• Design di genere, ripensare le città tra cura del paesaggio e delle aree verdi

    Aree verdi da attraversare da sole, sentendosi sicure. Paesaggi in abbandono che tornano ad essere tutelati per la loro biodiversità. La cura delle nostre città passa per le questioni di genere: un convegno organizzato dall’associazione «Donna, immagine città» spiega perché.

    Ripensare la città con uno sguardo nuovo, che parti da un linguaggio più ampio per arrivare ai diversi comparti che possono fare dei posti che viviamo, luoghi di benessere per tutte e tutti. Da questi presupposti si è mosso il convegno Città e design di genere. Linguaggio inclusivo, organizzata a Roma, all’Europa Experience, dall’associazione Donna, immagine città lo scorso 22 marzo.

    All’interno dell’evento che ha trattato in maniera estesa, e attraverso più panel, le diverse sfumature che riguardano la città e la presenza delle donne all’interno di essa partendo dal linguaggio, sono emersi spunti interessanti per quel che riguarda nello specifico l’urbanistica e le connessioni con il paesaggio, il verde pubblico e la viabilità ciclabile e pedonale: tutti aspetti strettamente connessi con il tema della conversione ecologica che necessitano però di un dialogo con le tematiche di genere.
    Aree verdi più sicure

    “Quando ragioniamo come progettisti e pianificatori delle città – ha detto nel corso dell’evento Barbara Negroni, consigliera nazionale CONAF Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali – dobbiamo farlo in modo più complesso”.

    Oltre ad alcuni aspetti tecnici che riguardano ad esempio le piante da introdurre nelle aree verdi, gli interventi di depavimentazione e tutte quelle opere messe in campo per far fronte ed evitare le isole di calore, ci sono altri considerazioni da fare per rendere la città accogliente per tutte e tutti.

    “Se abbiamo bisogno di aree verdi e piazze, come spazi interconnessi tra di loro, abbiamo anche la necessità che la città diventi il più possibile vivibile da un punto di vista della sicurezza. Siamo abituati ad avere un’urbanistica e un disegno della città che vede una mobilità lineare, molto veloce, perché fatta più per gli uomini che compiono il tragitto casa-lavoro. Viceversa, le donne si muovono in maniera trasversale nella città perché fanno tante cose: lavorano ma portano anche bambine e bambini a scuola, fanno la spesa, si occupano del lavoro di cura delle persone anziane”.

    “A Casalecchio di Reno – dove Negroni è assessora alla Qualità dell’Ambiente e del Territorio – abbiamo fatto un’analisi di quella che è la mobilità ciclabile delle persone che vanno a lavorare in bicicletta: abbiamo così visto che gli uomini seguono le piste ciclabili in maniera retta sempre seguendo le strade principali, le donne invece vanno attraverso le piste o camminando all’interno delle città, per raggiungere i luoghi di destinazione”.

    “Nel ripensare le aree verdi non dobbiamo quindi considerare solo le specie più adatte per le alte temperature, che permettano di fare ombra, ma dobbiamo andare anche a ragionare sul loro disegno per dare trasparenza, così che siano anche permeabili alla vista perché quando le attraversiamo, dobbiamo avere una percezione di sicurezza. Nel momento in cui riusciamo a dare una trama verde alla città, che sia connessa e trasparente di fatto diventa una città sicura”.

    Quella della connessione delle aree verdi, come fa notare anche Negroni, è anche un tema di equità sociale: poter usufruire di aree verdi connesse tra loro attraversi piste ciclabili o percorsi pedonali è infatti un diritto fondamentale di tutti, e non deve restare solo appannaggio di chi vive nei quartieri più avvantaggiati della città, magari perché maggiormente centrali.

    E se l’esperienza di urbanistica di genere a Bologna, già raccontata su EconomiaCircolare.com, o la riprogettazione in corso a Casalecchio di Reno possono rappresentare degli esempi positivi in cui lo spazio urbano torna ad essere attraversato dalle persone, in modo più consapevole e sicuro e le aree verdi si riprendono il giusto spazio, l’altro lato della medaglia vede l’Italia detenere il record di consumo di suolo in Europa, con la cementificazione di 2,4 metri quadrati al secondo, secondo l’ultimo report sul consumo di suolo dell’Ispra relativo al 2023.

    Il terzo paesaggio

    “Nel suolo – ha spiegato Daniela Ducato, innovatrice green e Cavaliere della Repubblica per meriti ambientali – c’è il nostro futuro biologico, e il nostro futuro biologico è proprio nel terzo paesaggio, cioè in quegli spazi in natura che non disegniamo noi”.

    Con l’espressione terzo paesaggio, coniata da Gilles Clément, scrittore, architetto paesaggista ed ingegnere agronomo francese, si intende infatti un luogo che non subisce la progettazione umana, la cui evoluzione è determinata dall’insieme degli esseri biologici che vivono al suo interno. Questi luoghi sono situati ai margine di boschi, strade, fiumi, possono essere di dimensioni modeste, come il bordo di un campo, o il margine di una strada, o più estesi, come un terreno abbandonato dopo lo sfruttamento, ma anche un’ex cava o ex aree industriali dove la natura si è riappropriata dei propri spazi. Questi luoghi non sono spesso considerati dall’opinione pubblica e dalle amministrazioni e sono spessi i primi ad essere sacrificati, asfaltandoli o abbandonando rifiuti, fino a divenire delle vere e proprie discariche a cielo aperto.

    Ducato ha presentato invece il caso virtuoso del Comune sardo di Guspini (Sud Sardegna), il primo in Italia, dove un paesaggio, anzi proprio un terzo paesaggio, ha ottenuto la certificazione di risorsa sanitaria. Il comune, la cui area industriale aveva già ricevuto la certificazione pesticidi free, è stato infatti interessato da un progetto ideato da Ducato stessa, che vede in campo un team di ricerca scientifica con il comune di Guspini, l’Associazione Italiana di medicina forestale, in collaborazione con la Confcommercio Green, università e privati, e si basa sui benefici sulla salute umana apportati dalle medicina forestale, come: abbassamento della glicemia, aumento della concentrazione e dell’attenzione, rilassamento mentale e contrasto dell’insonnia, riequilibrio del tono dell’umore, stimolazione del sistema psiconeuroendrocrino e immunitario.

    Come ha spiegato l’esperta si tratta di un riconoscimento già avvenuto per parchi e giardini ma mai per un terzo paesaggio, quindi per un paesaggio marginale e periferico dove la natura fa da padrona. Ciò a cui spesso non si pensa di queste aree è infatti che non hanno bisogno di essere innaffiate o concimate, ma conservano una preziosissima biodiversità: “Nessun paesaggista al mondo riesce a fare quello che fa la natura”.

    Il modo in cui chiamiamo le cose, si sa, è legato a doppio filo alla percezione che ne abbiamo, e anche per questi luoghi c’è, secondo Ducati, un bias cognitivo: “Spesso sentiamo distanti questi paesaggi, li vediamo brutti, sporchi e cattivi: così consumiamo e maltrattiamo con il nostro linguaggio questi straordinari luoghi di biodiversità, per altro utilizzando un linguaggio violento, che spesso coincide con quello che si ha nei confronti delle donne”.

    Oltre al lavoro con medici, botanici e biologi, a Guspini si è fatto un lavoro anche sulla toponomastica, con l’intento di ridare dignità e identità alle zone industriali. Si sono intitolate 50 strade a donne: “non solo a donne famose ma a donne che hanno infranto tabu, regole, innovatrici, scienziate, ma anche casalinghe, lavandaie, parrucchiere, donne di tutto il mondo che ci hanno aperto delle strade di pensiero. Sono donne non sono nei libri di scuola ma le loro storie sono scritte nei nostri terzi paesaggi”.

    Quella della toponomastica di genere è un tema ricorrenti negli ultimi anni, anche perché rappresenta una nota dolente all’interno delle nostre città. Dopo aver esaminato i nomi di 155.468 strade in 32 grandi città europee, situate in 19 Paesi diversi, la piattaforma Mapping Diversity, sviluppata da Sheldon Studio e voluta da Obc Transeuropa con altri partner dell’European data journalism network, ha rilevato che oltre il 90% delle strade intitolate a persone sono dedicate a uomini bianchi.

    https://economiacircolare.com/design-di-genere-ripensare-citta-cura-paesaggio-aree-verdi
    #genre #terzo_paesaggio #toponymie #toponymie_féministe #femmes #noms_de_rue #Guspini #Italie #Sardaigne #tiers_paysage

    • Strade di Guspini intitolate alle donne. La zona industriale sarà al femminile

      I nomi delle vie saranno tutti al femminile. Lo ha deciso il Comune di Guspini che, per primo in Italia, ha deciso, con una delibera, di dedicare le vie della zona industriale alle donne che hanno aperto metaforicamente nuove strade, non solo nel commercio.

      Lo ha annunciato questa mattina Daniela Ducato, l’imprenditrice premiata come la più innovativa d’Italia, famosa in mezzo mondo per le sue produzioni realizzate con eccedenze e residui vegetali, in occasione della conferenza stampa sulle iniziative ‘green’ di Confcommercio. Si parte da Guspini, ma anche la vicina Arbus è pronta ad approvare una analoga iniziativa. “La toponomastica – ricorda Ducato – è quasi totalmente maschile, le donne sono al 3 per cento nei centri dove la situazione è migliore”. L’imprenditrice quasi non ci credeva. Poi è arrivata la delibera. E la speranza ora è che tanti Comuni seguano la stessa strada. Magari uscendo anche dalle zone industriali. Una richiesta che parte da lontano: la prima proposta fu formulata 30 anni fa. “Chiesi che la toponomastica fosse anche al femminile e che le strade della zona industriale di Guspini fossero intitolate alle donne. Donne pioniere – spiega l’imprenditrice – che hanno aperto la strada ad altre donne e al pensiero di tutti. Avevo perso la speranza: da oggi è realtà”.

      Spazio dunque alle nuove intitolazioni con le strade della zona industriale dedicate a Margherita Hack, la signora delle stelle; Elena Valentini Luzzato, prima italiana a laurearsi in architettura; Francesca Sanna Sulis, pioniera del commercio la cui seta, nel ‘700, varcò i confini dell’Isola; Pasqua Selis Zua, pasionaria ribelle che nel 1868 guidò la rivolta di Su Connotu; Eva Mameli Calvino, madre di Italo, prima donna a conseguire nel 1915 la libera docenza all’Università; Maria Lai, artista d’eccezione che con i suoi fili di stoffa celeste legò tutte le porte del suo paese, Ulassai, per ben 27 chilometri: la sua fu la prima opera di Arte relazione a livello mondiale.

      https://www.sardiniapost.it/cronaca/strade-di-guspini-intitolate-alle-donne-la-zona-industriale-sara-al-fem

    • “Il terzo paesaggio del Comune di Guspini primo in Italia in qualificazione per la medicina forestale. Daniela Ducato ideatrice del progetto” In evidenza

      Abbassamento della glicemia, aumento della concentrazione e dell’attenzione, rilassamento mentale e liberazione dai pensieri ricorrenti (rimuginio, ruminazione mentale) attivazione dei processi che contrastano l’insonnia, riequilibrio del tono dell’umore, stimolazione del sistema psiconeuroendrocrino e immunitario. Sono solo alcuni dei benefici certificati della medicina forestale con le immersioni a contatto con la natura guidati dal personale specializzato per trarre beneficio per la salute. E l’isola rappresenta il luogo ideale grazie ai suoi territori che contano oltre duemila specie spontanee e ai suoli millenari. Guspini in particolare fa un passo in avanti. Il suo terzo paesaggio è il primo in Italia in fase di qualificazione per la medicina forestale quale luogo idoneo alla prevenzione e alla promozione della salute grazie al Comune di Guspini con la sua referente e ideatrice del progetto Daniela Ducato, nota innovatrice green, prima specializzata in Sardegna in medicina forestale. La medicina forestale esiste da 40 anni ed è nata in Giappone da un team di ricerca di medici immunologi con suo ideatore l’immunologo Qing Li. Si tratta di una medicina integrativa per gli effetti vantaggiosi per la salute fisica e mentale, ed è già da molti anni presente nel servizio sanitario nazionale di diversi paesi del mondo come Canada, Danimarca, Scozia, Corea, Cina ecc. Questa tipologia di prevenzione oltre allo straordinario potenziale salutistico offre un importante risparmio economico stimato intorno all’8% di PIL mondiale per l’apporto prezioso sulla salute fisica e mentale di chi con assiduità si immerge in foresta. Con terzo paesaggio l’agronomo francese Gilles Clément, nel 2003 definì i luoghi marginali naturali, aree dismesse o abbandonate dall’uomo, dove spesso la natura si riprende il suo spazio, ex aree industriali ma anche spazi verdi più piccoli come i suoli urbani e di periferia. L’Italia detiene il triste primato europeo per consumo di suolo con di 2,4 metri quadri al secondo. Ed è Il terzo paesaggio, il primo ad essere cementificato, asfaltato, trasformato in discarica, maltrattato prima di tutto nell’immaginario collettivo che lo considera suolo inutile, degradato legittimandone così abusi e distruzione. L’impermeabilizzazione del suolo ritorna alla ribalta solo in caso di disastri e allagamenti. Dopo l’emergenza cala il silenzio. Il terzo paesaggio può invece diventare un’opportunità straordinaria di prevenzione della salute, addirittura una risorsa sanitaria e di benessere in ogni stagione? La risposta è sì se si mettono insieme ricerca, conoscenza e divulgazione scientifica, animazione e cura del territorio, ed azioni di prevenzione e di economia green senza consumo di suolo.

