• Morire di confine al Brennero

      Ci sono volute settimane di ricerca – e un lavoro che forse competeva ad altri – per risalire al nome e all’identità della giovane donna morta lo scorso 16 novembre, nei pressi della stazione di Borghetto sul confine tra Veneto e Trentino. La donna stava camminando lungo la massicciata quando è stata travolta da un treno regionale diretto a Verona. Adesso sappiamo che si chiamava #Rawda, aveva 29 anni, ed era arrivata in Italia da poco più di dieci giorni. Aveva con sé il tesserino di uno dei principali centri di accoglienza di Milano per migranti in transito, segno che, dopo essere sbarcata a Reggio Calabria, stava cercando una via verso nord.

      A raccontare a Open Migration questa storia è Alessandra Volani di Antenne Migranti, progetto di monitoraggio dei flussi migratori lungo la direttrice del Brennero, che insieme a un’altra giovane, Valentina Sega, e a un cittadino di origine etiope – Zabenay Jabe Daka, esponente dell’associazione trentina Amici dell’Etiopia – è tra i principali artefici di questa ricerca. “Subito ci siamo resi conto”, racconta Alessandra, “di come i tentativi da parte delle autorità di identificare la donna e di provare ad avvertirne i familiari si fossero di fatto bloccati. Anzi, ormai erano già stati avviati con il comune di Avio i preparativi per la sepoltura, senza che a quel corpo fosse assegnato un nome né tanto meno fosse stata avvisata la famiglia”.

      A imprimere una svolta a questa storia è stata solo una fortuita coincidenza, unita alla determinazione di tante persone comuni: il 25 novembre, durante una visita alla camera mortuaria di Avio, Alessandra Volani scopre, accanto al corpo della donna, una borsa contenente i pochi effetti personali che aveva con sé al momento della morte. “All’interno”, spiega la giovane, “abbiamo trovato alcuni biglietti scritti in amarico che abbiamo tradotto con l’aiuto di Zabenay”.

      http://openmigration.org/analisi/morire-di-confine-al-brennero/?platform=hootsuite
      #Brenner #Autriche

    • #Rawda non è stata dimenticata: Comunicato stampa di Antenne Migranti
      Rawda aveva 29 anni e ha perso la vita a pochi chilometri dalle nostre case. Era partita tempo fa dalla sua terra, l’Etiopia, dove vivono i suoi cari. E’ arrivata in Italia lo scorso novembre. Nel freddo della stagione e del sistema d’accoglienza, Rawda si è trovata smarrita. Ha concluso il suo viaggio il 16 novembre 2016, camminando lungo i binari nei pressi di Borghetto: nel buio, un treno l’ha investita.

      Rawda non è stata dimenticata. Grazie all’impegno di tante persone della comunità della Vallagarina e al nostro gruppo Antenne Migranti è stato possibile mettersi in contatto con la famiglia, che ha chiesto sostegno per poter rivedere, seppur da deceduta, la propria cara, non potendosi permettere la cifra necessaria al rimpatrio della salma. In poche settimane la mobilitazione di tante persone della comunità locale ha fatto sì che venisse raccolto quanto serve per coprire le spese . Ora Rawda può tornare a casa. Un’incredibile solidarietà popolare, che permetterà, oltre al rimpatrio, di studiare anche una forma di sostegno alla figlia di Rawda, rimasta orfana.

      Una solidarietà che fa onore al Trentino, ma che non può servire come alibi alle mancanze che questa storia evidenzia.

      Primo, la vicinanza di molti trentini ha coperto quella che crediamo essere un’assenza delle istituzioni: se, arrivando da lontano, si muore così tragicamente su un territorio, non sarebbe lecito aspettarsi che siano le istituzioni pubbliche di quel territorio a rendere omaggio alla defunta? Senza un’attivazione volontaristica, invece, Rawda sarebbe rimasta sepolta in Trentino, e chissà quando la sua famiglia avrebbe avuto notizia della sua morte.

      Secondo, è necessario abituarsi alle morti sulle rotaie? Dopo Rawda, altre quattro persone hanno perso la vita sulla rotta ferroviaria Verona-Austria. Dobbiamo aspettarci di dover cercare altre famiglie orfane e rimpatriare altre salme?

