• Il Consiglio d’Europa chiede all’Italia di garantire più protezione alle vittime di tratta

    Nel rapporto del Gruppo di esperti sulla lotta alla tratta di esseri umani (Greta) si chiede alle autorità di aumentare le indagini e le condanne, assicurare strumenti efficaci di risarcimento per le vittime e concentrarsi maggiormente sullo sfruttamento lavorativo. Oltre allo stop del memorandum Italia-Libia. Su cui il governo tira dritto.

    Più attenzione alla tratta per sfruttamento lavorativo, maggiori risarcimenti e indennizzi per le vittime e la necessità di aumentare il numero di trafficanti di esseri umani assicurati alla giustizia. Ma anche lo stop del memorandum Italia-Libia e la fine della criminalizzazione dei cosiddetti “scafisti”.

    Sono queste le principali criticità su cui il Gruppo di esperti del Consiglio d’Europa sulla lotta alla tratta di esseri umani (Greta) a fine febbraio ha chiesto al governo italiano di intervenire per assicurare l’applicazione delle normative europee e una tutela efficace per le vittime di tratta degli esseri umani. “Ogni anno in Italia ne vengono individuate tra le 2.100 e le 3.800 -si legge nel report finale pubblicato il 23 febbraio-. Queste cifre non riflettono la reale portata del fenomeno a causa dei persistenti limiti nelle procedure per identificare le vittime, nonché di un basso tasso di autodenuncia da parte delle stesse che temono di essere punite o deportate verso i Paesi di origine”. Una scarsa individuazione dei casi di tratta che riguarderebbe soprattutto alcuni settori “ad alto rischio” come “l’agricoltura, il tessile, i servizi domestici, l’edilizia, il settore alberghiero e la ristorazione”.

    L’oggetto del terzo monitoraggio di attuazione obblighi degli Stati stabiliti dalla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla lotta contro la tratta degli esseri umani era proprio l’accesso alla giustizia per le vittime. Dal 13 al 17 febbraio 2023, il gruppo di esperti si è recato in Italia incontrando decine di rappresentanti istituzionali e di organizzazioni della società civile. La prima bozza del report adottata nel giugno 2023 è stata poi condivisa con il governo italiano che a ottobre ha inviato le sue risposte prima della pubblicazione finale del rapporto. Quello in cui il Greta, pur sottolineando “alcuni sviluppi positivi” dall’ultima valutazione svolta in Italia nel 2019, esprime “preoccupazione su diverse questioni”.

    Il risarcimento per le vittime della tratta è una di queste. Spesso “reso impossibile dalla mancanza di beni o proprietà degli autori del reato in Italia” ma anche perché “i meccanismi di cooperazione internazionale sono raramente utilizzati per identificare e sequestrare i beni degli stessi all’estero”. Non solo. Il sistema di indennizzo per le vittime -nel caso in cui, appunto, chi ha commesso il reato non abbia disponibilità economica- non funziona. “Serve renderlo effettivamente accessibile e aumentare il suo importo massimo di 1.500 euro”. Come ricostruito anche da Altreconomia, da quando è stato istituito questo strumento solo in un caso la vittima ha avuto accesso al fondo.

    Il Greta rileva poi una “diminuzione del numero di indagini, azioni penali e di condanne” osservando in generale una applicazione ristretta di tratta di esseri umani collegandola “all’esistenza di un elemento transnazionale, al coinvolgimento di un’organizzazione criminale e all’assenza del consenso della vittima”. Tutti elementi non previsti dalla normativa europea e italiana. Così come “desta preoccupazione l’eccessiva durata dei procedimenti giudiziari, in particolare della fase investigativa”.

    Il gruppo di esperti sottolinea poi la persistenza di segnalazioni di presunte vittime di tratta “perseguite e condannate per attività illecite commesse durante la tratta, come il traffico di droga, il possesso di un documento d’identità falso o l’ingresso irregolare”. Un problema che spesso porta la persona in carcere e non nei progetti di accoglienza specializzati. Che in Italia aumentano. Il Greta accoglie infatti con favore “l’aumento dei fondi messi a disposizione per l’assistenza alle vittime e la disponibilità di un maggior numero di posti per le vittime di tratta, anche per uomini e transgender” sottolineando però la necessità di prevedere un “finanziamento più sostenibile”. In questo momento i bandi per i progetti pubblicati dal Dipartimento per le pari opportunità, hanno una durata tra i 17 e i 18 mesi.

    C’è poi la difficoltà nell’accesso all’assistenza legale gratuita che dovrebbe essere garantita alle vittime che invece, spesso, si trovano obbligate a dimostrare di non avere beni di proprietà non solo in Italia ma anche nei loro Paesi d’origine per poter accedere alle forme di consulenza legale gratuita. Problematico è anche l’accesso all’assistenza sanitaria. “I professionisti del Sistema sanitario nazionale -scrive il Greta- non sono formati per assistere le vittime di tratta con gravi traumi e mancano mediatori culturali formati per partecipare alla fornitura di assistenza psicologica”.

    Come detto, il focus degli esperti riguarda la tratta per sfruttamento lavorativo. Su cui l’Italia ha adottato diverse misure di protezione per le vittime ma che però restano insufficienti. “Lo sfruttamento del lavoro continua a essere profondamente radicato in alcuni settori che dipendono fortemente dalla manodopera migrante” ed è necessario “garantire risorse che risorse sufficienti siano messe a disposizione degli ispettori del lavoro, rafforzando il monitoraggio dei settori a rischio e garantendo che le condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori migranti soddisfare i requisiti previsti dalla normativa al fine di prevenire abusi”.

    Infine il Greta bacchetta il governo italiano su diversi aspetti relativi alla nuova normativa sui richiedenti asilo. “Temiamo che le misure restrittive adottate dall’Italia favoriscano un clima di criminalizzazione dei migranti, con il risultato che molte potenziali vittime della tratta non denunciano i loro casi per paura di detenzione e deportazione”, scrivono gli esperti. Sottolineando la preoccupazione rispetto al “rischio di aumento del numero di richiedenti asilo nei centri di detenzione amministrativa” previsto dagli ultimi provvedimenti normativi che aumenterebbe la possibilità anche per le vittime di tratta non ancora identificate di essere recluse. Un rischio riscontrato anche per il Protocollo sottoscritto con l’Albania per gli impatti che avrà “sull’individuazione e la protezione delle persone vulnerabili salvate in mare”.

    Sul punto, nelle risposte inviate al Greta l’8 febbraio 2024, il governo italiano sottolinea che il protocollo siglato con la controparte albanese “non si applicherà alle persone vulnerabili, incluse le vittime di tratta”. Resta il punto della difficoltà di identificazione fatta subito dopo il soccorso, spesso in condizioni precarie dopo una lunga e faticosa traversata.

    Ma nelle dieci pagine di osservazioni inviate da parte dell’Italia, salta all’occhio la puntualizzazione rispetto alla richiesta del Greta di sospendere il memorandum d’intesa tra Italia e Libia che fa sì che “un numero crescente di migranti salvati o intercettati nel Mediterraneo vengano rimpatriati in Libia dove rischiano -scrivono gli esperti- di subire gravi violazioni dei diritti umani, tra cui la schiavitù, il lavoro forzato e lo sfruttamento sessuale”. Nella risposta, infatti, il governo sottolinea che ha scelto di cooperare con le autorità libiche “con l’obiettivo di ridurre i morti in mare, nel pieno rispetto dei diritti umani” e che la collaborazione “permette di combattere più efficacemente le reti di trafficanti di esseri umani e di coloro che contrabbandano i migranti”. Con il rispetto dei diritti umani, del diritti umanitario e internazionale che è “sempre stata una priorità”. Evidentemente non rispettata. Ma c’è un dettaglio in più.

    Quel contrasto al traffico di migranti alla base anche del memorandum con la Libia, sbandierato a più riprese dall’esecutivo italiano (“Andremo a cercare gli ‘scafisti’ lungo tutto il globo terracqueo”, disse la premier Giorgia Meloni a inizio marzo 2023) viene messo in discussione nel rapporto. Dopo aver sottolineato la diminuzione delle indagini sui trafficanti di esseri umani, il Greta scrive che i “capitani” delle navi che arrivano in Italia “potrebbero essere stati costretti tramite minacce, violenza fisica e abuso di una posizione di vulnerabilità nel partecipare all’attività criminali”. Indicatori che li farebbero ricadere nella “categoria” delle vittime di tratta. “Nessuno, però, è stato considerato come tale”, osservano gli esperti. Si scioglie come neve al sole la retorica sulla “guerra” ai trafficanti. I pezzi grossi restano, nel frattempo, impuniti.

    https://altreconomia.it/il-consiglio-deuropa-chiede-allitalia-di-garantire-piu-protezione-alle-

    #traite_d'êtres_humains #Italie #protection #Conseil_de_l'Europe #exploitation #Greta #rapport #agriculture #industrie_textile #hôtelerie #bâtiment #BTS #services_domestiques #restauration #indemnisation #accès_à_la_santé #criminalisation_de_la_migration #Albanie

  • Pour « sauver le climat », préparons un holocauste nucléaire Chez Renart - Tomjo - vendredi 23 septembre 2022
    https://chez.renart.info/?Pour-sauver-le-climat-preparons-un-holocauste-nucleaire

    Ne soyez plus « écologiste », encore moins anti-nucléaire : c’est ringard. Soyez pour la science, les industriels et le progrès ; soyez « pour le climat ».
Ce vendredi, à Lille et partout en France, les jeunes de Fridays for future associés aux Jeunes écologistes d’EELV appellent à la grève, « pour le climat ». Nul doute que leur couverture médiatique dépassera leur mobilisation véritable, et que les organisations politiques ne se ruent pour les récupérer. Que « nos dirigeant.es successifs n’aient pas été à la hauteur de la crise à surmonter », comme dit leur tract, c’est indiscutable. Que « les leaders économiques et politiques [...] investissent massivement pour la transition écologique », c’est malheureusement ce qu’ils font déjà. Non seulement ils ne régleront pas le « problème du climat », mais ils vont y ajouter d’autres calamités, notamment la dictature de la technocratie nucléaire sur notre survie. Voyez donc ci-dessous cette liste de dirigeants « engagés pour le climat », et plus que jamais anti-écologistes.