      Ed è ciò che è avvenuto a Guspini con l’attuale fase di qualificazione di medicina forestale, una delle azioni all’interno di un articolato progetto sul terzo paesaggio ideato da Daniela Ducato ed un team di ricerca scientifica con il Comune di Guspini già certificato pesticide free, l’A.I.Me.F. (associazione Italiana di medicina forestale) in collaborazione con associazioni come la Confcommercio Green, privati, ordini professionali, realtà e progetti di innovazione e Università. Per le sue caratteristiche la Sardegna rappresenta un luogo di eccellenza per la Medicina forestale. Non solo le foreste ma anche il terzo paesaggio non più bistrattato ma valorizzato come dimostra Guspini prima in Italia in fase di validazione come risorsa di prevenzione medica. Inaugurando con il terzo paesaggio una assoluta novità in ambito nazionale ed internazionale.

      «A Guspini, per la prima volta in Italia, abbiamo iniziato la qualificazione di aree urbane caratterizzate dal Terzo Paesaggio, come luoghi idonei alla prevenzione e alla promozione della

      salute». Annuncia con soddisfazione il medico Paolo Zavarella presidente e fondatore dell’associazione italiana di medicina forestale il cui comitato scientifico è diretto da Giovanna Borriello neurologa e responsabile del centro di riferimento per la Sclerosi Multipla dell Ospedale San Pietro Fatebenefratelli di Roma, Responsabile del Centro di ricerca clinica applicata alla Sclerosi Multipla del NCL Istituto di Neuroscienze di Roma. “L’A.I.Me.F. Associazione Italiana di Medicina Forestale nasce per portare anche in Italia ricerca, esperienze e formazione sulla Medicina Forestale, facilitando il processo di Riconoscimento Sanitario, in modo da farla diventare una importante pratica di salute all’interno del servizio sanitario nazionale prescrivibile dai medici, come già oggi accade con la Medicina Termale”, aggiunge Zavarella, “ la corretta immersione è in grado di aumentare del 50%, in modo stabile e sostenuto nel tempo, il numero delle Cellule NK (Natural Killer) che sono i linfociti o globuli bianchi presenti nel sistema immunitario umano e animale, strategicamente deputate al riconoscimento e alla eliminazione delle cellule tumorali e infette da virus. Aumentano, con risultati stabili per settimane, anche altre sostanze preziose in campo immunitario (endorfine, interferone, oppioidi endogeni), aumenta la serotonina (ormone della tranquillità), aumenta l’ossitocina (ormone della felicità) mentre si riduce l’attività del cortisolo e del sistema ortosimpatico (attivi nello stress)”. Sempre i dati certificati Aimef riportano anche immersioni più brevi (almeno un’ora per almeno tre volte settimanali) portano i seguenti benefici: Aumento della concentrazione e dell’attenzione, migliore stabilizzazione dell’umore, un aumento fino al 50% della capacità di problem solving, minore produzione di ormoni degli stress, contribuzione al regolarizzare la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca, contribuzione a gestire la depressione e gli stati d’ansia, aumento dell’attività del sistema nervoso parasimpatico, miglioramento della funzione psichica, delle prestazioni mnesico-attentive, aumento fino al 40% dell’attività dei linfociti NK, anche detti cellule natural killer, fondamentali nella difesa naturale contro virus e malattie.

      Daniela Ducato ideatrice del progetto è anche la prima in Sardegna, specializzata Aimef in medicina forestale con la tesi: “il terzo paesaggio come risorsa sanitaria per una urbanistica della salute. I bias cognitivi nella perdita di suolo e di salute. I benefici del non consumare ma del restituire suolo. L’esempio del Comune di Guspini certificato pesticida free e in qualificazione di idoneità per la Medicina Forestale per la prevenzione e la promozione della salute.”

      “Il terzo paesaggio non va abusato asfaltato ma ritrovato attraverso la consapevolezza e la scienza”, spiega la Ducato, “nel suolo c’è la nostra salute, la nostra farmacia a cielo aperto. E nella restituzione di suolo e non nel suo consumo c’è il nostro futuro biologico. Nel terzo paesaggio l’assenza umana genera spesso un inaspettato rifugio per il ripristino e la conservazione della biodiversità. Il suolo con le sue piante spontanee è elemento privilegiato dell’equilibrio ecologico e al contempo favorisce la salute umana anche attraverso il rilascio di molecole volatili. Per una efficace immersione è importante avere la guida di figure specializzate facilitatrici di medicina forestale quindi conoscitrici dei metodi e dei luoghi più idonei per una corretta balneazione. Ad esempio l’iter di qualificazione di Guspini, realizzata da esperti e medici AIMEF, in una delle sue fasi con la raccolta dei parametri biometrici del campione di partecipanti, si è svolta in una zona urbana di terzo paesaggio ricca di piante spontanee il cui entourage di molecole volatili si caratterizza, proprio in questa stagione, per l’importante proprietà immunomodulante, quindi di aiuto per il sistema immunitario”.

      Aggiunge Zavarella “Le piante emettono preziose molecole studiate e classificate come B-VOC (Biogenic Volatile Organic Compounds: Composti Organici Volatili di Origine Biogenica). Nel tempo, moltissime molecole di origine vegetale sono state isolate, tracciate, purificate, brevettate e riprodotte per sintesi chimica in laboratorio e costituiscono la maggior parte dei farmaci oggi conosciuti (95%). Importante ritornare ad immergersi in quelle molecole vegetali che hanno plasmato la nostra “fisiologia cellulare”.

      IL SUOLO RISORSA STRATEGICA INFRASTRUTTURA VERDE

      Gli eventi estremi di cambiamento climatico ci indicano che non si può più cancellare il suolo occorre mantenerlo facendone risorsa strategica. Così come ha fatto, in innumerevoli azioni green, il Comune di Guspini: dalla toponomastica femminile della zona industriale alle infrastrutture digitale e ai servizi per consentire smart working e uffici verdi tra gli alberi, e molto altro grazie al lavoro di tutti gli assessorati, ha restituito identità, immaginario, valore e abitabilità al terzo paesaggio come dono di salute orientando ad un sano sviluppo economico senza consumo di suolo. Guspini cittadina del Medio Campidano della Sardegna ha ottenuto la certificazione pesticide free, primo Comune al mondo ad avere esteso la sua certificazione all’area industriale e al terzo paesaggio.

      Marcello Serru ingegnere ambientale vicesindaco di Guspini e assessore all’Ambiente ha spiegato che: “Il terzo paesaggio di Guspini in percorso di validazione come Forest Bathing Center con i suoi bagni forestali anche in ambiente urbano è una preziosa opportunità di salute offerta dal nostro Comune e ne premia l’impegno costante nel tempo. Ne è dimostrazione la vegetazione arborea messa a dimora negli ultimi 8 anni con oltre 2000 nuove piante della macchia mediterranea tra centro urbano e territorio comunale con le aree del terzo paesaggio”.

      Il lavoro sul recupero del terzo paesaggio iniziato a Guspini circa 30 anni fa, diventa poi base di ricerca già dal 2022 anche grazie al progetto EquiliBio con Federico Ortenzi per la parte di bioacustica vegetale, diretto dal professore Andreas Macchia con la redazione di Luigi Campanella già professore ordinario di chimica dell’ambiente e dei beni culturali presso l’Università La Sapienza di Roma, e in collaborazione con INGV Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia diretto dal professore Carlo Doglioni. È poi proseguito nella direzione della medicina forestale con il percorso di qualificazione AIMEF e con la parte di coordinamento tecnico scientifico e di elaborazione dei dati ecosistemici affidati ad Alberto Musa nella sua doppia veste di biologo naturalista ed apicoltore. Nel progetto è centrale la multidisciplinarietà di settori e competenze scientifiche e di attori sociali comprese le associazioni che via via stanno aderendo e gli ordiniprofessionali.

      A far diventare il progetto del terzo paesaggio da sogno a realtà sono state la co-progettazione e le risorse finanziarie donate da Iole Garau di Guspini, ex insegnate di lettere da molti anni in pensione, conoscitrice del territorio sardo, tra i fondatori dello storico gruppo archeologico Neapolis. Ha selezionato diversi progetti per valutare quello più meritevole a cui destinare sia una parte dei suoi risparmi sia il suo contributo di ideazione e competenze. Ha scelto il progetto proposto da Daniela Ducato quale referente del Comune di Guspini intitolato “Dalle città invisibili al terzo paesaggio come risorsa sanitaria per una urbanistica della salute” il cui titolo è anche omaggio a Italo Calvino.Tra le molteplici motivazioni della scelta c’è “la sua valenza nel dare alla salute il ruolo di priorità per generare un nuovo approccio educativo, culturale, economico”. Partire dalle risorse del terzo paesaggio. Da quelle città invisibili che oggi a Guspini diventano visibili e salutari.”

      https://www.vivilasardegna.com/turismo/item/1250-il-terzo-paesaggio-del-comune-di-guspini-primo-in-italia-in-qua

  • Place des grandes femmes : Audrey Dussutour en Aveyron
    https://academia.hypotheses.org/50840

    D’ici quelques jours, la commune de Rieupeyroux a baptisé une de ses places du nom de la biologiste Audrey Dussutour, sur une suggestion de deux jeunes de la commune, Chloé et Yanis, résolution adoptée par la Mairie. À qui le … Continuer la lecture →

    #Academic_Feminist_Fight_Club #Libertés_académiques_:_pour_une_université_émancipatrice #parité_femmes-hommes

  • Une place centrale de la ville nommée en l’honneur d’#Agota_Kristof

    Le Conseil communal va attribuer un nouveau nom à deux places encore anonymes : la place Agota Kristof au sud du collège latin, et la place de l’Escargot à l’extrémité de la rue de Bourgogne. La première entend rendre #hommage à une célèbre écrivaine et contribuer à représenter davantage les #femmes dans l’#espace_public : elle sera inaugurée en 2023. La deuxième, issue d’une démarche citoyenne, sera vernie lors de la fête de l’Association de quartier Draizes sans limite, le 27 août prochain.

    https://www.neuchatelville.ch/fr/medias/actualites/detail/une-place-centrale-de-la-ville-nommee-en-lhonneur-dagota-kristof
    #toponymie #toponymie_féministe #femmes #Neuchâtel #Suisse #noms_de_rue

  • #Mapping_Diversity

    Mapping Diversity is a platform for discovering key facts about diversity and representation in street names across Europe, and to spark a debate about who is missing from our urban spaces.

