

      « Les journaux n’en parlent plus »

      L’immigration. Politiquement, la thématique est omniprésente. Toutefois, rares sont les lieux en Suisse où le phénomène est aussi visible qu’à Buchs. « Porte d’entrée orientale » du pays comme il est souvent qualifié, le gros bourg est connu pour son joli château surplombant un petit lac, sa vieille ville bucolique. Mais surtout pour sa gare où, ce mardi, à quelques centaines de mètres d’écart, deux réalités s’affrontent. Sur le quai 5, des migrants dépenaillés cheminent en file indienne, entourés par des douaniers et des policiers… alors qu’à deux pas du quai 1, des ouvriers s’affairent pour préparer la 39e édition de la Buchserfest. Agendée trois jours plus tard, la manifestation annonce « concerts, spectacles de danse et restauration variée pour petits et grands ». Et c’est surtout cette perspective qui anime les bistrots de la rue centrale.

      « C’est une gare de transit, dit avec fatalité Barbara Gähwiler-Bader, présidente du PS de la commune, attablée au Café Wanger. Pour être franche, à moins de prendre le train, rien ne laisse penser que des milliers de personnes mettent un premier pied en Suisse ici chaque année. La politique locale ne s’intéresse pas au sujet, les journaux du coin n’en parlent plus, ni vraiment les habitants. C’est parfois à se demander si le phénomène est encore là. Ici tout va bien, et tant que c’est le cas, rien ne bouge. Réfléchir à la situation de ces gens, c’est réfléchir à ses propres privilèges. Et tout le monde n’a pas envie de faire l’effort. » Dans la station frontière, seul un panneau en persan indiquant les toilettes signale la spécificité des lieux. Le centre d’asile le plus proche est à plus de 30 kilomètres.

      « Rien n’est vraiment entrepris dans la commune, admet la socialiste, mais que faire ? C’est une situation tragique mais ils ne font qu’entrer et sortir. Très peu souhaitent s’attarder en Suisse. Les autorités les chargent dans le train suivant et ils partent pour la France, l’Allemagne, le Royaume- Uni. Voilà. » Si les arrivants dénués de papiers sont censés être identifiés, enregistrés et contrôlés, la police saint-galloise reconnaît laisser passer nombre d’entre eux sans intervenir. La plupart des vagabonds (contrôlés ou non) poursuivent ensuite leur chemin – avec ou sans billet – vers Zurich, puis Bâle, avant de sortir des frontières de la Suisse. Et de la liste des problèmes du pays.

      « On se sent en danger à la gare »

      Une attitude laxiste, selon Sascha Schmid, représentant local de l’UDC, membre du législatif cantonal et candidat au Conseil national aux élections fédérales 2023. « Il y a des lois en Suisse et elles doivent être respectées, tonne le vingtenaire, banquier au Liechtenstein. Ces gens ne restent peut-être pas à Buchs mais qui sait s’ils sortent vraiment du pays ? Il n’y a aucune garantie. Et qui nous dit que l’Allemagne ou la France ne durciront pas un jour les contrôles à leurs frontières ? Nous nous retrouverions dans une situation intenable. » Le politicien dénonce particulièrement le laisser-faire autrichien… tout en reconnaissant que Berne agit grosso modo comme Vienne, une étape plus loin.

      « Le problème est global, poursuit-il. Mais il existe des solutions. L’UDC aimerait une mise en oeuvre stricte des Accords de Schengen-Dublin (le renvoi des étrangers dans leur premier pays d’enregistrement). Toutefois, comme ces accords sont cliniquement morts, j’estime qu’il faut faire preuve de courage et considérer d’autres options. De très nombreux Autrichiens viennent travailler chaque jour dans la région. Il doit être possible de mettre la pression sur leur gouvernement pour qu’il respecte les accords internationaux. Il n’est pas acceptable d’enrichir les frontaliers sans contrepartie. » Si la plupart des migrants ne s’attardent pas à Buchs, Sascha Schmid considère tout de même qu’ils font « grimper l’insécurité à la gare et que la criminalité augmente en ville, tout comme les cambriolages et les vols ».

      « Ici la vie continue »

      Un diagnostic que Rolf Pfeiffer, président indépendant de la ville de Buchs depuis mars, réfute en bloc. « Les arrivants ne sont mêlés à aucun souci local, dit-il. Tout est calme. Tout se passe bien.

      C’est un non-sujet. Buchs surgit régulièrement dans les médias parce que nous sommes situés à la frontière, mais la ville est concentrée sur d’autres problèmes. » Jouxtant le Liechtenstein – dont la place financière attire de nombreux habitants optant pour une résidence en Suisse voisine – mais également proche de Saint-Gall, Coire (GR), Zurich (ZH), Feldkirch (AU) et Bregenz (AU), la petite cité grandit vite et il s’agit d’adapter ses infrastructures, précise-t-il. Un défi bien plus pressant que ce qui se trame au bord des rails.

      « Si le besoin surgit, complète le Saint-Gallois, nous nous mettons à disposition des membres de la protection civile pour monter quelques tentes destinées à accueillir les migrants qui en ont besoin. Généralement pendant une nuit tout au plus. Les coûts engendrés nous sont ensuite remboursés par la Confédération. Comprenez-moi bien, d’un point de vue humanitaire, la condition des arrivants est certainement triste. Ils sont là, nous les voyons. Nous n’ignorons pas la chose. Mais ici la vie continue. Nous ne pouvons pas influencer la situation, qui doit être réglée entre Etats. » Le jour de notre visite, la Confédération annonçait justement une nouvelle contribution de 300 millions d’euros sur sept ans destinée à « l’amélioration de la protection des frontières extérieures de l’espace Schengen ». Une décision qui fait suite au plébiscite (71,6% de oui) des Suisses à une participation élargie de Berne aux activités de Frontex en 2022. Et aux difficultés de la Suisse à gérer cette problématique.

      Car même si beaucoup de migrants poursuivent leur chemin, pas moins de 14 000 demandes d’asile ont été enregistrées par le Secrétariat d’Etat aux migrations en juillet 2023 et, au vu des pronostics – le nombre total pourrait monter à plus de 30 000 d’ici à la fin de l’année –, les centres d’accueil fédéraux craignent d’atteindre leurs limites. Vendredi dernier, la conseillère fédérale Elisabeth Baume-Schneider annonçait avoir arraché 1800 places supplémentaires aux cantons sur un objectif de 3000 – sans pour autant rassurer sur le long terme. Au centre de l’Europe, la Suisse mise cependant sur une autre solution : déléguer. « Une protection efficace des frontières extérieures de l’espace Schengen contribue à la sécurité et à la gestion migratoire de la Suisse, affirmait mercredi dernier le Conseil fédéral. Mieux les contrôles aux frontières extérieures fonctionneront, moins il y aura besoin de contrôles aux frontières nationales suisses. » Et, à l’instar de Buchs, moins il faudra se préoccuper de la chose.

      https://www.letemps.ch/suisse/suisse-alemanique/a-buchs-la-banalite-de-la-migration

      #statistiques #chiffres #2023

  • Ostfrau erster Generation: Selbstbewusst zwischen Traumberuf, Kindern und Karrieremann
    https://www.berliner-zeitung.de/mensch-metropole/ostfrau-erster-generation-selbstbewusst-zwischen-traumberuf-kindern


    September 1984: Fidel Castro plaudert privat mit Konrad „Konni“ Naumann (l.). Fidel redet und redet. Irmingart Lemke (r.) dolmetscht und folgt dem Comandante bis in die Fingerbewegung.


    Irmingart Lemke als Sprachmittlerin zwischen Luis Corvalán (l.) und Erich Honecker

    14.4.2024 Maritta Adam-Tkalec - Wie die Dolmetscherin Irmingart Lemke den Dreikampf des Lebens bewältigte und wie sie Männer wie Fidel Castro und Erich Honecker erlebte.

