• Progetto Zinco Gorno

    La vidéo commence avec la voix-off d’un vieux monsieur (#Sergio_Fezzioli, ex mineur), qui dit comment c’était beau quand la minière était ouverte. Et que depuis qu’elle est fermée, il n’y a maintenant qu’un « silence profond ».
    « J’ai beaucoup cru dans la minière », dit-il, et il ne pensait pas qu’un jour ils allaient les ré-ouvrir...

    Le maire de Oltre il Colle, Valerio Carrara, dit que la municipalité est née « sur les minières », jusqu’à il y a 30-40 où elles fonctionnaient encore « parfaitement ». A l’époque, Oltre il Colle avait environ 2000 habitants, puis depuis la fermeture des mines (1984), la commune a connu un dépeuplement.

    #Giampiero_Calegari, maire de Gorno :


    Il explique que Gorno est jumelée (depuis 2003) avec la commune de #Kalgoorlie (#Kalgoorlie-Boulder), en #Australie, ville minière :
    https://fr.wikipedia.org/wiki/Kalgoorlie

    Le jumelage a été fait car par le passé beaucoup d’habitants du Gorno ont émigré en Australie pour travailler dans les minières d’or.
    Le maire dit que quand ils ont été en Australie pour le jumelage, en 2003, « nous ne pensions pas à ce futur industriel à Gorno ». « Cela semble un signe du destin que nous sommes allés en Australie pour se souvenir de nos mineurs qui ont travaillé dans les minière d’or et maintenant l’Australie vient à Gorno pour faire quelque chose d’intéressant », dit le maire. « Nous avons le passé, le présent et le futur. Pour le futur nous avions un gros point d’interrogation et aujourd’hui on essaie d’interpréter ce point d’interrogation, de le transformer en une proposition. Nous sommes convaincus que ça apportera des bénéfices à notre petite commune ».

    Selon le maire de Oltre il Colle, la population a perçu le projet de manière positive, car depuis 2 ans qu’ils sont en train de préparer la réouverture des mines « ils ont apporté des retombées économiques importantes »

    #Marcello_de_Angelis, #Energia_Minerals_Italia


    de Angelis dit que Energia Minerals ont été « complètement adoptés par les gens du lieu », car ils sont « très très cordiaux » et car « ils voient les possibilités de développement de ces vallées ».
    A Gorno « on fait quelque chose qui est très compatible avec l’#environnement ». Il vante des technologies « éco-compatibles ».

    Le directeur des « opérations », l’ingénieur #Graeme_Collins


    Collins explique qu’il est difficile de trouver des collaborateurs italiens, car cela fait longtemps que les minières ont été fermées en Italie. Et que pour l’heure ils comptent sur du personnel qui vient notamment d’Angleterre et d’Allemagne, mais que dans le futur c’est leur intention de « monter une opération qui sera gérée totalement par du personnel italien ».

    #Simone_Zanin :

    Le maire de Oltre il Colle explique comment la rencontre avec tous (il souligne le « tous ») les dirigeants de Energia Minerals a été positive : des gens très sérieux, très déterminés, très pragmatiques. « Ils sont entrés en syntonie avec notre manière de vivre ». Et l’administration a vu immédiatement les potentialités : les places de travail.

    https://vimeo.com/202730506

    La vidéo existe aussi en anglais :
    https://vimeo.com/202722268

    #Oltre_il_Colle #mines #extractivisme #Italie #Alpes #montagne #Gorno #zinc #Valerio_Carrara #Lombardie #histoire #tradition #Energia_Minerals #Zorzone #technologie #impact_environnemental #plomb

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  • Oltre il Colle, stop all’estrazione di zinco dalle miniere: “Lavorazione a #Zorzone non era prevista”

    Il sindaco Astori: «Vogliamo analizzare con calma e ponderazione pro e contro di questa variante». Venerdì nuovo consiglio straordinario, dove ci saranno anche i vertici della società #Energia_Minerals

    Un “no” per certi versi inatteso, che potrebbe mettere in discussione un progetto che da circa 10 anni la società italo-australiana Energia Minerals porta avanti nelle miniere di #Oltre_il_Colle, chiuse dal 1982.

    Il Comune guidato dal sindaco #Giuseppe_Astori ha infatti rimbalzato la richiesta di rinnovo della concessione mineraria finalizzata all’estrazione della #blenda, materia prima dalla quale, una volta lavorata, si ottiene lo zinco: troppo breve il tempo a disposizione per poter valutare l’ampia documentazione composta da migliaia di pagine arrivata in municipio a inizio dicembre, con l’inevitabile risultato di inviare parere negativo al Ministero della Transizione ecologica.

    Per gli studi, i sondaggi, le prove in loco, la riattivazione del sito minerario Energia Minerals ha già investito oltre 16 milioni di euro per un progetto che complessivamente prevede stanziamenti per 350 milioni e la creazione di 250 posti di lavoro.

    Progetto che, però, ha avuto una variazione rispetto a quanto preventivato anni fa: le 7 milioni di tonnellate che la società pensa di poter estrarre nel giro di 10 anni originariamente avrebbero dovuto essere lavorate nell’ex laveria di Riso di Gorno, mentre nei documenti arrivati in Comune si parla dei capannoni dell’ex Serbaplast di Zorzone di Oltre il Colle.

    Una modifica che ha fatto scattare il campanello d’allarme all’interno della giunta del sindaco Astori, che prima di dare il proprio benestare avrebbe voluto valutare con maggiore attenzione tutti gli aspetti di tale scelta, in ottica ambientale e di salute in primis.

    Ma lo stop al progetto ha suscitato reazioni immediate anche nei vicini di casa di Oneta.

    A sollevare la questione, in particolare, è stato Alex Airoldi, capogruppo di minoranza di Impegno Popolare per l’Italia, che in una nota ha espresso tutta la propria perplessità: “Il diniego parte dal fatto che prima la lavorazione che vedeva invece la disponibilità del comune di Oltre il Colle, sarebbe dovuta avvenire alla ex laveria di Riso, mentre invece oggi la società chiede che la stessa avvenga a Zorzone per risparmi di tempo ed economici – sottolinea – Andava bene estrarre se la lavorazione fosse avvenuta fuori dai propri confini comunali? Premettendo che la società avrebbe messo tutto in sicurezza e limitato ogni rumore della lavorazione, che benefici avrebbero avuto i residenti di Gorno ed Oneta, comuni cioè a ridosso della lavorazione? Riconoscendo certamente l’autonomia territoriale di ogni realtà, credo e ritengo che però, a fronte di scelte che intaccano ed interessano più paesi limitrofi, si dovrebbe avviare un tavolo comune di riflessione, ragionare certamente su ogni aspetto, ma cercare di coinvolgere tutti gli attori in carica. È doveroso capire meglio cosa possa comportare la lavorazione, cosa che mi sarei aspettato avvenisse anche se fosse rimasta la scelta di Riso, ma in un momento storico come il nostro, rifiutare 250 nuovi posti di lavoro non può essere scelta presa con facilità. È opportuno che vengano chiariti vantaggi e svantaggi del progetto, ma chiedo che per trasparenza e dialogo Oltre il Colle avvii un tavolo di confronto coi Comuni vicini Gorno ed Oneta, auspicando inoltre che in caso di autorizzazione, anche le altre realtà possano averne vantaggi economici e lavorativi”.

    Il tema è caldissimo e la partita non è di certo finita: su richiesta anche della minoranza venerdì 11 febbraio alle 20 è stato convocato a Oltre il Colle un altro consiglio comunale straordinario che avrà come ordine del giorno “Espressione parere in merito al rinnovo della concessione mineraria denominata ‘Monica’ richiesto da Energia Minerals Italia Srl”, i cui vertici saranno presenti alla seduta.

    “Faremo il punto della situazione, per evidenziare pro e contro dell’iniziativa legata a quella che a tutti gli effetti è una variante – spiega con precisione il sindaco Astori – Non siamo mai entrati nel merito del ‘miniera sì’ o ‘miniera no’, anche perchè quella è una questione antecedente il nostro arrivo. Qui si tratta di voler analizzare le cose con calma e ponderazione: poi chi di dovere darà le risposte che attendiamo. Niente vieta che, al termine delle necessarie verifiche, si possa anche arrivare a dare l’ok per la lavorazione a Zorzone, dove chiede la società. Il confronto coi Comuni vicini? Lo abbiamo avuto con Gorno, l’unico altro interessato dal progetto che, a quanto ci risulta, viaggerà tutto in sotterranea (dal sito di estrazione e lavorazione fino, appunto, a Gorno tramite dei tunnel ndr)”.

    https://www.bergamonews.it/2022/02/08/oltre-il-colle-stop-allestrazione-di-zinco-dalle-miniere-lavorazione-a-zorzone-non-era-prevista/493033

    #extractivisme #Italie #mines #zinc #Alpes #montagnes #Sphalérite #Serbaplast #Oneta #Alex_Airoldi #résistance #Gorno #Monica

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  • In Italia si torna in miniera? Lo scottante tema del titanio nel #Parco_del_Beigua

    In un’intervista il ministro parla dell’estrazione dei minerali in Italia.

    Minerali rari che provengono dalla terra, essenziali per costruire batterie e immagazzinare l’energia prodotta da fonti rinnovabili: così il ministro delle Imprese e del Made in Italy, #Adolfo_Urso, come riporta un’intervista rilasciata oggi a Il Foglio, ha aperto una serie di tavoli per discutere della bozza del regolamento presentato dall’Unione Europea con l’obiettivo di ridurre la dipendenza di materie prime da un singolo paese oltre il livello del 65 per cento. Come? Con l’estrazione e la produzione, lo smaltimento e il riciclo, utilizzando il Fondo europeo per gli investimenti strategici.

    Il ministro in sostanza spiega che l’Italia ha le carte per giocare una partita importante: insomma, le batterie nascono dalle miniere e - per non dover dipendere dalla Cina - la direzione è quella di tornare a scavare, anche sfidando i cosiddetti «Nimby» (not in my backyard). Sempre l’articolo riporta che delle 34 materie prime definite «critiche», l’Italia ne possiede 15, di cui 8 estraibili in pochi anni con le tecnologie moderne. È possibile già mappare una serie di regioni ricche di minerali interessanti: la Liguria ad esempio ha il rame, ma non solo. Come spiega anche Il Foglio e come più volte riportato anche da GenovaToday, sotto il terreno del Parco del Beigua è stimato che si trovi uno dei più grandi giacimenti di titanio a livello mondiale.

    Ed è un tema scottante anche se non riguarda propriamente la costruzione di batterie perché è dagli anni ’70 che si parla di questo territorio, da quando gli occhi delle compagnie estrattive si sono posate sul suo giacimento (qui la storia). Nonostante la ferma opposizione dei Comuni e dell’ente parco (riconosciuto Unesco Global Geopark), è da anni che la Cet, Compagnia Europea per il Titanio, chiede di poter scavare. Lo scorso maggio, il Tar ha confermato il divieto di effettuare ricerche minerarie nell’area ma la Cet ha presentato ricorso al Consiglio di Stato.

    E dunque ogni volta che si parla di materie prime e miniere, sindaci, cittadini e associazioni ambientaliste del territorio fanno un «salto sulla sedia» e cercano di tenere alta l’attenzione per non trasformare una vasta area naturale in una miniera con tutti i disagi che l’operazione comporterebbe dal punto di vista ambientale e turistico. Ma, nonostante il giacimento record, anche Il Foglio ribadisce che la zona è stata inserita in un parco nazionale protetto e l’idea di accedervi, dunque, è quanto meno irrealistica.

    https://www.genovatoday.it/green/miniera-titanio-parco-beigua.html

    #montagne #Ligurie #extractivisme #matières_premières #terres_rares #titane #Italie #Beigua #dépendance #Fonds_européen_pour_les_investissements_stratégiques #batteries #mines #matières_premières_critiques #résistance #Compagnia_Europea_per_il_Titanio (#CET)

    • Ricerca titanio del Beigua, Tar accoglie ricorso ambientalisti

      Vittoria delle associazioni ambientaliste (LAC, WWF, LIPU) costituite in giudizio contro Regione Liguria e la società Cet, per evitare il potenziale rischio di una devastante maxi-cava


      Nessuno andrà alla ricerca di titanio nel parco del Beigua.

      Lo ha deciso il Tribunale amministrativo regionale della Liguria accogliendo il ricorso degli ambientalisti. Con la sentenza, depositata venerdì 27 maggio, il tar ha dunque confermato il divieto di ricerche minerarie nell’area del monte Tarinè respingendo il ricorso della società Cet che voleva effettuare campionamento anche dentro l’area protetta del Parco.

      I giudici amministrativi inoltre hanno censurato la parte del decreto del dirigente regionale alle attività estrattive della Regione Liguria, emesso nel febbraio 2021, relativa al permesso di ricerca mineraria in aree esterne (Monte Antenna) del comprensorio del Parco Beigua, nei comuni di Urbe e Sassello, perché comunque facenti parte di una ZSC (zone speciale di conservazione) ricompresa nell’elenco comunitario delle cosiddette aree “Natura 2000”.

      Le associazioni ambientaliste Lac, Wwf e Lipu, patrocinate dallo studio legale Linzola di Milano, sottolineano come «la pretestuosa, ennesima campagna di pseudo ’ricerca’ pare avesse come unico obiettivo quello di perseverare nella vecchia richiesta di concessione mineraria che, quando in futuro ritenuta economicamente sostenibile, non potrebbe che sfociare che in una distruzione dell’area interessata, mediante utilizzo di esplosivi per estrarre in cava , macinare e separare con flottazione ed acidi un 6% di rutilo, con immense quantità di scarti e grandi necessità di prelievi idrici dal bacino del torrente Orba».

      «Schizofrenico - a detta degli ambientalisti - il comportamento della Regione Liguria che, al netto delle fasulle dichiarazioni di contrarietà dei partiti di maggioranza ad una cava di Rutilo sui monti Antenna e Tarinè, ha negato i permessi di ricerca dentro il parco regionale del Beigua, ma li ha consentiti in alcune aree adiacenti senza mai interpellare i proprietari dei terreni».

      Per le associazioni ambientaliste si è così evitata la devastatizione di centinaia di ettari di terreno da attività di cava a cielo aperto e in aree ad alto valore naturalistico e paesistico; salvaguardate anche lo spreco di grandi consumi di acqua e derivazioni dei torrenti Orba e Orbarina, e loro inquinamento ed indisponibilità di acqua potabile per i comuni piemontesi a valle; una mega discariche a cielo aperto per contenere oltre il 90% di rocce macinate di scarto, la cui lavorazione ne avrebbe aumentato il volume e reso i suoli instabili; transiti per decine di migliaia di passaggi di camion, a fronte di compensazioni economiche inesistenti, in quanto non previsti dalla legislazione mineraria; danni per la salute dei cittadini a causa della presenza nelle rocce di asbesto blu.

      https://www.genovatoday.it/cronaca/beigua-tar-titanio-ricorso-ambientalisti.html
      #justice #recours

    • Titanio nel parco Beigua, Grammatico (Legambiente): «Grande preoccupazione per salute e ambiente»

      «La Regione Liguria concede per tre anni alla Cet, la Compagnia Europea per il Titanio, il permesso di ricerca: la riteniamo una scelta sbagliata»

      «Legambiente Liguria esprime grande preoccupazione dopo avere appreso che con il decreto numero 1211-2021 la Regione Liguria concede per tre anni alla Cet, la Compagnia Europea per il Titanio, il permesso di ricerca, che ha la finalità di portare all’apertura della miniera nel comprensorio del Beigua»: così si esprime Legambiente Liguria in un comunicato.

      Torna dunque alla ribalta una questione annosa che da molto tempo sta facendo discutere, ovvero quella dell’estrazione del titanio nell’area del Parco del Beigua, uno dei più grandi giacimenti a livello mondiale. Si stima che, specie sotto il monte Tariné, si trovino 400 milioni di tonnellate di titanio, metallo prezioso su cui le compagnie estrattive hanno messo gli occhi da più di 40 anni, trovando la resistenza di cittadini e dell’ente parco (l’area è protetta ed è riconosciuta anche come Geoparco Unesco). Dall’altra parte, il Cet aveva proposto più volte alla Regione diritti di estrazione milionari.