    We looked at the names of 145,933 streets across 30 major European cities, located in 17 different countries. More than 90% of the streets named after individuals are dedicated to white men. Where did all the other inhabitants of Europe end up? The lack of diversity in toponymy speaks volumes about our past and contributes to shaping Europe’s present and future.


    https://mappingdiversity.eu
    #cartographie #noms_de_rue #toponymie #toponymie_féministe #toponymie_politique #visualisation #Europe #base_données #villes #urban_matter #ressources_pédagogiques

    ping @_kg_ @cede

    • Pocas y ocultas: la infrarrepresentación de las mujeres en el callejero de Europa

      Da igual que sea una calle principal en las afueras de una gran ciudad o un pequeño callejón en el centro histórico; en Escandinavia o en el Mediterráneo; en la ciudad más occidental de Europa o en la sufrida Kiev. Las calles del Viejo Continente tienen una cosa en común: rinden homenaje a muchos más hombres que mujeres.

      La European Data Journalism Network (EDJNet) ha analizado, con la participación de El Orden Mundial, 145.933 calles en 30 grandes ciudades de 17 países de la Unión Europea o candidatos a formar parte del grupo comunitario. De todas ellas, el 91% llevan nombre masculino. Incluso en la ciudad con menor brecha de género, Estocolmo, las calles que homenajean a hombres siguen suponiendo más del 80% del callejero.

      No todas las ciudades son iguales

      En algunas ciudades de Europa, particularmente en el norte y el este del continente, es relativamente común dedicar nombres de calles a personas. Además de la capital sueca, las urbes con mayor representación de mujeres son las españolas (Madrid, Barcelona y Sevilla) y Copenhague, aunque en el caso de España las cifras están condicionadas por la gran cantidad de calles dedicadas a las vírgenes católicas (211 calles en 3 ciudades). En el lado contrario, menos de un 5% de las calles de Atenas, Praga y Debrecen (Hungría) tienen nombre de mujer.

      En total, la EDJNet ha identificado 41.000 individuos con al menos una calle en su honor, y aunque Europa es una región densamente poblada y con cientos de años de rica historia, solo 3.500 mujeres aparecen en el callejero de las 30 ciudades que forman parte de la investigación. Si todas ellas hubiesen coincidido en el tiempo, apenas ocuparían las casas y viviendas de una simple avenida. La preponderancia de figuras masculinas en las calles de Europa es un fuerza sublime pero constate que ayuda a perpetuar la marginación de las mujeres y su contribución a la historia, la cultura y la ciencia.

      La Virgen María y Santa Ana son las figuras femeninas mas populares en el callejero de las ciudades analizadas por la EDJNet. Pese a esto, la mayoría de calles dedicadas a mujeres no son de figuras religiosas, sino del mundo de la cultura y la ciencia, incluidas escritoras y artistas. La nobleza y la política son otros campos con una representación fuerte en el callejero femenino de Europa.

      Existen, eso sí, diferencias entre ciudades. Tanto Copenhague como Cracovia tiene 71 calles dedicadas a mujeres, pero en la primera ciudad solo hay una figura religiosa, mientras que en la capital polaca son diez. Las diferencias son mucho más pequeñas cuando se analiza el origen de estas mujeres: aparte de algunas santas de Oriente Medio, la inmensa mayoría son mujeres europeas. Solo destacan dos excepciones: la líder india Indira Gandhi y la artista sudafricana Miriam Makeba.
      Una brecha que no se cierra

      La gran brecha de género en el callejero europeo no sorprende si se tienen en cuenta los siglos de discriminación que han sufrido las mujeres en la educación, la vida pública y la economía. Los paisajes urbanos tienden a reflejar las relaciones de poder que existían cuando se construyeron las calles. En el caso de Europa, esto sucedió en el siglo XIX y principios del XX.

      Gracias al esfuerzo de activistas o intelectuales, la concienciación en torno a la sobrerrepresentación de hombres blancos y ricos en el callejero ha crecido en Europa. Sin embargo, los datos sugieren que esta concienciación aún no se ha visto acompañada de un cambio significativo en los nombres de las calles. Durante los últimos diez años, ninguna de las grandes ciudades de Europa ha estado cerca de cerrar la brecha de género, y en algunos casos se ha perpetuado: en el periodo 2012-2022, ciudades como Ámsterdam, Berlín, Valencia o Milán siguieron dedicando más calles a hombres que mujeres.

      «Desde 2017, hemos aplicado estrictamente el reparto equitativo en la denominación de las calles, homenajeando a una nueva mujer por cada nuevo hombre. Sin embargo, todavía recibimos muchas más propuestas de nombres masculinos, unas diez veces más, que nombres femeninos», dice Antonella Amodio, la funcionaria a cargo de seleccionar los nombres de las calles en Milán. Una mayor sensibilidad hacia el tema ha llevado a una mayor concienciación: la ciudad ahora monitorea la brecha de género y está construyendo un sitio web dedicado a explorar lugares y monumentos dedicados a mujeres destacadas y sus vidas.

      Pero aplicar la paridad no es suficiente para cerrar la brecha de género. De hecho, ni siquiera sería suficiente si todas las calles nuevas llevasen nombre de mujer. Las ciudades europeas simplemente no crecen tan rápido como solían hacer, y solo se construyen algunas decenas de calles cada año. En la actualidad hay 43.330 calles más dedicas a hombres que a mujeres en las ciudades analizadas, por lo que la desigualdad tardaría siglos en cerrarse.

      Es más, los expertos advierten de que las nuevas valles dedicadas a mujeres tienden a estar localizadas en áreas periféricas, zonas residenciales donde la visibilidad es menor, como el barrio de Sanchinarro en Madrid. Por contra, las calles con nombres de hombres siguen siendo las avenidas y plazas más importantes de los centros históricos.

      https://elordenmundial.com/mapas-y-graficos/infrarrepresentacion-mujeres-callejero-europa

  • I nomi delle strade sono lo specchio del sessismo della società

    La cultura che è all’origine di violenze e discriminazioni nei confronti delle donne non viene insegnata a scuola, ma si perpetua giorno dopo giorno attraverso quello che ci circonda: dai prodotti commerciali a quelli culturali, dalla pubblicità ai giocattoli. Pensando allo spazio pubblico, per esempio, ci si accorge che restituisce a chi lo attraversa quasi solo nomi di uomini: eroi di guerra, compositori, scienziati e poeti sono ovunque, a costante memoria del loro valore.

    Da qualche anno a questa parte lo studio dell’urbanistica si è intrecciato con quello della toponomastica di genere e, mentre si pensa a come disegnare città più inclusive, si riflette anche sulla cancellazione storica subita da partigiane, musiciste o scienziate. Con 24 strade a lei dedicate, la donna più celebrata sulle vie d’Europa è Marie Curie, che però non sempre si aggiudica un’intestazione tutta sua: quasi sempre sulle targhe la precede il nome del marito, Pierre. Anche se lui ha un Nobel in meno di lei.

    Un promemoria sottile

    La piattaforma Mapping diversity, sviluppata da Sheldon Studio e voluta da Obc Transeuropa con altri partner dell’European data journalism network, esamina le mappe di trenta città di 17 paesi europei rivelando che, su 145.933 strade e piazze, il 91 per cento di quelle intitolate a persone sono dedicate a uomini. Basta fare due passi in una qualsiasi metropoli per notarlo. “È un promemoria, sottile ma potente, su chi la nostra società apprezza o ha apprezzato e chi no”, si legge sul sito. A fianco il risultato della ricerca: 4.779 vie intitolate a donne contro 47.842 nomi maschili.

    Lo scopo dello studio è raccontare la mancanza di diversità in relazione alle narrazioni. Se è vero che la storia la scrive chi vince, fino a oggi hanno vinto uomini che hanno disegnato le città raccontando il passato attraverso il loro punto di vista. Una prospettiva da cui non vengono osservati, e tanto meno celebrati, i traguardi scientifici, militari, politici o culturali di donne, identità non binarie e persone non bianche, ma che mette bene a fuoco le martiri o le dee, come Diana e Afrodite.

    Sono infatti 365 le vie e le piazze dedicate alla Madonna, spalmate su 25 delle 30 città europee esaminate. La seconda nella classifica generale delle donne e sant’Anna, con 35 strade, accompagnata dalla voce “casalinga” e dal motivo di tanta attenzione: è la madre della capolista. La prima laica (terza tra tutte le donne) è appunto Curie; la seconda, con solo dieci strade, è la scrittrice polacca Stefania Sempołowska (dodicesima nella classifica generale). A separare le due c’è una folta schiera di sante, da Teresa d’Avila a Chiara d’Assisi.

    Per fare un confronto con gli uomini, i più popolari sono san Pietro, san Paolo e Ludwig van Beethoven (a cui sono dedicate 26, 23 e 18 strade o piazze). Numeri bassi se comparati con quelli di Maria e Anna, dovuti al fatto che la platea di uomini a cui sono state intestate strade o piazze è larghissima, dal momento che tra i meritevoli c’è anche l’immaginario Frankenstein o, peggio, il gerarca fascista Aldo Tarabella. Nessuno escluso quindi, mentre lo spazio delle donne, anche quando sante, resta angusto e le percentuali insignificanti.

    Tra le capitali, la città più inclusiva in Europa è Stoccolma con solo il 19,5 per cento delle strade intitolate a donne. È seguita da Madrid (18,7), Copenaghen (13,4 per cento) e Berlino (12,2 per cento). In fondo alla classifica ci sono Praga (4,3 per cento) e Atene (4,5 per cento).

    L’Italia dal canto suo ha il 6,6 per cento di vie dedicate a donne: su 24.527 strade sono 1.626, ma se non si contano quelle dedicate alla Madonna, ne rimangono 959: persone come Rita Levi Montalcini, Oriana Fallaci, Lina Merlin o la ciclista Alfonsina Strada danno il nome a una via ciascuna e Margherita Hack non c’è. A spopolare all’estero è Maria Montessori: quattro strade di cui una a Barcellona e una a Vienna. La seconda laica più celebrata oltre i confini è Anna Magnani, l’attrice di Roma città aperta ha una via a Bruxelles. L’italiano più inflazionato all’estero è, forse ovviamente, Cristoforo Colombo: undici città d’Europa lo hanno reso immortale con gloriosi lungomare e grandi piazze. Lo seguono Galileo Galilei e Dante.

    Non mancano, tra street, rue, strasse e carrer le scrittrici Elsa Morante, l’attrice Gaby Sylvia, la cantante Giuseppina Medori, la pilota Lella Lombardi e la pittrice Maddalena Corvini. Non pervenuta, all’estero, la premio Nobel Grazia Deledda che è già ricordata di rado in patria come anche le politiche Nilde Iotti, Carla Capponi e Miriam Mafai. E sono ancora meno le scienziate, le ingegnere, le sportive o le giornaliste. Troviamo però Emanuela Loi, scorta del giudice Paolo Borsellino, e le stelle di un tempo: Wanda Osiris, Silvana Mangano, Bice Valori, Dalida ed Emma Gramatica. Ma hanno circa una strada l’una. E periferica per giunta.

    Fornire modelli

    “Le donne non hanno avuto visibilità negli spazi pubblici e tale esclusione è evidente nella toponomastica”, commenta Maria Pia Ercolini, fondatrice di Toponomastica femminile, un’associazione che vuole restituire visibilità alle donne che hanno contribuito a migliorare la società. “Fornire modelli visibili accresce l’autostima delle ragazze”, spiega, “e la violenza di genere dipende dal fatto che le donne vengono percepite come oggetti e proprietà, per questo è fondamentale restituire il loro operato a tutti: le bambine scoprono ambizioni e desideri attraverso la storia e i bambini recepiscono il valore delle donne”.

    Insieme all’Associazione nazionale comuni italiani (Anci), Ercolini ha avviato la campagna “tre donne, tre strade” che ogni 8 marzo promuove l’intitolazione di spazi cittadini a tre donne di rilevanza locale, nazionale e internazionale. Per il 2023, la richiesta è di dar spazio alle vittime del terrorismo di stato o alle donne che hanno combattuto per la democrazia e per i diritti in Iran e Afghanistan.

