• Il costo nascosto dell’avocado e le nuove “zone di sacrificio” nelle mire dei grandi produttori

    La produzione globale del frutto viaggia verso le 12 milioni di tonnellate nel 2030. Le monocolture intensive interessano sempre più Paesi, compromettendo falde e biodiversità. Dalla Colombia allo Sri Lanka, dal Vietnam al Malawi. Grain ha analizzato la paradigmatica situazione del Messico, dove si concentra il 40% della produzione.

    “La salsa guacamole che viene consumata durante il Super bowl potrebbe riempire 30 milioni di caschi da football”. La stima è di Armando López, direttore esecutivo dell’Associazione messicana dei coltivatori, confezionatori ed esportatori di avocado, che in occasione della finale del campionato di football americano del 12 febbraio scorso ha pagato quasi sette miliardi di dollari per avere uno spazio pubblicitario in occasione dell’evento sportivo più seguito degli Stati Uniti.

    Solo pochi giorni prima, il 2 febbraio, era stata presentata una denuncia contro il governo del Messico presso la Commissione trilaterale per la cooperazione ambientale (organismo istituito nell’ambito dell’accoro di libero scambio tra il Paese, Stati Uniti e Canada) per non aver fatto rispettare le proprie leggi sulla deforestazione, la conservazione delle acque e l’uso del suolo.

    La notizia ha trovato spazio per qualche giorno sui media statunitensi proprio per la concomitanza con il Super bowl, il momento in cui il consumo della salsa a base di avocado tocca il picco. Ed è anche il punto partenza del report “The avocados of wrath” curato da Grain, rete di organizzazioni che lavorano per sostenere i piccoli agricoltori e i movimenti sociali, e dall’organizzazione messicana Colectivo por la autonomia, che torna a lanciare l’allarme sull’altissimo costo ambientale di questo frutto.

    La denuncia presentata alla Commissione trilaterale si concentra sulla situazione nello Stato del Michoacán, che produce il 75% degli avocado messicani. Qui tra il 2000 e il 2020 la superficie dedicata alla coltura è passata da 78mila a 169mila ettari a scapito delle foreste di abeti locali. Oltre alla deforestazione, il documento pone in rilievo lo sfruttamento selvaggio delle risorse idriche, oltre a un uso eccessivo di fertilizzanti e pesticidi che compromettono le falde sotterranee, i fiumi e i torrenti nelle aree limitrofe alle piantagioni.

    “Il Messico non riesce ad applicare efficacemente le sue leggi ambientali per proteggere gli ecosistemi forestali e la qualità dell’acqua dagli impatti ambientali negativi della produzione di avocado nel Michoacán”, denunciano i curatori. Il Paese nordamericano “non sta rispettando le disposizioni della Costituzione messicana e le varie leggi federali sulla valutazione dell’impatto ambientale, la conservazione delle foreste, lo sviluppo sostenibile, la qualità dell’acqua, il cambiamento climatico e la protezione dell’ambiente”.

    Questa vicenda giudiziaria, di cui non si conoscono ancora gli esiti, rappresenta per Grain un’occasione per guardare più da vicino il Paese e la produzione dell’avocado, diventato negli ultimi anni il terzo frutto più commercializzato al mondo, dopo banana e ananas: nel 2021 la produzione globale di questo frutto, infatti, ha raggiunto quota 8,8 milioni di tonnellate (si stima che possa raggiungere le 12 milioni di tonnellate nel 2030) e il 40% si concentra proprio in Messico, una quota che secondo le stime della Fao potrebbe arrivare al 63% entro il 2030.

    Statunitensi ed europei importano circa il 70% della produzione globale e la domanda è in continua crescita anche per effetto di intense campagne di marketing che ne promuovono i benefici nutrizionali. Di conseguenza dal 2011 a oggi le piantagioni di avocado hanno moltiplicato per quattro la loro superficie in Paesi come Colombia, Haiti, Marocco e Repubblica Dominicana. In Sri Lanka la superficie è aumentata di cinque volte. La produzione intensiva è stata avviata anche in Vietnam e Malawi che oggi rientrano tra i primi venti produttori a livello globale.