      «Riteniamo questa una scelta sbagliata - dichiara Santo Grammatico, presidente di Legambiente Liguria, riferendosi al permesso di ricerca concesso alla Cet - anche se limitata ai 229 ettari (su 458 interessati complessivamente) che si trovano ai margini del confine del Parco del Beigua, perché è evidente che tutti gli impatti negativi dell’apertura di attività minerarie ricadrebbero nell’area Parco. Con la scusa della ricerca scientifica si verifica un precedente pericoloso, preludio ad una attività insostenibile per impatto ambientale e lontana dai desideri di sviluppo delle comunità locali che da anni si oppongono a qualsiasi ipotesi di apertura di attività estrattive. Legambiente è vicina ai cittadini che vivono e operano nel Parco del Beigua valutando anche le modalità e le sedi opportune per opporsi a questo decreto».
      L’unico parco ligure riconosciuto Unesco Global Geopark

      L’associazione ambientalista ricorda che il gruppo montuoso del Beigua, diventato Parco nel 1995, Geoparco europeo e mondiale nel 2005 e nel 2015 è stato riconosciuto Unesco Global Geopark ed è l’unico parco ligure a potersi fregiare di tale riconoscimento. «Inoltre in questi anni l’Ente Parco ha portato avanti un lavoro su un modello di sviluppo basato su agricoltura sostenibile, manutenzione dei boschi, turismo di qualità e consorzi sempre più attenti alla filiera corta - aggiunge Grammatico - anche per questo ribadiamo la nostra contrarietà al progetto che devasterebbe un’area protetta di inestimabile valore per biodiversità e valori ecologici e paesaggistici oltre che mettere a repentaglio la salute di chi vive nel territorio. Da un punto di vista sanitario, diversi studi hanno inoltre evidenziato come nel minerale grezzo nella composizione delle rocce del giacimento risulta la presenza di un anfibolo del gruppo degli asbesti in una percentuale pari a circa il 10/15% che ha tendenza a separarsi sotto forma di fibra e minutissimi aghi ed è notoriamente dannoso per la salute».
      Rossetti (Pd): «Chi tocca il Beigua se ne assume le responsabilità»

      In giornata arriva anche il commento del consigliere regionale Pippo Rossetti (Pd): «Sconcerto e preoccupazione per la delibera che consente alla Compagnia Europa del Titanio di perforare aree del Parco del Beigua allo scopo di aprire una miniera per la raccolta del titanio. Mi chiedo se l’assessore Scajola sa cosa succede. Tre mesi fa, a novembre, ai colleghi Candia e Pastorino ha risposto in Consiglio che non c’era alcuna richiesta e che comunque la Giunta sarebbe stata contraria. Dopo trenta anni di tentativi inutili da parte della Compagnia, la Giunta Toti da il suo consenso! Unico Geopark della Liguria vengono cosi contraddette tutte le politiche economico turistiche ambientali del territorio. Toti finge di non sapere che perforazioni ed estrazioni in quel luogo sono pericoli per la salute degli abitanti, perché in quelle rocce ci sono fibre che inducono all’asbestosi. Chiedo che Asl 2 , Arpal e Uffici Regionali vengano immediatamente a riferire in Commissione e l’assessore Scajola a spiegarci come mai in tre mesi la Giunta ha cambiato idea, sperando che non si nasconda dietro ai pareri tecnici degli uffici, alibi che vale come il due di picche. Chiedo che immediatamente tutti gli atti e il verbale della Conferenza dei Servizi vengano resi pubblici. Ognuno potrà assumersi le sue responsabilità».
      La Regione: «Nessuna autorizzazione ad attività estrattiva»

      «Non è stata fatta alcuna delibera di giunta autorizzativa per la raccolta del titanio nell’area del Beigua - replica l’assessore regionale Marco Scajola -. Il consigliere Rossetti confonde, strumentalizza e non sa di cosa parla. Gli uffici tecnici competenti hanno permesso, nel pieno rispetto delle norme, uno studio non invasivo che non interessa l’area del parco del Beigua. Non vi sarà alcuna attività di cava: lo studio verrà condotto senza alcun prelievo né alcun intervento sul territorio. Degli oltre 450 ettari richiesti ne sono stati concessi poco più di 200, escludendo l’area del parco naturale regionale del Beigua. Questo è stato fatto nonostante ci fossero pareri favorevoli ad autorizzare attività di studio in tutta l’area, anche del parco, da parte della Provincia di Savona, dell’Arpal e dell’Asl competente. Lo stesso Ministero dell’Ambiente ha confermato che l’attività di studio non dev’essere soggetta a VIA, proprio in virtù delle modalità non invasive che verranno impiegate. Nessuna autorizzazione quindi da parte della Giunta: chi afferma il contrario afferma il falso, senza conoscere minimamente l’argomento».

      https://www.genovatoday.it/attualita/titanio-parco-beigua-cosa-succede.html

    • Titanio nel Beigua, la Cet fa ricorso al Consiglio di Stato per effettuare le ricerche minerarie

      La questione dell’ipotetica miniera di titanio nell’area del Geoparco Unesco va avanti dagli anni ’70

      Era solo questione di tempo e a fine anno la Cet - Compagnia Europea per il Titanio - è tornata alla carica, presentando ricorso al Consiglio di Stato contro la sentenza del Tar Liguria dello scorso maggio, che di fatto ha confermato il divieto di effettuare ricerche minerarie nell’area del monte Tarinè.

      Siamo nel cuore del Parco del Beigua (unico parco ligure riconosciuto Unesco Global Geopark) che comprende un’area da anni finita nell’occhio del ciclone poiché cela uno dei più grandi giacimenti di titanio - elemento molto ricercato - a livello mondiale. Si stima che, specie sotto il monte Tariné, si trovino 400 milioni di tonnellate di titanio, metallo prezioso su cui le compagnie estrattive hanno messo gli occhi da più di 40 anni, trovando la resistenza di cittadini e dell’ente parco all’idea di aprire un’enorme miniera proprio nel verde. Dall’altra parte, la Cet aveva proposto più volte alla Regione diritti di estrazione milionari.
      La sentenza del Tar contestata

      La Cet ha presentato ricorso contro la sentenza del Tar del 27 maggio, chiedendo l’annullamento di diversi documenti. Tornando indietro nel tempo, nel 2015 la Cet aveva chiesto il rilaascio di un permesso di ricerca mineraria sul monte Tarinè per un periodo di tre anni. La Regione Liguria aveva dichiarato che l’istanza era inammissibile perché contrastante con il piano del Parco Naturale Regionale del Beigua che vieta di asportare rocce, minerali e fossili, fatti salvi i prelievi per ricerche scientifiche.

      Il ricorso proposto della Cet - interessata a svolgere ricerche sul giacimento di titanio - contro il provvedimento era già stato respinto dal Tar nel 2020 (con un’altra sentenza impugnata): “La sottoposizione dell’area sulla quale si dovrebbe svolgere la ricerca mineraria a molteplici vincoli sia paesaggistici che ambientali - avevano scritto i giudici - è di tale pervasività che non residua nessuno spazio per intraprendere un’attività di ricerca che non essendo compiuta da un istituto scientifico ma da un’azienda estrattiva avrebbe avuto, come fine ultimo, l’estrazione di minerali attività certamente vietata dalle norme a tutela del Parco Regionale del Beigua che costituisce, per circa il 50% l’area interessata alla concessione”.

      L’ente parco aveva successivamente approvato un regolamento che subordina le attività di ricerca al rilascio di un’autorizzazione dello stesso parco, stabilendo che comunque non sono ammesse le ricerche attinenti svolte da soggetti che non abbiano come scopo la promozione di attività di studio. Ritenendo che queste ultime previsioni fossero lesive dei suoi interessi, la Cet aveva impugnato il regolamento del Parco del Beigua, ma il Tar nel maggio 2022 aveva dichiarato il ricorso inammissibile. Adesso si andrà avanti con il Consiglio di Stato.
      Buschiazzo: «Vorremmo impiegare le nostre risorse per lo sviluppo del territorio, non per difenderci»

      La vicenda giudiziaria si trascina appunto dal 2015 e, come chiarisce il presidente del Parco del Beigua Daniele Buschiazzo, che ha divulgato la notizia del ricorso al Consiglio di Stato della Tar, la questione «continua a impegnare ingenti risorse del Parco del Beigua. Risorse che vorremmo impiegare per favorire lo sviluppo turistico del territorio, ma che dobbiamo invece usare per proteggerne l’elevata qualità ambientale dell’area e di conseguenza la qualità di vita delle persone che ci vivono. Non a caso qui insistono un’area protetta, la più grande della Liguria, un Geoparco riconosciuto dall’Unesco e diverse Zsc – zone speciali di conservazione».

      Sicuramente il ricorso al Consiglio di Stato non giunge inatteso: «Il Parco del Beigua e tutte le sue comunità - continua Buschiazzo - faranno valere le proprie ragioni come hanno sempre fatto. Ci aspettiamo che si costruisca anche la Regione Liguria assieme a noi».
      Un territorio sotto la spada di Damocle dal 1976

      Il territorio riconosciuto dall’Unesco è di fatto sotto la «spada di Damocle» dal 1976, da quando gli occhi delle compagnie si sono posate sul suo giacimento.

      «Sarebbe bene una volta per tutte mettere la parola fine su questa vicenda che ci fa disperdere risorse che potrebbero essere utili per il nostro territorio. Tanto più in un momento in cui la zona infetta dalla peste suina è estesa su tutto il parco da ormai un anno, creando notevoli problemi a tutte quelle attività che contribuiscono a mantenere il nostro territorio» conclude Buschiazzo.
      La preoccupazione di Legambiente

      «La Cet ribadisce, con questo ennesimo atto contro lo sviluppo sostenibile del territorio, la propria essenza - dichiara Santo Grammatico, presidente Legambiente Liguria -. Non ha alcun interesse nella ricerca scientifica ma lo ha solo di mero sfruttamento minerario per una delle zone geologicamente più pregevole della Liguria, tutelata da un parco regionale e riconosciuta dall’Unesco. Spiace constatare, a valle del ricorso dell’azienda al Consiglio di Stato, contro la sentenza del Tar Liguria che impedisce la ricerca nell’area Parco e nelle Zone Speciali di Conservazione, che non si sia definitivamente risolta la questione sul piano politico. La Regione Liguria con il Decreto 1211 del febbraio 2021 ha concesso alla Cet, per tre anni la possibilità di effettuare ricerche minerarie anche in zone limitrofe all’area tutelata, aprendo di fatto un conflitto sociale, economico e ambientale a danno degli enti e della comunità locale».

      «Saremo sempre insieme e al fianco delle Comunità e dei Parchi che si oppongono a uno sviluppo predatorio del nostro territorio» conclude il presidente dell’associazione ambientalista.

      https://www.genovatoday.it/cronaca/titanio-beigua-ricorso-cet-consiglio-stato.html

  • #Altamin

    MINING IN ITALY

    #Altamin_Limited is an ASX-listed mineral company focussed on base and battery metal exploration and brownfield mine development in Italy, with two 100% owned mineral projects and two under licence application.

    The Company’s #Gorno_Zinc_Project in the Lombardy region of northern Italy, is an advanced, historic mine with well-defined mineralisation. The #Gorno_Project benefits from strong local support, excellent metallurgy and established infrastructure. Up until 1980, the #Gorno underground #zinc was owned by #SAMIM (a state-owned company and part of #ENI) and then the unilateral decision was made to close all SAMIM owned metal mining in Italy to focus solely on oil and gas, despite there being defined mineral reserves remaining.

    The #Punta_Corna_Project in Piedmont, Italy, historically mined for cobalt, nickel, copper and silver, is an active exploration project with outcropping mineralisation, a historical bulk sample grading 0.6-0.7% Co, plus Ni, Cu, Ag and a drilling program outlined pending permit renewal Alta’s recent sampling has returned high-grade assays over >2km strike length from multiple sub-parallel veins, with good potential for further mineralised vein discovery and significant depth extension.

    In addition, Altamin has lodged applications over #Monte_Bianco and #Corchia, the two most significant copper, cobalt and manganese-rich historical mining districts in Italy.

    https://www.altamin.com.au
    #Australie #Italie #extractivisme #mine #cobalt #terres_rares #manganèse #cuivre

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    Sur le projet d’exploitation du cobalt d’Altamin à #Balme (#Barmes) dans le #Piémont :
    Alla ricerca del cobalto sulle Alpi
    https://seenthis.net/messages/1013263

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    ajouté à la métaliste sur l’#extraction de #terres_rares dans les #Alpes :
    https://seenthis.net/messages/1013289

  • #Matières_premières_critiques : garantir des #chaînes_d'approvisionnement sûres et durables pour l’avenir écologique et numérique de l’UE

    La Commission propose un ensemble complet de mesures afin de garantir l’accès de l’UE à un approvisionnement sûr, diversifié, abordable et durable en matières premières critiques. Les matières premières critiques sont indispensables pour un large éventail de secteurs stratégiques, notamment l’industrie « zéro net », l’industrie numérique, l’aérospatial et la défense.

    Alors que la demande de matières premières critiques devrait augmenter de manière drastique, l’Europe dépend fortement des importations, souvent en provenance de fournisseurs d’un pays tiers en situation de quasi-monopole. L’UE doit atténuer les risques pour les chaînes d’approvisionnement liées à ces dépendances stratégiques afin de renforcer sa résilience économique. Les pénuries constatées au lendemain de la pandémie de COVID-19 et la crise énergétique qui a suivi l’invasion de l’Ukraine par la Russie témoignent de ces dépendances et peuvent mettre en péril les efforts que l’UE déploie pour atteindre ses objectifs climatiques et numériques.

    Le règlement et la communication sur les matières premières critiques adoptés aujourd’hui tirent parti des atouts et des possibilités du marché unique et des partenariats extérieurs de l’UE pour diversifier les chaînes d’approvisionnement de l’UE en matières premières critiques et renforcer leur résilience. La législation sur les matières premières critiques améliore également la capacité de l’UE à surveiller les risques de perturbations et à les atténuer, et renforce la circularité et la durabilité.

    La présidente de la Commission européenne, Ursula von der Leyen, s’est exprimée en ces termes : « Cette législation nous rapprochera de nos ambitions en matière climatique. Elle améliorera significativement le raffinage, la transformation et le recyclage des matières premières ici en Europe. Les matières premières sont indispensables à la fabrication de technologies clés pour notre double transition, telles que la production d’énergie éolienne, le stockage de l’hydrogène ou les batteries. Nous renforçons notre coopération avec des partenaires commerciaux fiables à l’échelle mondiale afin de réduire les dépendances actuelles de l’UE à l’égard d’un seul ou de quelques pays. Il est dans notre intérêt mutuel d’augmenter la production de manière durable et, dans le même temps, de garantir le niveau le plus élevé de diversification des chaînes d’approvisionnement pour nos entreprises européennes. »

    Avec la réforme de l’organisation du marché de l’électricité et le règlement pour une industrie « zéro net », les mesures sur les matières premières critiques annoncées aujourd’hui créent un environnement réglementaire favorable aux industries « zéro net » et à la compétitivité de l’industrie européenne, comme annoncé dans le plan industriel du pacte vert.

    Mesures intérieures

    La législation sur les matières premières critiques dotera l’UE des outils permettant de lui garantir l’accès à un approvisionnement sûr et durable en matières premières critiques, principalement par les moyens suivants :

    Définir des priorités d’action claires : en plus de mettre à jour la liste des matières premières critiques, la législation dresse une liste de matières premières stratégiques, qui sont essentielles pour les technologies importantes pour les ambitions écologiques et numériques de l’Europe ainsi que pour les applications spatiales et de défense, mais dont l’approvisionnement futur n’est pas sûr. Le règlement intègre en même temps, dans le droit de l’UE, la liste des matières premières critiques et celle des matières premières stratégiques. Il fixe des valeurs de référence claires en ce qui concerne les capacités intérieures tout au long de la chaîne d’approvisionnement en matières premières stratégiques pour diversifier l’approvisionnement de l’UE à l’horizon 2030 :

    - l’extraction dans l’UE doit permettre de produire au moins 10 % de sa consommation annuelle,
    - la transformation opérée dans l’UE doit permettre de produire au moins 40 % de sa consommation annuelle,
    - le recyclage effectué dans l’UE doit permettre de produire au moins 15 % de sa consommation annuelle,
    - pas plus de 65 % de la consommation annuelle de l’Union de chaque matière première stratégique à n’importe quel stade de transformation pertinent ne doit provenir d’un seul pays tiers.

    Créer des chaînes d’approvisionnement européennes sûres et résilientes en matières premières critiques : la législation réduira la charge administrative et simplifiera les procédures d’autorisation pour les projets relatifs aux matières premières critiques dans l’UE. En outre, les projets stratégiques sélectionnés bénéficieront d’un soutien pour l’accès au financement et les délais d’autorisation seront raccourcis (24 mois pour les permis d’extraction et 12 mois pour les permis de traitement et de recyclage). Les États membres devront également élaborer des programmes nationaux d’exploration des ressources géologiques.

    Veiller à ce que l’UE soit en mesure d’atténuer les risques liés à l’approvisionnement : pour garantir la résilience des chaînes d’approvisionnement, la législation prévoit un suivi des chaînes d’approvisionnement en matières premières critiques et la coordination des stocks de matières premières stratégiques entre les États membres. Certaines grandes entreprises devront réaliser un audit de leurs chaînes d’approvisionnement en matières premières stratégiques, comportant un test de résistance à l’échelle de l’entreprise.

