• Pochi rifugiati nei centri e il voto anti-immigrazione cala

    La presenza di centri di accoglienza piccoli e diffusi riduce il voto per i partiti anti-immigrazione. Mentre se i centri sono di grandi dimensioni i consensi verso queste formazioni aumentano. Lo mostrano i risultati di due studi per Italia e Francia.

    Accoglienza e voto anti-immigrazione

    È opinione diffusa che la crisi europea dei migranti, iniziata tra il 2014 e il 2015, sia stata uno dei principali fattori alla base del recente successo dei partiti anti-immigrazione in molti paesi europei. Ma davvero accogliere rifugiati e richiedenti asilo fa aumentare sempre e comunque il voto per quei partiti? La letteratura economica sul tema ha prodotto risultati contrastanti: alcuni studi hanno trovato una relazione positiva (https://academic.oup.com/restud/article/86/5/2035/5112970) tra l’arrivo dei rifugiati e il voto anti-immigrazione (https://www.mitpressjournals.org/doi/abs/10.1162/rest_a_00922?mobileUi=0), e altri una relazione negativa.

    Due nostri recenti studi con dati sui comuni italiani (https://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=3277550) e francesi (https://immigrationlab.org/working-paper-series/dismantling-jungle-migrant-relocation-extreme-voting-france) suggeriscono che la risposta alla domanda è “dipende”. Un’accoglienza sviluppata attraverso centri piccoli e diffusi riduce il consenso per i partiti ostili all’arrivo dei migranti. Al contrario, centri di accoglienza eccessivamente grandi portano a un incremento del voto anti-immigrazione.

    In sostanza, se interpretiamo il voto anti-immigrazione come una misura del pregiudizio dei nativi verso i migranti, i nostri studi indicano che, per costruire un sistema di accoglienza che non generi diffidenza nella popolazione nativa, i governi dovrebbero cercare di ridistribuire i rifugiati e i richiedenti asilo in modo più omogeneo e attraverso l’apertura di piccoli centri di accoglienza.

    Cosa succede in Italia

    Il nostro primo studio si concentra sull’Italia. Negli anni della crisi dei rifugiati, il paese ha vissuto un aumento significativo nel numero di sbarchi e di richieste di asilo e allo stesso tempo un aumento del sostegno politico ai partiti anti-immigrazione, come per esempio la Lega guidata da Matteo Salvini.

    La nostra ricerca prende in esame l’apertura di centri di accoglienza per rifugiati e richiedenti asilo attraverso il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar, rinominato Siproimi a partire dalla fine del 2018), uno dei più importanti programmi di accoglienza in Italia (l’altro rilevante canale di accoglienza sono i “centri di accoglienza straordinaria”, Cas, oggi la tipologia più utilizzata).

    Nel programma Sprar, sono i comuni a gestire direttamente i centri di accoglienza, che mirano a integrare i rifugiati nella comunità locale, per esempio attraverso corsi di lingua e formazione professionale. Spesso poi i comuni impiegano i migranti in lavori di pubblica utilità. Quindi, i centri Sprar offrono la possibilità di una interazione e di un contatto diretto tra i rifugiati e la popolazione locale.

    Per tenere conto delle possibili differenze esistenti tra comuni che decidono di aprire un centro Sprar e comuni che non lo fanno – e così ottenere una stima causale dell’effetto dei centri accoglienza sul voto anti-immigrazione – utilizziamo la tecnica delle variabili strumentali (instrumental variables, IV). Abbiamo codificato come partiti anti-immigrazione Lega, Fratelli d’Italia, Casa Pound, La Destra, Forza Nuova, Fiamma Tricolore, Rifondazione Missina. Seguendo l’esempio di un altro studio sviluppato con dati sui comuni austriaci (https://www.mitpressjournals.org/doi/abs/10.1162/rest_a_00922?mobileUi=0), utilizziamo la presenza nel territorio comunale di edifici adatti a ospitare gruppi di persone e centri collettivi per predire l’apertura di un centro Sprar in un determinato comune. Infatti, come suggerito dalla figura 1, dai dati emerge una forte correlazione positiva tra la presenza di edifici di questo tipo e la presenza di uno Sprar a livello comunale.

