• CrowdSec : la cybersécurité collaborative, open source et gratuite pour Linux - LinuxFr.org
    https://linuxfr.org/news/crowdsec-la-cybersecurite-collaborative-open-source-et-gratuite-pour-linux

    CrowdSec est un projet conçu pour protéger les serveurs, services, conteneurs ou machines virtuelles exposés sur Internet. Par certains aspects, c’est un descendant de Fail2Ban, projet né il y a seize ans. Cependant, il propose une approche plus moderne, collaborative et ses propres fondamentaux techniques afin de répondre aux contextes modernes. L’outil est open source (sous licence MIT)
    [...]
    CrowdSec, écrit en Golang, est un moteur d’automatisation de la sécurité, qui repose à la fois sur le comportement et sur la réputation des adresses IP. Le logiciel détecte localement les comportements, gère les menaces et collabore également au niveau mondial avec son réseau d’utilisateurs en partageant les adresses IP détectées. Ceci permet alors à chacun de les bloquer de manière préventive. L’objectif est de bâtir une immense base de données de réputation IP et d’en garantir un usage gratuit à ceux participant à son enrichissement.

    à noter : les réponses aux tentatives « d’agressions » peuvent êtres traitées à différents niveaux : interrompre la connexion au niveau firewall, renvoyer une erreur HTTP 403 par le serveur web, envoyer un CAPTCHA ou limiter l’accès aux sous‑dossiers...

    Le schéma global de fonctionnement :

    Le site officiel : https://doc.crowdsec.net
    Le repo Github : https://github.com/crowdsecurity/crowdsec
    La doc de l’outil en ligne de commande cscli : https://doc.crowdsec.net/docs/cscli
    La visualisation de l’activité est principalement déléguée à Prometheus (autre projet open-source) : https://prometheus.io/docs/introduction/overview

    ...et un *gros* bémol sur le modèle économique basé sur les services hébergés et qui, eux, ont un code qui n’est pas libre (ce qui pourrait empêcher un fork à l’avenir...) https://linuxfr.org/news/crowdsec-la-cybersecurite-collaborative-open-source-et-gratuite-pour-linux#

    #CrowdSec #fail2ban #serveur # sécurité #linux

  • une demande d’aide seenthissienne lancée à la cantonade. un ami veut publier un livre de dessins sur des disparitions forcées au Mexique (Ayotzinapa). le coût de fabrication sera important. il lancera une souscription parmi ses divers contacts. le prix de vente aux souscripteurs comme le prix public dépendent pour partie de l’importance du tirage, d’où l’idée d’utiliser un site de crowdfunding, à la fois pour assurer la diffusion mais aussi pour favoriser l’acces à ce livre (les prix sont politiques).
    si vous en connaissez qui ne pillent ni les data ni les auteurs, merci de le signaler

    #livre #souscription #crowdfunding

  • Una mappa per ricordare i crimini del colonialismo italiano

    Il 19 febbraio saranno passati 84 anni dal massacro di Addis Abeba, tra i tanti crimini del colonialismo italiano, uno dei più disgustosi e spietati, perché commesso lontano dai campi di battaglia, senza nemmeno l’alibi di una guerra in corso.

    Si trattò di un’immane rappresaglia, scattata in seguito all’attentato fallito contro il viceré d’Etiopia Rodolfo Graziani. Esercito e camicie nere si riversarono in strada, non tanto per stanare e arrestare i due responsabili, quanto per terrorizzare e colpire in maniera indiscriminata i nuovi sudditi dell’Italia imperiale, colpevoli di essersi ribellati agli invasori. Oltre ai militi e ai fascisti organizzati, si lanciarono entusiasti nella caccia al nero anche operai, burocrati e impiegati coloniali. Prigionieri e semplici passanti – colpevoli soltanto di essere africani – vennero uccisi a bastonate, a badilate, oppure pugnalati, fucilati, impiccati, investiti con automezzi, bruciati vivi nelle loro case.

    Il 22 febbraio 1937, Graziani spedì a Mussolini un telegramma eloquente: “In questi tre giorni ho fatto compiere nella città perquisizioni con l’ordine di far passare per le armi chiunque fosse trovato in possesso di strumenti bellici, che le case relative fossero incendiate. Sono state di conseguenza passate per le armi un migliaio di persone e bruciati quasi altrettanti tucul”.

    In breve, la strage debordò dal cerchio di fuoco che gli aerei italiani avevano stretto intorno ad Addis Abeba. Raggiunse i villaggi, le case sparse, i luoghi di culto. Centinaia di persone furono arrestate e morirono nei campi di detenzione di Danane, in Somalia, e Nocra, in Eritrea, dove Graziani ordinò che avessero minime quantità d’acqua e di cibo. Il clero copto fu identificato come un pericoloso sobillatore di ribelli e dopo la classica indagine dove il colpevole è stabilito in anticipo, a maggio Graziani spedì il generale Maletti ad annientare il villaggio conventuale di Debre Libanos, la comunità monastica più importante del paese. Le esecuzioni ufficiali ammontarono a 449. Lo storico Ian Campbell considera invece plausibile l’uccisione di circa duemila persone, compresi centinaia di minorenni, sia laici sia religiosi. Almeno il doppio ne sarebbero morte, secondo Angelo Del Boca, per le strade di Addis Abeba, mentre per Campbell sarebbero state 19mila e per le autorità etiopi – come denunciarono nel dopoguerra – 30mila.

    Una proposta di legge dimenticata
    Da allora, il 19 febbraio è un giorno di lutto per l’Etiopia, ma in Italia scorre via come una giornata qualsiasi, e le grida di quegli spettri restano sepolte sotto decenni di oblio e di svilimento.

    Unica eccezione: il 23 ottobre 2006 un piccolo gruppo di deputati ha presentato alla camera una proposta di legge per istituire un “Giorno della memoria in ricordo delle vittime africane durante l’occupazione coloniale italiana”. La data prescelta era proprio il 19 febbraio.

    Si sa che gli anniversari rischiano di trasformarsi in cerimonie vuote, liturgie sempre uguali a sé stesse, dove la verità che si vorrebbe rammentare, a forza di ripeterla con le medesime formule, finisce per suonare noiosa, banale e in certi casi addirittura sospetta. D’altra parte, se sono colti come un’opportunità, e non come un obbligo, possono costituire un banco di prova per mantenere attiva la memoria, trovando parole e segni che la rinnovino, che permettano al futuro di interrogarla.

    Come ci ha insegnato in questi anni il movimento transfemminista Non una di meno, dedicare una giornata, l’8 marzo, a riflettere, manifestare e confrontarsi su un determinato tema, non significa mettersi l’anima in pace, fare un compitino, e poi dimenticarsene per altri dodici mesi. Le scadenze riflettono l’umore dei corpi che le riempiono. Sono stanche se chi le anima è affaticato, battagliere se è combattivo, e per questo hanno sempre anche lo scopo di tastare il polso a una comunità.