    Il mercato di questo frutto vale circa 14 miliardi di dollari e potrebbe toccare i 30 miliardi nel 2030: “La maggiore quota di profitti -riporta Grain- vanno a una manciata di gruppi imprenditoriali, fortemente integrati verticalmente e che continuano a espandersi in nuovi Paesi, dove stanno aprendo succursali”. È il caso, ad esempio, delle società californiane Misison Produce e Calvaro Growers. La prima ha aumentato costantemente le sue vendite nel corso degli ultimi anni, fino a superare di poco il miliardo dollari nel 2022, mentre la seconda ha registrato nello stesso anno vendite per 1,1 miliardi.

    “Queste aziende hanno basato la loro espansione su investimenti da parte di pesi massimi del mondo della finanza -scrive Grain-. Mission Produce e Calavo Growers sono quotate alla Borsa di New York e stanno attirando investimenti da parte di fondi hedge come BlackRock e Vanguard. Stiamo assistendo all’ingresso di fondi di private equity e fondi pensione nel settore degli avocado. Mission Produce, ad esempio, si è unita alla società di private equity Criterion Africa partners per lanciare la produzione di oltre mille ettari di avocado a Selokwe, in Sudafrica”.

    Per Grain guardare da vicino a quello che è accaduto in Messico e al modello produttivo messo in atto dalle aziende dell’agribusiness californiane è utile per comprendere a pieno i rischi che incombono sui Paesi che solo in anni recenti hanno avviato la coltivazione del frutto. Lo sguardo si concentra in particolare sullo Stato del Michoacán dove il boom delle piantagioni è avvenuto a scapito della distruzione delle foreste locali, consumando le risorse idriche di intere regioni e a un costo sociale altissimo.

    Secondo i dati di Grain, ogni ettaro coltivato ad avocado in Messico consuma circa 100mila litri di acqua al mese. Si stima che Perù, Sudafrica, Cile, Israele e Spagna utilizzino 25 milioni di metri cubi d’acqua, l’equivalente di 10mila piscine olimpioniche, per produrre gli avocado importati nel Regno Unito. “Mentre continua a spremere le ultime falde già esaurite in Messico, California e Cile, l’industria del settore sta migrando verso altre ‘zone di sacrificio’ -si legge nel report-. Per irrigare l’arida Valle di Olmos in Perù, dove operano le aziende californiane, il governo locale ha realizzato uno dei megaprogetti più contestati e segnati dalla corruzione del Paese: un tunnel di venti chilometri che attraversa la cordigliera delle Ande per portare l’acqua deviata dal fiume Huancabamba a Olmos”. All’eccessivo sfruttamento delle risorse idriche si aggiunge poi il massiccio utilizzo di prodotti chimici nelle piantagioni: nel solo Michoacán, la coltura dell’avocado si porta dietro ogni anno 450mila litri di insetticidi, 900mila tonnellate di fungicidi e 30mila tonnellate di fertilizzanti.

    https://altreconomia.it/il-costo-nascosto-dellavocado-e-le-nuove-zone-di-sacrificio-nelle-mire-
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    • The Avocados of Wrath

      This little orchard will be part of a great holding next year, for the debt will have choked the owner. This vineyard will belong to the bank. Only the great owners can survive, for they own the canneries too... Men who have created new fruits in the world cannot create a system whereby their fruits may be eaten… In the souls of the people the grapes of wrath are filling and growing heavy, growing heavy for the vintage.”

      So wrote John Steinbeck when, perhaps for the first time, the immense devastation provoked by capitalist agribusiness, the subsequent expulsion of peasant families from the Midwest, and their arrival in California in the 1930s became visible.[1] Perhaps, if he were writing today, he would replace grapes with avocados. The business model for this popular tropical fruit is the epitome of agribusiness recrudescent, causing rampant deforestation and water diversion, the eradication of other modes of agriculture, and the expulsion of entire communities from the land.