    Ein Mädchen aus Bülzig macht 1955 Abitur in Wittenberg, und anstatt risikoarm und ortsverhaftet Lehrerin zu werden, erhält sie unerwartet die Chance, Spanisch und Englisch zu studieren statt Russisch. 20 Jahre später erklimmt sie die Höhen des Dolmetscherfachs. Sie übersetzt offizielle und – viel interessanter – informelle Treffen mit Fidel Castro und DDR-Spitzenpolitikern. Sie weiß von Erich Honecker und seiner Frau Margot, der DDR-Bildungsministerin, aus dem Nähkästchen zu plaudern.

    Viele Delegationen hat sie auf Reisen ins sozialistische Kuba, nach Spanien und Lateinamerika als Dolmetscherin begleitet – ein Traum für eine junge Frau aus der DDR. Aber sie war eben einfach gut in ihrem Fach.

    Irmingart Lemke, geboren 1937, hat neben dem anspruchsvollen Beruf eine Tochter und einen Sohn großgezogen und den Haushalt für einen ebenso viel beschäftigten wie viel abwesenden Mann bewältigt, einen passionierten Außenhändler, der in den letzten DDR-Jahren zum stellvertretenden Außenhandelsminister aufgestiegen war. Eine Ostfrau der ersten Generation. Wie hat sie das gemacht? War das eher Last oder mehr Lust? Und was hat sie von den Begegnungen mit charismatischen Welt-Persönlichkeiten wie Fidel zu erzählen?
    Fidel Castro privat: Wie der Comandante ein Nashorn erledigte

    Ihre Lieblingsgeschichte bestätigt, was man über den kubanischen Revolutionsführer, Partei-, Staats- und Regierungschef Kubas so hörte. Sie geht so: Konrad Naumann, Konni, volkstümlicher SED-Parteisekretär der DDR-Hauptstadt, reiste vom 6. bis zum 14. September 1984 nach Havanna, Irmingart Lemke an seiner Seite. Sein Gegenüber war der Bürgermeister Havannas, aber: „Keiner durfte heimkommen, ohne nicht wenigstens einen kurzen Termin bei Fidel Castro nachweisen zu können, sonst galt die Reise als nicht richtig erfolgreich“, erinnert sich die Dolmetscherin.

    „Soll der Mann im Haushalt helfen?“

    Tatsächlich hatte Konrad Naumann seinen offiziellen Termin beim Revolutionsidol in dessen Palast der Revolution; man redete unter anderem über den Nato-Raketenbeschluss: „Konni Naumann tat so, als wisse er viel mehr als andere über die Stationierung; Fidel wusste gar nichts.“

    Am späten Abend rollte eine Autokolonne vor die Residenz der DDR-Delegation. Ins Haus trat der bärtige Comandante sehr entspannt in seiner Arbeitskleidung, der grünen Uniform. Er wolle mehr erfahren, sagte er, um dann unablässig selbst zu sprechen. Er lud alle – auch das Küchenpersonal – zum Zuhören ein.

    Irmingart Lemke hat unter die Bilder in ihrem Fotoalbum geschrieben: „Er redete und redete“ – über die Vorbereitung der Expedition mit der „Granma“ (das Schiff, das die ersten 82 kubanischen Kämpfer 1952 von Mexiko nach Kuba brachte) und wie sie die Gewehre besorgt hatten. Oder die Macho-Schnurre à la Hemingway von einem Nashorn, das beim Umzug des Zoos von Havanna vom Auto gesprungen war und er, der Comandante en jefe, das Tier persönlich „erledigte“. Angeregt plauderte Fidel über Treibjagden, die der damalige sowjetische Staats- und Parteichef Nikita Chruschtschow für ihn organisierte oder über das Gämsenschießen in der ČSSR.

    Die Dolmetscherin hatte zu tun. Man muss eine sehr strapazierfähige Stimme haben in diesem Beruf und eine noch stabilere Konzentration – zumal beim Simultandolmetschen. Drei Stunden ging das so, Fidel immer die Havanna-Zigarre in der Hand. Dann stand er auf und teilte gut gelaunt mit, er habe sich „wunderbar entspannt im Kreise von Freunden gefühlt“.

    Irmingart Lemke war schwer beeindruckt: „Er war enorm locker, natürlich auch ein Selbstdarsteller, aber man konnte sich der Ausstrahlung nicht entziehen.“ Und sie war stolz, dass Fidel sie als Dolmetscherin zugelassen und nicht den mitgebrachten eigenen gewählt hatte. Im Nachhinein wertet sie Fidel als tragische Persönlichkeit mit historischer Bedeutung, die ihr Leben lang für die Verwirklichung einer Vision gekämpft habe, die sie wohl im hohen Alter selber als „so, wie versucht, nicht realisierbar“ erkannt habe.

    Aber zurück zu den Anfängen. Die Geburt der Tochter, ein ungeplantes Kind, bremste zunächst den Start in den Beruf. Anfang der 1960er stand den Paaren die Pille noch nicht zur Verfügung, die kam 1965. Auch Krippen waren selten. „Da saß ich mit dem Kind zu Hause und sah jeden Morgen Frauen und Männer zur Arbeit gehen.“ Sie empfand das als eine harte Zeit: „Ich hatte die Ausbildung, ich wollte arbeiten. Der Wunsch hat uns – ohne jede Ideologie – geprägt“, erinnert sie sich: „Wir waren eben eine neue Generation.“ Der Beruf als Dolmetscherin – als Dienstleisterin – habe perfekt zu ihrem Charakter gepasst.
    Wie die DDR „eigentlich alles“ an Kuba verschenkte

    Sie hatte allerdings zu jener Zeit schon eine erste, zum Süchtigwerden taugende Erfahrung: An ihrem ersten Arbeitsplatz, einem Außenhandelsbetrieb, waren 1960, kurz nach der Revolution, die ersten Kubaner aufgetaucht und baten um Hilfe. Die Berufsanfängerin wurde zum Dolmetschen in den Bereich Feinmechanik-Optik gebeten („Da saß mein späterer Mann und hat mich umgehend abends zum Essen eingeladen“) und kurz darauf ging es mit einer Gruppe von Ingenieuren und Händlern (darunter ihr späterer Mann) nach Kuba –„ein absolutes Wunder“, sagt sie.

    Was für Wege man damals flog! Über Amsterdam, die kapverdische Insel Sal und das karibische Curaçao nach Havanna. Sie erlebte, wie die DDR an das junge Kuba „eigentlich alles verschenkte“: Straßenbaumaschinen, Krankenhausausrüstung, Zusagen auf Kredit. Mit hochfliegenden Gefühlen spazierte sie durch Havanna, ihre erste große Stadt außerhalb der Heimat. Auf der Treppe der Uni hörte sie die flammende Rede eines jungen Mannes: „Ich hatte keine Ahnung, dass das Fidel Castro war.“

    Dann saß sie wieder im Ost-Berliner Büro, übersetzte „brav und mühsam mit Wörterbuch, jede Seite maschinengetippt, drei Durchschläge mit Blaupapier“. Das Kind kam, sie fand, es war zu früh. Der wenig geliebte Ausweg: „Was man heute Homeoffice nennt und damals Heimarbeit hieß.“ Ein Kollege brachte zu übersetzendes Material in die AWG-Neubauwohnung in Friedrichsfelde und holte es fertig wieder ab. Etwa vier Jahre lang ging das so. Das Kind saß neben ihr im Ställchen. „Das war Stress.“

    Hat sie mit ihrer Situation gehadert? „Ja, ich dachte schon, dass ich gerade zu kurz komme.“ Und dann kam „der Lichtblick“: Gamal Abdel Nasser, der erste Präsident des unabhängigen Ägyptens, hatte DDR-Chef Walter Ulbricht eingeladen. Es ging um Handelsverträge. So reiste Irmingart Lemke im Februar 1965 nach Kairo und übersetzte auf der Reiseschreibmaschine. Sie sah die Pyramiden – Ulbricht und Nasser leider nicht.