    Di certo aumentare la percentuale di strade e piazze dedicate a figure femminili di rilievo non basterà a sradicare una cultura patriarcale che spesso dimentica le donne. Tuttavia le ricerche come questa e le continue attività di organizzazioni e istituzioni che si dedicano alla toponomastica e provano a immaginare un diverso modello di città, sono un passo in avanti verso uno spazio pubblico più inclusivo. Un lavoro importante soprattutto per le prossime generazioni di donne che, leggendosi e ritrovandosi, saranno forse più pronte a prendere coscienza del loro valore e del ruolo che possono avere nella società.

    https://www.internazionale.it/notizie/eugenia-nicolisi/2023/03/09/nomi-strade-sessismo

    #sexisme #toponymie #toponymie_féministe #femmes #noms_de_rue #inégalité #culture

  • Festa delle Donne : A Lipari la nuova “toponomastica”

    Bella e originale. Non sappiamo ancora di chi è l’iniziativa ( anche se lo supponiamo) ma è lodevole. Lipari si è svegliata nel giorno della Festa delle Donne con le sue vie “intitolate” alla memoria di grandi donne, alcune anche in vita, della cultura, della scienza, del giornalismo , della musica ( c’è anche Patty Smith) ecc. Un modo anche per ricordare all’Amministrazione che la toponomastica dovrebbe essere aggiornata . L’ultima rivisitazione risale a poco più di dieci anni fa per opera della giunta Bruno con il Rotary club, con la collocazione delle targhe in ceramica .

    Mais il y aurait beaucoup de choses à dire sur le fait qu’un des noms proposés pour la nouvelle toponymie soit celui de #Giorgia_Meloni (sic) :


    https://www.giornaledilipari.it/festa-delle-donne-a-lipari-la-nuova-toponomastica

    #toponymie #toponymie_féministe #genre #noms_de_rue #Lipari #Sicile #Italie

    • 8 marzo: Lipari per un giorno «intitola» vie a grandi donne

      Un «suggerimento» al Comune per una revisione toponomastica

      Lipari in occasione della Giornata internazionale della donna ha intitolato, apponendo dei fogli sui muri delle vie dell’isola a grandi donne, alcune anche in vita, del mondo della cultura, della scienza, del giornalismo, della musica.

      Il «cambio toponomastica» ha coinvolto anche donne eoliane che, nel tempo, si sono contraddistinte in vari campi.

      L’iniziativa anonima, è stata realizzata la notte tra martedì e oggi. Potrebbe essere un «suggerimento» all’amministrazione comunale affinchè si proceda ad una revisione della toponomastica, in molti casi risalente agli anni immediatamente successivi all’ultima guerra mondiale. (ANSA).

      https://www.ansa.it/sicilia/notizie/2023/03/08/otto-marzo-lipari-per-un-giorno-intitola-vie-a-grandi-donne_2b325fdc-44ff-49f4-

    • I nomi di Donne famose sono apparsi sui muri di Lipari: gli isolani acclamano il “cambio toponomastica”

      Lipari, l’isola più grande dell’arcipelago delle Eolie, celebra la Giornata Internazionale della Donna in modo originale e significativo. Durante la notte tra martedì e mercoledì, alcune donne straordinarie del mondo della cultura, della scienza, del giornalismo e della musica sono state omaggiate con l’apposizione di fogli sui muri delle vie dell’isola.

      L’iniziativa, anonima e spontanea, ha suscitato grande interesse e curiosità tra i residenti e i turisti.

      La scelta di dedicare spazi pubblici alle grandi donne della storia è un messaggio forte e chiaro, che invita a riflettere sulla necessità di riconoscere l’enorme contributo che le donne hanno dato e continuano a dare alla società, in tutti i campi.

      Il “cambio toponomastica” ha coinvolto anche alcune donne eoliane che, nel corso del tempo, si sono contraddistinte in vari ambiti.

      Questa iniziativa potrebbe essere considerata un “suggerimento” all’amministrazione comunale per procedere a una revisione della toponomastica, che in molti casi risale agli anni immediatamente successivi all’ultima guerra mondiale.

      Una revisione che potrebbe permettere di rendere omaggio alle grandi donne dell’isola e ai loro meriti, aprendo nuove strade alla memoria collettiva.

      In un’epoca in cui la parità di genere e la valorizzazione delle donne sono ancora temi di grande attualità, l’iniziativa di Lipari rappresenta un’importante occasione di riflessione e di sensibilizzazione.

      L’idea di dedicare spazi pubblici alle grandi donne della storia è un modo per ricordare il loro contributo e per ispirare le nuove generazioni a lottare per i propri diritti.
      Alcuni nomi di donne affissi sui muri di Lipari

      Hannah Arendt è stata una filosofa e teorica politica tedesca di origine ebraica, nota per i suoi contributi alla riflessione sul totalitarismo, la politica e la cultura.

      Arendt è nata a Hannover, in Germania, ed è fuggita in esilio negli Stati Uniti nel 1941, a causa della persecuzione nazista degli ebrei. Ha insegnato in diverse università americane, tra cui la New School for Social Research e la University of Chicago.

      Tra le sue opere più famose ci sono “Le origini del totalitarismo”, “La condizione umana” e “Eichmann a Gerusalemme”, in cui analizza il processo al criminale di guerra nazista Adolf Eichmann e sviluppa la sua teoria della “banalità del male”.

      Arendt è stata, anche, una critica del concetto di “diritti umani”, sostenendo che essi non hanno una base oggettiva e che la loro affermazione non garantisce necessariamente la protezione delle libertà individuali.

      Il suo pensiero ha influenzato numerosi studiosi di filosofia politica e la sua figura è stata oggetto di diversi film e opere letterarie.

      La figura di Carmelina Naselli, come quella di Cocchiara e Pitrè a Palermo, rappresenta un punto di riferimento importante negli studi folklorici e delle tradizioni popolari siciliane.

      Nonostante l‘imperante storicismo ideologico crociano, che metteva in secondo piano queste discipline tacciate di simpatizzare con i metodi del positivismo, la Naselli riuscì a far fronte, continuando a professare rigorosamente il metodo storico-filologico nella sua indagine di studio e di ricerca. Questa diatriba si sarebbe poi attenuata solo dopo i lavori di Ernesto De Martino sull’etnologia storicistica.

      Ilaria Alpi è stata una giornalista italiana che ha fatto carriera come inviata di guerra. È nata a Roma e ha studiato Scienze Politiche presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Dopo aver iniziato la sua carriera come giornalista presso l’agenzia ANSA, nel 1989 è entrata a far parte della redazione di Rai News.

      Durante la sua carriera, Ilaria Alpi ha coperto diversi conflitti internazionali, tra cui la guerra in Somalia e la guerra del Golfo. Nel 1994, mentre si trovava in Somalia per un’inchiesta sul traffico di armi, è stata uccisa insieme al suo operatore Miran Hrovatin.

      La morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin ha sollevato numerose polemiche e controversie, sia in Italia che all’estero, e, ancora oggi, l’omicidio rimane avvolto nel mistero. Nel 1999, in memoria della giornalista, è stata creata la Fondazione Ilaria Alpi, che promuove iniziative culturali e formative nel campo del giornalismo e dell’informazione.

      https://newsicilia.it/messina/cronaca/i-nomi-di-donne-famose-sono-apparsi-sui-muri-di-lipari-gli-isolani-acclamano-il-cambio-toponomastica/854872

  • Vienne, capitale de l’urbanisme « sensible au genre » | Mediapart
    https://www.mediapart.fr/journal/international/250722/vienne-capitale-de-l-urbanisme-sensible-au-genre#at_medium=custom7&at_camp

    Vienne (Autriche).– Avec ses immeubles peu élevés et ses espaces communs sagement entretenus et arborés, l’ensemble de logements sociaux Frauen Werk Stadt (« Femme, travail, ville ») ressemble à de nombreux autres quartiers d’habitations de la capitale autrichienne. Mais sa construction, achevée en 1997, a représenté une petite révolution. Élaboré par quatre femmes architectes, ce complexe résidentiel a été l’un des premiers projets pilotes intégrant les principes de l’urbanisme dit « sensible au genre ».

    Ici, tout a été conçu pour faciliter les tâches du quotidien : courses, lessive, prise en charge des enfants. Un travail non rémunéré encore effectué en grande partie par les femmes. Ainsi, ont été installés au sein de l’ensemble un supermarché, une crèche, un cabinet médical, une pharmacie. De quoi limiter les déplacements souvent chronophages qu’implique le travail domestique.

    Une dimension également intégrée à l’intérieur des bâtiments : les machines à laver communes n’ont pas été reléguées dans une salle sombre à la cave, comme cela est souvent le cas à Vienne, mais sont situées dans les étages supérieurs qui donnent accès à un toit-terrasse offrant une vue sur tout l’ensemble. Chaque étage dispose d’un local commun de rangement. Les mères peuvent ainsi prendre l’ascenseur avec leur poussette et la laisser devant leur porte, sans avoir à porter enfants et sacs de courses dans les bras. Les cages d’escalier sont larges et éclairées par la lumière naturelle pour inciter les habitant·es à s’arrêter et à discuter, permettant ainsi de créer du lien entre voisin·es et de se rendre éventuellement des services.

    Ça ne remet pas en cause la répartition genrée des tâches domestiques mais c’est déjà ça

    Les parcs publics représentent l’un des exemples les plus aboutis de cette démarche : grâce à une étude sociologique, la municipalité se rend compte que les jeunes filles désertent ces lieux, passé l’âge de dix ans, car elles n’y trouvent plus leur place. En 1999, deux parcs sont alors choisis pour être réaménagés selon des critères de sensibilité au genre : des cages de football sont déplacées pour permettre une utilisation plus diversifiée de la pelouse, des buissons sont enlevés, et l’éclairage est renforcé pour améliorer la visibilité et accroître le sentiment de sécurité, des toilettes publiques sont installées, ainsi que des hamacs qui permettent de se rassembler et de discuter au calme.

    • Vienne, capitale de l’urbanisme « sensible au genre »

      Depuis 30 ans, la capitale autrichienne cherche à assurer un partage équitable de l’espace public entre hommes et femmes. #Aménagement des #parcs, #trottoirs, #éclairage : pionnière de cet urbanisme « sensible au genre », la ville est mondialement reconnue pour sa qualité de vie.

      Avec ses immeubles peu élevés et ses espaces communs sagement entretenus et arborés, l’ensemble de logements sociaux Frauen Werk Stadt (« Femme, travail, ville ») ressemble à de nombreux autres quartiers d’habitations de la capitale autrichienne. Mais sa construction, achevée en 1997, a représenté une petite révolution. Élaboré par quatre femmes architectes, ce complexe résidentiel a été l’un des premiers projets pilotes intégrant les principes de l’urbanisme dit « sensible au genre ».

      Ici, tout a été conçu pour faciliter les tâches du quotidien : courses, lessive, prise en charge des enfants. Un travail non rémunéré encore effectué en grande partie par les femmes. Ainsi, ont été installés au sein de l’ensemble un supermarché, une crèche, un cabinet médical, une pharmacie. De quoi limiter les déplacements souvent chronophages qu’implique le travail domestique.

      Une dimension également intégrée à l’intérieur des bâtiments : les machines à laver communes n’ont pas été reléguées dans une salle sombre à la cave, comme cela est souvent le cas à Vienne, mais sont situées dans les étages supérieurs qui donnent accès à un toit-terrasse offrant une vue sur tout l’ensemble. Chaque étage dispose d’un local commun de rangement. Les mères peuvent ainsi prendre l’ascenseur avec leur poussette et la laisser devant leur porte, sans avoir à porter enfants et sacs de courses dans les bras. Les cages d’escalier sont larges et éclairées par la lumière naturelle pour inciter les habitant·es à s’arrêter et à discuter, permettant ainsi de créer du lien entre voisin·es et de se rendre éventuellement des services.

