• Permessi in mano straniera : il vero #business è rivenderli

    La crescita della domanda delle materie prime critiche ha rimesso le miniere al centro dell’agenda politica italiana. Ma sono compagnie extra-UE a fare da protagoniste in questa rinascita perché la chiusura delle miniere negli anni ’80 ha spento l’imprenditoria mineraria italiana.

    “Nelle #Valli_di_Lanzo l’attività mineraria risale al XVIII secolo, quando il cobalto era utilizzato per colorare di blu tessuti e ceramiche. Poi l’estrazione non era più conveniente e le miniere sono state chiuse negli anni ‘20” dice a IE Domenico Bertino, fondatore del museo minerario di Usseglio, Piemonte. Adesso, grazie a una società australiana, i minatori potrebbero tornare a ripopolare le vette alpine.

    Secondo Ispra quasi tutti i 3015 siti attivi in Italia dal 1870 sono dismessi o abbandonati. Ma la crescita della domanda di materie prime critiche (CRM) ha fatto tornare le miniere al centro dell’agenda politica.

    “Abbiamo 16 materie critiche in miniere che sono state chiuse oltre trent’anni fa. Era più facile far fare l’estrazione di cobalto in Congo, farlo lavorare in Cina e portarlo in Italia” ha detto a luglio il ministro delle imprese e del made in Italy Adolfo Urso, ribadendo la volontà del governo di riaprire le miniere. Oltre al cobalto in Piemonte, ci sono progetti per la ricerca di piombo e zinco in Lombardia, di litio nel Lazio e di antimonio in Toscana.

    I protagonisti di questa “rinascita mineraria”, che dovrebbe rendere l’Italia meno dipendente da paesi terzi, sono compagnie canadesi e australiane. Dei 20 permessi di esplorazione attivi, solo uno è intestato a una società italiana (Enel Green Power).

    La ragione è che “le scelte politiche fatte negli anni ‘80 hanno portato alla chiusura delle miniere. E così la nostra imprenditoria mineraria si è spenta e la nuova generazione ha perso il know how” spiega Andrea Dini, ricercatore del CNR.

    La maggior parte sono junior miner, società quotate in borsa il cui obiettivo è ottenere i permessi e vendere l’eventuale scoperta del giacimento a una compagnia mineraria più grande. “Spesso quando la società mineraria dichiara di aver scoperto il deposito più grande del mondo, il più ricco, il più puro, cerca solo di attrarre investitori e far decollare il valore del titolo” spiega Alberto Valz Gris, geografo ed esperto di CRM del Politecnico di Torino, promotore di una carta interattiva (http://frontieredellatransizione.it) che raccoglie i permessi di ricerca mineraria per CRM in Italia.

    Tra le junior miner presenti in Italia spicca Altamin, società mineraria australiana che nel 2018 ha ottenuto i primi permessi di esplorazione (https://va.mite.gov.it/it-IT/Oggetti/Info/1760) per riaprire le miniere di cobalto di Usseglio e Balme, in Piemonte. “Finora sono state effettuate solo analisi in laboratorio per capire la qualità e quantità del cobalto” spiega Claudio Balagna, appassionato di mineralogia che ha accompagnato in alta quota gli esperti di Altamin. “Ma da allora non abbiamo saputo più nulla", dice a IE Giuseppe Bona, assessore all’ambiente di Usseglio, favorevole a una riapertura delle miniere che potrebbe creare lavoro e attirare giovani in una comunità sempre più spopolata.

    A Balme, invece, si teme che l’estrazione possa inquinare le falde acquifere. “Non c’è stato alcun dialogo con Altamin, quindi è difficile valutare quali possano essere i risvolti eventualmente positivi" lamenta Giovanni Castagneri, sindaco di Balme, comune che nel 2020 ha ribadito l’opposizione “a qualsiasi ricerca mineraria che interessi il suolo e il sottosuolo”.

    “Le comunità locali sono prive delle risorse tecniche ed economiche per far sentire la propria voce” spiega Alberto Valz Gris.

    Per il governo Meloni la corsa alla riapertura delle miniere è una priorità, con la produzione industriale italiana che dipende per €564 miliardi di euro (un terzo del PIL nel 2021) dall’importazione di materie critiche extra-UE. Tuttavia, a oggi, non c’è una sola miniera di CRM operativa in Italia.

    Nel riciclo dei rifiuti le aziende italiane sono già molto forti. L’idea è proprio di puntare sull’urban mining, l’estrazione di materie critiche dai rifiuti, soprattutto elettronici, ricchi di cobalto, rame e terra rare. Ma, in molti casi, la raccolta e il riciclo di queste materie è oggi ben al di sotto dell’1%. “Un tasso di raccolta molto basso, volumi ridotti e mancanza di tecnologie appropriate non hanno permesso lo sviluppo di una filiera del riciclaggio delle materie critiche”, dice Claudia Brunori, vicedirettrice per l’economia circolare di ENEA, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile. Oltre alla mancanza di fondi: nel PNRR non sono previsti investimenti per le materie prime critiche.

    Un’altra strategia è estrarre CRM dalle discariche minerarie. Il Dlgs 117/08 fornisce indicazioni sulla gestione dei rifiuti delle miniere attive, ma non fornisce riferimenti per gli scarti estrattivi abbandonati. Così “tali depositi sono ancora ritenuti rifiuti e non possono essere considerati nuovi giacimenti da cui riciclare le materie” denuncia l’ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), che chiede una modifica normativa che consenta il recupero delle risorse minerarie.

    https://www.investigate-europe.eu/it/posts/permessi-in-mano-straniera-il-vero-business-rivenderli
    #extractivisme #Alpes #permis #mines #minières #Italie #terres_rares #matières_premières_critiques #transition_énergétique #Alberto_Valz_Gris #permis_d'exploration #Usseglio #Piémont #Adolfo_Urso #plomb #zinc #Lombardie #Latium #Toscane #antimoine #Enel_Green_Power #junior_miner #Altamin #Australie #Balme #urban_mining #recyclage #économie_circulaire #déchets

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    ajouté à la métaliste sur l’#extraction de #terres_rares dans les #Alpes :
    https://seenthis.net/messages/1013289

  • Les #Agences_de_l’eau en mode essorage

    Indépendantes de l’État, ces structures décisives dans la gestion de la ressource sont pourtant l’objet de multiples #pressions pour financer le #lobby agricole.

    Depuis quelques jours, les grands acteurs des guerres de l’eau en France jouent aux chaises musicales. On a ainsi vu mercredi dernier, le 6 décembre, #Arnaud_Rousseau, le président de la #FNSEA (#Fédération_nationale_des_syndicats_d’exploitants_agricoles), annoncer lui-même depuis le perron de Matignon que le gouvernement renonçait d’une part à taxer les agriculteurs qui polluent les sols et les eaux en utilisant des #pesticides et d’autre part à augmenter la #redevance de ceux qui irriguent tant et plus. La Première ministre, Élisabeth Borne, s’est contentée d’observer sagement la scène. Ce mardi, à Rennes, d’autres agriculteurs ont exprimé leur colère. Ils ont manifesté et même occupé des bâtiments de l’État pour demander, entre autres, l’arrêt du glyphosate et la taxation des pesticides. Évidemment, ils étaient pour la plupart affiliés à la Confédération paysanne. Ils revendiquaient surtout le paiement de plusieurs dizaines de millions d’euros de subventions qui leur ont été promis et qui doivent financer des mesures agro-écologiques dans leurs fermes. Le grand perdant de ce jeu de chaises musicales, où chacun semble prendre une place inattendue ? Le ministre de la Transition écologique, Christophe Béchu, qui n’a visiblement aucune assise. Il laisse la parole à la FNSEA, et il laisse – vous le verrez, c’est un document que se sont procuré Les Jours – son homologue chargé de l’Agriculture, Marc Fesneau, lui remonter les bretelles sur un dossier qui concerne pourtant de très près l’environnement et des établissements publics dont il a la charge, les Agences de l’eau.

    Pour comprendre cette situation, il faut vous présenter un peu plus ces mastodontes aussi importants que méconnus. La France compte six Agences de l’eau, dont les territoires sont délimités en fonction de l’écoulement des eaux : chacune règne sur un grand bassin hydrographique. Les personnes qui connaissent bien ces assemblées – et elles sont plutôt rares – en sont fières et les surnomment les « parlements de l’eau ». Car, en théorie, ces agences dotées d’un budget conséquent – plus de 12 milliards d’euros sur la période 2019-2024 – sont indépendantes de l’État et gérées par des collèges représentants tous les utilisateurs de la ressource : consommateurs, collectivités, industriels, agriculteurs, pêcheurs… Chacun de ces acteurs finance le budget des Agences via des taxes appelées « redevances » et, ensemble, ils doivent parvenir à concilier trois objectifs de plus en plus difficiles à atteindre : que chacun dispose de suffisamment d’eau, que les cours d’eau et les êtres qui y vivent soient en bonne santé, mais aussi que l’eau soit suffisamment peu polluée pour pouvoir être bue par tous.

    Depuis au moins une décennie, ces belles intentions sont largement mises à mal. En 2015, un rapport de la Cour des comptes dénonçait déjà le noyautage des Agences de l’eau par ceux qui la polluent – les industriels, notamment –, ainsi que par ceux qui en usent tant qu’ils en sont les plus grands consommateurs du pays : les agriculteurs… qui parfois polluent aussi. Le rapport pointait notamment le poids de plus en plus important pris par la FNSEA dans les décisions concernant la ressource. La situation ne s’est pas améliorée depuis. Un autre rapport de la même Cour des comptes, publié en juillet dernier et consacré à la gestion de l’eau face au changement climatique, regrettait, lui, que les redevances soient réparties de façon extrêmement inégale. Les consommateurs paient plus de 70 % des taxes via leur facture d’eau, quand les agriculteurs irrigants ne payent que 6 % de ces redevances et les agriculteurs consommateurs de pesticides à peine 4 %. Une situation d’autant plus injuste que l’impact de l’agriculture sur le coût de l’eau est de plus en plus grand : peu à peu, on se rend compte que l’eau potable est ainsi très largement contaminée par les résidus de pesticides, et que la dépollution va coûter une fortune aux collectivités.

    En prime, beaucoup d’agents et responsables des Agences de l’eau ont l’impression qu’on tape dans leurs caisses. Car depuis les années 2010, l’État a régulièrement décidé de ponctionner leur budget pour financer des mesures censées être favorables à l’environnement. Avec des conséquences lourdes sur les moyens de ces établissement mais aussi sur la taille des couleuvres à avaler : en 2018 a par exemple été instaurée une « contribution financière des Agences de l’eau à l’Agence française pour la biodiversité et à l’Office national de la chasse et de la faune sauvage » d’un montant de 20 millions d’euros. Une somme qui permettait de compenser la perte de budget de ce dernier Office due à la promesse présidentielle – celle-là même qui avait poussé Nicolas Hulot à la démission – de diviser par deux le prix des permis de chasse. C’est ainsi que l’argent des parlements de l’eau a depuis été utilisé pour faciliter la pratique du fusil en milieu rural.

    En avril dernier, le même Emmanuel Macron a annoncé du côté du lac de Serre-Ponçon, dans les Hautes-Alpes, son « plan eau », censé porter des objectifs de sobriété. Cette feuille de route, que Les Jours décrivaient comme très favorable aux agriculteurs (lire l’épisode 2, « Tu cherches un plan eau près de chez toi ? »), devait en partie être financée via les deux taxes auxquelles le gouvernement vient donc de renoncer. Une annulation vécue comme une injustice de trop pour le président du comité de bassin de l’Agence de l’eau Loire-Bretagne, Thierry Burlot (pourtant ex-candidat macroniste aux régionales). Il se dit « abasourdi » : « On a construit ce plan eau pendant des mois. On s’était mis d’accord sur le financement, de façon collective. On a imaginé une taxe sur les pesticides qui, au regard du coût de la pollution, est franchement minime. Et on découvre que la FNSEA est allée négocier seule à Paris, dans le dos de tout le monde. On découvre qu’ils ne veulent même pas payer pour financer un plan dont ils sont de très loin les plus grands bénéficiaires. C’est trop, cette décision va générer beaucoup de tension. »

    À Rennes, l’élu PS et vice-président d’Eau du bassin rennais Ludovic Brossard tance : « On n’est même plus face à du renoncement, on est face à un choix idéologique du gouvernement de soutenir le fonctionnement actuel de l’économie agricole plutôt que de donner une réponse aux enjeux environnementaux. » Du côté des agents de ces Agences, la déception est tout aussi grande. Élue au Syndicat national de l’environnement (SNE-FSU), Delphine Jacono déplore qu’« une fois de plus, on constate un arbitrage au profit des intérêts agricoles et au détriment de l’intérêt général. Ces taxes sont prévues pour abonder des budgets, mais doivent aussi faire changer les pratiques. Y renoncer est dommageable pour tout le monde ».

    Et ce n’est pas le seul dossier financier chaud qui divise les Agences de l’eau et le monde agricole. Les agents rennais de la direction régionale de l’alimentation, de l’agriculture et de la forêt l’ont découvert ce mardi en voyant débarquer une centaine d’agriculteurs en colère. L’objet de leur courroux est né de plusieurs échanges épistolaires entre membres de la majorité. Fin octobre, une flopée de parlementaires bretons écrivent au ministre l’Économie Bruno Le Maire et à Marc Fesneau. Ils alertent : des agriculteurs de la région se sont engagés à prendre dans leurs exploitations des « mesures agro-environnementales et climatiques » (Maec) en échange de subventions, et ils attendent leur dû. Victimes de leur succès, ces aides ont explosé les plafonds prévus. Près de 3 000 agriculteurs bretons attendraient aujourd’hui un montant global de 53 millions d’euros. Qui peut les payer ?