    Angesichts der zweiten Schwangerschaft und der Perspektive, weiter zu Hause zu hocken, beschloss sie: „So geht’s nicht weiter.“ Sie drängte ihren Mann, der eine Karriere in seinem Betrieb in Aussicht hatte, für beide „was im Ausland“ zu suchen. Wo man Spanisch spricht, das konnte der Außenhändlergatte nämlich auch ganz ordentlich.
    Ausnahmeleben in Havanna

    So kam er als Handelsattaché nach Kuba und sie als fest angestellte Mitarbeiterin der Dolmetscherabteilung des Außenhandelsministeriums. Die vierjährige Tochter ging in den deutschen Kindergarten, das sechs Monate alte Baby wurde in die Obhut einer jungen Kubanerin gegeben. „Sie war den ganzen Tag bei uns, gewissermaßen eine Haushälterin, froh über den Verdienst. Ein unglaublicher Luxus.“

    War es schwer, den Mann zu überzeugen, seiner Frau zuliebe die Laufbahn zu ändern? „Das hat gedauert“, sagt sie, „aber letztlich hat er positiv reagiert.“ Eine partnerschaftlich getroffene Entscheidung. 1965 – das war zwölf Jahre, bevor in der Bundesrepublik das Gesetz aufgehoben wurde, das Frauen die Arbeitsaufnahme nur nach Genehmigung durch den Gatten erlaubte.

    Freundschaften und Spannungen bei Intertext

    Als wunderbare Zeit erlebte sie die Jahre in Havanna, nur dass sie sich immer wieder für Empfänge schick aufbrezeln musste: „Das war nicht mein Ding.“ Fotos zeigen die junge Irmingart Lemke mit einer feschen blonden Kurzhaarfrisur, eine attraktive, sportliche Frau. Offenkundig aufs Praktische orientiert.

    Nach drei Jahren folgte der Ehemann einem Ruf in sein künftiges Ministerium. Sie landete beim parteieigenen Sprachmittlerbetrieb Intertext, Anfang der 1970er wurde die Abteilung Auslandsinformation geschaffen, für alle Weltsprachen. Ihr unterstanden 15 bis 20 Leute der Spanischgruppe, darunter Muttersprachler, ins DDR-Exil geflüchtete Chilenen zum Beispiel. „Da entstanden viele Freundschaften“, sagt die damalige Gruppenleiterin. Spannungen habe es allerdings auch gegeben – zwischen jenen, die reisen durften, und den anderen.

    Jetzt begann das Dolmetschen auf politischer Ebene: Damals kamen viele Persönlichkeiten aus Lateinamerika in die DDR, Menschen wie Luis Corvalán, Generalsekretär der KP Chiles, nach langer Haft in Pinochets Gefängnis freigekämpft, und seine Frau Lily oder Rodney Arismendi, Chef der KP Uruguays, „ein Intellektueller, beeindruckend“. Etwa 40 Gespräche dieser Kategorie mit Erich Honecker hat Irmingart Lemke gedolmetscht.

    Wie war das mit Erich Honecker? „Eine sehr einfache Sprache, meist Floskel an Floskel, leicht zu übersetzen, aber langweilig.“ Sie hat den Mann, der mehr als zwei Jahrzehnte die Geschicke der DDR bestimmte, als höflichen, aber sehr steifen Menschen erlebt, der, so vermutet sie, seinen Mangel an Bildung und die folglich „dünne Sprache“ durch Förmlichkeit überspielte.

    Die beiden Kinder waren inzwischen als Teenager selbstständig genug und ganz froh, dass nicht ständig einer zu Hause war. Beklagt hätten sie sich nie, nur der Sohn habe dem Vater mal vorgeworfen, er sei zu wenig da. „Sie haben sich beizeiten ein eigenes Leben gebaut.“ Doch der Haushalt klebte im Wesentlichen und recht traditionell an der Frau: „Wenn ich eine Woche auf Reisen war, füllte sich der Wäschekorb, da wurde nur das Allernötigste gemacht.“ Aber die Kinder profitierten auch von den Reisen der Mutter. Die sparte sich nämlich das zur Verpflegung gedachte Tagegeld (in Devisen) vom Munde ab und brachte begehrte Schallplatten oder schicke Klamotten mit.

    Jetzt ist Irmingart Lemke 86 Jahre alt, pflegt den Garten um das Häuschen in einem Berliner Vorort. Der Sohn ist ein erfolgreicher CEO, die Tochter lebt in Chile, deren Tochter bereitet sich auf ein Informatik-Studium in Potsdam vor. Die frühere Dolmetscherin hat ihre Erinnerungen in Alben geordnet. Wie oft wohl ihr blonder Schopf neben den Männern auf der Seite 1 des Neuen Deutschland war – und damit auch in der Berliner Zeitung? Natürlich ohne Namensnennung – wer kennt schon die Dolmetscher? Immerhin verdiente sie sich den Vaterländischen Verdienstorden in Bronze (1987) und den Orden Banner der Arbeit Stufe III (1984). Diese Information muss man im Archiv suchen, ihr selbst ist das nicht der Rede wert.

    Zu Besuch bei Honeckers in Chile

    Als die Lemkes nach der Wende regelmäßig zur Tochter nach Chile flogen, besuchten sie dort auch die Honeckers. Irmingart hatte auch für die als arrogant geltende Margot gearbeitet, sie zum Beispiel nach Nicaragua begleitet. Im persönlichen Umgang sei sie gar nicht hochnäsig gewesen, aber bis zum Schluss vom bevorstehenden Sieg des Kommunismus überzeugt.

    Beim ersten Besuch in dem kleinen Häuschen in Santiago lebte Erich Honecker noch: „Er kam im eleganten Morgenmantel herbei und scherzte, er bekäme mehr Rente als seine Frau, weil er ja schon als 14-Jähriger gearbeitet habe.“ Er sei freundlich, aber kühl und unpersönlich geblieben, auch im Umgang mit den Chilenen, denen er doch eigentlich nahestand. Die Margot, so berichtet die Besucherin, sei ihrem Enkel eine gute Oma gewesen.

    Rückblickend sagt Irmingart Lemke: „Ich bin meinem Mann und seiner beruflichen Entwicklung gefolgt“, allerdings mit wachsendem Selbstbewusstsein. In der nächsten Generation gab es Pille, Krippen, Kindergärten; qualifizierte Frauen waren keine Seltenheit mehr. Aber sie führten dieselben Diskussionen. Heutige Paare handeln ihr Leben mit größerer Selbstverständlichkeit aus: Wer steckt wann zurück, wer bringt den Müll runter, wer geht zum Elternabend? Die Ergebnisse des Aushandelns haben sich zugunsten der Frauen verschoben. Hoffen wir mal.

    #DDR #Cuba #Chili #histoire #femmes #socialisme #langues

  • Les réfractaires depuis l’invasion de l’Ukraine par la Russie (13ème partie • avril 2024)
    https://www.obsarm.info/spip.php?article648

    Depuis octobre 2022, Guy Dechesne recense longuement les actes de désertion, d’insoumission, de désobéissance et d’exil posés pour refuser de combattre, les actions de désobéissance civiles pour entraver la guerre et les appuis que les réfractaires reçoivent tant dans les pays concernés qu’à l’étranger dans le prolongement d’un dossier paru dans le numéro 164-165 de « Damoclès ». Cette rubrique est rédigée à partir d’un suivi méticuleux des médias. 13ème épisode, avril 2024. Retrouvez (...) #Résistances

    / #Guerres, #Actions_contre_la_guerre, #Antimilitarisme, #La_deux

  • Une augmentation de 77 % des cancers d’ici 2050 - Vive le progrès des industries et de l’argent ?
    https://ricochets.cc/Augmentation-de-77-des-cancers-d-ici-2050-Vive-le-progres-des-industries-e

    Vive les pesticides, PFAS et perturbateurs endocriniens, ça rapporte tellement de fric et ça permet la Croissance ! Des millions d’emplois dépendent de la destruction du monde, laquelle tue et amoche massivement les bénéficiaires des emplois en question, et tous les autres au passage. Mais no problemo, entre temps la valeur s’est créée et les riches se sont enrichis, donc ça continue. Et la plupart des salariés restent soumis et acquis au système politico-économique qui ruine au final (...) #Les_Articles

    / #Ecologie, #Technologie, #La_civilisation,_la_civilisation_industrielle, #Le_monde_de_L'Economie

    https://reporterre.net/Polluants-eternels-a-Salindres-Qu-on-arrete-de-nous-mentir
    https://reporterre.net/Touche-pas-a-ma-poele-chez-Tefal-des-emplois-au-prix-de-polluants-eterne
    https://www.lemonde.fr/planete/article/2024/04/04/les-polluants-eternels-dans-le-collimateur-des-deputes_6225927_3244.html
    https://reporterre.net/PFAS-trois-questions-pour-tout-comprendre-aux-polluants-eternels
    https://reporterre.net/Des-PFAS-a-haute-dose-dans-les-crevettes-et-les-homards

  • Uber, Bolt und Co.: Jedes fünfte vermittelte Auto in Berlin fährt illegal
    https://www.tagesspiegel.de/berlin/uber-bolt-und-co-jedes-funfte-vermittelte-auto-in-berlin-fahrt-illegal-

    20.2.2024 von von Constanze Nauhaus - Ohne Konzession unterwegs: In etwa 1000 über Mobilitäts-Apps vermittelten Fahrzeugen würden Nutzer ohne Versicherungsschutz befördert, ergeben Medienrecherchen.