    Rilettura radicale e azioni di guerriglia
    Diversi segnali sembrano suggerire che i tempi sono finalmente maturi per sincronizzare gesti e pensieri su una rilettura radicale del colonialismo italiano.

    Al di là di convegni, progetti artistici e ricerche accademiche, è l’interesse degli abitanti per la “topografia coloniale” che li circonda a segnare un cambio di passo – influenzato dalle proteste di Black lives matter negli Stati Uniti – che porta il tema fuori dalle aule, fuori dai libri, dove la storia si fa materia, e le contraddizioni sono incise sulla pelle dei territori.

    Proprio nell’estate del 2020, non appena le restrizioni dovute alla pandemia hanno concesso una tregua, si è assistito a un proliferare di iniziative, su e giù per l’Italia.

    In giugno, a Roma, la rete Restiamo umani è intervenuta in via dell’Amba Aradam e di fronte alla futura stazione Amba Aradam/Ipponio sulla linea C della metropolitana.

    Le targhe stradali sono state modificate per diventare via George Floyd e Bilal Ben Messaud, mentre lungo le barriere che delimitano il cantiere della nuova fermata sono comparsi grandi manifesti con scritto: “Nessuna stazione abbia il nome dell’oppressione”. Da quest’azione di “guerriglia odonomastica” è nata la proposta di intitolare la stazione della metro al partigiano italo-somalo Giorgio Marincola.

    Pochi giorni dopo, a Padova, un nutrito gruppo di associazioni ha guidato una camminata per le vie del quartiere Palestro, svelando l’origine dei nomi coloniali e mettendoli in discussione con letture e cartelli. Una sceneggiatura molto simile a quella dei trekking urbani che il collettivo Resistenze in Cirenaica organizza a Bologna dal 2015, o al Grande rituale ambulante “Viva Menilicchi!”, celebrato a Palermo nell’ottobre 2018, e alla visita guidata nella Firenze imperiale che ha inaugurato, in quello stesso anno, il progetto Postcolonial Italy.

    Sempre nell’estate 2020, a Milano, il centro sociale Cantiere ha lanciato una chiamata alle arti, con il motto “Decolonize the city!”: un progetto durante il quale, tra lezioni all’aperto e street art, è stata inaugurata una statua di Thomas Sankara all’interno dei giardini Indro Montanelli, quelli del monumento al celebre giornalista, sanzionato l’anno prima con una cascata di vernice rosa per aver sempre giustificato con affettata nonchalance il suo matrimonio combinato con una ragazzina dodicenne durante la guerra d’Etiopia.

    A Bergamo, nel settembre 2020, alcuni cartelli sono stati appesi a diverse targhe stradali, per ricordare che il fascismo e il colonialismo furono anche violenza di genere, proponendo dediche alternative a donne che contribuirono, in diversi campi, al progresso dell’umanità. Alla riapertura delle scuole, gli Arbegnuoc Urbani di Reggio Emilia hanno contestato insieme agli studenti il nome del polo scolastico Makallé, che si trova nella strada omonima, per l’occasione ribattezzata via Sylvester Agyemang, alunno di quell’istituto travolto lì vicino da un autobus. Infine, a metà ottobre, si sono svolti a Torino i Romane worq days, in onore della principessa etiope, figlia dell’imperatore Hailé Selassié, deportata in Italia nel 1937 e morta tre anni dopo nel capoluogo piemontese.

    Tutte queste iniziative ci dicono che il 2021 potrebbe essere l’anno giusto per istituire dal basso quella giornata di memoria che il parlamento non è riuscito ad approvare. Se una questione ci sta a cuore, non abbiamo bisogno di una legge per ricordarla.

    Fantasmi che non vogliamo vedere
    Quale che sia il giorno prescelto, le diverse iniziative andrebbero a formare un rituale di massa, con il risultato di evocare fantasmi. Le nostre città ne sono piene, eppure non li notiamo, non capiamo cosa dicono, leggiamo i loro nomi e non li riconosciamo, calpestiamo le loro tracce e le gambe non tremano, ne vediamo gli effetti e li attribuiamo ad altre cause, ne saccheggiamo l’eredità e non sappiamo nemmeno chi ce l’abbia lasciata, seguiamo i loro passi e ci illudiamo di percorrere nuovi sentieri.

    Monumenti, lapidi, targhe stradali, edifici: migliaia e migliaia di luoghi, su e giù per l’Italia, ci parlano invano del passato coloniale, come fotografie scattate in un tempo remoto e di cui abbiamo perduto le didascalie. Oppure ci ripetono, con la fissità della pietra, che fu un’impresa eroica, coraggiosa, patriottica, piena di fulgidi esempi dell’italico valore, per i quali ci viene chiesto di provare ammirazione.

    Come il regno d’Italia, fin dai primi anni dopo l’unità, si è plasmato occupando terre e aggredendo popoli, in barba agli ideali dell’indipendenza, così si sono “fatti gl’italiani” anche a suon di razzismo e stereotipi imperiali, e si è modellato il paesaggio urbano perché rispecchiasse le loro avventure coloniali, virili e da civilizzatori di antico lignaggio. Uno specchio che è rimasto lì, anche quando si è smesso di interrogarlo, per paura di quelle stesse risposte che un tempo ci facevano gongolare. Meglio non sapere per quale motivo quel quartiere si chiama Neghelli, o cosa fosse “l’assedio economico” di cui parla quella targa sulla facciata del municipio, o perché dietro un monumento ai partigiani fa capolino il bassorilievo di un’antilope.

    Meglio silenziare, edulcorare, censurare. Togliere le didascalie, ma lasciare le foto: in fondo il nonno era venuto così bene! Ti somiglia pure! Ma chi è quella ragazza, a petto nudo, che lo abbraccia controvoglia? E quel mucchio di cadaveri, sul quale pianta fiero il tacco dello stivale? Cadaveri? Quali cadaveri? Quelle sono zolle, zolle di terra! Non lo sai che il nonno è andato laggiù per lavorare, per coltivare, per trasformare il deserto in un giardino?

    Altri colonialismi
    Il testo della proposta di legge parla di cinquecentomila vittime africane nelle colonie del regno d’Italia, ovvero Libia, Somalia, Etiopia ed Eritrea. Possiamo star certi che furono molte di più, e d’altra parte, non è nemmeno corretto limitare l’impatto del colonialismo italiano alle sole terre d’Africa. L’Albania fu un “protettorato italiano”, con un governo fantoccio, occupato e soggiogato con le armi, un anno prima che scoppiasse la seconda guerra mondiale. Le isole dell’Egeo furono un “possedimento d’Oltremare”, sottile differenza che interessa giusto ai filatelisti. Gli ebrei di Rodi e di Kos presero la cittadinanza italiana, ma nel 1938, con la proclamazione delle leggi razziali, furono cacciati dalle scuole e dagli uffici pubblici, vennero schedati nei registri civili, i loro beni furono inventariati e in parte espropriati, quindi venne chiuso il collegio rabbinico della città.

    Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, l’isola fu occupata dai nazisti. Le autorità fasciste della repubblica sociale Italiana, loro alleate, consegnarono ai tedeschi gli elenchi degli ebrei rodioti, che vennero rastrellati e deportati in Germania. Sono 1.815 i nomi accertati di ebrei residenti sull’isola che morirono nei campi di sterminio, 178 quelli rimasti in vita.

    Possiamo lasciare agli storici il compito di stabilire se fu “colonialismo” l’occupazione della Dalmazia nel 1941, quella di Fiume da parte dei legionari di D’Annunzio, o la minuscola concessione italiana nel porto cinese di Tianjin, oggi trasformata in un’attrazione turistica e commerciale, la New italian style town. Di certo il nostro colonialismo non s’è limitato all’Africa e i suoi crimini vanno ben oltre la strage di Addis Abeba del 19 febbraio. Quella, tuttavia, è l’unico delitto di così vaste proporzioni che si possa collegare a un giorno preciso. La deportazione degli abitanti del Jabal al Akhdar, in Cirenaica, per togliere supporto alla resistenza libica e far spazio a coloni italiani, provocò almeno quarantamila morti, tra quelli che crollarono durante la marcia nel deserto e quelli che morirono nei campi di concentramento sulla costa: è chiaro però che tutto questo avvenne nel corso di settimane e mesi, così come settimane durarono i bombardamenti con armi chimiche, durante l’invasione fascista dell’Etiopia, mentre l’Eritrea – la cosiddetta colonia primogenita – conobbe cinquant’anni di razzismo e violenza.

    Volendo scegliere una singola data, il 19 febbraio sembra in effetti la più adatta, considerando che la comunità etiope la commemora già tutti gli anni. In Etiopia, la data sul calendario è conosciuta come Yekatit 12 e con quel nome è intitolata una piazza della capitale. Nella nostra, di capitale, ci sono invece strade dedicate a Reginaldo Giuliani, Antonio Locatelli e Alfredo De Luca, che in Etiopia portarono morte e distruzione, inquadrati nell’esercito e nell’aviazione fascista. Qualche decina di chilometri più a est, ad Affile, sempre in provincia di Roma, sopravvive alla rabbia di molti l’ignobile mausoleo dedicato a Graziani, che del massacro di Addis Abeba fu il principale responsabile.

    Un inventario
    Non si potrà fare memoria, il 19 febbraio, dei crimini del colonialismo italiano, senza porsi il problema di come trattare certi nomi, lapidi, targhe, monumenti, edifici che ancora affollano il territorio italiano.

    Un primo passo per provare a maneggiare quest’eredità ingombrante sarebbe quello di farne un inventario, censire i luoghi, sistemarli su una mappa. È quel che ho cominciato a fare da qualche mese, nei ritagli di tempo. In principio, volevo solo localizzare le lapidi ancora esistenti – ma in molti casi riutilizzate – che il regime fascista fece posare in tutti i municipi d’Italia, il 18 novembre 1936, un anno dopo l’entrata in vigore delle sanzioni economiche contro il regno d’Italia decise dalla Società delle nazioni per condannare l’invasione dell’Etiopia.

    Ben presto, mi sono ritrovato a segnare molti altri posti, e da un paio di settimane, attraverso il blog Giap e con l’aiuto del collettivo Resistenze in Cirenaica, stiamo raccogliendo segnalazioni da tutta Italia. La mappa è ancora agli inizi, ma l’affollarsi di tanti segnaposti dà già l’impressione di una mostruosa eruzione cutanea. Una specie di allergia.

    Anticolonizzare
    La questione di come trattare le tracce che la storia lascia nel paesaggio non è certo nuova, né originale, ma si ripresenta ogni volta in maniera diversa, perché diverse sono le esigenze che la portano in superficie. Oggi è chiaro che le vestigia del colonialismo italiano provocano irritazioni e piaghe nel tessuto delle città, perché la guerra contro i migranti uccide uomini e donne i cui avi furono sterminati dai nostri. Nella strage di Lampedusa del 3 ottobre 2013 ci furono 366 morti accertati e 20 dispersi, molti dei quali erano eritrei, partiti da Misurata, in Libia, e naufragati nel 78° anniversario dell’invasione dell’Etiopia da parte del regno d’Italia.

    Due anni dopo, sempre a Bergamo, la fontana dedicata ad Antonio Locatelli, fiero sterminatore di etiopi con armi chimiche, si riempiva d’acqua rosso sangue e uno striscione lo chiamava assassino. Il sindaco Giorgio Gori, manco a dirlo, dichiarò che l’illustre concittadino fascista era una figura “controversa”, ma definì “maleducati” gli autori del gesto.

    Non è raro che azioni come questa siano etichettate come vandalismi, anche quando non si verificano reali danni all’arredo urbano, ma a disturbare è l’idea stessa che questo venga modificato, salvo poi accettare che enormi cartelloni pubblicitari cambino il volto di una piazza per mesi e mesi.

    L’oppressione non finisce quando la vittima se la scuote di dosso, ma quando la ripudia anche il carnefice

    Si declina in termini di decoro quello che invece è un problema di potere: se a casa mia posso cambiare l’arredamento come mi pare, chi decide l’aspetto dello spazio comune? In teoria, le amministrazioni comunali si riempiono la bocca di processi partecipati, ma nella pratica quel che ne risulta è sempre molto simile a un piano prestabilito. Le commissioni toponomastiche delle città, per esempio, tendono a escludere che si possano cambiare i nomi delle vie: troppo complicato, troppi indirizzi da modificare, troppa gente da mettere d’accordo, ci sono questioni più importanti.

    Chi invece organizza queste azioni topografiche, usa spesso il verbo “decolonizzare”, per suggerire l’idea che le nazioni europee devono liberarsi dal colonialismo, così come se ne sono liberate le loro ex colonie, in quel processo storico chiamato appunto decolonizzazione. L’oppressione non finisce quando la vittima se la scuote di dosso, ma quando la ripudia anche il carnefice. Questo è sacrosanto, eppure quando leggo che bisogna “decolonizzare le nostre città”, mi viene sempre in mente il caffè decaffeinato: l’espresso ti piace, però ti fa male. Allora gli togli la componente tossica e continui a berlo, come se niente fosse. Derattizzi un quartiere, metti le esche per i topi, et voila, sparito il problema.