    Dans les manifestations en marge des COP auxquelles nous avons assisté, à Copenhague en 2009 et Paris en 2015, nous relevions toujours un malentendu derrière le slogan commun « Changeons le système, pas le climat ». Il y avait celles et ceux réclamant de nos dirigeants un « accord ambitieux » ; et ceux, dont nous faisions partie, manifestant pour bloquer sinon annuler ces rendez-vous de pollueurs.
    
Nous n’avons pas besoin d’eux pour inventer une vie désirable. Comme ils n’ont pas plus besoin de nos manifestations pour poursuivre la destruction industrielle du monde. Être « pour le climat » signifie combattre les diktats des scientifiques et les plans gouvernementaux de la prétendue « décarbonation », de la nucléarisation de l’industrie et de la numérisation de tout. Le « système », ce n’est pas eux qui le changeront, mais nous – sans eux et contre eux.

    Les scientifiques et leur monde
    D’abord, il y a les méga-simulateurs informatiques du #GIEC. Ce dernier propose dans son dernier rapport une alliance de sobriété individuelle, d’énergies renouvelables, de « mobilités électriques », de technologies de captage et stockage du CO2, de nucléaire, et de solutions de type « écologie industrielle » (efficacité énergétique des bâtiments, économie circulaire, etc). Rien de particulièrement audacieux, comme nous le verrons.

    Le climatologue #jean_jouzel, prix Nobel, vice-président du GIEC, chercheur au Commissariat à l’énergie atomique (CEA), spécialiste du tritium, et coordinateur de la Conférence citoyenne pour le climat, considère que « très peu de scénarios atteignent l’objectif des 2°C sans nucléaire ». Alors va pour l’atome, comme ta collègue du CEA-GIEC.

    La twittosse #valérie_masson-delmotte, paléo-climatologue et égérie française du GIEC, chercheuse elle aussi au CEA, considère que « Le nucléaire est une technologie mature qui peut fournir de l’électricité bas carbone à grande échelle », que les « technologies numériques », les « véhicules électriques », les navires à « hydrogène » mais encore les « formes urbaines compactes » peuvent « soutenir la décarbonation ». Comme n’importe quel Conseil régional, n’importe quelle agence d’urbanisme de province.

    Le youtubeur #jancovici, polytechnicien, ancien membre de la Fondation Nicolas Hulot et co-auteur en 2007 du « Pacte écologique » pour les candidats à la présidentielle, dirige le lobby nucléariste Shift Project, grâce aux financements de Bouygues, Vinci, Veolia, SNCF, Alstom, SPIE, BNP, et bien sûr EDF, l’exploitant des 58 réacteurs français. Niant les effets des radiations de #Tchernobyl sur les 800 000 liquidateurs et les millions d’habitants des zones contaminées, il répète depuis l’accident de #Fukushima : « Même si tous les 20 ans se produit un accident similaire, le nucléaire évitera toujours plus de risques qu’il n’en crée. » Calculette en main et le regard sur sa calculette.

    Les ordures nucléaristes au garde-à-vous
    #emmanuel_macron, mobilisé « pour le climat » après un été de sécheresses et avoir jeté les recommandations pourtant fort peu ambitieuses du « Conseil citoyen pour le climat », vient d’annoncer l’accélération des implantations d’usines solaires et éoliennes et 16 milliards d’euros pour des usines de microprocesseurs, après avoir subventionné trois usines de batteries pour voitures électriques, et proposé un plan de construction de quatorze usines atomiques. Sobriété, informatique et nucléaire, ses ambitions supposément avant-gardistes ne vont guère plus loin que celles de Giscard d’Estaing à l’époque des chocs pétroliers.

    Ailleurs aux U.S.A., #joe_biden, militant « pour le climat », vient de signer en août 2022 un plan de 369 milliards de dollars pour la fabrication d’usines nucléaires, éoliennes, solaires, mais aussi de voitures électriques et de batteries. Diriez-vous de la première puissance industrielle mondiale qu’elle est écologiste ?

    Son concurrent #xi_jinping promettait quant à lui, en 2020, que la Chine atteindrait la « neutralité carbone » en 2060 en multipliant la production nucléaire par quatre, éolienne par 3,4, et solaire par 6. Coût annoncé : 15 000 milliards de dollars en trente ans. Le chef du Parti communiste chinois nous avait déjà ébahi par un plan d’ingénierie du climat. Rien n’est impossible pour qui applique le socialisme scientifique.

    Le prince saoudien #mohammed_ben_salmane, égorgeur de journalistes et d’opposants, a débloqué en 2021, dix milliards de dollars pour contrôler les nuages par « ensemencement » chimique, et développer les technologies de stockage du carbone. Riche en uranium autant qu’en pétrole, son royaume s’est également lancé dans la production nucléaire (avec EDF notamment), et la construction d’une #smart_city d’un million d’habitants entièrement connectée et électrique : The Line  [1]. Bienvenue chez vous.

    Les Shadoks du CO2
    #Arcelor-Mittal #Dunkerque, le plus gros pollueur français, s’engage lui aussi « pour le climat » en investissant dans l’« acier vert ». Les hauts fourneaux seront en partie électrifiés à l’uranium, et une partie des fumées sera captée à la gueule des cheminées. Un procédé chimique qui, en plus des rejets d’oxydes d’azote et d’ammoniac, consomme beaucoup d’énergie, sépare le CO2 des autres polluants, puis le liquéfie. Le CO2 liquide est ensuite transporté par bateaux propulsés au fuel, ou dans des milliers de kilomètres de gazoducs, pour être enfin stocké sous le sol de la Mer du nord, avec risques d’écocide insoupçonnés en cas de fuite.

    Le Plan France Relance de Macron soutient le Plan « Acier vert » d’Arcelor-Mittal à hauteur de 1,7 milliard d’euros. Quant à la technocratie française, l’#ADEME, le #CNRS et le #BRGM (Bureau de recherche géologique et minière) soutiennent les industriels (Arcelor-Mittal, Eiffage, EDF, TOTAL, Saint-Gobain, etc) au sein du « CLUB CO2 », le lobby du captage-stockage.

    Les défenseurs de la « planification écologique » (EELV et la France insoumise) contre les irresponsables du secteur privé doivent se résoudre au fait que l’État est malheureusement déjà au chevet des pollueurs, et des nucléaristes, mobilisés comme eux « pour le climat ».

    Les techies « pour le climat »
    #elon_musk, première fortune mondiale et militant lui aussi « pour le climat », a reçu depuis 2010 plus de 5 milliards de dollars de subventions d’État pour ses voitures électriques Tesla, ses usines éoliennes Solar City, et ses voyages vers mars. Il remettra aussi 100 millions de dollars, et le prix « #Xprize », à des « solutions » préservant le climat. Écoutez Elon Musk, il voit loin, dans le temps, et dans l’espace.

    #jeff_bezos, patron d’Amazon, engage sa fortune « pour le climat », via notamment sa fondation Bezos Earth Fund , pour inventer des navires, des autobus et des camions de livraison électriques. Il finance aussi depuis 2017 des start-up de l’agriculture verticale, connectée et décarbonnée, pour produire au plus près des consommateurs une alimentation fraîche et bas carbone.

    #bill_gates s’est engagé à alimenter ses usines Microsoft en énergies renouvelables d’ici 2030. Il est aussi un « philanthrope » généreux qui abonde le Breakthrough Energy Venture (avec Bezos et Zuckerberg, le patron de Facebook) en faveur de l’hydrogène, de l’éolien, et des « électrocarburants ».

    Quant aux patrons de Google, #larry_page et #sergeï_brin, ils investissent, « pour le climat », dans la viande synthétique, la recherche de minerais dans l’espace, les voitures volantes, et les dirigeables à l’hélium.

    Les industriels et les dirigeants ne sont pas sourds aux revendications des jeunes pour le climat. Ils les devancent, et parfois les financent, quand elles appuient leur politique industrielle.

    Le climat contre l’écologie ?
    Inutile d’en rajouter des volumes. Même la reine d’Angleterre , pendant la COP26 à Glasgow, fustigeait les inactions gouvernementales, cependant que le roi #charles_III soutient Greta Thunberg et les militants d’Extinction-Rebellion [2]. Lesquels militants d’X-R doivent leur efficacité médiatique aux subsides du Climate Emergency fund, abondé par des industriels du renouvelable et du « biométhanol » à destination des navires de fret. Leurs intérêts mutuels sont bien compris.

    Quand l’écologie politique s’est constituée de manière autonome contre les vieilles boutiques de la gauche, progressistes et étatistes, il ne s’agissait pas seulement de défendre « l’ #environnement » ou la « qualité de la vie », mais de la « réinventer ». L’opposition au nucléaire, que l’ #union_européenne inclut désormais dans les « énergies propres » [3], marque l’origine du seul mouvement réellement révolutionnaire issu de mai 68. Non pas contre les « pollutions », mais contre la société industrielle. Ce mouvement ne combattait pas seulement l’atome par crainte de la radioactivité ou de l’explosion, mais parce qu’une société nucléaire ne peut être que techno-totalitaire. Issue du règne des polytechniciens des Mines, l’industrie nucléaire soumet la survie de millions de personnes, et pour des milliers d’années, à l’expertise des spécialistes et des forces armées.

