Immigrati dietro le sbarre
Il Centro di identificazione ed espulsione (Cie) che si trova alle porte di Roma non è ufficialmente una prigione, ma la differenza sembra essere solo una questione semantica.
Delle alte inferriate separano file di baracche che di notte vengono chiuse a chiave, mentre il cortile resta illuminato a giorno. Ci sono videocamere di sicurezza ovunque, le guardie sono in tenuta antisommossa, le persone recluse possono spostarsi solo in alcune zone del centro e possono indossare solo ciabatte.
Il Cie di Ponte Galeria è una delle undici strutture simili esistenti in Italia. Secondo le autorità servono a regolare l’immigrazione irregolare e rispettano le linee guida dell’Unione europea. Ma sono sempre più numerose le critiche che le accusano di essere disumane, inutili e troppo costose. Elisabetta Povoledo del New York Times ha incontrato alcune delle persone che vivono in questo limbo tutto italiano.
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