      Un aspect particulièrement important pour Martina Kostelanik, qui a emménagé dès 1997 dans son appartement, un rez-de-chaussée avec jardin qu’elle compte bien ne jamais quitter : « Quand nous sommes arrivés ici, il n’y avait que des jeunes familles et nous avons maintenu des liens d’amitié, même avec ceux qui ont déménagé. Les enfants ont grandi ensemble et sont toujours en contact. »

      Aujourd’hui retraitée, elle a élevé ses trois enfants à Frauen Werk Stadt, tout en travaillant dans la cantine d’une école : « Ici, c’est très pratique. Il y a deux aires de jeux dans des cours intérieures et on peut laisser les enfants y aller seuls car on peut les surveiller depuis notre jardin. Les voitures ne peuvent pas passer, il n’y a donc aucun danger. Et puis il y a la crèche qui est directement dans l’ensemble, beaucoup d’espaces verts, des endroits pour faire du vélo avec les enfants. Il n’y a pas besoin d’aller ailleurs pour les occuper. C’est super ! »

      Désormais, ses enfants ont grandi et quitté le domicile familial. Comme les appartements sont modulables pour s’adapter aux différentes périodes de la vie, elle a pu facilement faire tomber une cloison qui séparait sa chambre de celle des enfants, afin d’avoir plus d’espace. Son logement ne comprend aucune marche sur laquelle elle pourrait trébucher, le médecin et la pharmacie ne sont qu’à quelques mètres. Dernier aspect important pour la retraitée : le #sentiment_de_sécurité. L’#éclairage a été étudié pour éviter tout recoin sombre, parfois source d’angoisse pour les femmes, et les larges fenêtres des pièces de vie donnent sur les espaces communs pour pouvoir toujours être à portée de regard.

      Après 25 ans à vivre ici « comme dans un village », Martina Kostelanik se dit très satisfaite. Pourtant, quand on lui fait remarquer que cet ensemble a été spécifiquement conçu pour prendre en compte les besoins des femmes, elle sourit et admet qu’elle l’ignorait. C’est tout le #paradoxe de cette approche pour Eva Kail, urbaniste à la mairie de Vienne : « Quand tout fonctionne bien au quotidien, alors ça devient invisible. » Cette experte est l’une des pionnières de l’urbanisme sensible au genre et n’a cessé de convaincre autour d’elle de l’importance de la démarche.

      Une politique initiée dans les années 1990

      En 1991, elle organise une exposition photo retraçant une journée dans la vie de huit femmes à Vienne, une mère célibataire, une étudiante en fauteuil roulant, une cadre… afin de montrer comment s’organise leur quotidien dans l’#espace_urbain. Pour la première fois, des données relatives aux différents #moyens_de_transport sont ventilées par sexe et le constat est sans appel : les automobilistes sont majoritairement des hommes, et les piétons, des femmes. Une réalité sur laquelle personne ne s’était alors penché : « À l’époque, on avait coutume de dire que les responsables de la #planification des #transports étaient des automobilistes blancs de la classe moyenne et ils ont eu une grande influence sur cette politique d’urbanisme », estime Eva Kail.

      La planification des transports était alors principalement centrée sur les trajets en voiture entre le domicile et le travail mais prenait peu en compte les nombreux itinéraires empruntés par les femmes dans leur quotidien. L’exposition permet ainsi de thématiser les problématiques des piéton·nes : largeur des trottoirs, éclairage urbain, temps laissé par les feux tricolores pour traverser. Avec 4 000 visiteurs et visiteuses, l’exposition est un succès et, quelques mois plus tard, la municipalité décide d’ouvrir le Frauenbüro, le « bureau des femmes », pour apporter plus d’attention aux besoins des habitantes. Eva Kail en prend la direction. Un numéro d’urgence joignable 24 heures sur 24 est mis en place, de nombreux projets pilotes, dont Frauen Werk Stadt, sont lancés.

      Les parcs publics représentent l’un des exemples les plus aboutis de cette démarche : grâce à une étude sociologique, la municipalité se rend compte que les jeunes filles désertent ces lieux, passé l’âge de dix ans, car elles n’y trouvent plus leur place. En 1999, deux parcs sont alors choisis pour être réaménagés selon des critères de sensibilité au genre : des cages de football sont déplacées pour permettre une utilisation plus diversifiée de la pelouse, des buissons sont enlevés, et l’éclairage est renforcé pour améliorer la visibilité et accroître le sentiment de sécurité, des toilettes publiques sont installées, ainsi que des hamacs qui permettent de se rassembler et de discuter au calme.

      Résultat : les jeunes filles commencent à utiliser une plus grande partie de ces parcs, même si la municipalité a dû faire face à des critiques qu’elle n’avait pas anticipées : « Il y avait un parc où on avait beaucoup amélioré la visibilité. Des jeunes filles sont venues se plaindre car leur mère pouvait désormais voir de la fenêtre ce qu’elles faisaient en bas et ça ne leur a pas du tout plu ! […] On n’y avait pas pensé ! On aurait dû leur laisser quelques recoins », s’amuse Eva Kail. À partir de ces expériences, des listes de recommandations ont été établies et s’appliquent désormais à l’ensemble des parcs de la capitale.

      #Seestadt, un immense quartier en construction

      Si l’urbanisme sensible au genre a, dans un premier temps, fait l’objet de nombreuses réticences et nécessité un important travail de pédagogie parmi les fonctionnaires de la municipalité, la démarche est aujourd’hui pleinement intégrée à la stratégie de développement de la ville, dirigée de longue date par les sociaux-démocrates. Pour s’en convaincre, direction Seestadt, en périphérie de Vienne. Sur 240 hectares, un nouveau quartier monumental est en train de sortir de terre. Autour d’un lac artificiel, plus de 4 300 logements ont déjà été construits. À terme, aux alentours de 2035, ce quartier devrait accueillir plus de 25 000 habitant·es, ainsi que 20 000 emplois : l’un des projets de développement urbain les plus importants d’Europe.

      Gunther Laher, responsable du suivi du projet pour la municipalité, nous guide dans les allées de cette ville nouvelle avec enthousiasme. Premier signe évident de l’importance accordée à la dimension de genre : les rues, places et parcs portent ici le nom de femmes célèbres. « Avant ce quartier, 6 % des rues de Vienne étaient nommées d’après une femme. On a porté ce chiffre à 14 % », se réjouit le fonctionnaire, pour qui cette décision va au-delà du symbole. « En voyant ces noms, les habitants commencent à s’intéresser à la biographie de ces femmes. Ça contribue à changer les perceptions. »

      Ici, de nombreuses rues sont piétonnes, le dénivelé entre la chaussée et le trottoir n’excède jamais trois centimètres pour faciliter les déplacements avec une poussette ou en fauteuil roulant. Même les commerces, installés le long de la rue Maria-Tusch, ont fait l’objet d’une planification : « Quand on construit un tel quartier, il y a peu d’habitants au début. Pour être sûr qu’ils aient à disposition ce dont ils ont besoin, on ne peut laisser faire le marché privé […]. On loue les boutiques en rez-de-chaussée et on s’assure que pendant dix ans, le local ne puisse être utilisé par un autre secteur d’activité. Le boulanger sera donc toujours un boulanger, le coiffeur toujours un coiffeur », explique Gunther Laher. Ainsi, la municipalité garantit que les habitant·es n’auront pas besoin de courir d’un bout à l’autre de la ville pour faire leurs courses.

      Toutes les politiques de la ville doivent prendre en compte le genre

      Depuis 2006, Vienne a également mis en place un budget sensible au genre (gender budgeting), pendant financier de sa politique d’urbanisme. Chaque département de la mairie doit ainsi s’assurer que ses dépenses contribuent à une amélioration de l’égalité entre les sexes. Si la rénovation d’une rue doit être financée, il faudra se demander quelle place est accordée à la chaussée, donc aux automobilistes, donc majoritairement aux hommes, et quelle place est accordée aux piéton·nes, en s’intéressant par exemple à la largeur des trottoirs.

      Michaela Schatz, responsable du département gender budgeting de la municipalité, se souvient d’une mise en place compliquée : « De nombreux services nous ont dit : “Nous travaillons déjà pour l’ensemble des Viennois.” Il a donc fallu leur montrer qui avait l’usage de telle ou telle prestation. »

      Quinze ans plus tard, la prise de conscience a eu lieu et la démarche, qui s’applique à l’ensemble du budget de la ville, soit 16 milliards d’euros, a permis d’importantes réalisations, selon Michaela Schatz : « Depuis 2009, les enfants de 0 à 6 ans peuvent aller gratuitement à la crèche. […] Une étude a ensuite montré que cette mesure avait eu un impact positif sur le PIB de Vienne. » Le taux d’emploi des mères âgées de 20 à 39 ans avec des enfants en bas âge a ainsi augmenté de 1,5 point sur la période 2007-2013.

      Reste que cette approche globale n’est pas exempte de critiques : à différencier ainsi les besoins, ne risque-t-on pas de renforcer les stéréotypes et d’enfermer les femmes dans un rôle de mère ou de victime ? « On ne peut pas avoir d’influence sur le partage des tâches entre les sexes à travers l’urbanisme. C’est une question de représentations sociales, de rapports de pouvoir au sein d’une relation. Mais on peut faire en sorte que ce travail domestique se fasse dans de bonnes conditions », répond Eva Kail.

      Autre défi : la croissance rapide de la population dans la capitale. Dans ce contexte, la tentation est grande d’aller vers plus d’économies et de faire des compromis sur la qualité des nouveaux logements, notamment sur leur conformité aux critères de sensibilité au genre. Mais cette année encore, Vienne a été élue ville la plus agréable à vivre au monde par l’hebdomadaire anglais The Economist. Parmi les critères déterminants : la qualité des infrastructures ou la diversité des loisirs, des domaines où les critères de sensibilité au genre sont depuis longtemps appliqués.

      https://www.mediapart.fr/journal/international/250722/vienne-capitale-de-l-urbanisme-sensible-au-genre

      #villes #urban_matter #géographie_urbaine #TRUST #master_TRUST #Vienne #Autriche #espace_public #urbanisme_sensible_au_genre #Frauen_Werk_Stadt #travail_domestique #mobilité #mobilité_quotidienne #toponymie #toponymie_féministe #voitures #piétons #commerces #courses #budget_sensible_au_genre #gender_budgeting #égalité #inégalités #espace_public

  • Au nom des femmes

    Cinq lieux emblématiques à Grenoble prennent le nom de femmes qui ont marqué l’Histoire. Cette #féminisation des noms d’espaces publics intervient dans le cadre de la politique d’#égalité femmes-hommes de la Ville. La municipalité vise 100% de nouvelles dénominations féminines.

    Le jardin #Gisèle_Halimi

    Le jardin des Vallons, qui longe la Caserne de Bonne, porte le nom de Gisèle Halimi. Tout au long de sa vie, cette députée de l’Isère (1981-1984) et ambassadrice de France à l’UNESCO puis à l’ONU (à partir de 1985) a lutté contre les violences faites aux femmes, pour l’égalité des genres, contre le racisme, le colonialisme et la mondialisation sauvage.

    Le jardin Joséphine-Baker

    Lové au creux du Muséum, le jardin des Plantes s’appelle aujourd’hui #Joséphine_Baker, en hommage à cette femme résistante et engagée contre toutes les formes de discrimination.

    Dans les années folles, cette vedette populaire de cabaret était aussi activiste au sein du mouvement Harlem et défendait l’émancipation des noir-es face à la ségrégation raciale aux Etats-Unis. Militante pour l’égalité et artiste iconique, elle est la sixième femme et la première femme noire à entrer au Panthéon.

    Le parvis Madeleine-Pauliac/Escadron bleu

    Le parvis de la gare change lui aussi de nom. Médecin et résistante, #Madeleine_Pauliac a dirigé l’Escadron bleu, l’unité mobile n° 1 de la Croix-Rouge constituée de onze femmes volontaires. En 1945, 200 expéditions sanitaires ont pu ainsi être menées dans une Pologne sous domination soviétique.

    La Halle Alice-Milliat

    La Halle de tennis située avenue de la Mogne devient la Halle #Alice_Milliat. Engagée pour l’émancipation, l’égalité et l’indépendance des femmes dans le sport, elle est à l’origine des premiers Jeux Olympiques féminins en 1922.