    L’utilizzo di questa tecnica ci permette di interpretare i risultati della nostra analisi in termini causali.

    I nostri risultati mostrano come ospitare i rifugiati influisca negativamente sul voto per i partiti anti-immigrazione. Più nel dettaglio, i comuni che hanno aperto un centro Sprar tra le elezioni politiche del 2013 e quelle del 2018 hanno registrato un incremento nelle percentuali di voto per i partiti ostili ai migranti di circa 7 punti percentuali inferiore rispetto ai comuni che non ne hanno aperti. Allo stesso tempo, l’apertura dei centri Sprar ha portato benefici elettorali principalmente a partiti politici che si trovano più al centro dello spettro politico italiano, come il Partito democratico.

    Il ruolo della dimensione dei centri accoglienza

    Uno degli aspetti fondamentali del nostro studio è mostrare come la dimensione dei centri di accoglienza giochi un ruolo cruciale. Come si vede nella figura 2, l’effetto negativo sul voto anti-immigrazione è maggiore per centri Sprar con un basso numero di posti a disposizione per rifugiati e richiedenti asilo. In particolare, la nostra analisi indica che l’effetto negativo si verifica con centri di accoglienza che hanno in media meno di 28 posti ogni mille abitanti. Al contrario, nei comuni con centri Sprar con un numero di posti mediamente superiore a questa soglia si è registrato un incremento nel sostegno elettorale ai partiti anti-immigrazione.

    Cosa succede in Francia

    I risultati sono confermati anche dal nostro secondo studio, che analizza l’effetto sul voto al Front National di Marine Le Pen della ridistribuzione dei migranti, avvenuta in Francia dopo lo smantellamento dell’accampamento di rifugiati e migranti situato nelle vicinanze di Calais (la cosiddetta “Giungla”). Sfruttando il fatto che la ridistribuzione in diversi comuni francesi è avvenuta negli anni tra le due elezioni presidenziali del 2012 e del 2017, il nostro lavoro mostra come l’apertura di centri di accoglienza e orientamento (Centres d’accueil et d’orientation, Cao) di dimensioni contenute abbia avuto un impatto negativo sulla crescita dei voti ottenuti dal Front National. Coerentemente con quanto mostrato nella figura 2, l’effetto sul voto anti-immigrazione diventa positivo quando le dimensioni dei Cao oltrepassano in media la soglia di 32 migranti ospitati ogni mille abitanti.

    Centri di accoglienza piccoli potrebbero dunque aver incoraggiato il contatto diretto tra nativi e rifugiati, causando una riduzione del pregiudizio verso i migranti, in linea con la “#Contact_hypothesis” (https://en.wikipedia.org/wiki/Contact_hypothesis). Al contrario, i risultati relativi ai centri grandi sono coerenti con la “#Realistic_conflict theory” (https://en.wikipedia.org/wiki/Realistic_conflict_theory), che_suggerisce come i nativi possano percepire un gruppo grande di migranti come una minaccia per il loro predominio culturale e socio-economico.

    https://www.lavoce.info/archives/71137/pochi-rifugiati-nei-centri-e-il-voto-anti-immigrazione-cala

    #accueil_diffus #asile #migrations #réfugiés #centres #dimensions #consensus #sprar #italie #France #accueil #anti-migrants #vote #préjugés #menace #rencontre #extrême_droite

  • Boeri : “Bisogna dire la verità agli italiani : senza immigrati l’Inps crollerebbe”