    Faites un geste pour le climat, balancez vos smartphones et déconnectez #greta_thunberg.

    Tomjo

    Lire aussi :
    Le sens du vent, Arnaud Michon, L’Encyclopédie des nuisances, 2010.

    Le soleil en face,
    Frédéric Gaillard, L’échappée, 2012.

    L’enfer vert,
    Tomjo,
    L’échappée, 2013.
 Notre bibliothèque verte, Renaud Garcia, Service compris, 2022.

    Notes *
    [1] The Good life, 15 janvier 2021.
    [2] Infodurable.fr, 9 septembre 2022.
    [3] Le Monde, 6 juillet 2022.

  • « Right here right now ». Le cri sourd d’une planète en surchauffe.

    "Un combat porte mieux quand il est incarné. A la rentrée 2018, une jeune Suédoise de 15 ans, Greta Thunberg, débute une grève de l’école pour le climat. Elle est rejointe par d’autres élèves inquiets pour l’avenir la planète. Bientôt l’initiative se mondialise. Deux-cent-soixante-dix villes à travers le monde accueillent des « marches pour le climat ». En l’espace de quelques mois, Greta devient une icône
    planétaire et la porte-parole de millions de jeunes qui veulent faire de demain un monde meilleur, en tout cas « moins pire »."

    https://lhistgeobox.blogspot.com/2022/06/right-here-right-now-le-cri-sourd-dune.html

  • Cop26 : les éboueurs font tache d’huile à Glasgow Thomas Lemahieu
    https://www.solidaire.org/articles/cop26-les-eboueurs-font-tache-d-huile-glasgow

    En grève pour leur salaire, ces « travailleurs essentiels » à l’environnement profitent du sommet sur le climat pour se faire entendre. Avec gouaille et détermination.

    Le dispositif est éprouvé. Toujours le même. Au poil. Léger. Un téléphone en mode vidéo activé, un piquet de grève à l’arrière-plan et, sur le devant de la scène, un homme, index pointé, coups de menton, bras en l’air. Et une gouaille qui perce les tympans et crève les cœurs. En une dizaine de jours, grâce à ses petites séquences de quelques dizaines de secondes, tournées en plan américain avec un léger effet de plongée, Chris Mitchell, leur porte-voix – et quelle voix, avec cet accent écossais à couper au couteau –, a réussi à mettre les éboueurs en lutte au cœur des mobilisations organisées durant la COP26 de Glasgow (Royaume-Uni). La jeune activiste écologiste suédoise Greta Thunberg, l’autre « rock star » du contre-sommet, a d’ailleurs fini par relayer elle-même le conflit sur les réseaux sociaux. « Tenez-vous avec nous, pas contre nous ! » réclame l’animateur du syndicat GMB dans chacun des messages et, de plus en plus, des citoyens dans la ville écossaise mais aussi dans le monde entier se lèvent avec eux pour relayer leurs demandes : pas de justice, ni sociale, ni climatique, pas de paix !

    https://www.youtube.com/watch?time_continue=1&v=cHy6r6xYhzk

    En butte depuis des années à une stagnation salariale totale, les éboueurs de Glasgow avaient prévenu, dès la mi-octobre, les autorités locales qui, à travers l’agence publique employant les fonctionnaires territoriaux (Cosla), gèrent notamment la récolte et le traitement des déchets : sans avancée sur leur revendication d’une augmentation conséquente – bon nombre ont des fiches de paie autour de 17 000 livres sterling (20 000 euros) par an, un salaire très bas en Écosse –, ils relanceraient une grève au démarrage de la COP26. « Nous avons un message très clair pour le gouvernement écossais ! s’époumonait Chris Mitchell, le 20 octobre dernier. Payez à ces héros un salaire décent ! Parce qu’ils le méritent ! La camaraderie (en français dans le texte – NDLR) et la solidarité ne font que croître. Elle est toujours plus grande, plus grande et plus grande, et nous n’allons pas reculer. » Et ils ont tenu parole. Depuis dix jours, les ordures ne sont pas collectées à Glasgow et, malgré cela, la grève atteint des sommets de popularité.

    Sur l’air de l’hymne électro Freed from Desire
    Toute la semaine, sur les sept ou huit piquets de grève devant les différents centres de traitement des déchets, les éboueurs ont reçu la visite des participants au contre-sommet : des environnementalistes indiens, des défenseurs du nucléaire canadiens, des syndicalistes européens… Ensemble, ils ont repris à tue-tête le refrain de la grève, sur l’air détourné de l’hymne électro Freed from Desire : « Les travailleurs sont en feu, Cosla devrait être pétrifié ! » Le week-end dernier, des représentants du syndicat de locataires de Govanhill, un quartier au sud de Glasgow, sont venus témoigner également de leur solidarité. « Au-delà de la rémunération des travailleurs, en tant que résidents, nous devons voir des investissements massifs dans notre service de nettoyage, qui, pendant des années, a été en sous-effectif et sous-financé », rappelle l’une des animatrices de l’association.

    Pour l’exécutif écossais et le conseil municipal de Glasgow, contrôlés par les indépendantistes de gauche du Parti national écossais (SNP), la grève des éboueurs tombe au plus mal : elle écorne la carte postale de la COP26 – au lustre déjà bien étiolé –, mais aussi l’image d’un gouvernement occupé à lutter contre l’austérité imposée par les conservateurs de Boris Johnson. Pire : les élus SNP ont envisagé, ces derniers jours, de mettre en branle une stratégie à la Thatcher pour casser le mouvement : après avoir encouragé – sans succès – les personnels des parcs et jardins à « franchir le piquet de grève » pour ramasser les poubelles, ils ont cherché à recruter des personnels privés dans le même but. Dans un communiqué, vendredi dernier, le syndicat GMB a réclamé la démission immédiate de Susan Aitken, la maire SNP de Glasgow, au nom de « son abdication totale face à ses responsabilités ». Ajoutant : « Ils nous ont menacés par trois fois avec des lois antisyndicales et maintenant ils veulent utiliser des intérimaires pour briser le mouvement. Les tactiques des tories ne marcheront pas. »

    Jeremy Corbyn est venu soutenir les grévistes
    Les travaillistes écossais se sont, eux, rangés derrière les éboueurs en grève, appuyant leur revendication d’une hausse annuelle de 2 000 livres sterling (2 350 euros). Ce lundi, c’est Jeremy Corbyn, l’ancien dirigeant du Labour et figure de la gauche britannique, qui est venu les soutenir. Secrétaire générale des TUC, la confédération unique au Royaume-Uni, Frances O’Grady salue également le mouvement : « La justice climatique et la justice sociale vont de pair, mais, alors que Glasgow accueille ce sommet sur le climat, les travailleurs essentiels qui la nettoient ne reçoivent pas le traitement juste et la considération au travail qu’ils devraient recevoir. »

    Pour Chris Mitchell, la figure des éboueurs en lutte, dont certains camarades envisagent, mi-blagueurs, mi-sérieux, de transformer les harangues en sonnerie de réveil ou de téléphone, le pli est pris. « C’est une question d’environnement, notre métier, nous avons affaire à du recyclage et du gâchis alimentaire, insiste-t-il. Il est malheureux et même lamentable de devoir endurer des coupes budgétaires depuis ces dix dernières années, et ces quatre dernières années ont été proprement horribles. Si vous vous souciez de l’environnement, vous devez investir dans les services publics, mais, malheureusement, Glasgow n’a fait que des économies d’échelle permanentes, au détriment du bien commun et des travailleurs. » 

    #cop26 #ordures #déchets #Ecosse #Glasgow #grève #recyclage #services_publics #nettoyage #greta_thunberg #écologie

  • Le Janus de la science et de l’industrie

    Louis de Colmar

    https://lavoiedujaguar.net/Le-Janus-de-la-science-et-de-l-industrie

    Lorsque Greta Thunberg fustige les puissants de ce monde en les exhortant à « écouter les scientifiques » elle se situe au cœur des contradictions de ce temps. Elle idéalise la science en l’opposant aux basses œuvres de l’industrie, méconnaissant que cette industrie n’est que le bras armé de la science. Historiquement parlant, il est tout à fait impossible de les dissocier : science et industrie obéissent à une même vision du monde, à une même pratique effective du monde. Dans les deux cas, il s’agit d’être capable de reproduire à l’infini, sans pertes ou dégradations, des procédures expertes : la reproductibilité des expériences scientifiques est de même nature que la reproductibilité des mécanismes de fabrication industrielle ; bien plus, le propre de la reproductibilité industrielle est directement tributaire d’approches scientifiques particulières, la reproductibilité industrielle n’est qu’une généralisation et une massification de questionnements scientifiques élaborés à échelle réduite.

    Il est temps de sortir de la fausse opposition entre science-connaissance pure, et applications impures et détournées d’une même conception du monde.

    Le combat contre le réchauffement climatique ne peut qu’être corrélé avec le combat contre l’idéalisation de la science, contre sa mythologisation : le réchauffement climatique a bien pour origine la mise en pratique d’une représentation théorique du monde spécifiquement incarné par la science. L’expérimentation scientifique dans les laboratoires académiques ou privés n’est que le b.a.-ba de sa potentielle industrialisation, qui n’est jamais qu’un changement d’échelle. (...)

    #science #industrie #Greta_Thunberg #rationalité #crise #Guillaume_Carnino #Jérôme_Baschet #capitalisme #monde-robot #nature #idéologie #Marx #Pfizer #Moderna #révolution #économie #Paul_Ricœur

  • Désobéissant.e.s !

    Face à l’#urgence_climatique, une frange importante de la jeunesse a fait le choix de la désobéissance civile et de l’action. Le passionnant récit, en immersion, d’une mobilisation sans précédent.