    Dans un courrier que « Les Jours » se sont procuré, Marc Fesneau exige de Christophe Béchu que les Agences de l’eau sortent le chéquier. Encore

    Cette missive a été bien reçue et entendue par Marc Fesneau. Selon un document que Les Jours se sont procuré, ce dernier a renvoyé quelques jours plus tard la patate chaude à Christophe Béchu. Son courrier évalue les besoins de financements à 143 millions d’euros à l’échelle nationale et se termine ainsi : « Cette insuffisance de financement provient des Agences de l’eau qui sont sous votre tutelle. » En clair, Marc Fesneau veut encore que lesdites agences sortent le chéquier. Il l’a fait savoir directement à leurs dirigeants, précise Thierry Burlot : « Marc Fesneau a invité les présidents de comité de bassin il y a un mois pour nous le dire. On n’était pas au courant de cet arbitrage, on ne savait pas que c’était à nous de le payer. Je vais être tout à fait clair sur ma position : je suis favorable au financement des Maec. Mais je ne peux pas les payer. On ne peut payer que si on a de l’argent dans la caisse. »

    Sur le terrain, on avance enfin un autre argument, de poids : il faudrait veiller à ne pas subventionner tout et n’importe quoi sous la pression du ministère de l’Agriculture. Un anonyme contrôleur de la Politique agricole commune (PAC), qui a évalué de très nombreux dossiers de Maec, détaille : « Les Maec sont censées inciter à un changement de pratiques et compenser une perte de rendement. Une partie sont très intéressantes, mais dans une majorité de dossiers, on finance des pratiques déjà existantes ou pas forcément pertinentes. » Delphine Jacono, du SNE-FSU, confirme qu’« il y a Maec et Maec, avec des ambitions environnementales très variables ». Elle alerte donc sur le fait que « faire du saupoudrage indifférencié serait une nouvelle atteinte aux objectifs environnementaux et climatiques ».

    Thierry Burlot, qui craint que l’affaire ne décourage les agriculteurs partisans d’un changement de modèle, se veut, lui, beaucoup plus conciliant avec les Maec. Quant à Ludovic Brossard, qui est allé à la rencontre des agriculteurs en colère ce mardi, il assure que la grande majorité de ces exploitants s’engagent dans des mesures vraiment intéressantes pour l’environnement. « Ces agriculteurs se disent qu’il leur manque des millions d’euros et que quelques jours plus tôt la FNSEA a été écoutée en déversant du lisier sur les préfectures. Forcément, ils se disent que les choses marchent comme ça. » Mais n’est pas la FNSEA qui veut : ce mardi soir, les agriculteurs de la Confédération paysanne ont été évacués avec force par la police.

    https://lesjours.fr/obsessions/eau-guerres/ep9-agences-eau-fnsea
    #eau #France #lobbying #agriculture #industrie_agro-alimentaire #indépendance #irrigation #pollution #taxe #glyphosate #Confédération_paysanne #subventions #agro-écologie #Marc_Fesneau #Christophe_Béchu #cour_des_comptes #eau_potable #prix #coût #contamination #dépollution #plan_eau #économie_agricole #mesures_agro-environnementales_et_climatiques (#Maec)

  • The most important issue about water is not supply, but how it is used

    The world faces a series of deep and worsening crises that demand radical changes in how we understand, manage and use fresh water.

    Floods, droughts, pollution, water scarcity and conflict — humanity’s relationship with water is deteriorating, and it is threatening our health and well-being, as well as that of the environment that sustains us. The good news is that a transition from the water policies and technologies of past centuries to more effective and equitable ways of using and preserving this vital resource is not only possible, but under way. The challenge is to accelerate and broaden the transition.

    Water policies have typically fostered a reliance on centralized, often massive infrastructure, such as big dams for flood and drought protection, and aqueducts and pipelines to move water long distances. Governments have also created narrow institutions focused on water, to the detriment of the interconnected issues of food security, climate, energy and ecosystem health. The key assumption of these ‘hard path’ strategies is that society must find more and more supply to meet what was assumed to be never-ending increases in demand.

    That focus on supply has brought great benefits to many people, but it has also had unintended and increasingly negative consequences. Among these are the failure to provide safe water and sanitation to all; unsustainable overdraft of ground water to produce the food and fibre that the world’s 8 billion people need; inadequate regulation of water pollutants; massive ecological disruption of aquatic ecosystems; political and violent conflict over water resources; and now, accelerating climate disruption to water systems1.

    A shift away from the supply-oriented hard path is possible — and necessary. Central to this change will be a transition to a focus on demand, efficiency and reuse, and on protecting and restoring ecosystems harmed by centuries of abuse. Society must move away from thinking about how to take more water from already over-tapped rivers, lakes and aquifers, and instead find ways to do the things we want with less water. These include, water technologies to transform industries and allow people to grow more food; appliances to reduce the amount of water used to flush toilets, and wash clothes and dishes; finding and plugging leaks in water-distribution systems and homes; and collecting, treating and reusing waste water.

    Remarkably, and unbeknown to most people, the transition to a more efficient and sustainable future is already under way.

    Singapore and Israel, two highly water-stressed regions, use much less water per person than do other high-income countries, and they recycle, treat and reuse more than 80% of their waste water2. New technologies, including precision irrigation, real-time soil-moisture monitoring and highly localized weather-forecasting models, allow farmers to boost yields and crop quality while cutting water use. Damaging, costly and dangerous dams are being removed, helping to restore rivers and fisheries.

    In the United States, total water use is decreasing even though the population and the economy are expanding. Water withdrawals are much less today than they were 50 years ago (see ‘A dip in use’) — evidence that an efficiency revolution is under way. And the United States is indeed doing more with less, because during this time, there has been a marked increase in the economic productivity of water use, measured as units of gross domestic product per unit of water used (see ‘Doing more with less’). Similar trends are evident in many other countries.

    Overcoming barriers

    The challenge is how to accelerate this transition and overcome barriers to more sustainable and equitable water systems. One important obstacle is the lack of adequate financing and investment in expanding, upgrading and maintaining water systems. Others are institutional resistance in the form of weak or misdirected regulations, antiquated water-rights laws, and inadequate training of water managers with outdated ideas and tools. Another is blind adherence by authorities to old-fashioned ideas or simple ignorance about both the risks of the hard path and the potential of alternatives.

    Funding for the modernization of water systems must be increased. In the United States, President Biden’s Infrastructure Investment and Jobs Act provides US$82.5 billion for water-related programmes, including removing toxic lead pipes and providing water services to long-neglected front-line communities. These communities include those dependent on unregulated rural water systems, farm-worker communities in California’s Central Valley, Indigenous populations and those in low-income urban centres with deteriorating infrastructure. That’s a good start. But more public- and private-investments are needed, especially to provide modern water and sanitation systems globally for those who still lack them, and to improve efficiency and reuse.

    Regulations have been helpful in setting standards to cut waste and improve water quality, but further standards — and stronger enforcement — are needed to protect against new pollutants. Providing information on how to cut food waste on farms and in food processing, and how to shift diets to less water-intensive food choices can help producers and consumers to reduce their water footprints3. Corporations must expand water stewardship efforts in their operations and supply chains. Water institutions must be reformed and integrated with those that deal with energy and climate challenges. And we must return water to the environment to restore ecological systems that, in turn, protect human health and well-being.

    In short, the status quo is not acceptable. Efforts must be made at all levels to accelerate the shift from simply supplying more water to meeting human and ecological water needs as carefully and efficiently as possible. No new technologies need to be invented for this to happen, and the economic costs of the transition are much less than the costs of failing to do so. Individuals, communities, corporations and governments all have a part to play. A sustainable water future is possible if we choose the right path.

    https://www.nature.com/articles/d41586-023-03899-2
    #eau #disponibilité #efficacité #transition #infrastructure #sécheresse #inondations #barrages #acqueduc #réusage #technologie #pertes #Israël #Singapour #recyclage #agriculture

  • On vous croit mais on s’en bat les gonades
    https://www.youtube.com/watch?v=xlahsbdmxQY


    Comme prévu la CIIVISE était là pour qu’on regarde ailleurs.
    30.000 témoignages pour rien.
    On vous croit mais on ne fera rien pour vous, maintenant taisez vous on a plus important à faire.
    Il y a 3 ans les gens ont fait semblant de découvrir l’inceste, Macron organise une commission pour soit disant quantifié un problème dont on connaissait déjà très bien l’ampleur. Maintenant on ne fait rien.
    Circulez il n’y a rien à voire.

    – la Ciivise est présidée désormais par Sébastien Boueilh responsable associatif et l’experte judiciaire Caroline Rey-Salmon.

    Originaire de Mont-de-Marsan, Sébastien Boueilh est le fondateur de l’association « Colosse aux pieds d’argile », qui lutte contre les violences sexuelles dans le milieu sportif.

    Pédiatre des Hôpitaux, médecin légiste, Caroline Rey-Salmon est coordonnatrice des urgences médico-judiciaires de l’’Hôtel-Dieu à Paris (AP-HP).

    #inceste #pedocriminalité #déni

    • Je suis en désaccord avec la communication qui a été faite par le gouvernement. La Ciivise n’est pas maintenue, on peut lui maintenir son nom. Est-ce une mission élargie ? Si la Ciivise est un comité de suivi des préconisations que nous avons faites après trois ans de travail. C’est plutôt une mission rétrécie et je ne laisserai pas dire que nous ne sommes pas occupés de formations et des enfants victimes de prostitution, de pédocriminalité en ligne ou de toute autre violence sexuelle. Nous avons modélisé un parcours de soins et préconisé le repérage par le questionnement systématique. Nous avons toujours été dans l’action.

      Dans le détail pourquoi dites-vous que la Ciivise n’est pas maintenue, que son travail n’est pas maintenu et que les 30 000 témoignages que vous avez recueillis pendant trois ans sont abandonnés ?

      Dans le communiqué de presse du gouvernement il n’y a pas un mot de reconnaissance pour les personnes qui en si grand nombre, 30 000 témoignages, ont donné leur confiance à la Ciivise et ont répondu à l’appel du président de la République lui-même. Ces personnes nous ont fait confiance, pendant trois ans à toutes nos réunions publiques, par téléphone, en audition individuelle, en nous écrivant.

      Toutes ces personnes ont confié leur témoignage et trois ans plus tard, aucune représentation officielle à la journée de restitution de cette parole le 20 novembre et pas un seul mot dans ce communiqué de presse. Quel sera l’avenir s’il n’y a pas d’appels à témoignages, ce n’est pas la Ciivise.

      Êtes-vous victime d’un règlement de comptes personnel, politique ? Quelle est votre conviction ?

      Ma conviction est celle-ci : nous parlons de violences sexuelles faites aux enfants. L’interdit universel n’est pas de violer les enfants. Il est d’en parler. C’est toujours le messager qui est rejeté. Pour la Ciivise, sa ligne, c’est que c’est le messager qui paie. C’est toujours comme ça. On en parle et on referme.

      https://www.francetvinfo.fr/societe/harcelement-sexuel/grand-entretien-inceste-remplace-a-la-tete-de-la-ciivise-le-juge-durand

    • Je sais pas si c’est vraiment le pbl de garder ou pas Edouard Durand. La CIIVISE a la base était deja une diversion qui servait à ne rien faire. L’inceste etait deja connu et étudié et les victimes témoignaient deja. Comme pour #metoo, les victimes n’ont aucunement « liberé leur parole » elles parlent depuis toujours mais on ne les ecoutent pas, tu le sais comme moi @touti car nous n’avons pas attendu #metooinceste pour parler et ca n’as donné aucun resultat. C’est les oreilles qui n’ont plus pu faire les sourdes car trop de victimes hurlaient ensemble. Mais l’ecoute est simulée, les gens s’en fichent de l’inceste ils veulent qu’on en parle pas car ca gache leur sérénité. Trop de victimes hurlent en même temps pour ne pas les entendre alors il y a eu la CIIVISE pour faire semblant de faire qqch et maintenant on reprend la routine car il y aura pas 1centime pour des gosses qui ne votent même pas et que les parents ont fait naitre pour leur bon plaisirs narcissiques. Que Edouard Durand soit un bon ou pas n’y change rien, son rôle n’as jamais été autre chose que maintenir l’omerta même si lui n’avais pas compris cela et etait peut-etre sincère.

    • ce qui change toutefois c’est que les deux nouveaux responsables sont des baltringues dangereux, le type était président de la Civise et n’y allait jamais, la dame a raconté je ne sais plus quoi de pendable. On veut bien des potiches, hommes ou femmes, pas des personnes qui mettent les pieds dans le plat depuis leur fonction et leur taf. car il s’agit de ne rien faire.

    • Onze membres de la Ciivise démissionnent en signe de protestation, après le remplacement d’Edouard Durand
      https://www.lemonde.fr/societe/article/2023/12/14/onze-membres-de-la-ciivise-demissionnent-en-signe-de-protestation-apres-le-r

      Nommée vice-présidente de la Ciivise lundi, Caroline Rey-Salmon, pédiatre et experte judiciaire, « s’était opposée à une préconisation phare de la Ciivise : rendre obligatoire le signalement par les médecins », s’inquiète Mme Salmona.

    • @colporteur à propos des médecins attaqués par le conseil de l’ordre pour signalement de violences sur les enfants …
      https://seenthis.net/messages/1024110

      > Moins de 5% des signalements émanent des médecins

      On ne peut que constater que le système veut mettre systématiquement à l’abri les violeurs.

      Déni des victimes, de leur parole, refus de la prise en charge des victimes. Et soutien des agresseurs.

  • Arctic Report Card : Update for 2023

    More frequent extreme weather and climate events are transforming the Arctic, yet resiliency and opportunity lie within diverse partnerships.

    https://www.youtube.com/watch?v=paZzR_Mpe_w&embeds_referring_euri=https%3A%2F%2Farctic.noaa.gov%2F&


    Arctic Essays

    More frequent extreme weather and climate events are transforming the Arctic, yet resiliency and opportunity lie within diverse partnerships

    The Arctic is increasingly warmer, less frozen, and wetter, with regional extremes in weather, climate patterns, and ecosystem responses. Centering locally and internationally-focused partnerships, long-term observations, and equitable climate solutions provides Arctic communities and nations as well as society-at-large with information and mechanisms to cope with a rapidly changing Arctic.

    In the air

    - Average surface air temperatures for the Arctic in the past year were the sixth warmest since 1900.
    - Summer surface air temperatures were the warmest on record.
    - Summer high-pressure systems brought warm temperatures, widespread melting, and exceptional rainfall volumes across the Greenland Ice Sheet.