    Investir dans la recherche, l’innovation et les compétences : la Commission renforcera l’adoption et le déploiement de technologies de pointe dans le domaine des matières premières critiques. En outre, la mise en place d’un partenariat à grande échelle pour les compétences relatives aux matières premières critiques et d’une académie des matières premières promouvra les compétences pertinentes pour la main-d’œuvre travaillant dans les chaînes d’approvisionnement en matières premières critiques. Sur le plan extérieur, la stratégie « Global Gateway » servira de vecteur pour aider les pays partenaires à développer leurs compétences et leurs propres capacités d’extraction et de traitement.

    Protéger l’environnement en améliorant la circularité et la durabilité des matières premières critiques : l’amélioration de la sécurité et du caractère abordable de l’approvisionnement en matières premières critiques doit aller de pair avec l’intensification des efforts visant à atténuer toute incidence négative, tant au sein de l’UE que dans les pays tiers, en ce qui concerne les droits du travail, les droits humains et la protection de l’environnement. Les efforts visant à développer les chaînes de valeur des matières premières critiques de manière plus durable contribueront également à promouvoir le développement économique dans les pays tiers ainsi que la gouvernance en matière de durabilité, les droits humains, la résolution des conflits et la stabilité régionale.

    Les États membres devront adopter et mettre en œuvre des mesures nationales visant à améliorer la collecte des déchets riches en matières premières critiques et à garantir leur recyclage en matières premières critiques secondaires. Les États membres et les opérateurs privés devront étudier les possibilités de récupération des matières premières critiques provenant des déchets d’extraction des activités minières actuelles mais aussi des déchets provenant des anciens sites miniers. Les produits contenant des aimants permanents devront satisfaire aux exigences en matière de circularité et être accompagnés d’informations sur leur recyclabilité et leur teneur en matières recyclées.

    Engagement international

    Diversifier les importations de matières premières critiques dans l’Union : l’Union ne couvrira jamais ses propres besoins en matières premières et continuera de dépendre des importations pour la majeure partie de sa consommation. Le commerce international est donc essentiel pour soutenir la production mondiale et assurer la diversification de l’approvisionnement. L’UE devra renforcer son engagement mondial avec des partenaires fiables afin de mettre en place des investissements et de les diversifier, de promouvoir la stabilité du commerce international et de renforcer la sécurité juridique pour les investisseurs. Elle recherchera en particulier des partenariats mutuellement bénéfiques avec les marchés émergents et les économies en développement, notamment dans le cadre de sa stratégie « Global Gateway ».

    Elle intensifiera ses actions commerciales, notamment en créant un club des matières premières critiques pour tous les pays partageant les mêmes valeurs et désireux d’améliorer les chaînes d’approvisionnement mondiales, en renforçant l’Organisation mondiale du commerce (OMC), en élargissant son réseau d’accords de facilitation des investissements durables et d’accords de libre-échange et en insistant davantage sur l’application de la législation afin de lutter contre les pratiques commerciales déloyales.

    L’UE poursuivra le développement des partenariats stratégiques : elle collaborera avec des partenaires fiables pour favoriser leur propre développement économique de manière durable par la création de chaînes de valeur dans leur propre pays, tout en promouvant des chaînes de valeur sûres, résilientes, abordables et suffisamment diversifiées pour l’UE.

    Prochaines étapes

    Le règlement proposé sera examiné et approuvé par le Parlement européen et le Conseil de l’Union européenne avant son adoption et son entrée en vigueur.

    Contexte

    Cette initiative se compose d’un règlement et d’une communication. Le règlement établit un cadre réglementaire pour soutenir le développement des capacités intérieures et renforcer la durabilité et la circularité des chaînes d’approvisionnement en matières premières critiques dans l’Union. La communication propose des mesures visant à soutenir la diversification des chaînes d’approvisionnement grâce à de nouveaux partenariats internationaux qui se renforcent mutuellement. L’accent est également mis sur la maximisation de la contribution des accords commerciaux de l’UE, en pleine complémentarité avec la stratégie « Global Gateway ».

    La législation sur les matières premières critiques a été annoncée par la présidente von der Leyen lors de son discours sur l’état de l’Union de 2022, dans lequel elle a appelé à s’attaquer à la dépendance de l’UE à l’égard des importations de matières premières critiques, en sécurisant un approvisionnement intérieur diversifié et durable en ce qui concerne ces matières. Elle fait suite à la déclaration de Versailles de 2022 adoptée par le Conseil européen, qui soulignait l’importance stratégique des matières premières critiques pour garantir l’autonomie stratégique de l’Union et la souveraineté européenne. Elle répond également aux conclusions de la conférence sur l’avenir de l’Europe et à la résolution du Parlement européen de novembre 2021 sur une stratégie européenne pour les matières premières critiques.

    Les mesures sont appuyées sur l’évaluation de la criticité de 2023, le rapport de prospective axé sur les technologies stratégiques et les actions lancées dans le cadre du plan d’action de 2020 sur les matières premières critiques. La proposition présentée aujourd’hui s’appuie sur les travaux scientifiques du Centre commun de recherche (JRC) de la Commission. Parallèlement à son rapport de prospective, le JRC a remanié le système d’information sur les matières premières, qui apporte des connaissances sur les matières premières tant primaires (extraites/récoltées) que secondaires (par exemple issues du recyclage). L’outil fournit des informations sur des matériaux et des pays spécifiques ainsi que sur différents secteurs et technologies, et comprend des analyses de l’offre et de la demande actuelles et futures.

    La législation sur les matières premières critiques est présentée parallèlement à celle pour une industrie « zéro net », qui vise à accroître la production européenne de technologies clés neutres en carbone ou « zéro net », afin de garantir des chaînes d’approvisionnement sûres, durables et compétitives en matière d’énergie propre en vue d’atteindre les ambitions climatiques et énergétiques de l’UE.

    https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/fr/ip_23_1661
    #matières_premières #apprivoisement #UE #EU #Union_européenne #relocalisation #diversification #zéro_net #dépendance #alternative #risque #pénurie #ici_en_Europe #batteries #raffinage #transformation #recyclage #plan_industriel_du_pacte_vert #matières_premières_stratégiques #extraction #extractivisme #règlement #déclaration_de_Versailles #Critical_Raw_Materials #European_Critical_Raw_Materials_Act

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  • Alla ricerca del cobalto sulle Alpi

    È un elemento importante per la realizzazione delle batterie delle auto elettriche. Il cobalto viene estratto però soprattutto nella Repubblica Democratica del Congo, una realtà travolta dalla corruzione e instabile dal punto di vista militare e politico. Per “aggirare” la possibile penuria della fornitura di un componente essenziale dello sviluppo di una economia realizzata con fonti rinnovabili, le nazioni post-industriali e industrializzate cercano il Cobalto altrove, in territori guidati da governi più stabili e dove è più solida la certezza del diritto.

    Vecchie miniere di cobalto dismesse perché poco remunerative tornano improvvisamente interessanti. Una di queste è situata tra Torino e il confine con la Francia, ancora in territorio piemontese.

    Tra la necessità di tutelare l’ambiente e l’opportunità economica offerta, istituzioni e popolazione si interrogano sul presente e il futuro del territorio interessato dal possibile nuovo sviluppo minerario.

    https://www.rsi.ch/rete-due/programmi/cultura/laser/Alla-ricerca-del-cobalto-sulle-Alpi-16169557.html?f=podcast-shows

    #extractivisme #Alpes #cobalt #Piémont #Italie #terres_rares #Balme #Altamin #Barmes #Punta_Corna #Valli_di_Lanzo #mines #exploitation #peur #résistance #Berceto #Sestri_Levante #lithium #souveraineté_extractive #green-washing #green_mining #extraction_verte #transition_énergétique #NIMBY #Usseglio #Ussel

    Le chercheur #Alberto_Valz_Gris (https://www.polito.it/en/staff?p=alberto.valzgris) parle de la stratégie de l’Union européenne pour les #matières_premières_critiques :
    #Matières_premières_critiques : garantir des #chaînes_d'approvisionnement sûres et durables pour l’avenir écologique et numérique de l’UE
    https://seenthis.net/messages/1013265

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    • Caccia al cobalto sulle Alpi piemontesi

      Viaggio in provincia di Torino dove una multinazionale ha nel mirino la creazione di una miniera destinata ad alimentare le nuove batterie per i veicoli elettrici.

      Il boom delle auto elettriche trascina la ricerca mineraria in Europa. Noi siamo stati in Piemonte dove una società australiana spera di aprire una miniera di cobalto, uno dei metalli indispensabili per produrre le più moderne batterie. Il progetto è ancora in una fase preliminare. Non si vede nulla di concreto, per ora. Ma se siamo qui è perché quanto sta accadendo in questa terra alpina apre tutta una serie d’interrogativi su quella che – non senza contraddizioni – è stata definita “transizione ecologica”.

      Balme, alta #Val_d’Ala, Piemonte. Attorno a noi i boschi sono colorati dall’autunno mentre, più in alto, le tonalità del grigio tratteggiano le cime che si estendono fino in Francia. Un luogo magico, non toccato dal turismo di massa, ma apprezzato dagli appassionati di montagna. Tutto potrebbe però cambiare. Nelle viscere di queste rocce si nasconde un tesoro che potrebbe scombussolare questa bellezza: il cobalto. La società australiana Altamin vuole procedere a delle esplorazioni minerarie sui due versanti della Punta Corna. Obiettivo: sondare il sottosuolo in vista di aprire una miniera da cui estrarre questa materia prima sempre più strategica. Il cobalto è infatti un minerale indispensabile per la fabbricazione delle batterie destinate alle auto elettriche o ad immagazzinare l’energia prodotta da fonti rinnovabili. Tecnologie dette verdi, ma che hanno un lato grigio: l’estrazione mineraria.

      Oggi, circa il 70% del cobalto mondiale proviene dalla Repubblica democratica del Congo (Rdc), dove la corsa a questo metallo, guidata dalla Cina, alimenta la corruzione e genera grossi problemi sociali e ambientali. Di recente, un po’ in tutta Europa, si sta sempre più sondando il terreno in cerca di nuovi filoni che potrebbero ridurre la dipendenza dall’estero di questo ed altri minerali classificati dall’Ue come “critici”. Ecco quindi che queste valli piemontesi sono diventate terreno di caccia di imprese che hanno fiutato il nuovo business. Siamo così partiti anche noi in questa regione. Alla ricerca del cobalto e all’ascolto delle voci da un territorio che – suo malgrado – si trova oggi al centro della nuova corsa mondiale all’accaparramento delle risorse.

      Balme dice no

      «Siamo totalmente contrari. In primis perché non siamo stati coinvolti in nessun tipo di dialogo. Siamo poi convinti che l’estrazione di minerali non sia l’attività adatta per lo sviluppo del nostro territorio». #Gianni_Castagneri è il sindaco di Balme, 110 abitanti, uno dei comuni su cui pende una domanda di ricerca da parte di Altamin. Il primo cittadino ci accoglie nella piccola casa comunale adiacente alla chiesa. È un appassionato di cultura e storia locale e autore di diversi libri. Con dovizia di particolari, ci spiega che anticamente queste erano terre di miniera: «Un po’ tutti i paesi della zona sono sorti grazie allo sfruttamento del ferro. Già nel Settecento, però, veniva estratto del cobalto, il cui pigmento blu era utilizzato per la colorazione di tessuti e ceramiche».

      Dopo quasi un secolo in cui l’attività mineraria è stata abbandonata, qualche anno fa è sbarcata Altamin che ha chiesto e ottenuto i permessi di esplorazione. Secondo le stime della società i giacimenti a ridosso della Punta Corna sarebbero comparabili a quello di Bou Azzer, in Marocco, uno dei più ricchi al mondo di cobalto. «Andando in porto l’intero progetto di Punta Corna si avrà una miniera europea senza precedenti» ha dichiarato un dirigente della società. Affermazione che, qui a Balme, ha suscitato molta preoccupazione.

      Siamo in un piccolo comune alpino, la cui unica attività industriale è l’imbottigliamento d’acqua minerale e un birrificio. Al nostro incontro si aggiungono anche i consiglieri comunali Guido Rocci e Tessiore Umbro. Entrambi sono uomini di montagna, attivi nel turismo. Entrambi sono preoccupati: «Siamo colti alla sprovvista, cerchiamo “cobalto” su Internet ed escono solo cose negative, ma abbiamo come l’impressione che la nostra voce non conti proprio nulla».

      Sul tavolo compare una delibera con cui il Comune ha dichiarato la propria contrarietà «a qualsiasi pratica di ricerca e coltivazione mineraria». Le amministrazioni degli ultimi anni hanno orientato lo sviluppo della valle soprattutto verso un turismo sostenibile, vietando ad esempio le attività di eliski: «Noi pensiamo ad un turismo lento – conclude il sindaco – la montagna che proponiamo è aspra, poco adatta allo sfruttamento sciistico in senso moderno. Questa nostra visione ha contribuito in positivo all’economia del villaggio e alla sua preservazione. Ci sembra anacronistico tornare al Medioevo con lo sfruttamento minerario delle nostre montagne».

      Australiani alla conquista

      «Lo sviluppo della mobilità elettrica ha spinto le richieste di permessi di ricerca in Piemonte» ci spiega al telefono un funzionario del settore Polizia mineraria, Cave e Miniere della regione Piemonte. Si tratta dell’ente che, a livello regionale, rilascia le prime autorizzazioni. L’uomo, che preferisce non essere citato, ci dice che per il momento è troppo presto per «creare allarmismi o entusiasmi», ma conferma che, in Piemonte, sono state richieste altre autorizzazioni: «Oltre a Punta Corna, si fanno ricerche in Valsesia e verso la Val d’Ossola» conclude il funzionario. Proprio in Valsesia un’altra società australiana, del gruppo Alligator Energy, ha comunicato di recente di avere iniziato i lavori per un nuovo sondaggio. La zona è definita dall’azienda «ad alto potenziale».

      L’argomento principale delle società minerarie è uno: la necessità di creare una catena di valore delle batterie in Europa: «Punta Corna è centrale per la strategia di Altamin […] e beneficerà della spinta dell’Ue per garantire fonti pulite e locali di metalli nonché degli investimenti industriali europei negli impianti di produzione di veicoli elettrici e batterie» si legge in un recente documento destinato agli azionisti. Altamin ricorda come, in prospettiva, l’operazione genererebbe una sinergia produttiva col progetto Italvolt dell’imprenditore svedese Lars Calstrom. L’uomo vuole costruire una nuova grande fabbrica di batterie ad alta capacità presso gli ex stabilimenti Olivetti nella vicina Ivrea.

      Altamin, così come altre società attive nel ramo, non è un gigante minerario. Si tratta di una giovane società capitalizzata alla borsa di Sidney che ha puntato sull’Italia per tentare il colpaccio. Ossia trovare un filone minerario potenzialmente sfruttabile e redditizio, considerato anche l’aumento dei prezzi delle materie prime, soprattutto dei metalli da batteria. Oltre al progetto piemontese, l’azienda è attiva in altre zone d’Italia: in Lombardia ha un progetto di estrazione di zinco, mentre ha presentato domande anche in Liguria, Emilia-Romagna e Lazio. Qui, nell’antica caldera vulcanica del Lago di Bracciano, Altamin e un’altra società australiana, #Vulcan_Energy_Resources, hanno ottenuto delle licenze per cercare del litio, un altro metallo strategico. «L’idea che si sta portando avanti è quella di rivedere vecchi siti minerari anche alla luce delle nuove tecnologie e della risalita del prezzo dei metalli» spiegano da Altamin. Il tutto in uno scenario internazionale, in particolar modo europeo, in cui si cerca di ridurre la dipendenza delle importazioni dall’estero. Questo a loro dire avrebbe molti vantaggi: «Estrarre cobalto qui ridurrebbe al minimo i problemi etici e logistici che si riscontrano attualmente con la maggior parte delle forniture provenienti dalla Rdc». Ma non tutti la pensano così.

      Lo sguardo del geografo

      A Torino, il Politecnico ha sede presso il Castello del Valentino, antica residenza sabauda situata sulla riva del Po. Qui incontriamo il geografo e assegnista di ricerca Alberto Valz Gris che di recente ha messo in luce diverse ombre del progetto Punta Corna e, in generale, dell’impatto della corsa ai minerali critici sulle comunità locali. Per la sua tesi di dottorato, Valz Gris ha studiato le conseguenze socio-ambientali causate dall’estrazione del litio nella regione di Atacama tra Argentina e Cile. Rientrato dal Sudamerica, lo studioso è venuto a conoscenza del progetto minerario a Punta Corna, a due passi da casa, nel “giardino dei torinesi”. Il ricercatore ha così deciso di mettere in evidenza alcune contraddizioni di questa tanto decantata transizione ecologica: «Il cobalto o il litio sono associati a una retorica di sostenibilità in quanto indispensabili alle batterie. In realtà, per come è stata organizzata, questa transizione ecologica, continua a implicare un’estrazione massiva di risorse naturali non rinnovabili e, quindi, il moltiplicarsi di siti estrattivi altamente inquinanti. Ciò non mi sembra molto ecologico».