    Après un été 2018 marqué par la canicule, les incendies et la démission fracassante de Nicolas Hulot, un groupe de jeunes gens, affolés par l’inaction des gouvernements face à la crise climatique, décide d’unir ses forces. Un QG, La Base, est loué en plein Paris. En germe depuis la COP21, une internationale informelle du climat relie différents mouvements de contestation européens : Extinction Rebellion, Ende Gelände, Alternatiba, ANV-COP21… Parmi eux, des jeunes de moins de 30 ans. Certains, comme Élodie et Pauline, ont lâché un poste prestigieux pour se consacrer à un combat qu’ils jugent crucial. Après une première victoire – la pétition baptisée « L’Affaire du siècle » et ses 2 millions de signatures en quinze jours –, les activistes de La Base organisent 134 décrochages de portraits d’Emmanuel Macron dans les mairies, retransmis sur les réseaux sociaux, afin de dénoncer « le vide de sa politique écologique ». C’est leur première grande action de désobéissance civile. Le documentaire suit ces « désobéissants » en action et dans l’intimité : des « gilets jaunes » à la pandémie de Covid-19, l’année 2020 va les mettre à l’épreuve.

    Sentiment d’urgence
    Alizée Chiappini et Adèle Flaux captent l’émergence d’une génération qui, à sa façon pragmatique, ouverte et combative, imagine un nouvel engagement citoyen. Fonctionnant en réseau, les militants de La Base n’hésitent pas à traverser la Manche pour prendre des leçons de non-violence chez les cousins britanniques ou à se rapprocher des « gilets jaunes » pour rassembler les luttes sociales et environnementales. Ponctué de moments forts, comme le blocage de La Défense, « la république des pollueurs », face à des cadres ulcérés ou approbateurs, ce récit limpide, parcouru par un sentiment d’urgence, fait vivre de l’intérieur un an et demi d’une mobilisation sans précédent, combat qui vaudra à ses « meneurs », arrestations, gazages et poursuites juridiques. Ce document passionnant tient à la fois du manuel politique et du roman initiatique, l’aventure passant par différentes phases quand l’enthousiasme fait place à la désillusion avant de retrouver un nouveau souffle.

    https://www.arte.tv/fr/videos/093803-001-F/desobeissant-e-s

    #résistance #internationale_du_climat #climat #COP21 #COP_21 #jeunesse #Alternatiba #activisme #action_directe #non-violence #désobéissance_civile #2018 #Greta_Thunberg #extension_rebellion #Elodie_Nace #Pauline_Boyer #Notre_affaire_à_tous #inaction_climatique #l'affaire_du_siècle #affaire_du_siècle #Marie_Toussaint #marche_mondiale #Elliot_Lepers #gilets_jaunes #Priscilla_Ludosky #justice_climatique #justice_sociale #les_amis_de_la_Terre #marche_pour_le_climat #marche_du siècle #16_mars_2019 #convergence_des_luttes #Ende_Gelände #urgence

    #film #documentaire #film_documentaire

  • Greta Thunberg’s Online Attackers Reveal a Grim Pattern | WIRED
    https://www.wired.com/story/greta-thunberg-online-harassment

    Swedish climate activist Greta Thunberg is 17 years old, legally a minor. Despite her age, in the past week, numerous actual adults have made her the subject of many forms of online harassment. Some say she ought to be “burnt at the stake”; others have circulated images of a sex doll that resembles Thunberg and purportedly “speaks” using recordings of her voice; still others created and distributed a cartoon that appears to depict the activist being sexually assaulted.

    The internet didn’t create this problem, but it does amplify it. The same forces that have allowed Thunberg and her message to climb to global virality are, in the hands of those who wish to discredit the teenager, the best weapon to use against her. While these smears are especially troubling in Thunberg’s case because of her age, they mirror the kinds of targeted online harassment employed against many people and groups by those who wish to silence them. The behavior is shocking, but not a shock.

    To begin with, Thunberg is a woman on the internet. While there is debate about whether men or women experience more harassment online, studies have shown the harassment women experience tends to be more personal, more gendered, more sexual, and more likely to be intense enough to drive them off of the social media platform where they’re being harassed. “The saddest thing that has emerged from my research is that young women aged 18 to 30 have accepted harassment as part and parcel of being online,” says Jessica Vitak, who studies online privacy and security at the University of Maryland. “They have various ways of dealing with it, but they don’t include thinking, ‘This shouldn’t be happening, and I should be fighting to make it stop.’” Harassment of women online has become a norm.

    The harassment is only heightened when the woman in question is, like Thunberg, a public figure. The Inter-Parliamentary Union, a global organization including the parliaments of 179 member countries, found that more than 80 percent of female parliamentarians had experienced psychological violence, the most common form being online harassment. According to Mona Lena Krook, who studies women in politics at Rutgers University, women activists like Thunberg have very similar experiences, and often in the exact form that Thunberg has been experiencing this week. “The first place people go are gender-based slurs or sexualizing tactics,” Krook says. “Photoshopped sexual images are really common. When you sexually objectify somebody, your perception of their competence and humanity changes. It’s about delegitimizing them to a broader audience.” Politicians and activists from Hillary Clinton to US representative Alexandria Ocasio-Cortez to Malala Yousafzai are frequently pornified by their critics.

    #Cyberharcèlement #Politique #Culture_du_viol #Greta_Thunberg

  • Une nouvelle génération des #Campus_d'excellence avec les acteurs des territoires

    Former aux métiers d’#excellence et de demain dans des secteurs porteurs : c’est l’objectif du dispositif « Campus des métiers et des qualifications d’excellence ». Les 23 premiers locataires des Campus des métiers ont été choisis, le 6 février 2020.

    Parcours de formation, des espaces d’#innovation et de vie, avec des possibilités de #mobilité à l’international c’est ce que propose la nouvelle génération de ces Campus d’excellence. Cette initiative se construit avec les acteurs économiques d’un #territoire pour former les jeunes aux #métiers_de_demain.

    Le Campus est un lieu de #formation et d’innovation au plus près des #entreprises. Il repose sur le tryptique :
    – Soutenir le développement d’une #filière_porteuse_d’avenir ;
    – Maintenir des #compétences dans un territoire ;
    -Améliorer l’excellence de la #formation.

    Chaque campus réunit, à l’échelle d’une région :

    – des #établissements_scolaires (#lycées généraux, technologiques et professionnels) ;
    – des établissements d’#enseignement_supérieur (#universités, écoles, etc.) ;
    – des centres de formation d’apprentis (#CFA) ;
    – des organismes de #formation_initiale ou continue (#Greta, etc.) ;
    – des #laboratoires_de_recherche ;
    – des #entreprises ;
    – des associations.

    Un financement du #Programme_Investissement_d'Avenir (#PIA) « #Campus_des_métiers » doté de 80 millions d’euros permet de financer la première vague de 20 à 30 projets. Les #subventions du PIA pourront atteindre au maximum 50% des dépenses éligibles du projet, le reste étant pris en charge par les partenaires. Les #partenaires_privés contribuent à hauteur de 30% ce qui garantit leur implication dans le projet.

    L’appel à projets reste ouvert jusqu’au 31 juillet 2020 avec deux dernières vagues de sélection les 16 mars et 1er juin 2020.

    Les quatre ministres qui portent le projet - Muriel Pénicaud, Jean-Michel Blanquer, Frédéric Vidal et Agnès Pannier-Runacher - étaient réunis pour présenter la première vague des lauréats.

    https://www.gouvernement.fr/une-nouvelle-generation-des-campus-d-excellence-avec-les-acteurs-des-te

    Comme une #baffe... en ce moment de lutte notamment contre la #LPPR : https://seenthis.net/messages/820330
    #France #enseignement #ESR

  • Les visas : #inégalités et #mobilités à géométrie variable

    L’année 2019 a été marquée par l’expansion, avant tout médiatique, du #no-fly_movement. En août dernier, le fait que la jeune activiste du climat #Greta_Thunberg choisisse le bateau pour rallier l’ONU a suscité d’innombrables commentaires, la traversée Plymouth-New York évoquant l’époque des grandes émigrations européennes vers le Nouveau Monde.

    Or, depuis une trentaine d’années, des centaines de milliers de voyageurs, souvent aussi jeunes que la militante suédoise, sont privés de la possibilité de prendre l’avion. Chaque année, ils/elles sont contraints de traverser mers et continents, en bateaux et à pieds, car des barrières de papiers et des contrôles multiples les empêchent d’approcher des aéroports. L’accès aux vols internationaux demeure un privilège de riches, auquel seuls les riches ont le choix de renoncer. Jusqu’aux années 1980, rallier l’Europe depuis l’Afrique, l’Asie du Sud-Est ou le Moyen-Orient n’était pas une odyssée : la mobilisation financière des proches suffisait à financer l’achat de billets d’avion qui, bien que coûteux, n’atteignaient pas les sommes faramineuses aujourd’hui réclamées pour monter sur un rafiot ou à l’arrière d’un camion. L’obligation de détenir un visa, qui n’est jamais accordé aux personnes dites « à risque migratoire », est ainsi la principale cause de l’hécatombe qui s’abat sur celles et ceux qui tentent de mettre en oeuvre leur droit à émigrer.

