• RTS : L’inquiétude de la population qui vit sur le tracé du futur collisionneur du CERN

    À Genève et en France voisine, le projet gigantesque du nouvel accélérateur de particules du CERN, prévu pour 2045, fait débat. Actuellement à l’étude, son impact environnemental suscite déjà des craintes auprès de la population.

    La petite commune française de Charvonnex, située à 35 kilomètres au sud de Genève, est un lieu encore préservé : une route et, tout autour, des forêts et des champs.


    Ce tableau champêtre n’existera bientôt plus. La commune se situe en effet sur le tracé du futur collisionneur circulaire du CERN (FCC). C’est à cet endroit précis que prendra place l’un des huit sites de surface du FCC, d’une superficie de cinq hectares. Le tunnel, lui, sera creusé à 200 mètres de profondeur et mesurera 91 kilomètres.

    Une aberration écologique
    « C’est un territoire qui est déjà saturé par les travaux, la bétonnisation. On sent que les habitants en ont déjà marre, j’ai peur que le projet du CERN par dessus provoque une rébellion », peste Benjamin Joyeux, originaire de la commune de Fillinges, en Haute-Savoie.

    Alors qu’on demande aux habitants de faire un effort pour baisser leurs émissions de gaz à effet de serre, le projet du CERN vient ajouter des tonnes et des tonnes d’émissions de CO2
    Benjamin Joyeux, conseiller régional Auvergne-Rhône-Alpes 

    Le conseiller régional Auvergne-Rhône-Alpes craint les répercussions locales du projet, mais pas seulement. Membre du parti Les Écologistes, il estime que la consommation d’énergie et les émissions de CO2 qui découlent du futur FCC sont une aberration : « Alors qu’on demande aux habitants de faire un effort pour baisser leurs émissions de gaz à effet de serre, le projet du CERN vient ajouter des tonnes et des tonnes d’émissions de CO2. »

    Un projet à plusieurs tonnes de CO2
    La suite : https://www.rts.ch/info/regions/geneve/2024/article/l-inquietude-de-la-population-qui-vit-sur-le-trace-du-futur-collisionneur-du-cer

    #béton #cern #scientifiques #co2 #artificialisation des #sols #destruction #atomes #suisse #recherche

  • Comment préparer sa retraite
    http://carfree.fr/index.php/2024/04/22/comment-preparer-sa-retraite

    On ne va pas se mentir, il va falloir travailler de plus en plus longtemps et au bout de la route, si vous êtes encore vivant à 64, 65 ou Lire la suite...

    #Alternatives_à_la_voiture #Fin_de_l'automobile #Vélo #Vie_sans_voiture #2000 #économie #humour #politique #sans_voiture #société #Solutions #travail #Vivre_sans_voiture

  • The pact kills : l’istituzionalizzazione della fine del diritto d’asilo nell’UE

    Un documento dell’Associazione #Open_Your_Borders di Padova sul nuovo patto europeo sulla migrazione e l’asilo.

    Il 10 aprile il Parlamento europeo ha approvato il Nuovo Patto sulla Migrazione e l’Asilo, frutto di un lungo negoziato cominciato nel 2020 tra Parlamento, Consiglio e Commissione.

    Prima di entrare in vigore, dovrà essere votato anche dal Consiglio dell’UE, l’organo in cui risiedono i rappresentanti dei governi dei 27 stati membri, la cui votazione è attesa entro la fine di aprile.

    In sintesi, questo Nuovo Patto prevede una serie di riforme del sistema di gestione dei flussi migratori e della richiesta di protezione internazionale nel territorio dell’Unione Europea e, in particolare, raccoglie al suo interno dieci proposte di legge che vanno brutalmente a rafforzare l’approccio securitario della ormai consolidata “fortezza Europa”, costituita dalle 27 nazioni, sulle 43 + 7 dell’Europa geografica.

    È evidente che i tempi e i contenuti di questa mossa hanno chiare motivazioni elettoralistiche in vista delle elezioni Europee, con il riposizionamento dei vari partiti nazionali in funzione sia della propria affermazione locale che della futura riaggregazione in probabili inedite coalizioni. Infatti “il Patto” è stato approvato trasversalmente con 301 voti favorevoli, 269 contrari e 51 astensioni.

    La coalizione di centrodestra governativa guidata da Giorgia Meloni è risultata non omogenea, con lo spostamento di Fratelli d’Italia (attualmente all’opposizione in Europa) a favore e con la Lega che ha confermato il proprio voto contrario, probabilmente perché considera la linea adottata troppo moderata e poco sovranista.

    Con motivazioni opposte, si sono schierati contrari anche il PD (che è organico dell’attuale maggioranza in UE) e il Movimento 5 stelle.

    Si rincorrono i toni trionfalistici per la “decisione storica” presa, dipinta come “un enorme risultato per l’Europa”, “un solido quadro legislativo su come affrontare la migrazione e l’asilo nell’Unione europea” e per una fantomatica e propagandistica “vittoria italiana” sottolineata da Meloni, nonostante il tanto criticato Regolamento di Dublino (per cui è il paese di primo ingresso l’unico responsabile di esaminare le richieste di protezione internazionale e di gestire e trattenere al suo interno le persone migranti) sia stato di fatto rafforzato.

    Noi, in questa giornata buia per il diritto d’asilo europeo e per la libertà di movimento internazionale, vediamo solo un consolidamento di pratiche di violazione dei diritti umani, che sono già attuate e condivise da parecchio tempo, sia alle frontiere che nei territori degli Stati dell’Unione Europea, in vista di quello che si prospetta come un inasprimento e allargamento del conflitto mediorientale e di una sempre maggiore instabilità di tutta l’area del Sahel (testimoniato da 7 colpi di Stato in pochi anni e dalla guerra solo apparentemente interna in Sudan che continua nell’indifferenza generale) dove si stanno giocando gli interessi egemonici in Africa dei due blocchi politici ed economici contrapposti, con Stati Uniti e Francia su tutti da un lato, e paesi Brics (Russia, Cina, India, ecc.) dall’altro.

    Con l’Unione Europa dal peso politico inconsistente tra le due parti e i suoi Stati membri che si percepiscono (erroneamente) come meta di approdo per tutti i movimenti di fuga delle popolazioni, i confini esterni dell’Unione diventano in primis la rappresentazione materiale da blindare assolutamente a scopo preventivo.

    Di seguito, analizziamo nello specifico le nuove norme per noi più critiche e problematiche.
    1) Procedure accelerate e sommarie per la richiesta di protezione internazionale

    Il Nuovo Patto divide in maniera importante i percorsi di richiesta di protezione internazionale, con l’applicazione di una procedura accelerata e generalizzata basata soprattutto sulla provenienza geografica legata alla classificazione dei cosiddetti “Stati sicuri” e non sulla storia individuale delle persone.

    Il testo prevede che tali procedure accelerate – che dovrebbero durare al massimo 12 settimane – siano svoltedirettamente nelle zone di frontiera, con il trattenimento di migliaia di persone in centri di detenzione posizionati ai confini degli Stati dell’Unione Europea.

    Lo svolgimento dell’esame approssimativo delle richieste sulla base della nazionalità porterà quindi ad un aumento generalizzato delle espulsioni, limitando la possibilità di richiesta di asilo, in violazione del principio internazionale del non respingimento, ma anche, ad esempio, al diritto alle cure mediche e al ricongiungimento familiare.