      In questo senso il ritorno dell’estrazione mineraria su grande scala in Europa non è proprio una buona notizia: «L’estrattivismo non ha mai portato sviluppo e la materialità di questa dinamica investirà in particolare le aree di montagna. Per cui ho forti dubbi sulle promesse su cui si fondano tutti i progetti come quello di Punta Corna, e cioè che accettare il danno ecologico e paesaggistico portato dall’estrazione mineraria si traduca in sviluppo sociale ed economico per chi abita quei territori». Per Alberto Valz Gris, però, opporsi alle miniere europee non significa giustificare l’appropriazione di risorse in altri posti del mondo: «Dobbiamo immaginare alternative tecniche ed economiche che siano realmente al servizio dell’emergenza climatica, per esempio investendo nel riciclo delle risorse già in circolo nel sistema industriale in modo da ridurre al minimo la pressione antropica sugli ecosistemi». Il problema ruota attorno al fatto che «estrarre nuove materie prime dalle viscere della Terra è ad oggi molto meno costoso che non impegnarsi effettivamente nel riciclare quelle già in circolo»; questo vantaggio economico che «impedisce lo sviluppo di una vera economia circolare» è falsato poiché «non vengono mai calcolati i costi sociali e ambientali legati all’estrazione delle materie prime».

      Gli “sherpa” di Altamin

      Usseglio, alta Valle di Viù, Piemonte. Siamo di nuovo in quota, questa volta sul versante Sud della Punta Corna. Anche qui il territorio vive perlopiù di turismo e può contare su una centrale idroelettrica che capta l’acqua dal bacino artificiale più alto d’Europa. Su queste montagne, oltre i 2.500 metri, Altamin ha ottenuto di recente la possibilità di estendere i carotaggi in profondità. I lavori dovrebbero iniziare la primavera prossima. Ciò che non sembra preoccupare il sindaco Pier Mario Grosso: «Pare che ci sia una vena molto interessante, ma per capire se si potrà sfruttarla occorrono altri sondaggi».

      Il primo cittadino ci accoglie nel suo ufficio e ci mostra una cartina appesa alle pareti su cui si legge “miniere di cobalto”: «Erano le vecchie miniere poi abbandonate e su cui ora Altamin vuole fare delle ricerche perché il cobalto è il metallo del futuro». A Usseglio, l’approccio del comune è diverso rispetto a Balme. #Pier_Mario_Grosso è un imprenditore che vende tende e verande in piano. Per lui il progetto di Altamin potrebbe creare sviluppo in valle: «Questa attività porterà senz’altro benefici alla popolazione e aiuterà a combattere lo spopolamento. Sono quindi tendenzialmente favorevole al progetto, a patto che crei posti di lavoro e non sia dannoso per l’ambiente».

      Salutiamo il sindaco e saliamo fino alla frazione di #Margone dove abbiamo appuntamento per visitare un piccolo museo dei minerali. Qui incontriamo #Domenico_Bertino e #Claudio_Balagna, due appassionati mineralogisti che gestiscono questa bella realtà museale. Nelle bacheche scopriamo alcune perle delle #Alpi_Graie, come gli epidoti e la #Lavoisierite, un minerale unico al mondo scovato nella zona. Appese ai muri ci sono delle splendide mappe minerarie dell’800 trovate negli archivi di Stato di Torino. E poi c’è lui, il cobalto. Finalmente lo abbiamo trovato: «È in questa pietra che si chiama #Skutterudite e il cobalto sono questi triangolini di colore metallico, anche se in molti pensano che sia blu» ci spiegano i due ricercatori. Eccolo qui, il minerale strategico tanto agognato che oggi vale circa 52.000 dollari la tonnellata.

      Possiamo osservarlo nei minimi dettagli su un grande schermo collegato ad uno stereoscopio. Sul muro a lato un cartello sovrasta la nuova strumentazione: «Donazione da parte di Altamin». Tra il museo e la società vi è infatti un legame. Più volte, Domenico e Claudio hanno accompagnato in quota i geologi di Altamin a cercare gli ingressi delle vecchie miniere. Sherpa locali di una società che altrimenti non saprebbe muoversi tra gli alti valloni di queste montagne poco frequentate. Non c’è timore nell’ammetterlo e i due, uomini di roccia e legati nell’intimo a questo territorio, non sembrano allarmati: «Noi siamo una sorta di guardiani. Abbiamo ricevuto delle rassicurazioni e l’estrazione, se mai ci sarà, avverrà in galleria e sarà sottoposta a dei controlli. In passato abbiamo avuto le dighe che hanno portato lavoro, ma ora qui non c’è più nessuno e la miniera potrebbe essere una speranza di riportare vita in valle».

      Usseglio fuori stagione è affascinante, ma desolatamente vuota. Le poche persone che abbiamo incontrato in giro erano a un funerale. Il terzo nelle ultime settimane, il che ha fatto scendere il numero di abitanti sotto i duecento. Ma siamo sicuri che una miniera risolverà tutti i problemi di questa realtà montana? E se l’estrattivismo industriale farà planare anche qui la “maledizione delle risorse”? Torniamo a casa pieni di interrogativi a cui non riusciamo ancora a dare risposta. Nel 2023, dopo lo scioglimento delle nevi (sempre se nevicherà) Altamin inizierà i carotaggi in quota. Scopriremo allora se l’operazione Punta Corna avrà un seguito o se franerà nell’oblio. La certezza è che in Piemonte, come del resto in Europa e nel mondo, la caccia grossa a questi nuovi metalli critici continuerà.

      https://www.areaonline.ch/Caccia-al-cobalto-sulle-Alpi-piemontesi-2654a100

  • Piemonte, corsa alle nuove miniere : da #Usseglio al Pinerolese si cercano nichel, cobalto, grafite e litio

    Scatta la corsa alle terre rare: la Regione deve vagliare le richieste delle multinazionali su una decina di siti

    Nei prossimi anni il Piemonte potrebbe trasformarsi in una grande miniera per soddisfare le esigenze legate alla costruzione degli apparecchi digitali e all’automotive elettrico. È un futuro fatto di cobalto, titanio, litio, nichel, platino e associati. E non mancano nemmeno oro e argento. Un grande business, infatti oggi si parla di «forti interessi» di aziende estrattive nazionali e straniere. Anche perché la Commissione Europea ha stabilito che «almeno il 10% del consumo di materie prime strategiche fondamentali per la transizione green e per le nuove tecnologie dovrebbe essere estratto nell’Ue, il 15% del consumo annuo di ciascuna materia prima critica dovrebbe provenire dal riciclaggio e almeno il 40% dovrebbe essere raffinato in Europa». In questo contesto il Piemonte è considerato un territorio strategico. Anche perché l’anno scorso il mondo ha estratto 280mila tonnellate di terre rare, circa 32 volte di più rispetto alla metà degli anni 50. E la domanda non farà che aumentare: entro il 2040, stimano gli esperti, avremo bisogno di sette volte più terre rare rispetto a oggi. Quindi potrebbero essere necessarie più di 300 nuove miniere nel prossimo decennio per soddisfare la domanda di veicoli elettrici e batterie di accumulo di energia, secondo lo studio condotto da Benchmark Mineral Intelligence.

    «Al momento abbiamo nove permessi di ricerca in corso, ma si tratta di campionature in superficie o all’interno di galleria già esistenti, come è avvenuto a Punta Corna, sulle montagne di Usseglio – analizza Edoardo Guerrini, il responsabile del settore polizia mineraria, cave e miniere della Regione -. C’è poi in istruttoria di via al ministero dell’Ambiente un permesso per la ricerca di grafite nella zona della Val Chisone». Si tratta di un’area immensa di quasi 6500 ettari si estende sui comuni di Perrero, Pomaretto, San Germano Chisone, Perosa Argentina, Pinasca, Villar Perosa, Pramollo, Roure e Inverso Pinasca che interessa all’australiana Energia Minerals (ramo della multinazionale Altamin). E un’altra società creata da Altamin, la Strategic Minerals Italia, nella primavera prossima, sulle montagne di Usseglio, se non ci saranno intoppi, potrà partire con le operazioni per 32 carotaggi nel Vallone del Servin con una profondità variabile da 150 a 250 metri. Altri 25 sondaggi verranno invece effettuati nel sito di Santa Barbara, ma saranno meno profondi. E, ovviamente, ambientalisti e amanti della montagna, hanno già espresso tutti i loro timori perché temono uno stravolgimento del territorio. «Nelle settimane scorse ho anche ricevuto i rappresentati di una società svedese interessati ad avviare degli studi di valutazione in tutto il Piemonte con l’obiettivo di estrarre minerali – continua Guerrini – anche perché l’Unione Europea spinge per la ricerca di materie prime indispensabili per la conversione ecologica e quindi l’autosufficienza energetica».

    È la storia che ritorna anche perché il Piemonte è stata sempre una terra di estrazione. Basti pensare che, solo nel Torinese, la cavi attive «normali» sono 66. E ora, a parte Usseglio e il Pinerolese, ci sono richieste per cercare nichel in Valle Anzasca, rame, platino e affini nel Verbano Cusio Ossola, dove esiste ancora una concessione non utilizzata per cercare oro a Ceppo Morelli nella Val d’Ossola (anche se il giacimento più sfruttato per l’oro è sempre stato quello del massiccio del Rosa) e la richiesta di poter coltivare il boro nella zona di Ormea. E pensare che, dal 2013 al 2022, le aziende che si occupano di estrazione di minerali da cave e miniere in Piemonte sono scese da 265 a 195. «Il settore estrattivo continua a essere fonte di occupazione – riflette l’assessore regionale Andrea Tronzano -. Con il piano regionale in via di definizione vogliamo dare certezze agli imprenditori e migliorare l’attuale regolamentazione in modo che ci siano certezze ambientali e più facilità nel lavorare. Le miniere su materie prime critiche sono oggetto di grande attenzione e noi vorremmo riattivare le nostre potenzialità come ci chiede la Ue. Ci stiamo lavorando con rispetto per tutti, anche perché qui non siamo nè in Cina nè in Congo. Vedremo le aziende che hanno chiesto di fare i carotaggi che cosa decideranno. Noi le ascolteremo».

    https://www.lastampa.it/torino/2023/08/06/news/piemonte_nuove_miniere_usseglio_nichel_cobalto-12984408

    #extractivisme #Italie #mines #nickel #cobalt #graphite #lithium #Alpes #montagnes #Piémont #Pinerolo #terres_rares #multinationales #transition_énergétique #Punta_Corna #Val_Chisone #Energia_Minerals #Altamin #Strategic_Minerals_Italia #Vallone_del_Servin #Santa_Barbara #Valle_Anzasca #Verbano_Cusio_Ossola #cuivre #platine #Ceppo_Morelli #Val_d'Ossola #or #Ormea

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  • Mercure, pesticides, plastifiants : un cocktail toxique dépisté dans les cheveux des sénateurs
    https://www.lemonde.fr/sciences/article/2023/06/27/mercure-pesticides-plastifiants-un-cocktail-toxique-depiste-dans-les-cheveux

    La présence des terres rares, plus importante que celle rencontrée chez la population générale, peut être expliquée, selon le laboratoire, par l’utilisation importante et régulière des téléphones, ordinateurs portables et tablettes.

    #pollution

  • Norway seeks to open vast ocean area to deep-sea mining
    https://www.ft.com/content/44855d32-82c2-4f4c-b77c-1c21d3c1279f

    Norway’s government is readying plans to open an area of ocean nearly the size of Germany to #deep-sea_mining as it seeks to become the first country to extract battery metals from its sea floor.

    [...] Volcanic springs up to 4,000m deep that surge from the Earth’s crust on faultlines between tectonic plates in the proposed area contain an estimated 38mn tonnes of copper, more than is mined around the world each year.

    [...] The fluid that emerges from hydrothermal vents such as those in Norway’s waters also contains other metals used in electric car batteries, including #cobalt. Metallic seabed crusts can meanwhile be mined for rare earth metals such as neodymium and dysprosium. These are used to make the magnets in wind turbines and in the engines of electric vehicles, but their supply chain is largely controlled by China.

    [...] Of the region earmarked for potential mining, the most contentious part would be the area close to #Svalbard. The Svalbard Treaty, which gives Norway sovereignty over the islands, also gives other countries the right to mine on land and in the territorial waters around the archipelago. Russia, the EU and the UK are at odds with Norway over how large an area of water this treaty covers.

    Fishing operations are meanwhile concerned that pollution from the mining may taint their catch. Jane Sandell, chief executive of UK Fisheries — whose super trawler Kirkella is one of the last UK fishing vessels to operate so far north — said she was “deeply concerned” about the possibility of toxic heavy metal particles being released.

    #Norvège #extractivisme #cuivre #métaux #terres_rares

  • #Agrivoltaïsme : nos cultures à l’ombre des panneaux solaires ?

    https://media.radiofrance-podcast.net/podcast09/10084-03.03.2023-ITEMA_23305371-2023C9549S0062-21.mp3

    https://www.radiofrance.fr/franceculture/podcasts/grand-reportage/agrivoltaisme-nos-cultures-a-l-ombre-des-panneaux-solaires-1544001

    Très intéressant, notamment pour la façon dont les agricultures se retrouvent piégés et comment le foncier agricole va exploser au profit du business électrique. Même si l’espace nécessaire est minimisé pour atteindre le projet de décarbonation, au final, on va perdre beaucoup de temps dans des études qui expliqueront que le photovoltaïque sur des terres agricoles, même démontable, ne permet plus de cultiver. Il semble clair que c’est encore un projet dément, et que le photovoltaïque devrait d’abord se faire sur des espaces construits préexistants : parking, toits, autoroutes etc

    Pour tenir nos objectifs de transition énergétique, le Parlement veut accélérer le déploiement de panneaux solaires dans les champs. L’agrivoltaïsme, concept récent, a désormais une définition légale centrée sur le principe de synergie entre l’activité agricole et la production d’électricité verte.

    @odilon

    #agriculture #terres_agricoles #photovoltaïque #énergie

  • Lecture de : La guerre des métaux rares. La face cachée de la transition énergétique et numérique, de Guillaume Pitron

    Une perspective nationaliste navrante, mais une somme d’informations capitales.

    Extraits :

    « Le monde a de plus en plus besoin de terres rares, de « #métaux rares », pour son #développement_numérique, et donc pour ttes les #technologies_de_l’information_et_de_la_communication. Les #voitures_électriques et #voitures_hybrides en nécessitent deux fois plus que les voitures à essence, etc. »

    « Nos aïeux du XIXe siècle connaissaient l’importance du #charbon, & l’honnête homme du XXe siècle n’ignorait rien de la nécessité du pétrole. Au XXIe siècle, nous ne savons même pas qu’un monde + durable dépend en très grande partie de substances rocheuses nommées métaux rares. »

    « #Terres_rares, #graphite, #vanadium, #germanium, #platinoïdes, #tungstène, #antimoine, #béryllium, #fluorine, #rhénium, #prométhium… un sous-ensemble cohérent d’une trentaine de #matières_premières dont le point commun est d’être souvent associées ds la nature aux métaux les + abondants »

    « C’est là la clé du « #capitalisme_vert » : [remplacer] des #ressources qui rejettent des millions de milliards de tonnes de #gaz_carbonique par d’autres qui ne brûlent pas – et ne génèrent donc pas le moindre gramme de CO2. »

    « Avec des réserves d’or noir en déclin, les stratèges doivent anticiper la guerre sans #pétrole. […] ne plus dépendre des énergies fossiles d’ici à 2040. […] En recourant notamment aux #énergies_renouvelables & en levant des légions de robots alimentés à l’électricité. »

    « La Grande-Bretagne a dominé le XIXe s. grâce à son hégémonie sur la production mondiale de charbon ; une grande partie des événements du XXe s. peuvent se lire à travers le prisme de l’ascendant pris par les Etats-Unis et l’Arabie saoudite sur la production et la sécurisation des routes du pétrole ; .. au XXIe siècle, un État est en train d’asseoir sa domina routes du pétrole ; au XXIe siècle, un État est en train d’asseoir sa domination sur l’exportation et la consommation des métaux rares. Cet État, c’est la Chine. »

    La Chine « détient le #monopole d’une kyrielle de métaux rares indispensables aux énergies bas carbone & numérique, ces 2 piliers de la transition énergétique. Il est le fournisseur unique du + stratégique : terres rares — sans substitut connu & dont personne ne peut se passer. »

    « Notre quête d’un modèle de #croissance + écologique a plutôt conduit à l’exploitation intensifiée de l’écorce terrestre pr en extraire le principe actif, à savoir les métaux rares, avec des #impacts_environnementaux encore + importants que cx générés par l’#extraction_pétrolière »

    « Soutenir le changement de notre #modèle_énergétique exige déjà un doublement de la production de métaux rares tous les 15 ans environ, et nécessitera au cours des trente prochaines années d’extraire davantage de minerais que ce que l’humanité a prélevé depuis 70 000 ans. » (25)

    « En voulant nous émanciper des #énergies_fossiles, en basculant d’un ordre ancien vers un monde nouveau, nous sombrons en réalité dans une nouvelle dépendance, plus forte encore. #Robotique, #intelligence_artificielle, #hôpital_numérique, #cybersécurité, #biotechnologies_médicale, objets connectés, nanoélectronique, voitures sans chauffeur… Tous les pans les + stratégiques des économies du futur, toutes les technologies qui décupleront nos capacités de calcul et moderniseront notre façon de consommer de l’énergie, le moindre de nos gestes quotidien… et même nos grands choix collectifs vont se révéler totalement tributaires des métaux rares. Ces ressources vont devenir le socle élémentaire, tangible, palpable, du XXIe siècle. » (26)

    #Metaux_Rares Derrière l’#extraction et le « #raffinage », une immense #catastrophe_écologique : « D’un bout à l’autre de la chaîne de production de métaux rares, quasiment rien en #Chine n’a été fait selon les standards écologiques & sanitaires les plus élémentaires. En même temps qu’ils devenaient omniprésents ds les technologies vertes & numériques les + enthousiasmantes qui soient, les métaux rares ont imprégné de leurs scories hautement toxiques l’eau, la terre, l’atmosphère & jusqu’aux flammes des hauts-fourneaux – les 4 éléments nécessaires à la vie »

    « C’est ici que bat le cœur de la transition énergétique & numérique. Sidérés, ns restons une bonne h à observer immensités lunaires & paysages désagrégés. Mais il vaut mieux déguerpir avant que la maréchaussée alertée par les caméras ne débarque »

    « Nous avons effectué des tests, et notre village a été surnommé “le village du cancer”. Nous savons que nous respirons un air toxique et que nous n’en avons plus pour longtemps à vivre. »

    « La seule production d’un #panneau_solaire, compte tenu en particulier du silicium qu’il contient, génère, avance-t-il, plus de 70 kilos de CO2. Or, avec un nombre de panneaux photovoltaïques qui va augmenter de 23 % par an dans les années à venir, cela signifie que les installations solaires produiront chaque année dix gigawatts d’électricité supplémentaires. Cela représente 2,7 milliards de tonnes de carbone rejetées dans l’atmosphère, soit l’équivalent de la #pollution générée pendant un an par l’activité de près de 600 000 automobiles.