    In Berlin sollen mindestens 1.000 über Mobilitäts-Apps vermittelte Autos ohne Konzession fahren. Das ergibt eine Recherche von rbb24. Demnach sei etwa jedes fünfte Fahrzeug, dass über Bolt, Freenow oder Uber gebucht werde, illegal unterwegs.

    Zugelassen sind in Berlin 4.500 Fahrzeuge, die im Auftrag von Mietwagenfirmen unterwegs sind. Die Plattformen vermitteln diese Wagen dann wiederum an die Nutzer. Hinzu kommen die besagten 1.000 Autos ohne Konzession. Diese Zahl stammt vom zuständigen Referatsleiter beim Landesamt für Bürger und Ordnungsangelegenheiten (LABO), Günter Schwarz: „Wir gehen davon aus, dass es eine Form der organisierten Kriminalität ist“, sagte dieser dem „Rbb“.

    Eigentlich regelt eine im August 2023 geschlossene Vereinbarung zwischen dem Berliner Senat und den Anbietern, dass nur noch geprüfte Mietwagenfirmen vermittelt werden dürfen. Allerdings galt diese Regelung nicht für den Bestand. Alexander Mönch, für die Plattform Freenow zuständig für Deutschland, fordert eine nachhaltige Lösung, eine Kontrolle aller Firmendaten. Sonst steige Freenow aus diesem Geschäft aus.

    Für Nutzer bedeutet das, im Zweifelsfall ohne Versicherungsschutz zu fahren, warnt Simon Götze von der Verbraucherzentrale Berlin. Denn wenn ein Mietwagen nur privat statt gewerblich versichert sei, bestehe auch kein Versicherungsschutz für das Fahrzeug. (Tsp)

    #Berlin #Uber #LABO

  • Uber und Bolt einigen sich mit Berliner Aufsichtsbehörde: Datenabgleich könnte das Ende der Schattenwirtschaft einläuten
    https://www.tagesspiegel.de/berlin/berliner-wirtschaft/uber-und-bolt-einigen-sich-mit-berliner-aufsichtsbehorde-datenabgleich-

    14.3.2024 von Benedikt Schmidt - Nach langem Hin und Her und angeblichen Datenschutzbedenken wollen die großen Mobilitäts-Anbieter ihre Bestandsdaten mit der Aufsichtsbehörde teilen. Medienberichte deckten zuvor ein großes Betrugssystem auf.

    Die Plattformen Uber, Bolt und Freenow werden der Berliner Aufsichtsbehörde, dem Landesamt für Bürger- und Ordnungsangelegenheiten (Labo), Einsicht in ihre Bestandsdaten gewähren. Darauf haben sich Vertreter der Unternehmen am Donnerstag mit der Labo-Direktorin Kirsten Dreher geeinigt. Medienberichte hatten zuvor aufgedeckt, dass in der Hauptstadt bis zu 2000 Fahrzeuge ohne Lizenz auf Mobilitäts-Apps buchbar sind.

    Ein Sprecher der Senatsverkehrssenatsverwaltung bestätigte die Einigung auf Anfrage. Vor allem Uber und Bolt hatten zuvor Datenschutzbedenken geäußert. Im Februar begannen sie schließlich, neue Daten an die Aufsichtsbehörde zu schicken. Die jetzt gefundene Einigung bezieht sich auf ihren gesamten Datensatz. Stichtag für den Abgleich soll nach Informationen des Tagesspiegels der 1. April sein.

    2000 Fahrzeuge ohne Lizenz waren zuletzt auf den bekannten Mobilitäts-Apps in Berlin buchbar.

    Ziel des Vorgangs ist es, Firmen herauszufiltern, die nicht beim Labo gelistet sind oder gar nicht existieren und den Plattformen mutmaßlich gefälschte Dokumente vorgelegt haben.

    Wer bei Uber und Co. legal Fahrten anbieten möchte, muss in Deutschland ein Mietwagengeschäft betreiben und seine Fahrzeugflotte bei einer Aufsichtsbehörde anmelden. In Berlin ist das Labo zuständig. Nach Prüfung des Unternehmens erteilt die Behörde sogenannte Konzessionen, die erlauben, mit den Mietwagen gewerblich Personen zu befördern. Die Fahrer sind bei diesen Firmen angestellt und benötigen einen Personenbeförderungsschein.

    Kritik an der passiven Rolle der Plattformen

    Uber, Bolt und Freenow erklären immer wieder, nur Fahrdienstvermittler zu sein. Die Plattformen verdienen mit einer Provision an jeder vermittelten Fahrt. Ihre Algorithmen berechnen den Fahrpreis, der im Gegensatz zum tarifgebundenen Taxigewerbe flexibel ist und auf dem Mechanismus von Angebot und Nachfrage beruht.

    Kritiker monieren, dass sich die Plattformen auf ihrer Rolle als Vermittler ausruhten und dass ihre Billigpreise auf Steuer- und Sozialbetrug basierten.

    Wir haben in konstruktiver und einvernehmlicher Atmosphäre eine Lösung gefunden, die nachhaltig tragfähig ist. Thomas Mohnke, Generalunternehmer für Uber

    Thomas Mohnke ist der Generalunternehmer für Uber – eine Art Subunternehmer, der alle Fahrten, die bei Uber eingehen, an Hunderte Mietwagenfirmen allein in Berlin weiterleitet. Nach dem Treffen mit Labo-Direktorin Dreher sagte er dem Tagesspiegel, spätestens Mitte April werde es keine illegalen Fahrzeuge mehr auf den Plattformen geben. „Wir haben in konstruktiver und einvernehmlicher Atmosphäre eine Lösung gefunden, die nachhaltig tragfähig ist.“

    Uber und die Konkurrenzplattformen würden bis dahin jedes Unternehmen gesperrt haben, das nicht über alle notwendigen Genehmigungen verfüge. Laut Mohnke betrifft die Einigung auch Firmen, die ihre Fahrzeuge in brandenburgischen Anrainergemeinden konzessioniert haben. Dort sind andere Aufsichtsbehörden als das Labo zuständig.

    Offiziell sind in Berlin rund 4400 Mietwagen und 5600 Taxis zugelassen. Hinzu kommen nach Schätzungen von Branchenkennern zwischen 1000 und 2000 illegale Fahrzeuge sowie etwa 2000 Autos mit einer Brandenburger Konzession. Vorgeschrieben ist, dass ein Mietwagen nach jeder Fahrt an den Betriebssitz zurückkehrt. Doch kaum ein Fahrer in Berlin soll sich daran halten – schon gar nicht, wenn der Betriebssitz in Neuruppin liegt.

    #Berlin #Uber #LABO

  • Kampf gegen Steuerbetrug in Berlin: Gibt Bolt Mietwagenfirmen die Möglichkeit, eine Behördenkontrolle zu umgehen?
    https://www.tagesspiegel.de/berlin/berliner-wirtschaft/kampf-gegen-steuerbetrug-in-berlin-gibt-bolt-mietwagenfirmen-die-moglic

    21.3.2024 von Benedikt Schmidt - Bolt muss Daten von Mietwagenfirmen mit der Ordnungsbehörde teilen, um Anbieter ohne Lizenz zu überführen. Doch zuvor holt die Plattform deren Zustimmung ein.

