• La Tunisia rifiuta i respingimenti collettivi e le deportazioni di migranti irregolari proposti da #Meloni e #Piantedosi

    1.Il risultato del vertice di Tunisi era già chiaro prima che Giorgia Meloni, la presidente della Commissione europea Von del Leyen ed il premier olandese Mark Rutte incontrassero il presidente Saied. Con una operazione di immagine inaspettata, il giorno prima del vertice, l’uomo che aveva lanciato mesi fa la caccia ai migranti subsahariani presenti nel suo paese, parlando addirittura del rischio di sostituzione etnica, si recava a Sfax, nella regione dalla quale si verifica la maggior parte delle partenze verso l’Italia, e come riferisce Il Tempo, parlando proprio con un gruppo di loro, dichiarava : “ Siamo tutti africani. Questi migranti sono nostri fratelli e li rispettiamo, ma la situazione in Tunisia non è normale e dobbiamo porre fine a questo problema. Rifiutiamo qualsiasi trattamento disumano di questi migranti che sono vittime di un ordine mondiale che li considera come ‘numeri’ e non come esseri umani. L’intervento su questo fenomeno deve essere umanitario e collettivo, nel quadro della legge”. Lo stesso Saied, secondo quanto riportato dalla Reuters, il giorno precedente la visita, aggiungeva che di fronte alla crescente mobilità migratoria “La soluzione non sarà a spese della Tunisia… non possiamo essere una guardia per i loro paesi”.

    Alla fine del vertice non c’è stata una vera e propria conferenza stampa congiunta, ma è stata fatta trapelare una Dichiarazione sottoscritta anche da Saied che stabilisce una sorta di roadmap verso un futuro Memorandum d’intesa (MoU) tra la Tunisia e l’Unione europea, che si dovrebbe stipulare entro il prossimo Consiglio europeo dei capi di governo che si terrà a fine giugno. L’Ue e la Tunisia hanno dato incarico, rispettivamente, al commissario europeo per l’Allargamento Oliver Varheliy e al ministro degli Esteri tunisino Nabil Ammar di stilare un memorandum d’intesa (Memorandum of Understanding, MoU) sul pacchetto di partnership allargata, che dovrebbe essere sottoscritto dalla Tunisia e dall’Ue “prima di fine giugno”. Una soluzione che sa tanto di rinvio, nella quale certamente non si trovano le richieste che il governo Meloni aveva cercato di fare passare, già attraverso il Consiglio dei ministri dell’Unione europea di Lussemburgo, restando poi costretto ad accettare una soluzione di compromesso, che non prevedeva affatto -come invece era stato richiesto- i respingimenti collettivi in alto mare, delegati alla Guardia costiera tunisina, e le deportazioni in Tunisia di migranti irregolari o denegati, dopo una richiesta di asilo, giunti in Italia dopo un transito temporaneo da quel paese.

    Secondo Piantedosi, “la Tunisia è già considerata un Paese terzo sicuro da provvedimenti e atti ufficiali italiani” e “La Farnesina ha già una lista formale di Stati terzi definiti sicuri. Sia in Africa, penso al Senegal, così come nei Balcani”. Bene che nella sua conferenza stampa a Catania, censurata dai media, non abbia citato la Libia, dopo avere chiesto la collaborazione del generale Haftar per bloccare le partenze verso l’Italia. Ma rimane tutto da dimostrare che la Tunisia sia un “paese terzo sicuro”, soprattutto per i cittadini non tunisini, generalmente provenienti dall’area subsahariana, perchè il richiamo strumentale che fa il ministro dell’interno alla lista di “paesi terzi sicuri” approvata con decreti ministeriali ed ampliata nel corso del tempo, riguarda i cittadini tunisini che chiedono asilo in Italia, e che comunque possono fare valere una richiesta di protezione internazionale, non certo i migranti provenienti da altri paesi e transitati in Tunisia, che si vorrebbero deportare senza troppe formalità, dopo procedure rapide in frontiera. Una possibilità che ancora non è concessa allo stato della legislazione nazionale e del quadro normativo europeo (in particolare dalla Direttiva Rimpatri 2008/115/CE), che si dovrebbe comunque modificare prima della entrata in vigore, ammsso che ci si arrivi prima delle prossime elezioni europee, del Patto sulla migrazione e l’asilo recentemente approvato a Lussemburgo.

    La Presidente della Comissione Europea, nella brevissima conferenza stampa tenuta dopo la chiusura del vertice di Tunisi ha precisato i punti essenziali sui quali si dovrebbe trovare un accordo tra Bruxelles e Tunisi, Fondo monetario internazionale permettendo. Von der Leyen ha confermato che la Ue è pronta a mobilitare 900 milioni di euro di assistenza finanziaria per Tunisi. I tempi però non saranno brevi. “La Commissione europea valuterà l’assistenza macrofinanziaria non appena sarà trovato l’accordo (con il Fmi) necessario. E siamo pronti a mobilitare fino a 900 milioni di euro per questo scopo di assistenza macrofinanziaria. Come passo immediato, potremmo fornire subito un ulteriore sostegno al bilancio fino a 150 milioni di euro”. Come riferisce Adnkronos, “Tunisi dovrebbe prima trovare l’intesa con il Fondo Monetario Internazionale su un pacchetto di aiuti, a fronte del quale però il Fondo chiede riforme, che risulterebbero impopolari e che la leadership tunisina esita pertanto ad accollarsi”. Secondo Adnkronos, L’Ue intende “ripristinare il Consiglio di associazione” tra Ue e Tunisia e l’Alto Rappresentante Josep Borrell “è pronto ad organizzare il prossimo incontro entro la fine dell’anno”, ha sottolineato la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen al termine dell’incontro. L’esecutivo comunitario è pronto ad aiutare la Tunisia con un pacchetto basato su cinque pilastri, il principale dei quali è costituito da aiuti finanziari per oltre un miliardo di euro. Il primo è lo sviluppo economico. “Sosterremo la Tunisia, per rafforzarne l’economia. La Commissione Europea sta valutando un’assistenza macrofinanziaria, non appena sarà trovato l’accordo necessario. Siamo pronti a mobilitare fino a 900 milioni di euro per questo scopo. E, come passo immediato, potremmo fornire altri 150 milioni di euro di sostegno al bilancio“. “Il secondo pilastro – continua von der Leyen – sono gli investimenti e il commercio. L’Ue è il principale investitore straniero e partner commerciale della Tunisia. E noi proponiamo di andare oltre: vorremmo modernizzare il nostro attuale accordo commerciale. C’è molto potenziale per creare posti di lavoro e stimolare la crescita qui in Tunisia. Un focus importante per i nostri investimenti è il settore digitale. Abbiamo già una buona base“. Sempre secondo quanto riferito da Adnkronos, “La Commissione Europea sta lavorando ad un memorandum di intesa con la Tunisia nelle energie rinnovabili, campo nel quale il Paese nordafricano ha un potenziale “enorme”, mentre l’Ue ne ha sempre più bisogno, per alimentare il processo di elettrificazione e decarbonizzazione della sua economia, spiega la presidente. L’energia è “il terzo pilastro” del piano in cinque punti che von der Leyen ha delineato al termine della riunione”.

    Quest’anno l’Ue “fornirà alla Tunisia 100 milioni di euro per la gestione delle frontiere, ma anche per la ricerca e il soccorso, la lotta ai trafficanti e il rimpatrio”, annuncia ancora la presidente. Il controllo dei flussi migratori è il quarto pilastro del programma che von der Leyen ha delineato per i rapporti bilaterali tra Ue e Tunisia. Per la presidente della Commissione europea, l’obiettivo “è sostenere una politica migratoria olistica radicata nel rispetto dei diritti umani. Entrambi abbiamo interesse a spezzare il cinico modello di business dei trafficanti di esseri umani. È orribile vedere come mettono deliberatamente a rischio vite umane, a scopo di lucro. Lavoreremo insieme su un partenariato operativo contro il traffico di esseri umani e sosterremo la Tunisia nella gestione delle frontiere”.

    Nel pacchetto di proposte comprese nel futuro Memorandum d’intesa UE-Tunisia, che si dovrebbe sottoscrivere entro la fine di giugno, rientrerebbero anche una serie di aiuti economici all’economia tunisina, in particolare nei settori dell’agricoltura e del turismo, e nuove possibilità di mobilità studentesca, con programmi tipo Erasmus. Nulla di nuovo, ed anche una dotazione finanziaria ridicola, se si pensa ai 200 milioni di euro stanziati solo dall’Italia con il Memorandum d’intesa con la Tunisia siglato da Di Maio per il triennio 2021-2023. Semmai sarebbe interessante sapere come stati spesi quei soldi, visti i risultati sulla situazione dei migranti in transito in Tunisia, nelle politiche di controllo delle frontiere e nei soccorsi in mare.

    2. Non è affatto vero dunque che sia passata la linea dell’Italia per due ragioni fondamentali. L’Italia chiedeva una erogazione immediata degli aiuti europei alla Tunisia e una cooperazione operativa nei respingimenti collettivi in mare ed anche la possibilità di riammissione in Tunisia di cittadini di paesi terzi ( non tunisini) giunti irregolarmente nel nostro territorio, o di cui fosse stata respinta la domanda di protezione nelle procedure in frontiera. Queste richieste della Meloni (e di Piantedosi) sono state respinte, e non rientrano nel Memorandum d’intesa che entro la fine del mese Saied dovrebbe sottoscrivere con l’Unione Europea (il condizionale è d’obbligo).

    Gli aiuti europei sono subordinati all’accettazione da parte di Saied delle condizioni poste dal Fondo Monetario internazionale per l’erogazione del prestito fin qui rifiutato dal presidente. Un prestito che sarebbe condizionato al rispetto di paramentri monetari e di abbattimento degli aiuti pubblici, e forse anche al rispetto dei diritti umani, che in questo momento non sono accettati dal presidente tunisino, ormai di fatto un vero e proprio autocrate. Con il quale la Meloni, ormai lanciata verso il presidenzialismo all’italiana, si riconosce più di quanto non facciano esponenti politici di altri paesi europei. Al punto che persino Mark Rutte, che nel suo paese ha attuato politiche migratorie ancora più drastiche di quelle propagandate dal governo italiano, richiama, alla fine del suo intervento, l’esigenza del rispetto dei diritti umani delle persone migranti, come perno del nuovo Memorandum d’intesa tra la Tunisia e l’Unione Europea.

    Per un altro verso, la “lnea dell’Italia”, dunque la politica dei “respingimenti su delega”, che si vorrebbe replicare con la Tunisia, sul modello di quanto avviene con le autorità libiche, delegando a motovedette, donate dal nostro paese e coordinate anche dall’agenzia europea Frontex, i respingimenti collettivi in acque internazionali, non sembra di facile applicazione per evidenti ragioni geografiche e geopolitiche.

    La Tunisia non e’ la Libia (o la Turchia), le autorità centrali hanno uno scarso controllo dei punti di partenza dei migranti e la corruzione è molto diffusa. Sembra molto probabile che le partenze verso l’Italia continueranno ad aumentare in modo esponenziale nelle prossime settimane. Aumentare le dotazioni di mezi e i supporti operativi in favore delle motovedette tunisine si è già dimostrata una politica priva di efficacia e semmai foriera di stragi in mare. Sulle stragi in mare neppure una parola dopo il vertice di Tunisi. Non è vero che la diminuzione delle partenze dalla Tunisia nel mese di maggio sia conseguenza della politica migratoria del governo Meloni, risultando soltanto una conseguenza di un mese caratterizzato da condizioni meteo particolarmente sfavorevoli, come ha riconosciuto anchel’OIM e l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), e come tutti hanno potuto constatare anche in Italia. Vedremo con il ritorno dell’estate se le partenze dalla Tunisia registreranno ancora un calo.

    La zona Sar (di ricerca e salvataggio) tunisina si limita alle acque territoriali (12 miglia dalla costa) ed i controlli affidati alle motovedette tunisine non si possono svolgere oltre. Difficile che le motovedette tunisine si spingano nella zona Sar “libica” o in quella maltese. Continueranno ad intercettare a convenienza, quando i trafficanti non pagheranno abbastanza per corrompere, ed i loro interventi, condotti spesso con modalità di avvicinamento che mettono a rischio la vita dei naufraghi, non ridurranno di certo gli arrivi sulle coste italiane di cittadini tunisini e subsahariani. Per il resto il futuribile Memorandum d’intesa Tunisia-Libia, che ancora e’ una scatola vuota, e che l’Unione europea vincola al rispetto dei diritti umani, dunque anche agli obblighi internazionali di soccorso in mare, non può incidere in tempi brevi sui rapporti bilaterali tra Roma e Tunisi, che sono disciplinati da accordi bilaterali che si dovrebbero modificare successivamente, sempre in conformità con la legislazione ( e la Costituzione) italiana e la normativa euro-unitaria. Dunque non saranno ogettto di nuovi accordi a livello europeo con la Tunisia i respingimenti collettivi vietati dall’art.19 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e non si potranno realizzare, come vorrebero la Meloni e Piantedosi, deportazioni in Tunisia di cittadini di altri paesi terzi, peraltro esclusi dai criteri di “connessione” richiesti nella “proposta legislativa” adottata dal Consiglio dei ministri dell’interno di Lussemburgo. E si dovranno monitorare anche i respingimenti di cittadini tunisini in Tunisia, dopo la svolta autoritaria impressa dall’autocrate Saied che ha fatto arrestare giornalisti e sindacalisti, oltre che numerosi membri dei partiti di opposizione. In ogni caso non si dovranno dimenticare le condanne ricevute dall’Italia da parte della Corte europea dei diritti dell’Uomo, proprio per i respingimenti differiti effettuati ai danni di cittadini tunisini (caso Khlaifia). Faranno morire ancora centinaia di innocenti. Dare la colpa ai trafficanti non salva dal fallimento politico e morale nè l’Unione Europea nè il governo Meloni.

    –—

    Saied, inaccettabili centri migranti in Tunisia

    (ANSA) – TUNISI, 11 GIU – Il presidente tunisino Kais Saied, nel suo incontro con la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen e del primo ministro olandese Mark Rutte “ha fatto notare che la soluzione che alcuni sostengono segretamente di ospitare in Tunisia migranti in cambio di somme di denaro è disumana e inaccettabile, così come le soluzioni di sicurezza si sono dimostrate inadeguate, anzi hanno aumentato le sofferenze delle vittime della povertà e delle guerre”. Lo si legge in un comunicato della presidenza tunisina, pubblicato al termine dell”incontro. (ANSA).