    « Ces mêmes énergies – [dites] « renouvelables » – se fondent sur l’exploitation de matières premières qui, elles, ne sont pas renouvelables. »

    « Ces énergies – [dites] « vertes » ou « décarbonées » – reposent en réalité sur des activités génératrices de #gaz_à_effet_de_serre . »

    « N’y a-t-il pas une ironie tragique à ce que la pollution qui n’est plus émise dans les agglomérations grâce aux voitures électriques soit simplement déplacée dans les zones minières où l’on extrait les ressources indispensables à la fabrication de ces dernières ?

    .. En ce sens, la transition énergétique et numérique est une transition pour les classes les plus aisées : elle dépollue les centres-villes, plus huppés, pour mieux lester de ses impacts réels les zones plus miséreuses et éloignées des regards. »

    « Certaines technologies vertes sur lesquelles se fonde notre idéal de sobriété énergétique nécessitent en réalité, pour leur fabrication, davantage de matières premières que des technologies plus anciennes. »

    .. « Un futur fondé sur les technologies vertes suppose la consommation de beaucoup de matières, et, faute d’une gestion adéquate, celui-ci pourrait ruiner […] les objectifs de développement durable. » (The World Bank Group, juin 2017.)

    « Le #recyclage dont dépend notre monde + vert n’est pas aussi écologique qu’on le dit. Son bilan environnemental risque même de s’alourdir à mesure que nos sociétés produiront des alliages + variés, composés d’un nombre + élevé de matières, ds des proportions tjrs + importantes »

    « Dans le monde des matières premières, ces observations relèvent le + souvent de l’évidence ; pr l’immense majorité d’entre nous, en revanche, elles sont tellement contre-intuitives qu’il va certainement nous falloir de longues années avant de bien les appréhender & faire admettre. Peut-être [dans 30 ans] nous dirons-nous aussi que les énergies nucléaires sont finalement moins néfastes que les technologies que nous avons voulu leur substituer et qu’il est difficile d’en faire l’économie dans nos mix énergétiques. »

    « Devenue productrice prépondérante de certains métaux rares, la Chine [a] désormais l’opportunité inédite d’en refuser l’exportation vers les États qui en [ont] le plus besoin. […] Pékin produit 44 % de l’#indium consommé dans le monde, 55 % du vanadium, près de 65 % du #spath_fluor et du #graphite naturel, 71 % du germanium et 77 % de l’antimoine. La Commission européenne tient sa propre liste et abonde dans le même sens : la Chine produit 61 % du silicium et 67 % du germanium. Les taux atteignent 84 % pour le tungstène et 95 % pour les terres rares. Sobre conclusion de Bruxelles : « La Chine est le pays le plus influent en ce qui concerne l’approvisionnement mondial en maintes matières premières critiques ». »

    « La République démocratique du Congo produit ainsi 64 % du #cobalt, l’Afrique du Sud fournit 83 % du platine, de l’iridium et du #ruthénium, et le Brésil exploite 90 % du #niobium. L’Europe est également dépendante des États-Unis, qui produisent plus de 90 % du #béryllium . »

    « Les 14 pays membres de l’OPEP, capables depuis des décennies d’influencer fortement les cours du baril, ne totalisent « que » 41 % de la prod. mondiale d’or noir… La Chine, elle, s’arroge jusqu’à 99 % de la prod. mondiale de terres rares, le + convoité des métaux rares ! »

    Aimants — « Alors qu’à la fin de la décennie 1990 le Japon, les États-Unis et l’Europe concentraient 90 % du marché des aimants, la Chine contrôle désormais les 3/4 de la production mondiale ! Bref, par le jeu du chantage « technologies contre ressources », le monopole chinois de la production des minerais s’est transposé à l’échelon de leur transformation. La Chine n’a pas trusté une, mais deux étapes de la chaîne industrielle. C’est ce que confirme la Chinoise Vivian Wu : « Je pense même que, dans un avenir proche, la Chine se sera dotée d’une industrie de terres rares totalement intégrée d’un bout à l’autre de la chaîne de valeur. » Vœu déjà en partie réalisé. Il a surtout pris racine dans la ville de #Baotou, en #Mongolie-Intérieure . »

    « Baotou produit chaque année 30 000 tonnes d’aimants de terres rares, soit le tiers de la production mondiale. »

    « Nos besoins en métaux rares se diversifient et s’accroissent de façon exponentielle. […] D’ici à 2040, nous devrons extraire trois fois plus de terres rares, cinq fois plus de tellure, douze fois plus de cobalt et seize fois plus de #lithium qu’aujourd’hui. […] la croissance de ce marché va exiger, d’ici à 2050, « 3 200 millions de tonnes d’acier, 310 millions de tonnes d’aluminium et 40 millions de tonnes de #cuivre 5 », car les éoliennes engloutissent davantage de matières premières que les technologies antérieures.

    .. « À capacité [de production électrique] équivalente, les infrastructures […] éoliennes nécessitent jusqu’à quinze fois davantage de #béton, quatre-vingt-dix fois plus d’aluminium et cinquante fois plus de fer, de cuivre et de verre » que les installations utilisant des #combustibles traditionnels, indique M. Vidal. Selon la Banque mondiale, qui a conduit sa propre étude en 2017, cela vaut également pour le solaire et pour l’hydrogène. […] La conclusion d’ensemble est aberrante : puisque la consommation mondiale de métaux croît à un rythme de 3 à 5 % par an, « pour satisfaire les besoins mondiaux d’ici à 2050, nous devrons extraire du sous-sol plus de métaux que l’humanité n’en a extrait depuis son origine ».

    .. Que le lecteur nous pardonne d’insister : nous allons consommer davantage de #minerais durant la prochaine génération qu’au cours des 70 000 dernières années, c’est-à-dire des cinq cents générations qui nous ont précédés. Nos 7,5 milliards de contemporains vont absorber plus de #ressources_minérales que les 108 milliards d’humains que la Terre a portés jusqu’à ce jour. » (211-214)

    Sans parler des « immenses quantités d’eau consommées par l’industrie minière, [des] rejets de gaz carbonique causés par le transport, [du] #stockage et [de] l’utilisation de l’énergie, [de] l’impact, encore mal connu, du recyclage des technologies vertes [de] toutes les autres formes de pollution des #écosystèmes générées par l’ensemble de ces activités [et] des multiples incidences sur la biodiversité. » (215)

    « D’un côté, les avocats de la transition énergétique nous ont promis que nous pourrions puiser à l’infini aux intarissables sources d’énergie que constituent les marées, les vents et les rayons solaires pour faire fonctionner nos technologies vertes. Mais, de l’autre, les chasseurs de métaux rares nous préviennent que nous allons bientôt manquer d’un nombre considérable de matières premières. Nous avions déjà des listes d’espèces animales et végétales menacées ; nous établirons bientôt des listes rouges de métaux en voie de disparition. » (216)

    « Au rythme actuel de production, les #réserves rentables d’une quinzaine de métaux de base et de métaux rares seront épuisées en moins de cinquante ans ; pour cinq métaux supplémentaires (y compris le fer, pourtant très abondant), ce sera avant la fin de ce siècle. Nous nous dirigeons aussi, à court ou moyen terme, vers une pénurie de vanadium, de #dysprosium, de #terbium, d’#europium & de #néodyme. Le #titane et l’indium sont également en tension, de même que le cobalt. « La prochaine pénurie va concerner ce métal, Personne n’a vu le problème venir. »

    « La #révolution_verte, plus lente qu’espéré, sera emmenée par la Chine, l’un des rares pays à s’être dotés d’une stratégie d’approvisionnement adéquate. Et Pékin ne va pas accroître exagérément sa production de métaux rares pour étancher la soif du reste du monde. Non seulement parce que sa politique commerciale lui permet d’asphyxier les États occidentaux, mais parce qu’il craint à son tour que ses ressources ne s’amenuisent trop rapidement. Le marché noir des terres rares, qui représente un tiers de la demande officielle, accélère l’appauvrissement des mines, et, à ce rythme, certaines réserves pourraient être épuisées dès 2027. »

    De la question « du #taux_de_retour_énergétique (#TRE), c’est-à-dire le ratio entre l’énergie nécessaire à la production des métaux et celle que leur utilisation va générer. […] C’est une fuite en avant dont nous pressentons l’absurdité. Notre modèle de production sera-t-il encore sensé le jour où un baril permettra tt juste de remplir un autre baril ? […] Les limites de notre système productiviste se dessinent aujourd’hui plus nettement : elles seront atteintes le jour où il nous faudra dépenser davantage d’énergie que nous ne pourrons en produire. »

    « Plusieurs vagues de #nationalisme minier ont déjà placé les États importateurs à la merci de pays fournisseurs prtant bien moins puissants qu’eux. En fait de mines, le client ne sera donc plus (toujours) roi. La géopolitique des métaux rares pourrait faire émerger de nouveaux acteurs prépondérants, souvent issus du monde en développement : le #Chili, le #Pérou et la #Bolivie, grâce à leurs fabuleuses réserves de lithium et de cuivre ; l’#Inde, riche de son titane, de son #acier et de son #fer ; la #Guinée et l’#Afrique_australe, dont les sous-sols regorgent de bauxite, de chrome, de manganèse et de platine ; le Brésil, où le bauxite et le fer abondent ; la Nouvelle-Calédonie, grâce à ses prodigieux gisements de #nickel. » (226-227)

    « En engageant l’humanité ds la quête de métaux rares, la transition énergétique & numérique va assurément aggraver dissensions & discordes. Loin de mettre un terme à la géopol. de l’énergie, elle va au contraire l’exacerber. Et la Chine entend façonner ce nouveau monde à sa main. »

    « Les #ONG écologistes font la preuve d’une certaine incohérence, puisqu’elles dénoncent les effets du nouveau monde plus durable qu’elles ont elles-mêmes appelé de leurs vœux. Elles n’admettent pas que la transition énergétique et numérique est aussi une transition des champs de pétrole vers les gisements de métaux rares, et que la lutte contre le réchauffement climatique appelle une réponse minière qu’il faut bien assumer. » (234-235)

    « La bataille des terres rares (et de la transition énergétique et numérique) est bel et bien en train de gagner le fond des mers. Une nouvelle ruée minière se profile. […] La #France est particulièrement bien positionnée dans cette nouvelle course. Paris a en effet mené avec succès, ces dernières années, une politique d’extension de son territoire maritime. […] L’ensemble du #domaine_maritime français [est] le deuxième plus grand au monde après celui des #États-Unis. […] Résumons : alors que, pendant des milliers d’années, 71 % de la surface du globe n’ont appartenu à personne, au cours des six dernières décennies 40 % de la surface des océans ont été rattachés à un pays, et 10 % supplémentaires font l’objet d’une demande d’extension du plateau continental. À terme, les États pourvus d’une côte exerceront leur juridiction sur 57 % des fonds marins. Attirés, en particulier par le pactole des métaux rares, nous avons mené, en un tps record, la + vaste entreprise d’#appropriation_de_territoires de l’histoire. »

    « Le projet, entonné en chœur par tous les avocats de la #transition_énergétique et numérique, de réduire l’impact de l’homme sur les écosystèmes a en réalité conduit à accroître notre mainmise sur la #biodiversité. » (248)

    « N’est-il pas absurde de conduire une mutation écologique qui pourrait tous nous empoisonner aux métaux lourds avant même que nous l’ayons menée à bien ? Peut-on sérieusement prôner l’harmonie confucéenne par le bien-être matériel si c’est pour engendrer de nouveaux maux sanitaires et un #chaos_écologique – soit son exact contraire ? » (252)

    Métaux rares, transition énergétique et capitalisme vert https://mensuel.lutte-ouvriere.org//2023/01/23/metaux-rares-transition-energetique-et-capitalisme-vert_4727 (Lutte de classe, 10 janvier 2023)

    #écologie #capitalisme #impérialisme

  • Titane, pétrole, fer, gaz, manganèse… Le contrôle des ressources fossiles et des minerais enfouis dans le territoire ukrainien est au cœur du conflit.
    Origine de ces informations : Reporterre https://reporterre.net/Un-enjeu-cache-de-la-guerre-en-Ukraine-les-matieres-premieres

    Les médias qui font semblant de nous informer sur ce qui se passe en Ukraine en sont à parler d’affrontements religieux entre la catholicisme et la religion orthodoxe. Une guerre de religion en somme.

    Et pourtant,
    L’accaparement des matières premières enfouies sous le sol ukrainien est à la racine d’un conflit où les voix des puissances nationales et industrielles priment sur celles des Ukrainiens.

    Depuis 2014, le rapprochement des gouvernements ukrainiens avec les puissances occidentales a permis aux États-Unis et à l’Union européenne de planifier l’extraction des matières premières de ce pays richement doté.

    En 2010, d’importants gisements de #gaz_de_schiste ont été découverts en Ukraine. En 2013, les permis ont été attribués aux sociétés étasuniennes #Shell et #Chevron. Sur fond de corruption.

    Le gigantesque projet d’extraction de Yuzivska a déclenché l’opposition des habitants de la région, qui se sont mobilisés contre les pollutions des eaux qui résulteraient de la fracturation hydraulique.

    Au même moment, l’exploitation d’hydrocarbures à l’est de la Crimée visant à produire 3 millions de tonnes de #pétrole par an démarre.
    L’annexion de la Crimée », par la Russie a mis cette exploitation pétroliére en stand by.

    Les conquêtes de 2014 ont permis à la Russie « de contrôler la moitié du pétrole conventionnel de l’Ukraine, 72 % de son #gaz naturel, et l’essentiel de sa production et de ses réserves de charbon ». Ces dernières sont situées dans le Donbass.

    Le sous-sol du pays recèle des gisements considérables estimés par les services de géologie ukrainiens à une valeur de 7 500 milliards de dollars.

    L’Ukraine est classée au cinquième rang mondial pour ses réserves en #fer, en #graphite et en #manganèse — deux éléments critiques pour la production de batteries électriques.

    Elle est aussi sixième productrice mondiale de #titane, métal stratégique pour la production aéronautique, et recèle d’importants gisements de #lithium, de #cuivre, de #cobalt et de #terres_rares.

    Il y a aussi du #zirconium, utilisé aux trois quarts pour le nucléaire ; de #scandium, sous-produit de la métallurgie du titane utilisé dans les piles à combustible et les alliages ultralégers de l’aéronautique ; ou encore de #molybdène, employé dans les superalliages, les écrans et les puces électroniques.

    Pour la fabrication de semi-conducteurs, l’industrie étasunienne est par ailleurs dépendante à 90 % du #néon de qualité ultrapure produit à Odessa à partir du gaz issu des acieries.

    L’Ukraine s’était engagée à privatiser ses mines et son industrie métallurgique, à collaborer avec les services géologiques européen.

    À partir de 2016, le gouvernement ukrainien a commencé à vendre ses permis miniers par le biais d’enchères électroniques.