    Intendo dire che in un certo senso i nostri spazi urbani sono già fin troppo de-colonizzati: entri al bar Dogali, strappi una bustina di zucchero che ha stampata sopra una faccia africana, butti giù un deca, leggi il titolo sui migranti somali partiti da Zuwara, ti lamenti perché “un negro” vuole rifilarti un accendino e tutto l’ambaradan che si porta dietro, saluti il ras del quartiere, quindi corri al lavoro, lungo via Bottego, sotto il palazzo con quella scritta in latino, “Tu regere imperio populos…”. E in tutto questo, del colonialismo e dei suoi crimini, non hai sentito nemmeno l’odore.

    Forse allora bisognerebbe impegnarsi per “anticolonizzare” il nostro paesaggio, il senso che diamo ai luoghi nell’atto di abitarli ogni giorno: introdurre anticorpi, invece di limitarsi a rimuovere il virus. Nel 1949 a Bologna gli odonimi coloniali del rione Cirenaica furono sostituiti con nomi di partigiani: ne restò solo uno, via Libia. Ora non si tratta di togliere anche quello, ma di aggiungerci un adesivo: “Nazione africana, luogo di crimini del colonialismo italiano”, e di raccontare come mai la giunta comunista decise che una delle vecchie intitolazioni doveva restare. Il che non significa fare lo stesso con il nome di Italo Balbo, nelle ventuno vie d’Italia che si chiamano così, inserendo giusto una targa esplicativa con il suo curriculum di violenze. Significa che il problema non si risolve cambiando un’intitolazione. La sfida è politica, estetica, storica e creativa, quindi avvincente.

    A chi strilla che “il passato non si cancella”, bisogna ribattere che un nome, un monumento o una targa, se stanno in strada non sono il passato, bensì il presente. E se ci restano, sono pure il futuro.

    Decidere cosa consegnare all’avvenire, e in che modo riuscirci, è sempre una questione politica, dunque materia di conflitto. Come ogni mossa che facciamo sul territorio, un passo dopo l’altro.

    https://www.internazionale.it/opinione/wu-ming-2/2021/02/15/mappa-colonialismo-italiano

    #visualisation #cartographie #carte_interactive #crowsourcing #colonialisme_italien #Italie #Italie_coloniale #traces_coloniales #toponymie #toponymie_coloniale #toponymie_politique

    ping @postcolonial @cede

    –-

    ajouté à la métaliste sur le colonialisme italien:
    https://seenthis.net/messages/871953

  • Trudeau vows to freeze anti-mandate protesters’ bank accounts - BBC News
    https://www.bbc.co.uk/news/world-us-canada-60383385

    Trudeau vows to freeze anti-mandate protesters’ bank accounts

    15.2.2022 - Canadian Prime Minister Justin Trudeau has taken the unprecedented step of invoking the Emergencies Act to crack down on anti-vaccine mandate protests.

    Mr Trudeau said the scope of the measures would be “time-limited”, “reasonable and proportionate” and would not see the military deployed.

    With no need for court orders, banks can freeze personal accounts of anyone linked with the protests.

    Hundreds of demonstrators remain in Canada’s capital city.

    On Sunday, law enforcement cleared anti-mandate protesters at the Ambassador Bridge in Windsor - a critical pathway for Canada-US trade - after a week-long stalemate.

    What began as a rally against a new rule that all truckers must be vaccinated to cross the US-Canada border, or quarantine upon return, has grown into a broader challenge to all Covid health restrictions.

    “This is about keeping Canadians safe, protecting people’s jobs,” Mr Trudeau told a news conference on Monday.

    He said the police would be given “more tools” to imprison or fine protesters and protect critical infrastructure.

    Mr Trudeau told reporters the legislation would be applied temporarily and in a highly specific manner.

    Critics have noted that the prime minister voiced support for farmers in India who blocked major highways to New Delhi for a year in 2021, saying at the time: “Canada will always be there to defend the right of peaceful protest.”

    Mr Trudeau’s invoking of the Emergencies Act comes as demonstrations across Canada enter their third week.

    Deputy Prime Minister Chrystia Freeland said at Monday’s news conference that banks would be able freeze personal accounts of anyone linked with the protests without any need for a court order.

    Vehicle insurance of anyone involved with the demonstrations can also be suspended, she added.

    Ms Freeland said they were broadening Canada’s “Terrorist Financing” rules to cover cryptocurrencies and #crowdfunding platforms, as part of the effort.

    Anti-vaccine mandate protests have entered their third week

    “It’s all about following the money,” she said.

    She spoke after hackers released details of what they said were 93,000 donations for the truckers totalling $8.4m (£6.2m) to the crowdfunding platform GiveSendGo.

    The Emergencies Act, passed in 1988, requires a high legal bar to be invoked. It may only be used in an “urgent and critical situation” that “seriously endangers the lives, health or safety of Canadians”. Lawful protests do not qualify.

    Speaking on Monday, Canada’s Justice Minister David Lametti argued these conditions had been met.

    But the Canadian Civil Liberties Association disagreed, warning that the move “threatens our democracy and our civil liberties”.

    Ottawa protest leader Tamara Lich dismissed Mr Trudeau’s move, telling AP News: “There are no threats that will frighten us. We will hold the line.”

    Ontario Premier Doug Ford, a Conservative, said he supported the federal government.

    But the premiers of Quebec, Manitoba, Alberta and Saskatchewan said the emergency powers were not needed in their regions.

    Before Mr Trudeau’s announcement, Quebec Premier Francois Legault said invoking the Emergencies Act could “throw oil on the fire”.

    Will Trudeau succeed?

    Analysis by Jessica Murphy, BBC News, Toronto

    Under growing pressure to bring the disruptive protests to an end - be it from the White House or increasingly frustrated Canadians - Prime Minister Justin Trudeau has entered uncharted territory with the decision to invoke the never-before-used 1988 Emergencies Act, the country’s most powerful tool for when it is facing a national emergency.

    The powers announced by Mr Trudeau go into effect immediately - but his government has to present it to the House of Commons and the Senate within a week and needs a green-light or the proclamation would be revoked.

    All main Canadian federal political party leaders have said it’s time for the protests - which have had an impact on supply chains, the national economy and the country’s relations with the US - to end.

    But they aren’t all necessarily on board with Mr Trudeau’s unprecedented move.

    Conservative leader Candice Bergen voiced concern it could inflame the situation.

    The support of NDP leader Jagmeet Singh may give Mr Trudeau enough votes to pass it through the House - though the Senate could still be a hurdle.

    Protests are ongoing in various parts of the country.

    In Ottawa, the nation’s capital, between 400 to 500 trucks have been parked in the city centre for 18 days.

    Protesters have also been blockading border crossing at Coutts, Alberta, and Emerson, Manitoba.