    2023-06-11 18:59

    –—

    ANSA/Meloni e l”Ue incassano prima intesa ma Saied alza posta

    (dell”inviato Michele Esposito)

    (ANSA) – TUNISI, 11 GIU – Una visita lampo, una dichiarazione congiunta che potrebbe portare ad un cruciale memorandum d”intesa, un orizzonte ancora confuso dal continuo alzare la posta di Kais Saied. Il vertice tra Ursula von der Leyen, Giorgia Meloni, Mark Rutte e il presidente tunisino potrebbe segnare un prima e un dopo nei rapporti tra l”Ue e il Paese nordafricano. Al tavolo del palazzo presidenziale di Cartagine, per oltre due ore, i quattro hanno affrontato dossier a dir poco spigolosi, dalla gestione dei migranti alla necessità di un”intesa tra Tunisia e Fmi. La luce verde sulla prima intesa alla fine si è accesa. “E” un passo importante, dobbiamo arrivare al Consiglio europeo con un memorandum già siglato tra l”Ue e la Tunisia”, è l”obiettivo fissato da Meloni, che ha rilanciato il ruolo di prima linea dell”Italia nei rapporti tra l”Europa e la sponda Sud del Mediterraneo. Nel Palazzo voluto dal padre della patria tunisino, Habib Bourguiba, von der Leyen, Meloni e Rutte sono arrivati con l”ideale divisa del Team Europe. I tre, di fatto, hanno rappresentato l”intera Unione sin da quando, a margine del summit in Moldavia della scorsa settimana, è nata l”idea di accelerare sul dossier tunisino. I giorni successivi sono stati segnati da frenetici contatti tra gli sherpa. Il compromesso, iniziale e generico, alla fine è arrivato. L”Ue sborserà sin da subito, e senza attendere il Fondo Monetario Internazionale, 150 milioni di euro a sostegno del bilancio tunisino. E” un primo passo ma di certo non sufficiente per Saied. Sulla seconda parte del sostegno europeo, il pacchetto di assistenza macro-finanziaria da 900 milioni, l”Ue tuttavia non ha cambiato idea: sarà sborsato solo dopo l”intesa tra Saied e l”Fmi. Intesa che appare ancora lontana: poco dopo la partenza dei tre leader europei, la presidenza tunisina ha infatti invitato il Fondo a “rivedere le sue ricette” ed evitare “diktat”, sottolineando che gli aiuti da 1,9 miliardi, sotto forma di prestiti, “non porteranno benefici” alla popolazione. La difficoltà di mettere il punto finale al negoziato tra Ue e Tunisia sta anche in un altro dato: la stessa posizione europea è frutto di un compromesso tra gli Stati membri. Non è un caso, ad esempio, che sia stato Rutte, portatore delle istanze dei Paesi del Nord, a spiegare come la cooperazione tra Ue e Tunisia sulla gestione dei flussi irregolari debba avvenire “in accordo con i diritti umani”. La dichiarazione congiunta, in via generica, fa riferimento ai principali nodi legati ai migranti: le morti in mare, la necessità di aumentare i rimpatri dell”Europa degli irregolari, la lotta ai trafficanti. Von der Leyen ha messo sul piatto sovvenzioni da 100 milioni di euro per sostenere i tunisini nel contrasto al traffico illegale e nelle attività di search & rescue. Meloni, dal canto suo, ha annunciato “una conferenza su migrazione e sviluppo in Italia, che sarà un ulteriore tappa nel percorso del partenariato” tra l”Ue e Tunisi. Saied ha assicurato il suo impegno sui diritti umani e nella chiusura delle frontiere sud del Paese, ma sui rimpatri la porta è aperta solo a quella per i tunisini irregolari. L”ipotesi che la Tunisia, come Paese di transito sicuro, ospiti anche i migranti subsahariani, continua a non decollare. “L”idea, che alcuni sostengono segretamente, che il Paese ospiti centri per i migranti in campo di somme di danaro è disumana e inaccettabile”, ha chiuso Saied. La strada, insomma, rimane in salita. La strategia dell”Ue resta quella adottata sin dalla prima visita di un suo commissario – Paolo Gentiloni – lo scorso aprile: quella di catturare il sì di Saied con una partnership economica ed energetica globale e di lungo periodo, in cui la migrazione non è altro che un ingranaggio. Ma Tunisi, su diritti e rule of law, deve fare di più. “L”Ue vuole investire nella stabilità tunisina. Le difficoltà del suo percorso democratico si possono superare”, ha detto von der Leyen. Delineando la mano tesa dell”Europa ma anche la linea rossa entro la quale va inquadrata la nuova partnership. (ANSA).

    2023-06-11 19:55

    –—

    Statement 11 June 2023 Tunis
    The European Union and Tunisia agreed to work together on a comprehensive partnership package (https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/statement_23_3202)

    European Commission – Statement
    The European Union and Tunisia agreed to work together on a comprehensive partnership package
    Tunis, 11 June 2023

    Building on our shared history, geographic proximity, and strong relationship, we have agreed towork together on a comprehensive partnership package, strengthening the ties that bind us in a mutually beneficial manner.
    We believe there is enormous potential to generate tangible benefits for the EU and Tunisia. The comprehensive partnership would cover the following areas:

    - Strengthening economic and trade ties ,

    - A sustainable and competitive energy partnership

    - Migration

    - People-to-people contacts

    The EU and Tunisia share strategic priorities and in all these areas, we will gain from working together more closely.
    Our economic cooperation will boost growth and prosperity through stronger trade and investment links, promoting opportunities for businesses including small and medium sized enterprises. Economic support, including in the form of Macro Financial Assistance, will also be considered. Our energy partnership will assist Tunisia with the green energy transition, bringing down costs and creating the framework for trade in renewables and integration with the EU market.
    As part of our joint work on migration, the fight against irregular migration to and from Tunisia and the prevention of loss of life at sea, is a common priority, including fighting against smugglers and human traffickers, strengthening border management, registration and return in full respect of human rights.
    People-to-people contacts are central to our partnership and this strand of work will encompass stronger cooperation on research, education, and culture, as well as developing Talent Partnerships, opening up new opportunities for skills development and mobility, especially for youth.

    Enhanced political and policy dialogue within the EU-Tunisia Association Council before the end of the year will offer an important opportunity to reinvigorate political and institutional ties, with the aim of addressing common international challenges together and preserving the rules-based order.
    We have tasked the Minister of Foreign Affairs, Migration and Tunisians Abroad and the
    Commissioner for Neighbourhood and Enlargement to work out a Memorandum of Understanding on the comprehensive partnership package, to be endorsed by Tunisia and the European Union before the end of June.

    https://www.a-dif.org/2023/06/11/la-tunisia-rifiuta-i-respingimenti-collettivi-e-le-deportazioni-di-migranti-i

    #Tunisie #externalisation #asile #migrations #réfugiés #Memorandum_of_Understanding (#MoU) #Italie #frontières #externalisation_des_frontières #réadmission #accord_de_réadmission #refoulements_collectifs #pays_tiers_sûr #développement #aide_au_développement #conditionnalité_de_l'aide #énergie #énergies_renouvelables

    #modèle_tunisien

    • EU offers Tunisia over €1bn to stem migration

      Brussels proposes €255mn in grants for Tunis, linking longer-term loans of up to €900mn to reforms

      The EU has offered Tunisia more than €1bn in a bid to help the North African nation overcome a deepening economic crisis that has prompted thousands of migrants to cross the Mediterranean Sea to Italy.

      The financial assistance package was announced on Sunday in Tunis after Ursula von der Leyen, accompanied by the prime ministers of Italy and the Netherlands, Giorgia Meloni and Mark Rutte, met with Tunisian president Kais Saied. The proposal still requires the endorsement of other EU governments and will be linked to Tunisian authorities passing IMF-mandated reforms.

      Von der Leyen said the bloc is prepared to mobilise €150mn in grants “right now” to boost Tunisia’s flagging economy, which has suffered from surging commodity prices linked to Russia’s invasion of Ukraine. Further assistance in the form of loans, totalling €900mn, could be mobilised over the longer-term, she said.

      In addition, Europe will also provide €105mn in grants this year to support Tunisia’s border management network, in a bid to “break the cynical business model of smugglers and traffickers”, von der Leyen said. The package is nearly triple what the bloc has so far provided in migration funding for the North African nation.

      The offer of quick financial support is a boost for Tunisia’s embattled president, but longer-term support is contingent on him accepting reforms linked to a $1.9bn IMF package, a move Saied has been attempting to defer until after presidential elections next year.

      Saied has refused to endorse the IMF loan agreement agreed in October, saying he rejected foreign “diktats” that would further impoverish Tunisians. The Tunisian leader is wary of measures such as reducing energy subsidies and speeding up the privatisation of state-owned enterprises as they could damage his popularity.

      Meloni, who laid the groundwork for the announcement after meeting with Saied on Tuesday, has been pushing Washington and Brussels for months to unblock financial aid for Tunisia. The Italian leader is concerned that if the north African country’s economy imploded, it would trigger an even bigger wave of people trying to cross the Mediterranean.

      So far this year, more than 53,000 migrants have arrived in Italy by boat, more than double compared with the same period last year — with a sharp increase in boats setting out from Tunisia one factor behind the surge.

      The agreement was “an important step towards creating a true partnership to address the migration crisis,” Meloni said on Sunday.

      In February, Saied stoked up racist violence against people from sub-Saharan African countries by saying they were part of a plot to change Tunisia’s demographic profile.

      His rhetoric has softened in an apparent bid to improve the image of the deal with the EU. Visiting a camp on Saturday, he criticised the treatment of migrants “as mere numbers”. However, he added, “it is unacceptable for us to play the policeman for other countries”.

      The Tunisian Forum for Economic and Social Rights think-tank criticised the EU’s visit on Sunday as “an attempt to exploit [Tunisia’s] political, economic and social fragility”.

      The financial aid proposal comes days after European governments agreed on a long-awaited migration package that will speed up asylum proceedings and make it easier for member states to send back people who are denied asylum.

      The package also includes proposals to support education, energy and trade relations with the country, including by investing in Tunisia’s renewable energy network and allowing Tunisian students to take part in student exchange programme Erasmus+.

      The presence of the Dutch prime minister, usually a voice for fiscally conservative leaders in the 27-strong bloc, indicated that approval of the package would not be as difficult to achieve as other foreign funding requests. The Netherlands, while not a frontline country like Italy, has also experienced a spike in so-called secondary migration, as many of the people who arrive in southern Europe travel on and apply for asylum in northern countries.

      Calling the talks “excellent”, Rutte said that “the window is open, we all sense there’s this opportunity to foster this relationship between the EU and Tunisia”.

      https://www.ft.com/content/82d6fc8c-ee95-456a-a4e1-8c2808922da3

    • Migrations : les yeux doux de #Gérald_Darmanin au président tunisien

      Pour promouvoir le Pacte sur la migration de l’Union européenne, le ministre de l’Intérieur en visite à Tunis a flirté avec les thèses controversées de Kais Saied, présentant le pays comme une « victime » des flux de réfugiés.

      Quand on sait que l’on n’obtiendra pas ce que l’on désire de son hôte, le mieux est de porter la faute sur un tiers. Le ministre français de l’Intérieur, Gérald Darmanin, a fait sienne cette stratégie durant sa visite dimanche 18 et lundi 19 juin en Tunisie. Et tant pis pour les pays du Sahel, victimes collatérales d’un échec annoncé.

      Accompagné de son homologue allemande, Nancy Faeser, le premier flic de France était en Tunisie pour expliquer au président tunisien Kais Saied le bien-fondé du Pacte sur la migration et l’asile en cours de validation dans l’Union européenne. Tel quel, il pourrait faire de la Tunisie un pays de transit ou d’établissement pour les migrants refoulés au nord de la Méditerranée. La Tunisie n’a jamais accepté officiellement d’être le gardien des frontières de l’Europe, même du temps du précédent président de la République, Béji Caïd Essebsi – officieusement, les gardes-côtes ont intercepté plus de 23 000 migrants de janvier à mai. Ce n’est pas le très panarabisant Kais Saied qui allait céder.

      Surtout que le chef de l’Etat aux méthodes autoritaires avait déjà refusé pareille proposition la semaine dernière, lors de la visite de la présidente de la Commission européenne, Ursula von der Leyen, accompagnée de Giorgia Meloni et Mark Rutte, chefs du gouvernement italien et néerlandais, malgré les promesses de plus d’un milliard d’euros d’aides à long terme (des projets budgétés de longue date pour la plupart). Kais Saied avait encore réitéré son refus au téléphone le 14 juin à Charles Michel, le président du Conseil européen.
      « Grand remplacement »

      Peu de chance donc que Gérald Darmanin et Nancy Faeser, « simples » ministres de l’Intérieur aient plus de succès, bien que leurs pays pèsent « 40 % du budget de l’Union européenne », comme l’a malicieusement glissé le ministre français. Alors pour ne pas repartir complètement bredouille, le locataire de la place Beauvau a promis du concret et flirté avec les thèses très controversées de Kais Saied.

      La France a promis une aide bilatérale de 25,8 millions d’euros pour « acquérir les équipements nécessaires et organiser les formations utiles, des policiers et des gardes-frontières tunisiens pour contenir le flux irrégulier de migrants ». Darmanin a surtout assuré que la Tunisie ne deviendra pas « la garde-frontière de l’Union européenne, ce n’est pas sa vocation ». Au contraire, il a présenté l’ancienne puissance carthaginoise comme une « victime » du flux migratoire.

      « Les Tunisiens qui arrivent de manière irrégulière sur le territoire européen sont une portion très congrue du nombre de personnes qui traversent à partir de la Tunisie la Méditerranée pour venir en Europe. Il y a beaucoup de Subsahariens notamment qui prennent ces routes migratoires », a ajouté le ministre de l’Intérieur français. Un argument martelé depuis des mois par les autorités tunisiennes. Dans un discours reprenant les thèses du « grand remplacement », Kais Saied, le 21 février, avait provoqué une campagne de haine et de violence contre les Subsahariens. Ces derniers avaient dû fuir par milliers le pays. Sans aller jusque-là, Gérald Darmanin a joué les VRP de Kais Saied, déclarant qu’« à la demande de la Tunisie », la France allait jouer de ses « relations diplomatiques privilégiées » avec ces pays (Côte d’Ivoire, Sénégal, Cameroun, notamment) pour « prévenir ces flux ». Si les migrants arrivant par bateaux en Italie sont, pour beaucoup, des Subsahariens – le nombre d’Ivoiriens a été multiplié par plus de 7 depuis le début de l’année par rapport à l’an dernier à la même période –, les Tunisiens demeurent, selon le HCR, la première nationalité (20 %) à débarquer clandestinement au sud de l’Europe depuis 2021.
      Préférence pour Giorgia Meloni

      Gérald Darmanin a quand même soulevé un ancien contentieux : le sort de la vingtaine de Tunisiens radicalisés et jugés dangereux actuellement présents sur le territoire français de façon illégale. Leur retour en Tunisie pose problème. Le ministre français a affirmé avoir donné une liste de noms (sans préciser le nombre) à son homologue tunisien. En attendant de savoir si son discours contribuera à réchauffer les relations avec le président tunisien – ce dernier ne cache pas sa préférence pour le franc-parler de Giorgia Meloni, venue deux fois ce mois-ci – Gérald Darmanin a pu profiter de prendre le café avec Iheb et Siwar, deux Tunisiens réinstallés dans leur pays d’origine via une aide aux retours volontaires mis en place par l’Office français de l’immigration et de l’intégration. En 2022, les Tunisiens ayant eu recours à ce programme étaient… 79. Quand on est envoyé dans une guerre impossible à gagner, il n’y a pas de petite victoire.

      https://www.liberation.fr/international/afrique/migrations-les-yeux-doux-de-gerald-darmanin-au-president-tunisien-2023061
      #Darmanin #France

    • Crisi economica e rimpatri: cosa stanno negoziando Ue e Tunisia

      Con l’economia del Paese nordafricano sempre più in difficoltà, l’intreccio tra sostegno finanziario ed esternalizzazione delle frontiere si fa sempre più stretto. E ora spunta una nuova ipotesi: rimpatriare in Tunisia anche cittadini di altri Paesi

      Durante gli ultimi mesi di brutto tempo in Tunisia, il governo italiano ha più volte dichiarato di aver compiuto «numerosi passi avanti nella difesa dei nostri confini», riferendosi al calo degli arrivi di migranti via mare dal Paese nordafricano. Ora che il sole estivo torna a splendere sulle coste del Sud tunisino, però, le agenzie stampa segnalano un nuovo «aumento delle partenze». Secondo l’Ansa, durante le notti del 18 e 19 giugno, Lampedusa ha contato prima dodici, poi altri quindici sbarchi. Gli arrivi sono stati 18, con 290 persone in totale, anche tra la mezzanotte e le due del 23 giugno. Come accadeva durante i mesi di febbraio e marzo, a raggiungere le coste siciliane sono soprattutto ivoriani, malesi, ghanesi, nigeriani, sudanesi, egiziani. I principali porti di partenza delle persone che raggiungono l’Italia via mare, nel 2023, si trovano soprattutto in Tunisia.