    Die Mobilitätsplattform Bolt gibt womöglich illegal operierenden Mietwagenfirmen die Möglichkeit, die anstehende Datenübermittlung an Berlins zuständige Aufsichtsbehörde Labo (Landesamt für Bürger- und Ordnungsangelegenheiten) zu umgehen. Das legt eine E-Mail nahe, die Bolt am Mittwoch an die bei Bolt registrierten Flottenbesitzer verschickt hat.

    Hintergrund des Schreibens ist, dass Bolt zum 1. April die Daten von Mietwagenfirmen mit der Ordnungsbehörde teilen muss, um Anbieter ohne Lizenz zu überführen. So soll gegen Steuerbetrug im Mietwagengeschäft vorgegangen werden.

    Die Mail an die Anbieter liegt dem Tagesspiegel vor. Bolt, heißt es darin, bitte um „Einverständnis“, die bei sich hinterlegten Daten mit der Aufsichtsbehörde Labo zu teilen. „Wenn deine Fahrzeuge und dein Unternehmen eine gültige Lizenz besitzen, klicke auf EINVERSTANDEN“. Weiter heißt es: „Wenn du auf NICHT EINVERSTANDEN klickst, werden wir keine Daten mit dem LABO teilen, dein Unternehmen aber innerhalb der nächsten Wochen von der Vermittlung von Fahrten über die Bolt Plattform ausschließen“.

    Gibt ein Unternehmer ohne Lizenzen an, nicht einverstanden zu sein, könnte er sich der Kontrolle durch die Behörde wohl entziehen. Zumindest könnte er die „Umfrage“, wie Bolt sie nennt, so verstehen.

    Datenabgleich Anfang April

    Nach Schätzungen von Branchenkennern waren zuletzt bis zu 2000 Autos ohne Lizenz über die Mobilitäts-Apps von Uber und Co. in der Hauptstadt buchbar. Die Fahrgäste sind während der Tour mit einem solchen Wagen nach Einschätzung von Verbraucherexperten nicht versichert. In Deutschland vermitteln Uber und Bolt Fahrten an Mietwagenfirmen mit Angestellten, die einen Personenbeförderungsschein besitzen. In anderen Ländern fahren auch Freiberufler für die Konzerne durch die Gegend.

    Um die illegalen Unternehmer ausfindig zu machen, hatten sich Bolt und die Konkurrenten Uber und Freenow vergangene Woche einverstanden erklärt, ihre Datensätze an das Labo zu schicken, damit die Behörde diese mit den offiziell registrierten Mietwagenunternehmen abgleicht. Weil illegale Firmen mutmaßlich gefälschte Unterlagen bei den Plattformen eingereicht haben, würden sie bei dem Abgleich der Datensätze mutmaßlich auffliegen.

    Aufsichtsbehörde will den Sachverhalt untersuchen

    Versucht Bolt, die Zahl der illegalen Autos zu reduzieren, um nach der Datenabfrage am 1. April verkünden zu können, dass die Situation doch nicht so schlimm war, wie Experten behauptet hatten? Tino Schopf, der für SPD im Berliner Abgeordnetenhaus sitzt, glaubt genau das. Er sagt, Bolt biete den Kriminellen „eine Hintertür zur Flucht“ an. „Ich bin kein Jurist, aber für mich ist das Beihilfe zur Steuerhinterziehung.“ Er lobt die Einigung mit dem Labo, kritisiert jedoch den Stichtag am 1. April: „Der Stichtag hätte der Tag sein sollen, an dem sich die Plattformen mit dem Labo an einen Tisch gesetzt haben.“

    Auf die Frage, warum das Labo den Datenabgleich nicht sofort durchführte, antwortet eine Sprecherin der Verkehrsverwaltung, dass die „personellen, organisatorischen und technischen Vorbereitungen“ einer Vorlaufzeit bedurft hätten.

    Ich bin kein Jurist, aber für mich ist das Beihilfe zur Steuerhinterziehung.
    Tino Schopf, SPD-Abgeordneter im Berliner Abgeordnetenhaus

    Was die Behörde und die ihr übergeordnete Verwaltung von dem Vorgehen Bolts halte, drückt die Sprecherin so aus: „Es besteht nach der Vereinbarung des Labo mit den Vermittlungsplattformen keine Option, dass der Unternehmer selbst entscheiden kann, ob die Vermittlungsplattformen die Daten an das Labo übermitteln.“ Der Sachverhalt werde „umgehend mit der betroffenen Vermittlungsplattform geklärt“.
    Bolt offenbar nicht der Einzige

    Mit den Vorwürfen konfrontiert, schreibt ein Sprecher von Bolt, dass es für den Datenaustausch „bisher keine gesetzliche Pflicht oder Grundlage“ gebe. „Mit Blick auf geltende Datenschutzbestimmungen haben wir uns entschieden, vorab eine Einwilligung in die Datenübertragung einzuholen. Unternehmen, die dieses Einverständnis nicht erteilen, werden von der weiteren Nutzung unserer Plattform ausgeschlossen.“

    Im Gegensatz zu Bolt schließt Alexander Mönch, Präsident des Mobilitätsunternehmens Freenow, auf Anfrage aus, den Datenbestand seiner Plattform vorab zu bereinigen. „Aus unserer Sicht ist das kontraproduktiv, weil wir so Unternehmen, die kriminell arbeiten, vor dem Zugriff der Behörde schützen. Wir wollen nicht, dass die Firmen als Nächstes versuchen, die Methode mit gefälschten Unterlagen im Taxigewerbe zu wiederholen.“

    Doch auch SafeDriver, das Generalunternehmen für Uber, so etwas wie ein Subunternehmer, bietet Kriminellen offenbar einen Plan B: In einem Schreiben fordert die Firma Flottenbesitzer auf, eine neue Genehmigungsurkunde hochzuladen, diese Nachricht liegt dem Tagesspiegel ebenfalls vor. Darin heißt es, das Unternehmen werde „dieses Dokument“ mit dem Labo teilen – was ermöglichen könnte, dass kriminelle Firmen einfach kein neues Dokument hochladen und so der Überprüfung entgehen.

    Auf die Frage, ob der SafeDriver-Chef Thomas Mohnke mit dieser Methode versuche, Unternehmen ohne gültige Konzession von der Plattform zu entfernen, bevor die Daten mit dem Labo abgeglichen werden, antwortet er nicht. Stattdessen: „Wir passen unsere Prozesse stetig an und verbessern sie.“ Seine Firma werde „die in der Vereinbarung mit dem LABO festgelegten Informationen“ mit der Behörde teilen. Zu den Inhalten wolle er keine Angaben machen.

    #Berlin #Uber #Bolt #LABO

  • Betrug von Mietwagenfirmen auf Uber, Bolt und Co.: Gericht rüffelt Berliner Aufsichtsbehörde Labo
    https://www.tagesspiegel.de/berlin/berliner-wirtschaft/betrug-von-mietwagenfirmen-auf-uber-bolt-und-co-gericht-ruffelt-berline

    8.4.2024 von Benedikt Schmidt - Ein Unternehmer hatte ohne Betriebssitz Autos in der Hauptstadt herumfahren lassen. Ein Gericht bezweifelt, dass die Lizenz vom Amt jemals hätte erteilt werden dürfen.

    Das Verwaltungsgericht Berlin hat in einem Verfahren um ein Mietwagenunternehmen, das Fahrten bei Bolt und Uber angeboten hatte, ohne über den dafür erforderlichen Betriebssitz zu verfügen, die zuständige Ordnungsbehörde Labo (Landesamt für Bürger- und Ordnungsangelegenheiten) deutlich kritisiert.

    Es bestünden Zweifel, dass der Firma „die Genehmigung für die Ausübung des Gelegenheitsverkehrs mit zehn Mietwagen (jemals) hätte erteilt werden dürfen. Nach Aktenlage gibt es deutliche Hinweise darauf, dass es an seiner finanziellen Leistungsfähigkeit mangelt“, heißt es in dem Beschluss, der dem Tagesspiegel vorliegt.