      Avocados are, after bananas and pineapples, the world’s third-largest fruit commodity. Their production is taking up an ever-growing area and continually expanding into new countries. What are the implications of this worldwide expansion? What forces are driving it? How does this model, working on both global and local scales, manage to keep prices high? How did the current boom, with avocados featured at major sporting events and celebrations of all kinds, come to pass? What are the social repercussions of this opaque business?

      We begin the story on 12 February 2023 in Kansas City at the 57th Super Bowl, American football’s premier annual event. A month earlier, more than 2000 km away in Michoacán, Mexico, tens of thousands of tons of avocados were being packed for shipping. The United States imports 40% of global avocado production and the Super Bowl is when consumption peaks. “The guacamole eaten during the Super Bowl alone would fill 30 million football helmets,” says Armando López, executive director of the Mexican Association of Avocado Growers, Packers, and Exporters (APEAM), which paid nearly $7 million for a Super Bowl ad.[2]

      Despite its limited coverage in US media, the dark side of avocado production was the unwelcome guest at this year’s event. A complaint against the Government of Mexico had recently been filed with the Commission for Environmental Cooperation under the USMCA, accusing the government of tolerating the ecocidal impacts of avocado production in Michoacán.[3]

      Mexico can be seen as a proving ground for today’s avocado industry. Focusing on this country helps tell the story of how the avocado tree went from being a relic of evolutionary history to its current status as an upstart commodity characterized by violence and media-driven consumerism.

      Booming world production

      For a decade now, avocados have been the growth leaders among tropical fruit commodities.[4] Mexico, the world’s largest exporter, accounts for 40% of total production. According to OECD and FAO projections, this proportion could reach 63% in 2030. The United States absorbs 80% of Mexican avocado exports, but production is ramping up in many other countries.

      In 2021, global production reached 8.8 million tons, one third of which was exported, for a value of $7.4 billion. By 2030, production is expected to reach 12 million tons. Within a decade, the average area under cultivation doubled in the world’s ten largest producer countries (see Figure 1). It quadrupled in Colombia, Haiti, Morocco, and the Dominican Republic, and quintupled in Zimbabwe. Production has taken off at a gallop in Malawi and Vietnam as well, with both countries now ranking among the top 20 avocado producers.

      The top 10 countries account for 80% of total production. In some of these, such as Mexico, Peru, Chile, and Kenya (see Table 1), the crop is largely grown for export. Its main markets are the United States and Europe, which together make up 70% of global imports. While Mexico supplies its neighbour to the north all year long, the avocados going to Europe come from Peru, South Africa, and Kenya in the summer and from Chile, Mexico, Israel, and Spain in the winter.[5] The Netherlands, as the main port of entry for the European Union, has become the world’s third-leading exporter.

      Other markets are rapidly opening up in Asia. Kenya, Ethiopia, and recently Tanzania have begun exporting to India and China,[6] while Chinese imports from Peru, Mexico, and Chile are also on the rise. In 2021, despite the pandemic, these imports surpassed 41,000 tons.[7] In addition, US avocado companies have begun cutting costs by sourcing from China, Yunnan province in particular.[8]

      The multimillion dollar “#green_gold” industry

      According to some estimates, the global avocado market was worth $14 billion in 2021 and could reach $30 billion by 2030.[10] The biggest profits go to a handful of vertically integrated groups that are continuing to fan out to new countries, where they are setting up subsidiaries. They have also tightened their control over importers in the main global hubs.
      For two examples, consider the California-based Mission Produce and Calavo Growers. In 2021, Mission Produce reported sales equivalent to 3% of global production,[11] and its sales have risen steadily over the last decade, reaching $1.045 billion in 2022.[12] The United States buys 80% of the company’s volume, with Europe, Japan, and China being other large customers, and it imports from Peru, Mexico, Chile, Colombia, Guatemala, the Dominican Republic, South Africa, Kenya, Morocco, and Israel. It controls 8600 hectares in Peru, Guatemala, and Colombia.[13]

      Calavo Growers, for its part, had total sales of $1.191 billion in 2022.[14] More than half its revenues came from packing and distribution of Mexican, US, Peruvian, and Colombian avocados.[15] The United States is far and away its biggest market, but in 2021 it began stepping up Mexican exports to Europe and Asia.[16]