      È durante questo giugno piovoso che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni è atterrata a Tunisi non una ma ben due volte, con l’intento di negoziare quello che ha tutta l’aria di uno scambio: un maggior sostegno finanziario al bilancio di una Tunisia sempre più in crisi in cambio di ulteriori azioni di militarizzazione del Mediterraneo centrale. Gli aiuti economici promessi da Bruxelles, necessari perché la Tunisia eviti la bancarotta, sono condizionati alla firma di un nuovo accordo con il Fondo monetario internazionale. Il prezzo da pagare, però, sono ulteriori passi avanti nel processo di esternalizzazione della frontiera dell’Unione europea. Un processo già avviato da anni che, come abbiamo raccontato nelle precedenti puntate di #TheBigWall, si è tradotto in finanziamenti alla Tunisia per un valore di 59 milioni di euro dal 2011 a oggi, sotto forma di una lunga lista di equipaggiamenti a beneficio del ministero dell’Interno tunisino.

      Che l’Italia si stia nuovamente muovendo in questo senso, è stato reso noto dalla documentazione raccolta tramite accesso di richiesta agli atti da IrpiMedia in collaborazione con ActionAid sull’ultimo finanziamento di 12 milioni di euro approvato a fine 2022. A dimostrarlo, è anche l’ultima gara d’appalto pubblicata da Unops, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Servizi di Progetto, che dal 2020 fa da intermediario tra il inistero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale italiano (Maeci) e il ministero dell’Interno tunisino, per la fornitura di sette nuove motovedette, in scadenza proprio a giugno.

      Le motovedette si sommano al recente annuncio, reso noto da Altreconomia a marzo 2023, della fornitura di 100 pick-up Nissan Navara alla Guardia nazionale tunisina. Con una differenza, però: Roma non negozia più da sola con Tunisi, ma si impone come mediatrice tra il Paese nordafricano e l’Unione europea. Secondo le informazioni confidenziali diffuse da una fonte diplomatica vicina ai negoziati Tunisia-Ue, la lista più recente sottoposta dalla Tunisia alla Commissione europea includerebbe anche «droni, elicotteri e nuove motovedette per un totale di ulteriori 200 milioni di euro». Durante la visita del 19 giugno, anche la Francia ha annunciato un nuovo sostegno economico a Tunisi del valore di 26 milioni di euro finalizzato a «contrastare la migrazione».

      Il prezzo del salvataggio dalla bancarotta sono i migranti

      Entro fine giugno è attesa la firma del nuovo memorandum tra Unione europea e Tunisia. Ad annunciarlo è stata la presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen, arrivata a Tunisi l’11 giugno insieme a Giorgia Meloni e a Mark Rutte, il primo ministro olandese.

      La visita ha fatto seguito al Consiglio dell’Ue, il vertice che riunisce i ministri competenti per discutere e votare proposte legislative della Commissione in cui sono stati approvati alcuni provvedimenti che faranno parte del Patto sulla migrazione e l’asilo. L’intesa, che dovrebbe sostituire anche il controverso Regolamento di Dublino ma deve ancora essere negoziata con l’Europarlamento, si lega alle trattative con la Tunisia. Tra i due dossier esiste un parallelismo tracciato dalla stessa Von Der Leyen che, a seguito del recente naufragio di fronte alle coste greche, ha dichiarato: «Sulla migrazione dobbiamo agire in modo urgente sia sul quadro delle regole che in azioni dirette e concrete. Per esempio, il lavoro che stiamo facendo con la Tunisia per stabilizzare il Paese, con l’assistenza finanziaria e investendo nella sua economia».

      Nel frattempo, in Tunisia, la situazione economica si è fatta sempre più complicata. Il 9 giugno, infatti, l’agenzia di rating Fitch ha declassato il Paese a “-CCC” per quanto riguarda l’indice Idr, Issuer default ratings, ovvero il misuratore della capacità di solvenza di aziende e fondi sovrani. Più è basso, più è alta la possibilità, secondo Fitch, che il Paese (o la società, quando l’indice Idr si applica alle società) possa finire in bancarotta. Colpa principalmente delle trattative fallite tra il governo di Tunisi e il Fondo monetario internazionale (Fmi): ad aprile 2023, il presidente Kais Saied ha rifiutato pubblicamente un prestito da 1,9 miliardi di dollari.

      Principale ragione del diniego tunisino sono stati i «diktat», ha detto Saied il 6 aprile, imposti dal Fmi, cioè una serie di riforme con possibili costi sociali molto alti. Al discorso, sono seguite settimane di insistente lobbying da parte italiana, a Tunisi come a Washington, perché si tornasse a discutere del prestito. Gli aiuti promessi da Von Der Leyen in visita a Tunisi (900 milioni di euro di prestito condizionato, oltre ai 150 milioni di sostegno bilaterale al bilancio) sono infatti condizionati al sì dell’Fmi.

      La Tunisia, quindi, ha bisogno sempre più urgentemente di sostegno finanziario internazionale per riuscire a chiudere il bilancio del 2023 e a rispettare le scadenze del debito pubblico estero. E le trattative per fermare i flussi migratori si intensificano. A giugno 2023, come riportato da AnsaMed, Meloni ha dichiarato di voler «risolvere alla partenza» la questione migranti, proprio durante la firma del Patto sull’asilo a Bruxelles. Finanziamenti in cambio di misure di controllo delle partenze, quindi. Ma di che tipo? Per un’ipotesi che tramonta, un’altra sembra prendere corpo.
      I negoziati per il nuovo accordo di riammissione

      La prima ipotesi è trasformare la Tunisia in un hotspot, una piattaforma esterna all’Unione europea per lo smistamento di chi avrebbe diritto a una forma di protezione e chi invece no. È un’idea vecchia, che compariva già nelle bozze di accordi Ue-Tunisia fermi al 2018, dove si veniva fatto esplicito riferimento ad «accordi regionali di sbarco» tra Paesi a Nord del Mediterraneo e Paesi a Sud, e a «piattaforme di sbarco […] complementari a centri controllati nel territorio Ue». All’epoca, la Tunisia rispose con un secco «no» e anche oggi sembra che l’esito sarà simile. Secondo una fonte vicina alle trattative in corso per il memorandum con l’Ue, «è improbabile che la Tunisia accetti di accogliere veri e propri centri di smistamento sul territorio».

      L’opinione del presidente tunisino Kais Saied, infatti, è ben diversa dai toni concilianti con i quali ha accolto i rappresentanti politici europei, da Meloni ai ministri dell’Interno di Francia (Gérald Darmanin) e Germania (Nancy Faeser), questi ultimi incontrati lo scorso 19 giugno. Saied ha più volte ribadito che «non saremo i guardiani dell’Europa», provando a mantenere la sua immagine pubblica di “anti-colonialista” e sovranista.

      Sotto la crescente pressione economica, esiste comunque la possibilità che il presidente tunisino scenda a più miti consigli e rivaluti l’idea della Tunisia come hotspot. In questo scenario, i Paesi Ue potrebbero rimandare in Tunisia non solo persone tunisine a cui è negata la richiesta d’asilo, ma anche persone di altre nazionalità che hanno qualche tipo di legame (ancora tutto da definire nei dettagli) con la Tunisia. Il memorandum Tunisia-Ue, quindi, potrebbe includere delle clausole relative non solo ai rimpatri dei cittadini tunisini, ma anche alle riammissioni di cittadini di altri Paesi.

      A sostegno di questa seconda ipotesi ci sono diversi elementi. Il primo è un documento della Commissione europea sulla cooperazione estera in ambito migratorio, visionato da IrpiMedia, datato maggio 2022, ma anticipato da una bozza del 2017. Nel documento, in riferimento a futuri accordi di riammissione, si legge che la Commissione avrebbe dovuto lanciare, «entro la fine del 2022», «i primi partenariati con i Paesi nordafricani, tra cui la Tunisia». Il secondo elemento è contenuto nell’accordo raggiunto dal Consiglio sul Patto. Su pressione dell’Italia, la proposta di legge prevede la possibilità di mandare i richiedenti asilo in un Paese terzo considerato sicuro, sulla base di una serie di fattori legati al rispetto dei diritti umani in generale e dei richiedenti asilo più nello specifico.
      I dubbi sulla Tunisia, Paese terzo sicuro

      A marzo 2023 – durante il picco di partenze dalla Tunisia a seguito di un violento discorso del presidente nei confronti della comunità subsahariana nel Paese – la lista dei Paesi di origine considerati sicuri è stata aggiornata, e include ormai non solo la Tunisia stessa, sempre più insicura, come raccontato nelle puntate precedenti, ma anche la Costa d’Avorio, il Ghana, la Nigeria. Che rappresentano ormai le prime nazionalità di sbarco.

      In questo senso, aveva attirato l’attenzione la richiesta da parte delle autorità tunisine a inizio 2022 di laboratori mobili per il test del DNA, utilizzati spesso nei commissariati sui subsahariani in situazione di regolarità o meno. Eppure, nel contesto la situazione della comunità subsahariana nel Paese resta estremamente precaria. Solo la settimana scorsa un migrante di origine non chiara, ma subsahariano, è stato accoltellato nella periferia di Sfax, dove la tensione tra famiglie tunisine in situazioni sempre più precarie e subsahariani continua a crescere.

      Malgrado un programma di ritorno volontario gestito dall’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim), continua a esistere una tendopoli di fronte alla sede dell’organizzazione internazionale. La Tunisia, dove manca un quadro legale sul diritto di asilo che tuteli quindi chi viene riconosciuto come rifugiato da UNHCR, continua a non essersi dotata di una zona Sar (Search & Rescue). Proprio a questo fa riferimento esplicito la bozza del nuovo patto sull’asilo firmato a Bruxelles. Una delle condizioni richieste, allora, potrebbe essere proprio quella di notificare all’Organizzazione marittima internazionale (Imo) una zona Sar una volta ottenuti tutti gli equipaggiamenti richiesti dal ministero dell’Interno tunisino.

      https://irpimedia.irpi.eu/thebigwall-crisi-economica-rimpatri-cosa-stanno-negoziando-ue-tunisia
      #crise_économique #UE #externalisation

    • Pour garder ses frontières, l’Europe se précipite au chevet de la Tunisie

      Alors que le régime du président #Kaïs_Saïed peine à trouver un accord avec le #Fonds_monétaire_international, la Tunisie voit plusieurs dirigeants européens — notamment italiens et français — voler à son secours. Un « soutien » intéressé qui vise à renforcer le rôle de ce pays comme garde-frontière de l’Europe en pleine externalisation de ses frontières.

      C’est un fait rarissime dans les relations internationales. En l’espace d’une semaine, la présidente du Conseil italien, Giorgia Meloni, aura effectué deux visites à Tunis. Le 7 juin, la dirigeante d’extrême droite n’a passé que quelques heures dans la capitale tunisienne. Accueillie par son homologue Najla Bouden, elle s’est ensuite entretenue avec le président Kaïs Saïed qui a salué, en français, une « femme qui dit tout haut ce que d’autres pensent tout bas ». Quatre jours plus tard, c’est avec une délégation européenne que la présidente du Conseil est revenue à Tunis.

      Accompagnée de la présidente de la Commission européenne #Ursula_von_der_Leyen et du premier ministre néerlandais #Mark_Rutte, Meloni a inscrit à l’agenda de sa deuxième visite les deux sujets qui préoccupent les leaders européens : la #stabilité_économique de la Tunisie et, surtout, la question migratoire, reléguant au second plan les « #valeurs_démocratiques ».

      Un pacte migratoire

      À l’issue de cette rencontre, les Européens ont proposé une série de mesures en faveur de la Tunisie : un #prêt de 900 millions d’euros conditionné à la conclusion de l’accord avec le Fonds monétaire international (#FMI), une aide immédiate de 150 millions d’euros destinée au budget, ainsi que 105 millions pour accroitre la #surveillance_des_frontières. Von der Leyen a également évoqué des projets portant sur l’internet à haut débit et les énergies vertes, avant de parler de « rapprochement des peuples ». Le journal Le Monde, citant des sources bruxelloises, révèle que la plupart des annonces portent sur des fonds déjà budgétisés. Une semaine plus tard, ce sont #Gérald_Darmanin et #Nancy_Faeser, ministres français et allemande de l’intérieur qui se rendent à Tunis. Une #aide de 26 millions d’euros est débloquée pour l’#équipement et la #formation des gardes-frontières tunisiens.

      Cet empressement à trouver un accord avec la Tunisie s’explique, pour ces partenaires européens, par le besoin de le faire valoir devant le Parlement européen, avant la fin de sa session. Déjà le 8 juin, un premier accord a été trouvé par les ministres de l’intérieur de l’UE pour faire évoluer la politique des 27 en matière d’asile et de migration, pour une meilleure répartition des migrants. Ainsi, ceux qui, au vu de leur nationalité, ont une faible chance de bénéficier de l’asile verront leur requête examinée dans un délai de douze semaines. Des accords devront également être passés avec certains pays dits « sûrs » afin qu’ils récupèrent non seulement leurs ressortissants déboutés, mais aussi les migrants ayant transité par leur territoire. Si la Tunisie acceptait cette condition, elle pourrait prendre en charge les milliers de subsahariens ayant tenté de rejoindre l’Europe au départ de ses côtes.

      Dans ce contexte, la question des droits humains a été esquivée par l’exécutif européen. Pourtant, en mars 2023, les eurodéputés ont voté, à une large majorité, une résolution condamnant le tournant autoritaire du régime. Depuis le mois de février, les autorités ont arrêté une vingtaine d’opposants dans des affaires liées à un « complot contre la sûreté de l’État ». Si les avocats de la défense dénoncent des dossiers vides, le parquet a refusé de présenter sa version.

      L’allié algérien

      Depuis qu’il s’est arrogé les pleins pouvoirs, le 25 juillet 2021, Kaïs Saïed a transformé la Tunisie en « cas » pour les puissances régionales et internationales. Dans les premiers mois qui ont suivi le coup de force, les pays occidentaux ont oscillé entre « préoccupations » et compréhension. Le principal cadre choisi pour exprimer leurs inquiétudes a été celui du G 7. C’est ainsi que plusieurs communiqués ont appelé au retour rapide à un fonctionnement démocratique et à la mise en place d’un dialogue inclusif. Mais, au-delà des proclamations de principe, une divergence d’intérêts a vite traversé ce groupement informel, séparant les Européens des Nord-Américains. L’Italie — et dans une moindre mesure la France — place la question migratoire au centre de son débat public, tandis que les États-Unis et le Canada ont continué à orienter leur communication vers les questions liées aux droits et libertés. En revanche, des deux côtés de l’Atlantique, le soutien à la conclusion d’un accord entre Tunis et le FMI a continué à faire consensus.

      La fin de l’unanimité occidentale sur la question des droits et libertés va faire de l’Italie un pays à part dans le dossier tunisien. Depuis 2022, Rome est devenue le premier partenaire commercial de Tunis, passant devant la France. Ce changement coïncide avec un autre bouleversement : la Tunisie est désormais le premier pays de départ pour les embarcations clandestines en direction de l’Europe, dans le bassin méditerranéen. Constatant que la Tunisie de Kaïs Saïed a maintenu une haute coopération en matière de #réadmission des Tunisiens clandestins expulsés du territoire italien, Rome a compris qu’il était dans son intérêt de soutenir un régime fort et arrangeant, en profitant de son rapprochement avec l’Algérie d’Abdelmadjid Tebboune, qui n’a jamais fait mystère de son soutien à Kaïs Saïed. Ainsi, en mai 2022, le président algérien a déclaré qu’Alger et Rome étaient décidées à sortir la Tunisie de « son pétrin ». Les déclarations de ce type se sont répétées sans que les autorités tunisiennes, d’habitude plus promptes à dénoncer toute ingérence, ne réagissent publiquement. Ce n’est pas la première fois que l’Italie et l’#Algérie — liées par un #gazoduc traversant le territoire tunisien — s’unissent pour soutenir un pouvoir autoritaire en Tunisie. Déjà, en 1987, Zine El-Abidine Ben Ali a consulté Rome et Alger avant de déposer le président Habib Bourguiba.