    Valgono 70 miliardi di contributi in 20 anni. Il presidente dell’istituto di previdenza: “Chiudere le frontiere significherebbe una manovra economica in più ogni anno”

    http://www.lastampa.it/2017/07/04/economia/boeri-bisogna-dire-la-verit-agli-italiani-senza-immigrati-linps-crollerebbe-SryiT6oW4Tu2aonINATLmM/pagina.html

    #INPS #asile #migrations #réfugiés #économie #Etat_social #welfare_state #assurances_sociales #Italie

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    ajouté à la métaliste sur le lien entre #économie (et surtout l’#Etat_providence) et la #migration... des arguments pour détruire l’#idée_reçue : « Les migrants profitent (voire : viennent POUR profiter) du système social des pays européens »... :

    https://seenthis.net/messages/971875

    • Contro i migranti una consapevole e scientifica pulizia etnica

      Presentando la relazione annuale INPS, Tito Boeri ha infatti affermato, fra le tante cose, che senza il lavoro degli immigrati perderemmo 38 miliardi di euro in 22 anni. Una vera debacle per la nostra economia. Per Boeri, chiudere le frontiere sarebbe un disastro per il nostro già pericolante sistema di welfare, visto che i migranti che arrivano sono sempre più giovani e il loro aumento compensa il vertiginoso calo delle nascite in Italia. Uno svecchiamento che senza gli immigrati non ci sarebbe e porterebbe a un collasso sociale ed economico. Non dimentichiamo che i migranti contribuiscono inoltre all’11% del Pil nazionale.

      http://ilmegafono.org/2017/07/08/migranti-scientifica-pulizia-etnica

    • È vero che chiudere le frontiere distruggerebbe il nostro sistema di protezione sociale?

      Lo ha affermato il 4 luglio 2017 il presidente dell’Inps Tito Boeri, e noi abbiamo chiesto a Enrico Di Pasquale e Chiara Tronchin, ricercatori della Fondazione Leone Moressa, di approfondire questo tema con ulteriori dati. Ne emerge un quadro complesso e molto interessante.

      http://openmigration.org/analisi/e-vero-che-chiudere-le-frontiere-distruggerebbe-il-nostro-sistema-di-

    • Sorpresa: più immigrati, meno spesa sanitaria

      È vero che gli immigrati sfruttano i sistemi di welfare dei paesi di arrivo? Gli stranieri che risiedono in Italia sono mediamente più giovani della popolazione italiana. Ed è più bassa la loro domanda di servizi sanitari, facendo scendere la spesa.

      Immigrati e welfare: prendono o lasciano?

      Da tempo è in corso un intenso dibattito sugli effetti socio-economici dell’immigrazione, accompagnato da una diffusa percezione che gli immigrati siano un peso perché sfruttano i sistemi di welfare nei paesi di arrivo. In un recente lavoro di ricerca mostriamo che in Italia l’aumento di 1 punto percentuale della quota di cittadini stranieri sulla popolazione totale porta, in media, a una riduzione della spesa sanitaria regionale pro capite di circa 70 euro.
      L’Italia si è trasformata in “paese di immigrazione” rapidamente e in tempi abbastanza recenti. All’inizio degli anni Duemila, gli immigrati regolari erano meno del 3 per cento della popolazione totale, mentre nel 2015 rappresentavano oltre l’8 per cento, con una distribuzione non uniforme tra regioni (figura 1).

      Oltre il 90 per cento degli stranieri proviene dai paesi che l’Istat definisce “a forte pressione migratoria” e a basso reddito. Sulla scelta del nostro paese come destinazione potrebbero quindi influire i maggiori benefici e la migliore accessibilità ai servizi assistenziali, sanitari ed educativi rispetto ai paesi di origine (“welfare magnet effect”). Tali fattori potrebbero tradursi in oneri più elevati per la spesa sanitaria nelle regioni che ospitano più immigrati.