    Il criterio basato sullo Stato di provenienza è già stato eccezionalmente usato per velocizzare l’ingresso e l’integrazione diffusa delle persone rifugiate ucraine – però limitato a donne, bambin* e anzian*. Tale applicazione, causata dal conflitto Russia-Ucraina, che evidentemente ci tocca da vicino sia per posizione geografica che etnica, ha però contestualmente escluso l’evacuazione di tutti gli altri “non bianchi” presenti in quel territorio per motivi di lavoro, di studio o in transito migratorio. Anche per questo motivo, utilizzare solamente il criterio di provenienza geografica di origine senza considerare le specificità delle persone nelle procedure accelerate è funzionale alla negazione dell’asilo, in quanto arbitraria e strumentale da parte degli Stati.
    2) Un nuovo regolamento di screening (ovvero l’esercizio della bio-politica)

    Le persone richiedenti asilo non possono scegliere se seguire una procedura tradizionale (che richiede molti mesi) o accelerata, ma vengono divisi e indirizzati in base al loro profilo, stilato attraverso un nuovo e uniforme regolamento di screening obbligatorio inserito nell’Eurodac, creando così una enorme banca dati comune: questa “procedura di frontiera” preliminare, da farsi entro 7 giorni dall’arrivo, comprende identificazione, raccolta dei dati biometrici, controlli sanitari e di sicurezza, controllo di eventuali trasferimenti e precedenti, il tutto a partire dai 6 anni di età. Questa procedura sarà adottata principalmente per le persone richiedenti asilo che per qualche motivo vengono considerati un “pericolo” per i paesi dell’Unione, per coloro che provengono dai paesi considerati “sicuri” e per chi proviene da paesi che, anche per altri motivi, hanno un tasso molto basso (sotto il 20 per cento) di domande d’asilo accolte.
    3) Introduzione del concetto di “finzione del non ingresso”

    Il patto introduce il concetto di “finzione giuridica di non ingresso”, secondo il quale le zone di frontiera sono considerate come non parte del territorio degli Stati membri. Questo interessa in particolare l’Italia, la Grecia e la Spagna per gli sbarchi della rotta mediterranea, mentre sono più articolati “i confini” per la rotta balcanica. Durante le 12 settimane di attesa per l’esito della richiesta di asilo, le persone sono considerate legalmente “non presenti nel territorio dell’UE”, nonostante esse fisicamente lo siano (in centri di detenzione ai confini), non avranno un patrocinio legale gratuito per la pratica amministrativa e tempi brevissimi per il ricorso in caso di un primo diniego (e in quel caso rischiano anche di essere espulse durante l’attesa della decisione che li riguarda). In assenza di accordi con i paesi di origine (come nella maggioranza dei casi), le espulsioni avverranno verso i paesi di partenza.

    Tale concetto creadelle pericolose “zone grigie” in cui le persone in movimento, trattenute per la procedura accelerata di frontiera, non potranno muoversi sul territorio né tantomeno accedere a un supporto esterno. Tutto questo in spregio del diritto internazionale e della tutela della persona che, sulla carta, l’UE si propone(va) di difendere.
    4) L’istituzione di un meccanismo di “solidarietà obbligatoria” e l’esternalizzazione dei confini

    All’interno di una narrazione in cui le persone in movimento sono un onere da cui gli Stati Europei cercano di sottrarsi, viene istituito un meccanismo di “accettazione obbligatoria” di ricollocamento e trasferimento delle persone migranti, ma solo in caso di non precisate impennate di arrivi. Gli Stati potranno però scegliere se “accettare” un certo numero di migranti o, in alternativa all’accoglienza, fornire supporto operativo al paese d’arrivo, inviando del personale o mezzi, oppure pagare una quota di 20mila euro per ogni richiedente che si rifiutano di accogliere, da versare in un fondo comune dell’Unione Europea.

    I soldi versati in questo fondo comune, oltre a poter essere redistribuiti tra i paesi di frontiera (come l’Italia), potranno essere utilizzati per sostenere e finanziare «azioni nei paesi terzi o in relazione ad essi che hanno un impatto diretto sui flussi migratori verso l’UE» ossia paesi, come Libia e Tunisia da cui le persone migranti partono per raggiungere l’Europa.

    Un meccanismo disumanizzante e che trasforma le persone e le garanzie dei diritti umani in merci barattabili con un compenso economico destinabile a rafforzare i confini ancora più esternamente.

    Un ulteriore sviluppo è dato dalla delocalizzazione della zona di frontiera, attraverso la creazione di hotspot al di fuori dei confini nazionali, come nel caso dei futuri centri italiani in Albania.

    L’adozione di questo Nuovo Patto – non ancora definitivo, si ricorda – dimostra come i valori di accoglienza e “integrazione” e il diritto alla libertà di movimento, previsto dall’art. 12 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, vengano sgretolati di fronte ad una sempre più marcata diffidenza, chiusura e difesa della sovranità nazionale.

    Con la recrudescenza dei nazionalismi negli Stati Europei e la loro incapacità di agire con una lungimiranza alternativa e una visione decolonializzata nello scacchiere geopolitico, la tutela degli individui e della dignità umana viene “semplicemente” sostituita da inquietanti concetti privi di senso legati alla purezza della nazione e dell’etnia e alla difesa, in modalità securitaria e repressiva, della patria e della tradizione, che si traducono in istituzionalizzazione e normalizzazione dell’agire violento ai confini della UE e in una crescente esternalizzazione della frontiera attraverso il respingimento delle persone razzializzate nell’ultimo Paese di partenza, con l’intento dichiarato di voler scoraggiare la mobilità verso l’Europa.

    https://www.meltingpot.org/2024/04/the-pact-kills-listituzionalizzazione-della-fine-del-diritto-dasilo-nell
    #pacte #asile #migrations #réfugiés #droit_d'asile #procédure_accélérée #pays_sûrs #rétention #frontières #rétention_aux_frontières #screening #Eurodac #procédure_de_frontière #biométrie #fiction_juridique #zones_frontalières #solidarité_obligatoire #externalisation #relocalisation #fiction_légale #legal_fiction

    –-

    ajouté à la métaliste sur #Pacte_européen_sur_la_migration_et_l’asile :
    https://seenthis.net/messages/1019088

    ajouté à la métaliste autour de la Création de zones frontalières (au lieu de lignes de frontière) en vue de refoulements :
    https://seenthis.net/messages/795053

  • Un soldat franco-israélien visé par une première plainte pour « actes de torture » à l’encontre de Palestiniens
    Par Stéphanie Maupas (La Haye, correspondance) et Madjid Zerrouky
    Publié la 16 avril 2024 à 11h00, modifié à 17h31
    https://www.lemonde.fr/international/article/2024/04/16/un-soldat-franco-israelien-vise-par-une-premiere-plainte-pour-actes-de-tortu

    Après la diffusion d’une vidéo diffusée à la fin de février par un proche du soldat sur les réseaux sociaux qui mettait en scène des prisonniers palestiniens violentés, trois associations ont porté plainte devant la justice française.

    Une plainte pour torture visant Y. O., un soldat franco-israélien, a été adressée mardi 16 avril au procureur général de Paris. L’homme est « actuellement au service de l’armée israélienne », énonce la plainte « contre X » déposée par Gilles Devers, avocat au barreau de Lyon, au nom de trois associations : l’Association des Palestiniens de France -Al Jaliya, Justice et droits sans frontières (JDSF) et le Mouvement du 30 mars, basé à Bruxelles. Les plaignants reprochent à Y. O. d’avoir commis un crime de guerre par « actes de torture » dans le contexte d’une « attaque militaire génocidaire ».