      L’arrivée de Giorgia Meloni au pouvoir en octobre 2022 va doper cette relation. La dirigeante d’extrême droite, élue sur un programme de réduction drastique de l’immigration clandestine, va multiplier les signes de soutien au régime en place. Le 21 février 2023, un communiqué de la présidence tunisienne dénonce les « menaces » que font peser « les hordes de migrants subsahariens » sur « la composition démographique tunisien ». Alors que cette déclinaison tunisienne de la théorie du « Grand Remplacement » provoque l’indignation, — notamment celle de l’Union africaine (UA) — l’Italie est le seul pays à soutenir publiquement les autorités tunisiennes. Depuis, la présidente du Conseil italien et ses ministres multiplient les efforts diplomatiques pour que la Tunisie signe un accord avec le FMI, surtout depuis que l’UE a officiellement évoqué le risque d’un effondrement économique du pays.

      Contre les « diktats du FMI »

      La Tunisie est en crise économique au moins depuis 2008. Les dépenses sociales engendrées par la révolution, les épisodes terroristes, la crise du Covid et l’invasion de l’Ukraine par la Russie n’ont fait qu’aggraver la situation du pays.

      L’accord avec l’institution washingtonienne est un feuilleton à multiples rebondissements. Fin juillet 2021, avant même la nomination d’un nouveau gouvernement, Saïed charge sa nouvelle ministre des Finances Sihem Namsia de poursuivre les discussions en vue de l’obtention d’un prêt du FMI, prélude à une série d’aides financières bilatérales. À mesure que les pourparlers avancent, des divergences se font jour au sein du nouvel exécutif. Alors que le gouvernement de Najla Bouden semble disposé à accepter les préconisations de l’institution financière (restructuration et privatisation de certaines entreprises publiques, arrêt des subventions sur les hydrocarbures, baisse des subventions sur les matières alimentaires), Saïed s’oppose à ce qu’il qualifie de « diktats du FMI » et dénonce une politique austéritaire à même de menacer la paix civile. Cela ne l’empêche pas de promulguer la loi de finances de l’année 2023 qui reprend les principales préconisations de l’institution de Bretton Woods.

      En octobre 2022, un accord « technique » a été trouvé entre les experts du FMI et ceux du gouvernement tunisien et la signature définitive devait intervenir en décembre. Mais cette dernière étape a été reportée sine die, sans aucune explication.

      Ces dissensions au sein d’un exécutif censé plus unitaire que sous le régime de la Constitution de 2014 trouvent leur origine dans la vision économique de Kaïs Saïed. Après la chute de Ben Ali, les autorités de transition ont commandé un rapport sur les mécanismes de corruption du régime déchu. Le document final, qui pointe davantage un manque à gagner (prêts sans garanties, autorisations indument accordées…) que des détournements de fonds n’a avancé aucun chiffre. Mais en 2012, le ministre des domaines de l’État Slim Ben Hmidane a avancé celui de 13 milliards de dollars (11,89 milliards d’euros), confondant les biens du clan Ben Ali que l’État pensait saisir avec les sommes qui se trouvaient à l’étranger. Se saisissant du chiffre erroné, Kaïs Saïed estime que cette somme doit être restituée et investie dans les régions marginalisées par l’ancien régime. Le 20 mars 2022, le président promulgue une loi dans ce sens et nomme une commission chargée de proposer à « toute personne […] qui a accompli des actes pouvant entraîner des infractions économiques et financières » d’investir l’équivalent des sommes indument acquises dans les zones sinistrées en échange de l’abandon des poursuites.

      La mise en place de ce mécanisme intervient après la signature de l’accord technique avec le FMI. Tandis que le gouvernement voulait finaliser le pacte avec Washington, Saïed mettait la pression sur la commission d’amnistie afin que « la Tunisie s’en sorte par ses propres moyens ». Constatant l’échec de sa démarche, le président tunisien a préféré limoger le président de la commission et dénoncer des blocages au sein de l’administration. Depuis, il multiplie les appels à un assouplissement des conditions de l’accord avec le FMI, avec l’appui du gouvernement italien. Le 12 juin 2023, à l’issue d’une rencontre avec son homologue italien, Antonio Tajani, le secrétaire d’État américain Anthony Blinken s’est déclaré ouvert à ce que Tunis présente un plan de réforme révisé au FMI.

      Encore une fois, les Européens font le choix de soutenir la dictature au nom de la stabilité. Si du temps de Ben Ali, l’islamisme et la lutte contre le terrorisme étaient les principales justifications, c’est aujourd’hui la lutte contre l’immigration, devenue l’alpha et l’oméga de tout discours politique et électoraliste dans une Europe de plus en plus à droite, qui sert de boussole. Mais tous ces acteurs négligent le côté imprévisible du président tunisien, soucieux d’éviter tout mouvement social à même d’affaiblir son pouvoir. À la veille de la visite de la délégation européenne, Saïed s’est rendu à Sfax, deuxième ville du pays et plaque tournante de la migration clandestine. Il est allé à la rencontre des populations subsahariennes pour demander qu’elles soient traitées avec dignité, avant de déclarer que la Tunisie ne « saurait être le garde-frontière d’autrui ». Un propos réitéré lors de la visite de Gérald Darmanin et de son homologue allemande, puis à nouveau lors du Sommet pour un nouveau pacte financier à Paris, les 22 et 23 juin 2023.

      https://orientxxi.info/magazine/pour-garder-ses-frontieres-l-europe-se-precipite-au-chevet-de-la-tunisie

    • Perché oggi Meloni torna in Tunisia

      È la terza visita da giugno: l’obiettivo è un accordo per dare al paese aiuti economici europei in cambio di più controlli sulle partenze di migranti

      Nella giornata di domenica è previsto un viaggio istituzionale in Tunisia della presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni, insieme alla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen e al primo ministro olandese #Mark_Rutte. Per Meloni è la terza visita in Tunisia in poco più di un mese: era andata da sola una prima volta il 6 giugno, e poi già insieme a von der Leyen e Rutte l’11 giugno.

      Il motivo delle visite è stata una serie di colloqui con il presidente tunisino, l’autoritario Kais Saied, per firmare un “memorandum d’intesa” tra Unione Europea e Tunisia che ha l’obiettivo di fornire un aiuto finanziario al governo tunisino da circa un miliardo di euro. Questi soldi si aggiungerebbero al prestito del Fondo Monetario Internazionale (#FMI) da 1,7 miliardi di euro di cui si parla da tempo e che era stato chiesto dalla Tunisia per provare a risolvere la sua complicata situazione economica e sociale.

      Il memorandum, di cui non sono stati comunicati i dettagli, secondo fonti a conoscenza dei fatti impegnerebbe la Tunisia ad applicare alcune riforme chieste dall’FMI, e a collaborare maggiormente nel bloccare le partenze di migranti e richiedenti asilo che cercano di raggiungere l’Italia via mare.

      Nell’incontro dell’11 giugno le discussioni non erano andate benissimo, e avevano portato solo alla firma di una dichiarazione d’intenti. La visita di domenica dovrebbe invece concludersi con una definizione degli accordi, almeno nelle intenzioni dei leader europei. «Speriamo di concludere le discussioni che abbiamo iniziato a giugno», aveva detto venerdì la vice portavoce della Commissione Europea Dana Spinant annunciando il viaggio di domenica.

      Il memorandum d’intesa prevede che l’Unione Europea offra alla Tunisia aiuti finanziari sotto forma di un prestito a tassi agevolati di 900 milioni di euro – da erogare a rate nei prossimi anni – oltre a due contributi a fondo perduto rispettivamente da 150 milioni di euro, come contributo al bilancio nazionale, e da 100 milioni di euro per impedire le partenze delle imbarcazioni di migranti. Quest’ultimo aiuto di fatto replicherebbe su scala minore quelli dati negli anni scorsi a Libia e Turchia affinché impedissero con la forza le partenze di migranti e richiedenti asilo.

      Dell’accordo si è parlato molto criticamente nelle ultime settimane per via delle violenze in corso da tempo nel paese, sia da parte della popolazione locale che delle autorità, nei confronti dei migranti subsahariani che transitano nel paese nella speranza di partire via mare verso l’Europa (e soprattutto verso l’Italia). Da mesi il presidente Kais Saied – che negli ultimi tre anni ha dato una svolta autoritaria al governo del paese – sta usando i migranti come capro espiatorio per spiegare la pessima situazione economica e sociale in cui si trova la Tunisia.

      Ha più volte sostenuto che l’immigrazione dai paesi africani faccia parte di un progetto di «sostituzione demografica per rendere la Tunisia un paese unicamente africano, che perda i suoi legami con il mondo arabo e islamico». Le sue parole hanno causato reazioni razziste molto violente da parte di residenti e polizia nei confronti dei migranti, con arresti arbitrari e varie aggressioni. L’ultimo episodio è stato segnalato all’inizio di luglio, quando le forze dell’ordine tunisine hanno arrestato centinaia di migranti provenienti dall’Africa subsahariana e li hanno portati con la forza in una zona desertica nell’est del paese al confine con la Libia.

      https://www.ilpost.it/2023/07/16/tunisia-meloni

    • Firmato a Tunisi il memorandum d’intesa tra Tunisia e Ue, Meloni: «Compiuto passo molto importante»

      Saied e la delegazione Ue von der Leyen, Meloni e #Rutte siglano il pacchetto complessivo di 255 milioni di euro per il bilancio dello Stato nordafricano e per la gestione dei flussi migratori. 5 i pilastri dell’intesa

      E’ stato firmato il Memorandum d’intesa per una partnership strategica e globale fra Unione europea e Tunisia. L’Ue ha diffuso il video della cerimonia di firma, alla quale erano presenti la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il premier dell’Olanda Mark Rutte e il presidente tunisino Kais Saied. Al termine della cerimonia di firma è iniziato l’incontro fra i tre leader europei e Saied, a seguito del quale sono attese dichiarazioni alla stampa. L’incontro si svolge nel palazzo presidenziale tunisino di Cartagine, vicino Tunisi. Per raggiungere questo obiettivo Bruxelles ha proposto un pacchetto di aiuti (150 milioni a sostegno del bilancio dello Stato e 105 milioni come supporto al controllo delle frontiere), su cui era stato avviato un negoziato.

      «Il Team Europe torna a Tunisi. Eravamo qui insieme un mese fa per lanciare una nuova partnership con la Tunisia. E oggi la portiamo avanti». Lo scrive sui social la Presidente della Commissione Ue, Ursula Von der Leyen, postando foto con lei, Meloni, Rutte e Saied.

      E nella conferenza stampa congiunta con Saied, Meloni e Rutte la presidente ha affermato che la Ue coopererà con la Tunisia contro i trafficanti di migranti.

      «Abbiamo raggiunto un obiettivo molto importante che arriva dopo un grande lavoro diplomatico. Il Memorandum è un importante passo per creare una vera partnership tra l’Ue e la Tunisia». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni al termine dell’incontro con Kais Saied nel palazzo di Cartagine. L’intesa va considerata «un modello» perle relazioni tra l’Ue e i Paesi del Nord Africa.

      L’obiettivo iniziale era di firmare un Memorandum d’intesa entro lo scorso Consiglio europeo, del 29 e 30 giugno, ma c’è stato uno slittamento. L’intesa con l’Europa, nelle intenzioni di Bruxelles, dovrebbe anche facilitare lo sblocco del finanziamento del Fondo monetario internazionale da 1,9 miliardi al momento sospeso, anche se in questo caso la trattativa è tutta in salita.

      Anche oggi, nel giorno della firma del Memorandum di Intesa tra Unione europea e Tunisia, a Lampedusa - isola simbolo di migrazione e di naufragi - sono sbarcati in 385 (ieri quasi mille). L’obiettivo dell’accordo voluto dalla premier Meloni e il presidente Saied è soprattutto arginare il flusso incontrollato di persone che si affidano alla pericolosa via del mare per approdare in Europa. Un problema che riguarda i confini esterni meridionali dell’Unione europea, come ha sempre sottolineato la presidente del Consiglio, che oggi arriverà a Tunisi per la seconda volta, con la presidente della Commissione Ursula von der Leyen e con il collega olandese Mark Rutte.

      Le dichiarazioni della premier Giorgia Meloni

      «Oggi abbiamo raggiunto un risultato estremamente importante, il memorandum firmato tra Tunisia e Ue è un ulteriore passo verso la creazione di un vero partenariato che possa affrontare in modo integrato la crisi migratoria e lo sviluppo per entrambe le sponde del Mediterraneo».

      Così la presidente del Consiglio Giorgia Meloni nel punto stampa dopo la firma del Memorandum.

      «Il partenariato con la Tunisia- ha aggiunto Meloni- rappresenta per noi un modello per costruire nuove relazioni con i vicini del Nord Africa. Il memorandum è un punto di partenza al quale dovranno conseguire diversi accordi per mettere a terra gli obiettivi che ci siamo dati».

      Infine la presidente del Consiglio ha ricordato che «domenica prossima 23 luglio a Roma ci sarà la conferenza internazionale sull’immigrazione che avrà come protagonista il presidente Saied e con lui diversi capi di Stato e governo dei paesi mediterranei. E’ un altro importante passo per affrontare la cooperazione mediterranea con un approccio integrato e io lo considero come l’inizio di un percorso che può consentire una partnership diversa da quella che abbiamo avuto nel passato».

      Le dichiarazioni della Presidente della Commisisone Europea

      Per Ursula Von der Leyen l’accordo odierno è «un buon pacchetto di misure», da attuare rapidamente «in entrambe le sponde del Mediterraneo» ma ha anche precisato che «L’ assistenza macrofinanziaria sarà fornita quando le condizioni lo permetteranno».

      La Presidente ha elencato i 5 pilastri del Memorandum con la Tunisia:

      1) creare opportunità per i giovani tunisini. Per loro «ci sarà una finestra in Europa con l’#Erasmus». Per le scuole tunisine stanziati 65 milioni;

      2) sviluppo economico della Tunisia. La Ue aiuterà la crescita e la resilienza dell’economia tunisina;

      3) investimenti e commercio: "La Ue è il più grande partner economico della Tunisia. Ci saranno investimenti anche per migliorare la connettività della Tunisia, per il turismo e l’agricoltura. 150 milioni verranno stanziati per il ’#Medusa_submarine_cable' tra Europa e Tunisia;

      4) energia pulita: la Tunisia ha «potenzialità enormi» per le rinnovabili. L’ Europa ha bisogno di «fonti per l’energia pulita. Questa è una situazione #win-win. Abbiamo stanziato 300 milioni per questo progetto ed è solo l’inizio»;

      5) migranti: «Bisogna stroncare i trafficanti - dice Von der Leyen - e distruggere il loro business». Ue e Tunisia coordineranno le operazioni Search and Rescue. Per questo sono stanziati 100 milioni di euro.

      Le dichiarazioni del Presidente Kais Saied

      «Dobbiamo trovare delle vie di collaborazione alternative a quelle con il Fondo Monetario Internazionale, che è stato stabilito dopo la seconda Guerra mondiale. Un regime che divide il mondo in due metà: una metà per i ricchi e una per i poveri eche non doveva esserci». Lo ha detto il presidente tunisino Kais Saied nelle dichiarazioni alla stampa da Cartagine.

      «Il Memorandum dovrebbe essere accompagnato presto da accordi attuativi» per «rendere umana» la migrazione e «combattere i trafficanti. Abbiamo oggi un’assoluta necessità di un accordo comune contro la migrazione irregolari e contro la rete criminale di trafficanti».

      «Grazie a tutti e in particolare la premier Meloni per aver risposto immediatamente all’iniziativa tunisina di organizzare» un vertice sulla migrazione con i Paesi interessati.

      https://www.rainews.it/articoli/2023/07/memorandum-dintesa-tra-unione-europea-e-tunisia-la-premier-meloni-von-der-le
      #memorandum_of_understanding #développement #énergie #énergie_renouvelable #économie #tourisme #jeunes #jeunesse #smugglers #traficants_d'êtres_humains #aide_financière

    • La Tunisie et l’Union européenne signent un partenariat sur l’économie et la politique migratoire

      La présidente de la Commission européenne s’est réjouie d’un accord destiné à « investir dans une prospérité partagée », évoquant cinq piliers dont l’immigration irrégulière. La Tunisie est un point de départ pour des milliers de migrants vers l’Europe.

