Nel mare ci sono i coccodrilli
In questo libro Fabio Geda scrive la storia di Enaiatollah Akbari. Costui è un ragazzo afghano e appartiene alla minoranza degli Azara considerata inferiore in particolar modo dai talebani che hanno come loro obiettivo quello di colpirli. Egli racconta come suo padre sia morto, stava lavorando per un ricco signore, il cui carico del camion che guidava è andato perduto e Enaiatollah doveva esserne il risarcimento. Ad ogni ora del giorno i talebani bussano alla porta e lui deve correre a nascondersi. Ma sta diventando troppo grande per la buca in terra che sua mamma gli ha scavato nel campo di grano dietro casa. Così, un giorno, gli dice che deve intraprendere un lungo viaggio .
All’età di undici anni la madre lo trasferisce in Pakistan, a Quetta, ed è qui che gli fa promettere di non rubare, di non drogarsi e di non usare armi. Poi, prima di lasciarlo, gli da un ultimo bacio in fronte.
Quando il mattino Enaiatollah si sveglia e cerca sua madre, non trovandola, chiede notizie al portinaio del dormitorio che gli risponde che è ritornata a casa. Il ragazzino ci rimane male, deve trovare un lavoro e riesce a convincere il portinaio ad assumerlo. Dopo tanti giorni di lavoro, incontra un signore che nota la sua bravura e l’intelligenza e gli propone di lavorare per lui. Enaiatollah deve comprargli la merce e poi venderla per la città. Il giorno dopo si mette a lavorare per le strade del Pakistan. Continua così finché non conosce un gruppo di ragazzini nelle sue stesse condizioni. Loro vogliono partire per arrivare in Iran e col cuore ricco di speranza, Enaiatollah si unisce a loro. Tra questi c’era anche Sufi. Dopo una settimana di ricerca vengono assunti come muratori in un cantiere dove costruivano case per i signori. Una volta arrivati il controllo della polizia e il ragazzino rischia di essere rispedito in Afghanistan. Allora il suo amico Sufi, preso dalla paura dei poliziotti, decide di andare in Iran e Enaiatollah dopo qualche giorno, lo raggiungerà. Anche lì trovano lavoro come muratori, nel cantiere li pagano bene e il venerdì, che era il loro unico giorno libero, come tutti gli altri bambini vanno a giocare. Enaiatollah conosce un altro gruppo di ragazzini che gli propone di andare in Turchia. Lui accetta ma Sufi decide di rimanere in Iran. Si salutano nella speranza che si possano rincontrare. I ragazzi attraversano a piedi le montagne per circa un mese e vivono al freddo con la paura dei lupi. Per non essere scoperti dalla polizia si nascondono per tre giorni di viaggio nel cassone di un camion con un doppio fondo alto poco più di cinquanta centimetri che li porta in Turchia. Scesi dal camion gli fanno male le gambe, la schiena e tutte le ossa poiché sono state in una posizione scorretta. Senza fare la pipì e senza bere e mangiare. Questo gli portò una grave infezione urinaria, e perde sangue per molti giorni. In Turchia vivono sotto un ponte, e la ricerca di un lavoro è vana, così Enaiatollah e i suoi amici partono di notte con un gommone, a remi, per la Grecia.
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