    Der Unternehmer hatte seine Flotte beim Labo angemeldet und dafür unter anderem eine Adresse mit Büroräumen und Stellplätzen angeben müssen. Als das Labo die vermeintlichen Räumlichkeiten besichtigte, fiel auf, dass diese gar nicht existierten. Das Gericht gab dem Labo insofern recht, als dieses dem Unternehmer die Lizenz daraufhin entzogen hatte – wogegen der Unternehmer klagte.

    4426 Mietwagen waren im Februar 2024 bei der Aufsichtsbehörde Labo gemeldet.

    Trotz der Bestätigung des Entzugs der Lizenz scheint das Gericht jedoch ernsthafte Zweifel an der Urteilsfähigkeit des Labo zu haben. Dieses hätte die Liquidität des Unternehmens nicht auf Basis der von ihm eingesetzten Fahrzeuge berechnen dürfen, was „der Behörde bekannt sein dürfte“, heißt es in dem Beschluss. Und weiter: „Dass der Antragsteller über ein Vermögen im Wert von mindestens 13.500 Euro verfügt, ist nach Aktenlage nicht ersichtlich.“

    Freenow hat bereits Konsequenzen gezogen

    Der Fall ist deshalb aufsehenerregend, weil er ein Schlaglicht auf die Mietwagenfirmen wirft, die mit eigentlich ordentlicher Lizenz Fahrgäste durch die Stadt chauffieren. Medienberichte haben zuletzt aufgedeckt, dass in Berlin neben diesen legalen Firmen etliche illegale Fahrer mit Privatwagen unterwegs sind. Als Vermittler agieren Plattformen wie Uber, Bolt, Bliq und Freenow. Pro Tour kassieren sie eine Provision von den Mietwagenfirmen, die Fahrer mit Personenbeförderungsschein (P-Schein) beschäftigen.

    Weil selbst das Geschäft der lizenzierten Unternehmen in vielen Fällen wohl nur mit Steuervermeidung funktioniert, hat die Plattform Freenow, die 2019 in die Vermittlung von Mietwagen eingestiegen ist, vergangene Woche angekündigt, sich bis Ende des Jahres aus diesem Geschäftszweig zurückzuziehen. Der Freenow-Manager Alexander Mönch hatte durchgerechnet, dass viele Mietwagenfirmen die Taxikonkurrenz offenbar nur dauerhaft unterbieten können, wenn sie Geld am Finanzamt vorbeischleusen.

    Der Gerichtsbeschluss sieht in dem genannten Fall ebenfalls Anhaltspunkte dafür, dass es sich bei den Verstößen „um ein systematisches Vorgehen handelt, auf dem das Geschäft (...) aufbaut“.
    Labo gesteht Fehler ein

    Auf Anfrage erklärt ein Sprecher der Verkehrsverwaltung, die dem Labo übergeordnet ist, dass es sich bei dem Fall um einen Bearbeitungsfehler gehandelt habe. Solche Fehler seien in Zukunft unwahrscheinlich, da die Behörde inzwischen ein Vier-Augen-Prinzip eingeführt habe. „Alle Entscheidungen werden durch eine zweite Dienstkraft überprüft und freigegeben.“

    Auf die Frage, ob das Labo nun systematisch alle jemals erteilten Genehmigungen überprüfen werde, antwortet der Sprecher, dass dies „im Sinne einer vollständigen Revision“ derzeit nicht geplant sei.

    Immerhin sollen spätestens bis Ende des Jahres die Firmensitze aller 700 in Berlin registrierten Unternehmen besichtigt worden sein. Lange Zeit hatte sich die Behörde teilweise auf die Angaben der Antragsteller verlassen und Betriebssitze nur stichprobenartig kontrolliert, offenbar aus Personalmangel. Inzwischen habe das Labo aber genügend Mitarbeiter, um den Betriebssitz bei neuen Anträgen obligatorisch zu überprüfen, heißt es beim Amt.

    Der Verkehrspolitiker Tino Schopf (SPD), der sich als Mitglied des Berliner Abgeordnetenhauses seit Jahren für das Taxigewerbe und gegen kriminelle Strukturen im Mietwagengeschäft engagiert, ist entsetzt, dass das Labo trotz des aus seiner Sicht eindeutigen Signals durch den Gerichtsbeschluss nicht alle Genehmigungen überprüfen will. „Das ist eine Bankrotterklärung“, sagt er.

    „Das Labo ist Teil des Problems und hat in weiten Teilen das Ausmaß des heute bestehenden kriminellen Sumpfes mitzuverantworten“, hatte er schon vor zwei Wochen in einem Brief an Verkehrssenatorin Manja Schreiner (CDU) und Innensenatorin Iris Spranger (SPD) geschrieben. Dieser liegt dem Tagesspiegel vor. Eine Antwort auf das Schreiben hat Schopf nach eigenen Angaben bislang nicht erhalten.

    Hatte er in diesem noch geschrieben, die Mitarbeiter des Labo seien mit ihrer Arbeit in den vergangenen Jahren wohl „fachlich und inhaltlich überfordert“ gewesen, nimmt Schopf den Gerichtsbeschluss jetzt zum Anlass, auch härtere Konsequenzen zu fordern: „Das Labo muss personell neu aufgestellt werden. Wenn nun schon ein Gericht feststellt, dass Genehmigungen nicht hätten erteilt werden dürfen, müssen die fachlichen Defizite groß sein.“

    Die Behörde scheint seit Veröffentlichung zahlreicher negativer Medienberichte mittlerweile um Schadensbegrenzung bemüht zu sein. Im März hatte Labo-Direktorin Kirsten Dreher nach Tagesspiegel-Informationen erstmals selbst mit den Plattformen Uber, Bolt und Freenow am Tisch gesessen und mit ihnen eine Vereinbarung zum Datentransfer vereinbart.

    Die Übereinkunft sieht vor, dass die Fahrdienstvermittler ihren gesamten Datensatz an die Behörde schicken müssen, damit diese illegale Firmen ohne Lizenz überführen kann. Der Datenabgleich wird voraussichtlich dazu führen, dass diese Firmen noch im Laufe des April von den Plattformen verschwinden werden.

    #Berlin #Uber #LABO #Justiz

  • L’Actu des Oublié.es • SIV • EP13 • ¡ No a la Mineria ! , Partie 1
    https://ricochets.cc/L-Actu-des-Oublie-es-o-SIV-o-EP13-o-No-a-la-Mineria-Partie-1-7461.html

    Tous les deux lundis, l’Actu des Oublié.es revient sur une lutte dans le monde. Cette semaine, cap au Panama où le peuple s’est soulevé contre un projet minier. #Les_Articles

    / #Politique,_divers, #Audio, #Ecologie, #La_civilisation,_la_civilisation_industrielle, #International

    https://audioblog.arteradio.com/blog/157476/podcast/225891/saison-iv-e-p13-no-a-la-mineria-partie-1#

  • L’ordre de la propriété crée un chaos qui étouffe la liberté et mine la société
    https://ricochets.cc/L-ordre-de-la-propriete-cree-un-chaos-qui-etouffe-la-liberte-et-mine-la-so

    Un livre qui apporte des arguments supplémentaires contre les nombreux méfaits de l’ordre propriétaire, et qui évoque la voie salutaire des communs et de la « co-possession », tout en étrillant les arguments économiques éculés en faveur du règne de la propriété. Capitalisme et propriété sont deux motifs majeurs du chaos et de la guerre de tous contre tous qui rendent improbable l’avènement de la démocratie réelle et de sociétés apaisées. Deux motifs qui poussent vers le pire. Il est (...) #Les_Articles

    / La propriété, #Autonomie_et_autogestion

    #La_propriété
    https://www.terrestres.org/2024/03/22/posseder-en-commun-une-critique-de-lordre-proprietaire