      L’Union européenne (UE) et la Tunisie ont signé dimanche 16 juillet à Tunis un protocole d’accord pour un « partenariat stratégique complet » portant sur la lutte contre l’immigration irrégulière, les énergies renouvelables et le développement économique de ce pays du Maghreb. La présidente de la Commission européenne, Ursula von der Leyen, s’est réjouie d’un accord destiné à « investir dans une prospérité partagée », évoquant « cinq piliers », dont les questions migratoires.

      La Tunisie est un point de départ pour des milliers de migrants qui traversent la Méditerranée vers l’Europe. Les chefs de gouvernement italien, Giorgia Meloni, et néerlandais, Mark Rutte, accompagnaient la dirigeante européenne après une première visite il y a un mois, pendant laquelle ils avaient proposé ce partenariat.

      Il s’agit « d’une nouvelle étape importante pour traiter la crise migratoire de façon intégrée », a dit Mme Meloni, qui a invité le président tunisien, Kais Saied, présent à ses côtés, à participer dimanche à Rome à un sommet sur les migrations. Celui-ci s’est exprimé à son tour pour insister sur le volet de l’accord portant sur « le rapprochement entre les peuples ».

      « Nouvelles relations avec l’Afrique du Nord »

      Selon Mme Meloni, le partenariat entre la Tunisie et l’UE « peut être considéré comme un modèle pour l’établissement de nouvelles relations avec l’Afrique du Nord ». M. Rutte a pour sa part estimé que « l’accord bénéficiera aussi bien à l’Union européenne qu’au peuple tunisien », rappelant que l’UE est le premier partenaire commercial de la Tunisie et son premier investisseur. Sur l’immigration, il a assuré que l’accord permettra de « mieux contrôler l’immigration irrégulière ».

      L’accord prévoit une aide de 105 millions d’euros pour lutter contre l’immigration irrégulière et une aide budgétaire de 150 millions d’euros alors que la Tunisie est étranglée par une dette de 80 % de son produit intérieur brut (PIB) et est à court de liquidités. Lors de sa première visite, la troïka européenne avait évoqué une « assistance macrofinancière de 900 millions d’euros » qui pouvait être fournie à la Tunisie sous forme de prêt sur les années à venir.

      Mme von der Leyen a affirmé dimanche que Bruxelles « est prête à fournir cette assistance dès que les conditions seront remplies ». Cette « assistance » de l’UE est conditionnée à un accord entre la Tunisie et le Fonds monétaire international (FMI) pour un nouveau crédit du Fonds, un dossier qui est dans l’impasse depuis des mois.

      https://www.lemonde.fr/afrique/article/2023/07/16/la-tunisie-et-l-union-europeenne-signent-un-partenariat-sur-l-economie-et-la

    • Les députés reprochent à la Commission européenne d’avoir signé un accord avec un « cruel dictateur » tunisien

      Des eurodéputés ont dénoncé mardi le protocole d’accord signé par l’UE avec la Tunisie.

      L’accord a été conclu dimanche après une réunion à Tunis entre le président tunisien Kaïs Saïed et la présidente de la Commission européenne Ursula von der Leyen, accompagnée de la Première ministre italienne Giorgia Meloni et du Premier ministre néerlandais Mark Rutte.

      Le texte, qui doit encore être précisé, prévoit l’allocation d’au moins 700 millions d’euros de fonds européens, dont certains sous forme de prêts, dans le cadre de cinq piliers : la stabilité macroéconomique, l’économie et le commerce, la transition verte, les contacts interpersonnels et les migrations.

      Ursula von der Leyen a présenté le mémorandum comme un « partenariat stratégique et global ». Mais les eurodéputés ont adopté un point de vue très critique sur la question. Ils dénoncent les contradictions entre les valeurs fondamentales de l’Union européenne et le recul démocratique en cours en Tunisie. Ils ont également déploré l’absence de transparence démocratique et de responsabilité financière.

      La figure de Kaïs Saïed, qui a ouvertement diffusé des récits racistes contre les migrants d’Afrique subsaharienne a fait l’objet des reproches de la part des parlementaires.

      https://twitter.com/sylvieguillaume/status/1681221845830230017

      « Il est très clair qu’un accord a été conclu avec un dictateur cruel et peu fiable », a dénoncé Sophie in ’t Veld (Renew Europe). « Le président Saïed est un dirigeant autoritaire, ce n’est pas un bon partenaire, c’est un dictateur qui a augmenté le nombre de départs ».

      S’exprimant au nom des sociaux-démocrates (S&D), Birgit Sippel a accusé les autorités tunisiennes d’abandonner les migrants subsahariens dans le désert « sans nourriture, sans eau et sans rien d’autre », un comportement qui a déjà été rapporté par les médias et les organisations humanitaires.

      « Pourquoi la Tunisie devrait-elle soudainement changer de comportement ? Et qui contrôle l’utilisation de l’argent ? » interroge Birgit Sippel, visiblement en colère.

      « Nous finançons à nouveau un autocrate sans contrôle politique et démocratique au sein de cette assemblée. Ce n’est pas une solution. Cela renforcera un autocrate en Tunisie », a-t-elle ajouté.

      https://twitter.com/NatJanne/status/1680982627283509250

      En face, la Commissaire européenne en charge des Affaires intérieures Ylva Johansson, a évité toute controverse et a calmement défendu le mémorandum UE-Tunisie. La responsable suédoise a souligné que le texte introduit des obligations pour les deux parties.

      « Il est clair que la Tunisie est sous pression. Selon moi, c’est une raison de renforcer et d’approfondir la coopération et d’intensifier le soutien à la Tunisie », a-t-elle répondu aux députés européens.

      Selon Ylva Johansson, 45 000 demandeurs d’asile ont quitté la Tunisie cette année pour tenter de traverser la « route très meurtrière » de la Méditerranée centrale. Cette « augmentation considérable » suggère un changement du rôle de la Tunisie, de pays d’origine à pays de transit, étant donné que « sur ces 45 000, seuls 5 000 étaient des citoyens tunisiens ».

      « Il est très important que notre objectif principal soit toujours de sauver des vies, d’empêcher les gens d’entreprendre ces voyages qui finissent trop souvent par mettre fin à leur vie, c’est une priorité », a poursuivi la Commissaire.

      Les députés se sont concentrés sur les deux enveloppes financières les plus importantes de l’accord : 150 millions d’euros pour l’aide budgétaire et 105 millions d’euros pour la gestion des migrations, qui seront toutes les deux déboursées progressivement. Certains eurodéputés ont décrit l’aide budgétaire, qui est censée soutenir l’économie fragile du pays, comme une injection d’argent dans les coffres privés de Kaïs Saïed qui serait impossible à retracer.

      « Vous avez financé un dictateur qui bafoue les droits de l’homme, qui piétine la démocratie tunisienne que nous avons tant soutenue. Ne nous mentez pas ! », s’est emporté Mounir Satouri (les Verts). « Selon nos analyses, les 150 et 105 millions d’euros sont une aide au Trésor (tunisien), un versement direct sur le compte bancaire de M. Kaïs Saïed ».

      https://twitter.com/alemannoEU/status/1680659154665340928

      Maria Arena (S&D) a reproché à la Commission européenne de ne pas avoir ajouté de dispositions supplémentaires qui conditionneraient les paiements au respect des droits de l’homme.

      « Nous donnons un chèque en blanc à M. Saïed, qui mène actuellement des campagnes racistes et xénophobes, soutenues par sa police et son armée », a déclaré l’eurodéputée belge.

      « Croyez-vous vraiment que M Saïed, qui a révoqué son parlement, qui a jeté des juges en prison, qui a démissionné la moitié de sa juridiction, qui interdit maintenant aux blogueurs de parler de la question de l’immigration et qui utilise maintenant sa police et son armée pour renvoyer des gens à la frontière (libyenne), croyez-vous vraiment que M. Saïed va respecter les droits de l’homme ? Madame Johansson, soit vous êtes naïve, soit vous nous racontez des histoires ».

      Dans ses réponses, Ylva Johansson a insisté sur le fait que les 105 millions d’euros affectés à la migration seraient « principalement » acheminés vers des organisations internationales qui travaillent sur le terrain et apportent une aide aux demandeurs d’asile, comme l’Organisation internationale pour les migrations (OIM), bien qu’elle ait admis que certains fonds seraient en fait fournis aux agents tunisiens sous la forme de navires de recherche et de sauvetage et de radars.

      https://twitter.com/vonderleyen/status/1680626156603686913

      « Permettez-moi d’insister sur le fait que la Commission européenne, l’UE, n’est pas impliquée dans le refoulement de ressortissants de pays tiers vers leur pays d’origine. Ce que nous faisons, c’est financer, par l’intermédiaire de l’OIM, les retours volontaires et la réintégration des ressortissants de pays tiers », a souligné la Commissaire.

      « Je ne suis pas d’accord avec la description selon laquelle la Tunisie exerce un chantage. Je pense que nous avons une bonne coopération avec la Tunisie, mais il est également important de renforcer cette coopération et d’augmenter le soutien à la Tunisie. Et c’est l’objectif de ce protocole d’accord ».

      https://fr.euronews.com/my-europe/2023/07/18/les-deputes-reprochent-a-la-commission-europeenne-davoir-signe-un-accor

  • UK to deny asylum to refugees passing through ’safe’ third country

    Immigration rule will also prevent migrants from making a claim in UK territorial waters

    Ministers have quietly changed immigration rules to prevent people fleeing war or persecution from claiming asylum in the UK if they have passed through a “safe” third country, prompting accusations of a breach of international law.

    From 1 January, claims of asylum from a person who has travelled through or has a connection to a safe third country, including people coming from EU member states, will be treated as inadmissible.

    The changes will also prevent asylum seekers from being able to make a claim in the territorial waters of the UK.

    The UK government will be able to remove refused asylum seekers not only to the third countries through which they have travelled, but to any safe third country that may agree to receive them, an explanatory memo states.

    A 10-page statement (https://assets.publishing.service.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/file/943127/CCS207_CCS1220673408-001_Statement_of_changes_in_Immig) outlining the changes to the rules was published online without a press or public announcement.

    However, the changes highlight a significant hurdle for the UK government: claims will only be treated as inadmissible if the asylum applicant is accepted for readmission by the third country through which they have travelled or another safe state agrees to take them.

    Immigration law experts have said this could render the new policy “pointless” and would most likely delay asylum applications and leave refugees in limbo in the UK.

    Colin Yeo, a leading immigration barrister with expertise in asylum law, wrote on Twitter: “The policy is pointless because the govt has negotiated no such return agreements, so all it does is delay decisions on all claims, which is cruel to genuine refugees, and delay removal of non genuine cases.”


    https://twitter.com/ColinYeo1/status/1337069616078721025

    The Liberal Democrats’ home affairs spokesperson, Alistair Carmichael, said the changes were “yet another breach of international law”.

    He said: “The UK has a proud history of providing sanctuary to those in need, but now the Conservative government is turning its back on refugees. This latest nasty policy from [the home secretary] Priti Patel goes against our commitments under the refugee convention and against everything the UK stands for. It’s yet another breach of international law by this irresponsible tory government.”

    Beth Gardiner-Smith, the chief executive of Safe Passage International, a charity that help refugees access safe and legal routes to asylum, said: “The government’s changes to the immigration rules are a direct assault on the fundamental human right to asylum. These chilling changes on International Human Rights Day do a disservice to the UK’s proud record of providing safety to those fleeing persecution and violence.”

    The number of small boat arrivals across the Channel has surged to record levels this year, with more than 8,000 migrants and refugees travelling across the Dover Strait, compared with less than 2,000 in 2019. However, total asylum applications are down year on year as the Covid-19 pandemic has cut off other methods of travel and limited migration flows.

    Patel has been accused of responding haphazardly with kneejerk proposals ranging from sending asylum seekers thousands of miles away to islands in the South Atlantic, to using giant water cannons to repel boats. The prime minister has reportedly become frustrated with Patel’s handling of the situation.

    The UK is a party to the UN’s 1951 Convention Relating to the Status of Refugees and to its 1967 protocol, a piece of international law designed to protect refugees.

    The Home Office provided a statement through the immigration compliance minister, Chris Philp. He said: “We are determined to fix the broken asylum system to make it firm on those who come here through illegally facilitated routes and fair on those who play by the rules. There is no reason to leave a safe country like France to make a dangerous crossing. These measures send a clear message and are just one of the steps th​e government is taking to tackle the unacceptable rise in small boat crossings.”

    https://www.theguardian.com/uk-news/2020/dec/10/uk-to-deny-asylum-to-refugees-passing-through-safe-third-country

    #UK #Angleterre #asile #migrations #réfugiés #droit_d'asile #Manche #eaux_territoriales #pays_sûr #transit #pays_tiers_sûr #brexit #EU #Europe #UE #renvois #expulsions #01_janvier_2020 #inadmissibilité #attente #limbe #accords #droit_international #Priti_Patel

    ping @isskein

    • 3 articles (en anglais et en espagnol) sur le projet en cours de négociation entre les USA et le Mexique visant à faire en sorte que les demandeurs d’asile restent au Mexique durant leur demande d’asile, à moins qu’ils ne démontrent des risques qu’ils encourent à rester sur le territoire mexicain. Cela s’inscrit dans la droit ligne du projet d’accord dit de « pays tiers sûr » dont les négociations n’ont pas abouti avant la fin du mandat du président sortant. On ignore pour l’instant ce qui est proposé en échange

      Trump plan would force asylum seekers to wait in Mexico as cases are processed, a major break with current policy

      Migrants line up to cross into the United States from Tijuana, Mexico, at the San Ysidro port of entry Monday. (Gregory Bull/AP)

      Central Americans who arrive at U.S. border crossings seeking asylum in the United States will have to wait in Mexico while their claims are processed under sweeping new measures the Trump administration is preparing to implement, according to internal planning documents and three Department of Homeland Security officials familiar with the initiative.

      According to DHS memos obtained by The Washington Post on Wednesday, Central American asylum seekers who cannot establish a “reasonable fear” of persecution in Mexico will not be allowed to enter the United States and would be turned around at the border.

      The plan, called “Remain in Mexico,” amounts to a major break with current screening procedures, which generally allow those who establish a fear of return to their home countries to avoid immediate deportation and remain in the United States until they can get a hearing with an immigration judge. Trump despises this system, which he calls “catch and release,” and has vowed to end it.

      Among the thousands of Central American migrants traveling by caravan across Mexico, many hope to apply for asylum due to threats of gang violence or other persecution in their home countries. They had expected to be able to stay in the United States while their claims move through immigration court. The new rules would disrupt those plans, and the hopes of other Central Americans who seek asylum in the United States each year.

      [Trump lashes out at judge after order to allow illegal border crossers to seek asylum]
      Trump remains furious about the caravan and the legal setbacks his administration has suffered in federal court, demanding hard-line policy ideas from aides. Senior adviser Stephen Miller has pushed to implement the Remain in Mexico plan immediately, though other senior officials have expressed concern about implementing it amid sensitive negotiations with the Mexican government, according to two DHS officials and a White House adviser with knowledge of the plan, which was discussed at the White House on Tuesday, people familiar with the matter said.
      The White House did not immediately respond to a request for comment.

      According to the administration’s new plan, if a migrant does not specifically fear persecution in Mexico, that is where they will stay. U.S. Citizenship and Immigration Services is sending teams of asylum officers from field offices in San Francisco, Washington, and Los Angeles to the ports of entry in the San Diego area to implement the new screening procedures, according to a USCIS official.

      To cross into the United States, asylum seekers would have to meet a relatively higher bar in the screening procedure to establish that their fears of being in Mexico are enough to require immediate admission, the documents say.