    Fin février, dans une vidéo de cinquante-huit secondes réalisée par le militaire et diffusée sur la messagerie Telegram, on peut voir un prisonnier dans une combinaison blanche, les yeux bandés et les poignets attachés dans le dos. Il essaie de descendre d’un camion. Le soldat de l’armée israélienne commente la scène qu’il filme lui-même : « Tu as vu ces enculés, mon neveu, ces fils de putain. Allez descends, fils de pute… sur les pierres… Là, enculé de ta mère… » Le prisonnier descend du camion. « Tu as vu ce fils de putain. Là, regarde, il s’est pissé dessus. Regarde, je vais te montrer son dos, tu vas rigoler, regarde ! » Le prisonnier est maintenant dos à la caméra. « Ils l’ont torturé pour le faire parler. Tu as vu son dos. »

    Dans la séquence suivante, des détenus sont assis par terre. « Ah, fils de putain, continue l’auteur de la vidéo. Fermez vos gueules, bande de salopes. Ah, vous étiez contents le 7 octobre, bande de fils de putes. » Selon la plainte, les prisonniers sont transférés vers une prison israélienne qualifiée de « secrète ». Dans une troisième séquence, on les voit dans un autobus. « Ils sont soumis à cette torture bien connue de l’armée israélienne, écrivent les avocats dans leur plainte, [qui leur impose] des heures durant une musique obsessionnelle. »

    « Supériorité, mépris, provocation »

    Selon les plaignants, après un interrogatoire initial, les prisonniers seraient alors « triés ». Certains sont relâchés, d’autres conduits en Israël, et « placés au secret, dans des conditions de détention inhumaines, puis jugés pour des incriminations liées au “terrorisme” par des tribunaux militaires ignorant tout droit de la défense ». L’Etat hébreu les considère comme des « combattants illégaux » et leur refuse la protection prévue par la 3e convention de Genève.

    L’avocat des plaignants estime que Y. O. « porte au plus haut l’humiliation en passant parmi les Palestiniens menacés et prostrés sur le sol avec une attitude odieuse faite de supériorité, de mépris, de provocation ». Selon la plainte, il a fait « le choix vicieux de filmer ce jeune Palestinien, sachant que le simple fait de filmer un prisonnier, surtout dans cette précarité, est une atteinte illégale à sa dignité ».
    (...) abonnés

    #soldat_franco-israélien

  • Soutien aux 17 personnes arrêtées par la police anti-terroriste suite à la campagne nationale d’actions contre le monde du béton

    Ce lundi 8 avril, 17 personnes ont été arrêtées en Normandie et Ile de France dans une opération menée par la Sous-Direction-Anti-Terroriste. Une partie d’entre elles a été emmenée dans les locaux de Levallois-Perret et pourrait y rester 96 heures.

    Ces arrestations font suite à la campagne d’actions contre Lafarge et le monde du béton initiée par plus de 200 organisations écologistes, syndicales, luttes locales contre l’artificialisation des terres et comités locaux des Soulèvements de la terre (appel et listes des signataires) Cette campagne avait mobilisé des milliers de personnes et abouti du 9 au 12 décembre 2023 à une cinquantaine d’actions simultanées. Des occupations, blocages, happenings, rassemblements, désarmements sur des dizaines de sites Lafarge et autres centrales à béton sont survenus majoritairement en France mais aussi en Suisse, en Belgique ou en Allemagne. Un soutien fort avait été marqué à cette occasion aux personnes mises en cause, elles aussi par l’anti-terrorisme, dans le désarmement de l’usine Lafarge Bouc-Bel-Air près de Marseille.

    https://entreleslignesentrelesmots.wordpress.com/2024/04/11/soutien-aux-17-personnes-arretees-par-la-polic

    #france #solidarité

  • The hard lessons of Harvard’s failed geoengineering experiment | MIT Technology Review
    https://www.technologyreview.com/2024/04/04/1090626/the-hard-lessons-of-harvards-failed-geoengineering-experiment/?truid=a497ecb44646822921c70e7e051f7f1a

    In late March of 2017, at a small summit in Washington, DC, two Harvard professors, David Keith and Frank Keutsch, laid out plans to conduct what would have been the first solar geoengineering experiment in the stratosphere.

    Instead, it became the focal point of a fierce public debate over whether it’s okay to research such a controversial topic at all.

    The basic concept behind solar geoengineering is that by spraying certain particles high above the planet, humans could reflect some amount of sunlight back into space as a means of counteracting climate change.

    The Harvard researchers hoped to launch a high-altitude balloon, tethered to a gondola equipped with propellers and sensors, from a site in Tucson, Arizona, as early as the following year. After initial equipment tests, the plan was to use the aircraft to spray a few kilograms of material about 20 kilometers (12.4 miles) above Earth and then fly back through the plume to measure how reflective the particles were, how readily they dispersed, and other variables.

    But the initial launch didn’t happen the following year, nor the next, the next, or the next—not in Tucson, nor at a subsequently announced site in Sweden. Complications with balloon vendors, the onset of the covid pandemic, and challenges in finalizing decisions between the team, its advisory committee, and other parties at Harvard kept delaying the project—and then fervent critiques from environmental groups, a Northern European Indigenous organization, and other opponents finally scuttled the team’s plans.

    Critics, including some climate scientists, have argued that an intervention that could tweak the entire planet’s climate system is too dangerous to study in the real world, because it’s too dangerous to ever use. They fear that deploying such a powerful tool would inevitably cause unpredictable and dangerous side effects, and that the world’s countries could never work together to use it in a safe, equitable, and responsible way.

    These opponents believe that even discussing and researching the possibility of such climate interventions eases pressures to rapidly cut greenhouse-gas emissions and increases the likelihood that a rogue actor or solitary nation will one day begin spraying materials into the stratosphere without any broader consensus. Unilateral use of the tool, with its potentially calamitous consequences for some regions, could set nations on a collision course toward violent conflicts.

    Indeed, there are numerous indicators of growing interest in researching this field and providing funding for it. As noted, the US government is developing a research program. The Environmental Defense Fund is considering supporting scientists in the area and recently held a meeting to discuss guardrails that should govern such work. And a number of major philanthropies that haven’t supported the field in the past are in advanced discussions to provide funding to research groups, sources tell MIT Technology Review.

    Meanwhile, under Keith, the University of Chicago is working to hire 10 faculty researchers in this area.

    He says he wouldn’t look to lead an outdoor experiment himself at this point, but he does hope that people working with him at the Climate Systems Engineering Initiative would, if it could offer insights into the scientific questions they’re exploring.

    “I absolutely want to see experiments happen from the University of Chicago,” he says.

    #Geoengineering #Solar_engineering #Le_retour

  • Création d’une ferme solidaire et autogestionnaire
    https://bascules.blog/2024/04/06/creation-dune-ferme-solidaire-et-autogestionnaire

    Publié le 8 octobre 2023 sur le site IAATA Invitation à nous rencontrer dans le cadre d’un chantier participatif « Le jour où Paris aura compris que savoir ce qu’on mange et comment on le produit est une question d’intérêt public ; le jour où tout le monde aura compris que cette question est infiniment plus importante […]

    #Alternatives,_imaginaires,_mondes_émergents,_possibles_désirables... #Agroécologie #Autogestion #Sécurité_Sociale_de_l'Alimentation #Solidarité


    https://2.gravatar.com/avatar/2cef04a2923b4b5ffd87d36fa9b79bc27ee5b22c4478d785c3a3b7ef8ab60424?s=96&d=

  • Memoria e giustizia per Moustapha Diomande
    https://www.meltingpot.org/2024/04/memoria-e-giustizia-per-moustapha-diomande

    Moustapha Diomande era un ragazzo ivoriano di 14 anni. Giunto dal suo Paese di origine in #Tunisia, aveva trovato razzismo e discriminazione e dunque aveva deciso di prendere la strada del mare: nel dicembre scorso, partito da Mahdia insieme ad altrə 38 compagnə di viaggio ha tentato di attraversare il Mediterraneo per raggiungere l’Europa. In quella notte di dicembre, Moustapha è morto insieme a decine di persone in quel Mediterraneo che le politiche migratorie europee hanno trasformato in spazio di violenza e di morte. Il suo corpo non è mai stato ritrovato. Bintou , sua madre, ha appreso la notizia

    #Comunicati_stampa_e_appelli #Costa_d'Avorio #Italia #Naufragi_e_sparizioni #Solidarietà_e_attivismo

  • Veilleurs de nuit

    À #Montgenèvre, station de ski idyllique, une immense « chasse aux migrants » se déploie la nuit tombée. Nuit et jour, des bénévoles se relaient pour leur porter secours. Le documentaire propose une immersion dans la maraude le temps d’une nuit.