    In the ocean

    – Sea ice extent continues to decline, with the last 17 September extents (2007-23) as the lowest on record. Sea ice extent was 6th lowest in the satellite record, since 1979.
    - August mean sea surface temperatures show continued warming trends for 1982-2023 in almost all Arctic Ocean regions that are ice-free in August. Mean sea surface temperature over regions between 65° N and 80° N is increasing at a rate of ~0.9°F (~0.5°C) per decade.
    - Arctic regions, except for the Chukchi Sea, Beaufort Sea, and Canadian Archipelago, continue to show increased ocean phytoplankton blooms, or ocean primary productivity, with the largest percent change in the Eurasian Arctic and Barents Sea.
    - Since the end of the Last Glacial Maximum, rising sea levels have inundated terrestrial permafrost surrounding the Arctic Ocean, resulting in nearly 1 million square miles (~2.5 million square km) of subsea permafrost that is at risk of thawing. International research collaboration is needed to address critical questions regarding the extent and current state of subsea permafrost and to estimate the potential release of greenhouse gasses (carbon dioxide and methane) as it thaws.

    On the land

    - North American snow cover extent set a record low in May 2023, while snow accumulation during the 2022/23 winter was above average across both North America and Eurasia.
    - Heavy precipitation events broke existing records at various locations across the Arctic and the Pan-Arctic precipitation for 2022-23 was the sixth highest on record.
    - On 26 June 2023, Summit Station, Greenland reached 32.7°F (0.4°C) and experienced melt for only the fifth time in its 34-year observational history.
    – The Greenland Ice Sheet lost roughly 350 trillion pounds (156 ± 22 Gt) of mass from 1 September 2022 to 31 August 2023 because discharge and melting exceeded accumulation.
    - The 2023 circumpolar average peak tundra greenness, which is the overall vegetation, including plants, shrubs, and trees taking over grassland and tundra, as measured by satellite, was the third highest in the 24-year record.
    – In Finland, peatland restoration and rewilding demonstrate a globally relevant climate solution of carbon sinks and point to a need for replication across impacted sites. Rewilding requires partnership, recognition of Indigenous and community rights, and the use of Indigenous knowledge alongside science to succeed and avoid replication of past inequities.

    Nunaaqqit Savaqatigivlugich: Working with communities to observe the Arctic

    - The Alaska Arctic Observatory and Knowledge Hub (AAOKH) works with a network of coastal Indigenous observers to document long-term and holistic observations of environmental change and impacts in northern Alaska.
    - Recently, Indigenous observers have noted sea ice loss, warmer air and ocean temperatures, changing wind patterns, and increased intensity and frequency of coastal storms that contribute to flooding and erosion.
    - Indigenous observers also document local-scale impacts of environmental changes to community and cultural infrastructure, traditional harvests and activities, and travel safety across the land and sea.
    - Applying and centering Indigenous perspectives and observations of Arctic change in decision-making can lead to more inclusive, equitable, and community-led responses.

    Divergent responses of western Alaska salmon to a changing climate

    - Western Alaska salmon abundance reached historic extremes during 2021-22, with record lows for Chinook and chum salmon (81% and 92% below the 30-year mean, respectively) and record highs for sockeye salmon (98% above the 30-year mean).
    - Salmon are maturing at smaller sizes. Since the 1970s, Yukon River Chinook salmon have decreased an estimated 6% in mean adult body length and 15% in fecundity, or ability to produce offspring, likely exacerbating population declines.
    – Salmon population declines have led to fishery closures, worsened user conflicts, and had profound cultural and food security impacts in Indigenous communities that have been tied to salmon for millennia.
    – Changes in salmon abundance and size are associated with climatic changes in freshwater and marine ecosystems and competition in the ocean. Changes in predators, food supply, and disease are also likely important drivers.

    https://arctic.noaa.gov/report-card/report-card-2023
    #arctique #2023 #rapport #glace #peuples_autochtones #climat #changement_climatique #saumons #Alaska #Finlande #Groenlande

  • Alexis Potschke : « J’ai lu le message du ministre et j’ai peur »
    https://www.cafepedagogique.net/2023/12/12/alexis-potschke-jai-lu-le-message-du-ministre-et-jai-peur

    J’ai lu le message du ministre tout à l’heure, et j’ai peur maintenant, très peur de ce qui vient : ça faisait longtemps que je n’avais pas eu peur comme ça.

    Il y a un passage qui m’a plongé dans une angoisse terrible. Tenez, c’est ce morceau-là :

    « À compter de la rentrée prochaine, les élèves de 6ème et de 5ème seront donc désormais répartis en 3 groupes de niveaux pour leurs enseignements de français et de mathématiques. »

    Ça n’a l’air de rien, comme ça, et quiconque ne sait pas vraiment ce qu’est une classe pourrait même hausser des épaules, trouver cela normal, se dire que j’en rajoute, passer outre. Ah ! ces profs, ils se plaignent tout le temps !

    C’est malgré tout la mise à mort d’une certaine vision de l’enfance. C’est la fin de l’idée des classes hétérogènes ou chacun peut apprendre à chacun et de chacun, où les élèves en réussite peuvent venir en aide aux élèves en difficulté, et où les élèves en difficulté peuvent prendre confiance en eux, s’appuyer sur leurs pairs ; se sentir un peu, de temps en temps, membre d’un groupe qui n’est ni bon ni mauvais, juste un groupe ; savourer leurs prises de parole réussies, travailler ensemble : apprendre des autres et leur apprendre des choses.

    C’est la fin d’un même postulat d’éducabilité. Tous les élèves sont égaux, mais certains sont plus égaux que d’autres ! À dix ans, le rouage se met en marche : les uns à droite, les autres à gauche, le bénéfice du doute pour le ventre mou, tout ça, ça se rangera plus tard. Hop ! On classe, on trie ! Mais ce qu’il faut bien avoir à l’esprit, c’est que c’est pour le pire. Que ça ne marche pas.

    Imaginez-vous, dix ans fraîchement révolus, faire votre entrée au collège. Le couperet est tombé quelques semaines plus tôt, vous ne le saviez peut-être même pas, mais : vous êtes un élève en difficulté. Alors voilà : vos camarades seront des élèves en difficulté. Votre enseignant vous fera des cours pour élèves en difficulté. Vous aurez un emploi du temps d’élève en difficulté. Vous avez dix ans, votre avenir a déjà un nom.

    Autour de vous, aussi : essentiellement des garçons. À cet âge, les groupes de niveaux sont aussi, malheureusement, des groupes de genre.

    Vous ne pourrez pas profiter des remarques brillantes de vos camarades, travailler avec eux, apprendre d’eux : non, ce n’est pas la place qui vous a été assignée. Vous êtes en difficulté. Vous aurez toujours l’impression que vos enseignants vous parlent plus lentement qu’aux autres, et de la suspicion en lisant les appréciations sur votre bulletin.

    Le groupe classe, c’est fini. Bienvenue dans le sépulcre des ambitions. Mais que voulez-vous ? C’est ainsi que fonctionne la fabrique des élites. On vous laissera prendre la forme qu’on attend de vous. Vous n’apprendrez que ce qu’on a décidé de vous apprendre – à vous, parce que vous êtes : en d-i-f-f-i-c-u-l-t-é. Tant pis pour le reste !

    #école #élèves #éducation #groupes_de_niveau #ségrégation

    • On arrive au tri classiste et à la ségrégation mise en place déjà au lycée il y a 10 ans. Ça n’était pas clairement écrit, mais j’ai vu celleux qui avaient une bourse relégués dans des classes différenciées, avec des profs et un programme différent et surtout un discours de la direction à leur égard de type « Ah mais non, tu ne peux pas aller dans cette classe, iels ont beaucoup plus d’assurance que toi. » Et j’aurai aimé vous montrer une photo des classes, de ceux avec l’assurance de leur avenir et celleux qui n’en avaient pas, la différence de leurs fringues, leur façon altière de se tenir, de se sentir bien dans leur peau, de s’échanger leur réseau. Les soldats et leurs maitres.

    • Le groupe le plus performant sera affublé du doux nom de « castor » et avec le second groupe, appelés « les chasseurs », ils formeront l’Arc RIP aux Blicains. Quant aux élèves du troisième (et dernier) groupe dénommé « les sauvageons », ils se verront imposer un SNU à vie avec lever du drapeau en pyjama rayé tous les matins jusqu’au bout de leur vie. Par contre, les ceusses qui appartiennent à l’élite castorienne seront eux exemptés de service national universel et, promus aux mérites de leurs géniteurs, ils pourront aller directement pantoufler dans des cabinets de conseil après avoir obtenu leur bac avec mention.

      #école-caserne #saloperies #privilèges_de_classe #classes_ghettos #Gabriel_Attal #consanguinité #endogamie

    • Plus sérieusement, ceci est la conséquence fatale (dans le sens où ça devait arriver un jour) d’un délitement de l’institution #éducation_nationale initié par Sarkozy et finalisé par Blanquer : effectifs pléthoriques dans les classes. Des missions toujours plus nombreuses assignées aux personnels soumis à un feu roulant d’injonctions contradictoires. Résultats : les enseignants se barrent. Le recrutement se tarit. Les relations entre familles et l’institution deviennent de plus en plus conflictuelles. La hiérarchie (du sommet de la pyramide au plus médiocre sous-fifre) va essayer de dissimuler la poussière sous le tapis avec l’idéologie patriotico-laïcarde mais l’illusion fait rapidement long feu.
      Ce processus fait partie d’un dispositif idéologique qui a fait ses preuves dans les pays anglo-saxons, le fameux « starving the beast ».
      A mon avis, les familles « castoriennes » n’hésiteront pas un seul instant et scolariseront leurs progénitures dans le privé, cette attitude étant déjà une tendance lourde. Quant aux deux autres groupes de niveau, ils s’affronteront sur les bancs de l’école publique, les uns zélateurs impénitents de l’idéologie libertarienne, les autres au mieux regarderont par la fenêtre pour faire passer le temps, au pire mettront le feu aux établissements. On fera croire aux familles « chasseurs » que leurs enfants sont l’avenir de la nation et on les enjoindra de faire régner l’ordre raie-pue-blicain au sein de leurs établissements (en dénonçant par exemple les comportements idéologiquement déviants des familles sauvageo-wokistes.
      L’école a toujours été une interface d’une grande porosité entre la société et le pouvoir. Ça ne fait que se confirmer.
      Mon messages aux (ex) collègues qui y croiraient encore : courage, fuyez ou résistez !

    • Un copain de 40 ans, y-a 10 ans : « mais les budgets n’ont jamais été aussi élevés, faut arrêter de vouloir faire grève ou de dire qu’on n’a pas les moyens ». Les budgets à l’époque augmentaient pour prendre en compte l’augmentation du nombre d’élèves si mes souvenirs sont bons. Mais les profs n’étaient pas remplacés, et le pli était donné. 10 ans plus tard, plus personne ne veut devenir prof.

    • Les élèves du groupe « chasseurs » issus en majorité des familles de la classe moyenne déclassée auront bientôt un joli uniforme et s’ils se tiennent sages, ils pourront effectuer leur SNU aux Antilles (ou tout autre DOM-TOM).
      NB : ces familles « chasseurs » auront plébiscité le RN aux présidentielles de 2027.

    • Les jeunes parents, très écolos et socio-conscientisés qui approchent de la 40aine ont vite mis leurs discours sous le boisseau quand il s’est agit de scolariser leur précieuse progéniture là où les prolos autrement glorifiés n’ont pas d’autres choix que de laisser la leur et les « pédagogies alternatives » ont été là bonne excuse toute trouvée et toute offerte, en vrai, pour justifier leur cavalcade vers le privé, bien moins couteuse, socialement que les stratégies anciennes de contournement de la carte scolaire.

    • Ayant bossé (sur un poste adapté) à Angers avec la crème des pédagos dans « l’ingénierie éducative », les collègues ne se cachaient même pas de scolariser leurs rejetons dans le privé catho, parce que bon, hein, le collège (public) de secteur avait « clairement pas le niveau » ... Bel euphémisme en tout cas.

    • « Les groupes de niveau viennent percuter la motivation et l’estime de soi, et donc la réussite scolaire »
      https://www.lemonde.fr/societe/article/2023/12/17/les-groupes-de-niveau-viennent-percuter-la-motivation-et-l-estime-de-soi-et-

      Les économistes Yann Algan [HEC] et Elise Huillery [Dauphine] estiment, dans un entretien au « Monde », que, pour faire face à l’hétérogénéité des niveaux, il faudrait investir davantage dans la formation des enseignants et dans les compétences sociales et comportementales des élèves.

      .... à partir des évaluations de 6e de 2021, 50 % des élèves de classes sociales défavorisées se retrouveraient dans le groupe des élèves faibles contre seulement 13 % des élèves de classes sociales très favorisées. Les inégalités de genre seraient également marquées : le groupe des élèves forts en français compterait 57 % de filles et celui des forts en maths 56 % de garçons.

      https://archive.is/DwC84

      #PISA #économie #pédagogie_verticale #hétérogénéité #coopération

      "un choc d’ignorance"
      https://seenthis.net/messages/1032763

  • A Good Idea : You Should Draw On The Wall With A Marker
    https://clickhole.com/a-good-idea-you-should-draw-on-the-wall-with-a-marker-second


    Je découvre la revue satirique Clickhole - plein de bonnes idées pour la vie en famille.
    Vive la créativité !

    KidHole - Hey! Here’s a good idea. How about drawing on the wall with a marker? A lion, a castle, a tree, or whatever. Anything you can dream up, draw it right on the wall.

    It’ll be so fun!

    Paper is small and walls are big. Why draw on paper and tape it to the wall when you can draw right on the wall? It’s easier, and it just makes more sense!

    If you’re worried about getting in trouble, just remember that Mommy and Daddy decorate the house all the time, so by decorating the wall with your drawings, you’re being a BIG HELP. You can help them out by drawing on the living room wall, your bedroom wall, or even the kitchen wall, and they will be happy that you did all these chores for them.

    Crayons and paints work, but markers are the best! Especially Mommy’s special stinky markers from the craft drawer, because those ones are permanent.

    And remember, it doesn’t matter if you’re not very good at drawing as long as you try your best—THAT’S what really counts. Even if you just draw a circle with some lines coming out of it, that’d be fine, because then people can have fun guessing what it is. A sun? A lion? Whatever the case, you simply can’t go wrong drawing on the wall.