      “If you are determined to have a reasonable fear of remaining in Mexico, you will be permitted to remain in the United States while you await your hearing before an immigration judge,” the asylum officers will now tell those who arrive seeking humanitarian refuge, according to the DHS memos. “If you are not determined to have a reasonable fear of remaining in Mexico, you will remain in Mexico.”

      Mexican border cities are among the most violent in the country, as drug cartels battle over access to smuggling routes into the United States. In the state of Baja California, which includes Tijuana, the State Department warns that “criminal activity and violence, including homicide, remain a primary concern throughout the state.”

      The new rules will take effect as soon as Friday, according to two DHS officials familiar with the plans.

      Katie Waldman, a spokeswoman for DHS, issued a statement late Wednesday saying there are no immediate plans to implement these new measures.

      “The President has made clear — every single legal option is on the table to secure our nation and to deal with the flood of illegal immigrants at our borders,” the statement says. “DHS is not implementing such a new enforcement program this week. Reporting on policies that do not exist creates uncertainty and confusion along our borders and has a negative real world impact. We will ensure — as always — that any new program or policy will comply with humanitarian obligations, uphold our national security and sovereignty, and is implemented with notice to the public and well coordinated with partners.”

      A Mexican official, speaking on the condition of anonymity, said that current Mexican immigration law does not allow those seeking asylum in another country to stay in Mexico.

      On Dec. 1, a new Mexican president, Andrés Manuel López Obrador, will be sworn in, and it’s also unclear whether his transition team was consulted on the new asylum screening procedures.

      The possibility that thousands of U.S.-bound asylum seekers would have to wait in Mexico for months, even years, could produce a significant financial burden for the government there, especially if the migrants remain in camps and shelters on a long-term basis.

      [At the U.S. border, migrant caravan will slow to a crawl]
      There are currently 6,000 migrants in the Tijuana area, many of them camped at a baseball field along the border, seeking to enter the United States. Several thousand more are en route to the city as part of caravan groups, according to Homeland Security estimates.

      U.S. border officials have allowed about 60 to 100 asylum seekers to approach the San Ysidro port of entry each day for processing.
      Last week, BuzzFeed News reported that U.S. and Mexican officials were discussing such a plan.

      Mexico also appears to be taking a less-permissive attitude toward the new migrant caravans now entering the country.

      Authorities detained more than 200 people, or nearly all of the latest caravan, who recently crossed Mexico’s southern border on their way to the United States. This is at least the fourth large group of migrants to cross into Mexico and attempt to walk to the U.S. border. They were picked up not long after crossing. The vast majority of the migrants were from El Salvador, according to Mexico’s National Immigration Institute.

      After the first caravan this fall entered Mexico, President Enrique Peña Nieto’s administration offered migrants the chance to live and work in Mexico as long as they stayed in the southern states of Chiapas and Oaxaca. Most chose not to accept this deal, because they wanted to travel to the United States.

      https://www.washingtonpost.com/world/national-security/trump-plan-would-force-asylum-seekers-to-wait-in-mexico-as-cases-are-processed-a-major-break-with-current-policy/2018/11/21/5ad47e82-ede8-11e8-9236-bb94154151d2_story.html
      –----------------

      Plan “#Quédate_en_México” sería aceptado por López Obrador

      WASHINGTON (apro) – El gobierno del próximo presidente mexicano, Andrés Manuel López Obrador, estaría aceptando el plan “Quédate en México”, diseñado por el mandatario estadunidense Donald Trump, para que los centroamericanos solicitantes de asilo en Estados Unidos se queden en territorio mexicano mientras está en procedimiento su caso, reveló a Apro una fuente gubernamental.
      “Va a pasar… el gobierno de Trump lo está negociando con el equipo del presidente electo”, indicó el funcionario que habló con el reportero sobre el plan Quédate en México, dado a conocer este jueves por el diario estadunidense The Washington Post.
      De acuerdo con la fuente que dio a conocer detalles del asunto y de las negociaciones bajo la estricta condición de que se mantuviera en reserva su nombre y puesto en el gobierno mexicano, las negociaciones del plan “Quédate en México” están siendo directamente revisadas y orquestadas por Mike Pompeo, secretario de Estado en el gobierno de Trump, y por Marcelo Ebrard, próximo secretario de Relaciones Exteriores en el de López Obrador.
      “Lo que está por definirse son los parámetros del plan, los tiempos (de estancia en México de los centroamericanos), los costos y financiamiento de su deportación en caso de que no se acepte su solicitud en los Estados Unidos y otros aspectos en ese sentido”, apuntó el funcionario en entrevista telefónica.
      De acuerdo con la información obtenida por Apro, Ebrard y Pompeo se reunieron la semana pasada en Houston, Texas, para darle seguimiento a las negociaciones del plan “Quédate en México”.
      La nueva medida migratoria de Trump tiene como objetivo evitar que los miles de migrantes centroamericanos integrantes de la caravana que está en Tijuana, y las otras que están en tránsito hacia el norte por el territorio mexicano, no puedan ingresar a Estados Unidos.
      También te recomendamos
      Trump quiere que solicitantes de asilo se queden en México durante el trámite: TWP
      “Quédate en México” es un plan alternativo del gobierno de Trump al cumplimiento de las leyes de asilo de los Estados Unidos.
      Por medio del mecanismo que estaría aceptando el próximo presidente de México, los centroamericanos a quienes las autoridades migratorias estadunidenses les acepte analizar su caso de petición de asilo, deberían quedarse en el territorio mexicano hasta que las cortes de inmigración de Estados Unidos emitan un fallo.
      Con la adopción del plan por parte del gobierno de López Obrador, los centroamericanos solicitantes de asilo a quienes el gobierno de Estados Unidos les reciba su caso, podrían permanecer en México meses o hasta años; es decir el tiempo que tome a un juez migratorio estadunidense determinar si es válida o inválida la petición.
      El pasado 8 de noviembre, Trump firmó una proclama con la cual cambio las leyes de asilo en su país. La decisión de Trump establecía que, se aceptarían peticiones de asilo de centroamericanos, sólo si estos entraban por los puestos de inmigración en la frontera con México y tuvieran una causa probable en su petición.
      La media definía que contrario a lo que dictan las leyes de asilo, no se aceptarían peticiones de extranjeros que ingresaran como inmigrantes indocumentados a los Estados Unidos.
      Otro aspecto de la proclama de Trump es que a los peticionarios que entraran “legalmente” a pedir asilo, no se les liberaría en Estados Unidos como dictan las leyes; sino que se les enviaría a un albergue temporal donde estarían encerrados el tiempo que durase el procedimiento en las cortes de su caso. Este martes, la Corte Federal de Apelaciones del Noveno Distrito en San Francisco, California, emitió la orden de anular la implementación de la proclama firmada por Trump.

      https://www.proceso.com.mx/560664/plan-quedate-en-mexico-seria-aceptado-por-lopez-obrador
      –------------------

      Trump quiere que solicitantes de asilo se queden en México durante el trámite: TWP

      WASHINGTON (apro) – El presidente Donald Trump, pretende implementar un plan al que llamarán “Quédate en México”, bajo el cual los migrantes centroamericanos que soliciten asilo en Estados Unidos deberían permanecer en territorio mexicano y no en el estadunidense, mientras se procesa su caso y se determina la validez de su petición.
      De acuerdo con el periódico estadunidense The Washington Post, que reveló el nuevo proyecto de Trump para contener al flujo de migrantes centroamericanos que llegaron a Tijuana como parte de las caravanas que viajan por el territorio mexicano, el nuevo plan de la Casa Blanca podría iniciar a implementarse este viernes 23.
      “De acuerdo con memorandos del Departamento de Seguridad Interior”, que obtuvo el Washington Post, “los centroamericanos que no puedan demostrar una causa razonable de miedo o persecución en México no se les permitirá entrar a los Estados Unidos y se serán regresados a la frontera”, destaca el despacho del diario capitalino y uno de los más importantes e influyentes de Estados Unidos.
      El nuevo proyecto de Trump, es otra de las estrategias que pretende implementar su gobierno luego del revés que sufrió tras la orden de la Corte Federal de Apelaciones del Noveno Circuito en San Francisco, California, que anuló la instrumentación de la proclama que firmó el mandatario el pasado 8 de noviembre y que congelaba la aceptación de peticiones de asilo de parte de los migrantes centroamericanos.
      “El plan llamado ‘Quédate en México’ representa un quiebre mayor con los actuales procedimientos de escrutinio que, generalmente permiten a todos aquellos que establecen una causa creíble de miedo para regresar a sus países de origen; eviten la deportación inmediata y permanecer en los Estados Unidos”, matiza el Washington Post.
      Desde que Trump ha magnificado la situación y realidad da la peregrinación de caravanas centroamericanas que viajan a la frontera sur de Estados Unidos por México, el mandatario ha buscado métodos de contención y disuasión a través de acciones anticonstitucionales y militares, como la proclama con la que buscaba anular los procesos de solicitudes de asilo y el despliegue de unos cinco mil 800 elementos del Pentágono en la zona limítrofe.
      El Washington Post, que además consiguió documentos internos del Departamento de Seguridad Interior sobre el plan “Quédate en México” y habló con funcionarios familiarizados con el tema, apuntó que no se sabe si la Casa Blanca ha consultado con el próximo presidente mexicano, Andrés Manuel López Obrador, o su equipo, la intención de mantener en el territorio mexicano a los peticionarios de asilo.
      Bajo las leyes estadunidenses de asilo, todo peticionario tendría que quedarse en Estados Unidos mientras su analiza y determina su caso.
      La proclama que firmó Trump el pasado 8 de noviembre definía que, sólo aceptarían solicitudes de asilo de peticionarios que ingresaran “legalmente” a los Estados Unidos por los puertos de ingreso migratorios en la frontera con México y que estos se quedarían en centros de detención y no serían liberados todo el tiempo que tomará el procedimiento de su caso ante las cortes de inmigración.
      La proclama determinaba que serían deportados a México todos los solicitantes de asilo que ingresaran como inmigrantes indocumentados a Estados Unidos, sin embargo, la intervención de la Corte Federal de San Francisco congeló la orden ejecutiva de Trump.
      El rotativo capitalino apunta en su despacho publicado en la primera plana de su edición impresa de este jueves que es Stephen Miller, el principal asesor de Trump, el patrocinador del plan “Quédate en México”.
      La nota de primera plana acota que hay cierto desasosiego en la Casa Blanca, debido a la problemática para implementar el proyecto por la sensibilidad de las negociaciones con el gobierno mexicano.
      El gobierno de Trump no ha cesado en insistir en concretar con México un acuerdo para delegar en las autoridades mexicanas el proceso de peticionarios centroamericanos de asilo en Estados Unidos y su deportación.
      En un principio Trump quería concretar con el gobierno saliente de Enrique Peña Nieto, el acuerdo de convertir a México en un Tercer País Seguro.
      Bajo este compromiso, rechazado por la intervención directa de Marcelo Ebrard, próximo canciller mexicano en el gobierno de López Obrador, Trump pretendía que todos los centroamericanos o ciudadanos de otros países que pidieran asilo e Estados Unidos, primero lo hicieran en México y que, bajo la determinación tomada en ese país de su caso, posteriormente se canalizara a Estados Unidos.
      Sobre la deportación de los migrantes centroamericanos a quienes se les rechazará la aceptación de su petición o el asilo, el gobierno de Trump asignó 20 millones de dólares a la llamada Iniciativa Mérida, para que el gobierno mexicano cubriera con ello el costo del regreso a sus países de origen de las personas rechazadas por el sistema de inmigración de los Estados Unidos, sin embargo, nuevamente por la intervención de López Obrador y su equipo, se rechazó la medida unilateral.
      Katie Waldman, la vocera del Departamento de Seguridad Interior, y luego de que se diera a conocer el despacho del Washington Post, emitió la noche del miércoles un comunicado de prensa para indicar que no hay planes inmediatos para instrumentar el proyecto “Quédate en México”.
      “El Departamento de Seguridad Interior no implementará esta semana dicho programa”, indica el comunicado de prensa de Waldman.

      https://www.proceso.com.mx/560666/trump-quiere-que-solicitantes-de-asilo-se-queden-en-mexico-durante-el-tr

  • La Belgique peut à nouveau renvoyer des demandeurs d’asile vers la Grèce

    La Belgique peut à nouveau renvoyer des demandeurs d’asile vers la Grèce, ce qui n’était plus le cas depuis sept ans, rapportent De Standaard et Het Nieuwsblad lundi. Une décision en ce sens a été établie la semaine passée par le Conseil du contentieux des étrangers. La Cour européenne des droits de l’Homme avait condamné la Belgique en 2011 pour une violation du traité des Droits de l’homme. La Grèce avait alors un système d’accueil qui ne garantissait pas des conditions de vie humaines pour les demandeurs d’asile qui y étaient renvoyés.

    C’était la première fois que la Cour condamnait une expulsion effectuée en vertu du règlement Dublin II, qui prévoit que les demandes d’asile soient examinées dans l’Etat membre par lequel un candidat-réfugié a pénétré dans l’Union.

    Fin 2016, la Commission européenne avait proposé à nouveau que les demandeurs d’asile soient renvoyés en Grèce s’ils avaient entrepris depuis ce pays de voyager vers un autre membre de l’UE après le 15 mars 2017. La Commission européenne estimait que les conditions en Grèce s’étaient améliorées.

    Pour qu’une personne soit à nouveau renvoyée dans son pays d’entrée dans l’UE, un Etat membre doit bien obtenir des garanties individuelles que la personne sera bien traitée. Une exception existe pour les personnes vulnérables ou mineurs.

    Le secrétaire d’Etat à la migration, Theo Francken, souhaite aussitôt que possible renvoyer des demandeurs d’asile. La semaine passée, une première affaire a été soumise au Conseil du contentieux des étrangers, qui peut être saisi de recours contre les décisions du Commissariat général aux Réfugiés et aux Apatrides, contre les décisions de l’Office des Etrangers. Un demandeur d’asile Palestinien, qui est arrivé en Belgique via la Grèce et a introduit une demande d’asile en Belgique en octobre, a contesté la décision de son transfert. L’appel a été rejeté vendredi.

    http://www.lalibre.be/actu/belgique/la-belgique-peut-a-nouveau-renvoyer-des-demandeurs-d-asile-vers-la-grece-5b1

    #Dublin #renvois_dublin #asile #migrations #réfugiés #Grèce #pays_sûr #pays_tiers_sûr #it_has_begun

    #modèle_suisse (ping @i_s_)
    Je crois me rappeler de discussions en Suisse où l’on disait que c’était la Suisse un des premiers pays à réfléchir à décider que la Grèce devait être considéré comme un pays sûr (après la réforme de sa loi sur l’asile de 2012-2013)... de là mon tag #modèle_suisse... mais malheureusement je ne trouve pas de trace quelque part sur seenthis.
    Je vais demander à mes collègues suisses...

    • C’était le 15 juin 2016...
      La Commission adopte une deuxième recommandation définissant les mesures à prendre en vue de rétablir les transferts vers la Grèce au titre du règlement de Dublin

      La Commission a adopté ce jour sa deuxième recommandation relative aux mesures concrètes que la Grèce doit prendre pour mettre pleinement en œuvre les normes de l’Union en matière d’asile afin de mieux gérer la crise des réfugiés.

      La Commission a adopté ce jour sa deuxième recommandation relative aux mesures concrètes que la Grèce doit prendre pour mettre pleinement en œuvre les normes de l’Union en matière d’asile afin de mieux gérer la crise des réfugiés et éventuellement de reprendre les transferts de demandeurs d’asile en provenance d’autres États membres dans le cadre du règlement de Dublin. La recommandation souligne que malgré la situation difficile à laquelle elle est confrontée, la Grèce a déployé des efforts continus pour améliorer son système d’asile depuis la première recommandation adoptée en février, notamment en renforçant les capacités globales d’accueil et les moyens du service d’asile, et en mettant en place un cadre régissant l’aide juridique gratuite et les nouvelles instances de recours. Il reste toutefois encore beaucoup de progrès à accomplir avant de pouvoir reprendre les transferts vers la Grèce au titre du règlement de Dublin d’ici à la fin de l’année, conformément à l’objectif fixé.