    « Derrière les pistes de ski de Montgenèvre se cache un tout autre paysage : celui de la périlleuse traversée nocturne empruntée par de nombreux·ses migrant·e·s pour entrer sur le territoire français. Bien que la loi permette aux réfugié·e·s de demander l’asile dès leur arrivée dans le pays, en réalité, beaucoup sont renvoyé·e·s en Italie par les autorités sans même avoir eu la possibilité de déposer une demande. Afin d’exercer leurs droits fondamentaux, ils·elles empruntent des chemins de plus en plus haut dans la montagne, mettant leur vie en danger. Au sommet, des veilleur·euse·s de nuit se tiennent prêt·e·s à leur venir en aide et à les guider vers un lieu de refuge. La réalisatrice Juliette de Marcillac réalise un premier long métrage admirable qui suit le travail des bénévoles et des secouristes qu’elle accompagne lors de maraudes, de patrouilles dans la neige et de rondes en voiture. Grâce à une approche en cinéma direct, elle offre un regard subtil au plus proche de l’engagement d’un précieux réseau solidaire. »

    https://vimeo.com/814187896


    https://www.film-documentaire.fr/4DACTION/w_fiche_film/68075_0
    #frontière_sud-alpine #film #documentaire #film_documentaire #Alpes #maraudes #solidarité #maraudeurs #frontières #migrations #réfugiés #Hautes-Alpes #Briançonnais #France #Italie #maraudes_solidaires

  • #Christian_Estrosi voit sa #condamnation confirmée pour #diffamation envers un universitaire engagé dans une association d’aide aux migrants

    La cour d’appel d’Aix-en-Provence a confirmé ce mercredi 20 mars la condamnation du maire de Nice pour diffamation envers un universitaire azuréen, engagé dans une association d’aide aux migrants.

    Christian Estrosi (Horizons) a vu sa condamnation pour diffamation confirmée ce mercredi 20 mars par la cour d’appel d’Aix-en-Provence, dans les Bouches-du-Rhône.

    #Pierre-Alain_Mannoni, géographe niçois, avait été poursuivi pour avoir brièvement hébergé trois Erythréennes dans un centre de vacances français désaffecté, avant de les conduire en voiture à une gare pour qu’elles puissent être soignées à Marseille.

    Une décision de relaxe en 2017, qui a été définitivement confirmée en 2020, avait provoqué la colère du maire de Nice qui avait alors estimé que Pierre-Alain Mannoni « favorisait le travail des passeurs ».

    « Comment ces individus peuvent-ils nous certifier qu’ils ne font pas rentrer des terroristes sur notre sol en violant la loi comme ils le font ? », avait écrit l’élu sur X, anciennement Twitter. L’élu a depuis quitté ce réseau social.

    #Plainte pour diffamation

    Pierre-Alain Mannoni avait alors porté plainte pour diffamation. En première instance, en juin 2021, le tribunal correctionnel de Nice avait condamné le maire à 3.000 euros d’amende et 5.000 euros de dommages et intérêts.

    En janvier 2022, la cour d’appel d’Aix-en-Provence avait infirmé ce jugement et relaxé M. Estrosi. Mais, en juin 2023, la Cour de cassation avait invalidé cette décision et l’avait renvoyée à la cour d’appel. Mercredi, cette dernière a confirmé le jugement de première instance.

    « Justice a été faite, le maire de la cinquième ville de France a jeté mon client en pâture et il a été sanctionné. » (Maeva Binimelis, avocate de Pierre-Alain Mannoni à l’Agence France-Presse)

    L’avocat de M. Estrosi, Me Gérard Baudoux, a annoncé un nouveau pourvoi en Cassation.

    https://france3-regions.francetvinfo.fr/provence-alpes-cote-d-azur/alpes-maritimes/nice/christian-estrosi-condamne-pour-diffamation-envers-un-u

    #frontière_sud-alpine #asile #migrations #réfugiés #solidarité #criminalisation_de_la_solidarité #justice #Alpes_Maritime

  • Elle a dardé un doigt pointu vers sa poitrine et a dit : « apporte-lui un pain... » Elle parlait d’elle-même à la troisième personne... Une schizophrénie qu l’homme adopte pour fuir une douleur intense... pensant qu’ainsi la douleur touchera l’autre et non lui-même...

    Saadawi, p. 98

    #folie #solidarité

  • Women ask fewer questions than men at seminars
    (de 2017, je mets ici pour archivage)

    ONE theory to explain the low share of women in senior academic jobs is that they have less self-confidence than men. This hypothesis is supported by data in a new working paper, by a team of researchers from five universities in America and Europe. In this study, observers counted the attendees, and the questions they asked, at 247 departmental talks and seminars in biology, psychology and philosophy that took place at 35 universities in ten countries. On average, half of each seminar’s audience was female. Men, however, were over 2.5 times more likely to pose questions to the speakers—an action that may be viewed (rightly or wrongly) as a sign of greater competence.

    (#paywall: si quelqu’un·e a accès...)
    https://www.economist.com/science-and-technology/2017/12/07/women-ask-fewer-questions-than-men-at-seminars
    #statistiques #chiffres #questions #séminaires #conférences #genre #femmes #première_question #hommes

    • How to stop men asking all the questions in seminars – it’s really easy!

      I spotted a short item on gender #bias in academia in the Economist this week and tweeted it, which then went viral. The tweet read:

      https://frompoverty.oxfam.org.uk/wp-content/uploads/2022/09/questions-in-seminars-508x1024.png

      ‘In academic seminars, ‘Men are > 2.5 times more likely to pose questions to the speakers. This male skew was observable only in those seminars in which a man asked first question. When a woman did so, gender split disappeared’. CHAIRS PLEASE NOTE – FIRST Q TO A WOMAN – EVERY TIME.’

      Which confirms an impression I’ve had when chairing assorted discussions – if you let men dominate from the start, it stays that way, but call on women for the first few questions, and things work out much better.

      The research paper that backs up the stats can be found here. It’s based on survey responses of over 600 academics in 20 countriesand observational data from almost 250 seminars in 10 countries. Kudos to the authors, Alecia Carter, Alyssa Croft, Dieter Lukas and Gillian Sandstrom. Their broader recommendations are:

      ‘Increasing the time for or number of questions reduces the imbalance in the questions asked. We recommend that, where possible, the question time not be limited. This could be achieved through, for example, booking a seminar room for longer than one hour so that the next event in the room does not cut short the question time. Having said this, our data suggest that to overcome the male-first question bias, upwards of 25 min is needed for questions, which was a rare occurrence in our data and additionally may be a taxing requirement for the speaker after having given a seminar.

