• #Pakistan: detenzioni e deportazioni contro i rifugiati afghani

    In corso un’altra catastrofe umanitaria, molte persone a rischio di persecuzione in Afghanistan

    Dal 1° ottobre quasi 400mila persone afgane, di cui circa 220.000 in queste settimane di novembre, hanno abbandonato il Pakistan, in quella che appare sempre più come una pulizia etnica operata contro una minoranza. I numeri sono quelli forniti da UNHCR 1, dopo che il 17 settembre, il governo pakistano ha annunciato che tutte le persone “irregolari” avrebbero dovuto lasciare volontariamente il Paese entro il 1° novembre, pena la deportazione.
    La maggior parte delle persone rientrate e in Afghanistan sono donne e bambini: 1 bambino su quattro è sotto i cinque anni e oltre il 60% dei minori ha meno di 17 anni 2.

    E’ emerso, ultimamente, che le persone afghane senza documenti che lasciano il Pakistan per andare in altri paesi devono pagare una tassa di 830 dollari (760 euro).

    Amnesty International ha denunciato detenzioni di massa in centri di espulsione e che le persone prive di documenti sono state avviate alla deportazione senza che ai loro familiari fosse fornita alcuna informazione sul luogo in cui sono state portate e sulla data della deportazione. L’Ong ha dichiarato che il governo del Pakistan deve interrompere immediatamente le detenzioni, le deportazioni e le vessazioni diffuse nei confronti delle persone afghane.

    Dall’inizio di ottobre, inoltre, Amnesty ha raccolto informazioni relative agli sgomberi: diversi katchi abadis (insediamenti informali) che ospitano rifugiati afghani sono stati demoliti dalla Capital Development Authority (CDA) di Islamabad, le baracche sono state distrutte con i beni ancora al loro interno.

    In tutto il Pakistan, ha illustrato il governo, sono stati istituiti 49 centri di detenzione (chiamati anche centri di “detenzione” o di “transito”). «Questi centri di deportazione – ha affermato Amnesty – non sono stati costruiti in base a una legge specifica e funzionano parallelamente al sistema legale». L’associazione ha verificato che in almeno 7 centri di detenzione non viene esteso alcun diritto legale ai detenuti, come il diritto a un avvocato o alla comunicazione con i familiari. Sono centri che violano il diritto alla libertà e a un giusto processo. Inoltre, nessuna informazione viene resa pubblica, rendendo difficile per le famiglie rintracciare i propri cari. Amnesty ha confermato il livello di segretezza a tal punto che nessun giornalista ha avuto accesso a questi centri.

    Secondo quanto riporta Save the Children, molte famiglie deportate in Afghanistan non hanno un posto dove vivere, né soldi per il cibo, e sono ospitate in rifugi di fortuna, in una situazione disperata e in continuo peggioramento. Molte persone accusano gravi infezioni respiratorie, probabilmente dovute alla prolungata esposizione alle tempeste di polvere, ai centri chiusi e fumosi, al contagio dovuto alla vicinanza di altre persone malate e al freddo estremo, dato che molte famiglie hanno viaggiato verso l’Afghanistan in camion aperti e sovraffollati. Sono, inoltre, ad altissimo rischio di contrarre gravi malattie, che si stanno diffondendo rapidamente, tra cui la dissenteria acuta, altamente contagiosa e pericolosa.

    Una catastrofe umanitaria

    «Migliaia di rifugiati afghani vengono usati come pedine politiche per essere rispediti nell’Afghanistan controllato dai talebani, dove la loro vita e la loro integrità fisica potrebbero essere a rischio, nel contesto di una intensificata repressione dei diritti umani e di una catastrofe umanitaria in corso. Nessuno dovrebbe essere sottoposto a deportazioni forzate di massa e il Pakistan farebbe bene a ricordare i suoi obblighi legali internazionali, compreso il principio di non respingimento», ha dichiarato Livia Saccardi, vice direttrice regionale di Amnesty International per l’Asia meridionale.

    Il valico di frontiera di Torkham con l’Afghanistan è diventato un grande campo profughi a cielo aperto e le condizioni sono drammatiche. Le organizzazioni umanitarie presenti in loco per fornire assistenza hanno raccolto diverse testimonianze. «La folla a Torkham è opprimente, non è un luogo per bambini e donne. Di notte fa freddo e i bambini non hanno vestiti caldi. Ci sono anche pochi servizi igienici e l’acqua potabile è scarsa. Abbiamo bisogno di almeno un rifugio adeguato», ha raccontato una ragazza di 20 anni.