    Faire converger les luttes ou se mobiliser pour une mondialisation soutenable et égalitaire passe donc par un renversement des flux aéronautiques : la décroissance des trajets nord-sud restera un repli européocentré si elle ne s’accompagne pas d’un accès sans discrimination aux lignes qui permettent d’aller du sud vers le nord. Des visas pour tou·te·s, ou plus de visas du tout, pour que chacun·e puisse librement choisir de partir ou de rester, sans être illégalisé·e ni mis·e en péril.


    http://www.migreurop.org/article2941.html
    #visas #migrations #frontières #mobilité #fermeture_des_frontières #cartographie #visualisation #faire_monde #immobilité

    Pour télécharger la note en pdf :
    http://www.migreurop.org/IMG/pdf/note_10_fr.pdf

    En anglais :
    Visas : inequalities & two-speed mobility schemes
    http://www.migreurop.org/article2946.html

  • #Climat, etc… 24 Oct 2019 - Michèle Janss - Investigaction
    https://www.investigaction.net/fr/climat-etc

    La pollution et l’exploitation abusive des matières premières sont le résultat de l’activité des grandes entreprises. Celles qui exploitent le gaz, le pétrole et le charbon, bien sûr, mais aussi celles qui mettent l’eau en bouteille, fabriquent des armes, des voitures et des avions, celles qui produisent de l’informatique, des vêtements, de la nourriture industrielle, celles qui profitent de moyens de transport extrêmement bon marché afin de délocaliser leur production…

    

 Les causes

    En gros, c’est surtout notre manière de produire des richesses qui est à l’origine de la prédation de la planète. Une production sans réflexion sur son impact, sans planification, une course en avant vers plus de profit et plus d’emplois comme seul moyen de fonctionner. Notre façon de produire a même inventé le droit de polluer ou de sur-consommer contre paiement. Si on en a les moyens, on peut détruire. Et pourvu qu’il reste suffisamment de pauvres, sinon on étoufferait.
     
    Tant que cela ne sera pas étudié et dénoncé, on restera dans les petites mesures au coup par coup qui ne mèneront pas à grand chose, du genre COP-je-ne sais-quel-numéro. Au mieux, on sauvera des miettes de nature. En espérant que le génie des scientifiques fasse le reste. Mais les scientifiques et les politiques ne pourront rien empêcher si on continue dans un système de compétition effrénée qui creuse les inégalités, qui empêche systématiquement toute redistribution des richesses et qui ne peut pas grand chose contre les activités nuisibles.
     
    Le spectacle
    Dans un tel contexte, les grandes entreprises qui voient monter le mécontentement de la rue, ces mêmes grandes fortunes qui possèdent aussi les médias, doivent certainement être en train de réfléchir. Des équipes spécialisées pour cela sont à l’oeuvre, des think tank. Ces boites à penser, adossées à la presse dominante, sont redoutables. Elles sont capables de vendre une guerre à ceux qui savent qu’ils risquent d’y laisser leur peau.
     
    Elles sont en train de réfléchir et de faire feu de tout bois. C’est ainsi qu’on débat actuellement de Greta Thunberg plutôt que de l’état de la planète. Je ne sais pas si cette jeune fille est manipulée, mal informée, intelligente, sincère, si sa jeunesse est un handicap ou au contraire un atout… peu importe. Surtout, elle tombe à pic. Aussi bien pour les spécialistes du « greenwashing » que pour les climatosceptiques d’extrême droite. Quand le sage désigne la lune, l’idiot regarde le doigt. Et les médias dominants ont trouvé Greta. De quoi organiser le spectacle à moindre frais et occuper les esprits inquiets. Greta, c’est le doigt et tout le monde regarde le doigt.
     
    Organiser la résistance
    A présent, des activistes, prônant la désobéissance civile mais garantissant zéro violence et zéro dégradation, prennent le relai. Heureusement parce que tôt ou tard, on oubliera Greta. Extinction Rébellion assurera la suite. Les activistes se contentent pour le moment de bloquer la circulation, d’occuper un centre commercial… Leur sincérité ne fait aucun doute et leurs actions ont le mérite de mobiliser les consciences. Mais Extinction-Rébellion ne prend pas de position radicale contre l’organisation de notre production. Il faut changer le système, oui, mais l’analyse est plus que confuse. Invité par Amnesty International, Roger Hallam, co-fondateur d’Extinction-Rébellion prononce un curieux discours[1] où il évoque sa mère (qui était pasteure méthodiste) et prédit la famine et la mort pour la génération prochaine [2]. Pour les formateurs du mouvement, il s’agit aussi de contourner les forces d’extrême gauche pour atteindre et mobiliser les citoyens apolitiques[3]. Si on entend bien une dénonciation du « système », tout cela reste très vague. Le catastrophisme est partout, la fin du monde est proche mais l’analyse des causes reste légère. La non-violence est mise au service du mouvement Extinction-Rébellion qui doit durer pour prodiguer la bonne parole. On se trouve face à un discours presque religieux et millénariste, accompagné d’une liste d’exemples de problèmes environnementaux. Mais sans action politique visant directement les industries à l’origine de ces dégradations. Extinction Rébellion en appelle aux gouvernements, aux scientifiques, à l’arrêt de la destruction, à la réduction immédiate de la consommation, à former des assemblées citoyennes…
     
    Les entendra-t-on appeler au boycott des 100 entreprises les plus polluantes de la planète ? A la redistribution des 100 plus grandes fortunes ? A la disparition de l’actionnariat et de la course au profit qu’il génère ? Lorsqu’on sait que les 26 plus grandes fortunes[4] possèdent autant que la moitié des plus pauvres de la planète, il pourrait être tentant de ne s’en prendre qu’à… 26 fortunés !
     
    Diabolisation
    Il est intéressant de noter que les médias s’empressent de diaboliser toutes les tentatives de boycotts. La sortie du capitalisme n’est pas encore à l’ordre du jour, même si de plus en plus d’experts[5] se prononcent pour cette solution qui semble incontournable. Le communisme est également visé par la diabolisation. On ne sait jamais, si certains proposaient aux peuples de reprendre en main les usines, de mettre fin à l’actionnariat et de nationaliser la production d’énergie…
     
    Les grandes entreprises et surtout leurs actionnaires ont tout intérêt à ce qu’on reste dans l’appel aux politiques plutôt que dans l’analyse des causes. Et surtout dans la non-violence. Les gilets jaunes ont dû réellement faire très peur aux puissants et la casse coûte cher. Y compris quand il est question de la répression et de l’image qu’elle renvoie de nos gouvernements. Alors maintenant qu’il s’agit du climat, il faudra canaliser les rebellions. Tout changer pour que rien ne change, polluer moins pour pouvoir polluer plus longtemps.
     
    Reprendre le contrôle
    C’est d’une autre organisation des moyens de production dont nous avons besoin. Où, démocratiquement, nous pourrions contrôler directement ce qui se fait et comment organiser la vie sur notre planète pour le bien de tous. Il faudra arrêter la course au profit et redistribuer les richesses, mais aussi mieux partager les savoirs et les expertises, éduquer aux changements, bousculer les habitudes…
     
    Comment pourrons-nous arriver à un tel résultat ?

    C’est à cela que nous devrons travailler.
     

     
    Notes :
    [1] https://www.youtube.com/watch?v=llNFIuIMPhw


    [2] https://www.youtube.com/watch?v=BrcBYWC4B9M
     
    [3] http://www.entelekheia.fr/2019/10/11/extinction-rebellion-dispense-une-formation-concue-pour-contourner-les-o
    [4] Rapport Oxfam
    [5] Naomi Klein, Thomas Piketti (pour un socialisme participatif), Hervé Kempf, Olivier Bonfond, Géraldine Thiry…

    #extinction_rebellion #Greta_Thunberg #résistance #climat #xr #catastrophe #gilets_jaunes #changement_climatique #politique #écologie #désobéissance #COP #greenwashing #climatosceptiques #boycott
    #gaz #pétrole #charbon #eau en bouteille #armes #voitures #avions #informatique #vêtements #nourriture industrielle #transports

  • A côté de l’apparente unité des cortèges pour le climat, Greta Thunberg est l’objet de très violentes disputes dans toutes les couches de la société. On peut se demander si cette discorde générale n’augure pas d’un réchauffement social global plus dangereux que celui du climat. Je cherche ici une explication froide de ce phénomène et une manière de le désamorcer. Pour cela, Je m’appuie sur une grille d’analyse empruntée aux sciences cognitives développée dans mon dernier livre « Anoptikon, une exploration de l’internet invisible : échapper à la main de Darwin ».
    https://www.lemondemoderne.media/greta-bombe-cognitive
    #Anoptikon #GretaThunberg

  • #Martin_Dufresne et #Suzanne_Dufresne : « CASSE-TOI, CASSANDRE! »
    http://tradfem.wordpress.com/2019/10/02/casse-toi-cassandre

    Une jeune dramaturge canadienne, Elena Belyea, a récemment signé et interprété une pièce en un acte qui traite d’une foule de sujets d’actualité : la généralisation d’une violence masculine à l’égard des femmes et enfants, la dégénérescence d’une société où des enfants doivent être prêtes à défendre leur vie à l’école, le sentiment d’impuissance, l’hostilité du pouvoir à l’égard des lanceuses d’alerte qui refusent ces situations, et les émotions qui en résultent.

    Deux d’entre nous avons vu cette pièce à Montréal, au moment d’une immense manifestation guidée par la jeune féministe suédoise Greta Thunberg, et nous avons rédigé cette recension à quatre-z-yeux, avant que la poussière ne retombe.

    #Greta_Thunberg #mobilisation #urgence_climatique

  • #Greta_Thunberg répond à ses détracteurs
    http://tradfem.wordpress.com/2019/09/27/greta-thunberg-repond-a-ses-detracteurs

    J’ai vu récemment beaucoup de rumeurs circuler à mon sujet, ainsi que d’énormes quantités de haine. Ce n’est pas une surprise pour moi. Je sais que comme la plupart des gens ne sont pas conscients de la pleine signification de la crise climatique (ce qui est compréhensible puisqu’elle n’a jamais été traitée comme une crise), une grève scolaire pour le climat peut généralement sembler très étrange aux gens.