    Elle est aussi la première femme juge pour les épreuves d’athlétisme des hommes en 1928. En 2021, une statue est inaugurée en son honneur dans le hall du siège du CIO.

    Le parc Isaure-Perier

    Un nouveau parc dans le quartier Bouchayer-Viallet va être baptisé #Isaure_Perier. Militante pour l’égalité et l’enseignement des filles, cette écrivaine féministe faisait, entre autres, partie des cinq femmes membres de la commission désignée par la Commune chargée d’organiser l’enseignement dans les écoles de filles.

    Aussi, férue d’oeuvres d’art, elle a légué sa collection, avec son mari, au musée de Grenoble en 1930.

    https://www.gre-mag.fr/actualites/nom-femmes-espace-public
    #toponymie #noms_de_rue #Grenoble #femmes #toponymie_féministe

  • Toponymie, Genève :
    Volte-face au Grand Conseil

    Les parlementaires ont accepté vendredi une #pétition demandant de « cesser d’opposer les hommes et les femmes » pour le baptême des rues.

    (#paywall)

    https://lecourrier.ch/2022/02/27/volte-face-au-grand-conseil
    #toponymie_politique #noms_de_rue #toponymie #toponymie_féministe #féminisme #re-nomination #repabtisation #Suisse #Genève

    –-

    ajouté à ce fil de discussion :
    Les rues genevoises en voie de #féminisation
    https://seenthis.net/messages/787572

  • Straßennamen in Wien

    Wiens Straßennamen erinnern an bedeutende Personen sowie prägende Ereignisse und erzählen Geschichten über die Stadt beziehungsweise ihre Entwicklung. Frauen und Männer sind im Stadtraum jedoch nicht gleich repräsentiert: bei 4269 nach Personen benannten Straßen waren für lediglich 356 Straßen Frauen namensgebend. Im Sinne einer gendergerechten Stadtplanung wird diesem Ungleichgewicht mittels der Benennung von Straßen nach Pionierinnen in neuen Stadtvierteln wie z.B. in der Seestadt Aspern entgegengewirkt.

    https://genderatlas.at/articles/strassennamen.html

    #cartographie #visualisation #toponymie #toponymie_féministe #Vienne #Autriche #inégalités #discriminations #patriarcat

    via @nepthys
    cc @cede

  • Al #Parco_Grandi inaugurata la stele in memoria di #Nicole_Lelli, vittima di femminicidio

    Alla giovane uccisa dal marito a soli 23 anni è stata intitolato un monumento. I famigliari lo dedicano anche a tutte le donne vittime del femminicidio
    Al parco Achille Grandi al Collatino è stata inaugurata una stele. E’ dedicata a Nicole Lelli ed a tutte le vittime del femminicidio. Alla vigilia della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, il monumento acquisisce un significato particolare.

    Una battaglia culturale

    «Dopo che abbiamo elaborato il lutto – ha spiegato il papà di Nicole – ci siamo impegnati sul fronte culturale. Stiamo combattendo una battaglia per sensibilizzare i giovani sul rispetto di genere. E questo ’monumentino’ – per realizzare il quale è stato necessario ottenere molti permessi – si inserisce in questa battaglia» .
    L’omicidio di Nicole

    Nicole è stata uccisa a soli ventitre anni dall’uomo che aveva amato. Yoandris Medina Nunez, col quale si era sposata a Cuba, non aveva accettato la fine del loro rapporto. Per questo l’ha aspettata fuori un locale di Testaccio. L’ha invitata a salire sulla propria auto e poi le ha sparato. Per questo, tra le proteste ancora oggi reiterate dalla famiglia, non è stato condannato all’ergastolo, ma a vent’anni di reclusione.

    Una libertà pagata a caro prezzo

    «Siamo orgogliosi di aver donato a Roma questo monumento – ha dichiarato il papà di Nicole, durante l’inaugurazione, anche a nome del fratello della ragazza – e vorrei ricordare che le vittime dei femminicidi – per come sono state trattate – sono come le nuove streghe. Non vengono messe al rogo ma sono state assassinate perchè hanno rinvedicato la propria libertà di decidere se amare o meno un uomo. Per questo sono state uccise».

    La lettera della mamma

    Durante la cerimonia cui, insieme a tanti famigliari, hanno preso parte anche le istituzioni municipali, sono state lette le parole che la mamma ha dedicato a Nicole. Si è trattato di un momento particolarmente intenso. «Ti ho qui sempre e ovunque dove ci sia il colore del sole. Nei stessi sogni che facevamo insieme prima che diventassi mare, cielo e terra. Prima che diventassi oltre». Per questo «perchè nessuno dimentichi tutte le donne uccise» è stato realizzato questo monumento che «vivrà in eterno». Alla vigilia della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, dal Collatino arriva un messaggio chiaro. Grazie alle istituzioni ma soprattutto ai famigliari di una ragazza che, a soli 23 anni, ha smesso di vivere.

    https://www.romatoday.it/zone/pigneto/collatino/stele-nicole-lelli-parco-grandi-collatino-.html

    #Collatino #Rome #Italie
    #mémoire #monument #toponymie #toponymie_féministe #féminicide

  • Plaques du Patrimoine : Un outil de repérage de l’ensemble des voies et équipements publics français dotés de noms de femmes
    https://neotopo.hypotheses.org/3960

    L’outil PlaquesDuMatrimoine, développé par Philippe Gambette dans le cadre du projet Cité des Dames : créatrices dans la cité, financé par l’I-Site Future de l’université Gustave Eiffel, vise à repérer les voies et les...

    #Neotopo_vous_signale #ToponoGender

  • #Toponym’Elles : Montréal au féminin

    La #banque_de_noms Toponym’Elles a été créée pour que les femmes soient mieux représentées dans les noms des rues, des parcs et autres lieux publics. Découvrez les origines de cette banque et voyez comment proposer un nom.

    https://montreal.ca/articles/toponymelles-montreal-au-feminin-21267

    #toponymie #toponymie_politique #femmes #toponymie_féministe #noms_de_rue #femmes #Montréal

    ping @cede

  • Mujeres en las calles de Córdoba

    En el año 1999, un grupo de profesionales que desarrollaban su trabajo en Córdoba, en su mayoría mujeres, y representantes de colectivos, se reunieron para llevar a cabo una propuesta de denominación de veinte calles con nombres de mujeres con ánimo de hacerlas visibles y rendirles homenaje en el callejero de nuestra ciudad.

    A lo largo de estos veinte años, el Colectivo con Nombre de Mujer, que posteriormente se integró como grupo de trabajo de la Asociación Lola Castilla, no sólo ha elevado sus propias propuestas, sino que ha impulsado y asesorado en relación a 80 vías de nuestra nuestra ciudad que llevan nombres de mujeres.

    El Departamento de Mujer e Igualdad del Ayuntamiento de Córdoba en respuesta a la demanda por parte del Centro de Profesorado de Córdoba para continuar con una iniciativa surgida en el curso escolar 2009-2010 de realizar rutas guiadas con perspectiva de género, decide apoyar este proyecto para que no se quede sólo en el ámbito de la enseñanza reglada, sino que pase al imaginario colectivo y llegue así a toda la ciudadanía.

    Así, con el recientemente aprobado II Plan transversal de Igualdad de Género, se quiere dar continuidad a algunas líneas de trabajo transversales ya iniciadas, siguiendo así con una de las líneas de acción del mencionado plan, que es la de creación de referentes en la historia viva de la ciudad, visibilizando las vidas, talentos, trabajos y aportaciones de las mujeres como protagonistas en la producción de conocimiento.

    Se trata de un proyecto cultural y educativo que organiza rutas urbanas para reflexionar, desde la perspectiva de género y los estereotipos, sobre el papel de la mujer en la sociedad. No se trata de destacar más a mujeres que hombres, sino mujeres que, destacando en los mismos ámbitos, no han recibido el mismo reconocimiento o han quedado olvidadas. Pretendemos descubrir y visibilizar a mujeres, relevantes o anónimas, de la localidad o del entorno, que hayan destacado por sus aportaciones en los distintos campos del conocimiento y del saber, o por su contribución en materia de igualdad, o por su historia de vida y compromiso social, en este caso, a través del callejero como vía de saber más de las mujeres que aparecen en él porque tienen una calle, y las mujeres que no están pero deberían estar.


    http://mujerescallescordoba.es
    #Cordoba #Espagne #toponymie #toponymie_féministe #femmes #noms_de_rue #itinéraires

  • La Ville veut féminiser 14 nouvelles rues

    Les autorités de la Ville de #Genève déposeront en septembre un nouveau dossier auprès de la Commission cantonale de nomenclature pour féminiser des rues et emplacements sur le territoire municipal.

    https://lecourrier.ch/2021/08/23/la-ville-veut-feminiser-14-nouvelles-rues

    (#paywall)

    #toponymie_politique #noms_de_rue #toponymie #toponymie_féministe #résistance #féminisme #re-nomination #repabtisation #action_toponymique #Suisse

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  • DEDICATA ALLE VITTIME DI FEMMINICIDIO UN’AREA NELLA ZONA DEL POLICLINICO

    05-07-2021

    Approvata dalla Giunta Comunale su proposta dell’Assessore alle pari opportunità d’intesa con l’Assessore ai servizi demografici, il nuovo toponimo “Largo Vittime di femminicidio” per un’area nella frazione Tredici/San Benedetto, nelle vicinanze della realizzanda area ospedaliera, e più specificamente all’incrocio di Via Campania con Via Reali.

    Con questa decisione l’Amministrazione Comunale vuole testimoniare l’impegno sulle tematiche della tutela dei diritti e del contrasto ad ogni forma di violenza e discriminazione. “Il fenomeno della violenza sulle donne, anche nella sua forma estrema di femminicidio, è purtroppo ancora grave piaga nel nostro Paese ed anche nel nostro territorio”, afferma l’assessore alle pari opportunità prof.ssa Monaco. “Intestare alle vittime di questa estrema violenza un luogo della città non è solo un modo non dimenticarle, ma anche un modo di favorire il dibattito e il contrasto ad una tragedia che, purtroppo, non accenna a fermarsi. Spero che Largo vittime di femminicidio diventi un luogo simbolo ed anche punto di incontro per iniziative cittadine condivise”. Esprime soddisfazione anche la Presidente della Commissione pari opportunità, avv. Drusilla de Nicola. “La decisione dell’Amministrazione dà voce alle istanze delle associazioni femminili e della Commissione pari opportunità del Comune di Caserta. Auspico che con l’allentamento delle restrizioni dettate dalla pandemia, possa al più presto ripristinarsi anche lo sportello di ascolto della Commissione stessa, a Palazzo del Vescovo o in altra sede che l’Ente potrà mettere a disposizione”.

    Prima di diventare effettiva, la delibera dovrà essere trasmessa alla Prefettura per le - necessarie autorizzazioni, ai sensi della Legge 23/06/1927 n. 1188.

    https://www.comune.caserta.it/archivio10_notizie-e-comunicati_0_2596_12_1.html

    #Caserta #Italie #toponymie #toponymie_féministe #femmes #féminicides #toponymie_politique
    #Largo_vittime_di_femminicidio

  • Commune de #Saint-Gilles - Gemeente #Sint-Gillis

    Ce 15 octobre, notre commune s’est dotée d’une nouvelle place qui porte le nom, non pas d’une femme, mais bien de deux femmes ! #Elisa_Michiels et #Lambertine_Bonjean, les deux fondatrices de la #Ligue_Braille qui fête cette année ses 100 ans et a, depuis 1926, son siège à Saint-Gilles. Cette date n’a pas été choisie au hasard. Le 15 octobre est en effet la journée internationale de la canne blanche. L’occasion de célébrer le centenaire de la Ligue Braille tout en concrétisant la motion votée par le conseil communal qui réclame davantage de visibilisation pour les femmes dans l’#espace_public saint-gillois.

    https://www.facebook.com/communesaintgilles/posts/3352698221513918

    #toponymie #femmes #toponymie_politique #noms_de_rue #Belgique #toponymie_féministe

  • Dix nouveaux noms de rues et de places en #Ville_de_Genève, pour une meilleure visibilité des femmes dans l’espace public

    Sur demande de la Ville de Genève et après validation par la commission cantonale de nomenclature (CCN), le Conseil d’Etat a approuvé le changement de nom de dix rues ou espaces publics au profit de personnalités féminines. Ces modifications s’inscrivent dans la continuité du projet « 100 Elles* », lancé en 2019 et visant à apposer cent plaques de rues portant des noms de femmes marquantes.