    «Le condizioni di salute dei bambini non sono buone, la maggior parte ha dolori allo stomaco. A causa della mancanza di acqua pulita e di strutture igieniche adeguate, non possono lavarsi le mani in modo corretto. Non ci sono servizi igienici puliti e questi bambini non ricevono pasti regolari e adeguati» ha dichiarato una dottoressa di Save the Children. «Se rimarranno qui per un periodo più lungo o se la situazione persisterà e il clima diventerà più freddo, ci saranno molti rischi per la salute dei bambini. Di notte la temperatura scende parecchio ed è difficile garantire il benessere dei più piccoli all’interno delle tende. Questo può influire negativamente sulla salute del bambino e della madre. È urgente distribuire vestiti caldi ai bambini e beni necessari, come assorbenti e biancheria intima per le giovani donne e altri articoli essenziali per ridurre i rischi per la salute di donne e bambini».

    «Il Pakistan deve adempiere agli obblighi previsti dalla legge internazionale sui diritti umani per garantire la sicurezza e il benessere dei rifugiati afghani all’interno dei suoi confini e fermare immediatamente le deportazioni per evitare un’ulteriore escalation di questa crisi. Il governo, insieme all’UNHCR, deve accelerare la registrazione dei richiedenti che cercano rifugio in Pakistan, in particolare le donne e le ragazze, i giornalisti e coloro che appartengono a comunità etniche e minoritarie, poiché corrono rischi maggiori. Se il governo pakistano non interrompe immediatamente le deportazioni, negherà a migliaia di afghani a rischio, soprattutto donne e ragazze, l’accesso alla sicurezza, all’istruzione e ai mezzi di sussistenza», ha affermato Livia Saccardi.

    Come si vive nell’Afghanistan con i talebani al potere lo denuncia CISDA, il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane, che ha pubblicato un dossier “I diritti negati delle donne afghane” che racconta la vita quotidiana delle donne afghane e ripercorre la storia del Paese fino ai giorni nostri.

    «L’Afghanistan è un Paese allo stremo, stretto nella morsa dei talebani e alla mercé degli interessi geopolitici ed economici di diversi paesi. Se per tutta la popolazione afghana vivere è una sfida quotidiana, per le donne è un’impresa impervia», ha scritto CISDA che con questa pubblicazione ha voluto ripercorre le tappe principali della storia afghana, cercando di capire chi sono i talebani di oggi e realizzando approfondimenti tematici per comprendere qual è la situazione attuale del paese. E soprattutto ha voluto dar voce alle donne afghane raccogliendo le loro storie.

    https://www.meltingpot.org/2023/11/pakistan-detenzioni-e-deportazioni-contro-i-rifugiati-afghani
    #réfugiés_afghans #déportations #renvois #asile #migrations #réfugiés #Torkham #camps_de_réfugiés #centres_d'expulsion #détention_de_masse #rétention #détention #katchi_abadis #Capital_Development_Authority (#CDA)

    • Le Pakistan déclenche une vague d’abus contre les Afghans

      Les nouveaux efforts déployés par les autorités pakistanaises pour « convaincre » les Afghans de retourner en Afghanistan peuvent se résumer en un mot : abus.

      La police et d’autres fonctionnaires ont procédé à des #détentions_massives, à des #raids nocturnes et à des #passages_à_tabac contre des Afghans. Ils ont #saisi_des_biens et du bétail et détruit des maisons au bulldozer. Ils ont également exigé des #pots-de-vin, confisqué des bijoux et détruit des documents d’identité. La #police pakistanaise a parfois harcelé sexuellement des femmes et des filles afghanes et les a menacées d’#agression_sexuelle.

      Cette vague de #violence vise à pousser les réfugiés et les demandeurs d’asile afghans à quitter le Pakistan. Les #déportations que nous avons précédemment évoquées ici sont maintenant plus nombreuses – quelque 20 000 personnes ont été déportées depuis la mi-septembre. Les menaces et les abus en ont chassé bien plus : environ 355 000.

      Tout cela est en totale contradiction avec les obligations internationales du Pakistan de ne pas renvoyer de force des personnes vers des pays où elles risquent clairement d’être torturées ou persécutées.

      Parmi les personnes expulsées ou contraintes de partir figurent des personnes qui risqueraient d’être persécutées en Afghanistan, notamment des femmes et des filles, des défenseurs des droits humains, des journalistes et d’anciens fonctionnaires qui ont fui l’Afghanistan après la prise de pouvoir par les talibans en août 2021.

      Certaines des personnes menacées s’étaient vu promettre une réinstallation aux États-Unis, au Royaume-Uni, en Allemagne et au Canada, mais les procédures de #réinstallation n’avancent pas assez vite. Ces gouvernements doivent agir.

      L’arrivée de centaines de milliers de personnes en Afghanistan « ne pouvait pas arriver à un pire moment », comme l’a déclaré le Haut-Commissariat des Nations Unies pour les réfugiés. Le pays est confronté à une crise économique durable qui a laissé les deux tiers de la population dans le besoin d’une assistance humanitaire. Et maintenant, l’hiver s’installe.

      Les nouveaux arrivants n’ont presque rien, car les autorités pakistanaises ont interdit aux Afghans de retirer plus de 50 000 roupies pakistanaises (175 dollars) chacun. Les agences humanitaires ont fait état de pénuries de tentes et d’autres services de base pour les nouveaux arrivants.