      M. Dimitris Avramopoulos, commissaire pour la migration, les affaires intérieures et la citoyenneté, a déclaré : « Alors que les difficultés et la pression liées à la crise des migrants ont persisté au cours des derniers mois, la Grèce a indéniablement amélioré son système d’asile ainsi que la situation des migrants et des réfugiés. La Commission, avec les autres États membres, continuera d’aider la Grèce à gérer de manière appropriée le nombre élevé de demandeurs d’asile présents dans le pays, de sorte qu’elle soit en mesure de revenir progressivement au système de Dublin. »

      Il appartient aux autorités des États membres, sous le contrôle de leurs juridictions et des juridictions européennes, de décider si la situation permet une reprise des transferts vers la Grèce au titre du règlement de Dublin. La recommandation de la Commission consiste en une feuille de route définissant les mesures que doit adopter la Grèce pour disposer d’un système d’asile opérationnel et faire partie intégrante du système de Dublin.

      La Commission constate dans la recommandation adoptée aujourd’hui que, depuis l’adoption de la première recommandation et suite aux problèmes qu’elle a soulevés, des efforts continus ont été déployés par les autorités grecques, avec l’aide de la Commission, du Bureau européen d’appui en matière d’asile (EASO), des États membres et des organisations internationales pour améliorer le fonctionnement du système d’asile.

      Avec le soutien financier de la Commission, la Grèce a considérablement augmenté ses capacités globales d’accueil des migrants en situation irrégulière et des demandeurs de protection internationale. Elle a avancé dans la mise en place de bureaux régionaux d’asile et a augmenté sa capacité de traitement grâce au recrutement de personnel affecté au service d’asile. Ce dernier dispose désormais de deux fois plus de ressources humaines qu’il n’en avait en 2015. Son rendement s’est donc amélioré et une bonne partie du retard accumulé dans le traitement des dossiers de demande d’asile a été rattrapée.

      Parallèlement, l’actuelle crise des réfugiés et des migrants fait peser une pression énorme sur le système d’asile et de migration, la Grèce étant le principal pays de première entrée sur la route de la Méditerranée orientale. L’entrée en vigueur de la déclaration UE-Turquie a permis une baisse significative du nombre d’arrivées quotidiennes, mais a également imposé de nouvelles responsabilités à la Grèce.

      La recommandation adoptée aujourd’hui définit les mesures concrètes que doit prendre la Grèce en vue de sa réintégration dans le système de Dublin. Elle doit mettre l’accent en priorité sur :

      l’établissement de structures d’accueil, permanentes et temporaires, ouvertes et adaptées, et la garantie que celles-ci offrent des conditions d’accueil satisfaisantes, notamment en s’assurant que les mineurs ont accès au système éducatif ;

      l’accès effectif à la procédure d’asile, en veillant notamment à ce que le service d’asile grec soit correctement organisé et doté d’effectifs suffisants ;

      l’institution sans délai de la nouvelle instance de recours, en garantissant que celle-ci est dotée d’effectifs suffisants pour traiter tous les recours en instance et à venir ;

      l’accès effectif dans la pratique à l’aide juridique gratuite ;

      la mise en place de structures pour les demandeurs vulnérables, y compris les mineurs non accompagnés, notamment en instaurant le plus rapidement possible une procédure de tutelle adaptée.

      La recommandation invite la Grèce à rendre compte, d’ici à la fin du mois de juin, puis tous les mois par la suite, des progrès accomplis et des dispositions prises par les autorités grecques pour remédier aux insuffisances de leur système d’asile. En septembre, la Commission présentera un rapport sur les avancées réalisées par la Grèce et actualisera le cas échéant ses recommandations concrètes. À terme, l’objectif est la réintégration de la Grèce dans le système de Dublin et la reprise des transferts au plus tard à la fin du mois de décembre, conformément à la feuille de route intitulée "Revenir à l’esprit de Schengen".

      Contexte

      Pour que le régime européen d’asile commun fonctionne, il faut qu’il soit réellement possible de renvoyer les demandeurs d’asile vers le pays de première arrivée au sein de l’UE, ainsi que le prévoit la réglementation de l’Union convenue d’un commun accord. Depuis 2011, les États membres n’ont pas été en mesure d’effectuer de transferts vers la Grèce au titre du règlement de Dublin, à la suite de deux arrêts de la Cour européenne des droits de l’homme (CEDH) et de la Cour de justice de l’Union européenne (CJUE) qui ont mis en évidence des défaillances systémiques dans le système d’asile grec.

      Le 10 février 2016, la Commission a adopté une recommandation à l’intention de la Grèce sur les mesures urgentes à prendre dans la perspective de l’éventuelle reprise de certains transferts prévus par le règlement de Dublin. Depuis l’arrêt de la Cour de justice de 2011, la Grèce a procédé à certaines améliorations et a pris des mesures pour remédier aux lacunes constatées dans son système d’asile, sous l’étroite surveillance de la Commission, du Bureau européen d’appui en matière d’asile et des États membres.

      La Commission européenne a apporté une aide financière considérable à la Grèce afin de soutenir le pays dans ses efforts visant à mettre le système de gestion des questions d’asile en conformité avec les normes de l’Union européenne.

      Depuis le début de l’année 2015, un montant total de 262 millions d’euros d’aide d’urgence a été accordé à la Grèce au moyen des fonds « Affaires intérieures » [Fonds « Asile, migration et intégration » (AMIF) et Fonds pour la sécurité intérieure (FSI)], soit directement aux autorités grecques, soit par l’intermédiaire d’agences de l’Union et d’organisations internationales exerçant des activités en Grèce, afin de financer des mesures visant notamment à accroître les capacités des autorités grecques en matière d’enregistrement des migrants et de traitement de leurs demandes d’asile, à améliorer la situation des migrants vulnérables, à renforcer le processus d’enregistrement et d’asile grâce à des moyens humains supplémentaires, à améliorer les infrastructures informatiques, à augmenter le nombre d’interprètes disponibles et à assurer un meilleur accès à l’information.

      Cette aide d’urgence vient s’ajouter aux 509 millions d’euros alloués à la Grèce pour la période 2014-2020 dans le cadre de ses programmes nationaux au titre de l’AMIF et du FSI, faisant ainsi de la Grèce le premier bénéficiaire des fonds « Affaires intérieures » parmi les États membres de l’UE.

      http://europa.eu/rapid/press-release_IP-16-2182_fr.htm

    • Message reçu via la mailing list Dublindeportations, le 14 août 2018 :

      we are working right now on an update on Dublin > Greece information on w2eu.info. For this it would be important for us to know how many Dublin-deportations to Greece have been carried out from different countries and what is expected there to happen.

      We know that from Germany it was not more then 10 deportations in the first 6 months of 2018. Compared to 1500 pending take-back-requests.

      In light of the migration hard line policies pushed by Austria – current holder of the EU Presidency in summer 2018– and the outcome of June’s emergency migration summit, EU’s position towards refugee protection seems to move harder and harder. A few days before the summit, the Greek Prime Minister Alexis Tsipras agreed with a proposal by the German Chancellor Angela Merkel on the signature of a migration agreement that will further ease the returns of asylum seekers registered first in Greece. A similar deal was reached between Germany and Spain. While Italian and Hungarian governments already rejected similar proposals by Germany (as Seehofer’s ‘Migration Master Plan’ had foreseen), Greece appears to agree in broad terms with the German proposal. Despite the atmosphere of cooperation in these matters, details of the agreement – expected to be finalised this summer – remain unclear so far. What is known is that the Greek Minister for Migration Policy has agreed with Berlin to ‘process’ the take-back requests Germany sent this year (currently around 1,500). In return, Berlin has promised to accept and take persons in who have applied for family reunification with relatives living in Germany (the estimates vary between 950 and 2,900 pending or accepted applications). This is after the shaming EU-Turkey-deal the next dirty deal in this region.

      We have nevertheless the impression that due to a lot of court decisions in Germany against deportations to Greece it might become very difficult for the authorities to follow the hard line and they will increase the deportations probably not as fast as they wish.

      How does it look in other European countries? And what do you expect to happen in the next months?

  • « Pays tiers sûr » : le gouvernement renonce à la pire mesure de son projet de loi
    https://www.mediapart.fr/journal/france/201217/pays-tiers-sur-le-gouvernement-renonce-la-pire-mesure-de-son-projet-de-loi

    Mobilisation à Menton, à la frontière franco-italienne, le 16 écembre 2017. © Reuters La mobilisation des acteurs de la solidarité porte ses fruits : le ministère de l’intérieur fait machine arrière en renonçant à intégrer dans son projet de loi concernant les étrangers une mesure qui aurait constitué un reniement du droit d’asile tel qu’il a été construit après la fin de la Seconde Guerre mondiale. Des députés LREM ont également critiqué une telle mesure voulue par le ministre #Gérard_Collomb..

    #France #asile #réfugiés

    • Les montagnards des Alpes, venus au secours des #migrants traversant la frontière franco-italienne, ont eu raison de l’une des mesures les plus iniques du projet de loi sur l’asile et l’immigration en préparation au ministère de l’intérieur. Symboliquement en tout cas. Mercredi 20 décembre, les services de Gérard Collomb ont fait savoir, selon l’AFP et RTL, qu’ils renonçaient à introduire dans le droit français la notion de « pays tiers sûr » figurant dans l’avant-projet de loi qui avait fuité cet automne dans la presse (lire notre article). Or cette annonce intervient après le début de la mobilisation massive du monde associatif en vue de l’organisation d’états généraux, dont la première étape a eu lieu le week-end dernier à Briançon et à Névache dans les Hautes-Alpes (lire notre article), ainsi qu’à Menton dans les Alpes-Maritimes.

      Cette notion, hautement problématique, aurait autorisé l’Office français de protection des réfugiés et apatrides (Ofpra) à considérer comme « irrecevables » les demandes d’asile de personnes ayant transité, avant d’arriver en France, dans un « pays tiers sûr », c’est-à-dire un pays hors de l’Union européenne supposé garantir les droits de l’homme.Potentiellement la quasi-totalité des demandeurs d’asile entrés sur le territoire par voie de terre auraient pu être concernés. Car la plupart des pays voisins de l’Union européenne se targuent, à tort ou à raison, de prendre en charge les demandes de protection internationale qui leur sont adressées. C’est à ce titre, par exemple, que la Grèce renvoie en Turquie des demandeurs d’asile originaires de Syrie ou d’Afghanistan.

      Le concept de « pays tiers sûr » constitue un reniement du droit d’asile. Il met en effet en cause l’un des principes fondamentaux inscrits dans la Convention de Genève de 1951, selon lequel chaque demandeur d’asile a le droit de voir sa situation personnelle examinée dans le pays où il sollicite une protection.
      En France, il contrevient au préambule de la Constitution qui affirme que « tout homme persécuté en raison de son action en faveur de la liberté a droit d’asile sur les territoires de la République ». Le droit d’asile y a été consacré par le Conseil constitutionnel dans une décision du 13 août 1993 qui établit que « l’étranger qui se réclame de ce droit [doit être] autorisé à demeurer provisoirement sur le territoire jusqu’à ce qu’il ait été statué sur sa demande » (lire nos explications détaillées ici et là).

      L’introduction de ce concept dans la loi aurait permis que des personnes en quête d’asile soient expulsées hors de France sans que leur demande n’ait été examinée. Plutôt que de les interroger sur les violences politiques ayant provoqué leur exil, plutôt que de chercher à évaluer la crédibilité de leur témoignage, plutôt que de rassembler les indices attestant leur persécution, leur sort aurait été tranché en fonction de la route qu’elles auraient empruntée. Au lieu de se demander si elles étaient en danger dans leur pays d’origine, les officiers de l’asile auraient dû chercher à retracer leur parcours pour savoir si, au cours des milliers de kilomètres parcourus pour fuir leur pays, elles avaient traversé un pays dans lequel elles pourraient vivre en sécurité.

      Cette réflexion a lieu également à l’échelon européen puisque la Commission européenne travaille à un règlement d’application direct allant dans ce sens. Le directeur général de l’Ofpra, Pascal Brice, a plusieurs fois eu l’occasion d’affirmer qu’il jugeait une telle évolution dangereuse pour l’asile.

      Si les montagnards ont fait plier le gouvernement, c’est parce qu’ils ont réussi à semer le doute dans la majorité présidentielle. Lors des questions au gouvernement à l’Assemblée nationale le 19 décembre, la députée LREM Sonia Krimi a ainsi exprimé son inquiétude sur la politique d’accueil menée par Gérard Collomb. Lors de la réunion du groupe, plusieurs élus macronistes ont fait entendre leur désapprobation à l’égard des orientations actuelles. Ce mercredi matin sur Europe 1, Sacha Houlié, député LREM, vice-président du Palais-Bourbon, a devancé le ministre de l’intérieur en annonçant que la notion de « pays tiers sûr » ne figurerait pas dans le projet de loi, qui doit être examiné au Parlement au cours du premier semestre 2018, ce qu’a confirmé ensuite la place Beauvau.

      Lors de son entretien live à Mediapart, le premier ministre Édouard Philippe avait d’ailleurs affirmé « réserver sa réponse » sur ce sujet sensible (voir la vidéo). Outre la fronde organisée par les associations susceptibles de convaincre une partie grandissante de l’opinion publique, les difficultés juridiques, et notamment le caractère anticonstitutionnel de la mesure , ont dû contribuer à la volte-face du gouvernement.

      Il n’en reste pas moins que le ministère de l’intérieur enchaîne les circulaires répressives, la dernière en date mettant à mal l’accueil inconditionnel dans les centres d’hébergement d’urgence (lire notre article). Le projet de loi quant à lui est encore truffé de mesures sécuritaires, comme celle visant à doubler la durée autorisée d’enfermement des étrangers dans les centres de rétention . La question qui se pose est de savoir si le gouvernement a pris conscience qu’il allait trop loin ou s’il fait cette concession pour mieux imposer le reste. Et s’il est prêt à assumer sa décision à Bruxelles, où les négociations sont en cours pour rendre applicable à l’ensemble des pays de l’Union européenne cette notion de « pays tiers sûr ».

      #anticonstitutionnel

    • Le concept de #pays_sûr a été une « invention suisse » apparemment (je dois encore approfondir ce point pour être sure de sa genèse) :
      https://seenthis.net/recherche?recherche=%23pays_s%C3%BBr+%23mod%C3%A8le_suisse
      C’est effectivement un moyen pour renvoyer plus facilement et rapidement des migrants dont leur arrivée et demande d’asile est considérée illégitime, car s’agissant de personnes venant de pays sûr (donc... pas de problème possible au niveau individuel, car l’Etat en question ne persécute pas ladite personne).
      La liste des pays sûrs varie en fonction des Etats et des époques.

      Le pays tiers sûr, c’est la même idée, mais non pas appliquée au pays d’origine, mais au pays de transit.
      C’est notamment toute la question de l’accord UE-Turquie... L’UE considère que les réfugiés en Turquie sont en pays (tiers) sûr, du coup, pas besoin de les accueillir en Europe, voire même possibilité de les renvoyer en Turquie depuis la Grèce...

      C’est un instrument à expulsion !

    • Le diabolique projet de l’Europe pour les demandeurs d’asile

      Mediapart s’est procuré la toute dernière version du règlement européen en cours de négociation à Bruxelles, qui permet le renvoi de demandeurs d’asile vers des « pays tiers sûrs ». La définition de ce concept est élargie au point qu’un pays comme la Libye pourrait, à terme, être concerné pour peu que certaines régions se stabilisent, par exemple autour de Tripoli.
      Lors du cinquième sommet UE-Afrique, qui doit se dérouler les 29 et 30 novembre à Abidjan, en Côte d’Ivoire, les chefs d’État européens ne vont pas manquer de s’indigner des violences dont sont victimes les migrants subsahariens en Libye, à la suite de l’émoi mondial provoqué par la diffusion du reportage de CNN apportant la preuve de pratiques esclavagistes dans ce pays. Mais il est à peu près certain qu’ils ne diront pas un mot du forfait qu’ils sont en train de préparer en toute discrétion à Bruxelles à l’encontre des demandeurs d’asile.
      Sur une proposition de la Commission européenne, ils sont en train de négocier, au sein du Conseil européen, les termes d’un règlement « instituant une procédure commune en matière de protection internationale » qui constitue un reniement fondamental au regard du droit d’asile tel qu’il est conçu depuis la signature de la Convention de Genève en 1951.