  • RENCONTRE AVEC LUDIVINE BANTIGNY

    https://www.youtube.com/watch?v=_etcJVSQjAk

    LES UTOPIALES || FESTIVAL INTERNATIONAL DE SCIENCE-FICTION || DU 29 OCTOBRE AU 1ER NOVEMBRE 2022
    Utopiales 2021 - Rencontre avec Ludivine Bantigny
    Ludivine Bantigny est historienne et enseignante-chercheuse. Elle travaille sur les engagements, l’histoire des mouvements sociaux, des insurrections et des révolutions. Elle a notamment analysé trois grands moments de l’histoire contemporaine : la Commune de Paris, la guerre d’Algérie et Mai 1968. Du décolonialisme au féminisme, rencontre avec celle qui scrute nos révolutions…

    #la_commune #commune_de_paris

  • L’Ukraine de l’indépendance à la guerre
    https://www.obsarm.info/spip.php?article647

    La collection Idées reçues étudie les préjugés sur de nombreux sujets. Alexandra Goujon, enseignante à Sciences Po, à Dijon, et chercheuse sur le terrain ukrainien propose un travail d’autant plus utile que l’Ukraine est restée longtemps dans l’ombre de son grand voisin. Elle se confronte à la désinformation russe sur une supposée agressivité nazie et sur le prétendu complot occidental. Elle traite d’historiographie, de corruption, de dépendance énergétique et de géopolitique et des défis (...) #Fiches_de_lecture

    / #Ukraine, #La_deux, #Droit_des_peuples, #Guerres

  • Freenow-Chef Alexander Mönch: „Wer über die Runden kommen will, muss Regeln brechen“
    https://www.berliner-zeitung.de/mensch-metropole/freenow-chef-alexander-moench-wer-ueber-die-runden-kommen-will-muss

    Lang hats gedauert. Jetzt hören wir endlich einmal interessante Argumente. Was fehlt sind die Forderung nach konsequenter Überwachung der Zahlung des Mindestlohns oder besser. Wenn das nicht kommt, wird es nur Scheinlösungen geben. Wirklich gute Fahrerinnen und Fahrer lassen sich mit Gehältern auf Milo-Niveau nicht rekrutieren. Die Taxibranche braucht sie, um zukunftsfähig zu werden und ihren Kunden wirklich guten Service bieten zu können. Mal sehen, ob die Politik den Taxiunternehmen genug Druck zum eigenen Glück macht.

    5.4.2024 von Peter Neumann - Mietwagen mit Fahrer sind billiger als Taxis. Doch legal lassen sie sich nicht betreiben, klagt Alexander Mönch. Jetzt zieht er Konsequenzen. Andere als Uber.

    Wer sich günstiger als im Taxi durch die Stadt chauffieren lassen will, muss künftig auf einen Anbieter verzichten. „Wir werden uns in wenigen Monaten, noch im Laufe dieses Jahres, aus dem Geschäft zurückziehen und in Deutschland keine Fahrten mit Mietwagen mehr vermitteln“, sagte Alexander Mönch von Freenow der Berliner Zeitung.

    Seine Begründung wird ihm bei seinen Mitbewerbern keine Freunde machen. Denn Mönch argumentiert, dass das Geschäftsmodell, wie es auch die App-Betreiber Uber und Bolt nutzen, legal nicht umsetzbar sei. „Wer in dieser Branche über die Runden kommen will, muss Regeln brechen“, erklärte er. Für die Fahrgäste werde der Ausstieg verkraftbar sein. Eine vom Senat geplante Regelung lasse die Fahrpreise in Berlin ohnehin steigen.

    Handy zücken, App antippen: Schon erscheint ein Auto, das einen ans Ziel bringt, und meist ist die Fahrt preiswerter als im Taxi. Mietwagen mit Fahrer: So nennen Juristen die Fahrzeuge, die für App-Betreiber wie Freenow unterwegs sind. Diese vermitteln die Touren, andere Unternehmen stellen Autos und Fahrer. Allein in Berlin sind Tausende solcher Autos unterwegs. Sie sind zu einer ruinösen Konkurrenz fürs Taxi geworden.

    Warum Gewinne legal nicht möglich sind – das ist die Erklärung

    „Die Taxibranche steht am Abgrund“, bekräftigte Alexander Mönch. Auch Freenow habe ihr „einiges zugemutet“. Vor 13 Jahren begann das Joint Venture von Daimler und BMW damit, Taxifahrten zu vermitteln. 2019 kamen weitere Mobilitätsoptionen dazu – unter anderem Mietwagen mit Fahrer, so der Deutschland- und Österreich-Chef von Freenow. Die Flotte wuchs rasch an. Vor drei Jahren waren in Berlin 3000 Fahrzeuge im Angebot.

    „Grundlage war unsere Erwartung, die Fahrzeuge flexibel so auslasten zu können, dass das Geschäft für alle Beteiligten auskömmlich ist“, so Mönch. „Doch wir müssen feststellen, dass diese Erwartung in der Praxis nicht eingetreten ist. Staus und Baustellen verlangsamen die Mobilität. Auch bei großer Nachfrage ist es meist nicht möglich, Fahrzeuge und Fahrer durchgehend auszulasten. Selbst wenn sich immer wieder neue Aufträge anschließen, brauchen die Fahrer Zeit, um zum nächsten Kunden zu gelangen. Legal und eigenwirtschaftlich sind keine Gewinne möglich.“ Ein pessimistisches Fazit.
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    „Mit der Zeit kamen wir zu der Einschätzung, dass es nicht möglich ist, als Mietwagenunternehmer Gewinne zu erwirtschaften, wenn man sich an alle Gesetze und Verordnungen hält“, berichtete der Freenow-Manager. Gleiches gelte auch für die Fahrer. „Sie müssten pro Stunde mindestens 40 Euro Umsatz erwirtschaften, an allen Tagen, zu allen Zeiten. Nach unserer Kalkulation ist das aber schlichtweg nicht möglich. Denn im Mietwagenverkehr wird anders als beim Taxi der volle Mehrwertsteuersatz fällig, und für jede vermittelte Fahrt ist eine relativ hohe Provision zu zahlen. Zugleich sind die Fahrpreise häufig niedriger als im Taxi, es kommt also weniger Geld herein.“

    Der neueste Trick – „komplett illegal und gefährlich“, meint Freenow

    Mönch: „Wir haben schon im vergangenen Jahr auf Missstände in der Mietwagenbranche hingewiesen – nicht zur Freude der Mitbewerber.“ Behörden stellen fest, dass in dieser Branche Steuern hinterzogen und Lizenzen gefälscht werden, rief er in Erinnerung. Sozialdumping und die Aufstockung von Bürgergeld seien weitere Themen. Und dann ist da noch die 80:20-Regelung: Autobesitzer sind mit ihrem Privatwagen für Mietwagenunternehmer unterwegs. „Der Unternehmer sagt: 80 Prozent der Einnahmen für dich, 20 Prozent für mich. Ohne Lizenz, ohne Ordnungsnummer – komplett illegal und gefährlich, da weder Fahrgäste noch Fahrer versichert sind.“

    „In jüngster Zeit sind unsere Bedenken immer lauter geworden. Wir haben das Unrecht benannt, und jetzt ziehen wir folgerichtig die Konsequenz“, bekräftigte der Freenow-Manager. „Konkret bedeutet dies, dass Freenow in diesen Bereich nicht mehr investiert. Das Geld, das wir bislang im Mietwagensegment ausgegeben haben, kommt in Zukunft dem Taxigeschäft zugute.“

    Mönch erläuterte, welche Ausgaben umgelenkt werden sollen. „Um für Fahrer und Betriebe interessant zu sein, muss man als Fahrtenvermittler Anreize zur Zusammenarbeit bieten. Zu solchen Incentives gehört zum Beispiel ein Mengenbonus: Wer innerhalb einer bestimmten Zeitspanne eine bestimmte Zahl von Fahrtaufträgen ausführt, bekommt eine Prämie – zum Beispiel 100 oder 150 Euro“, berichtete er. „Die Unternehmen sind auf Anreize und Unterstützungsleistungen angewiesen, um ihre Kosten halbwegs decken zu können. Mit ihnen wird das Mietwagengeschäft erhalten, denn es kann eigenwirtschaftlich nicht existieren.“

    Was der Senat in Berlin vorhat – und warum Freenow die Pläne gut findet

    Ridehailing: Das ist ein anderer Begriff für die Dienstleistung, um die es geht. Wer von A nach B gelangen will, ruft per App einen Fahrdienst herbei. „Mit dem Ridehailing ist in Berlin und vielen anderen Städten ein taxigleicher Service entstanden“, so der Freenow-Manager. „Doch bislang kann sich die Taxibranche mit ihren starren, staatlich regulierten Tarifen nicht gegen die Konkurrenz wehren, die ihre Fahrpreise flexibel festlegen darf.“ Der Niedergang spiegelt sich in den Konzessionszahlen. Waren in Berlin vor Corona mehr als 8000 Taxis zugelassen, sind es derzeit laut Senat noch 5626. Ihnen stehen offiziell 4426 Mietwagen gegenüber. Wahrscheinlich sind es einige mehr.