    Le Conseil d’Etat se réjouit ainsi de pouvoir donner suite à la motion intitulée « Pour une reconnaissance dans l’espace public du rôle joué par les femmes dans l’histoire genevoise ». Conscient de l’importance de cette thématique et en lien avec la réponse à cette motion, le gouvernement a également modifié, en juin dernier, le règlement sur les noms géographiques et la numérotation des bâtiments afin de simplifier la possibilité de dénomination pour des personnalités ayant marqué l’histoire de Genève en privilégiant les noms de femmes, que ce soit pour les rues ou pour les établissements secondaires supérieurs de formation générale (voir point presse du 3 juin 2020).

    Les nouvelles dénominations sont les suivantes :

    - Place #Lise_GIRARDIN (1921-2010, politicienne), pour la place des Vingt-Deux-Cantons :

    Lise Girardin, professeure de français de formation, est une politicienne du Parti radical suisse. Maire de Genève en 1968, 1972 et 1975, elle est la première femme en Suisse à occuper cette fonction. De 1971 à 1979, elle est aussi la première femme élue au Conseil des Etats. Elle sera également présidente de la Commission fédérale des étrangers de 1984 à 1991. Sur le plan cantonal, Lise Girardin se mobilise pour la démocratisation des études et la formation et, sur le plan fédéral, pour la décriminalisation de l’avortement, les problèmes d’adoption et de filiation et l’égalité entre hommes et femmes.

    - Place #Ruth_BÖSIGER (1907-1990, vendeuse et militante anarchiste), pour la place du Chevelu :

    Ruth Bösiger, dite « Coucou », est photographe de métier, vendeuse et militante anarchiste. Ruth Menkès (du nom de son premier époux) était active au groupe du Réveil anarchiste à Genève en 1936, quand elle y rencontra André Bösiger. Elle était responsable de la chorale anarchiste et présente aux réunions de la Libre pensée et de la Ligue des droits de l’homme. Coucou Bösiger fut de toutes les luttes aux côtés de son compagnon, avec lequel elle eut une fille. Elle fait partie des nombreuses femmes anarchistes en Suisse dont l’histoire reste à écrire.

    - Rue #Marguerite_DELLENBACH (1905-1993, directrice de musée et ethnologue), pour la rue Bergalonne :

    En 1922, Marguerite Dellenbach devient secrétaire pour le Musée d’ethnographie de Genève et s’impose rapidement comme une véritable collaboratrice. Elle est dès lors pressentie pour assurer la direction du musée. Après une thèse à l’Université de Grenoble en 1935, elle est finalement nommée directrice du musée d’ethnographie en juin 1951, jusqu’en 1967. En 1944, elle devient la première femme suisse à présider une société savante, celle de géographie de Genève, et prend par la suite la présidence de plusieurs autres sociétés, dont la Société suisse d’anthropologie et la Société suisse des américanistes. Ses travaux sont récompensés par diverses distinctions, dont la médaille française de chevalier de l’Ordre des arts et des lettres.

    – Rue #Mina_AUDEMARS (1883-1971, pédagogue), pour la rue de la Vallée :

    Mina Audemars est une pédagogue reconnue. Avec Louise Lafendel (1872-1971), sa collaboratrice et grande amie, elles dirigent pendant trente ans la Maison des petits, une école enfantine à la renommée internationale, qui forme aussi des éducatrices. Elles se consacrent à la question de l’éducation des plus jeunes. Elles développent une pédagogie spécifique, inspirée par d’autres mais enrichie de leurs recherches et observations communes. Leurs idées suivent la devise « par l’activité manuelle à l’activité mentale ». Mina Audemars est aussi chargée de cours à l’Institut des sciences de l’éducation jusqu’en 1947. Sa tombe se trouve au cimetière des Rois.

    - Rue des #Trois_Blanchisseuses, pour la rue de la Pisciculture :

    Le vendredi 1er août 1913 vers 17 heures, un bateau-lavoir amarré au quai du Seujet coule subitement dans le Rhône. Trois femmes sont tuées : Marie Dido, vingt-huit ans, mariée et mère de trois enfants, Franceline Mermier, septante-trois ans, blanchisseuse, et Cécile Pleold, vingt et un ans, employée-blanchisseuse. Cet accident provoque des remous à Genève. Une enquête est ouverte, et même si l’affaire est ensuite classée par la justice, elle a un retentissement certain et amène à la création d’un lavoir municipal pour remplacer les bateaux, dont les conditions de travail ont été jugées inacceptables.

    - Rue #Julienne_PIACHAUD (1894-n.d., fonctionnaire de la Société des Nations), pour la rue René-Louis-PIACHAUD :

    Julienne Christine Mayras-Piachaud est la cheffe du service de sténographie du secrétariat de la Société des Nations pendant dix-neuf ans, de 1922 à 1941. C’est alors le plus grand service du secrétariat, composé de plus de cinquante femmes en 1932. Julienne Piachaud n’était toutefois pas considérée à l’égal de ses collègues masculins et moins payée que son collègue chargé de la distribution. Julienne Piachaud a la réputation d’avoir une main de fer au sein de son service, tout en protégeant toujours ses employées en cas de conflits internes au secrétariat. Son mari, René-Louis Piachaud, est bien connu de l’histoire genevoise, écrivain polémique, parfois accusé de proximité avec le fascisme.

    - Rue #Elisabeth_BAULACRE (1613-1693, cheffe d’entreprise), pour la rue Baulacre :

    Elisabeth Baulacre dirige une fabrique de dorures importante au 17e siècle. En 1637, elle épouse Pierre Perdriau, lui aussi marchand et fils de marchand, qui meurt en 1641. Elle se remarie en 1655 avec Jacob Andrion, mais mène seule ses affaires. Son entreprise connaît un formidable essor, dont le succès lui revient entièrement : entre 1641 et 1690, Elisabeth Baulacre développe considérablement l’affaire héritée de son premier mari puis se retrouve à la tête d’une entreprise florissante et prospère, employant des centaines de travailleurs. Elle s’enrichit jusqu’à devenir l’une des contribuables les plus importants de Genève.

    - Rue #Alice_et_William_FAVRE (frère et sœur ; #Alice_Favre (1851-1929), présidente de la Croix-Rouge genevoise), pour la rue William-FAVRE :

    Alice Favre est une philanthrope impliquée dans la Croix-Rouge genevoise à la fin du 19e siècle et jusqu’à l’entre-deux-guerres. Elle en est la présidente de 1914 à 1919. Alice Favre, qui grandit dans la haute bourgeoisie genevoise, aurait passé ses jeunes années dans la Villa La Grange. Sa vocation naît en 1864, à l’occasion d’un gala organisé en l’honneur des diplomates chargés de la signature de la convention de Genève, qui inaugure les bases du droit humanitaire en temps de guerre.

    Pendant la guerre, Alice Favre et la Croix-Rouge genevoise organisent l’accueil des réfugiés et soldats à Genève. Elle met également en place des paquets de Noël pour les soldats suisses en poste à la frontière. Quand la guerre se termine, elle rejoint, en 1919, le Comité central de la Croix-Rouge suisse et dirige un nouveau programme d’activités comprenant notamment la création d’un dispensaire d’hygiène sociale à Genève, réinventant le rôle de la Section genevoise en tant de paix. Cette dernière prend ainsi une direction sociale et locale.

    – Parc #Eglantyne_JEBB (1876-1928, philanthrope), pour le parc des Acacias :

    Eglantyne Jebb est connue pour avoir fondé l’association Save the Children afin de venir en aide aux enfants victimes de guerre. Diplômée d’Oxford en 1898, elle se forme dans l’enseignement primaire. En 1913, après la deuxième guerre balkanique, elle participe à un voyage de soutien dans les Balkans qui la marque profondément. A l’issue de la Première Guerre mondiale, elle fonde alors avec sa sœur le Fight the Famine Council, qui a pour but d’unir les nations afin de faire cesser les famines par l’envoi de produits de première nécessité. En parallèle est créé le Save the Children Fund, qui se donne pour tâche de sauver tous les enfants, sans distinction de nationalité, de religion, d’origine ethnique ou de classe.

    Eglantyne Jebb réalise la première Déclaration des droits de l’enfant, connue comme la Déclaration de Genève, ratifiée en 1924 par la Société des Nations. En plein élan dans ses activités, elle est rattrapée par la maladie et décède le 17 décembre 1928 à Genève. Elle repose au cimetière Saint-Georges. L’héritage d’Eglantyne Jebb est toujours vivant, puisque la Déclaration de Genève a servi de base à la Déclaration des droits de l’enfant adoptée par les Nations Unies en 1959, en vigueur encore aujourd’hui.

    - Chemin #Camille_VIDART (1854-1930, présidente de l’Union des femmes de Genève), pour le chemin Louis-DUNANT :

    Camille Vidart est fille d’une femme au foyer genevoise et d’un médecin français. Détentrice d’un diplôme supérieur de français délivré par l’Université de Lyon, elle partage sa vie entre enseignement, militantisme féministe et activités philanthropiques. Elle entame sa carrière de professeure à l’école de jeunes filles de Peschier, à Genève (1874-1879). Elle est ensuite engagée à l’Ecole supérieure de jeunes filles de Zurich, devenant à cette occasion la première femme suisse à occuper le poste de maîtresse principale. Particulièrement interpelée par la misère des travailleuses, elle se consacre peu à peu à la philanthropie et au militantisme féministe.

    L’activisme de Camille Vidart se déploie simultanément sur la scène locale, nationale et internationale. De 1898 à 1902, elle sera présidente de l’Union des femmes de Genève, association créée en 1891 afin d’améliorer la formation professionnelle et le statut juridique des femmes. En 1886, elle organise le premier Congrès suisse des intérêts féminins et en prononce le discours d’ouverture, appelant à la solidarité entre femmes.

    Le Conseil d’Etat a par ailleurs suivi le préavis de la CCN, qui n’a pas retenu la proposition de nouvelle dénomination Flore-des-Dames, estimant qu’elle ne met pas assez en avant une personnalité féminine. La proposition #Maggy _REITTMAYER n’a pas reçu non plus l’aval de la commission, qui estime que ce personnage n’a pas de portée historique suffisante pour que son nom soit donné à un espace public. Enfin, les propositions #Cécile_BIÉLER-BUTICAZ, #Annie_JIAGGE, #Grisélidis_REAL et #Marcelle_de_KENZAC ont été acceptées par la commission, mais pas les rues auxquelles elles étaient attribuées. La Ville de Genève est ainsi invitée à faire des propositions complémentaires pour ces quatre personnalités.

    Pour toute information complémentaire : M. Antonio Hodgers, conseiller d’Etat, en contactant Pauline de Salis-Soglio, DT, T. 076 304 20 66.

    https://www.ge.ch/document/point-presse-du-conseil-etat-du-26-aout-2020

    Source : Point presse du Conseil d’Etat du 26 août 2020

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    #toponymie_politique #noms_de_rue #toponymie #toponymie_féministe #résistance #féminisme #re-nomination #repabtisation #action_toponymique #Suisse

  • Les rues genevoises en voie de #féminisation

    Trop masculine, la nomenclature des rues fait débat en #Suisse romande. A Genève, le #collectif féministe #L’Escouade a rebaptisé, depuis début mars, une vingtaine d’artères avec des noms de femmes. L’initiative trouve un écho au Grand Conseil.

    A Genève, seules 5,6% des rues portent des noms de femmes. Soit le taux le plus bas de Suisse romande après Sion (5,2%). Un score peu enviable que le collectif féministe L’Escouade veut améliorer. Depuis le 1er mars, il rebaptise toutes les deux semaines une dizaine d’artères au moyen de plaques violettes en hommage à des femmes artistes, militantes, écrivaines ou encore diplomates que l’histoire a laissées de côté. L’initiative « 100Elles* », réalisée en partenariat avec la ville de Genève et un groupe d’historiennes, trouve un relais politique au Grand Conseil où une députée veut pérenniser le projet.