    So what are you waiting for? Go give your parents a big, special surprise by drawing all over every wall in your house!


    Quelques années après dans les toilettes d’un bar fréquenté par les enfants de l’ère anti-autoritaire

    #enfants #pédagogie #dessin #éducation #parodie #wtf

    • Cette « info » fait le buzz sur les RS : les israéliens obtiennent les organes qui manquent aux malades français (sous la forme : "Les organes des citoyens français envoyés en Israel ", mais ce n’est qu’un exemple entre mille). Un texte "méconnu" le démontre.
      Sans avoir pu vérifier ce qu’il en est du texte évoqué, il doit s’agir d’une disposition permettant à une personne vivant ici de donner ici un organe à destination d’une personne proche se trouvant en Israël.

      https://www.service-public.fr/particuliers/vosdroits/F182#:~:text=Don%20au%20sein%20de%20la,Son%20frère%20ou%20sa%20sœur

      Occasion de se souvenir que les organes destinés à être transplantés sont prélevés sur des vivants (on lisait ici il y a peu un communiqué s’inquiétant des vols d’organes de cadavres palestiniens commis par les israéliens...)

      Depuis le Moyen-âge, on sait que « les juifs volent les enfants pour des meurtres rituels ». À l’heure de la technoscience, il est logique qu’ils volent la nouvelle naissance qu’est la sortie d’une maladie mortelle grâce à une greffe, etc.. Depuis le XIXe, on sait que la nation risque d’être enjuivée à force d’intégrer des citoyens qui n’en sont pas. Il est donc logique qu’à lire le nom de Simone Veil, etc.

      #antisémitisme

      edit des éléments que l’on peut espérer mieux établis sur l’utilisation par Israël de cadavres de toute provenance en école de médecine, et sur la gestion israélienne du corps d’une partie des palestiniens tués ou morts en détention
      https://seenthis.net/messages/1029191

      #cadavre #personne #morts #sacralité #religion

  • Rémi Lemaître, sociologue : « Vivre du RSA, c’est un vrai boulot ! » | Propos recueillis par Sabine Germain
    https://www.alternatives-economiques.fr/remi-lemaitre-sociologue-vivre-rsa-cest-un-vrai-boulot/00108982

    Le sociologue Rémi Lemaître a mené une étude de terrain pour le compte du département de l’Hérault afin de comprendre le fossé qui semble se creuser entre les personnes en insertion et le monde du #travail.

    Entre février 2022 et février 2023, ce spécialiste de la jeunesse dans les quartiers et en milieu rural a conduit 130 entretiens avec des institutionnels, des professionnels de l’insertion et de l’#emploi, des demandeurs d’emploi, des #allocataires du #RSA et des employeurs. Il a observé que les pratiques actuelles d’insertion amènent les allocataires à vivre dans un monde parallèle de #solidarité et de #débrouille qui les fait décrocher progressivement du monde du travail.

    Selon la Cour des comptes, sept ans après leur entrée au RSA, 34 % des allocataires ont retrouvé un emploi dont un tiers seulement est stable. Aujourd’hui, sur les 1,89 million de bénéficiaires (6,9 millions avec les conjoints et les enfants à charge) du revenu de solidarité, 65 % vivent en deçà du seuil de pauvreté. Rémi Lemaitre revient sur les ressorts qui les isolent du monde du travail et sur la relative impuissance des recruteurs et des professionnels de l’insertion.

    Vous vous êtes intéressé à la représentation que les demandeurs d’emploi ont du monde du travail. Pourquoi ?

    Rémi Lemaître : Le département de l’Hérault a voulu comprendre pourquoi un fossé semble se creuser entre les demandeurs d’emploi – dont les allocataires du RSA – et le monde du travail. Les conseillers en insertion ont le sentiment que l’emploi n’occupe plus une place centrale dans leur tête. Ils ont besoin de comprendre pourquoi.

    Je suis allé chercher des réponses sur le terrain, à la rencontre des trois acteurs de l’insertion : les conseillers, les bénéficiaires et les employeurs. Je les ai tous trouvés très démunis : les professionnels de l’insertion, dont les dispositifs n’attirent plus grand monde ; les employeurs qui, du petit artisan à la grosse PME, n’arrivent plus à recruter ; et les demandeurs d’emploi, qui ne trouvent plus de sens au monde du travail.

    Comment cela se manifeste-t-il du côté des allocataires du RSA ?

    R.L. : Il faut se rendre compte de la plongée que représente l’entrée en RSA : c’est un changement radical de vie. Le soulagement d’avoir ce filet de sécurité qui permet de « ne pas tomber plus bas » est très vite gâché par la #honte et le sentiment d’être jugé. Les allocataires du RSA apprennent alors à vivre avec cette honte, la #peur permanente de perdre son RSA au moindre faux pas et le sentiment d’extrême précarité qui envahit leurs jours et leurs nuits. Vivre avec 607,75 euros par mois1, c’est apprendre à économiser sur tout : l’alimentation, l’énergie, les déplacements…

    C’est une nouvelle identité ?

    R.L. : Dans une assemblée, un allocataire du RSA repère ses semblables au premier coup d’oeil. Il reconnait en eux cette expérience de la honte et de la précarité. De façon plus positive, il se rend compte qu’il peut partager avec eux ses expériences, ses galères, ses bons plans : après avoir déposé les enfants à l’école, par exemple, il a le temps de trainer et d’échanger avec ses « collègues ».

    Cela crée une forme de « nous », par opposition aux « autres », ceux qui ne peuvent pas comprendre ce qu’est la vie au RSA tant qu’ils ne l’ont pas vécue. C’est un « nous » très fort, mais un « nous » fait d’expériences plus que de valeurs partagées, qui ne conduit pas à des actions collectives.

    Ce « nous » les isole-t-il des « autres » ?

    R.L. : Vivre au quotidien avec le RSA mobilise une énergie considérable pour se nourrir, élever ses enfants, trouver des aides pour payer une facture… Peu à peu, les allocataires du RSA apprennent à vivre autrement, dans un monde parallèle où l’on sait se débrouiller sans consommer ni se déplacer, où l’on développe des liens de solidarité très forts. Cela les éloigne progressivement de la société.

    Certains finissent par penser que le monde qu’ils sont en train de créer est meilleur que le monde dans lequel ils vivaient auparavant : c’est un monde plus « essentiel », où l’on consomme et l’on pollue peu, où la solidarité et importante. On peut y voir une façon de retourner le stigmate : l’opinion publique les voit comme des bons à rien et des profiteurs ; ils se voient comme l’avant-garde d’un monde plus vertueux. Certains deviennent très critiques à l’égard de la société, avec des positionnements politiques très forts.

    Un retour à l’emploi est-il possible ?

    R.L. : L’emploi n’est généralement que l’une des difficultés des allocataires du RSA qui ont aussi des problèmes de famille, de santé, d’addictions… Dans ces conditions, le retour vers un emploi à plein temps et en CDI est illusoire. En général, quand un allocataire du RSA retravaille, c’est pour une durée très courte et peu de revenus. Mais cela peut suffire à lui faire perdre le bénéfice de ses allocations.

    Des mécaniques perverses se mettent alors en place : certains allocataires préfèrent renoncer à une mission, cacher certaines informations à leur conseiller, travailler au noir ou même bénévolement pour ne pas risquer de « perdre leur RSA ». D’autres s’isolent et s’écroulent. Dans un cas comme dans l’autre, on ne peut pas dire que cela les rapproche de l’emploi.

    Les rapprocher de l’emploi, c’est pourtant la mission – et bien souvent la vocation – des professionnels de l’insertion…

    R.L. : Là encore, des mécaniques perverses contribuent à enlever tout sens au travail et à l’emploi. Les logiques de l’#insertion reposent en effet sur des dispositifs (les #chantiers_d’insertion par exemple) que les conseillers doivent « remplir », quitte à orienter des demandeurs d’emploi vers des métiers qui ne les intéressent pas.

    Cela participe de la démobilisation de tous les acteurs : les demandeurs d’emploi, mais aussi leurs conseillers qui n’ont pas l’impression de bien les accompagner, et les employeurs qui se retrouvent avec des travailleurs orientés par défaut. C’est une façon d’ôter toute valeur aux notions de profession et de métier à un moment où l’on ne cesse de vanter la valeur travail.

    De retirer de la valeur au travail ou à l’emploi ?

    R.L. : Les deux ! C’est un mouvement que j’observe dans l’ensemble de la société, et pas seulement dans le monde de l’insertion. Je l’ai vu récemment avec un jeune serveur qui aimait réellement son travail. A la demande de son employeur qui ne voulait plus le salarier, il s’est établi en tant qu’auto-entrepreneur.

    Au fil du temps, il a été appelé pour d’autre missions : des petits déménagements, des transports d’objets… Plus le temps passe, moins il est serveur. Cela lui convient : il travaille moins qu’avant, avec des petites missions plus rémunératrices. Peu à peu, il ne cherche plus que ces petits boulots. Il n’a donc plus du tout l’idée d’avoir un emploi, une carrière.

    De même, les employeurs – échaudés par leurs difficultés à recruter et fidéliser des salariés – ne cherchent plus des personnes ayant des compétences ou de l’intérêt pour le métier qu’ils proposent : ils veulent juste quelqu’un qui vient au boulot à peu près à l’heure. Et s’il ne vient pas, ils essaieront d’en trouver un autre. Les notions de travail et d’emploi ont été dynamitées. Il n’en reste finalement plus que l’#argent qu’il procure…

    #chômeurs #salaire

  • Mortalité infantile : la France dégringole
    https://www.lequotidiendumedecin.fr/specialites/pediatrie/mortalite-infantile-la-france-degringole

    En passant de la 3e à la 20e place en Europe pour ce qui est de la mortalité néonatale, la France se déclasse. En cause, une offre inadaptée dans le bas risque et des manques de moyens en réanimation néonatale.

    La situation périnatale ne s’est guère améliorée en France : elle a même continué à se dégrader par rapport à l’an dernier, ce qui place la France dans une mauvaise direction par rapport au reste de l’Europe – notamment de l’Europe du Nord –, où la mortalité infantile continue à baisser.

    • La publication de l’Insee, à partir des données de l’état-civil (14/06/2023)
      avec tous les chiffres, téléchargeables

      Depuis 2015, la mortalité infantile en France est supérieure à la moyenne européenne - Insee Focus - 301
      https://www.insee.fr/fr/statistiques/7627069#graphique-figureencadre

      En 2021, 2 700 enfants de moins d’un an sont décédés en France, soit 3,7 décès pour 1 000 naissances vivantes. Bien qu’historiquement bas, ce taux ne baisse plus depuis 2005. Il a même légèrement augmenté entre 2014 et 2017, en particulier en ce qui concerne la mortalité dans les premiers jours de la vie. La moitié des enfants décédés avant leur premier anniversaire en 2021 ont vécu moins d’une semaine.
      Depuis 2015, la mortalité infantile en France est supérieure à la moyenne européenne, alors qu’elle était l’une des plus basses d’Europe à la fin du XXe siècle. En effet, contrairement à la France, la mortalité infantile en Europe continue de diminuer en moyenne, bien que modérément ces dernières années. La baisse de la mortalité néonatale (avant 28 jours) est particulièrement ralentie en France depuis 20 ans ; c’est aussi le cas en Allemagne.

    • la lecture et l’interprétation de ces chiffres par l’INED (août 2024)
      (on notera les hypothèses émises - et leur ordre ? – toutes basées sur des éléments factuels (il y a des données…) : 2 démographiques et 2 sociales)

      Est-il vrai que la mortalité infantile est en hausse en France ? - La question du jour - Les mémos de la démo - Ined - Institut national d’études démographiques
      https://www.ined.fr/fr/tout-savoir-population/memos-demo/faq/est-il-vrai-que-la-mortalite-infantile-est-en-hausse-en-france

      Après une baisse continue durant le XXe siècle, le taux de mortalité infantile atteint désormais un très faible niveau mais ce taux stagne. Il a même légèrement augmenté entre 2014 et 2017 en France, alors qu’il tend à baisser dans quasiment tous les pays de l’UE27. En 2022, il s’établit à 3,9 pour 1000 naissances vivantes (3,7 en métropole), ce qui place la France au-dessus de la moyenne européenne. La hausse du taux de mortalité infantile est particulièrement marquée lors de la première semaine de vie qui concentre 47,8 % des décès.

      Les données d’état civil ne permettant pas de disposer d’informations d’ordre médical, seules des hypothèses visant à expliquer cette augmentation sont émises, telles que la hausse de l’âge des mères au moment de l’accouchement, l’accroissement des grossesses multiples, les situations de précarité ou encore une dégradation du circuit de soins.

    •  :-)

      conséquence du surcroît de maltraitance sur le nouveau-né (port du masque…)

      Alors qu’un troisième confinement est en discussion en France, les pédiatres, pédopsychiatres et services d’urgences pédiatriques de tout le pays observent depuis quelques semaines une augmentation sans précédent des consultations ambulatoires et hospitalières, admissions aux urgences et hospitalisations pour motifs psychiatriques tels qu’anxiété, idées noires ou gestes suicidaires, souvent dans un contexte de maltraitance. Les services d’hospitalisation habituellement surchargés à cette période d’enfants atteints de pathologies infectieuses (bronchiolites, gastro-entérite) le sont cette année encore mais d’enfants maltraités, déprimés, anxieux et suicidaires.

      dernier avis en date du 25/01/2021

    • Que diantre, vous n’y êtes pas du tout ! C’est la faute aux migrants, bien sûr ! Jordan l’a démontré, hôtel 5 étoiles à l’appui, l’autre vendredi sur RCI, c’est que des enfants de migrants nés illégalement sur nos fiers trottoirs de fRrance qui plombent notre beau classement de 3e meilleur européen.

      (je préfère ne pas sourcer, ça tâche)

  • Faire date autrement, Catherine Hass (10 novembre 2023), via @parpaing
    https://lundi.am/Faire-date-autrement

    ... cette guerre qui détruit avec elle toute possibilité qu’il en soit autrement en détruisant toute politique, anéantirait la possibilité même d’une pensée de la politique. (...) Demeure l’injonction comminatoire à dire son camp même si ce dernier n’existe pas dans les termes de l’injonction.