      South Africa-based Westfalia Fruits is another relevant company in the sector. It has 1200 hectares in South Africa and is expanding to other African and Latin American countries. It controls 1400 hectares in Mozambique and has taken over large exporters such as Aztecavo (Mexico), Camet (Peru), and Agricom (Chile).[17] Its main markets are Europe, the United States, South America, and Asia.[18] Some of its subsidiaries are incorporated in the tax haven of Delaware, and it has acquired importers in the UK and Germany.[19]

      These companies have based their expansion on investment from heavyweight players in the world of finance. Mission Produce and Calavo Growers are listed on the New York Stock Exchange and are attracting investment from such concerns as BlackRock and The Vanguard Group.[20] We are also seeing private equity, endowment, and pension funds moving into avocados; Mission Produce, for example, joined with private equity firm Criterion Africa Partners to launch production of over 1000 hectares of avocados in Selokwe (South Africa).[21]

      In 2020, Westfalia sold shares in Harvard Management Company, the company that manages Harvard University’s endowment fund.[22] Also involved is the Ontario Teachers’ Pension Plan, which in 2017 acquired Australia’s second-largest avocado grower, Jasper Farms. PSP Investments, which manages Canada’s public service sector pensions, made a controversial acquisition of 16,500 hectares in Hawaii for production of avocado, among other crops, and faces grave accusations deriving from its efforts to monopolize the region’s water supply.[23]

      Finally, it has to be emphasized that the expansion enjoyed by these companies has been aided by public funding. For example, South Africa’s publicly owned Industrial Development Corporation (IDC) and the World Bank’s International Finance Corporation (IFC) have supported Westfalia’s incursions into Africa and Latin America under the guise of international development.[24]

      A proving ground for profit and devastation

      To take the full measure of the risks looming over the new areas being brought under the industrial avocado model, it is important to read Mexico as a proving ground of sorts. The country has become the world’s largest producer through a process bound up with the dynamics of agribusiness in California, where avocado production took its first steps in the early twentieth century. The US market grew rapidly, protected from Mexican imports by a 1914 ban predicated on an alleged threat of pests coming into the country.

      This was the genesis of Calavo Growers (1924) and Henry Avocado (1925). California began exporting to Europe and expanding the area under cultivation, reaching a peak of 30,000 hectares in the mid-1980s, when Chile began competing for the same markets.[29] It was then that consortia of California avocado producers founded West Pak and Mission Produce, and the latter of these soon began operations as an importer of Chilean avocados. In 1997, 60% of US avocado purchases came from Chile, but the business collapsed with the signing of the North American Free Trade Agreement (NAFTA).[30] Lobbying by APEAM and the US companies then led to the lifting of the ban on Mexican imports. With liberalization under NAFTA, Mexican avocado exports multiplied by a factor of 13, and their commercial value by a factor of 40, in the first two decades of the twenty-first century.

      The California corporations set up subsidiaries in Mexico and began buying directly from growers, going as far as to build their own packing plants in Michoacán.[31] One study found that by 2005, Mission Produce, Calavo Growers, West Pak, Del Monte, Fresh Directions, and Chiquita had cornered 80% of US avocado imports from Mexico.[32]

      Today, the state of Michoacán monopolizes 75% of the nation’s production, followed by Jalisco with 10% and Mexico state with 5%.[33] In 2019, export-oriented agriculture was a high-profile player in the industry, with public policies being structured around its needs. And if the business had become so profitable, it was because of the strategies of domination that had been deployed by avocado agribusiness and the impacts of these strategies on peasant and community ways of life.[34] The Mexican avocado boom is now reliant on the felling of whole forests. In many cases these are burned down or clear-cut to make way for avocado groves, using up the water supply of localities or even whole regions. The societal costs are enormous.

      In 2021, Mexico produced some 2.5 million tons of avocados; within the preceding decade, nearly 100,000 hectares had been directly or indirectly deforested for the purpose.[35] In Michoacán alone, between 2000 and 2020, the area under avocados more than doubled, from 78,530.25 to 169,939.45 ha.[36] And reforestation cannot easily repair the damage caused by forest destruction: the ecological relationships on which biodiversity depends take a long time to evolve, and the recovery period is even longer after removal of vegetation, spraying of agrotoxins, and drying of the soil.