      Preoccupati per la condizione delle persone migranti che transitano lungo i nostri binari, abbiamo costituito il gruppo indipendente Antenne Migranti. Con il sostegno della Fondazione Alexander Langer di Bolzano, il nostro obiettivo è svolgere attività di monitoraggio nelle stazioni e città lungo la rotta del Brennero per cercare di fornire supporto, in termini di orientamento informativo, ai migranti in transito e di stimolare le istituzioni rispetto alle problematiche esistenti.
      Il progetto è stato presentato venerdì 20 gennaio al Centro Culturale Trevi di Bolzano.


      http://www.alexanderlanger.org/it/948/3979

    • Migranti, “quando capita a due passi da te è diverso”. Storia di Rawda e degli italiani che l’hanno restituita a sua figlia

      Non solo vittime del viaggio nel deserto e della traversata del Mediterraneo, la chiusura delle frontiere interne dell’Europa sta rendendo sempre più pericoloso il viaggio dei migranti intenzionati a chiedere asilo fuori dall’Italia. Da un anno a questa parte, 21 persone sono morte nel tentativo di passare in Francia, Svizzera e Austria. Quattordici i morti nella zona di Ventimiglia, due tra Como e Chiasso e cinque sulla tratta del Brennero. Rawda Abdu è una di queste vittime. Partita dall’Etiopia all’età di 23 anni, già madre di una bambina nata da una violenza in un sobborgo di Addis Abeba, dopo sei anni di lavori precari in Egitto e Libia lo scorso anno decide di rischiare la traversata in mare, verso l’Europa. Si imbarca a Tripoli e arriva a Palermo l’8 novembre 2016. Identificata a Reggio Calabria il giorno successivo, viene trasferita ad un centro di accoglienza di Milano il 14 novembre. Due giorni dopo un treno la travolge mentre percorre i binari , all’altezza di Avio, provincia di Trento.

      A ricostruire la vicenda è Sara Ballardini di Antenne Migranti, progetto che insieme alla Fondazione Alexander Langer monitora la tratta del Brennero per dare informazioni e supporto legale ai migranti. “Respinta dalla polizia di frontiera in base al trattato di Dublino, viene caricata su un treno regionale che dal confine la riporta a sud, direzione Verona”. Senza biglietto, Rawda viene fatta scendere intorno alle 22 alla piccola stazione di Borghetto. Spaesata inizia a camminare a lato della linea ferroviaria. Non si accorge del treno che arriva alle sue spalle e la sbalza sulla massicciata. “Il suo corpo sarebbe rimasto senza nome – racconta Valentina Sega, che vive a Trento ma è originaria di Avio e ha voluto seguire la vicenda da subito – la Polfer si era infatti limitata a prendere le impronte digitali, anche se nella borsetta che la ragazza aveva con sé c’era un foglio con i numeri di tutta la sua famiglia”. Sarà poi Zebenay Jabe Daka, cittadino italiano presidente dell’associazione trentina “Amici dell’Etiopia”, a informare i parenti di Rawda e a ricostruire la sua storia. Di famiglia poverissima, con le sue rimesse manteneva l’intero nucleo familiare: i genitori e la figlia. “La famiglia di Rawda era distrutta, l’unico desiderio che sono riusciti a esprimere è stato quello di poter riavere la salma”, racconta Zebenay.

      Ma il sindaco di Avio Federico Secchi, eletto con Lega e Forza Italia e noto per i saluti romani in onore di un combattente della Repubblica di Salò, non aveva intenzione di contribuire alle spese per il rimpatrio. “Per fortuna altre persone nella giunta comunale ci hanno dato una mano, ma soprattutto il parroco e tante associazioni solidali. In poche settimane siamo riusciti a raccogliere 11mila euro, cifra sufficiente al rimpatrio della salma e all’avviamento di un progetto di sostegno a distanza per la figlia rimasta orfana”, ricorda Zebenay. “Una colletta a cui ha partecipato l’intero paese, una mobilitazione solidale enorme che conferma come, davanti a casi concreti, le persone comuni riescano a superare pregiudizi e chiusure”. Molti dei cittadini solidali, infatti, pochi mesi prima si erano espressi contrariamente all’accoglienza di alcuni richiedenti asilo in paese. “Al momento dell’ultimo saluto al cimitero di Avio, prima del rimpatrio della salma, c’era tutto il paese e anche la vicesindaco: in tanti hanno cambiato il proprio sguardo sulla problematica dei migranti”.
      Folgorati o travolti da treni mentre camminano sulle rotaie, investiti lungo l’autostrada o sui sentieri di montagna. Le vittime delle frontiere sono quasi sempre molto giovani. Tra i pochi a cui si è riusciti a dare un nome ci sono diversi minorenni, che avrebbero potuto attraversare legalmente la frontiera, se solo qualcuno li avesse correttamente informati dei loro diritti e i governi di Francia, Svizzera e Austria non respingessero indiscriminatamente chi chiede loro asilo dopo essere passato dall’Italia.

      https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/09/05/migranti-quando-capita-a-due-passi-da-te-e-diverso-storia-di-rawda-e-degli-italiani-che-lhanno-restituita-a-sua-figlia/3822631
      #Avio

  • Lungo la rotta del Brennero: rapporto di monitoraggio sulla situazione dei migranti al Brennero e Bolzano

    Il monitoraggio condotto ha consentito di far emergere criticità riguardo ad alcune delle procedure applicate dalle diverse istituzioni, all’accesso all’accoglienza e alle condizioni stesse di accoglienza, criticità che, in quanto presenti da diverso tempo, tendono a divenire un problema strutturale.