    Tous ces gisements de minerais sont aussi stratégiques pour les pays de l’Otan qu’ils le sont pour la Russie.

    L’agression russe de l’Ukraine a donc aussi pour toile de fond cet affrontement pour l’approvisionnement en matières critiques, dont la première victime est la population ukrainienne.

    En ce moment, tout le monde promet ou prête de l’argent à l’Ukraine.

    Quelle marge de manœuvre restera-t-il aux dirigeants du pays quand il faudra rembourser les dizaines de milliards d’euros de prêts contractés auprès de la BERD, de la Banque mondiale, des États-Unis et des pays européens qui convoitent ses ressources naturelles ?

    Une fois la guerre terminée, les Ukrainiens n’auront-ils pas la mauvaise surprise de découvrir que pendant qu’ils tentaient de survivre aux assauts et aux bombardements russes, leurs régions ont été vendues aux entreprises minières et gazières ?

    #ukraine #économie #guerre #otan #usa #énergie #ue #géopolitique #matières_premières #Russie #Donbass

  • Au #Mali, des terres rendues incultivables par le “fléau chinois”

    Des populations rurales maliennes dénoncent l’#exploitation de #sites_aurifères par des sociétés chinoises qui dégradent leurs terres agricoles. Face au silence des autorités, ces populations s’organisent, rapporte le site “Sahélien”. Ce cas malien illustre un phénomène plus large en Afrique, celui de l’accaparement de #terres_arables par des entreprises internationales.

    Dans le champ de Bourama Konaté, c’est l’inquiétude qui se lit sur son visage. À peine après avoir mis en terre quelques semences de #coton, ce jeune cultivateur voit déjà une saison incertaine. “Nous avons commencé à semer le coton ici, mais cette année, nous ne sommes pas assez rassurés. Chaque année, nous travaillons dans la joie et la quiétude mais, cette fois-ci, c’est tout le contraire. Les Chinois sont venus et nos terres agricoles leur sont octroyées pour qu’ils les exploitent, et cela nous rend triste”, déplore-t-il.

    Dans cette commune située à plus de 80 kilomètres de Bamako, l’agriculture est la principale activité économique des habitants. Comme Bourama, Dramane Keita est au bout du désespoir.

    Même avec les premières pluies, il n’a rien semé dans le bas-fond en passe de devenir un site minier. “Nous les avons suppliés de ne pas creuser ces terres, car s’ils le font, […] nous ne pourrons même plus cultiver du #maïs sur ces parcelles parce que l’#eau va stagner et l’on ne pourra non plus cultiver du #riz ici. Déjà cette année, nous n’avons pas pu cultiver du riz. Jusqu’à présent, je n’ai rien fait dans mon champ, alors qu’on est bien dans l’hivernage. Regardez par ici, ce n’est pas encore labouré”, explique-t-il.

    Et de poursuivre : “C’est notre année qui est fichue comme ça. Que le gouvernement nous vienne en aide. Ça me fait tellement mal, je n’ai nulle part où me plaindre. Ils ont emprisonné mon grand frère et tout est gâché chez moi. […] On est trop fatigués.”

    Terres rendues incultivables

    Remontés contre les autorités communales, des jeunes venus des quatre villages touchés par ce qu’ils appellent le “#fléau_chinois” manifestent pour demander l’arrêt des activités minières sur leurs terres. “Nous, la jeunesse, sommes mobilisés et ne comptons plus nous arrêter. On veut qu’ils partent de notre commune, on n’aime pas leur travail. On ne veut pas de polémique ni rien. On ne souhaite pas faire de violences, mais s’ils poussent le bouchon un peu loin, on va rebondir”, affirme Bakary Keïta, un manifestant.

    Fatoumata Traoré, la représentante des femmes, abonde dans le même sens : “Que ce soit nos bas-fonds ou autres parcelles dédiées aux travaux des femmes, tout a été détruit. On n’a plus où cultiver. Ce qu’ils nous ont causé est invivable. Et nos âmes y resteront s’il le faut. Car le seul endroit qui nous reste est aussi dans leur viseur. Nos champs d’orangers, de manguiers ont tous été confisqués. Si tu veux tuer une famille, il faut lui retirer sa terre agricole.”

    Tout a commencé le 24 juillet 2021 lorsque la société [chinoise] #Yi_Yuan_Mines a signé un projet de convention avec le chef du village de #Naréna demandant l’autorisation d’exploiter certains sites en contrepartie de projets de développement dans la commune. “Je pense que c’est des oppositions gratuites. Les permis ont leur valeur. Ce sont des #permis qui sont en bonne et due forme. Il y a un modus vivendi entre les propriétaires terriens et les Chinois quand ils faisaient de la recherche. Ils étaient d’accord pour ça. […] J’ai les écrits des quatre propriétaires terriens et ceux du chef des conseils de Naréna, où tout le monde dit qu’il est d’accord. Alors, qu’est-ce que vous voulez que je fasse ?” répond Nambala Daouda Keita, maire de Naréna.

    À la tête de l’association #Sikida_Lakana, Broulaye Coulibaly indique avoir alerté les autorités locales face aux dangers de l’#exploitation_aurifère. “J’ai appris qu’ils ont commencé à creuser sur un site (#Djolibani) et je m’y suis rendu. Par la suite, j’ai informé le chef du village en lui disant d’y faire un tour pour constater les dégâts. Car, s’ils continuent cette activité, ils nous chasseront d’ici. Sans avoir une suite, j’ai entamé la même démarche chez le sous-préfet, à qui j’ai recommandé l’arrêt des activités pour qu’on discute entre nous d’abord. Ce dernier m’a fait savoir qu’il ne peut pas ordonner l’arrêt des travaux et que je pouvais également leur demander de l’argent s’il arrivait qu’ils aient besoin de mon champ.”

    Accords au sommet, désaccords à la base

    Pour la société Yi Yuan Mines, ce bras de fer ne devrait pas avoir lieu. “La réalité, c’est l’État malien qui a donné le permis à travers le #ministère_des_Mines. Il est dit que l’État est propriétaire de la terre. Alors que les villageois pensent tout à fait le contraire, ils estiment être les propriétaires de la terre. Il n’y a pas de paradoxe parce que ce n’est pas le #permis_de_recherche qu’on a mais un #permis_d’exploitation. Et ç’a été diffusé partout. Mais malgré tout, ils s’opposent”, affirme Boubacar Abdoulaye Diarra, représentant de l’entreprise chinoise.

    Pour ce qui concerne les dégâts causés sur la #biodiversité, Boubacar Abdoulaye Diarra répond : “Le plus souvent, les #orpailleurs traditionnels utilisent des ‘cracheurs’ sur le terrain. Ça, c’est pour broyer la matière. En le faisant, ils sont obligés d’apporter sur le terrain les produits qu’il faut, pour essayer de concentrer un peu l’or, et c’est là où il y a dégâts. Lorsqu’ils utilisent ces produits avec de l’eau, il y a toujours ruissellement, et puisque c’est un produit toxique, ça joue sur la nature. […] Mais les produits que nous utilisons ne vont pas dans la nature.”

    En août 2021, le procès-verbal de constat réalisé par un huissier ainsi qu’un autre rapport de la Direction nationale de l’assainissement et du contrôle des pollutions et des nuisances (DNACPN) indiquent que ces activités, sans études environnementales au préalable, nuisent à l’écosystème.

    Il a donc été recommandé à la sous-préfecture la suspension des travaux pour permettre à ces sociétés de se conformer aux normes requises à travers l’obtention d’un permis environnemental et social, d’un permis d’exploitation de l’or et le paiement des infractions commises.

    C’est le 7 avril 2022, soit un an après la signature du projet de convention d’exploitation, que la société Yi Yuan a obtenu le permis d’exploitation délivré par le ministère des Mines, de l’’Énergie et de l’Eau pour exploiter une superficie de 100 kilomètres. Un permis qui ravive les tensions et les craintes liées à l’#impact_environnemental.

    Sursaut de la société civile

    Face à la dégradation des terres et pour venir en aide aux habitants, une organisation non gouvernementale procède au remblai des fosses d’anciens sites miniers, au reboisement et au curage des rivières.

    Mais aujourd’hui la nouvelle situation n’arrange pas les choses. “Cela impacte également notre projet de #barrage prévu à Lankalen. Ce projet a été annulé à cause des travaux des Chinois. Car les lieux sont proches l’un de l’autre. Ce qui impacte les activités, précisément les cours d’eau. Lorsqu’on analyse, il était impossible de pêcher cette année dans ces rivières, ni d’entretenir les plantes à cause des eaux de ruissellement issues des sites”, souligne Moustapha Berthé, agent de l’ONG Azhar.

    Sur place, la tension était vive le mardi 14 juin 2022. Ce jour-là, une rencontre entre les autorités régionales, communales et coutumières a eu lieu à la mairie de Naréna pour un retour au calme. “Les autorités locales de Kangaba ne cessent de signaler une agitation sociale au niveau de Naréna, précisément dans le village de #Bayan, où une société chinoise du nom de #Yi_Yuan, en partenariat avec des Maliens, s’installe après l’obtention bien sûr d’un permis d’exploitation. Alors par suite de déficit communicationnel, les populations locales ont tenu à montrer leur mécontentement”, a déclaré le colonel Lamine Kapory Sanogo, gouverneur de la région de Koulikoro, à la fin de la rencontre.

    https://www.courrierinternational.com/article/enquete-au-mali-des-terres-rendues-incultivables-par-le-fleau

    #Chine #Chinafrique #accaparement_des_terres #terres #or #extractivisme #terres_agricoles #résistance #mine #mines #orpaillage

  • Quand l’industrie rachète la terre
    Par Lucile Leclair

    https://aoc.media/opinion/2022/05/11/quand-lindustrie-rachete-la-terre

    Les #terres_agricoles recouvrent la moitié du territoire français. Ressources convoitées depuis toujours, elles font l’objet de luttes entre agriculteurs, mais pas seulement : elles sont aujourd’hui menacées par des #industries désireuses de maîtriser les matières agricoles. Avançant à bas bruit, elles posent une nouvelle question pour la campagne : assiste-t-on à un #accaparement qu’on croyait réservé aux pays de l’hémisphère Sud ?

    Depuis le début de la guerre opposant deux gros producteurs de céréales, les cours de l’huile, colza, blé ou maïs ont atteint des taux record. Des droits exceptionnels pourraient être accordés aux agriculteurs français, pour leur permettre d’utiliser les terres obligatoirement au repos. « La Commission va proposer d’adopter une suspension (des règles), afin qu’on puisse utiliser ces #terres pour la production protéinique, car il y a évidemment un manque de nourriture pour les #élevages » a indiqué à l’AFP le commissaire européen à l’agriculture Janusz Wojciechowski.
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    Il faut se représenter la terre comme le réservoir alimentaire du pays. Lorsque les incertitudes politiques se multiplient, le #foncier_agricole apparaît sous une lumière un peu plus crue. La terre, essentielle et stratégique, est gouvernée d’un peu plus près. Mais à qui revient-elle ? Depuis une dizaine d’années, la terre attire les grandes entreprises. Après avoir avalé la transformation des produits agricoles et la #distribution, elles investissent la production agricole elle-même. Enseignes de la grande distribution, leaders de l’#agroalimentaire, du secteur pharmaceutique ou du secteur cosmétique : ils sont de plus en plus nombreux à convoiter le patrimoine agricole.

    Au sud d’Orléans, Fleury Michon possède un élevage où naissent six-mille porcelets par an. À la ferme, des ouvriers font les travaux agricoles. À des centaines de kilomètres, les dirigeants de Fleury Michon surveillent sur leurs écrans les cours des matières premières. Ayant fondé sa croissance à l’origine dans le secteur commercial, cette entreprise fait à présent du contrôle de l’activité agricole un élément clé de sa stratégie.

    Posséder la terre présente trois atouts majeurs. D’abord, l’industriel assure lui-même son approvisionnement sans passer par les producteurs. Ensuite, ce contrôle direct des matières premières apporte plus de flexibilité pour répondre aux attentes changeantes du consommateur. Enfin, l’exploitation directe lui permet de se passer d’intermédiaires coûteux : agriculteurs, coopératives, négociants, etc.

    Mais le modèle de l’#agriculture de firme signifie la disparition du savoir-faire et de l’authenticité du métier agricole. Le paysan se transforme en exécutant au service d’un groupe industriel. En quoi est-ce un problème ? Le sol est un organe vivant, seul un agriculteur connaît sa terre. Une fois gérée à distance, la connaissance de la terre se perd.

    Ainsi, l’agriculture de firme contraint à une standardisation du vivant. Car organiser une ferme en fonction de schémas tout faits oblige à conformer le vivant. L’industrie a besoin de produits tous identiques, sa chaîne de production est conçue pour des poulets ou des cochons d’une taille adéquate, pour du riz ou des pommes de terre d’une variété donnée et d’un calibre unique. Le contraire d’une agriculture de proximité approvisionnant des marchés locaux.

    Déjà, les agriculteurs n’étaient plus entièrement maîtres de leurs décisions. Les industriels étaient souvent accusés de faire la pluie et le beau temps en matière de prix. Mais un autre glissement s’opère, un saut de plus dans l’histoire de l’#industrialisation de l’agriculture. À l’image d’autres secteurs de l’économie – la production de voitures ou l’industrie numérique avec les GAFAM –, il en découle une concentration des sociétés sans précédent. On avait déjà vu le remplacement de la supérette de quartier par une grande chaîne. Les petites et moyennes entreprises (PME) disparaissent, au profit des plus grandes. Ce mouvement gagne à présent l’agriculture.

    Mais pourquoi la terre voit-elle arriver des investisseurs auxquels elle avait échappé jusque-là ? Le monde rural, tout bucolique qu’il semble être, n’est pas simple. Un agriculteur sur cinq vit sous le seuil de pauvreté. À force de travailler soixante heures par semaine pour quelques centaines d’euros, avec des montagnes de crédit dont on ne voit pas le bout, l’amertume des agriculteurs grandit. Dans ce contexte, il n’est pas surprenant que les fortunes de l’industrie soient bienvenues là où l’argent manque.

    Les autorités de leur côté, ont de moins en moins de moyens pour faire garde-fou. Pour le comprendre, il faut se pencher sur les Sociétés d’aménagement foncier et d’établissement rural (Safer). Il en existe une par département. Placées sous tutelle du ministère de l’Agriculture et du ministère de l’Économie et des Finances, les Safer sont des sociétés anonymes sans but lucratif. Leur création en 1960 devait permettre à la puissance publique d’intervenir sur le marché des terres pour exercer une mission d’intérêt général, celle de redistribuer le foncier agricole en faveur des agriculteurs.

    Chaque Safer locale se voit obligatoirement informée lorsqu’une transaction est en vue, notamment quand un agriculteur vend ses terres au moment de partir à la retraite. Le code rural leur confère un pouvoir important avec un droit de préemption, qui leur permet d’acquérir le bien avant tout autre acheteur afin de fixer un nouveau prix et de faire un appel à candidature.

    Mais, en pratique, les exemples d’écarts abondent. Pourquoi les Safer acceptent-elles de vendre des terres à Fleury Michon ? Contacté au sujet de ce type d’opérations, Emmanuel Hyest, le président de la Fédération nationale des Safer, ne souhaite pas s’exprimer. Comment comprendre le dévoiement d’un organe d’État ? Déjà en 2014, la Cour des comptes critiquait une gestion « peu transparente » et recommandait un « meilleur encadrement ». Un écrit fut publié, il s’intitulait : « Les dérives d’un outil de politique d’aménagement agricole et rural ». Dans ce rapport, les magistrats reprochaient aux Safer de perdre de vue leur mission initiale : elles n’installent plus suffisamment de jeunes agriculteurs.

    La baisse drastique des moyens accordés aux Safer y est-elle pour quelque chose ? À leur création, elles étaient financées à 80% par des fonds publics. Mais ces subventions de l’État n’ont cessé de fondre et, depuis 2017, l’État ne finance plus du tout les Safer, sauf en Outre-mer. Le peu d’argent public qui reste – 2 % du budget en moyenne – provient essentiellement des régions. Aujourd’hui, 90 % du budget des Safer viennent des commissions qu’elles touchent sur les ventes. Et les 8 % restants sont issus d’études et de conseils, principalement à destination des collectivités territoriales.

    Quand le prix de la terre atteint de tels sommets, les jeunes agriculteurs ne peuvent pas suivre.

    Ainsi, la plupart de leurs recettes est désormais apportée par les transactions qu’elles réalisent pour vivre. Aujourd’hui sous-équipées, elles peinent à remplir leur mission. Pour maintenir leurs finances en bonne santé, elles ont intérêt à enchaîner les transactions et peuvent parfois mettre de côté leur objectif premier.

    En théorie, il est prévu que les Safer facilitent l’installation des jeunes agriculteurs. Mais lorsqu’un gros industriel se présente, elles ont du mal à dire non. À côté de Grasse, Chanel achète l’hectare à un million d’euros pour cultiver les fleurs qui entrent dans la composition de ses parfums. En proposant de tels prix, la société Chanel était sûre d’emporter le marché. À moins que la Safer locale ne s’y oppose : le code rural lui attribue la faculté d’utiliser son droit de préemption « avec révision de prix ».