    Trop masculine, voire parfois politiquement incorrecte, la nomenclature des rues est fréquemment remise en question, en Suisse et ailleurs. Preuve tangible de la mémoire collective, elle agit comme un baromètre de la sensibilité, rendant soudain encombrantes certaines personnalités jadis encensées. A Neuchâtel, l’espace dédié au scientifique Louis Agassiz, éminent glaciologue également auteur de thèses racistes, a été débaptisé l’an dernier au profit de Tilo Frey, première élue noire au Conseil national. En matière de genre, le déséquilibre actuel apparaît lui aussi comme le reliquat d’un monde où les femmes ne comptaient pas ou peu. Face à la pression, les villes tentent de renverser la tendance. A l’instar de la municipalité lausannoise, qui a récemment décidé d’attribuer les quatre premiers noms de rues du futur écoquartier des Plaines-du-Loup à des femmes.

    Dans le canton de Genève, seules 41 rues sur 589 rendent hommage à des femmes. La plus populaire des héroïnes de l’Escalade, la Mère Royaume, Catherine Cheynel de son nom de jeune fille, n’a droit qu’à une ruelle de 150 mètres aux Pâquis. Parmi les rares élues, on trouve la journaliste Emilie Gourd, l’écrivaine Alice Rivaz ou encore la doctoresse Marguerite Champendal. « Symbole de la domination masculine dans l’histoire et, partant, dans l’espace public, ce déséquilibre n’est pourtant pas motivé par des critères de sélection objectifs », souligne Myriam Gacem, membre de L’Escouade. La loi ne fait en effet aucune mention du genre : la personne honorée doit avoir marqué de manière pérenne l’histoire de Genève et être décédée depuis plus de dix ans. Force est de constater que la marge d’interprétation a laissé place à l’arbitraire.

    #Asymétrie de genres

    Des femmes illustres, ambitieuses par leur œuvre ou leur engagement, Genève en regorge. Sur mandat de L’Escouade, onze historiennes de l’Université de Genève en ont retenu cent et effectué un travail minutieux pour retracer des parcours souvent inconnus du grand public. Sur la liste qui sera égrenée jusqu’au mois de juillet, on trouve ainsi Marguerite Frick-Cramer (1887-1963), première femme déléguée du CICR, Hélène Gautier-Pictet (1888-1973), fondatrice du Centre de liaison des associations féminines genevoises, Jeanne Henriette Rath (1773-1856), artiste peintre qui a financé le musée bien connu de la place de Neuve, ou encore Alexandra Kollontaï (1872-1952), ambassadrice de l’URSS et fervente féministe.

    A partir de quand juge-t-on que quelqu’un a marqué durablement l’histoire ? Pour Daniela Solfaroli Camillocci, professeure à l’Institut d’histoire de la Réformation et membre du groupe d’historiennes, le choix est éminemment politique. « Historiquement, des critères de sélection subjectifs ont produit des asymétries de genres, observe-t-elle. Ecrire l’histoire des femmes en insistant sur leurs affects, définir leur identité à travers leur affiliation au groupe familial ou encore perpétuer leur caractère exceptionnel, tous ces réflexes ont contribué à une invisibilisation des femmes dans l’espace public. »
    Reconfigurer l’espace public

    Exhumer des parcours oubliés peut sembler compliqué. En se plongeant dans les archives d’Etat, d’institutions et d’associations, tout comme dans la littérature secondaire, les chercheuses ont pourtant été confrontées à une abondance de matière. « Travailler en groupe nous a permis d’ouvrir nos perspectives, pour représenter des milieux sociaux, des identités et des trajectoires les plus variés possible », souligne Daniela Solfaroli Camillocci. Certains milieux sociaux défavorisés n’ont en revanche laissé aucune trace. La sélection inclut donc des figures collectives, les « trente immortelles de Genève » ou encore les horlogères, pour combler ces vides. Reste que les enjeux de la mémorialisation évoluent constamment : « Les choix d’aujourd’hui ne seront pas les mêmes dans vingt ans. »

    Au parlement, une motion de la députée d’Ensemble à gauche Jocelyne Haller, soutenue par les socialistes, les Verts et le PDC, donne trois ans au canton pour féminiser les rues genevoises sur la base de la liste établie. « Donner des noms de femmes aux ouragans semble aller de soi, relève-t-elle. Lorsqu’il s’agit de rues ou d’établissements scolaires, c’est plus compliqué. » A quelques mois de la grève des femmes, le sujet dépasse selon elle le clivage gauche-droite. Si sa proposition n’est pas discutée d’ici au 14 juin, elle n’exclut pas de demander l’urgence.
    Volonté politique

    A Genève, le « réflexe féminin » est déjà présent, assure Sandrine Salerno, cheffe du Département des finances. « Ce projet s’inscrit dans la politique de l’égalité que mène la ville pour valoriser le travail des femmes. » A défaut de débaptiser massivement, la ville compte plutôt profiter des nouveaux quartiers pour honorer des femmes. « Dans le secteur de la gare des Eaux-Vives, toutes les nouvelles rues ont des noms de femmes, précise Rémy Pagani, chef du Département de l’aménagement et des constructions. Le futur pont du CEVA, à Carouge, sera celui des Orpailleuses. » Une fois complète, la liste des « 100Elles* » sera envoyée à toutes les communes pour les sensibiliser.

    Lire aussi : La seconde vie des sorcières sur Wikipédia

    Selon quel processus nomme-t-on une rue ? Les communes donnent des préavis à la commission de nomenclature qui soumet les propositions au gouvernement pour validation. « En 2012, ce dernier avait modifié la réglementation pour privilégier les dénominations courtes se référant à la toponymie locale, puis il est revenu en arrière en 2015, rappelle Geneviève Arnold, ancienne membre de la commission. Nous y étions personnellement opposés considérant les enjeux de mémoire et de préservation de l’histoire locale. »
    Baptiser et débaptiser

    Débaptiser une rue, en revanche, est un processus rare, long et complexe. Il faut motiver la demande auprès de la commission de nomenclature avec des sources historiques. Et cela ne se fait pas toujours sans accroc. « En 2012, la rue Sautter a dû être renommée pour cause de travaux, se souvient Geneviève Arnold. Le choix d’honorer Gabrielle Perret-Gentil (1910-1999), gynécologue et obstétricienne qui s’est notamment battue pour le droit des femmes à l’avortement, n’a pas fait l’unanimité au sein du conseil d’Etat ni des Hôpitaux universitaires de Genève qui auraient préféré un homme. » Par le passé, le processus de dépabtisation s’est aussi observé dans le sens inverse. En Vieille-Ville, la rue des Belles-Filles, jadis lieu de rendez-vous libertins, est aujourd’hui la rue de l’écrivain et pasteur Etienne Dumont (1759-1829).

    https://www.letemps.ch/suisse/rues-genevoises-voie-feminisation
    #Genève #noms_de_rue #toponymie #toponymie_féministe #résistance #féminisme #re-nomination #repabtisation #action_toponymique #toponymie_politique
    Pour archivage, article paru le 5 avril 2019

    • 22.06.2019| Deuxième partie consacrée au collectif #femmes dans ta rue. En marge de la Grande Grève Féministe, le collectif romand constelle la rue d’images de femmes invisibilisées, Qu est ce le mécanisme quasi automatique, pourquoi et comment le renverser. Une rencontre passionnante !


      http://libradio.org/?page_id=6474

      Pour écouter le podcast :

      http://libradio.org/wp-content/uploads/2019/06/s7_Visite_Master.mp3

      #audio

    • A Genève, les noms de rue se féminisent

      D’ici la fin de l’année, dix rues et places de Genève vont être « rebaptisées » de noms de femmes. Le projet initié par des militantes féministes vient d’être officiellement approuvé par le canton. Il permettra de donner leur place aux femmes dans l’Histoire et l’espace public genevois.

      A Genève, seuls 7% des rues portant des noms de personnes font référence à des femmes. Pourquoi ? « Les hommes sont-ils les seuls à avoir contribué à l’histoire de Genève ? », s’interroge le collectif du projet 100 Elles*, qui a fait les comptes : 548 rues genevoises portent des noms d’hommes et 41 des noms de femmes. Après un long travail d’enquête et de recherches, en collaboration avec les autorités locales, le projet a donc fini par voir le jour. Remettre en lumière ces femmes oubliées de l’histoire de la ville. Leur (re)donner la place (ou la rue) qu’elles méritent.

      Fin 2020, la place des 22-Cantons s’appellera place #Lise_Girardin, du nom de la première femme maire de la Ville de Genève et en Suisse, en 1968 ; elle fut aussi la première femme élue au Conseil des Etats, en 1971.

      L’avenue William-Favre va inclure sa sœur #Alice_Favre, présidente de la Croix-Rouge genevoise, tandis que la rue de la Pisciculture deviendra celle des #Trois-Blanchisseuses, d’après un fait divers tragique : trois blanchisseuses se sont noyées dans le Rhône en 1913, suite à l’écroulement d’un bateau-lavoir mal entretenu.

      « D’autres suivront »

      « Il s’agit de la première fournée, d’autres suivront ces prochaines années », a indiqué devant les médias le président du Conseil d’Etat Antonio Hodgers.

      La Ville de Genève se réjouit de cette décision. Elle va accompagner les habitants et entreprises concernés par ces changements. Elle précise que les démarches à entreprendre seront limitées, puisque la plupart des modifications se feront de manière automatique et groupée auprès de l’Office cantonal de la population, des Services industriels ou encore de La Poste.

      Quatre noms en attente

      Pour ces modifications, des lieux qui ont peu d’adresses ont été choisis, sans pour autant se limiter à des ruelles sans visibilité. Le rapport entre la personne et le lieu a aussi été pris en compte, tout comme les répétitions. Alors qu’il existe un pont et une rue des Acacias, le parc éponyme deviendra le parc #Eglantyne-Jebb, d’après la fondatrice de l’association Save the Children.

      La commission cantonale de la nomenclature a toutefois refusé de débaptiser la place du Cirque et quatre rues. Informés par la Ville de Genève de cette démarche, les habitants de la rue #Jean-Violette, par exemple, se sont opposés à ce qu’elle soit renommée. La municipalité doit faire de nouvelles propositions de rues pour pouvoir leur donner les noms de quatre femmes validés par la commission.

      « C’était drôle car l’annonce a été faite le jour des 50 ans du MLF, dont le slogan était qu’un homme sur deux était une femme. Ce n’est pas encore le cas dans la nomenclature de la Ville de Genève et dans bien d’autres villes dans le monde ! Mais on est tout de même évidemment très contentes, c’est sûr nous ne sommes pas encore à la parité, mais c’est une première étape, ça va continuer dans les années à venir. C’est sûr que dix sur plus de 500 rues, c’est pas encore gagné ! », réagit Justine Barton, du groupe féministe L’Escouade, jointe par Terriennes.

      « Il y aura toujours des mécontents, c’est souvent ceux qu’on entend le plus !, confie-t-elle, Ce qu’il faut comprendre, c’est qu’on ne veut pas changer l’histoire, on veut juste visibiliser des personnes qui ont aussi existé, les habitants ne se rendent pas forcément compte de cette partie de l’histoire, ni écrite ni visibilisée encore. Mais on a aussi des réactions très positives. Il y a mêmes certaines personnes qui nous demandaient si, avec les plaques alternatives, elles pouvaient déjà changer d’adresse et recevoir leur courrier ! C’est certain, c’est un changement majeur, et pour les nouvelles adresses, la municipalité a promis d’accompagner les Genevois.es. En tout cas, la cause en vaut la peine ! »

      Quant aux futures plaques portant les noms de femmes, la militante nous l’assure, « Elles seront bleues, comme les autres ».

      https://information.tv5monde.com/terriennes/geneve-les-noms-de-rue-se-feminisent-372621