    Permettez-moi donc de clarifier certaines choses au sujet de ma grève scolaire.

    En mai 2018, j’ai été l’une des lauréates d’un concours de rédaction sur l’environnement organisé par Svenska Dagbladet, un journal suédois. J’ai soumis mon article pour publicaton et certaines personnes m’ont contactée, entre autres Bo Thorén de l’organisation Fossil Free Dalsland (Dalie sans Carburants Fossiles). Thorén animait une sorte de groupe avec des gens, surtout des jeunes, qui voulaient faire quelque chose au sujet de la crise climatique.

    J’ai eu quelques réunions téléphoniques avec d’autres militantes. Nous avions pour but de trouver des idées de nouveaux projets pour attirer l’attention sur la crise climatique. Bo avait quelques idées de ce qu’on pourrait faire. Cela allait de défilés jusqu’à l’idée vague d’une sorte de grève scolaire (que les élèves fassent quelque chose dans les cours d’école ou dans les salles de classe). Cette idée nous était venue des Parkland Students, des écolières et écoliers qui avaient refusé de retourner à l’école après la fusillade dans leur école.

    J’aimais l’idée d’une grève scolaire. Je l’ai donc développée et ai essayé d’amener les autres jeunes à se joindre à moi, mais personne n’était vraiment intéressé. Ils et elles pensaient qu’une version suédoise de la Marche mondiale pour le climat aurait un impact plus important. J’ai donc continué à planifier la grève scolaire toute seule et, après cela, je n’ai plus participé à d’autres réunions.

    Quand j’ai parlé de mes projets à mes parents, ils n’ont pas beaucoup aimé cela. Ils n’étaient pas favorables à l’idée d’une grève dans les écoles et m’ont dit que si je l’organisais, je devrais le faire entièrement seule, sans soutien de leur part.

    Traduction : #Tradfem
    #écologie #urgence_climatique #remettre_les_pendules_à_l'heure #vieux_réac_agiste

  • Greta Thunberg attaque la France et quatre autres pays pour inaction climatique | Le Huffington Post
    https://www.huffingtonpost.fr/entry/greta-thunberg-attaque-la-france-et-quatre-autres-pays-pour-son-inact

    #CLIMAT - “Défiler tous les #vendredis pour dire que la planète brûle, c’est sympathique, mais ce n’est pas le problème...” Visiblement, #Greta_Thunberg a écouté Emmanuel Macron et décidé de passer à la vitesse supérieure. Seize jeunes, dont la militante suédoise, ont annoncé ce lundi 23 septembre une nouvelle offensive, sur le terrain juridique cette fois, en dénonçant l’#inaction des dirigeants comme une atteinte à la convention de l’#ONU sur les droits de l’enfant.[...]

    Pratiquement, cette plainte inédite déposée par 16 jeunes, âgés de 8 à 17 ans et venus de 12 pays, avec l’aide du cabinet international d’avocats Hausfeld et la bénédiction de l’Unicef, vise cinq pays pollueurs - #France, #Allemagne, #Argentine, #Brésil et #Turquie.

    Elle s’inscrit dans le cadre d’un “#protocole_optionnel” méconnu de la convention : il autorise depuis 2014 des enfants à porter #plainte devant le comité des droits de l’enfant de l’ONU, s’ils estiment que leurs #droits sont bafoués.

    Le comité est censé enquêter sur les violations présumées, puis faire des recommandations aux Etats visés pour y mettre fin. Les recommandations ne sont pas contraignantes, mais les 44 pays ayant ratifié ce protocole s’engagent en principe à les respecter, a expliqué Michael Hausfeld, qui espère que des recommandations seront faites dans les 12 mois qui viennent.

    • Climat : le gouvernement totalement mobilisé contre… Greta Thunberg - Libération
      https://www.liberation.fr/politiques/2019/09/24/climat-le-gouvernement-totalement-mobilise-contre-greta-thunberg_1753217


      Captures d’écran France Inter, BFMTV, CNEWS.

      Vexés. Emmanuel Macron et sa majorité semblent prendre bien mal l’action juridique intentée par 16 jeunes, dont l’iconique Greta Thunberg, contre cinq pays – dont la France – pour inaction climatique. La jeune suédoise avait pourtant été invitée à l’Elysée, et mise en valeur, en février. Mais ça, c’était avant qu’elle s’en prenne au pays où a été signée la COP21 – et dont la France n’est pas vraiment la meilleure élève. Au point de devenir soudain, dans la bouche d’Emmanuel Macron au micro d’Europe 1 depuis New York, quelqu’un aux « positions très radicales qui antagonise nos sociétés ».

      Message reçu 5 sur 5 par le gouvernement. Qui répète en stéréo ce mardi matin que la France ne mérite pas ce traitement beaucoup trop injuste. « C’est le premier gouvernement européen à avoir annoncé la fermeture des centrales à charbon », évacue Agnès Buzyn sur CNews. Puis la ministre de la Santé, irritée, insiste : « Nous sommes les premiers à dénoncer les accords commerciaux lorsqu’un pays avec lequel on doit signer un accord ne tient pas compte de l’accord de Paris sur le climat. Donc c’est un gouvernement qui agit, le président de la République est totalement engagé sur ces questions écologiques depuis le début. Je trouve fort de café que la France soit attaquée pour son inaction climatique et pas les plus gros pollueurs alors que la France est un pays qui émet assez peu de CO2. » Et de conclure, en mode complotiste : « Je me demande ce qui est derrière cette attaque. »

      Second Calimero de l’exécutif à s’exprimer, Brune Poirson. Sur France Inter, la secrétaire d’Etat à la transition énergétique attaque : « C’est important d’avoir des personnes qui éveillent les consciences. Quelles sont les solutions qu’elle met sur la table ? Je ne sais pas. On ne peut pas mobiliser avec du désespoir, presque de la haine. […] La France est moteur. Nous sommes moteur. Nous entraînons les autres pays. » Vraiment trop injuste donc.

      Et qu’en pense Jean-Michel Blanquer, qui craint que cette menace climatique ne crée « une génération de déprimés » ? « Il faut dépasser le stade du cri. La France est un de ceux qui en font le plus. Ça ne sert à rien de tirer sur une locomotive », balance dans une punchline le ministre de l’Education nationale qui « en a assez des discours d’angoisse ». Avant d’ajouter, pour qu’on comprenne bien à quel point la lanceuse d’alerte écolo se fourvoie et comment la France est au top du top dans la lutte contre le dérèglement climatique (ce qui reste à prouver) : « La France en fait énormément à l’ONU, au G7. […] Ça ne sert à rien d’attaquer la France car si un pays se bat pour ce sujet, c’est bien la France. »

      En somme, Greta Thunberg devrait plutôt aller manifester en Pologne, ce méchant pays accusé par Emmanuel Macron d’empêcher la France et l’Europe d’avancer sur l’écologie.

      (Extrait de Chez Pol, notre newsletter politique quotidienne réservée à nos abonnés)

  • Climate activist Greta Thunberg just brilliantly trolled Trump after he attacked her on Twitter – Alternet.org
    https://www.alternet.org/2019/09/climate-activist-greta-thunberg-just-brilliantly-trolled-trump-after-he-at

    Comment Greta Thunberg a retourné Trump comme une crêpe en utilisant sa formule pour définir son profil Twitter.

    Addressing the United Nations General Assembly during the Climate Action Summit on Monday, Greta Thunberg — a 16-year-old activist from Sweden — passionately urged world leaks to step up their battle against climate change. Thunberg’s comments set off a Twitter war, with climate change deniers and supporters of President Donald Trump attacking or mocking her while others praised her. And New York Times journalist Astead W. Herndon tweeted a warning for some of Thunberg’s critics: be careful when picking Internet fights with the youth.

    Attacks on Thunberg from climate change deniers have ranged from angry to dismissive. Far-right media wingnut Michael Knowles described Thunberg as “mentally ill” during an appearance on Fox News, and Trump sarcastically tweeted that Thunberg “seems like a very happy young girl looking forward to a bright and wonderful future. So nice to see!” And Thunberg trolled the president on Twitter with some sarcasm of her own, describing herself as “a very happy young girl looking forward to a bright and wonderful future.”

    Herndon, in response, tweeted, “Getting in social media fights with the youths is a dangerous game. The whole Internet is their home court advantage.”

    #Médias_sociaux #Activisme #Donald_Trump #Greta_Thunberg

  • #Greta_Thunberg : Si les dirigeants du monde choisissent de nous abandonner, ma génération ne leur pardonnera jamais.
    https://tradfem.wordpress.com/2019/09/24/si-les-dirigeants-du-monde-choisissent-de-nous-abandonner-ma-gene

    Vous dites que vous nous « entendez » et que vous comprenez l’urgence. Mais peu importe à quel point je suis triste et en colère, je ne veux pas vous croire. Parce que si vous compreniez entièrement la situation et que vous continuiez à ne pas agir, alors vous seriez méchants. Et cela, je refuse de le croire.

    L’idée populaire de réduire nos émissions de moitié en 10 ans ne nous donne que 50% de chances de demeurer en dessous d’un réchauffement de 1,5°C, et du risque de déclencher des réactions en chaîne irréversibles hors du contrôle humain.

    Vous trouvez peut-être acceptable ce pourcentage de 50%. Mais ces chiffres n’incluent pas les points de basculement, la plupart des boucles de rétroaction, le réchauffement additionnel masqué par la pollution atmosphérique toxique ou les enjeux de justice et d’équité. Ces chiffres comptent aussi sur ma génération et celle de mes enfants pour aspirer hors de l’atmosphère des centaines de milliards de tonnes de votre CO2 avec des technologies qui existent à peine. Voilà pourquoi un risque de 50 % n’est tout simplement pas acceptable pour nous – nous qui devons vivre avec ses conséquences.