      Alternatively, keeping questions and answers short will allow more questions to be asked during a given question period, and could be an alternative method to allow greater balance in the questions asked. We feel that more could be done through active changes in speakers’, attendees’ and particularly moderators’ behaviour. Having an active, trained moderator may avoid those situations where one audience member seems to be “showing off” (which survey respondents claim to be the case quite often), or is going off-topic, or a speaker who goes over time.

      We would recommend that, should the opportunity arise, a female-first question be prioritised because this was a good predictor of low imbalance in the questions asked in our observational data. In addition, moderators could be trained to see the whole room (location was mentioned as a factor), and to maintain as much balance as possible with respect to gender and seniority of question-askers. In the open-ended survey questions, respondents complained that moderators call on people they know or more senior people, overlooking the rest.

      https://frompoverty.oxfam.org.uk/wp-content/uploads/2022/09/speeches-disguised-as-comments.jpg

      Although it may seem fair to call on people in the order that they raise their hands, doing so may inadvertently result in fewer women and junior academics asking questions, since they often need more time to formulate questions and work up the nerve.

      Our data clearly show that women are not inherently less likely to ask questions when the conditions are favourable—there is no gender bias when a woman asks the first question. Our suggestions should be seen as aims to create favourable conditions that remove the barriers to speaking up and being visible.’

      One of the single most useful bits of gender-related research I’ve read in a long time. I will do things differently from now on.

      Update: most useful additional advice on twitter comes from Joe Smith. He attended a recent seminar where the chair announced he would take Qs in order ‘girl-boy-girl-boy’. Lets people know in advance, is obviously fair, and is light hearted and infinitely preferable to male chair ‘look how feminist I am’ trumpet-blowing.

      https://frompoverty.oxfam.org.uk/how-to-stop-men-asking-all-the-questions-in-seminars-its-reall
      #université #recherche #ESR #solution

  • L’artificialisation des #sols : qui pour lutter contre ?
    https://metropolitiques.eu/L-artificialisation-des-sols-qui-pour-lutter-contre.html

    Depuis son adoption en 2021, l’objectif de limiter puis de compenser l’artificialisation des sols en France à l’horizon 2050 est sujet à de vifs débats. Jugé inatteignable par certains tandis que d’autres y voient l’opportunité de changer radicalement notre manière d’aménager, le ZAN est encore aujourd’hui une politique controversée et incertaine. Plus de deux ans après l’adoption de la loi climat et résilience, le cadre réglementaire relatif à la mise en œuvre de l’objectif du « zéro artificialisation #Essais

    / #droit, #droit_de_l'urbanisme, #gouvernance, #collectivités_territoriales, sols, #État

    https://metropolitiques.eu/IMG/pdf/met-desrousseaux.pdf

  • DDR-Geschichte mal wieder negativ und falsch dargestellt : Neue Ausstellung im HKW Berlin
    https://www.berliner-zeitung.de/open-source/ddr-geschichte-mal-wieder-negativ-und-falsch-dargestellt-neue-ausst


    https://fr.wikipedia.org/wiki/Maison_des_cultures_du_monde_(Berlin)

    Quand on annonce une expo sur la vie en RDA tu peux être sûr qu’on t’y racontera une série de mensonges et demi-vérités. Là les propagandistes du capitalisme triomphant s’attaquent au sort des ouvriers du tier monde généralement bien accueillis et traités dans le premier état socialiste allemand.

    La nouvelle exposition au Haus der Kulturen der Welt à Berlin veut te faire croire le contraire. On se demande s’il y un rapport avec l’adresse de l’institution dans la rue la qui porte le nom de l’auteur de la politique de refoulement (« rollback ») de l’URSS John Foster Dulles.
    https://fr.wikipedia.org/wiki/John_Foster_Dulles

    14.03.2024 von Ulrich van der Heyden - Das Haus der Kulturen der Welt will mit seiner Ausstellung „Echos der Bruderländer“ die Lebensrealität von Migranten in der DDR abbilden. Unser Autor übt Kritik.

    Seit einigen Jahren wird die Spaltung der deutschen Gesellschaft immer deutlicher, nicht nur bemerkbar an oben und unten, sondern auch zwischen Ost und West; wobei der Frust der Ostdeutschen immer deutlicher zum Ausdruck kommt.

    Parteipolitisch artikuliert sich dieser an der Zunahme radikaler Positionen und sozial-gesellschaftlich – worauf in dieser Zeitung mehrfach hingewiesen worden ist – in der breiten Kritik an den Folgen der staatlichen Vereinigung. Die Kollegen Dirk Oschmann und Katja Hoyer haben auf die Gefahren dieser Entwicklung in ihren Büchern deutlich aufmerksam gemacht. Zumindest angesprochen wird in diesen, dass es nicht nur die bekannten Ungleichheiten zwischen Ost- und Westdeutschen auf den Gebieten der Renten, der Gehälter, des Besitzes und anderer materiell zu charakterisierenden Folgen sind, die frustrieren.

    Auch in der Repräsentanz in Politik und Wirtschaft sieht es bis heute nicht anders aus, was Desillusionierung und Enttäuschung über die mehr als dreißig Jahre andauernde „deutsche Einheit“ hervorrufen.

    Ebenso ist die Tatsache zu berücksichtigen, dass ihre Geschichte verfälscht, zu einseitig oder mit den unglaublichsten Fiktionen verquickt in Medien und Wissenschaft dargestellt wird. Zu den die ostdeutsche Bevölkerung partiell und temporär erbosenden Tatsachen gehört, dass ihnen quasi flächendeckend Rassismus in den Medien und nun auch in einer Ausstellung im Haus der Kulturen der Welt zugeschrieben wird.
    Falschdarstellungen und Fake News

    Dabei wird gern auf Falschdarstellungen und Fake News über die Beziehungsgeschichte der DDR zu den Ländern des Globalen Südens zurückgegriffen, vor allem über die Bedingungen für in die DDR gekommene Menschen aus jenen Regionen. So kann auch auf der aktuellen Website des Hauses der Kulturen der Welt festgestellt werden, wie weitab von den Fakten ein Narrativ des Lebens von Ausländern, vor allem von sogenannten Vertragsarbeitern, gezeichnet wird, welches diese letztlich beleidigt.

    Auch hier scheint sich das jahrelang mit staatlichen Mitteln alimentierte Bild von einem Kapitel der DDR-Geschichte auf Kosten der Erzählungen der Beteiligten sowie der Ergebnisse relevanter seriöser Forschungen im allgemeinen Narrativ durchgesetzt zu haben. Dabei gab es in der ersten Hälfte der 1990er-Jahre durchaus relevante Aussagen von vielen Ausländern, die sich zu dieser Frage zu Wort meldeten.
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    Solche Ego-Dokumente, Interviews und andere heute als wichtige Originalquellen zu bezeichnenden Schriftstücke werden jedoch von vielen Historikern, wie auch von den Kuratoren der Ausstellung, kaum zur Kenntnis genommen. Und so soll ein Narrativ ausgebaut werden, welches die meisten ehemaligen DDR-Bürger nicht akzeptieren können.