    [...] C’est donc par un geste purement criminel que la #Palestine fit retour – si l’on considère que ce programme de cruauté à l’endroit des civils caractérise d’ordinaire la besogne des fascistes de tous bords. Rappelons que, historiquement, le faire politique des luttes, loin d’être indifférent, a toujours été crucial pour ces dernières. Ainsi, de quelle émancipation, de quelle figure d’égalité ou de libération, un tel geste peut-il être porteur ? Que pouvait-il fonder outre la dévastation à laquelle nous assistons ?

    [...] Si l’hypothèse selon laquelle « la guerre anéantit aujourd’hui toute possibilité qu’il en soit autrement en détruisant toute politique » [Derrida] est juste, les diverses qualifications du 7 octobre – « terroristes » versus « résistance » – n’engagèrent le plus souvent que des conceptions de la #guerre distinctes selon le « spectre large de ceux qui n’aiment les Arabes que morts ou réduits à l’état de pions qu’ils bougent sur l’échiquier de leurs chimères (...) ». Dit autrement, en France, l’on opposa à la guerre contre le terrorisme, boussole insane des guerres extérieures et de la politique intérieure depuis plus de vingt ans, un logiciel marxiste anti-impérialiste et étatiste périmé identifiant rage politique et criminelle et validant voire glorifiant le meurtre. Les hautes figures de la lutte : le Hamas, le Hezbollah et l’Iran soit la photo de famille – tronquée car il y manque la Russie – de ceux qui donnèrent à el-Assad les troupes et les armes nécessaires pour venir à bout de la révolution syrienne au prix d’une guerre qui fit 600 000 morts. « On a beau s’indigner devant la violence, on a beau déplorer sincèrement [...] le nombre de morts, on ne fera croire à personne que c’est de cela au fond qu’il s’agit. » Faire date autrement et sortir de l’impasse signifierait quitter cet espace comme effondré puisqu’il ne propose qu’une polarisation essentialiste faisant fond sur des catégories idéologiques vides de politique.

    [...] Le déséquilibre du rapport de force entre les deux n’interdit pas l’identité de leur principe : « Je te tue car tu n’as pas à être là, tu ne dois pas être là, quand bien même tu y es, tu y vis, tu es dans ton pays ». Or, rappelons que ce qui caractérisa nombre de luttes populaires passées, armées ou pas, c’était précisément la rupture avec les principes de la politique ennemie. L’État d’#Israël et le Hamas sont donc ici des jumeaux politiques et criminels : la politique de l’un arme celle de l’autre, et vice-versa, chacun échange, tour à tour, le rôle de maître d’ouvrage et de maître d’œuvre dans l’espoir de s’en trouver renforcé politiquement. C’est même de leur négation réciproque qu’est née l’alliance Netanyahou-Hamas comme la nomme le quotidien Haaretz. Haine du possible, concurrence et corruption de l’idée même de politique dès lors qu’elle est entièrement reversée dans la guerre et le crime et se confond avec eux, dès lors qu’elle fait des civils la matière première de la guerre (...)

    [...] la guerre contre le terrorisme n’est pas l’apanage des États occidentaux puisque c’est ce paradigme que el-Assad mobilise dès 2012 pour détruire la révolution syrienne –aidés par des djihadistes revenus d’Irak libérés de prison, du Hezbollah libanais et des Pasdaran iraniens. En rupture avec le droit de la guerre et le droit international humanitaire existant, l’une des caractéristiques de cette guerre est de dénier tout statut aux civils, à moins qu’ils ne soient « innocents » ; l’argument selon lequel les différentes entités combattues ne sont pas assignables à des armées régulières emporte avec lui la possibilité même de leur protection. Ainsi, la densité de la population à Gaza, la dissémination des structures du Hamas en son sein, ne constituent pas un argument à même de proscrire toute intervention militaire car la guerre contre le terrorisme a normalisé ce faire criminalo-guerrier. La guerre ainsi conçue ne peut être qu’une somme de #crimes_de_guerre, à Gaza comme à Idlib. L’armée israélienne ne s’excepte pas de cette norme qui interdit par principe à n’importe quelle armée d’être « morale » puisqu’elle lui en ôte la possibilité même.

    #évènement #politique #pensée #guerre_contre_le_terrorisme #guerre_pour_le_terrorisme #géopolitique #politique

    • Les hautes figures de la lutte : le Hamas, le Hezbollah et l’Iran soit la photo de famille – tronquée car il y manque la Russie – de ceux qui donnèrent à el-Assad les troupes et les armes nécessaires pour venir à bout de la révolution syrienne au prix d’une guerre qui fit 600 000 morts.

      Le Hamas n’était pas dans le camp d’Assad pendant la guerre en Syrie.
      https://orientxxi.info/magazine/quand-le-hamas-retrouve-son-chemin-de-damas,6053

      Sur le plan politique, les deux principaux chefs du Hamas avaient clairement exprimé leur opposition à Assad. Ainsi, Ismaïl Haniyeh avait déclaré lors d’une prière du vendredi à la mosquée Al-Azhar en février 2012 : « Je salue tous les pays du printemps arabe, et je salue le peuple syrien héroïque qui milite pour la liberté, la démocratie et la réforme ». Quant à Khaled Mechaal, il avait brandi le drapeau de la révolution syrienne lors des célébrations du 25e anniversaire de la fondation du mouvement Hamas en décembre 2012 à Gaza, en déclarant : « Nous ne soutenons la politique d’aucun État ni d’aucun régime qui mène une bataille sanglante contre son propre peuple ». Ces positions ont été adoptées après que les leaders du Hamas ont quitté Damas pour s’installer au Qatar.

    • oui, effectivement, et c’était pas sans conséquences, provisoires, sur les alliances du Hamas.

      edit : Hass ne répète pas son erreur sur Hamas/Assad par la suite

      la plupart des actions armées ont vocation à tirer des enseignements de celles qui les ont précédées. dire Idlib/ Gaza c’est aussi concevoir que Israël s’inspire du siège et des bombardements d’Idlib (comme précédent et comme « victoire »), sous la contrainte d’un autre jeu géopolitique qui limite (relativement, bien trop relativement) son action davantage que ne le fut celle du régime syrien.

      #Israel-Palestine

    • Sauf que là non plus les « actions armées » en Syrie ne sont pas directement comparables. Les chiffres varient, mais si on prend ceux de l’Observatoire syrien des droits de l’homme (notoirement pro-opposition), en Syrie le nombre de civils tués a été équivalent au nombre de combattants pro-régime tués. Même en attribuant tous les civils syriens tués au régime d’Assad (facilité à laquelle on assiste depuis le début du conflit), ça fait un ratio très différent du massacre actuel de Gaza (il ne semble pas y avoir 20 à 30 000 soldats israéliens morts en deux mois à Gaza) :
      https://www.la-croix.com/Pres-500-000-morts-recenses-Syrie-decennie-guerre-selon-ONG-2021-06-01-130

      L’Observatoire syrien des droits de l’Homme a fait état mardi 1er juin de 494 438 morts depuis le début de la guerre, dont 159 774 civils – principalement tués par les attaques du régime syrien et de milices alliées – et 168 000 combattants prorégime.

      Et donc un troisième tiers constitué de rebelles et de djihadistes.

      C’est-à-dire qu’en Syrie, on a un mort civil pour un pro-régime tué et un anti-régime tué. C’est certes un massacre épouvantable (et depuis le début, attribuer la responsabilité de tous ces morts au seul régime relève aussi d’une forme de « campisme »), mais les Israéliens sont dans des performances qui sont, pardon, d’une tout autre nature

      Et ne pas oublier Falloujah en 2004, si on veut avoir une référence sur les méthodes de guerre et le déséquilibre absolu des pertes.

    • Circonscrire l’antagonisme, défaire la confusion – D’une alternative entre la guerre et la guerre / Catherine Hass (11 décembre 2023)

      https://lundi.am/Circonscrire-l-antagonisme-defaire-la-confusion

      Ce texte est la version remaniée et annotée de l’intervention de Catherine Hass lors de la rencontre du 2 Décembre 2023 au Consulat, à Paris. Avant le 11 septembre 2001, le « terrorisme » n’est pas assigné par les États à l’espace de la guerre. Il le deviendra par la suite. Alors que lesdits « terroristes » se proclamaient ennemis politiques en guerre contre l’État et son monde ; les États leur adressaient une fin de non-recevoir en les ravalant au rang de simples criminels de droit commun. Après le 11 septembre, une opération inverse a lieu qui vient bouleverser ces anciens régimes de pensée. Désormais, les terroristes ne sont plus des criminels, ils ne sont plus non plus de simples ennemis de l’État - les voilà devenus ennemis d’un mode de vie. Or, à cela, les États répondent par la guerre. La guerre contre la terreur n’a pas toujours existé. Elle n’existera pas toujours. Dans ce laps où s’effondrent les catégories politiques, l’alternative qu’on nous propose devient : la guerre ou bien la guerre.

  • Upcoming Executions | Death Penalty Information Center
    https://deathpenaltyinfo.org/executions/upcoming-executions

    The Death Penalty Information Center (DPIC) is a national non-profit organization whose mission is to serve the media, policymakers, and the general public with data and analysis on issues concerning capital punishment and the people it affects. DPIC does not take a position on the death penalty itself but is critical of problems in its application.

    Founded in 1990, DPIC promotes insightful discourse on the death penalty by curating and presenting expansive, authoritative data from credible sources and offering clear, trustworthy, and timely information and research about the history and current application of the death penalty. DPIC produces groundbreaking reports on issues such as arbitrariness, costs, innocence, and racial disparities. DPIC also releases an annual year-end report highlighting significant developments and trends. A wide variety of free online resources are available on DPIC’s award-winning website, including searchable databases; data visualizations; educational curricula; and podcast series, Discussions with DPIC, which explores diverse viewpoints and experiences related to capital punishment.

    https://deathpenaltyinfo.org/about/about-us

    #USA #peine_capitale #open_data

  • La guerre entre Israël et le Hamas fracture le monde intellectuel
    https://www.lemonde.fr/idees/article/2023/12/08/la-guerre-entre-israel-et-le-hamas-fracture-le-monde-intellectuel_6204694_32

    #campisme

    La guerre ravage tout sur son passage. Et celle entre Israël et le Hamas ne dément pas ce tragique qui traverse les âges. Mais ce conflit, qui mobilise la communauté internationale, a déjà fait un dégât collatéral. « Cette guerre est aussi en train de fracturer une bonne partie du champ des sciences sociales et de la pensée, peut-être de façon irréversible », s’alarme le philosophe Pierre Charbonnier, professeur à Sciences Po. En effet, dès le 7 octobre, des camps se sont rapidement constitués. D’un côté, on accuse d’« antisémitisme » les manifestants de la cause palestinienne ; et, de l’autre, de « fascisme » les partisans de la guerre menée par Israël. Au point que l’on pourrait parler de « campisme », cette manière de se rallier immédiatement à un camp sans prendre en compte la singularité d’un événement.

    Un campisme de droite condensé dans la célèbre formule de l’officier de la marine américaine Stephen Decatur (1779-1820), « my country, right or wrong », que l’on peut traduire par « mon pays, à tort ou à raison », maxime d’un alignement sur une politique patriotique, qu’elle soit pacifique ou guerrière, juste ou mortifère. « C’est comme si on disait : “Ma mère, ivre ou sobre” », ironisait l’écrivain britannique G. K. Chesterton (1874-1936), qui voyait dans cette expression la manifestation d’un nationalisme primaire, « quelque chose qu’aucun patriote ne devrait dire, sauf dans des cas désespérés ».

    Pour la droite identitaire, la défense inconditionnelle du gouvernement israélien a pris la forme d’une réaction occidentaliste : Israël serait la pointe avancée de l’Occident dans un Orient musulman. Une importation du conflit orchestrée par le national-populisme intellectuel et médiatique qui compare la situation d’Israël au Proche-Orient à celle de la France et ses banlieues « islamisées ».
    « Le campisme est la maladie de la pensée »

    Le campisme de gauche est, quant à lui, un héritage de la guerre froide. C’est un réflexe politique qui démonise un ennemi unique – le plus souvent l’empire américain – et conduit à une incapacité à imaginer d’autres formes d’impérialismes, notamment russe, comme lors du déclenchement de la guerre en Ukraine. Ordonnée par Vladimir Poutine, l’invasion du 24 février 2022 a pourtant enterré « la vision obsolète d’un monde en noir et blanc où toutes les victimes du seul impérialisme – américain – seraient miraculeusement unies contre lui », remarque Dominique Vidal, ancien journaliste au Monde diplomatique et spécialiste du Moyen-Orient.

    Ce campisme continue toutefois d’imprégner certaines franges de l’anticapitalisme. « Un logiciel marxiste anti-impérialiste et étatiste périmé identifiant rage politique et criminelle, et validant, voire glorifiant, le meurtre », analyse la politologue Catherine Hass sur le site Lundimatin. Une logique selon laquelle « les ennemis de mes ennemis sont mes amis » qui transforme des exactions contre des civils en actes de résistance, des crimes de guerre en luttes de libération et le Hamas en mouvement progressiste. « Le campisme est la maladie de la pensée », résume Dominique Vidal. Une polarisation qui empêche bien souvent de passer du réflexe à la réflexion. « Le temps de la pensée est écrasé par la tempête de la guerre et de ses atrocités, la réflexion n’est plus d’actualité », résume, de son côté, le philosophe Ivan Segré.

    • « Il est politique d’ôter à la haine son éternité. »
      Catherine Hass (26 novembre 2023)

      https://lundi.am/Faire-date-autrement

      La facilité avec laquelle nous recodons les événements pour en extraire des clivages factices est consubstantielle au mouvement qui abolit ou suspend la politique - le « faire politique ». La sanglante séquence initiée le 7 octobre n’échappe pas à ce fait. Dans cet excellent texte, Catherine Hass, autrice de Aujourd’hui la guerre et de République et Châtiment, s’inscrit en faux vis-à-vis de l’injonction à camper d’un côté ou de l’autre. Ce n’est pas qu’elle refuse naïvement toute division. Elle refuse cependant toute division naïve. Elle fait en sorte de la rendre éminemment politique. Car la politique commence d’abord lorsque l’on sort des pièges et des cycles infinis tendus par la logique de terreur.