    Traduction : #Tradfem
    Version originale : https://www.youtube.com/watch?v=TMrtLsQbaok


    #urgence_climatique

  • If world leaders choose to fail us, my generation will never forgive them

    We are in the middle of a climate breakdown, and all they can talk about is money and fairytales of eternal economic growth.

    This is all wrong. I shouldn’t be standing here. I should be back in school on the other side of the ocean. Yet you all come to me for hope? How dare you! You have stolen my dreams and my childhood with your empty words. And yet I’m one of the lucky ones. People are suffering. People are dying. Entire ecosystems are collapsing. We are in the beginning of a mass extinction. And all you can talk about is money and fairytales of eternal economic growth. How dare you!

    For more than 30 years the science has been crystal clear. How dare you continue to look away, and come here saying that you are doing enough, when the politics and solutions needed are still nowhere in sight.

    You say you “hear” us and that you understand the urgency. But no matter how sad and angry I am, I don’t want to believe that. Because if you fully understood the situation and still kept on failing to act, then you would be evil. And I refuse to believe that.

    The popular idea of cutting our emissions in half in 10 years only gives us a 50% chance of staying below 1.5C degrees, and the risk of setting off irreversible chain reactions beyond human control.

    Maybe 50% is acceptable to you. But those numbers don’t include tipping points, most feedback loops, additional warming hidden by toxic air pollution or the aspects of justice and equity. They also rely on my and my children’s generation sucking hundreds of billions of tonnes of your CO2 out of the air with technologies that barely exist. So a 50% risk is simply not acceptable to us – we who have to live with the consequences.

    To have a 67% chance of staying below a 1.5C global temperature rise – the best odds given by the Intergovernmental Panel on Climate Change – the world had 420 gigatonnes of carbon dioxide left to emit back on 1 January 2018. Today that figure is already down to less than 350 gigatonnes. How dare you pretend that this can be solved with business-as-usual and some technical solutions. With today’s emissions levels, that remaining CO2 budget will be entirely gone in less than eight and a half years.

    There will not be any solutions or plans presented in line with these figures today. Because these numbers are too uncomfortable. And you are still not mature enough to tell it like it is.

    You are failing us. But the young people are starting to understand your betrayal. The eyes of all future generations are upon you. And if you choose to fail us I say we will never forgive you. We will not let you get away with this. Right here, right now is where we draw the line. The world is waking up. And change is coming, whether you like it or not.

    https://www.theguardian.com/commentisfree/2019/sep/23/world-leaders-generation-climate-breakdown-greta-thunberg
    #Greta_Thunberg #climat #jeunesse #résistance #croissance #croissance_économique #espoir #discours #collapsologie #effondrement #nouvelle_génération #accusation #responsabilité #technicisme #action

    ping @reka

    • Environnement.À l’ONU, Greta Thunberg s’en prend aux leaders du monde

      Conviée à New York pour s’exprimer lors d’un sommet spécial des Nations unies sur la question du climat, la jeune activiste suédoise s’est lancée dans une allocution enflammée.

      Les paroles utilisées sont fortes et l’image qui les accompagne est tout aussi poignante. Lundi 23 septembre, lors du sommet sur l’urgence climatique organisée par les Nations unies, Greta Thunberg s’est attaquée une nouvelle fois aux leaders du monde, coupables de ne pas en faire suffisamment face aux bouleversements climatiques en cours.

      Je ne devrais pas être là, je devrais être à l’école, de l’autre côté de l’océan. […] Comment osez-vous ? Vous avez volé mes rêves et mon enfance avec vos paroles creuses. Les gens souffrent, les gens meurent. Des écosystèmes entiers s’effondrent, nous sommes au début d’une extinction de masse et tout ce dont vous pouvez parler, c’est de l’argent. Comment osez-vous ? Comment osez-vous regarder ailleurs et venir ici en prétendant que vous en faites assez ? […] Vous dites que vous nous entendez et que vous comprenez l’urgence, mais je ne veux pas le croire.”

      La jeune Suédoise a prononcé ces phrases le visage rempli d’émotion et presque en larmes, comme on peut le voir sur les images de cette vidéo relayée par le quotidien britannique The Guardian :

      https://www.youtube.com/watch?v=TMrtLsQbaok

      Hier, le 22 septembre, la veille de cette allocution de Greta Thunberg aux Nations unies, le journal suédois Svenska Dagbladet avait également épinglé le comportement des responsables de la planète en faisant aussi référence aux nombreuses manifestations pour le climat organisées par des jeunes activistes ces deux derniers jours.

      “Pour les hommes politiques et les entreprises, cela a une grande valeur en matière de relations publiques d’être associés à des jeunes représentant l’espoir pour l’avenir […], mais il y a quelque chose dans les cris de soutien joyeux qui néglige le sérieux du message de ces jeunes”, pointe le journal qui ajoute :

      “Les adultes utilisent des clichés quand ils parlent de la prochaine génération […]. Mais ils deviennent rarement sérieux et ne mènent pas de dialogue réel avec ceux qui, un jour, prendront le relais. Seuls ceux qui ont vraiment le pouvoir peuvent décider du monde qu’ils laissent derrière eux.”

      https://www.courrierinternational.com/article/environnement-lonu-greta-thunberg-sen-prend-aux-leaders-du-mo

      #this_is_all_wrong

    • Women and non-binary people of colour on what the Global Climate Strike means to them

      Today, millions of people across the world mobilised for the Global Climate Strike, calling on their governments to start enacting solutions to climate breakdown.

      Here in the UK, the environmental movement has a whiteness problem. People of colour will be the first to be affected by climate change, but they’re the voices we seem to hear from the least on this matter. The face of the climate movement has seemingly become the white middle-class because they have the privilege of being able to take time off work for these protests, the money to significantly change their lifestyles to be more eco-friendly and the security of being able to trust the police.

      With that in mind, I headed out to Westminster to join the protests and talk to women and non-binary people of colour about why they came out today and what organisers could be doing to better include people colour.


      https://gal-dem.com/women-and-non-binary-people-of-colour-on-what-the-global-climate-strike-mea

    • On environmentalism, whiteness and activist superstars

      After a powerful and emotional speech at the climate summit in New York, climate activist Greta Thunberg’s profile is bigger than ever, as if that were even possible. Founder of the school strike movement, it feels that Greta has played a huge part in galvanising an incredibly cohesive and urgent movement for climate justice in the short period of one year. I am also personally a huge admirer of hers, and am particularly heartened by the way she has discussed disability in the spotlight. But in the past few days, I’ve seen a number of people, notably artist and activist Bree Newsome Bass, discussing Greta’s whiteness in relation to size of her platform.

      In some ways this is an important point – activists of colour like Mari Copeny a.k.a. Little Miss Flint, who has been raising awareness and funds for the water crisis since she was eight, have received far less attention for their activism. But I’m less interested in this criticism levelled towards Greta as a person – she is a 16-year-old, autistic girl who has endured a lot of ableism and misogyny in her time in the public eye. Instead, I think it’s important that we think about the structures that consistently centre whiteness, and white individuals, both within coverage of the climate crisis and outside of it. It is this that speaks to a larger problem of white supremacy and an obsession with individuals in the media.

      We know that under white supremacism, both the media and its audiences disproportionately spotlight and uplift whiteness. And as we saw most recently in criticisms of Extinction Rebellion, the climate justice movement certainly isn’t exempt from reducing people of colour to an afterthought. This feels all the more frustrating when the issue of climate justice disproportionately affects indigenous communities and people of colour, and has rightly led many people of colour to ask: will white people only pay attention to the climate catastrophe when it’s other white people delivering the message? This doesn’t mean we should pay less attention towards Greta on the basis of her whiteness, but instead we should criticise the white supremacist climate that means that activists like Mari Copeny get sidelined.

      “The media prefers individual ‘star’ activists to faceless movements. But this complicates representation”

      Part of this problem also lies in the issue of fame in and of itself. To a certain extent, we buy into the cult of the individual when we inject 16-year-old activists into the realm of celebrity, when they really came to tell us to take action. The media prefers individual “star” activists to faceless movements. But this complicates representation – it’s impossible for one person to truly represent everyone. Equally, when we suggest swapping out one activist for another (e.g. swapping a white autistic woman for say, a black neurotypical man), we buy into a mindset that insists there is only space for one person to speak.

      This focus on the individual is evident in conversations around Greta’s work; each time she makes a speech, pens an article or crafts a viral Instagram post, it feels as though around 50% of the aftermath involves discussion of the climate issues she’s talking about – while the other 50% is usually about Greta herself. This is also why the pressure and criticism directed towards her sometimes feels unfair – it’s worth considering that Greta didn’t ask to be a celebrity, we made her into one. We can address and deconstruct this problem by thinking beyond individuals – and also talking about movements, community groups and even our most abstract modes of thinking about the climate crisis (particularly with regards to decolonisation). This will naturally involve making much-needed space for the voices of people of colour. Although we may always seek leaders and figureheads for movements, an obsession with star power can only take us so far.

      The first and most obvious thing we should do is to remain aware of the ways in which the media, and viewers who participate in it, centre whiteness. Then we should resist it. This doesn’t mean attacking white activists who are doing good work, but instead spotlighting and uplifting activists of colour whose messages equally need to be heard. A good place to start would be reading and listening to the words of Artemisa Xakriabá, Helena Gualinga, Mari Copeny and Isra Hirsi. When we bring focus towards activists of colour, we prove that activism isn’t a project that has only limited space for a certain number of voices. It reduces the amount of misogynistic and ableist abuse that young activists like Greta face, whilst in turn tackling the issue of putting whiteness on a pedestal. Importantly, this goes hand-in-hand with pushing against the media’s constant need to position individual people as the monolithic faces of particular movements. Signal-boosting groups like Black Lives Matter, Wretched of the Earth, Indigenous Environmental Network, Grassroots Global Justice Alliance and Climate Justice Alliance also emphasises the importance of collective work. After all – the issue of the climate operates along so many axes of oppression, including racism, misogyny, ableism and class – so we need more marginalised voices than ever involved in the conversation.

      http://gal-dem.com/on-individualism-whiteness-and-activist-superstars

      #blancs #noirs #activisme #activisme_climatique

    • La haine contre Greta : voici ceux, avec nom et adresse, qui la financent !