    Nicht umsonst berichtete die Historikerin Katja Hoyer in dieser Zeitung, dass, als sie für ihre Forschungen notwendige Fragen an ostdeutsche Interviewpartner stellte, man ihr oft entgegnete: „Wenn das Wort DDR schon fällt in irgendeiner Dokumentation, dann schalten wir weg.“

    Wie erfolgreich weithin das gepflegte Narrativ ist, macht die Website der Veranstaltungen unter der Überschrift „Echos der Bruderländer“ deutlich. Selbst eine Journalistin der Berliner Zeitung schließt sich der dort postulierten Vorstellung an. Demnach sollen die Leben von, wie es auf der offiziellen Seite heißt, „zwischen 1949 und 1990 migrierten Hunderttausende(n) Menschen“ in die DDR „bislang weitgehend unerzählt“ geblieben sein.

    Das verwundert, denn in dem aktuellsten Buch allein zu den Vertragsarbeitern aus Mosambik weisen etwa 50 Druckseiten aufgelistete Publikationen zur Thematik hin. Die Ignorierung der durchaus vorhandenen Literatur macht deutlich, dass, wenn es um Kenntnisse der DDR-Geschichte geht, das eigene Unwissen als Stand der Forschungen ausgegeben wird.

    Vertragsarbeiter aus Mosambik

    Wenn man sich der Geschichte einer der größten Gruppierungen der in der DDR zeitweilig lebenden Ausländer, der Mosambikaner, zuwendet, wird deutlich, dass über diese schon recht viel berichtet worden ist, unter anderem auch über eine von dieser Zeitung aufgedeckte Mord-Lügenstory.

    Die Palette der Unwahrheiten reicht weit. So wird immer wieder auch im Artikel der Berliner Zeitung über „Bruderland ist abgebrannt“ (1.3.24) behauptet, dass die DDR „nach Arbeitskräften“ rief oder sie gar anwarb und sich diese aus der Dritten Welt holte. Dies ist nur zu einem ganz geringen Maße zutreffend gewesen, denn Arbeitskräfte holte man sich zunächst aus den benachbarten Ländern, wie Polen und Ungarn – so wie es in modernen Gesellschaften keine Seltenheit ist.

    Die Vertragsarbeiter (der Begriff wurde erst nach der deutschen Vereinigung eingeführt, um dieses solidarische Projekt des untergegangenen Staates zu diskreditieren; in der DDR hießen sie „ausländische Arbeitskräfte“), vor allem diejenigen aus Vietnam und Afrika, kamen aus ihren Heimatländern, um dem verbrecherischen Angriffskrieg und dem Bomberterror der USA in Vietnam oder um dem von der Nato, vom südafrikanischen Apartheidstaat und den portugiesischen ehemaligen Kolonialherren unterstützten Bürgerkrieg in Mosambik zu entfliehen.

    Die konterrevolutionären Banden der Renamo, ausgestattet mit Waffenlieferungen und militärischem Know-how auch aus der Bundesrepublik, hatten schreckliche Verbrechen begangen, die heute kaum noch Erwähnung finden.

    Durch den blutigen Terror wurde der Aufbau einer eigenständigen Industrieproduktion verhindert – was u. a. von der DDR im Rahmen ihrer Möglichkeiten unterstützt wurde –, sodass die durchaus ehrgeizigen Ziele nicht umgesetzt werden konnten. Die jungen Menschen kamen also nicht nach Europa, um die DDR-Wirtschaft am Laufen zu halten oder gar zu retten (was zwischen einem viertel und maximal einem Prozent der in der Produktion eingesetzten Arbeitskräfte wohl kaum realistisch anmutet), sondern um kostenfrei einen Beruf zu erlernen, ihr Leben zu retten und ihre Familien und ihr Land zu unterstützen.

    Bis zur Wende geheim gehaltene „Nutzungsberechnungen zum Einsatz ausländischer Werktätiger in der Volkswirtschaft der DDR aus dem Jahre 1987“ besagen, „daß die erbrachten Leistungen mocambiquischer Werktätiger im Vergleich zu DDR-Werktätigen ca. 80 % betragen.“ Als der erste Vertrag, den die Regierungen der DDR und Mosambiks 1979 abgeschlossen hatten, auslief, wollte wohl nicht zuletzt aus diesem Grunde die DDR den Vertrag nicht verlängern.

    Maputo drängte mit Verweis auf das bekannte solidarische Engagement der DDR auf eine Verlängerung und schlug vor, dass nicht mehr so viele Kosten entstehen würden, wenn es keine Berufsausbildung mehr gäbe; ihre Leute könnten also als ungelernte Hilfsarbeiter beschäftigt werden. Darauf ließen sich die DDR-Vertreter nicht ein und so kam es, dass die ostdeutsche Bevölkerung, ohne dass darüber gesprochen wurde, weiterhin Solidarität übte, was im Übrigen – wie mehrere wissenschaftliche Veranstaltungen und Publikationen belegen – in der Wissenschaft nicht bestritten wird.

    Kann es da verwundern, wenn man sich über diese die Wirklichkeit verzerrenden Veranstaltungen in der großen kulturellen Einrichtung an der Spree verärgert zeigt? Auf der Website der aktuellen Ausstellung heißt es nämlich: „Obwohl die DDR die Fairness ihrer Arbeitsbedingungen und die Möglichkeiten beruflicher Weiterentwicklung hervorhob, erlebten ‚Vertragsarbeiter‘ und Migrant:innen im Allgemeinen Ausbeutung, beengte Wohnverhältnisse, Überwachung, den Entzug gewisser Freiheiten und Rechte (wie etwa das Recht, schwanger zu werden oder eine Beziehung zu führen), rassistische und fremdenfeindliche Angriffe, einbehaltene Löhne und gebrochene Versprechen sowohl der entsendenden Regierungen als auch der Führung der DDR.“

    Dazu sei nur angeführt, dass allein die Mosambikaner etwa 1500 Kinder zeugten, die Urlaubs- und Gesundheitsdienste ihrer Betriebe nutzten, es gemeinsame Freizeitveranstaltungen gab, kollegiale und familiäre Kontakte mit deutschen Kollegen gab, die Vertragsarbeiter mehr Geld verdienten als junge Wissenschaftler, Ärzte und andere Berufsgruppen in der DDR.

    Wer sich genauer mit der Thematik beschäftigt, wird feststellen, dass sich „Ehemalige“ über ihre Zeit in der DDR anders äußern, als es das hier vermittelte Bild nahelegt. Jenes sieht anders aus als Isolation, Überwachung, Entzug gewisser Freiheiten und Rechte. Auch das muss gesagt werden: Wenn mosambikanische Frauen schwanger wurden, mussten sie zwar nach Hause zurückkehren oder abtreiben.

    Aber das war nicht deshalb festgelegt worden, weil die DDR-Bonzen dies so wollten, sondern, weil dies der Wunsch der mosambikanischen Regierung war. Wer seine verblendende Anti-DDR-Sicht gegen die der afrikanischen Realität eintauscht, wird die Gründe hierfür erkennen. Die Wohnheime hatten gute Standards, in der Regel gleich oder besser ausgestattet als Arbeiter- bzw. Studentenheime. Die viel beklagte Einbehaltung eines Teils der Lohnzahlungen gab es und war den Betroffenen bekannt. Es handelte sich um einen von der mosambikanischen Regierung vorgesehenen Teil des Lohns, der bereits in den Betrieben ausgerechnet und an den mosambikanischen Staat überwiesen wurde.

    Nach Beendigung ihres Vertrages und bei Rückkehr erhielten dann die mosambikanischen Arbeiter diese Summe in ihrem Land in der Währung Metical ausgezahlt, was bis 1989 auch erfolgte. Danach, als die „ausländischen Arbeitskräfte“ auf Drängen der westlichen Berater in den zu übernehmenden Betrieben als Erste entlassen und nach Hause geschickt wurden, änderte sich dies.