      In Jalisco, the last decade has seen a tripling of the area under avocado, agave, and berries, competing not only with peasants and the forests stewarded by original peoples, but also with cattle ranchers.[37] “Last year alone,” says Adalberto Velasco Antillón, president of the Jalisco ranchers’ association, “10,000 cattlemen (dairy and beef) went out of business.”[38]

      According to Dr. Ruth Ornelas, who studies the avocado phenomenon in Mexico, the business’s expansion has come in spite of its relative cost-inefficiency. “This is apparent in the price of the product. Extortion garners 1.4% of total revenues,… or 4 to 6 pesos per kilogram of avocados.” It is a tax of sorts, but one that is collected by the groups that control the business, not by the government.[39] According to Francisco Mayorga, minister of agriculture under Vicente Fox and Enrique Calderón, “they collect not only from the farmer but from the packer, the loggers, the logging trucks and the road builders. And they decide, depending on the payments, who gets to ship to Manzanillo, Lázaro Cárdenas, Michoacán and Jalisco. That’s because they have a monopoly on what is shipped to the world’s largest buyer, the United States.”[40]

      By collecting this toll at every link in the chain, they control the whole process, from grower to warehouse to packer to shipper, including refrigeration and the various modes of distribution. And not only do they collect at every step, but they also keep prices high by synchronizing supply from warehouse to consumer.

      Dr. Ornelas says, “They may try to persuade people, but where that doesn’t work, bribes and bullets do the trick. Organized crime functions like a police force in that it plays a certain role in protecting the players within the industry. It is the regulatory authority. It is the tax collector, the customs authority, and the just-in-time supplier. Sadly, the cartels have become a source of employment, hiring halcones [taxi drivers or shoeshine boys working as spies], chemists, and contract killers as required. It seems that they even have economists advising them on how to make the rules.” Mayorga adds: “When these groups are intermingled with governmental structures, there is a symbiosis among growers, criminals, vendors, and input suppliers. If somebody tries to opt out of the system, he may lose his phytosanitary certification and hence his ability to export.” Mayorga stresses that the criminals administer the market and impose a degree of order on it; they oversee the process at the domestic and international levels, “regulating the flow of product so that there is never a glut and prices stay high.” Investment and extortion are also conducive to money laundering. It is very hard to monitor who is investing in the product, how it is produced, and where it is going. Yet the government trumpets avocados as an agri-food success.

      Official data indicate that there are 27,712 farms under 10 hectares in Michoacán, involving 310,000 people and also employing 78,000 temporary workers.[41] These small farms have become enmeshed in avocado capitalism and the pressures it places on forests and water; more importantly, however, the climate of violence keeps the growers in line. In the absence of public policy and governmental controls, and with organized crime having a tight grip on supply chains and world prices, violence certainly plays a role in governance of the industry. But these groups are not the ones who run the show, for they themselves are vertically integrated into multidimensional relationships of violence. It is the investors and large suppliers, leveraged by the endowment, pension, and private equity funds, who keep avocado production expanding around the world.[42]

      A headlong rush down multiple paths

      The Mexican example alerts us to one of the main problems associated with avocado growing, and that is water use. In Mexico, each hectare consumes 100,000 litres per month, on top of the destruction of the biodiverse forests that help preserve the water cycle.[46] A whole other study ought to be devoted to the indiscriminate use of agrotoxins and the resulting groundwater contamination. In Michoacán alone, the avocado crop receives 450,000 litres of insecticides, 900,000 tons of fungicides, and 30,000 tons of fertilizers annually.[47]

      Wherever they are grown, avocados consume an astonishing volume of water. An estimated 25 million m³, or the equivalent of 10,000 Olympic swimming pools, are estimated to be used by Peru, South Africa, Chile, Israel, and Spain to produce the avocados imported into the UK.[48]