      L’impatto sulla spesa sanitaria regionale

      Nel nostro lavoro di ricerca abbiamo analizzato l’effetto della presenza di immigrati regolari sulla spesa sanitaria pubblica delle regioni italiane durante il periodo 2003-2015.
      Dopo aver controllato per i possibili nessi di causalità inversa tra le due variabili e per le imposte regionali destinate al finanziamento della spesa sanitaria, e dopo aver rimosso altri fattori di attrazione per gli immigrati, troviamo che all’aumentare del numero di stranieri residenti sulla popolazione regionale si osserva, in media, una riduzione della spesa sanitaria pro capite. Il risultato è coerente con le stime contenute nel bilancio fiscale dell’immigrazione per la regione Lombardia per il 2016, secondo cui la spesa sanitaria regionale pro capite per gli stranieri era pari a meno di tre quinti di quella complessiva (rispettivamente, 1.053 e 1.807 euro), e con quelle relative al costo dei ricoveri in Emilia Romagna nel 2015, mediamente più basso per i cittadini stranieri rispetto a quelli italiani (rispettivamente, 2.426 e 3.521 euro).
      La relazione negativa è confermata quando: i) ci concentriamo sugli immigrati dai paesi a “forte pressione migratoria”; ii) escludiamo potenziali distorsioni dovute alla presenza di rifugiati e richiedenti asilo negli ultimi anni; iii) teniamo conto della crisi economica e delle misure di consolidamento fiscale che hanno riguardato il nostro paese, influenzando anche il settore sanitario.

      Conta la struttura demografica

      In primo luogo, dai meccanismi che potrebbero spiegare la relazione negativa, abbiamo escluso effetti di spiazzamento verso la spesa sanitaria privata dovuti al possibile congestionamento dei servizi pubblici. Secondo, la relazione negativa tra immigrazione e spesa sanitaria è confermata anche quando si tiene conto del diverso grado di efficienza dei sistemi sanitari regionali, ossia l’effetto non è attribuibile alla concentrazione degli immigrati nelle regioni che offrono servizi sanitari in modo meno costoso. Terzo, abbiamo valutato la presenza di barriere all’entrata, come la lingua, che potrebbero limitare l’accessibilità degli stranieri al sistema sanitario pubblico. A prescindere dall’utilizzo dei mediatori culturali, la spesa sanitaria pro capite diminuisce in tutte le regioni con l’aumento degli immigrati.
      Ciò che appare determinante è invece la struttura demografica degli immigrati, che si differenzia notevolmente da quella della popolazione nativa (figura 2).

      Le stime indicano che, a parità di stranieri sulla popolazione totale, l’effetto negativo sulla spesa sanitaria regionale è attribuibile alla quota di immigrati in età lavorativa (15-64 anni). Sembra quindi all’opera un meccanismo di “selezione positiva”: gli stranieri che risiedono in Italia sono mediamente più giovani della popolazione italiana e sono fonte di una minore domanda di servizi sanitari, determinando un minore impatto sulla spesa.

      Le sfide per il futuro

      Il cosiddetto “effetto migrante sano” sembra essere più marcato per l’Italia che per gli altri paesi europei. Tuttavia, anche il buono stato di salute dei nostri stranieri potrebbe deteriorarsi nel tempo, a causa dell’esposizione a fattori di rischio come povertà, impiego in occupazioni pericolose, malsane e degradanti e stili di vita poco salutari.
      Dato il non trascurabile contributo economico che gli immigrati apportano in Italia, politiche per migliorare il loro accesso ai servizi sanitari potrebbero consentire non solo di favorire l’integrazione socio-economica, ma di affrontare meglio la sfida dell’invecchiamento demografico nel nostro paese. Allo stesso tempo, i risultati della nostra ricerca indicano come sinora l’immigrazione abbia costituito un fattore di contenimento, anziché di aggravio, della spesa sanitaria pubblica.

      https://www.lavoce.info/archives/57523/sorpresa-dove-gli-immigrati-sono-di-piu-la-spesa-sanitaria-scende
      #santé