    Nicht der Sympathie für den sozialistischen Staat verdächtige westdeutsche Diplomaten untersuchten diesen „Fall“ und konnten konstatieren, dass die DDR allen ihren Verpflichtungen nachgekommen war. Das hinderte jedoch nicht zwei Frauen vor einiger Zeit daran, eine Petition ins Leben zu rufen, die „Respekt und Anerkennung“ der angeblich von der DDR um ihren Lohn betrogenen Vertragsarbeiter einforderte.

    Wie seriös diese Aktion war, lässt sich daran ersehen, dass auf Anfragen des Verfassers an die Initiatorinnen des Schreibens, wie denn ihr Wissensstand zur Geschichte der Vertragsarbeiter sei, die Antwort lautete, sie haben schon einmal in einer Ausstellung ein Bild von Mosambikanern gesehen.

    Das hinderte jedoch den alarmierten Vorgesetzten, den Direktor eines zeithistorischen Instituts in Potsdam, nicht daran, der Angelegenheit freien Lauf zu lassen, sodass diese nun dem Bundestag vorliegt. Die Behandlung von Ausländern, die in der DDR gelebt haben, wird von diesen im Allgemeinen dankbar memoriert – wie mehrere Forschungen belegen. So wie kürzlich in einer Dissertation über den ANC-Exil in der DDR exemplarisch nachgewiesen werden konnte.

    Tausende Menschen aus der Dritten Welt fanden hier Schutz vor Mord, Terror, Bomben, Napalm, Rassismus, Hunger und Armut. Diese sehen das Land, das ihnen Rettung anbot, fast ausnahmslos positiv. Es bleibt die Hoffnung, dass die verschiedenen Veranstaltungen zu den „Echos aus den Bruderländern“ an die in der internationalen Wissenschaft nicht bezweifelte solidarische Grundhaltung der DDR-Bevölkerung erinnern werden.

    In Mosambik wird übrigens gerade darüber diskutiert, ob ehemals für die Vertragsverhandlungen zuständige Politiker nach Deutschland kommen sollten, um über die von der Berliner Zeitung vor einiger Zeit exemplarisch aufgedeckten Fake News über die Vertragsarbeiter aufzuklären.

    Prof. Dr. mult. Ulrich van der Heyden ist Historiker, Politikwissenschaftler und Spezialist für die Kolonialgeschichte Afrikas, tätig an FU, HU und in Südafrika sowie Autor zahlreicher Bücher.

    #DDR #histoire #solidarité_internationale #Berlin #Tiergarten #John_Foster_Dulles_Allee #HdKW #anticommunisme

  • Un corteo per salutare insieme Jojo – Josef Yemane Tewelde
    https://www.meltingpot.org/2024/03/un-corteo-per-salutare-insieme-jojo-josef-yemane-tewelde

    A pochi giorni dalla scomparsa di Josef ci incontreremo per salutarlo insieme, uniti in un momento pubblico che chiama a raduno tutta la comunità con cui Jojo ha condiviso un pezzo di strada. Una strada lunghissima fatta di innumerevoli lotte per il diritto all’abitare, per la cittadinanza, per la libertà di movimento, contro ogni forma di razzismo e discriminazione. Abbiamo deciso di costruire un momento collettivo perché sono tantissime le persone che lo hanno conosciuto e che con lui hanno costruito e animato iniziative a #Roma e per tutta l’Italia. Non vogliamo solo “ricordarlo”, vogliamo che questo momento possa (...)

    #Comunicati_stampa_e_appelli #Italia #Solidarietà_e_attivismo

  • On se demandait entre nous : pourquoi l’Etat a-t-il enfermé dans un même lieu l’intégriste musulman et l’intégriste chrétien, la gauche et la droite. Cherche-t-il ainsi à les pousser à s’entre-tuer à l’intérieur des prisons ?
    Mais ce qui est arrivé a été tout autre : l’entente s’est faite entre tous et l’union de l’opposition s’est effectuée à l’intérieur des prisons...

    #solidarité #politique #union #sororité

  • Petite illustration de notre dépendance à l’#électricité : le 13 mars 1989, panne générale au Québec suite à une #tempête_solaire :

    https://spaceweatherarchive.com/2021/03/12/the-great-quebec-blackout

    THE DAY THE SUN BROUGHT DARKNESS: Thirty-five years ago today, the greatest solar storm of the Space Age engulfed our planet. A powerful coronal mass ejection (CME) hit Earth early on March 13, 1989, and within 90 seconds, the entire Hydro-Québec power grid failed. During the 9-hour blackout that followed, millions of Quebecois found themselves with no light or heat. Happy Anniversary? Maybe. Power grids are better prepared today, and might be able to withstand a similar storm in 2024. Get the full story here.

    https://spaceweatherarchive.com/2021/03/12/the-great-quebec-blackout

    En mars 1989, une tempête solaire provoque une panne électrique majeure - YouTube
    https://www.youtube.com/watch?v=LGzeGL39LTE

    https://fr.wikipedia.org/wiki/%C3%89ruption_solaire_de_1989

    L’événement, qui survient durant la guerre froide, fait craindre à certains qu’une attaque-surprise à l’arme nucléaire soit en cours

    http://www.solarstorms.org/SWChapter1.html

    #blackout #solar_flare #CME (coronal mass ejection)

  • Alpinisme & anarchisme

    Né au XIXe siècle au sein de la haute société britannique, l’alpinisme n’est pas pour autant resté l’apanage des dominants. L’idée de grimper les montagnes a aussi fait son chemin parmi les exploités, à la faveur des premiers #congés_payés. Mais la montagne n’est pas qu’un terrain de jeu ou une frontière naturelle, c’est aussi un #refuge pour les opprimés, un lieu de #passage_clandestin, un terrain d’expression privilégié pour les #luttes écologiques et sociales. Un environnement qui peut sembler hostile, aussi, et qui impose que ceux qui s’y aventurent s’écoutent et s’entraident. Un monde où la #solidarité et la #liberté forment un socle de #valeurs_communes entre l’alpinisme et l’anarchisme.

    https://www.nada-editions.fr/produit/alpinisme-anarchisme

    #alpinisme #montagne #anarchisme #livre #entraide

  • La commemorazione ipocrita di #Bologna per la strage di Cutro
    https://www.meltingpot.org/2024/03/la-commemorazione-ipocrita-di-bologna-per-la-strage-di-cutro

    Ieri a Bologna il sindaco, Matteo Lepore, insieme al sindaco di Cutro, Antonio Ceraso, hanno sfilato sulle tombe di 15 delle persone afghane morte nella strage di Cutro che sono state seppellite a Borgo Panigale. Hanno parlato di memoriali, umanità e tante belle cose. Nessun riferimento alle famiglie o ai sopravvissuti che ovviamente non sono stati invitati né contattati. Dimenticati e invisibilizzati, ancora una volta. Un gesto – come hanno spiegato i familiari delle vittime e diverse organizzazioni solidali in un comunicato – considerato ipocrita, con la presenza di una persona come il sindaco di Cutro che ha insultato (...)

    #Comunicati_stampa_e_appelli #Emilia-Romagna #Italia #Naufragi_e_sparizioni #Solidarietà_e_attivismo #Strage_di_Cutro_KR_

  • Scheeßel : Ex-Partnerin zeigte mutmaßlichen Täter von Scheeßel an
    https://www.spiegel.de/panorama/justiz/scheessel-ex-partnerin-zeigte-mutmasslichen-taeter-von-scheessel-an-a-654b11
    Les soldats sont des meurtriers, professionnels de surcroit. Parfois leur champs de bataille inclut la famille. L’expérience montre qu’il ne faut surtout pas se lier à des soldats. Quand tu en rencontres un, change de trottoir. Ils sont trop dangereux. Voici encore une histoire tragique qui souligne cette nécessité..