      California has maintained its 90% share of the US avocado market, but this situation is not predicted to endure beyond 2050.[49] California’s dire water crisis has been driven to a significant extent by the industrial production of avocados and other fruits, with climate change exacerbating the problem.[50]
      In the Chilean province of Petorca, which accounts for 60% of Chile’s avocado exports, the production of one kilogram of avocados requires 1280 litres of water. Water privatization by the Pinochet dictatorship in 1981 coincided with the rise of the country’s export industry and abetted the development of large plantations, which have drained the rivers and driven out peasant farming.[51] This appears to be one of the reasons why Chile is no longer self-sufficient in this commodity. “We import more than we export now,” said the director of Mission Produce, Steve Barnard, two years ago, stating that avocados were being brought in not only from Peru but also from California.[52]

      Even as it continues to squeeze the last drops of water out of depleted aquifers in Mexico, California, and Chile, the industry is migrating into other sacrifice zones.[53] To water the arid Olmos Valley in Peru, where California’s avocado companies operate, the Peruvian government developed one of the country’s most corrupt and conflict-ridden megaprojects: a 20-km tunnel through the Andes range, built in 2014, to deliver water diverted from the Huancabamba River to Olmos. The project was sold as an “opportunity to acquire farmland with water rights in Peru.”[54]

      Colombia was the next stop on the avocado train, with the crop spreading out across Antioquia and the coffee-growing region, and with even large mining interests joining forces with agribusiness.[55] “Peru is destined to replace much of its avocado land with citrus fruit, which is less water-intensive,” said Pedro Aguilar, manager of Westfalia Fruit Colombia, in 2020, although “water is becoming an absolutely marvelous investment draw, since it is cost-free in Colombia.”[56]

      Sowing the seeds of resistance

      If Mexico has been an experiment in devastation, it has also been an experiment in resistance, as witness the inspiring saga of the Purépecha community of Cherán, Michoacán. In 2012, the community played host to a preliminary hearing of the Permanent Peoples’ Tribunal that condemned land grabbing, deforestation, land conversion, agrotoxin spraying, water depletion, fires, and the widespread violence wielded against the population. It laid the blame for these plagues squarely on timber theft, the avocado industry, berry greenhouses, and agave production.

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      One year earlier, the population had decided to take matters in hand. They were fed up with this litany of injustices and with the violence being inflicted on them by the paramilitary forces of organized crime. Led by the women, the community took up the arduous task of establishing checkpoints marked out by bonfires (which were also used for cooking) throughout the area. Any institution or group that questioned their collective authority was immediately confronted. The newly created community police force is answerable to the general assembly, which in turn reports to the neighbourhood assemblies. A few years ago, the community gated itself to outsiders while working on restoring the forest and establishing its own horizontal form of government with respect for women, men, children, and elders.

      The community then took another step forward, opting for municipal and community autonomy. This was not a straightforward process, but it did finally lead to approval by the National Electoral Institute for elections to take place under customary law and outside the party system. This example spread to other communities such as Angahuan that are also grappling with agribusiness, corruption, and organized crime.[57]

      Clearly, this struggle for tradition-rooted self-determination is just beginning. The cartels, after all, are pursuing their efforts to subdue whole regions. Meanwhile, for their own defence, the people are continuing to follow these role models and declaring self-government.

      An unsustainable model

      “The works of the roots of the vines, of the trees, must be destroyed to keep up the price, and this is the saddest, bitterest thing of all. Carloads of oranges dumped on the ground. The people came for miles to take the fruit, but … men with hoses squirt kerosene on the oranges, and they are angry at the crime, angry at the people who have come to take the fruit. A million people hungry, needing the fruit—and kerosene sprayed over the golden mountains.”[58]

      Per capita consumption of avocados has kept on growing in the importing countries, driven by intense marketing campaigns promoting the nutritional benefits of this food. In the United States alone, consumption has tripled in 20 years.[59] While avocados are sold as a superfood, a convenient veil remains thrown over what is actually happening at the local level, where the farmers are not the ones benefiting. While this global trend continues, various false solutions are proposed, such as water-saving innovations or so-called “zero deforestation” initiatives.