      Forcer des personnes à vivre dans des conditions qui mettent leur vie en danger en Afghanistan est inadmissible. Les autorités pakistanaises ont déclenché une vague d’#abus et mis en danger des centaines de milliers de personnes. Elles doivent faire marche arrière. Rapidement.

      https://www.hrw.org/fr/news/2023/11/29/le-pakistan-declenche-une-vague-dabus-contre-les-afghans
      #destruction #harcèlement

  • « Xinjiang Police Files » : révélations sur la machine répressive chinoise contre les Ouïgours
    https://www.lemonde.fr/international/article/2022/05/24/ouigours-au-c-ur-de-la-machine-repressive-chinoise_6127417_3210.html

    Des milliers de documents de la police chinoise, livrés à un chercheur et publiés par des médias internationaux, dont « Le Monde », racontent l’obsession sécuritaire dans les camps d’internement de la minorité musulmane en Chine.
    Publiés le 24 mai, ces « Xinjiang Police Files » ont été livrés à l’anthropologue allemand Adrian Zenz par une source qui n’a rien exigé en retour, et ont été vérifiés hors de Chine par un groupe de quatorze médias internationaux. Ils apportent, après plusieurs séries de révélations publiées depuis 2019 par ce même chercheur et des ONG, un nouvel éclairage décisif sur la répression organisée par Pékin dans la région.

    https://justpaste.it/5tgo7

    #Chine #Xinjiang #Ouigours #surveillance #répression #détention_de_masse #internement #camps

  • Des documents révèlent le fonctionnement des #camps_de_détention chinois au #Xinjiang

    Des documents révélés dimanche par un consortium de journalistes montrent le contrôle absolu exercé par le régime chinois dans ses immenses camps de détention de la région à majorité musulmane du Xinjiang, où sont internées plus d’un million de personnes.

    Ces documents, obtenus par le Consortium international des journalistes d’investigation (ICIJ) et publiés par 17 organes de presse à travers le monde, détaillent les règlements draconiens, de la fréquence des coupes de cheveux aux horaires de verrouillage des portes, régissant ces camps installés dans la région du nord-ouest de la Chine.

    D’après des organisations de défense des droits humains, plus d’un million de #musulmans, principalement d’ethnie ouïghoure, sont détenus dans des camps de #rééducation politique au Xinjiang. Pékin récuse ce chiffre et évoque des « #centres_de_formation_professionnelle » destinés à lutter contre la radicalisation islamiste.

    Ces informations sont publiées une semaine après l’annonce du quotidien américain New York Times qu’il avait réussi à se procurer plus de 400 pages de documents internes au pouvoir chinois, dont des discours secrets du président Xi Jinping appelant dès 2014 à lutter « sans aucune pitié » contre le terrorisme et le séparatisme au Xinjiang.

    Les dernières révélations concernent une série de directives de gestion des camps de détention, approuvées en 2017 par le chef des forces de sécurité aux Xinjiang, ainsi que des rapports des services de renseignement montrant comment la police utilise l’intelligence artificielle et la collecte de données pour cibler les personnes à interner.

    Les directives qualifient les détenus d’"étudiants" devant « obtenir leur diplôme ».

    Elles décrivent avec une grande précision comment les gardiens doivent gérer la vie quotidienne des détenus, de l’interdiction d’entrer en contact avec le monde extérieur à la marche à suivre en cas de maladie, selon une traduction en anglais des documents publiée par l’ICIJ. Les directives instaurent notamment un système de points pour évaluer « la transformation idéologique » des détenus, leur « respect de la discipline » et leur ardeur à « l’étude ».

    « Les portes des dortoirs, des couloirs et des étages doivent être fermées à double tour immédiatement après avoir été ouvertes et refermées », détaillent les auteurs. « Une vidéosurveillance complète doit être établie dans les dortoirs et les salles de classe, sans angles morts, de façon à ce que les gardiens puissent exercer leur surveillance en temps réel, enregistrer les choses dans le détail et rapporter immédiatement tout événement suspect ».

    Les directives prévoient que les « étudiants » doivent rester en détention pendant au moins un an, même si cette règle n’est pas toujours appliquée, selon les témoignages d’anciens prisonniers recueillis par l’ICIJ.

    A Londres, l’ambassade de Chine a nié l’authenticité des documents publiés, les qualifiant de « pure falsification » et de « fausses informations ». « Il n’existe aucun document ou ordres pour de soi-disant +camps de détention+. Des centres de formation et d’entraînement professionnels ont été établis à des fins de prévention du terrorisme », a-t-elle affirmé dans un communiqué au quotidien The Guardian, qui fait partie des médias ayant publié les documents.

    https://www.courrierinternational.com/depeche/des-documents-revelent-le-fonctionnement-des-camps-de-detenti
    #détention #Chine #islamophobie #Ouïghours