    On Monday, Alberta police arrested 11 people and seized a cache of guns and other weapons.

    Weekend protests have also taken place in cities including Toronto and Winnipeg.

    #Canada #covid-19 #banques #rébellion #vaccination #transport

  • Est-ce qu’il y a parmi les seenthisien·nes des contributeur·es à #OpenStreetMap à partir de leur smartphone ?
    Si oui, quelle #appli utilisez-vous ?

    J’ai télécharger #street_complete , une appli plutôt ludique qui se prête bien je pense à des #jeux (même en équipe si j’ai bien compris) avec des enfants.

    L’appli propose, sur une carte, plein d’éléments à compléter via des questions simples à répondre (on peut passer des journées entières dans un seul quartier vu le nombre de notes à compléter) :

    L’application vous propose d’ajouter des informations manquantes sur des zones près de votre position.

    Il existe différentes quêtes comme le renseignement de noms de rue/voie, de type revêtement de la voie, d’horaires de commerce, etc.

    Chaque contribution sera directement transmise à OpenStreetMap.


    https://framalibre.org/content/street-complete

    #OSM #crowd-soucing #contribution #cartographie_collaborative

    • #Vespucci semble plus complet, mais apparemment aussi plus difficile à prendre en main...

      Vespucci is the first OpenStreetMap editor for Android, continuously improved and developed since 2009. It supports the full OpenStreetMap data model including lots of less known quirks and can be used, if necessary, completely offline.

      Editing is supported by rich, extensible and searchable presets based on the JOSM system, compatible 3rd party presets can be downloaded directly to your device. Fast “on the go” surveying is easy with address prediction and name based point-of-interest creation.

      https://vespucci.io

      Je ne l’ai pas essayé

    • J’utilise street complete de temps en temps. En plus de remplir les « quêtes », on peut aussi mettre des notes libres quand on voit un truc qui manque ou a changé... C’est facile pour proposer à des contributeurs/rices d’OSM d’y regarder de plus près

    • ah, cool, merci @severo... j’avais pas compris que l’ajout de notes pouvait servir à ça, du coup, pas mal :-)
      Je me demande si c’est adapté pour des endroits des « pays du Sud » où il manque plein de choses de base... A tester.

    • J’ai « résolu quelques énigmes » hier après-midi avec street complete et j’ai remarqué que la batterie de mon smartphone a fondu comme neige au soleil très très rapidement... c’est quand même un point faible (ou alors il faut se balader avec une batterie quand on s’y met sérieusement).

    • J’ai « résolu quelques énigmes » hier après-midi avec street complete et j’ai remarqué que la batterie de mon smartphone a fondu comme neige au soleil très très rapidement... c’est quand même un point faible (ou alors il faut se balader avec une batterie quand on s’y met sérieusement).

  • radio-browser.info
    https://www.radio-browser.info

    This is a community driven effort (like wikipedia) with the aim of collecting as many internet radio and TV stations as possible. Any help is appreciated!

    Free for ALL!
    Data license: public domain

    Statistics
    Station count at the moment: 29921
    Station clicks last hour: 3651
    Station clicks last day: 84344
    Distinct tags: 8021
    Distinct countries: 209
    Distinct languages: 281

  • « Complément d’enquête ». Fake news, la machine à fric - France 2 - 2 septembre 2021
    https://www.francetvinfo.fr/replay-magazine/france-2/complement-d-enquete/complement-d-enquete-fake-news-la-machine-a-fric_4736283.html

    Un docu de Aude Fabre de la chaine Aude WTFake et Sylvain Louvet, sur le financement des sites de fake news :
    – par les dons sur les plateformes, notamment Ulule et Tipeee en France
    – et surtout par les publicités (des millions chaque années)

    Pour les dons, les patrons de Tipeee (dont Michael Goldman, fils de JJ) ont un argumentaire exactement Lacambrien : ils sont hébergeurs d’un service, et ils défendront quiconque l’utilise tant que c’est pas illégal selon la loi, et il le dit noir sur blanc : il assume tout, « du plus antisémite au moins antisémite, du plus complotiste au moins complotiste ». C’est beau de défendre abstraitement la liberté, mais ces gens gagnent concrètement des milliers d’euros de commission grace à ces versements, donc c’est pas pour la beauté du geste. Le patron d’Ulule lui, a au final reversé l’intégralité du pourcentage de CA généré par Hold Up (7000€ pour Ulule) a une asso anti désinformation.

    Pour la publicité, c’est Google 99% du temps, et techniquement il est parfaitement possible de bloquer l’envoi des pubs sur tel ou tel site, aussi bien par Google que par les annonceurs. Il s’agit de la principale source de financement de tous ces sites. Certains gagnent des centaines de milliers chaque mois, juste avec ça. Si on coupe cette source, il est à peu près certain qu’il y en aurait beaucoup moins.

    #fake_news #désinformation #financement #dons #publicité #crowdfunding #financement_participatif #Google #AudeWTFake

  • Des nouvelles trop charmantes du capitalisme au pays du shithole country: ‘I hope I make it’: 7-year-old Alabama girl selling lemonade to fund her own brain surgeries
    https://www.cbs42.com/news/local/i-hope-i-make-it-7-year-old-alabama-girl-selling-lemonade-to-fund-her-own-bra

    BIRMINGHAM, Ala. (WIAT) — Savage’s Bakery in Homewood is now serving a new kind of lemonade–a special concoction customers won’t find on their regular menu.

    Liza Scott, the 7-year-old daughter of owner Elizabeth Scott, has set up a lemonade stand inside the bakery. Because when life gave her lemons…

    She made lemonade.

    For her customers, these tasty, thirst-quenching treats are just that. But for Liza, they’re a sign of hope and perseverance in the face of adversity. The proceeds from each glass of lemonade will help fund Liza’s upcoming brain surgeries.

    “She has three cerebral malformations,” Scott said. “One is what they call a schizencephaly. So it’s a cleft in the frontal lobe in the right side of her brain, and we think that’s what causing the seizures.”

    It was less than a month ago that Liza began having Grand Mal seizures. Weeks later, doctors learned this “spunky, loving, fearless, bright, happy girl” has an “extra special brain.”

    “In most every instance of these rare malformations doctors only see one malformation — in Liza’s case she has 3,” Scott wrote on Liza’s Mightycause page.

    Next week, Liza and her mother will fly to Boston Children’s Hospital for the first of a series of surgeries.

    “I can’t handle it. So, I hope I make it,” Liza said. “My mom keeps saying I’m going to, but I feel like I’m not.”

    Elizabeth Scott says she’s still processing this reality and is leaning on her faith to stay strong.

    ‘I’m not that strong, I’m just brave’: Boy not expected to live past infancy defies odds
    “You know, in the moments that I feel like I can’t breathe, or I’m awake in the night and I can’t sleep, I pray,” she said. “I’m on my hands and knees, literally, praying.”