    Si le tarif est surévalué, elle peut exiger une baisse. La Safer diffère alors la transaction, le temps de proposer au vendeur de nouvelles conditions conformes au prix local de la terre, fixé chaque année dans un document officiel, « Le Prix des terres ». Mais Chanel ne semble pas soumis aux mêmes lois que tous. La Safer locale autorise la vente. À ce sujet Emmanuel Hyest, le président national des Safer, ne souhaite pas non plus s’exprimer.

    Les perturbations pour le marché foncier sont pourtant réelles. La terre agricole voit s’affronter des prétendants à armes inégales. Quand le prix de la terre atteint de tels sommets, les jeunes agriculteurs ne peuvent pas suivre. Florian Duchemin se dit écœuré par cette « bagarre de l’hectare ». Après avoir recherché pendant quatre ans une parcelle pour s’installer en maraîchage dans la Drôme, il a dû trouver un travail dans l’informatique : « Vu le prix, bientôt il sera plus facile d’acquérir un trois-pièces à Paris qu’un hectare de terre arable. » « La concurrence est déloyale », conclut ce trentenaire en pointant des acheteurs qui viennent du monde industriel.

    Leur arrivée remonte au début des années 2010. Cette évolution survient au mauvais moment : un agriculteur sur quatre a plus de 60 ans. Dans les trois années à venir, 160 000 exploitations devront trouver un successeur. Qui seront les prochains paysans ?

    À l’origine de la création des Safer, le ministre du général de Gaulle puis de François Mitterrand, Edgard Pisani, avait imaginé cet outil comme des « offices fonciers » pour extraire les terres agricoles des logiques de marché : « J’ai longtemps cru que le problème foncier était de nature juridique, technique, économique et qu’une bonne dose d’ingéniosité suffirait à le résoudre. J’ai lentement découvert qu’il était le problème politique le plus significatif qui soit[1]. » Les Safer ne remplissent plus guère leur mission.

    En témoigne une autre transaction emblématique. En avril 2016, le groupe pékinois Reward, spécialisé dans l’agroalimentaire, faisait la « une » des médias. Ses achats mettaient au jour les failles du système français de protection des ressources agricoles. La société du milliardaire Hu Keqin venait d’acquérir 1 700 hectares de terre céréalière dans l’Indre et l’Allier – soit plus de vingt fois la surface moyenne d’une exploitation. À quoi étaient destinées les farines françaises ? À alimenter la chaîne chinoise de boulangeries Chez Blandine.

    Si l’affaire a choqué l’opinion publique, elle n’est pourtant que la partie émergée de l’iceberg. Et les industries acquéreuses de terre agricole sont aussi celles qui nous sont familières. Sur le marché des terres en France, on ne compte que peu d’acheteurs étrangers (2%). La médiatisation des acheteurs chinois masque les vrais enjeux. Il semble facile de regarder ailleurs, quand les entreprises nationales ou régionales jouent les premiers rôles.

    L’opération de la firme Reward a au moins amené une prise de conscience : les Safer manquent aussi de moyens juridiques, il faut les moderniser. Au milieu des années 2010, le monde agricole réclame une grande loi foncière pour adapter l’arbitre du marché foncier aux dernières évolutions. Un combat qui portera finalement ses fruits : le 14 décembre 2021, le Parlement français a adopté une loi « portant mesures d’urgence pour assurer la régulation de l’accès au foncier agricole au travers de structures sociétaires ». Le texte prévoit la mise en place de nouveaux contrôles par les Safer, sous l’autorité du préfet qui devra donner son accord lorsqu’une entreprise (ou un groupe industriel) cherche à acquérir du foncier.

    Mais cette loi autorise de nombreuses « dérogations » qui la rendent en partie inefficace. Les Safer devront notamment apprécier également le « développement du territoire » au regard « des emplois créés et des performances économiques, sociales et environnementales ». Présentée comme une « étape », cette loi ne peut remplacer la grande loi foncière que les organisations agricoles appellent de leurs vœux.

    Sans réelle opposition pour les freiner, les firmes avancent dans l’espace rural.

    Première organisation de la profession, la FNSEA (Fédération nationale des syndicats d’exploitants agricoles) indique poursuivre la « réflexion en interne » pour protéger plus durablement les agriculteurs. « Il faut un changement de politique publique pour répartir autrement la terre », affirme la Confédération paysanne. Tandis que le Mouvement de défense des exploitants familiaux (Modef) demande, lui, qu’une loi « encadre les prix des terres agricoles de sorte qu’ils soient en corrélation avec le revenu agricole qui peut être dégagé sur ces terres ».

    La mission d’information parlementaire créée en décembre 2018 avait évoqué la création d’un outil centralisé de régulation du foncier agricole confié à une autorité administrative indépendante. La Commission européenne a d’ores et déjà autorisé des mesures de régulations fortes comme le droit de préemption en faveur des agriculteurs, un plafonnement de la taille des propriétés foncières, voire des mesures contre la spéculation. Il manque encore une volonté plus largement partagée, afin que la terre demeure un « espace politique », comme le définissait le sociologue et philosophe Henri Lefebvre. Autrement dit, un espace façonné́ par les décisions de tous et non de quelques-uns.

    Sans réelle opposition pour les freiner, les firmes avancent dans l’espace rural. Leurs fermes passent souvent inaperçues. À qui appartient la terre ? Il n’y a aucune marque dans le paysage. Toute une cohorte d’entreprises prend du pouvoir à la campagne : elles achètent ou louent les terres, les cultivent et organisent les récoltes à l’insu du plus grand nombre. À l’heure où l’agriculture paysanne a la cote, cette mutation discrète est en cours.

    Il faut contribuer à révéler cette dynamique qui échappe à l’appareil statistique. Sur les 26,7 millions d’hectares que compte la France, les grandes entreprises en possèdent-elles 100 000 ou 1 million ? Personne ne peut le dire aujourd’hui. Il est temps que les décideurs politiques s’emparent du sujet pour que l’on puisse mesurer sa valeur statistique exacte.

    Au fil des mois d’enquête, je me suis souvent confrontée à la difficulté d’accéder à l’information. Lorsque les portes sont fermées, il semble d’autant plus urgent de s’immiscer dans les rouages des transactions foncières. Car les nouveaux propriétaires fonciers font l’agriculture de demain. Qui sont-ils ? Dans quel intérêt investissent-ils ? À qui doivent-ils rendre des comptes ? Nous avons le droit de connaître les ressorts de ce que nous achetons.

    Quand une terre est cultivée par un groupe industriel, où est l’intérêt de la population ? La question devrait pouvoir être posée dans l’instance de la Safer. Problème, les commissions où se déroulent les ventes de terre se déroulent à huis-clos. Ainsi, les instances en charge des affaires foncières ne sont pas ouvertes au public.

    Les Safer ont tous les attributs d’un parlement pour partager le foncier – sauf la transparence. « Nous ne connaissons pas la teneur des échanges, nous n’avons aucun renseignement sur les débats, mais seulement sur la décision prise », explique Thomas, agriculteur en Loire-Atlantique. Pour lui, la démocratie pratiquée à la Safer ne devrait pas se passer à huis clos. « Pourquoi ne peut-on pas s’inscrire pour assister à un comité technique comme on peut le faire dans un conseil municipal ? »

    Dans les années à venir, les hectares qui se vendront vont-ils conforter l’agriculture de firme ou un autre modèle agricole ? C’est le rôle de nos Safer d’en décider. L’arbitrage des autorités sur un acte aussi primordial pour la vie, celui de manger, doit être davantage compris et mis en lumière.

    NDLR : Lucile Leclair a publié en novembre dernier Hold-up sur la terre aux éditions du Seuil.

  • Terres rares : des minéraux uniques au cœur d’une bataille mondiale • FRANCE 24 - YouTube
    https://www.youtube.com/watch?v=hC7bHavPofY

    C’est un des enjeux futurs de la guerre commerciale entre les États-Unis et la Chine : les #terres_rares, des gisements de métaux indispensables pour faire fonctionner les téléphones, les ordinateurs ou les éoliennes. La Chine en est devenue le plus grand producteur en développant une #activité_minière performante au cours des dernières décennies. Mais les États-Unis sont bien décidés à exploiter leurs propres ressources et ils viennent ainsi de rouvrir une mine de terres rares en Californie.

    https://alternatives-projetsminiers.org
    #extractivisme

  • Des terres agricoles en péril
    https://www.franceculture.fr/emissions/le-reportage-de-la-redaction/des-terres-agricoles-en-peril

    Les #terres_agricoles, un sujet crucial, alors que s’ouvre samedi le Salon de l’agriculture. Un rapport de la fondation Terre de liens que France Culture vous dévoile en exclusivité rassemble pour la première fois toutes les données sur l’état des terres agricoles en France et fait ce constat : en 2030, 5 milliards d’hectares de terres agricoles seront à reprendre. Or ces terres fertiles disparaissent petit à petit sous le béton ou se concentrent dans les mains de quelques uns, rendant parfois la vie compliquée pour les jeunes agriculteurs qui souhaitent s’installer pour de la production à petite échelle.

    Illustration près de Surgères, dans la « petite Beauce » de Charente-Maritime, où Caroline et Sébastien ont dû batailler pendant trois ans pour pouvoir s’installer sur 24 hectares de prairies. Ils y élèvent un troupeau de brebis pour faire des fromages bio, vendus dans le circuit local uniquement. C’est l’association Terre de Liens qui leur a finalement acheté la terre, qu’ils travaillent en fermage, un statut très développé dans l’agriculture.

    • Terres de liens n’est impliqué dans rien du tout, l’asso aide à installer des gens qui souhaitent faire de l’agroécologie. Point. Elle n’a pas à s’immiscer dans les croyances, philosophies ou autres religions des personnes. Et à mon sens, heureusement.

      La biodynamie en tant que pratique agricole ne nuit à personne (et perso ça ne me dérange pas) et n’est pas nuisible à l’environnement.

      Si c’est à l’anthroposophie que tu fais référence, c’est un autre débat. Les personnes qui pratiquent la biodynamie ne versent pas forcément dans l’anthroposophie.

      Je me suis pris un peu la tête sur l’oiseau bleu avec un type lié à l’agriculture et qui passait pas mal de temps à tirer à boulet rouge sur la biodynamie. Après quelques échanges il a admis ceci :
      – en surface agricole c’est moins de 1% des cultures en France
      – il travaille avec des agriculteurs en biodynamie et à se passe très bien.

      Donc, éviter les amalgames trop rapides.

    • oui c’était à l’anthroposophie que je faisais référence, de ce que j’en ai compris c’est censé être un fondement de la biodynamie.
      Je ne savais pas qu’il y avait de la biodynamie qui se démarquait de ça, d’ailleurs je ne trouve pas vraiment de sources qui évoquent ça sur internet.

    • Bé peu importe ce que dit Demeter pour se vendre, la biomynamie c’est bien totalement lié à l’anthroposophie dans sa création même non ?
      https://fr.wikipedia.org/wiki/Agriculture_biodynamique

      L’agriculture biodynamique, aussi appelée communément biodynamie, est un système de production agricole magique issu du courant ésotérique de l’anthroposophie. Ses bases dogmatiques ont été posées par Rudolf Steiner dans une série de conférences données aux agriculteurs en 1924 et développées ensuite par des agriculteurs anthroposophes.

      L’agriculture biodynamique de Steiner ne donne aucun mécanisme explicatif, et son fondateur refuse la méthode expérimentale, en appelant uniquement à la foi de ceux qui voudront bien le croire.

      L’emploi de préparations reposant sur des principes ésotériques, dont la prise en considération de l’influence supposée des rythmes lunaires et planétaires différencie principalement l’agriculture biodynamique de l’agriculture biologique.

      Ce système de production n’est pas plus efficace que l’agriculture biologique, dont il respecte les principes de base. Les deux approches se distinguent par les dimensions ésotériques de l’agriculture biodynamique, et l’efficacité revendiquée de la biodynamie relève de la pensée magique. En raison de ses fondements mystiques, l’agriculture biodynamique est classée parmi les pseudosciences.

      Mais donc c’est très bien oui, tant que ça fait du bio, bah c’est du bio. Mais ça fait pas plus quoi, le reste c’est du magique.

  • Les terres rares. - YouTube

    https://www.youtube.com/watch?v=OAyYSlMhgI4

    Dans cette vidéo, je vous explique ce que sont les terres rares, à quoi elles servent et quels sont les problèmes qu’elles soulèvent.

    0:00​ • Introduction
    1:14 • Que sont les terres rares ?
    2:35​ • À quoi servent les terres rares ?
    7:06 • Indispensables aux technologies « vertes » ?
    10:12 • Les terres rares sont-elles rares ?
    13:39 • La Chine domine le marché
    16:34 • Une production polluante
    18:00 • Des déchets radioactifs ?
    21:30 • Intéressantes malgré tout ?
    25:17 • Produire en Europe ?
    30:15 • Recyclage ?
    32:01 • Conclusion
    34:03 • Le mot de la fin

    #terres_rares #le_reveilleur #chine

    Les « terres rares » sont des minéraux… qui d’ailleurs ne sont pas si rares que cela…

  • #Terres_de_femmes

    Immersion dans des sociétés traditionnelles où les #femmes détiennent et transmettent le #savoir comme le #pouvoir. L’avenir de l’homme ?

    À quoi ressemblerait un monde dirigé par les femmes ? Serait-il plus égalitaire, mieux organisé ou moins violent, comme certains voudraient le croire ? Les femmes peuvent-elles mieux faire que les hommes − ou du moins, autrement ? Pour esquisser quelques pistes, cette série documentaire part à la rencontre de sociétés traditionnelles où les femmes détiennent et transmettent le pouvoir, décidant pour leur communauté.

    https://boutique.arte.tv/detail/terres-de-femmes
    #série #film_documentaire #documentaire #matriarcat #monde

  • #Monténégro : les #boues_rouges du #KAP, une #bombe_écologique à retardement - Le Courrier des Balkans
    https://www.courrierdesbalkans.fr/Montenegro-les-boues-rouges-du-KAP-une-bombe-ecologique-a-retarde

    | PDF | Réagissez

    C’est une bombe écologique à retardement. Les deux bassins de boues rouges du Combinat d’#aluminium de Podgorica, au Monténégro, menacent directement les riverains et le milieu fragile du lac de Skadar. La #privatisation et la vente à la découpe de l’entreprise ont favorisé toutes les magouilles. Enquête.

    #pollution #bauxite #plans_sociaux #métaux_lourds #antisyndicalisme #eau #alimentation #santé #terres_rares #criminalité_en_col_blanc #banque_mondiale

  • Feu vert pour le chantier du canal Seine-Nord Europe, un projet pharaonique

    Permis de creuser ! Ce lundi, une nouvelle, passée un peu inaperçue, a été annoncée du côté de Compiègne, en France. Corinne Orzechowski, préfète du département de l’Oise, a signé un arrêté d’autorisation environnementale pour des aménagements dans la vallée de l’Oise https://www.canal-seine-nord-europe.fr/Actualites/L-autorisation-environnementale-pour-le-secteur-1-a-ete-sign . Avec ce feu vert de madame la Préfète, cela veut dire que les travaux pour la phase 1 du percement du canal Nord-Seine-Europe peuvent débuter.
    . . . . .


    Pour la région des Hauts-de-France, c’est le « chantier du siècle ». Le creusement d’un canal à grand gabarit entre les bassins de la Seine et de l’Escaut.
    . . . . .