    Was tun? „Es geht nicht darum, Wettbewerb zu verhindern. Es geht darum, unfairen Wettbewerb zu beenden, gegen Sozialdumping vorzugehen und den Mindestlohn zu sichern“, betonte Mönch. Das Stichwort laute: Level Playing Field. „Das muss das Ziel sein: Zwei Dienste, die aus Kundensicht den gleichen Service abliefern, müssen den gleichen Regeln unterliegen.“

    Freenow unterstütze Verkehrssenatorin Manja Schreiner (CDU), sagte Alexander Mönch. „Es ist richtig, dass Berlin die Instrumente anwenden will, die das novellierte Personenbeförderungsgesetz den Städten und Gemeinden an die Hand gibt. Die Senatorin geht mit großem Elan voran.“ In der ersten Stufe plant die Senatsverwaltung, einen Taxitarifkorridor mit Festpreisen zu ermöglichen. Für Taxifahrten, die telefonisch oder per App vermittelt werden, können den Fahrgästen Festpreise angeboten werden, die um bis zu zehn Prozent unter oder bis zu 20 Prozent über dem Basistarif liegen. Das könnte ab Mai 2024 möglich sein, ein konkretes Datum nennt der Senat aber noch nicht.

    „Wir sind uns sicher, dass dadurch Taxifahren für die Fahrgäste attraktiver wird“, so der Freenow-Manager. „Zum einen wird die Branche mit guten Algorithmen auf Angebot und Nachfrage reagieren. Zum anderen bekommen die Kunden im Voraus exakte Fahrpreise genannt, auf die sie sich verlassen können. In München ist das seit September 2023 bereits Praxis. Es funktioniert sehr gut.“

    Die Jagd auf schwarze Schafe in Berlin hat begonnen: Das ist der Zeitplan

    Damit nicht genug: „Aus unserer Sicht ist absehbar, dass Berlin auch Mindestbeförderungsentgelte für den Mietwagenverkehr einführen wird. Das ist notwendig, damit Mietwagenplattformen Taxifahrpreise künftig nicht mehr unterbieten können.“ Manja Schreiners Sprecherin Britta Elm bekräftigte, dass die Verwaltung so eine Regelung vorbereitet – „voraussichtlich zum Jahresende“.

    „Wir sind weit davon entfernt, die Berliner Taxibranche reinzuwaschen“, betonte Alexander Mönch. In den vergangenen Jahren wurde immer wieder berichtet, dass es auch dort Schwarzarbeit und Sozialbetrug gibt. „Wir müssen verhindern, dass die schwarzen Schafe, die den Mietwagenbereich verlassen müssen, beim Taxi landen. Erste gefälschte Taxikonzessionen wurden bereits entdeckt. Doch als Plattform, die beide Bereiche abdeckt, können wir sicherstellen, dass Unternehmen, die wir links verlieren, nicht rechts wieder bei uns anfangen.“

    Jahrelang hat die Taxibranche beklagt, dass Verwaltung und Politik die Missstände untätig hinnähmen. Jetzt soll alles ganz schnell gehen. Am 17. März haben sich Freenow und andere Firmen mit dem Landesamt für Bürger- und Ordnungsangelegenheiten, kurz Labo, getroffen. Bis zu diesem Freitag (5. April) müssen sie der Behörde Daten zu ihren Partnerunternehmen liefern. Das Amt wiederum hat bis zum 19. April Zeit, die Angaben mit eigenen Daten über erteilte Konzessionen zu vergleichen. Dann teilt es mit, welche Mietwagenunternehmen von der Vermittlung auszuschließen sind. Bereits am 25. April müssen die Plattformen ihren Datenbestand bereinigt haben. Dann dürften keine illegalen Unternehmen, Konzessionen und Fahrzeuge mehr in der Vermittlung sein.

    Wie äußern sich die anderen Plattformen, die in Berlin tätig sind? „Für Uber hat darüber hinaus gesetzeskonformes Handeln oberste Priorität“, sagte Uber-Sprecher Oliver Mattutat. „Sofern sich unsere Partner nicht an die Regeln halten und wir davon Kenntnis erlangen, ziehen wir Konsequenzen, bis hin zu einer dauerhaften Sperrung auf unserer Plattform.“

    Uber und Bolt verteidigen sich – und nennen Zahlen für Berlin

    Das Argument, dass Mietwagenbetreiber Regeln brechen müssen, um über die Runden zu kommen, kann man bei Uber nicht nachvollziehen. „Ein eigenwirtschaftlicher Betrieb ist sehr wohl möglich“, betonte Mattutat. „Flexible Preise bei Mietwagen, die sich an Angebot und Nachfrage orientieren, sorgen für deutlich höhere Auslastung, bei bezahlbaren Preisen für die Verbraucher. Diese hohe Auslastung schafft bessere Verdienstmöglichkeiten der Unternehmen.“ Entgegen vieler Mythen erzielten die Mietwagenpartner hohe Umsätze, so der Sprecher. In Berlin betragen sie im Schnitt rund 40 Euro pro Stunde. Die Vermittlungsprovision liege nicht, wie oft behauptet, bei 30 Prozent, sondern im niedrigen zweistelligen Prozentbereich.

    „Ein eigenwirtschaftlicher und wirtschaftlich nachhaltiger Betrieb von Mietwagen unter Einhaltung aller Regeln und Gesetze ist möglich“, bekräftigte Johannes Söller, Unternehmenssprecher von Bolt. Zentral für den Erfolg sei die „vollkommene Preisflexibilität, womit die Fahrzeuge ihren Preis an Angebot und Nachfrage anpassen können. Das Resultat ist eine mehr als doppelt so hohe Auslastung und mehr als doppelt so viele Fahrten pro Stunde im Vergleich zum Taxi.“ Söller nannte Zahlen: 2016 waren Taxis in Berlin im Schnitt nur zu 25 Prozent ausgelastet, in Hamburg betrug die Quote vor zwei Jahren 34 Prozent. Dagegen kommen die durch Bolt vermittelten Mietwagen in Berlin auf durchschnittlich 70 bis 80 Prozent. Bei annähernd gleichen Fixkosten erwirtschaften Mietwagenbetreiber rund 25 Prozent mehr in der Stunde als vergleichbare Taxiunternehmer.

    Freenow bleibt bei seiner Entscheidung. Taxibetreiber und ihre Fahrgäste werden profitieren, davon ist Alexander Mönch überzeugt. „Wenn die großen schwarzen Schafe den Markt verlassen müssen, ist für diejenigen, die sich an die Regeln halten, wieder mehr drin. Sie werden belohnt. Das sollten die Taxibetreiber als Chance verstehen und die Qualität hochschrauben“, sagte er. Heute sei Hamburg bundesweit ein gutes Beispiel. Dort gehe die Taxibehörde scharf gegen Regelbruch vor. „Wenn sich die Berliner Behörden noch intensiver am Hamburger Modell orientieren könnten, kommt auch Berlin auf dem Weg zu einem gesunden Taximarkt weiter voran. Ich bin mir sicher: Die Entwicklungen in Berlin können ein Vorbild für andere Städte werden.“

    #Berlin #LABO #Uber #Freenow #Taxi