    Il rapporto si è altresì soffermato sia sui controlli svolti alla stazione del Brennero sia anche sulle azioni della polizia austriaca, quali riammissioni, respingimenti e irrogazione di multe e contemporaneo sequestro, in alcuni casi, di beni personali.
    Secondo quanto rilevato alla stazione del Brennero, sino a luglio 2017, arrivavano in media tra le 10 e le 20 persone migranti al giorno. Controlli sistematici, carrozza per carrozza, sono effettuati dalle forze dell’ordine nei confronti delle persone con tratti somatici non europei (racial profiling). Le persone con un qualche tipo di permesso di soggiorno ma prive di titolo di viaggio valido per l’espatrio, vengono fatte scendere ed invitate a prendere un treno verso sud; chi è privo di qualsiasi documento e permesso di soggiorno viene solitamente accompagnato al Commissariato per essere identificato e fotosegnalato, quindi invitato a presentarsi alla Questura di Bolzano per regolarizzare la propria posizione. Da fine febbraio i controlli sono effettuati anche sui treni regionali provenienti dall’Austria, con procedure sommarie di respingimento immediato in Austria.

    Una parte dei migranti fermati al Brennero arriva a Bolzano, che si configura come un altro confine, e qui vi rimane bloccata (stranded). I profili giuridici delle persone migranti fermate al confine e stranded in Bolzano sono molto differenti: richiedenti protezione internazionale, persone con permesso di soggiorno, minori stranieri non accompagnati, soggetti vulnerabili.

    http://www.meltingpot.org/Lungo-la-rotta-del-Brennero-rapporto-di-monitoraggio-sulla.html

    #Brenner #Italie #Autriche #rapport #asile #migrations #réfugiés #Bolzano

    Lien vers le rapport:
    http://www.meltingpot.org/IMG/pdf/report_di_monitoraggio_su_brennero_e_bolzano.pdf

    #MNA #mineurs_non_accompagnés #mineurs #frontières #frontière_sud-alpine

    • #Ermira_Kola de Antenne Migranti

      Trascription de l’intervention de Ermira Kola :
      Ermira Kola de Antenne Migranti :

      «Antenne Migranti è un progetto di monitoraggio sulla rotta del Brennero, che abbiamo allargato anche sulla città di Verona, perché ci siamo resi conto nel 2015 che in realtà il confine andava sempre spostandosi, e c’è stato un momento in cui si è fermato alla città di Verona» → frontière mobile!
      Donc monitoring de Verona-Trento-Bolzano-Brennero.

      «Il confine realmente adesso è su Bolzano. Perché c’è il racial profiling: controllare sui treni i neri, le persone visibilmente diverse è un dato di fatto sulla rotta del Brennero da anni ormai, soprattuto sui treni tedeschi. Adesso sui treni nostri [italiani] che vanno verso nord c’è addirittura la polizia trilaterale, c’è un poliziotto austriaco, un poliziotto tedesco e un poliziotto italiano. Salgono su tutti i vagoni, controllano sistematicamente, e se ci sono persone visibilmente diverse, visibilmente non italiane, queste persone di base vengono buttate giù dai treni, poi controllano i documenti e lì poi scatta tutta una serie di azioni. Le azioni possono essere, rimettere le persone, se questo controllo avviene al Brennero, su un treno che va verso il sud Italia, quindi verso Bolzano. Rimettere sul treno vuol dire che la polizia lo accompagna sul treno, il controllore del treno si arrabbia perché non c’è il biglietto, il poliziotto dice ’prosegui verso sud», la persona non ha più soldi per pagare il biglietto, quindi c’è anche questo impasse. Oppure lasciare direttamente lì e dire ’Torna indietro’. Un caso molto grave che vediamo, sempre più spesso, è quello delle riammissioni dall’Austria, assolutamente arbitrarie. Ci sono due tipi di riammissioni ufficiali: formale ed informale. Si tratta del caso in cui si trova una persona sprovvista di documenti a 10 km dal confine e in tal caso si hanno 24 ore di tempo per sentire il commissariato italiano, mettersi d’accordo e riaccompagnare la persona. Ovviamente tutti i documenti che vengono stilati, quando vengono stilati, vengono stilati in assenza di mediatori linguistsici o interculturali, non viene fornita una copia di questo documento al migrante stesso. Quindi ci sono queste persone che si trovano assolutamente in balia dell’umore del poliziotto o dell’addetto al momento. Una cosa molto grave che abbiamo visto: esiste una legge austriaca tale per cui se ti trovi sul territorio austriaco senza documenti, senza permesso di soggiorno o senza un titolo di viaggio, possono fare una multa. La multa va dai 100 ai 1000 EUR. Non siamo ancora riusciti a capire come decidono la quantità dei soldi che prelevano alle persone, ma sappiamo di certo che ogni volta portano via alle persone il telefono cellulare. Rendiamoci conto cosa vuol dire per queste persone rimanere senza l’unico contatto che possono avere."