    • cette guerre qui détruit avec elle toute possibilité qu’il en soit autrement en détruisant toute politique, anéantirait la possibilité même d’une pensée de la politique. (...) Demeure l’injonction comminatoire à dire son camp même si ce dernier n’existe pas dans les termes de l’injonction.

      Hass date son texte du 10 novembre. Le découvrant, je trouve dommage qu’il vienne à la suite de cet état des lieux intellectuels franco-centriste où le crevard carriériste Pierre Charbonnier donne le la et lui dédie un seen spécifique.
      #politique #évènement #pensée

  • L’OPEP déclenche l’indignation de plusieurs Etats à la COP28 après avoir demandé à ses membres de refuser tout accord ciblant les énergies fossiles
    https://www.lemonde.fr/planete/article/2023/12/09/a-la-cop28-le-chef-de-l-opep-demande-aux-membres-de-refuser-tout-accord-cibl

    « Je suis stupéfaite de ces déclarations de l’OPEP, et je suis en colère », a déclaré la ministre de la transition énergétique française, Agnès Pannier-Runacher, à Dubaï. « Les énergies fossiles sont responsables de plus de 75 % des émissions de CO2. (…) Il faut en sortir si on veut limiter le réchauffement climatique à +1,5 °C, a-t-elle rappelé. La position de l’OPEP met en péril les pays les plus vulnérables et les populations les plus pauvres, qui sont les premières victimes de cette situation. »

    Pour rappel :
    https://disclose.ngo/fr/article/petrole-et-paradis-fiscaux-les-interets-caches-de-la-ministre-de-la-transi

    #climat #pétrole #énergies_fossiles #sans_vergogne

  • The Reading of the Bible by the Rabbis (A Souvenir of Morocco) par Jean Jules Antoine Lecomte du Noüy (1842–1923)

    Jean-Jules-Antoine Lecomte du Nouÿ
    https://fr.wikipedia.org/wiki/Jean-Jules-Antoine_Lecomte_du_Nou%C3%BF

    En 1873, associé à la Ville de Paris, l’État passe commande à l’artiste de deux vastes compositions pour la décoration de l’église de la Sainte-Trinité, qu’il livrera quelques années plus tard ; il s’agit de Saint Vincent de Paul ramène des galériens à la foi (1876) et Saint Vincent de Paul secourant les Alsaciens et les Lorrains après la guerre de 1637 (1879).

    https://en.wikipedia.org/wiki/Jean-Jules-Antoine_Lecomte_du_Nou%C3%BF#Artistic_style
    Artistic style

    The Orientalist style is largely characterized by its content, but also by its subdued realism and precision allotted towards depicting the human form. The latter is a prominent characteristic of the 19th century methods upheld by the Académie des Beaux-Arts. Du Nouÿ was a prominent figure within the sphere of academic art and thereby adhered to a rule-based artistic style of well-developed skill and formal composition. The artistic composition of his paintings was often complemented by the use of half-light, which added certain dramatic and melancholic qualities to his work. To this day some, like Alan Braddock, consider Du Nouÿ to have been decidedly modern for his time, because his work directly and indirectly broached some of the key issues of his day, albeit from a decidedly conservative perspective: colonialism, international trade, gender, religion, and history

    Ramsès dans son harem (1887)

    L’Esclave blanche (1888)


    Elle fume !

    A l’entree du harem

    https://onlineonly.christies.com/s/kagan-collection/jean-jules-antoine-lecomte-du-nouy-paris-1842-1929-20/116706

    Jean Jules Antoine Lecomte du Nouÿ Paris, 1842 - 1923 Entrée du Palais Morosini à San Salvator, Venise Huile sur toile

    THE SENTINEL - by Jean Lecomte du Nouÿ

    The Citrus Seller - Jean Jules Antoine Lecomte du Noüy

    La prière du soir à Tanger

    Le souper de Beaucaire, Château de Malmaison, Rueil-Malmaison
    https://artifexinopere.com/blog/interpr/peintres/lecomte-du-nouy/jeunes-idoles-en-uniforme

    Nous reprenons ici pour partie l’analyse très détaillée de François Thoraval, qui voit dans ce tableau « l’une des plus brillantes peintures d’histoire de la deuxième moitié du XIXe siècle, trop longtemps reléguée au rang de vignette illustrée pour manuels d’après-guerre ».

    Capitaine à la main gantée, vers 1876, Esquisse pour Saint Vincent de Paul ramenant les galériens à la foi, Huile sur toile, 22,3 x 24,5 cm

    A Merchant in Cairo

    Invocation À Neptune, 1866

    Le Coup de vent, 1875 Huile sur toile - 48,7 x 77,2
    https://www.epdlp.com/cuadro.php?id=8986

    Win In Paintings
    https://jenikirbyhistory.getarchive.net/topics/wind+in+paintings

    Tombe de Valentine Peigné-Crémieux (1855-1876), épouse du sculpteur, médaillon, bronze, 1877, cimetière Montparnasse - Paris 14
    http://parissculptures.centerblog.net/25.html

    Collection Jean-Jules-Antoine Lecomte du Nouÿ sur #Pinterest
    https://www.pinterest.com/mikisagax/jean-jules-antoine-lecomte-du-nou%C3%BF-18421923

    Collection Jean-Jules-Antoine Lecomte du Nouÿ sur WikiArt
    https://www.wikiart.org/fr/jean-jules-antoine-lecomte-du-nouy

    –—

    Le Kronprinz Wilhelm d’Allemagne à la cour de Roumanie
    https://onlineonly.christies.com/s/kagan-collection/jean-jules-antoine-lecomte-du-nouy-paris-1842-1929-20/116706

    Photo prise au palais Cotroceni en avril 1909. Le fils aîné de Guillaume II séjournait en Roumanie à l’occasion du 70° anniversaire du roi Carol I (1).

    1-prince héritier Guillaume (Wilhelm) d’Allemagne
    2-Prince Karl Anton von Hohenzollern, frère du prince héritier Ferdinand
    3-princesse héritière Marie de Roumanie
    4-prince héritier Ferdinand de Roumanie
    5-prince Carol de Roumanie
    6-reine Elisabeth de Roumanie, née princesse zu Wied
    7-prince Nicolas de Roumanie
    8-princesse Maria (Mignon) de Roumanie

    Collection Famille royale de Roumanie sur Pinterest
    https://www.pinterest.com/dujaur/famille-royale-de-roumanie

    https://en.wikipedia.org/wiki/Jean-Jules-Antoine_Lecomte_du_Nou%C3%BF#Later_life_and_death

    Du Nouÿ spent most of the later years of his life in Romania. There he painted primarily the royal family and their subjects. However, he returned to Paris right before his death on 19 February 1923.

    https://en.wikipedia.org/wiki/Romania#World_Wars_and_Greater_Romania

    Austria-Hungary quickly disintegrated after the war. The General Congress of Bukovina proclaimed the union of the province with Romania on 28 November 1918, and the Grand National Assembly proclaimed the union of Transylvania, Banat, Crișana and Maramureș with the kingdom on 1 December. Peace treaties with Austria, Bulgaria and Hungary delineated the new borders in 1919 and 1920, but the Soviet Union did not acknowledge the loss of Bessarabia. Romania achieved its greatest territorial extent, expanding from the pre-war 137,000 to 295,000 km2 (53,000 to 114,000 sq mi). A new electoral system granted voting rights to all adult male citizens, and a series of radical agrarian reforms transformed the country into a “nation of small landowners” between 1918 and 1921. Gender equality as a principle was enacted, but women could not vote or be candidates. Calypso Botez established the National Council of Romanian Women to promote feminist ideas. Romania was a multiethnic country, with ethnic minorities making up about 30% of the population, but the new constitution declared it a unitary national state in 1923. Although minorities could establish their own schools, Romanian language, history and geography could only be taught in Romanian.

    https://fr.wikipedia.org/wiki/Roumanie#Royaume_de_Roumanie

    Après quatre siècles d’autonomie sous l’influence ottomane, les principautés de Moldavie et Valachie fusionnent en 1859, à la suite de la défaite des Russes à la guerre de Crimée, pour former le Vieux Royaume de Roumanie, dont l’indépendance totale par rapport à l’Empire ottoman sera reconnue au congrès de Berlin en 1878 à la suite de la guerre d’indépendance menée avec les russes contre les Ottomans où la Roumanie perd à nouveau le Boudjak au profit de l’Empire russe mais acquiert les deux tiers de la Dobrogée (en roumain : Dobrogea, en bulgare : Dobroudja), la Bulgarie recevant le dernier tiers. Sous l’impulsion du Premier ministre Ion Brătianu, la Roumanie devient un royaume, Carol Ier étant couronné roi en mai 1881. C’est le « Vieux Royaume ».

    https://fr.wikipedia.org/wiki/%C3%89lection_au_tr%C3%B4ne_de_Roumanie_de_1866#Cons%C3%A9quences_de_l

    Indépendance de la Roumanie
    Carol Ier vise dès le début de son règne à s’émanciper totalement de tutelle de l’Empire ottoman. En 1877, lorsque l’empire de Russie entre en guerre contre les Ottomans, la Roumanie combat aux côtés des Russes. La campagne militaire est longue, mais victorieuse et permet l’indépendance du pays, reconnue par le traité de San Stefano, puis lors du Congrès de Berlin en 1878. Le nouvel État perd cependant à nouveau le Boudjak au profit de la Russie, mais acquiert les deux tiers de la Dobrogée. Carol est couronné roi du nouveau royaume de Roumanie en mai 1881 et fonde, en désignant comme héritier son neveu Ferdinand, la dynastie des souverains qui règnent sur la Roumanie jusqu’en 1947

    https://fr.wikipedia.org/wiki/Roumanie#L'entre-deux_guerres

    L’entre-deux guerres

    La défaite des Empires centraux et l’effondrement de l’Empire russe permettent à la Roumanie de voir sa population et sa superficie doubler par rapport à avant la guerre. La Bessarabie, auparavant russe, est occupée dès janvier 1918, et est annexée de fait. Le traité de Neuilly, le 27 novembre 1919, confirme le traité de Bucarest d’août 1913 qui concluait la Seconde Guerre Balkanique en retirant à la Bulgarie la Dobroudja du sud. Le traité de Saint-Germain du 10 décembre 1919 donne également à la Roumanie la Bucovine au nord, tandis que le traité du Trianon (4 juin 1920) lui attribue son plus gros gain territorial, la Transylvanie et le Banat, à l’ouest et au nord-ouest du pays.

    La superficie de la Roumanie est donc passée de 137 177km2 en 1913 à 295 049 km2 en 1920.

    On parle désormais de la « Grande Roumanie », dont la population est de 18 657 000 habitants contre seulement 7 897 311 selon le recensement d’avant-guerre. Parmi cette population, selon le recensement de 1930, il y a 28,1 % d’habitants issus de minorités : 1, 425 millions de Hongrois, 745 000 Allemands et 728 000 juifs, mais également des ukrainiens et des bulgares. Le statut de ces minorités est réglé par un traité imposé par la conférence de paix le 9 décembre 1919 à Alba Iulia, qui leur confère l’égalité des droits politiques34.

    La Roumanie se dote en 1921 de l’Agence Rador et votera très rapidement, de 1921 à 1923, de nombreuses réformes (vote des femmes, naturalisation des Roms et des réfugiés juifs, partage des grandes propriétés).

    De 1923 à 1938, la Roumanie fonctionne selon un système de démocratie parlementaire.

    Ferdinand I. (Rumänien)
    https://de.wikipedia.org/wiki/Ferdinand_I._(Rum%C3%A4nien)#Leben

    Ferdinand von Hohenzollern-Sigmaringen (auch Ferdinand I., der Treue; * 24. August 1865 in Sigmaringen; † 20. Juli 1927 in Sinaia, Rumänien) war vom 10. Oktober 1914 bis zu seinem Tod 1927 König von Rumänien.
    ...
    Ferdinand wurde in Sigmaringen als zweiter Sohn des Fürsten Leopold von Hohenzollern-Sigmaringen und Antonias von Sachsen-Coburg und Gotha geboren. Prinz Ferdinand von Hohenzollern-Sigmaringen stammt aus der schwäbischen Linie des Hauses Hohenzollern. 1880 wurde er zum Thronfolger seines Onkels Karl I. von Rumänien (dessen einziges Kind, eine Tochter, mit drei Jahren gestorben war) proklamiert. Von 1887 bis 1889 studierte er Jura an den Universitäten Tübingen und Leipzig. Ab 1889 lebte er ständig in Rumänien. Am 10. Januar 1893 heiratete Ferdinand die englische Prinzessin Marie von Edinburgh, geboren als Prinzessin von Sachsen-Coburg und Gotha, die eine Enkelin der britischen Königin Victoria und des russischen Zaren Alexander II. war. Sie hatten drei Söhne, Karl II., Nicolae, Mircea (der schon sehr früh starb) und drei Töchter, Elisabeth, Maria, Ileana. Am 10. Oktober 1914 folgte er seinem Onkel König Karl I. von Rumänien auf den rumänischen Thron, indem er seiner Wahlheimat Loyalität schwor:

    „Ich werde als ein guter Rumäne regieren.“

    Obwohl er ein Mitglied der Hohenzollern, des deutschen Kaiserhauses, war, blieb Rumänien im Ersten Weltkrieg zunächst neutral und trat am 27. August 1916 mit einer Kriegserklärung an Österreich-Ungarn auf der Seite der Entente in den Konflikt ein. Weil er seinen Schwur hielt und gegen sein Geburtsland Deutschland Krieg führen sollte, erhielt Ferdinand von dem rumänischen Volk den Beinamen „der Treue“. Seiner Frau, der Königin Maria, wird erheblicher Einfluss auf die Entscheidung Ferdinands zu Gunsten der Alliierten zugesprochen. Nach einer kurzen Offensive in Siebenbürgen wurde die rumänische Armee im September gezwungen, sich auf die Grenze an den Karpaten zurückzuziehen. Der Durchbruch an der Karpaten-Front gelang den deutschen und k.u.k. Armeen erst im November 1916. Kurz darauf besetzten Truppen der Mittelmächte die Walachei und Dobrudscha und im Dezember/Januar stabilisierte sich die Front auf der Linie Ostkarpaten-Vrancea-Galați. 1917 gelang es den deutschen und k.u.k. Truppen nicht, die Moldau-Front zu durchbrechen, da deren Offensive an Mărășești scheiterte. Nachdem Russland aus dem Krieg ausgeschieden war, schloss Ferdinand am 7. Mai 1918 mit den Mittelmächten den Frieden von Bukarest, dessen Bestimmungen aber unerfüllt blieben, weil Ferdinand sich weigerte, das von den Mittelmächten Rumänien aufgezwungene Abkommen zu unterzeichnen. Ein halbes Jahr später hatten die Mittelmächte den Krieg verloren. Das Ende des Krieges brachte Rumänien beträchtliche Gebietsgewinne: Am 15. Oktober 1922, nach der Vereinigung Siebenbürgens, Bessarabiens und der Bukowina mit dem rumänischen Königreich, wurde Ferdinand in der neu erbauten Krönungskathedrale in Alba Iulia zum König Großrumäniens gekrönt. Mit der kleinen Entente 1921 stellte Ferdinand das Land an die Seite der Tschechoslowakei und Jugoslawiens und mit der großen Entente 1926 an die Frankreichs.