    Elizabeth Scott purchased additional insurance to help pay for Liza’s brain surgeries. But with travel and hotel costs heaped on top of medical expenses, the family is already nearing $10,000 in out-of-pocket expenses.

    “As a single mom and the financial supporter of both of my children, this is not something you can budget for,” Scott said.

    So in addition to selling the tastiest lemonade around, the Scotts are also looking for donations. As of Thursday afternoon, they have reached nearly $6,000. If you would like to help donate to Liza’s fund, click here.

    https://www.mightycause.com/story/Lemonadeforliza

  • Sepia Search : notre moteur de recherche pour découvrir #PeerTube
    https://framablog.org/2020/09/22/sepia-search-notre-moteur-de-recherche-pour-decouvrir-peertube

    Nous ouvrons aujourd’hui une nouvelle porte d’entrée vers PeerTube, pour faciliter la découverte des vidéos qui sont publiées dans une fédération qui grandit de jour en jour. PeerTube, c’est l’alternative que nous développons pour que chacun·e puisse émanciper ses vidéos … Lire la suite­­

    #Contributopia #ActivityPub #contributopia #Crowdfunding #Degooglisons #Developpement #Donation #financement_participatif #Framasoft #GAFAM #pair_à_pair #Peer2peer #Planet #RezoTIC #Video #YouTube

  • Sepia Search : our search engine to promote #PeerTube
    https://framablog.org/2020/09/22/sepia-search-our-search-engine-to-promote-peertube

    Today we are opening a new door on PeerTube, making it easier to discover videos that are published in a federation that is growing every day. PeerTube is the alternative we are developing so that everyone can emancipate their videos … Lire la suite­­

    #Contributopia #ActivityPub #contributopia #Crowdfunding #Degooglisons #Developpement #Donation #English #financement_participatif #Framasoft #GAFAM #pair_à_pair #Peer2peer #Planet #RezoTIC #Video #YouTube

  • Nos plans pour #PeerTube v3 : collecte perlée, du live pour cet automne
    https://framablog.org/2020/05/26/nos-plans-pour-peertube-v3-collecte-perlee-du-live-pour-cet-automne

    Nous dévoilons aujourd’hui la feuille de route des six prochains mois de développement de PeerTube. Avec votre soutien, nous voulons poursuivre les améliorations sur ce logiciel qui permet aux particuliers, structures et collectifs de s’émanciper de #YouTube et de reprendre … Lire la suite­­

    #Contributopia #ActivityPub #contributopia #Crowdfunding #Degooglisons #Developpement #Donation #financement_participatif #Framasoft #GAFAM #pair_à_pair #Peer2peer #Planet #RezoTIC #Video

  • Our plans for #PeerTube v3 : progressive fundraising, live streaming coming next fall
    https://framablog.org/2020/05/26/our-plans-for-peertube-v3-progressive-fundraising-live-streaming-coming-n

    Today, we are publishing the roadmap for the next six months of PeerTube’s development. With your help, we want to continue improving on this software that allows individuals, structures and collectives to emancipate from #YouTube’s chokehold and regain power over … Lire la suite­­

    #Contributopia #ActivityPub #contributopia #Crowdfunding #Degooglisons #Developpement #Donation #English #financement_participatif #Framasoft #GAFAM #pair_à_pair #Peer2peer #Planet #RezoTIC #Video

  • Le temps des ouvriers. Le temps de l’#usine (1/4)

    Du début du XVIIIe siècle à nos jours, Stan Neumann déroule sur plus de trois siècles l’histoire du monde ouvrier européen, rappelant en une synthèse éblouissante ce que nos sociétés doivent aux luttes des « damnés de la terre ».

    Dès le début du XVIIIe siècle, en Grande-Bretagne, une nouvelle économie « industrielle et commerciale », portée par le textile, chasse des campagnes les petits paysans et les tisserands indépendants. Pour survivre, ils doivent désormais travailler contre salaire dans des fabriques (factories) qui rassemblent plusieurs milliers d’ouvriers, sur des métiers appartenant à des marchands devenus industriels. C’est la naissance de la classe ouvrière anglaise. Le travail en usine, le Factory System, où seul compte le profit, impose aux déracinés une discipline et une conception du temps radicalement nouvelles. Avec la révolution industrielle de la fin du XVIIIe siècle, ils subissent un dressage plus violent encore, sous la loi de machines qui réduisent l’ouvrier à un simple rouage.
    Surexploitée et inorganisée, cette classe ouvrière primitive, qui oppose à la main de fer de l’industrie naissante des révoltes spontanées et sporadiques, va mettre plusieurs générations à inventer ses propres formes de lutte, dans une alliance parfois malaisée avec les républicains anglais, inspirés par la Révolution française de 1789. Ses revendications sont sociales et politiques : réglementation du travail des enfants, salaires, durée du temps de travail, liberté syndicale, droit de grève, suffrage universel... Dans les années 1820, après des décennies de combats perdus, une classe ouvrière anglaise puissante et combative semble en mesure de faire la révolution.

    Temps complet
    La classe ouvrière a-t-elle disparu, ou simplement changé de forme, de nom, de rêve ? Conciliant l’audace et la rigueur historique, l’humour et l’émotion, le détail signifiant et le souffle épique, Stan Neumann (Austerlitz, Lénine, Gorki – La révolution à contre-temps) livre une éblouissante relecture de trois cents ans d’histoire. Faisant vibrer la mémoire des lieux et la beauté des archives, célébrissimes ou méconnues, il parvient à synthétiser avec fluidité une étonnante quantité d’informations. Les séquences d’animation, ludiques et inventives, et un commentaire dit par la voix à la fois présente et discrète de Bernard Lavilliers permettent de passer sans se perdre d’un temps à l’autre : celui du travail, compté hier comme aujourd’hui minute par minute, celui des grands événements historiques, et celui, enfin, des changements sociaux ou techniques étalés parfois sur plusieurs décennies, comme le processus de légalisation des syndicats ou du travail à la chaîne. En parallèle, le réalisateur donne la parole à des ouvriers et ouvrières d’aujourd’hui et à une douzaine d’historiens et philosophes, hommes et femmes, « personnages » à part entière dont la passion communicative rythme le récit. On peut citer Jacques Rancière, Marion Fontaine, Alessandro Portelli, Arthur McIvor, Stefan Berger, avec Xavier Vigna comme conseiller scientifique de l’ensemble des épisodes. Cette série documentaire virtuose, où l’expérience intime coexiste avec la mémoire collective, au risque parfois de la contredire, révèle ainsi combien nos sociétés contemporaines ont été façonnées par l’histoire des ouvriers.