    3.3.2024 - Ein Bundeswehrsoldat soll am Freitag im Landkreis Rotenburg vier Menschen erschossen haben, darunter der neue Freund der Noch-Ehefrau des mutmaßlichen Täters. Dies bestätigte ein Polizeisprecher in Rotenburg (Wümme) am Sonntag. Die Ehefrau und ihr neuer Freund hatten den Tatverdächtigen zuvor angezeigt, wie nun bekannt wurde. »Die beiden sind vor Kurzem bei uns gewesen«, sagte ein Polizeisprecher. In der Strafanzeige ging es um eine mögliche Bedrohung, konkrete Inhalte nannte er nicht. Zuvor hatte der NDR berichtet .

    Es habe zeitnah nach der Anzeige eine sogenannte Gefährderansprache gegeben. Dem 32 Jahre alten Bundeswehrsoldaten hätten demnach Polizisten die Situation erklärt und mögliche Konsequenzen geschildert. Der Sprecher nannte dies eine »deeskalierende Maßnahme«. Die genauen Inhalte des Gesprächs kannte der Sprecher. Weitere Anzeigen gegen den 32-Jährigen seien ihm nicht bekannt, auszuschließen seien diese aber nicht.

    Über den weiteren Stand der Ermittlungen gab es am Sonntag von der Staatsanwaltschaft Verden keine Angaben. Der Verdächtige soll am Freitag in Westervesede, einer Ortschaft der Gemeinde Scheeßel, in einem Einfamilienhaus zwei Menschen umgebracht haben: den 30 Jahre alten neuen Freund der Ehefrau und dessen 55 Jahre alte Mutter. Dann soll der Mann in dem zur Samtgemeinde Bothel gehörenden Brockel eine 33 Jahre alte Frau und ein drei Jahre altes Kind erschossen haben. Auch hier ist der Tatort ein Einfamilienhaus.

    Angaben der Ermittlungsbehörden zu den übrigen Beziehungen des Verdächtigen zu den Opfern standen ebenfalls noch aus. »Eine Motivlage im familiären Umfeld kann nicht ausgeschlossen werden«, hieß es in einer Mitteilung vom Freitag. Nach SPIEGEL-Informationen soll die getötete 33-Jährige mit einem Bundeswehrsoldaten liiert gewesen sein, der anderswo in Deutschland stationiert ist und nun von Psychologen betreut wird. (Lesen Sie hier mehr darüber, was bereits bekannt ist.)
    Molotowcocktail und Munition im Auto des Verdächtigen

    Der Tatverdächtige soll sich am Freitagmorgen an der Von-Düring-Kaserne in Rotenburg (Wümme) gestellt haben und kam am Freitagnachmittag in Untersuchungshaft. Ob er sich zu den Vorwürfen geäußert hat, war am Sonntag noch nicht bekannt. Geprüft wurde auch, ob die Tatwaffe von der Bundeswehr stammt. In dem in der Nähe der Kaserne abgestellten Auto des Verdächtigen steckte am Freitag in der Fahrertür ein Molotowcocktail, im Kofferraum neben einem Bundeswehr-Rucksack lag Patronenmunition. Was der Mann damit vorhatte, war zunächst nicht bekannt.

    #armée #soldats #fémicide

  • L’Europe doit mettre fin à la répression des défenseurs des droits humains qui aident les réfugiés, les demandeurs d’asile et les migrants

    « Dans toute l’Europe, il est de plus en plus fréquent que des organisations et des individus soient harcelés, intimidés, victimes de violences ou considérés comme des délinquants simplement parce qu’ils contribuent à protéger les droits humains des réfugiés, des demandeurs d’asile et des migrants. Les États européens doivent mettre fin à cette répression », a déclaré aujourd’hui la Commissaire aux droits de l’homme du Conseil de l’Europe, Dunja Mijatović, à l’occasion de la publication d’une Recommandation sur la situation des défenseurs des droits humains qui aident les réfugiés, les demandeurs d’asile et les migrants en Europe.

    Cette Recommandation, intitulée Protéger les défenseurs : mettre fin à la répression des défenseurs des droits humains qui aident les réfugiés, les demandeurs d’asile et les migrants en Europe, donne un aperçu des défis auxquels sont confrontés les défenseurs des droits humains et présente les mesures que les États membres du Conseil de l’Europe devraient prendre pour les protéger.

    Dans le contexte de politiques d’asile et de migration répressives, sécuritaires et militarisées, les États négligent de plus en plus leur obligation de veiller à ce que les défenseurs des droits humains puissent travailler dans un environnement sûr et favorable. En conséquence, de multiples formes de répression s’exercent sur les défenseurs qui participent à des opérations de sauvetage en mer, fournissent une aide humanitaire ou une assistance juridique, mènent des opérations de surveillance des frontières, assurent une couverture médiatique, mènent des activités de plaidoyer, engagent des procédures contentieuses, ou soutiennent par d’autres moyens encore les réfugiés, les demandeurs d’asile et les migrants en Europe.

    La Recommandation examine les problèmes auxquels sont confrontés les défenseurs des droits humains, notamment :

    - des propos hostiles et stigmatisants tenus par des représentants gouvernementaux, des parlementaires et certains médias ;
    – des violences et des menaces, et le manque de réaction des autorités pour y répondre ;
    – la criminalisation du travail humanitaire ou de défense des droits humains mené auprès des réfugiés, des demandeurs d’asile et des migrants, due à une application trop large des lois sur le trafic illicite de migrants ;
    – le refus d’accès à des lieux où il est essentiel d’assurer un suivi de la situation des droits humains ou de fournir une aide, tels que des centres de détention ou d’accueil ou des zones frontalières.

    « Les gouvernements européens devraient voir les défenseurs des droits humains comme des partenaires qui peuvent contribuer de manière déterminante à rendre les politiques d’asile et de migration plus efficaces et respectueuses des droits humains. Au lieu de cela, ils les traitent avec hostilité. Cette politique délibérée porte atteinte aux droits humains des acteurs de la société civile et des personnes auxquelles ils viennent en aide. Par extension, elle ronge le tissu démocratique des sociétés », a déclaré la Commissaire.

    Afin d’inverser cette tendance répressive, la Commissaire appelle à prendre d’urgence une série de mesures, dont les suivantes :

    - réformer les lois, politiques et pratiques qui entravent indûment les activités des défenseurs des droits humains ;
    – veiller à ce que les lois sur le trafic illicite de migrants ne confèrent le caractère d’infraction pénale à aucune activité de défense des droits humains ou d’aide humanitaire menée auprès des réfugiés, des demandeurs d’asile et des migrants ;
    - lever les restrictions d’accès aux lieux et aux informations ;
    - mettre fin au discours stigmatisant et dénigrant ;
    - établir des procédures de sécurité efficaces pour les défenseurs confrontés à des violences ou à des menaces et veiller à ce que ces cas fassent l’objet d’enquêtes effectives.

    https://www.coe.int/en/web/commissioner/view/-/asset_publisher/ugj3i6qSEkhZ/content/id/264775174?_com_liferay_asset_publisher_web_portlet_AssetPublisherPortlet_INSTAN
    #criminalisation_de_la_solidarité #asile #migrations #réfugiés #solidarité #recommandation #conseil_de_l'Europe #répression #assistance_juridique #sauvetage #aide_humanitaire #violence #menaces #hostilité #droits_humains #rapport