      Ce texte (à consulter dans sa version de départ), d’application directe dans les législations nationales (c’est-à-dire ne nécessitant pas de transposition – à la différence des directives), prévoit que les États membres puissent considérer comme « irrecevables » les demandes d’asile de personnes ayant transité, avant d’arriver en Europe, dans un « pays tiers sûr » et, dès lors, les y renvoyer afin qu’y soit prise en charge leur demande de protection internationale.
      Par « pays tiers sûr », il faut entendre des pays hors de l’Union européenne censés garantir les droits de l’homme. L’article 45, qui définit le concept de « pays tiers sûr », évoque notamment le fait que, dans ces pays, les « demandeurs n’ont à craindre ni pour leur vie ni pour leur liberté en raison de leur race, de leur religion, de leur nationalité, de leur appartenance à un groupe social particulier ou de leurs opinions politiques ». Sont potentiellement concernés la totalité des pays voisins de l’Union européenne. La France pourrait ainsi renvoyer vers les pays du Maghreb (Tunisie, Algérie, Maroc) l’immense majorité des exilés subsahariens qui y seraient passés avant de traverser la Méditerranée.
      Mais cela ne s’arrête pas là. Mediapart s’est procuré la dernière version (non définitive) de l’article 45, qui est particulièrement alarmante puisqu’elle précise qu’un pays peut être déclaré comme sûr à l’exception d’une ou plusieurs de ses régions ou d’une ou plusieurs catégories de personnes. Dit autrement, cela revient à déclarer comme sûrs des pays dont certaines régions sont en guerre (mais pas toutes) ou dont certaines catégories de personnes sont menacées (mais pas toutes). Certains observateurs redoutent que cet élargissement de la définition ne permette d’y faire entrer des pays aussi instables que la Libye pourvu qu’un de ses territoires, par exemple autour de Tripoli, fasse taire le bruit des armes.
      Cette notion de « pays tiers sûr » constitue une révolution dans le droit d’asile, car elle permettrait que des exilés en quête de protection soient réexpédiés sans que leur demande n’ait été examinée dans un pays de l’UE. Plutôt que de les interroger sur les violences politiques ayant provoqué leur exil, plutôt que de chercher à évaluer la crédibilité de leur témoignage, plutôt que de rassembler les indices attestant leur persécution, il s’agirait de retracer leur trajectoire : au cours des milliers de kilomètres parcourus pour fuir leur pays, ont-ils traversé un pays dans lequel ils pourraient vivre en sécurité ? Peu importent les sévices subis (viol, enfermement arbitraire, harcèlement, rançon, torture, etc.), il faudrait trouver une terre d’accueil, la plus éloignée possible de l’Europe.
      Ce concept de « pays tiers sûr » est déjà inscrit dans la directive européenne dite « procédure » adoptée le 26 juin 2013 mais, à la différence du règlement en préparation, ce texte laissait aux États la faculté de ne pas le mettre en œuvre ; selon Gérard Sadik, de la Cimade, 19 pays l’ont adopté, parmi lesquels seuls deux l’appliquent de facto : il s’agit de la Hongrie, qui renvoie quasi systématiquement les demandeurs d’asile arrivés sur son sol en Serbie ; et de la Grèce, qui renvoie en Turquie des demandeurs d’asile syriens et afghans.
      Pour ce faire, la Grèce s’appuie sur l’accord politique entre l’Union européenne et la Turquie signé en mars 2016. Bruxelles considère ce texte, contesté juridiquement, comme un succès dans la mesure où, depuis sa conclusion, le nombre de traversées via la mer Égée a drastiquement chuté (même si une légère hausse est observée depuis quelques semaines).
      Le nouveau règlement en cours de négociation consiste en une généralisation de cet accord UE-Turquie, décrié par l’ensemble des ONG ainsi que par l’ONU. Il met en cause l’un des principes fondamentaux de l’asile, inscrit dans la Convention de Genève de 1951, selon lequel chaque demandeur d’asile a le droit de voir sa situation personnelle examinée dans le pays dans lequel il sollicite une protection. En France, il contrevient au préambule de la Constitution qui affirme que « tout homme persécuté en raison de son action en faveur de la liberté a droit d’asile sur les territoires de la République ». Le droit d’asile y a été consacré par le Conseil constitutionnel dans une décision du 13 août 1993 qui établit que « l’étranger qui se réclame de ce droit [doit être] autorisé à demeurer provisoirement sur le territoire jusqu’à ce qu’il ait été statué sur sa demande ». Comme l’indique Gérard Sadik, les États membres favorables à la notion de « pays tiers sûr » se fondent sur la notion de subsidiarité de la demande d’asile, qui fait que les États peuvent considérer qu’ils ne sont pas tenus d’examiner la demande si la personne n’est pas venue directement depuis son pays d’origine.
      « Cette dérive est extrêmement grave »

      La France, jusqu’à présent, avait résisté. Lors de la mandature de François Hollande, la loi sur l’asile de 2015 n’avait pas repris ce concept de « pays tiers sûr », qui n’a donc pour l’instant aucune existence juridique dans le droit français. Mais il en va tout autrement sous l’actuelle présidence d’Emmanuel Macron. Anticipant le vote de ce règlement à l’échelon européen, le ministre français de l’intérieur, Gérard Collomb, l’a inscrit dans son pré-projet de loi sur l’asile et l’immigration, pas encore présenté en conseil des ministres.
      Ce même Emmanuel Macron, qui distingue les « réfugiés » – qu’il faudrait accueillir sous peine de perdre notre honneur – des « migrants économiques » – devenus indésirables –, pousse le cynisme jusqu’à prévoir de fermer la porte aux demandeurs d’asile eux-mêmes. Gérard Sadik note qu’entre 1992 et 1996 cette notion de « pays tiers sûr » avait été appliquée « de manière sauvage » aux frontières françaises, notamment à l’aéroport de Roissy, avec le renvoi de demandeurs d’asile vers le Cameroun ou la Tanzanie. Cette pratique avait cessé à la suite d’un arrêt du Conseil d’État (à l’époque le commissaire du gouvernement, à savoir le rapporteur public, n’était autre que Jean-Marie Delarue, ex-contrôleur général des lieux de privation de liberté), qui établissait que cette notion était contraire à la Convention de Genève et à la Constitution française.
      Seule la prise de conscience de certains États membres et des eurodéputés pourra permettre d’éviter le pire. La négociation est en cours : le texte peut encore faire l’objet d’allers et retours entre les ministres de l’intérieur du Conseil européen ; un accord devra ensuite être trouvé entre la Commission, le Conseil et le Parlement. Sylvie Guillaume, députée française membre du groupe de l’Alliance progressiste des socialistes et démocrates, rappelle que le texte a encore beaucoup de chemin à faire avant d’être adopté. Mais elle estime qu’il « mérite une certaine attention car les définitions qu’il aborde modifient le concept de pays tiers sûr ». « Cela témoigne, estime-t-elle, d’une certaine fébrilité des États membres sur le sujet. » « En aucune manière, je n’accepterai d’élargir cette notion à des morceaux de territoire », dit-elle, ajoutant qu’elle n’est pas opposée au concept dans sa version classique, pourvu que son application reste optionnelle.
      Membre de la délégation française du Front de gauche/Alliance des Outre-mers, Marie-Christine Vergiat est, elle, totalement opposée à la notion même de « pays tiers sûr ». « Les États membres font tout pour externaliser la demande d’asile à des pays tiers ; il s’agit d’une politique raciste et xénophobe car, si l’on regarde de près, on se rend compte que sont principalement concernés les demandeurs d’asile venus d’Afrique. Plus on bloque les voies légales d’entrée dans l’Union européenne, plus on fait le jeu des trafiquants », insiste-t-elle.
      Responsable du programme Protection des populations à Amnesty International France, Jean-François Dubost est particulièrement inquiet des évolutions en cours (lire l’entretien d’Amélie Poinssot). Il estime que l’Allemagne et la France sont à la manœuvre dans cette tentative d’assouplir les conditions. « On est là dans une logique de gestion, pas du tout de protection, estime-t-il. La Convention de 1951 qui instaurait le droit d’asile ne déterminait d’ailleurs pas de “pays sûrs”. » « Cette dérive est extrêmement grave, ajoute-t-il. D’abord parce que les régions qui vont être considérées comme sûres sont déjà en première ligne pour l’accueil des réfugiés. Ensuite parce que c’est la volonté de contrôle qui va être le critère des Européens pour déterminer qu’une région est sûre ou non. Rien, dans le droit international, ne permet de déterminer ce qu’est un “pays sûr”. Ce n’est pas une notion juridique, c’est une construction européenne. » Depuis la signature de l’accord UE-Turquie, « on sent une volonté de la Commission européenne de pousser à ce type d’accord avec d’autres pays, comme la Libye, avec cette idée de “région sûre” ». « C’est la même logique de “containment”, de blocage des personnes le plus en amont possible des frontières européennes. Ce n’est pas une idée nouvelle, mais on est entré dans une phase plus opérationnelle. Renvoyer les migrants présente en outre l’avantage d’éloigner le sujet des yeux des populations européennes… Tout cela s’inscrit dans une logique complètement assumée côté européen », se désespère-t-il.

      https://www.mediapart.fr/journal/international/281117/le-diabolique-projet-de-l-europe-pour-bloquer-les-demandeurs-d-asile-hors-
      #pays_tiers_sûr #pays_tiers_sûrs #pays_tiers_sûr

    • Avis sur « le concept de pays tiers sûr »

      1. Bien que le droit d’asile constitue un droit fondamental consacré tant par la Charte des droits fondamentaux de l’Union européenne que par le droit français, force est de constater la multiplication des entraves à son exercice qui conduit à l’errance, la misère et la peur, voire la mort de milliers de personnes en quête de protection. Si crise de l’asile il y a, c’est en vérité une crise de la politique d’asile dont il faut parler. Tant au niveau européen qu’au niveau national, les Etats se dotent d’outils pour limiter l’accès aux procédures d’asile et externaliser le traitement des demandes d’asile. Le recours au concept de pays sûr constitue à cet égard une illustration particulièrement éloquente de la dérive des politiques d’asile (1).
      2. Alors que l’encre des lois du 29 juillet 2015 relative à la réforme du droit d’asile et du 7 mars 2016 relative au droit des étrangers est à peine séchée, la CNCDH a pris connaissance, par voie de presse, de certaines dispositions du nouveau projet de loi « pour un droit d’asile garanti et une immigration maîtrisée », notamment de celle visant à intégrer dans le droit français la notion de pays tiers sûr pour en faire un nouveau cas d’irrecevabilité des demandes d’asile. Sans attendre que le texte de ce projet soit définitivement arrêté et qu’elle en soit saisie afin d’exercer sa mission de promotion et de protection des droits de l’Homme, la CNCDH entend faire part de son inquiétude à l’égard d’un concept issu du droit dérivé de l’Union européenne qui, très contestable d’un point de vue juridique (I) et pratique (II), conduit à un bouleversement radical du droit d’asile.

      https://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000036251268

    • Pays tiers sûrs : la France au centre du jeu européen ?

      Au mois de décembre 2017, le gouvernement français a décidé de retirer la notion de « pays tiers sûr » du projet de loi pour une immigration maitrisée et un droit d’asile effectif. Cette annonce a été reçue avec satisfaction par les parties prenantes opposées au concept. Cependant, ce retrait ne marque pas la fin des discussions. En effet, une proposition de règlement actuellement négociée au niveau de l’Union européenne prévoit l’adoption d’une liste européenne commune de « pays tiers sûrs ».

      http://www.europeanmigrationlaw.eu/fr/articles/points-de-vue/pays-tiers-surs-la-france-au-centre-du-jeu-europeen

  • Le diabolique projet de l’Europe pour les demandeurs d’asile
    https://www.mediapart.fr/journal/international/281117/le-diabolique-projet-de-l-europe-pour-bloquer-les-demandeurs-d-asile-hors-

    Mediapart s’est procuré la toute dernière version du règlement européen en cours de négociation à Bruxelles, qui permet le renvoi de demandeurs d’asile vers des « pays tiers sûrs ». La définition de ce concept est élargie au point qu’un pays comme la Libye pourrait, à terme, être concerné pour peu que certaines régions se stabilisent, par exemple autour de Tripoli.

    #International #asile #pays_tiers_sûr #réfugiés

  • Greece sidelines officials who blocked expulsion of refugees to Turkey

    Under pressure from Europe, Greek MPs vote to change composition of committees that held up planned deportations

    https://www.theguardian.com/world/2016/jun/17/greece-sidelines-officials-blocked-expulsion-refugees-turkey
    Commentaire reçu via la mailing-list Migreurop:

    Sous la pression des autres pays européens, la #Grèce vient de changer la composition des tribunaux chargés d’examiner les #recours #asile. Ces #tribunaux faisaient jusqu’ici obstacle à l’application de l’#accord_UE-Turquie, car les #juges considèraient en toute rigueur que la #Turquie ne pouvait être considérée comme un « #pays_tiers_sûr » vers lequel des demandeurs d’asile peuvent être renvoyés. Toutefois, les autorités ont estimé que les tribunaux étaient beaucoup trop indulgents. D’où une réforme de leur composition, pourtant contraire aux principes de #séparation_des_pouvoirs et d’indépendance de la #justice.

    #migrations #réfugiés #renvois #expulsions

  • L’Europe continue de bricoler face à l’arrivée de migrants
    https://www.mediapart.fr/journal/international/120216/leurope-continue-de-bricoler-face-larrivee-de-migrants

    Ce début d’année 2016 montre que les arrivées de migrants ne ralentissent pas, au contraire. Après des mois d’atermoiements, l’Union européenne continue pourtant de bricoler. Dernière nouvelle en date : des navires de l’OTAN vont intervenir en mer Égée.

    #International #Alep #Allemagne #asile #europe #Grèce #hotspot #Lesbos #Otan #réfugiés #Syrie #turquie #union_européenne

  • Afghan minister for refugees and repatriation warns against force returns

    Today in the morning we met Mr Rasooli in his office in the Ministry. He confirmed that a number of Afghans who had been sent back to Afghanistan in the last couple of weeks had not been accepted at the airport and were returned to the removing countries (Netherlands, Norway). Mr Rassouli said that they had not been allowed to disembark because their removal to Afghanistan was in breech of the current Memorandum of Understanding between the deporting countries and Afghanistan, because for example they were ill or woman without any support in Afghanistan.

    https://kabulblogs.wordpress.com/2015/02/28/afghan-minister-for-refugees-and-repatriation-warns-against-fo
    #Afghanistan #renvoi #réfugiés #asile #migration #expulsion #Pays_Bas #Norvège #pays_sûr #pays_tiers_sûr

  • ce documentaire sur l’#Erythrée...

    ERITREA COME AND SEE
    http://www.petit-oeil.fr/index-home.php?lang=EN

    ... ça tourne sur twitter, c’est @heleneawet qui twitte cela en copie aux plus importants journalistes et #médias de Suisse romande avec ce texte :

    .@DariusRochebin @Bernard_Rappaz @laciteinfo @lecourrier SVP faites connaître ce documentaire sur l’#Érythrée(54 min.)

    http://www.petit-oeil.fr/index-home.php?lang=EN

    Or, j’ai juste vu quelques extraits au hasard de ce #documentaire, qui paraît une réelle #propagande de soutien au régime érythréen en place...
     :-(

    cc @reka