    https://www.arte.tv/fr/videos/082189-001-A/le-temps-des-ouvriers-1-4

    #documentaire #film_documentaire #film
    #agriculture #cleasning #nettoyage #industrie #industrie_textile #industrialisation #expulsions_forcées #histoire #Ecosse #UK #exode_rural #déplacés_internes #IDPs #histoire #force_de_travail #classe_ouvrière #Highlands #désindustrialisation #compétition #factory_system #esclavage #Crowley #temps #contrôle_du_temps #salaires #profit #filatures #travail_d'enfants #enfants #femmes #New_Lanark #Robert_Owen #silent_monitor #école #Institut_pour_la_formation_du_caractère #paternalisme #contrôle #tyrannie #liberté_de_commerce #grève #émeute #insécurité_sociale #pauvreté #workhouse #criminalisation_de_la_pauvreté #résistance #Enoch #Great_Enoch #John_Ludd #général_Ludd #luddisme #luttes #insurrection #cadence #progrès_technique #accidents_de_travail #Angleterre #insurrection_luddite #massacre_de_Peterloo #odeur #intercheangeabilité #temps_des_ouvriers

    Sur le silent monitor :

    This small four-sided wooden block was known as a ’silent monitor’ and was used by Robert Owen as a means of imposing discipline at his #New_Lanark_Mills.

    Robert Owen was strongly opposed to the use of corporal punishment, so in order to keep discipline at the New Lanark Mills, he devised his own unique system. The ’silent monitors’ were hung next to each worker in the mills, with each side displaying a different colour. ’Bad’ behaviour was represented by the colour black; ’indifferent’ was represented by blue; ’good’ by yellow; and ’excellent’ by white. The superintendent was responsible for turning the monitors every day, according to how well or badly the worker had behaved. A daily note was then made of the conduct of the workers in the ’books of character’ which were provided for each department in the mills.


    https://www.peoplescollection.wales/items/10456

    New Lanark :

    • Le temps des ouvriers (4/4)Le temps de la destruction

      Stan Neumann déroule sur plus de trois siècles l’histoire du monde ouvrier européen. Dernier volet : dans les années 1930, la classe ouvrière semble plus puissante que jamais. Le succès, en 1936, du Front populaire en France témoigne de cette force. Pourtant, les ouvriers européens vont de défaite en défaite...

      En Espagne, la dictature franquiste, soutenue par Hitler et Mussolini, triomphe en 1939. Puis dans l’Europe asservie, l’Allemagne nazie fait des ouvriers des pays vaincus des « esclaves du XXe siècle » : « travail obligatoire » pour les ouvriers de l’ouest de l’Europe, « extermination par le travail » des juifs, des Tsiganes et des prisonniers de guerre soviétiques.
      Après 1945, la guerre froide génère de nouvelles fractures. En Occident, on achète la paix sociale en améliorant les conditions de vie et de travail dans la plus pure tradition fordiste. À l’Est, le pouvoir est confisqué par des partis uniques qui prétendent représenter les ouvriers tout en les privant des libertés syndicales avec le soutien de l’URSS et de ses tanks. L’espoir renaît dans les années 1970, qui voient fleurir les utopies révolutionnaires, des Lip à Solidarnosc. Mais c’est un chant du cygne. Avec son cortège de misère et de chômage, la désindustrialisation a commencé.

      Temps complet
      La classe ouvrière a-t-elle disparu, ou simplement changé de forme, de nom, de rêve ? Conciliant l’audace et la rigueur historique, l’humour et l’émotion, le détail signifiant et le souffle épique, Stan Neumann ("Austerlitz", « Lénine »", ""Gorki"" – ""La révolution à contre-temps") livre une éblouissante relecture de trois cents ans d’histoire. Faisant vibrer la mémoire des lieux et la beauté des archives, célébrissimes ou méconnues, il parvient à synthétiser avec fluidité une étonnante quantité d’information. Les séquences d’animation, ludiques et inventives, et un commentaire dit par la voix à la fois présente et discrète de Bernard Lavilliers permettent de passer sans se perdre d’un temps à l’autre : celui du travail, compté hier comme aujourd’hui minute par minute, celui des grands événements historiques, et celui, enfin, des changements sociaux ou techniques étalés parfois sur plusieurs décennies, comme le processus de légalisation des syndicats ou du travail à la chaîne. En parallèle, le réalisateur donne la parole à des ouvriers et ouvrières d’aujourd’hui et à une douzaine d’historiens et philosophes, hommes et femmes, « personnages » à part entière dont la passion communicative rythme le récit. On peut citer Jacques Rancière, Marion Fontaine, Alessandro Portelli, Arthur McIvor, Stefan Berger, avec Xavier Vigna comme conseiller scientifique de l’ensemble des épisodes. Cette série documentaire virtuose, où l’expérience intime coexiste avec la mémoire collective, au risque parfois de la contredire, révèle ainsi combien nos sociétés contemporaines ont été façonnées par l’histoire des ouvriers.

      https://www.arte.tv/fr/videos/082189-004-A/le-temps-des-ouvriers-4-4

      #poing_levé #Front_populaire #Espagne #Fígols #mujeres_libres #guerre_d'Espagne #mineurs #alcolisme #violence_domestique #expulsions_collectives #travailleurs_étrangers #Volkswagen #nazisme #extermination_par_le_travail #Berlin #Pologne #Hongrie #superflu #rock_and_roll #mai_68 #Sochaux #Lip #Solidarność #Solidarnosc #Anna_Walentynowicz #printemps_de_Prague #NUM #autonomie_ouvrière #Arthur_McIvor #Margareth_Thatcher #muséification #désindustrialisation #invisibilisation #uberisation

  • Coronavirus : initiatives pour sauver le commerce en Turquie- Le petit journal d’Istanbul
    En raison de leur fermeture à la mi-mars, de nombreuses petites entreprises souffrent déjà des conséquences de la pandémie de Covid-19 ; pour la plupart, leurs activités ont été mises à l’arrêt. La plateforme de crowdfunding (financement participatif) Fongogo a lancé la campagne Cansuyu (« élément vital ») une « bouée de sauvetage » pour de nombreux commerces, qui pourront pré-vendre des produits et services à exécuter… à l’issue de la pandémie.
    #Covid19#Turquie#Economie#Initiative#societecivile#crowfunding#migrant#migration

    https://lepetitjournal.com/istanbul/coronavirus-initiatives-pour-sauver-le-commerce-en-turquie-277702

  • The MacGyvers Taking on the Ventilator Shortage | The New Yorker
    https://www.newyorker.com/magazine/2020/04/06/the-macgyvers-taking-on-the-ventilator-shortage

    But Rosie the Riveter isn’t gone—she’s just working from home. The other day, Bruce Fenton, of Portsmouth, New Hampshire, posted a call for volunteers on the Web site Medium. He was leading something called the Ventilator Project—a crowdsourced effort to address the shortage. The project’s two goals, Fenton wrote, were to help existing ventilator manufacturers ramp up production, and to design an open-source plan for a cheap and simple emergency ventilator that hospitals can use. As inspiration, he reminded everyone that the Apollo 13 astronauts created a carbon-dioxide scrubber from spare parts.