    #colonialisme #orientalisme #juifs #art #peinture #religion #histoire #Prusse #Roumanie

    • 17:10

      (Le film Le consentement ) j’ai été choquée par la violence de ses images, il y a un effet coup de poing qui empêche le spectateur de réfléchir … et qui fait appel aux instincts les plus basiques et les moins conscientisés. Il faut aborder cette affaire là avec intelligence et en faisant un travail d’analyse historique, en essayant de reconstituer ce qui s’est passé ce n’est pas juste un huis clos entre un homme de 50 ans et une adolescente de 14/15/16 ans. C’est comme une sorte de toile d’araignée qui à l’époque s’étendait sur une partie de l’intelligentsia française.

      (…) On était encore dans le sillage de mai 68, à cette époque, le discours dominant était celui de la liberté, du droit de choisir (…) tout ce qui semblait restreindre la liberté de choix des individus avait très mauvaise presse, mais là, ça concernait des enfants.

      (…)

      C’est un microcosme autour de Matzneff …
      … avec l’affaire Springora, immédiatement ses quatre éditeurs ont fait disparaitre les 15 tomes de son journal, où il raconte toute sa vie, avec qui il déjeune, avec qui il part en vacances en tunisie, philippines, algérie, les compliments des uns et des autres. Il donne une image de son réseau qu’on a fait disparaitre.

      Sinon, pas beaucoup d’infos, c’est confus, elle mélange sa morale (sexuelle) avec la révolution de mai 68 et les viols d’enfants. J’espère qu’elle arrivera à se libérer l’esprit et sa vie de cette emprise qui à l’air de se perpétrer, elle appelle certains protagonistes par leurs prénoms :/

      Ce qui m’intéresse, c’est comment historiquement par qui et par quel biais s’est mis en place ce droit de violer des enfants et d’en faire la promotion publique.

    • @touti
      J’ai trouvé génant la manière rigolarde dont elle parle de tout cela et aussi qu’elle soit si dure avec Springora et l’adaptation du livre en film. Elle fait la promo de son livre et n’as pas besoin de dénigré le travail des autres. Le fait que la pédocriminalité suicite des émotions, est, il me semble assez comprehensible, que ca n’en provoque pas chez elle montre un souci de PTSD pas soigné plus qu’autre chose (enfin dans le meilleur des cas...). Je n’ai pas vu le film sur Le Consentement mais sans le livre de Springora, elle n’aurais jamais sorti le sien et Madzneff serait en thailand au frais du contribuable a violer des petits enfants.

      Sinon j’ai réalisé (enfin !) hier que Jack Lang était le président de l’institut du monde arabe .... ca me semble d’un tel cynisme, d’une telle cruauté d’avoir mis cet homme là à ce poste là ! Quel est le gros sac à merde qui a choisi Lang pour ce post ? Qui désigne la présidence de l’institut du monde arabe ?

      Edit :

      En 2013, le Président de la République François Hollande le nomme à la présidence de l’Institut du monde arabe.

      https://www.imarabe.org/fr/missions-fonctionnement/presidence
      Hollande ne peu pas ignoré quelle est la nature de la contribution de Lang au monde arabe....

    • Je n’ai vu que la bande annonce, et j’avoue ne pas y avoir trouver la représentation des personnages convaincante. La stratégie d’emprise est un jeu pervers et le prédateur pédocriminel sait très bien comment choisir ses proies sans se faire remarquer et manipuler l’entourage en sa faveur. Il est plus sûr vis-à-vis de la société (parents ou médias) de se faire passer pour un noble séducteur, un érudit ou un esthète plutôt que de dévoiler le piège immonde par son attitude.
      Mais peut-être cela s’explique par la majorité de la production cinématographique où la prise d’otage des émotions du spectateur l’oblige à ingérer comme normes des attitudes ou des personnages infects (mais beaux ou drôles) sans permettre de distinguer si une situation doit être considérée comme comique, divertissante ou ignoble. A preuve, le nombre de fois ou je me suis retrouvée interdite de voir la salle s’esclaffée de rire sur un viol ou son récit. On sait tout·es la portée de cette production sur nos modes de pensée et de vie, l’acceptation et l’habitude s’immisçant si facilement construisant ce qui est nommé culture du viol, l’invisible état d’un monde de pouvoirs ultras violents. Peut-être cela explique qu’il ait fallut forcer le trait et le casting de ce film pour indiquer au spectateur d’éprouver du dégoût.
      On peut considérer que Matzneff, introduit dans son cercle par Montherlant, était le porte parole des pratiques sexuelles criminelles de ces intellectuels et politiques haut placés dont l’exercice du pouvoir est sans fin et s’exerce en toute impunité.
      Donc bien sûr, Pierre Bergé en premier lieu, grand souteneur de Matzneff. Et tout ceux qui ont voulu l’imiter comme Frédéric Mitterand neveu de François, écrivant La Mauvaise Vie violeur d’enfants, soutien de Ben Ali jusqu’au bout et qui a continué à avoir des postes de responsabilité élevés.

      Cela pour faire écho à ce que tu écris sur Lang (toujours au premier rang des invités surtout quand Macron parle de langue française en péril)

    • Christian Giudicelli est mort en mai 2022
      https://actualitte.com/article/106059/auteurs/prix-renaudot-et-proche-de-matzneff-christian-giudicelli-est-mort
      https://www.lemonde.fr/disparitions/article/2022/05/16/l-ecrivain-christian-giudicelli-est-mort_6126360_3382.html

      Christian #Giudicelli, adepte des séjours aux Philippines avec M. Ami et éditeur de Matzneff chez Gallimard, juré du prix Renaudot depuis 1993.
      Matzneff et Giudicelli se désignent dans leurs livres sous les N° de leurs chambres à l’hôtel Tropicana à Manille aux Philippines : Matzneff 804 (Eight o four) et Giudicelli 811 (Eight one one).

    • 2013
      https://www.elmundo.es/elmundo/2013/08/04/espana/1375646351.html

      Los abusos sexuales contra niños en Marruecos ya eran un tema explosivo antes de conocerse este caso. La ONG ’Touche pas à mon enfant’ (’No toques a mi niño’) estima que 26.000 niños son violados al año en el reino hachemita, es decir 71 por día. Y una parte importante de estos delitos es responsabilidad de redes de pedófilos bien organizadas que se mueven en el ambiente de la jet set de Marrakech.

  • Caricatural, ultra-politisé : le grand n’importe quoi du nouveau #musée_d'Histoire de #Lyon

    Nous avons visité la nouvelle #exposition_permanente du #musée niché dans le vieux Lyon : un parcours déroutant, regorgeant de lacunes, défendant une vision de l’#histoire_engagée et surtout trompeuse.

    Le jour de notre visite, un dossier de presse le martèle, en #écriture_inclusive : le nouveau parcours du musée d’Histoire de Lyon, qui achevait samedi 2 décembre une réorganisation commencée en 2019, a été « co-construit », aussi bien avec des « expert.es » que des témoins et… « témouines », citoyens anonymes de Lyon. Une des conceptrices du musée le détaille : « On est allé en ville, on a posé des questions aux passants, à des jeunes qui faisaient du skate pour leur demander leur récit de la ville ». Un postulat de départ qui fait sourire autant qu’il inquiète et augure du sentiment qu’on éprouvera pendant toute la visite.

    Celle-ci tient par-dessus tout à s’éloigner de la si décriée approche chronologique. Une première salle « questionne » donc la ville, exposant pêle-mêle des objets touristiques ou sportifs récents (maillot de foot), sans enseignement apparent. Il faudra s’y faire : l’histoire n’est pas vraiment au centre du musée d’histoire. La fondation de la ville est évoquée au détour d’un panneau sur lequel un Lyonnais de l’Antiquité exhibe sa… Rolex. Une farce assumée par le musée, dont les guides nous préviennent que les anachronismes fleuriront tout au long des salles. On se mettrait à rire si le musée n’était pas destiné aux enfants aussi bien qu’aux adultes, avec la confusion que ces erreurs assumées entraîneront chez les premiers.
    L’homme blanc quasi absent de... l’industrie lyonnaise

    Les salles, justement, sont magnifiques dans cet hôtel de Gadagne, bâti au XVIe siècle. Mais l’architecture des lieux ne semble pas devoir nous intéresser : un tout petit cartel pour présenter une cheminée monumentale, puis plus rien. Les objets historiques sont rares et s’effacent au profit de montages photographiques et de récits (tous en écriture inclusive bien sûr) de quatre personnages fictifs censés raconter la ville : trois femmes nées à différents siècles, et Saïd, ouvrier devenu bénévole associatif. À l’étage suivant, une pirogue-vivier datée de 1540 trône quand même, dans une ambiance bleutée : c’est la partie consacrée au Rhône et à la Saône. Quelques (beaux) tableaux figurant des scènes de vie des deux fleuves sont exposés... à quelques centimètres du sol : cette seconde partie est dédiée aux enfants de cinq ans et l’on apprend que deux groupes de maternelle ont été consultés pour la concevoir. Des jeux ont été élaborés avec eux, « sans mauvaise réponse pour ne pas être moralisateurs » et parce que le musée est un avant tout un lieu d’amusement. Nous commençons à le croire.

    La suite de l’exposition permanente, qui aborde le sujet de l’industrie lyonnaise, prend toutefois un tour nettement plus désagréable, voire odieux. Voyons bien ce que nous voyons : une absence quasi totale de référence aux ouvriers masculins et blancs. Un métier à tisser inanimé constitue la seule preuve tangible de l’existence des canuts et une salopette vide accrochée au mur figure le prolétariat du XXe siècle. Une véritable provocation car les ouvrières sont elles bien mises en avant, et surtout les travailleurs immigrés. Le directeur, Xavier de La Selle, avait prévenu : « Le concept de Lyonnais de souche n’a aucun sens. » Un visiteur manquant de recul sortira de cette pièce convaincu que la ville n’a été construite que par le travail de femmes et de maghrébins. Le prisme social de l’histoire aurait pu présenter ici un réel intérêt : il est manipulé pour servir une vision politique qu’on ne peut qualifier autrement que de délirante.

    Et nous ne sommes pas au bout de ce délire : la dernière partie, celle qui vient d’être révélée au public, porte sur les « engagements » des Lyonnais. On entre ici dans un bric-à-brac stupéfiant, synthèse gauchiste assumée faisant de l’histoire politique de Lyon une sorte de grande convergence des luttes. Sur les murs et dans les vitrines, des nuages de mots à peu près tous synonymes de rébellion, des pancartes féministes, un haut-parleur, et même un objet sordide : un fait-tout utilisé par une avorteuse locale, célèbre semble-t-il, qui y stérilisait ses ustensiles médicaux mais y cuisait aussi ses pâtes. Le père Delorme, prêtre connu pour avoir organisé en 1983 une grande marche contre le racisme, est abondamment glorifié. Rappelons qu’en matière de religion, le musée ne nous a toujours pas expliqué pourquoi et quand fut construite la basilique de Fourvière ! L’autre référence au catholicisme dans la ville est celle du Sac de Lyon par les calvinistes, une œuvre de bois peint de 1565 décrivant des scènes de pillage, un bûcher d’objets liturgiques, des moines chassés. Son intérêt historique est toutefois anéanti par le commentaire de notre guide, qui n’y voit « pas du tout une scène violente ».

    Désacralisation du savoir

    À ce stade, le musée d’Histoire de Lyon réussit son pari : il n’est plus qu’un divertissement. On aborde une salle qui couvre à rebours la crise algérienne, la Seconde Guerre mondiale et enfin la Révolution. Cette dernière ne fait l’objet que d’un panneau succinct. Le musée est-il ennuyé de devoir évoquer plus en détail les tendances contre-révolutionnaires de Lyon ? À propos de Joseph Chalier, qui avait mis en place une dictature sanguinaire dans la ville avant d’être renversé par le peuple en 1793, un commentaire : « Certains l’ont considéré comme un martyr de la liberté. » L’homme avait commandé la première guillotine à Lyon et préconisait de l’installer sur le pont Morand afin que « les têtes tombent directement dans le Rhône »... Le principal historien consulté sur cette époque, Paul Chopelin, est entre autres fonctions président de la Société des études robespierristes. Enfin, une galerie des grandes figures de l’histoire lyonnaise conclut ce drôle de parcours. Miracle : il s’y trouve presque autant de femmes que d’hommes. Quitte à ce que la première conseillère municipale féminine y tienne la même place qu’Édouard Herriot, maire pendant près d’un demi-siècle. Pas de portrait de Raymond Barre en revanche, mais une lettre anonyme fièrement disposée, le qualifiant de « peu regretté [maire], qui de toute sa carrière s’est bien peu occupé du sort de ceux que son système économique met de côté ».