      «Essendosi fermato il confine a Bolzano, abbiamo poi anche questo fatto che poi le persone si fermano lì, dove è realmente il confine. Possono rimanere bloccate letteralmente per strada a Bolzano anche per anni.»

      Due testimonianze:
      • Un ragazzino di 13 anni, curdo irakeno, in carrozzina, che è morto per strada a Bolzano. E’ morto l’8 ottobre.
      • Due ragazzi dello Yemen. Due ragazzi arrivati stremati. Hanno dormito in una struttura associativa per 36 ore di fila a Bolzano, dopo di che hanno proseguito il loro viaggio senza dirci niente. C’era un minore dello Yemen. Erano stati salvati dai lager libici con i visti dell’HCR, portati in Italia, in qualche modo, nonostante questo l’Italia li ha perduti, nonostante questo loro hanno cercato di proseguire il loro viaggio verso nord senza alcun sostegno.

      Come viaggiano queste persone? In Alto Adige non c’è una grandissima rete solidale, non ci sono persone che accompagnano oltre il confine. Il confine, tra l’altro, proprio anche a livello geografico, molto ostico, molto ostile. Quindi cosa fanno? Prima cercavano di salire sui treni, adesso non è possibile perché ci sono questi controlli: saltano sui treni merci, lontani dalle stazioni. Ciò ha fatto sì che veniamo purtroppo regolarmente contattati dalla Polfer [polizia ferroviaria] perché è morto qualcuno cercando di saltare su questi treni merce di notte. L’ultimo era un ragazzo tunisino di 17 anni che, dopo 4 giorni che c’era stato una morte, è venuto a dirci che quella persona era suo fratello. Ed era una delle rare volte in cui ho visto gli agenti della Polfer davvero emozionati perché mi hanno detto che il corpo era davvero irriconoscibile, fatto a pezzi e che loro stessi non sapevano in quale modo far vedere a questo ragazzino questo fratello per il riconoscimento.

      Questa è l’Europa, questa è Bolzano. Bolzano è molto dimenticata.
      A Bolzano abbiamo una circolare che è stata firmata da un funzionario, Critelli, noi la chiamiamo Circolare Critelli che tiene fuori dall’accoglienza le persone vulnerabili. Bolzano si comporta come se fossimo uno stato federale, l’Alto Adige può avere le sue leggi, che vanno contro le norme europee e internazionali. Quindi in realtà se una persona è stata da un’altra parte, in un’altra città italiana, non può fermarsi a Bolzano. Ora, per arrivare a Bolzano, in un’altra città italiana o europea ci si è stati, a meno che uno non arrivi con una mongolfiera o cali dal cielo. Quindi ovviamente sono stati da qualche altra parte. Però se si è stati da qualche altra parte, allora non si ha diritto all’accoglienza, anche se si è un minore.

      Tra le principali violazioni che riscontriamo durante il monitoraggio riguardano di sicuro le riammissioni alla frontiera, i controlli sistematici a bordo dei treni, accesso alla procedura e al diritto all’informazione, l’accesso all’accoglienza. L’Alto Adige, per tanti anni, fino a quest’anno si è rifiutato ad aderire al sistema SPRAR, perché il sistema SPRAR ovviamente significava un controllo dello Stato centrale, quindi… non sia mai! Noi abbiamo soltanto dei CAS. Hanno cominciato ad aprire gli SPRAR adesso. A Bolzano la risposta è molto semplice: se non ci sono posti nelle strutture, non ci sono posti, non c’è storia: puoi avere 12 o 13 anni, via!

      https://www.youtube.com/watch?v=fadNkKwv0s8


      #Verona