    Le projet, d’une longueur totale de 106 kilomètres, traversant la fertile campagne picarde va donc commencer sa première phase. 18 kilomètres près de Compiègne. Ensuite, les autres secteurs suivront, et les autorités françaises d’estimer à 2028 une mise en service complète. Aux entrepreneurs maintenant de creuser, mais aussi d’élargir certaines parties de l’ancien canal, d’aménager des infrastructures (3 ponts-canaux, 7 écluses, 4 plateformes multimodales, des quais commerciaux, deux réservoirs d’eau, 59 ouvrages de franchissement routier et ferroviaire…). D’une largeur de 54 mètres et d’une profondeur de 4,5 mètres, le travail est titanesque.
    . . . . . .
    Avant de creuser, des fouilles archéologiques ont été menées sur tout le tracé du canal. Selon le journal le Parisien, c’est ainsi le plus grand chantier archéologique jamais mené en Europe qui a été ouvert. Des fouilles qui ont permis de faire revenir à la surface et dans la mémoire des hommes des traces des batailles de la première guerre mondiale (comme celle de Noyon), mais aussi des centaines de sites archéologiques. Voie et villas romaines, monuments funéraires, des traces allant principalement de la Préhistoire à Moyen-Age.

    la suite dithyrambique : https://www.rtbf.be/info/monde/detail_transport-fluvial-feu-vert-pour-le-chantier-du-canal-seine-nord-europe-u

    #péniche #transports #trafic #travaux #chantiers #container #transport_fluvial #péniche #eau #gaspillage #Oise #chantier #massacre des #terres_agricoles #projet de l’#ue #union_européenne

  • La Face cachée des #énergies_vertes

    Voitures électriques, éoliennes, panneaux solaires… La transition énergétique laisse entrevoir la promesse d’un monde plus prospère et pacifique, enfin libéré du pétrole, de la pollution et des pénuries. Mais cette thèse officielle s’avère être un mythe : en nous libérant des combustibles fossiles, nous nous préparons à une nouvelle dépendance à l’égard des métaux rares. De graves problèmes écologiques et économiques pour l’approvisionnement de ces ressources stratégiques ont déjà commencé. Et si le « monde vert » qui nous attend se révélait être un nouveau cauchemar ?

    http://www.film-documentaire.fr/4DACTION/w_fiche_film/61421_1

    #film #film_documentaire #documentaire

    #COP21 #COP_21 #transition_énergétique #technologie #technologies_vertes #voiture_électrique #énergies_propres #extractivisme #mines #green-washing #greenwashing #délocalisation_de_la_pollution #pétrole #métaux_rares #néodyme #cobalt #graphite #lithium #photovoltaïque #énergie_solaire #énergie_éolienne #éolienne #solaire #dépendance #RDC #République_démocratique_du_Congo #Australie #Chili #Bolivie #Indonésie #Chine #industrie_minière #Mongolie #Terres_rares #eaux_usées #radioactivité #réfugiés_des_technologies_vertes #eau #IDPs #déplacés_internes #cuivre #santé #Chuquicamata #cancer #Aliro_Boladas #centrales_à_charbon #modèle_économique_extractiviste #énergies_renouvelables #engie #Norvège #charbon #hypocrisie #green_tech #zéro_émissions #changement_climatique #Jean-Louis_Borloo #ADEME #Renault #bornes_électriques #Rapport_Syrota #Jean_Sirota #BYD #EDF #Photowatt #Péchiney_métallurgie #magnésium #nationalisme_des_ressources #Bolivie #recyclage #déchets #décharges_sauvages #Neocomp #fausse_transition #sobriété #progrès_technologique #décroissance #énergies_renouvelables

    –-

    déjà signalé par @odilon sur seenthis :
    https://seenthis.net/messages/888273

    • « La face positive des énergies vertes »

      Le documentaire « La face cachée des énergies vertes » est passé fin novembre sur Arte. Truffé d’erreurs et d’arguments partisans, allant jusqu’à comparer le problème des pales d’éoliennes, soit disant non recyclables, à celui posé par les déchets nucléaires !

      Autre exemple : ce documentaire assène que les énergies vertes et que les batteries nécessitent obligatoirement l’utilisation de terres rares. Ce n’est pourtant pas du tout l’avis de l’Ademe. D’autre part, le photovoltaïque n’utilise jamais de terres rares. Et pour l’éolien et les voitures électriques, leur utilisation dans les moteurs à aimants permanents permet de gagner en performances, mais cet usage n’est ni systématique, ni indispensable.

      Cet article présente :

      – La quinzaine d’erreurs grossières parmi les très nombreuses qui émaillent ce documentaire.
      – Le cercle vertueux du photovoltaïque et de l’éolien : plus on en installe, plus on réduit les émissions de gaz carbonique.
      – Que nos voitures contiennent davantage de terres rares que les voitures électriques sans moteurs à aimants permanents.
      – Pour qui roule le journaliste Guillaume Pitron, à l’origine de ce documentaire.

      En se fondant sur les avis qui se colportent, principalement sur la production des terres rares utilisées dans les énergies vertes, Guillaume Pitron, qui a enquêté dans une douzaine de pays, nous fait visiter quelques sites d’exploitation qui portent atteinte à l’environnement et à la santé des travailleurs.

      Hélas ce documentaire est gâché autant par sa partialité, que par de très nombreuses erreurs grossières.

      https://www.passerelleco.info/article.php?id_article=2390
      https://seenthis.net/messages/894307

    • Geologic and anthropogenic sources of contamination in settled dust of a historic mining port city in northern Chile: health risk implications

      Chile is the leading producer of copper worldwide and its richest mineral deposits are found in the Antofagasta Region of northern Chile. Mining activities have significantly increased income and employment in the region; however, there has been little assessment of the resulting environmental impacts to residents. The port of Antofagasta, located 1,430 km north of Santiago, the capital of Chile, functioned as mineral stockpile until 1998 and has served as a copper concentrate stockpile since 2014. Samples were collected in 2014 and 2016 that show elevated concentrations of As, Cu, Pb, and Zn in street dust and in residents’ blood (Pb) and urine (As) samples. To interpret and analyze the spatial variability and likely sources of contamination, existent data of basement rocks and soil geochemistry in the city as well as public-domain airborne dust were studied. Additionally, a bioaccessibility assay of airborne dust was conducted and the chemical daily intake and hazard index were calculated to provide a preliminary health risk assessment in the vicinity of the port. The main conclusions indicate that the concentrations of Ba, Co, Cr, Mn, Ni, and V recorded from Antofagasta dust likely originate from intrusive, volcanic, metamorphic rocks, dikes, or soil within the city. However, the elevated concentrations of As, Cd, Cu, Mo, Pb, and Zn do not originate from these geologic outcrops, and are thus considered anthropogenic contaminants. The average concentrations of As, Cu, and Zn are possibly the highest in recorded street dust worldwide at 239, 10,821, and 11,869 mg kg−1, respectively. Furthermore, the contaminants As, Pb, and Cu exhibit the highest bioaccessibilities and preliminary health risk indices show that As and Cu contribute to elevated health risks in exposed children and adults chronically exposed to dust in Antofagasta, whereas Pb is considered harmful at any concentration. Therefore, an increased environmental awareness and greater protective measures are necessary in Antofagasta and possibly other similar mining port cities in developing countries.

      https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5922233

      #santé #mines

    • L’association #Vernunftkraft

      Aufgeklärte und deshalb zu Recht besorgte Bürger dieses Landes (https://www.vernunftkraft.de/bundesinitiative) erkennen hinsichtlich der Rationalität energiepolitischer Entscheidungen nicht hinnehmbare Defizite.

      Die Zerstörung von Wäldern zwecks Ansiedlung von volkswirtschaftlich sinnlosen Windindustrieanlagen ist dabei die Spitze des Eisbergs.

      Zentrale Elemente der gegenwärtigen Energiepolitik sind extrem unvernünftig.

      Daher möchten wir der Vernunft Kraft geben.
      https://www.vernunftkraft.de

    • La guerre des métaux rares. La face cachée de la transition énergétique et numérique

      En nous émancipant des énergies fossiles, nous sombrons en réalité dans une nouvelle dépendance : celle aux métaux rares. Graphite, cobalt, indium, platinoïdes, tungstène, terres rares… ces ressources sont devenues indispensables à notre nouvelle société écologique (voitures électriques, éoliennes, panneaux solaires) et numérique (elles se nichent dans nos smartphones, nos ordinateurs, tablettes et autre objets connectés de notre quotidien). Or les coûts environnementaux, économiques et géopolitiques de cette dépendance pourraient se révéler encore plus dramatiques que ceux qui nous lient au pétrole.

      Dès lors, c’est une contre-histoire de la transition énergétique que ce livre raconte – le récit clandestin d’une odyssée technologique qui a tant promis, et les coulisses d’une quête généreuse, ambitieuse, qui a jusqu’à maintenant charrié des périls aussi colossaux que ceux qu’elle s’était donné pour mission de résoudre.

      http://www.editionslesliensquiliberent.fr/livre-La_guerre_des_m%C3%A9taux_rares-9791020905741-1-1-

      #livre #Guillaume_Pitron

    • Rapport ADEME 2012 :

      Énergie et patrimoine communal : enquête 2012

      L’enquête « Énergie et patrimoine communal » est menée tous les cinq ans depuis 1990. Elle porte sur les consommations d’énergie et les dépenses payées directement par les communes sur trois cibles principales : le patrimoine bâti, l’éclairage public et les carburants des véhicules.

      https://www.ademe.fr/energie-patrimoine-communal-enquete-2012

      –—

      Rapport ADEME 2015 :


      Scénarios 2030-2050 : une vision énergétique volontariste

      Quel mix énergétique pour les années 2030-2050 ? L’ADEME actualise son scénario Énergie Climat et propose des mesures pour contribuer à la déclinaison du plan CLIMAT.

      Les objectifs ambitieux du Plan Climat lancé par Nicolas Hulot, ministre de la Transition écologique et solidaire, confirment la stratégie volontariste de la France pour la transition énergétique. Dans le contexte actuel de mise à jour de la Stratégie nationale bas carbone (SNBC) et de la Programmation pluriannuelle de l’énergie (PPE), l’actualisation du scénario énergie-climat de l’ADEME vient contribuer aux réflexions pour mettre en oeuvre ces objectifs.

      Cette contribution est double : d’une part, l’actualisation des « Visions énergétiques » de l’ADEME, qui souligne l’enjeu que représente l’atteinte des objectifs ambitieux inscrits dans la loi, et d’autre part, l’étude « Propositions de mesures de politiques publiques pour un scénario bas carbone », qui propose une liste de mesures concrètes à mettre en oeuvre.

      https://www.ademe.fr/recherche-innovation/construire-visions-prospectives/scenarios-2030-2050-vision-energetique-volontariste

    • En #Géorgie, la révolte de la “capitale du #manganèse” contre une exploitation hors de contrôle

      Le développement de technologies comme les voitures électriques a fait grimper la demande de manganèse. À #Tchiatoura, où cette ressource est abondante, on en paie les conséquences : excavations à tout-va, paysage saccagé, maisons qui s’effondrent, et main-d’œuvre mal payée.

      La grogne sociale monte depuis 2019 dans le district de Tchiatoura, ancienne “capitale” soviétique de la production de manganèse. Depuis trois mois, 3 500 mineurs sont en #grève pour réclamer la hausse de leurs salaires (qui ne dépassent pas 250 euros) et une meilleure assurance maladie. À la mi-mai, quelques mineurs du village de #Choukrouti, près de Tchiatoura, se sont cousus la bouche et ont entamé une #grève_de_la_faim, rapporte le site géorgien Ambebi.

      Face au silence des autorités locales et nationales, depuis le 31 mai, dix familles font un sit-in devant l’ambassade des États-Unis (la puissance occidentale la plus influente en Géorgie), à Tbilissi, la capitale. “Les gens réclament des compensations pour leur maison et demandent l’aide des diplomates étrangers”, pour rappeler à l’ordre la compagnie privée #Georgian_Manganese, filiale géorgienne de la société britannique #Stemcor, explique le site Ekho Kavkaza.

      Les habitants protestent contre les dégâts écologiques, économiques et culturels causés par une extraction intensive à ciel ouvert du manganèse. Utilisé dans la fabrication de l’acier, la demande pour ce métal est en forte croissance, notamment pour les besoins de l’industrie des véhicules électriques, des piles, des batteries et circuits électroniques.

      #paywall

      https://www.courrierinternational.com/article/degats-en-georgie-la-revolte-de-la-capitale-du-manganese-cont

    • En #Géorgie, la révolte de la “capitale du #manganèse” contre une exploitation hors de contrôle

      Le développement de technologies comme les voitures électriques a fait grimper la demande de manganèse. À #Tchiatoura, où cette ressource est abondante, on en paie les conséquences : excavations à tout-va, paysage saccagé, maisons qui s’effondrent, et main-d’œuvre mal payée.

      La grogne sociale monte depuis 2019 dans le district de Tchiatoura, ancienne “capitale” soviétique de la production de manganèse. Depuis trois mois, 3 500 mineurs sont en #grève pour réclamer la hausse de leurs salaires (qui ne dépassent pas 250 euros) et une meilleure assurance maladie. À la mi-mai, quelques mineurs du village de #Choukrouti, près de Tchiatoura, se sont cousus la bouche et ont entamé une #grève_de_la_faim, rapporte le site géorgien Ambebi.

      Face au silence des autorités locales et nationales, depuis le 31 mai, dix familles font un sit-in devant l’ambassade des États-Unis (la puissance occidentale la plus influente en Géorgie), à Tbilissi, la capitale. “Les gens réclament des compensations pour leur maison et demandent l’aide des diplomates étrangers”, pour rappeler à l’ordre la compagnie privée #Georgian_Manganese, filiale géorgienne de la société britannique #Stemcor, explique le site Ekho Kavkaza.

      Les habitants protestent contre les dégâts écologiques, économiques et culturels causés par une extraction intensive à ciel ouvert du manganèse. Utilisé dans la fabrication de l’acier, la demande pour ce métal est en forte croissance, notamment pour les besoins de l’industrie des véhicules électriques, des piles, des batteries et circuits électroniques.

      #paywall

      https://www.courrierinternational.com/article/degats-en-georgie-la-revolte-de-la-capitale-du-manganese-cont

  • Bill Gates serait à présent le plus grand propriétaire de terres arables aux États-Unis.

    https://deutsche-wirtschafts-nachrichten.de/509243/Bill-Gates-ist-nun-der-groesste-Eigentuemer-von-Ack

    „Bill Gates, der viertreichste Mensch der Welt und ein selbst beschriebener Nerd, der eher für seine frühen Programmierkenntnisse als für seine Liebe zur Natur bekannt ist, hat sich in den USA leise 242.000 Acres Ackerland (etwa 100.000 Hektar, Anm.d.Red.) geschnappt - genug, um ihn zum größten privaten Ackerlandbesitzer in den USA zu machen. Nach jahrelangen Berichten, dass er landwirtschaftliche Flächen in Orten wie Florida und Washington kaufte, enthüllte ,The Land Report’, dass Gates, der laut Forbes ein Nettovermögen von fast 121 Milliarden US-Dollar hat, ein riesiges Ackerland-Portfolio in 18 Bundesstaaten aufgebaut hat. Seine größten Beteiligungen befinden sich in Louisiana (69.071 Acres), Arkansas (47.927 Acres) und Nebraska (20.588 Acres). Darüber hinaus ist er an 25.750 Morgen Übergangsland auf der Westseite von Phoenix, Arizona, beteiligt, das als neuer Vorort entwickelt wird“, so die Zeitschrift „Forbes“.

    #Bill_Gates #spéculation #terres_arables

  • Microbes could be used to extract metals and minerals from space rocks | MIT Technology Review
    https://www.technologyreview.com/2020/11/10/1011935/microbes-extract-metals-minerals-space-rocks-mining/?truid=a497ecb44646822921c70e7e051f7f1a

    Donc, si je comprends bien, on va envoyer des bactéries dans l’espace pour extraire les terres rares des roches spatiales, et permettre de rapporter moins lourd sur Terre.
    Mais bon, cela veut dire qu’on enverra des bactéries dans des endroits inhabités. Quand je pense qu’on s’est offusqué de l’envoi de tardigrades sur la Lune par une équipe israélienne.
    Encore un commun qui va disparaître sous la pression d el’économie expansive.

    New experiments on the International Space Station suggest that future space miners could use bacteria to acquire valuable resources.
    by

    Neel V. Patel archive page

    November 10, 2020
    psyche asteroid
    An illustration of asteroid Psyche, thought to be primarily made of metals.ASU/Peter Rubin

    A species of bacteria can successfully pull out rare Earth elements from rocks, even in microgravity environments, a study on the International Space Station has found. The new findings, published in Nature Communications today, suggest a new way we could one day use microbes to mine for valuable metals and minerals off Earth.

    Why bacteria: Single-celled organisms have evolved over time on Earth to extract nutrients and other essential compounds from rocks through specialized chemical reactions. These bacterial processes are harnessed to extract about 20% of the world’s copper and gold for human use. The scientists wanted to know if they worked in microgravity too.

    The findings: BioRock was a series of 36 experiments that took place on the space station. An international team of scientists built what they call “biomining reactors”—tiny containers the size of matchboxes that contain small slices of basalt rock (igneous rock that’s usually found at or near the surface of Earth, and is quite common on the moon and Mars) submerged in a solution of bacteria.

    Up on the ISS those bacteria were exposed to different gravity simulations (microgravity, Mars gravity, and Earth gravity) as they munched on the rocks for about three weeks, while researchers measured the rare Earth elements released from that activity. Of the three bacteria species studied, one—Sphingomonas desiccabilis—was capable of extracting elements like neodymium, cerium, and lanthanum about as effectively in lower-gravity environments as they do on Earth.

    So what: Microbes won’t replace standard mining technology if we ever mine for resources in space, but they could definitely speed things up. The team behind BioRock suggests that microbes could help accelerate mining on extraterrestrial bodies by as much as 400%, helping to separate metal powders and valuable minerals from other useful elements like oxygen. The fact that they seem able to withstand microgravity suggests these microbes could be a potentially cheap way to extract resources to make life in space more sustainable—and enable lengthy journeys and settlements on distant worlds.

    #Espace #Terres_rares #Bactéries #Espace #Communs