      In this exploitative model, small- and medium-sized growers are forced to take on all the risk while also bearing the burden of the environmental externalities. The big companies and their investors are largely shielded from the public health and environmental impacts.

      As we have said, the growers are not the ones who control the process; not even organized crime has that power. They are both just cogs in the industrial agri-food system, assisting the destruction it wreaks in order to eke out a share of the colossal dividends it offers. To truly understand the workings of the system, one has to study the supply chain as a whole.

      Given these realities, it is urgent for us to step up our efforts to denounce agribusiness and its corrupting, devastating model. The people must organize to find ways out of this nightmare.

      * Mexico-based Colectivo por la Autonomía works on issues related to territorial defence and peasant affairs, through coordination with other Mexican and Latin American social movement organizations, as well as legal defence and research on the environmental and social impacts experienced by indigenous and rural territories and communities.

      Banner image: Mural in Cherán that tells the story of their struggle. This mural is inside the Casa Comunal and is part of a mural revival throughout the city, where there are collective and individual works in many streets and public buildings. This mural is the work of Marco Hugo Guardián Lemus and Giovanni Fabián Gutiérrez.

      [1] John Steinbeck, The Grapes of Wrath Penguin Classics, 1939, 2006.
      [2] Guillermina Ayala, “López: “Un Súper Bowl con guacamole,” Milenio, 11 February 2023, https://www.milenio.com/negocios/financial-times/exportaciones-de-toneladas-de-aguacate-para-la-final-de-la-nfl.
      [3] The USMCA is the trade agreement between Mexico, the United States, and Canada. See also Isabella González, “Una denuncia lleva a la producción mexicana de aguacate ante la comisión ambiental del T-MEC por ecocidio,” El País, 8 February 2023, https://elpais.com/mexico/2023-02-08/una-denuncia-lleva-a-la-produccion-mexicana-de-aguacate-ante-la-comision-amb.
      [4] In what follows, the sources for production volumes, areas under cultivation, and sales are the FAOSTAT and UN Comtrade databases [viewed 25 January 2023]. The source for 2030 projections is OECD/FAO, OECD-FAO Agricultural Outlook 2021–2030, 2021, https://doi.org/10.1787/19428846-en.
      [5] Ruben Sommaruga and Honor May Eldridge, “Avocado Production: Water Footprint and Socio-economic Implications,” EuroChoices 20(2), 13 December 2020, https://doi.org/10.1111/1746-692X.12289.
      [6] See George Munene, “Chinese traders plan on increasing Kenyan avocado imports,” Farmbiz Africa, 1 August 2022, https://farmbizafrica.com/market/3792-chinese-traders-plan-on-increasing-kenyan-avocado-imports; Tanzania Invest, “Tanzania sign 15 strategic agreements with China, including avocado exports,” 5 November 2022, https://www.tanzaniainvest.com/economy/trade/strategic-agreements-with-china-samia.
      [7] USDA, "China: 2022 Fresh Avocado Report, 14 November 2022, https://www.fas.usda.gov/data/china-2022-fresh-avocado-report.
      [8] Global AgInvesting, “US-based Mission Produce is developing its first domestic avocado farm in China,” 8 June 2018, https://www.farmlandgrab.org/post/view/28223-us-based-mission-produce-is-developing-its-first-domestic-avocad.
      [9] Wageningen University & Research, “Improved mango and avocado chain helps small farmers in Haiti,” 2022, https://www.wur.nl/en/project/improved-mango-and-avocado-chain-helps-small-farmers-in-haiti-1.htm.
      [10] See Grand View Research, “Avocado market size, share & trends analysis report by form (fresh, processed), by distribution channel (B2B, B2C), by region (North America, Europe, Asia Pacific, Central & South America, MEA), and segment forecasts, 2022–2030,” 2022, https://www.grandviewresearch.com/industry-analysis/fresh-avocado-market-report; Straits Research, “Fresh avocado market,” 2022, https://straitsresearch.com/report/fresh-avocado-market.