    The Ventilator Project’s three hundred and fifty volunteers do most of their brainstorming on the chat app Slack. A few proposals: repurposing CPAP machines (sleep-apnea masks) as ventilators, rigging single ventilators to treat multiple patients, and using grounded airplanes as treatment facilities, in order to take advantage of the overhead oxygen masks. Many participants are medical professionals, such as Stuart Solomon, a Stanford anesthesiologist who is mobilizing equipment that functions similarly to ventilators (like anesthesia machines). Fenton has also recruited lawyers, in the hope that, should a solid design emerge from the project, mass production of these ventilators—and their use in hospitals—won’t be stalled by regulators such as the F.D.A. And he has called on “engineers, builders, and MacGyver types who can build a legit ventilator” out of “Home Depot type parts.”

    #Crowdsourcing #Respirateurs

  • The Online Hell of Amazon’s Mechanical Turk - The Atlantic
    https://www.theatlantic.com/business/archive/2018/01/amazon-mechanical-turk/551192

    Technology has helped rid the American economy of many of the routine, physical, low-paid jobs that characterized the workplace of the last century. Gone are the women who sewed garments for pennies, the men who dug canals by hand, the children who sorted through coal. Today, more and more jobs are done at a computer, designing new products or analyzing data or writing code. But technology is also enabling a new type of terrible work, in which Americans complete mind-numbing tasks for (...)

    #Amazon #Clickworker #CrowdFlower #AmazonMechanicalTurk #conditions #GigEconomy #travail #travailleurs (...)

    ##Toluna

  • Et si on supprimait la Bourse ?
    https://usbeketrica.com/article/et-si-on-supprimait-la-bourse

    Les traders vivraient une expérience proche de celle de Milgram : plus on déconnecte un humain des conséquences de ses actes, plus il ira loin dans la transgression des limites. Mais qui fixe les limites ? Si ce sont les drogués du jeu en personne, alors il n’y a plus de contre-pouvoir et la menace n’a plus rien d’une menace fantôme.

    #speculation #economie #bourse #trading #crowdfunding

  • LES MÂLES DU SIÈCLE - Ulule
    https://fr.ulule.com/les-males-du-siecle
    https://img.ulule.com/display/24e6d8f48ba418c00f2c5910cdfb7dc1c78c4363/thumbnail/640x320/presales/8/6/7/92768/capture-decran-2019-10-19-a-180440.gDNe06N04hy1.png?upscale=1

    En tendant le miroir à 5 générations d’hommes, on veut prendre la mesure des transformations produites sous l’effet du féminisme. On peut espérer qu’une majorité d’entre eux les acceptent, on observe que certains y contribuent même et sont des alliés, mais on sait aussi que d’autres les refusent et considèrent toujours les femmes comme des corps « à disposition ».

    Avec Les mâles du siècle, nous espérons contribuer à ce que les hommes prennent leur part dans la lutte contre les inégalités, discriminations et violences faites aux femmes.

    #hommes #masculinité #féminisme #crowdfunding
    Si tu es le mec cool déconstruit qui jamais ne dit de la merde, tu vas soutenir ce film, hein ?

  • Collecte de fonds organisée par Emily Beth : Victim Legal Fund
    https://www.gofundme.com/f/emily-spanton-legal-fund

    In April 2014, I was raped by police officers in Paris, France. After a five year legal battle, we finally went to trial in January 2019 and the two officers charged, Nicolas Redouane and Antoine Quirin, were found guilty and sentenced to 7 years in prison.

    They have appealed and, according to French law, an appeal is actually a 2nd trial. My attorneys have worked tirelessly for years and this case consumes their firm - they deserve fair payment for their work. I am unable to work since the rape and Canadian legal aid wont assist the victim, therefore I need assistance to ensure I receive the same level of representation at the 2nd trial.

    #viol #police #violences_policières #victimes #crowdfunding

  • Tu sais que Nina Faure prépare un nouveau documentaire sur le plaisir féminin ? Et qu’il y a besoin de sousous.

    Le plaisir féminin
    http://www.cp-productions.fr/le-plaisir-feminin

    Nina Faure et Yéléna Perret, deux jeunes femmes en plein cœur d’une nouvelle vague féministe, cherchent à comprendre pourquoi l’émancipation promise depuis les années 70 n’est pas encore là. Elles participent à la ré-écriture de Notre corps, nous-mêmes, un manuel sur la santé des femmes, basé sur de renversantes discussions collectives qui en disent long sur la bataille en cours. Nina Faure mène l’enquête auprès de chercheuses, médecins, philosophes et militantes : les hommes et les femmes sont-ils désormais égaux ? Que reste-t-il à faire ? Ensemble, et avec d’autres, elles vont raconter depuis l’intérieur la lutte des femmes dans une époque en plein questionnement sur l’égalité des sexes, imaginer un nouvel horizon d’émancipation et tenter de construire un programme secret pour abolir le patriarcat… dans la sexualité pour commencer.

    Teaser
    https://vimeo.com/326043624

    [Appel à dons] Le plaisir féminin - C-P Productions
    https://www.cp-productions.fr/produit/crowdfunding-plaisir-feminin

    #film #documentaire #Nina_Faure #femmes #plaisir #sexualité #féminisme #corps #éducation #crowdfunding #souscription

  • Financement participatif du documentaire Ford Blanquefort
    https://www.helloasso.com/associations/raffut/collectes/financement-participatif-du-documentaire-ford-blanquefort

    Merci de mettre une piécette si vous pouvez les ami⋅es, même pas grand chose, pour aider les potes de Raffut, et notamment Jamila et Nico, qui suivent les Ford depuis des années.

    Plus de douze ans que les ouvriers syndicalistes de Ford Blanquefort résistent à la fermeture de leur usine, et bientôt trois ans que nous les suivons avec nos caméras dans l’intimité de leur groupe. Aujourd’hui, l’usine devrait fermer, et c’est pour certains l’histoire professionnelle, humaine et syndicale de toute une vie qui se termine. Pour nous, il s’agit donc de mener à terme un film, d’abord comme témoignage de la lutte qu’ils ont menée, mais aussi pour comprendre avec eux ce qu’ils ont affronté : le management et la stratégie de l’une des plus grandes multinationales automobiles.

    #documentaire #film #syndicalisme #capitalisme #mondialisation #Ford #Blanquefort #crowdfunding #financement_participatif #copinage