    Tirons un bilan positif : il n’est pas donné à tout amateur d’histoire d’expérimenter une telle distorsion, une telle désacralisation du savoir. Aux inventions « pédagogiques » en vogue, pour certaines réussies mais souvent inutiles, le musée d’histoire de Lyon ajoute un militantisme qui laisse pantois, et ignore des pans entiers de l’histoire lyonnaise, ne faisant qu’effleurer le reste. L’équipe du musée est certes enthousiaste, convaincue de bien faire, mais s’est méprise sur la notion d’engagement. Plus qu’une déception, pour une structure qui emploie 50 personnes (et exploite aussi un musée de la marionnette et de guignol, peut-être moins amusant) avec un budget annuel d’environ 3 millions d’euros. Son projet scientifique et culturel, validé par l’État, bénéficie du plein soutien de l’actuelle mairie : le maire Grégory Doucet (EELV) se dit ainsi « admiratif du travail colossal » des équipes du musée d’une ville « profondément humaine, tissée par les lumières du monde ». Un tissu, oui, mais pas vraiment de lumière.

    https://www.lefigaro.fr/histoire/mensonger-ultra-politise-le-grand-n-importe-quoi-du-nouveau-musee-d-histoir

    Mots-clé tirés de l’article et de la vidéo :
    #wokisme #woke #révolution_culturelle_woke #intersectionnalité #affaire_de_Grenoble #militantisme #militants_extrémistes #ségrégationnisme #séparatisme #pride_radicale #non-mixité #genre #panique_morale #anti-wokisme #universalisme #universités #culture #films #imaginaire #civilisation_occidentale #industrie_lyonnaise #woke-washing #engagement #père_Delorme #1983 #Marche_pour_l'égalité_et_contre_le_racisme #planning_familial #catholicisme #racisme_systémique #Sac_de_Lyon #divertissement #Joseph_Chalier #histoire #Paul_Chopelin #militantisme

    Les invité·es :

    1. #Nora_Bussigny, autrice de ce #livre :
    Les Nouveaux Inquisiteurs


    https://www.albin-michel.fr/les-nouveaux-inquisiteurs-9782226476951

    2. #Pierre_Valentin, auteur de ce livre :
    L’#idéologie_woke. Anatomie du wokisme


    https://www.fondapol.org/etude/lideologie-woke-1-anatomie-du-wokisme

    3. #Samuel_Fitoussi :
    https://www.wikiberal.org/wiki/Samuel_Fitoussi
    (et je découvre au même temps « wikilibéral »)
    –-> qui parle notamment du film #Barbie (min 18’30)

    https://www.fondapol.org/etude/lideologie-woke-1-anatomie-du-wokisme

  • Surprise ! (écrasante) victoire du « oui » (des « oui », il y avait cinq questions) au référendum vénézuélien sur la #Guayana_Esequiba
    https://www.courrierinternational.com/article/referendum-avec-sa-promesse-d-annexion-de-l-essequibo-le-vene

    Les autorités vénézuéliennes assurent que plus de 10 millions d’électeurs ont participé, dimanche 3 décembre, au référendum organisé pour préparer la création d’un nouveau département vénézuélien appelé “Guayana Esequiba”. Le résultat du vote, qui a vu le oui l’emporter officiellement à 95,93 %, risque d’accroître les tensions avec le Guyana voisin.

    “Ce fut une victoire écrasante du oui !” C’est plein d’émotion que le président du Conseil national électoral (CNE) vénézuélien, Elvis Amoroso, a annoncé, dimanche 3 décembre, le résultat du référendum qui proposait d’annexer la région de l’#Essequibo du Guyana voisin, qui est au cœur d’une dispute historique entre les deux pays, rapporte le média progouvernemental Telesur.
    D’après les chiffres officiels, 95,93 % des plus de 10 millions de votants − 20,7 millions étaient appelés aux urnes − se seraient prononcés pour la création d’un nouveau département vénézuélien appelé “Guayana Esequiba” et pour l’octroi de la nationalité vénézuélienne à ses habitants.

    Apparemment, on ne trouve pas clairement le taux d’abstention (ou de participation), certains médias allant même jusqu’à suggérer que le chiffre de 10 millions serait le total des « oui », à diviser par 5, donc… Les témoignages locaux insistent sur les bureaux de vote vides.

    #Esequibo

  • « Ma médaille d’argent du CNRS m’inspire aujourd’hui du dégoût »
    https://www.lemonde.fr/sciences/article/2023/12/04/ma-medaille-d-argent-du-cnrs-m-inspire-aujourd-hui-du-degout_6203861_1650684

    Dans leurs pétitions, les chercheurs ne demandent pas d’augmentation de salaire, ils ne demandent pas plus de moyens, non, ils demandent simplement qu’on les laisse faire leur travail sereinement, et de disposer efficacement de leurs crédits très souvent gérés par le CNRS, même s’ils proviennent d’autres sources !

    Depuis cet été, un trio de logiciels, acheté à une entreprise privée, a été mis en place pour gérer de A (l’ordre de mission) à Z (la remise des états de frais) les déplacements financés par le CNRS. Le résultat est un calvaire indescriptible pour les missionnaires et les gestionnaires. Les missionnaires doivent faire le travail des gestionnaires (générer la liste des frais dans le système et rentrer tous les justificatifs). La difficulté est telle que nombre d’entre eux renoncent à partir en mission ou à se faire rembourser une mission faite. Les gestionnaires, loin d’avoir des tâches en moins, sont débordés par une multitude de validations et d’opérations bloquées, dont le débogage prend un temps fou. Le stress est généralisé.

    Viscosité du système
    Cette catastrophe administrative n’est qu’une (très grosse) goutte d’eau qui fait déborder le vase des entraves au travail de recherche. La gestion au CNRS est envahie par un juridisme qui rend tout acte de plus en plus pesant chaque année. La moindre action hors du laboratoire ou avec des tierces personnes déclenche une avalanche de signatures de convention et d’arguties juridiques, par exemple sur la propriété intellectuelle. La viscosité du système est telle que les chercheurs en viennent à renoncer à des contrats ou que des projets n’aboutissent pas pour des raisons de délai d’engagement de crédits, par exemple. Ingénieurs et techniciens aussi sont touchés par l’inflation administrative, et sont plus souvent à remplir des formulaires qu’à faire le travail scientifique pour lequel ils ont été embauchés.

    #CNRS #bureaucratisation

    • voilà ce que déclarait en 2008 Pécresse, ministre de l’#ESR

      La deuxième orientation, c’est une simplification résolue des contraintes de gestion des unités mixtes afin de rendre du temps de recherche aux chercheurs, car à l’heure actuelle, leur complexité (circuits administratifs et financiers, gestion des personnels, procédures d’évaluation, valorisation des résultats des travaux de recherche...) engendre une surcharge de travail pour les personnels et responsables de laboratoires. Il est souhaitable de limiter à deux les tutelles scientifiques (l’une nationale, l’autre locale) qui s’exercent sur les unités mixtes de recherche, sachant qu’aujourd’hui, près de 50 % des 1 300 UMR sont soumises à plus de deux tutelles, et 20 % en ont plus de quatre. La généralisation d’un mandat de gestion unique pour l’université ou l’organisme qui héberge l’unité simplifiera les circuits de financement et permettra un octroi plus rationnel des moyens. Le rapport recommande également d’aligner les procédures d’achat et toutes les règles financières, fiscales et comptables des laboratoires sur le régime le plus simple et le plus efficace. En matière d’achats publics, un alignement sur les règles du CNRS qui prévoient une délégation de la signature aux directeurs d’unité est préconisé. Enfin, pour alléger le travail des personnels et éviter des doubles saisies, nous devrons mettre en cohérence les systèmes d’information et développer leur interopérabilité.

      https://www.vie-publique.fr/discours/171598-interview-de-mme-valerie-pecresse-ministre-de-lenseignement-supe
      Quant à Sarkozy, il comparait le CNRS à l’Académie des Sciences de l’Union soviétique. L’action pionnière de Sarkozy, Pécresse jusqu’à Macron et ses sbires ont abouti exactement à ça. Bravo à toutes et tous !

    • Un de ces fameux #logiciels pour gérer les #missions (notamment), s’appelle #Notilus (https://academia.hypotheses.org/54107), CHAUCHEMARDESQUE !!!

      Les autres : #Goelett et #Etamine

      Pour info, ce n’est que grâce à l’action conjointe de toustes les directeurices de labo qu’il a été possible de bloquer les frais de gestion de dossier de mission établi (2 EUR par mission, de l’#argent_public donc !) qui étaient facturés par l’entreprise qui a gagné le #marché_public pour CHAQUE mission.

      Pour info, pour réserver des hôtels et des transports il faut passer par l’entreprise qui a gagné le marché public. Pour nous, il s’agit en ce moment de #FCM_Travel... A noter que c’est systématiquement BEAUCOUP plus cher de passer par cette #agence_de_voyage que si on réserverait par nos propres soins.
      Une collègue m’a dit avoir réservé une chambre d’hôtel (pourrie) en France pour le prix de 200 EUR en passant par FCM Travel alors que la réservation via des plateformes proposait, pour la même nuit, quelque chose comme 120 EUR... juste pour vous donner une petite idée...

      Autre chose intéressante, j’ai dû acheter un billet Grenoble-Marseille. J’ai cherché les options sur FCM travel, et la plateforme ne m’offrait aucune solution... j’ai appelé l’opérateur qui m’a dit qu’il fallait que je réserve 2 secteurs séparément : Grenoble-Valence et puis Valence-Marseille (pratique !!!). C’était quelque jours avant qu’on ait l’info des 2 EUR de frais de gestion, et je me dis que ce n’est probablement pas pour rien... en divisant le voyage en 2 secteurs, probablement quelqu’un empoche 2x2EUR... (donc 8 EUR en tout pour l’aller-retour).

      #université #bureaucratie #recherche #ESR #France #dégoût #bureaucratisation #Pierre_Rochette #Pécresse #Valérie_Pécresse

    • Le SNCS-FSU demande l’abandon du système Etamine, Notilus et Goelett

      Communiqué du SNCS-FSU du 23 novembre 2023

      Les personnels des laboratoires et des délégations du CNRS expérimentent le dysfonctionnement et la complexité des outils numériques Etamine, Notilus et Goelett depuis plus de quatre mois. Le SNCS-FSU dénonçait dès le 14 septembre 2023 le calvaire que ce trio de logiciels fait subir à tous les personnels du CNRS. Depuis, la direction du CNRS a indiqué que les principaux dysfonctionnements auraient été résolus. Cependant, tous les personnels constatent que des dysfonctionnements persistent. Mais le plus inquiétant est certainement la complexité de l’ensemble Etamine, Notilus et Goelett. Même après des mois de familiarisation avec ces outils à travers un nombre significatif de missions, il apparaît que la complexité globale de ce système est trop importante et que son utilisation ne sera jamais assez simple pour les agents souhaitant partir en mission. Le SNCS-FSU considère que c’est la conception même du système qui est à revoir.

      Le SNCS-FSU demande que le système Etamine, Notilus et Goelett soit abandonné et remplacé par un autre système plus simple, qui fonctionne et qui donne satisfaction. Ce système engendre aujourd’hui une dégradation des conditions de travail de tous les personnels des laboratoires et des délégations du CNRS, et il est évident que cela continuera.

      Pour les agent·e·s souhaitant partir en mission, le constat est indiscutable : l’utilisation de ces logiciels est et restera une perte de temps significative par rapport à la situation antérieure, même dans les rares cas où ces missionnaires se seront parfaitement familiarisé·e·s avec ces outils. D’autant plus qu’il est évident que très peu d’agent·e·s pourront se familiariser avec ce système, même en partant souvent en mission, tant il est complexe et rigide.

      Si le travail des agent·e·s des services de gestion pourrait, à terme, bénéficier de la dématérialisation et du report de certaines tâches vers les missionnaires, elles et ils seront beaucoup plus sollicité·e·s dans l’accompagnement de ces missionnaires. Les agents des services de gestion devront, en effet, répondre à leurs innombrables questions, incompréhensions, agacements, exaspérations, frustrations, désespoirs… L’impossibilité pour les agent·e·s des services de gestion de répondre de façon satisfaisante aux attentes de celles et ceux partant en mission est une cause importante de la dégradation des conditions de travail.

      Le SNCS-FSU estime que le système Etamine, Notilus et Goelett constitue un véritable recul. Le SNCS-FSU considère que la meilleure solution est de l’abandonner et de le remplacer par un système qui simplifie les démarches pour tous les personnels et qui libère du temps pour la recherche.

      Le SNCS-FSU appelle à signer et à faire signer massivement la pétition « CNRS : nouveau système de gestion des missions, on n’en peut plus ! » pour sortir de ce système insupportable et mettre fin à ce calvaire.

      Le SNCS-FSU apporte tout son soutien à tou·te·s les agent·e·s confronté·e·s à ces difficultés et à ce système absurde.

      https://academia.hypotheses.org/54107

    • C’est toujours intéressant d’appréhender le réseau qu’il y a derrière.

      Depuis cet été, un trio de logiciels, acheté à une entreprise privée, a été mis en place pour gérer de A (l’ordre de mission) à Z (la remise des états de frais) les déplacements financés par le CNRS.

      L’entreprise en question fcmtravel avait signé en 2021 pour 3 ans… ça a été reconduit ?
      Le groupement FCM, RYDOO et NOTILUS remporte l’appel d’offres lancé par le CNRS et l’AMUE.
      https://www.fcmtravel.com/fr-fr/resources/news-hub/le-groupement-fcm-rydoo-et-notilus-remporte-lappel-doffres-lance-par-le-c

      La mise en place d’une nouvelle plateforme devait permettre la dématérialisation de bout en bout des processus de la demande de voyage, représentant 97 millions d’euros de dépenses annuelles. Pour accompagner leurs 200 000 utilisateurs potentiels, le CNRS et l’AMUE ont donc fait le choix d’une nouvelle solution ambitieuse avec le groupement Rydoo (portail de réservation et base hôtelière), FCM (agence de voyages d’affaires) et Notilus (solution de gestion des ordres de missions et états de frais).

      Une de leur réalisation commune est l’UGAP, centrale d’achat public. (L’Union des groupements d’achats publics est une centrale d’achat publique française, placée sous la double tutelle du ministre chargé du Budget et du ministre chargé de l’Éducation nationale.)

      Notilus, une des pièces du puzzle à reconstituer …
      Notilus Filiale du Groupe DIMO Software. DIMO est issu de Cerg Finance qui en 1998 rachète XRT https://www.lesechos.fr/1998/09/cerg-finance-acquiert-le-numero-un-americain-des-logiciels-de-cash-manageme #cash-management