      Il est généralement accepté que les vainqueurs des élections européennes du 26 mai ont été l’extrême droite et les Verts. Et il est aussi généralement accepté qu’aux succès des Verts ont contribué grandement les mobilisations sans précédent d’une jeunesse s’inspirant de la combativité et des thèses radicales de la jeune suédoise Greta Thunberg. En conséquence, il n’est pas surprenant que cette extrême droite choisisse d’attaquer ce qu’elle appelle « le mythe du changement climatique » et surtout, cible de plus en plus son attaque sur la personne de cette Greta Thunberg qui galvanise la jeunesse en Europe et au-delà !

      À la tête de la campagne contre Greta, ponctuée de centaines de textes et de photomontages souvent très vulgaires, il y a trois des plus importants partis européens d’extrême droite : Le Rassemblement National français, le #AFD allemand et l’#UKIP britannique. Et derrière ces partis d’extrême droite et de leur campagne abjecte, deux think-tanks climato-sceptiques conservateurs, le #EIKE (Institut Européen pour le Climat et l’Énergie) et le #CFACT-Europe (Comité pour un Lendemain Créatif), lesquels soutiennent de manière multiforme, et pas seulement avec des « arguments » et des conférences, la négation de la catastrophe climatique par l’extrême droite.

      L’Institut #EIKE, de la bouche de son vice-président, nie évidemment d’avoir le moindre rapport avec AFD, bien que ce vice-président du nom de #Michael_Limburg ait été récemment candidat de ce même... AFD ! Il faut dire que EIKE qui, ensemble avec AFD, a pu organiser des journées climato-sceptique même... à l’intérieur du Parlement allemand, est sorti de l’anonymat grâce à la conférence annuelle qu’il organise depuis des années avec un certain succès, puisqu’elle a pu influencer l’attitude de l’Union européenne au sujet du changement climatique. Cependant, c’est exactement cette conférence annuelle de EIKE qui est coorganisée par deux organisations américaines : Le CFACT-US, lequel finance évidemment sa filiale européenne du même nom. Et surtout, l’#Institut_Heartland, lequel, selon The Economist, « est le think-tank mondialement le plus connu parmi ceux qui défendent le scepticisme au sujet du changement climatique dû à l’homme ».

      C’est exactement à ce moment que les enquêtes et les révélations du Institute of Strategic Dialogue (ISD) britannique et de Greenpeace acquièrent une énorme importance politique car elles mettent en lumière les forces économiques qui sont derrière ceux qui nient la catastrophe climatique, mais aussi derrière le « phénomène » d’une extrême droite européenne (et mondiale) qui monte en flèche. En effet, tant CFACT-US que l’Institut Heartland sont financés plus que généreusement par le très grand capital américain, par #ExxonMobil, la famille #Koch, deuxième plus riche famille nord-américaine qui domine – entre autres – dans le secteur du pétrole, la famille #Mercer qui est aussi un des principaux financeurs du président #Trump, ou même #Microsoft et #RJR_Tobacco ! Il faut noter que Heartland a des antécédents en tant que serviteur des visées inavouables du grand capital, puisqu’il fut jadis l’agent principal de la propagande des géants du tabac qui niaient le rapport existant entre le tabagisme et le cancer. Ce n’est pas donc surprenant qu’à cette époque son principal financeur fut... #Philip_Morris... [1]

      Mais, il ne faut pas croire que l’Institut Heartland est un simple “outil” indolore et incolore dépourvu de ses propres thèses et actions. De ce point de vue, le CV de son nouveau président #Tim_Huelskamp est très éloquent et didactique. Dirigeant du très conservateur #Tea_Party, #Huelskamp s’est distingué comme député (qu’il a été jusqu’à 2017) de l’aile la plus réactionnaire des Républicains et a toujours entretenu des liens étroits avec l’extrême droite américaine. Il est aussi à noter que de tous les députés américains, c’est lui qui, pendant très longtemps, a reçu les plus grandes sommes d’argent de la part des compagnies de combustibles fossiles, et qu’il les a « remerciés » en votant toujours contre toute tentative de légiférer contre leurs intérêts...

      Grâce à un document interne de Heartland, qui a fuité, on a pu apprendre – et en détail – non seulement l’étendue de son financement par le très grand capital (plusieurs millions de dollars), mais aussi l’ « investissement » de ces sommes dans un large éventail d’activités qui vont du paiement des « salaires » à des bloggeurs qui influencent l’opinion publique et des « scientifiques » qui parcourent le monde niant la catastrophe climatique, à l’écriture et la publication du matériel propagandiste qui cible les écoles et leurs élèves. Par exemple, le groupe de « scientifiques » chargé de « contredire » les conclusions des travaux du Groupe d’Experts Intergouvernemental... coûte 300 000 dollars par an, tandis que la propagation de la thèse qui veut que « la question du changement climatique soit controversée et incertaine »... dans les écoles primaires leur coûte 100 000 dollars !

      Nous voici donc devant la révélation d’une réalité qui jette quelque lumière sur quelques-uns des grands « mystères » de notre époque. Tout d’abord, l’extrême droite européenne ou tout au moins quelques-uns de ses poids lourds, entretiennent des liens étroits – s’ils ne sont pas dépendants – avec un centre/état-major politique et économique qui se trouve aux États-Unis, et plus précisément à la Maison Blanche et aux financeurs et autres soutiens du président Trump [2] ! Ensuite, ce n’est pas aussi un hasard que cette « internationale brune » semble être arrivée à la conclusion que la question de la catastrophe climatique et plus précisément, le – plus en plus ample et radical – mouvement de jeunes qui luttent contre elle représentent la plus grande menace pour ses intérêts et pour la domination du système capitaliste dans les années à venir. Et enfin, ce n’est pas également un hasard si cette « internationale brune » et plus précisément sa « section » européenne concentrent aujourd’hui en toute priorité leur attaques sur la personne de Greta Thunberg, l’incontestable égérie, théoricienne et en même temps coordinatrice des mobilisations de jeunes presque partout en Europe et au-delà.

      Voici donc comment se présente actuellement le rapport de l’extrême droite avec le grand capital. Non pas de façon abstraite et dogmatique, mais concrètement, avec des financeurs et financés qui ont non seulement nom et adresse, mais aussi des intérêts tangibles et des « causes » à servir. Cependant, tout ce beau monde ne fait que son boulot. Si la gauche faisait le sien, la situation serait bien différente…

      http://www.cadtm.org/La-haine-contre-Greta-voici-ceux-avec-nom-et-adresse-qui-la-financent

    • Dans cette page 108, vous trouverez le budget carbone qui reste à notre disposition. Le rapport dit que si nous voulons avoir 67% de chances de limiter l’augmentation des températures en-dessous d’1,5°C, nous avions, le 1er janvier 2018, 420 gigatonnes de CO2 qui restaient dans notre budget. Et bien entendu ce chiffre est bien inférieur aujourd’hui. Nos émissions s’élèvent à environ 42 gigatonnes de CO2 chaque année. Au niveau d’émissions que nous connaissons aujourd’hui, ce budget qui nous reste sera complètement épuisé d’ici huit ans et demi.

      pour avoir 67% de chances, c’est à dire 2 chances sur 3, de limiter le réchauffement climatique à + 1,5°C, on estimait en janvier 2018 qu’il nous restait 420 milliards de tonnes d’émissions à consommer.

      si on continue de dépenser le CO2 au rythme actuel (42 milliards de tonnes par an), il ne nous reste qu’une petite décennie avant que ces 420 milliards de tonnes ne soient dépensés.

      On l’ajoute à la troisième compilation :
      https://seenthis.net/messages/680147

      #effondrement #collapsologie #catastrophe #fin_du_monde #it_has_begun #Anthropocène #capitalocène

  • Le summum de la haine misogyne et handiphobe a été atteint mardi 23 juillet par Michel Onfray

    Gare à Greta ! Réaction de l’AFFA à l’article de Michel Onfray - AFFA - Association Francophone de Femmes Autistes
    https://femmesautistesfrancophones.com/2019/07/25/gare-a-greta-reaction-de-laffa-a-larticle-de-michel-onfr

    Que l’on soit militant de la cause écologiste, climatosceptique ou encore indifférent à tout cela, en vacances, au travail, sous la canicule ou non (mais il est difficile de lui échapper cette année), nul n’ignore plus aujourd’hui ni le nom ni le visage de #Greta_Thunberg. À elle aussi, il est difficile d’échapper tant le battage médiatique autour de sa personne est intense.

    Greta ne dit rien que de connu, pourtant Greta dérange. Les réactions qu’elle suscite sont même de plus en plus violentes : son discours à l’Assemblée, mardi 23 juillet, a encore été l’occasion de déchaînements virulents.

    Le summum de la haine misogyne et handiphobe a été atteint mardi 23 juillet par Michel Onfray, auto-proclamé philosophe, à qui revient donc la palme du sordide tant sa plume trempe dans la boue de ses fantasmes libidinaux, poursuit le vieux sillon de la haine des femmes et témoigne du mépris des personnes autistes en général – avec, en prime, une touche de dédain généralisé pour la jeunesse (à lire ici mais on peut aussi fortement s’abstenir).

    #climat