      [11] Mission Produce, “Mission Produce announces fiscal 2021 fourth quarter financial results,” 22 December 2021, https://investors.missionproduce.com/news-releases/news-release-details/mission-produce-announces-fiscal-2021-fourth-quarter-finan.
      [12] Sources: Capital IQ and United States Securities and Exchange Commission, “Mission Produce: Form 10-K,” 22 December 2022, https://investors.missionproduce.com/financial-information/sec-filings?items_per_page=10&page=.
      [13] The company reports that it has had avocado plantations since 2011 on three Peruvian farms covering 3900 ha, in addition to producing blueberries on 400 hectares (including greenhouses) as part of a joint venture called Moruga. See Mission Produce, “Investor relations,” December 2022, https://investors.missionproduce.com; United States Securities and Exchange Commission, “Mission Produce: Form 10-K,” 22 December 2022, https://investors.missionproduce.com/financial-information/sec-filings?items_per_page=10&page=1, and https://missionproduce.com/peru.
      [14] Sources: https://ir.calavo.com; Calavo Growers, “Calavo Growers, Inc. announces fourth quarter and fiscal 2021 financial results,” 20 December 2021, https://ir.calavo.com/news-releases/news-release-details/calavo-growers-inc-announces-fourth-quarter-and-fiscal-2021
      [15] Its main subsidiaries in Mexico are Calavo de México and Avocados de Jalisco; see Calavo Growers, Calavo Growers, Inc. Investor Presentation, 12 December 2022, https://ir.calavo.com/static-files/f4ee2e5a-0221-4b48-9b82-7aad7ca69ea7; United States Securities and Exchange Commission, Calavo Growers, Inc. form 10-K, December 2022, https://ir.calavo.com/static-files/9c13da31-3239-4843-8d91-6cff65c6bbf7.
      [16] Among its main US clients are Kroger (15% of 2022 total sales), Trader Joe’s (11%), and Wal-Mart (10%) Source: Capital IQ. See also “Calavo quiere exportar aguacate mexicano a Europa y Asia,” El Financiero, 8 January 2021, https://www.elfinanciero.com.mx/opinion/de-jefes/calavo-quiere-exportar-aguacate-mexicano-a-europa-y-asia.
      [17] See IDC, “Westfalia grows an empire,” 2018, https://www.idc.co.za/westfalia-grows-an-empire; IFC, Creating Markets in Mozambique, June 2021, https://www.ifc.org/wps/wcm/connect/a7accfa5-f36b-4e24-9999-63cffa96df4d/CPSD-Mozambique-v2.pdf?MOD=AJPERES&CVID=nMNH.3E; https://www.westfaliafruit.com/about-us/our-operations/westfalia-fruto-mocambique; “Agricom y Westfalia Fruit concretan asociación en Latinoamérica,” Agraria.pe, 9 January 2018, https://agraria.pe/noticias/agricom-y-westfalia-fruit-concretan-asociacion-en-latinoamer-15664.
      [18] Marta del Moral Arroyo, “Prevemos crecer este año un 20% en nuestras exportaciones de palta a Asia y Estados Unidos,” Fresh Plaza, 27 May 2022, https://www.freshplaza.es/article/9431020/prevemos-crecer-este-ano-un-20-en-nuestras-exportaciones-de-palta-a-asia-.
      [19] See https://opencorporates.com/companies?jurisdiction_code=&q=westfalia+fruit&utf8=%E2%9C%93.
      [20] For example, in the case of Calavo Growers, BlackRock controls 16%, Vanguard Group 8%, and five other investment 20%; see Capital IQ, “Nuance Investments increases position in Calavo Growers (CVGW),” Nasdaq, 8 February 2023, https://www.nasdaq.com/articles/nuance-investments-increases-position-in-calavo-growers-cvgw; “Vanguard Group increases position in Calavo Growers (CVGW),” Nasdaq, 9 February 2023, https://www.nasdaq.com/articles/vanguard-group-increases-position-in-calavo-growers-cvgw.
      [21] Liam O’Callaghan, “Mission announces South African expansion,” Eurofruit, 8 February 2023, https://www.fruitnet.com/eurofruit/mission-announces-south-african-expansion/248273.article. Criterion Africa Partners invests with funds from the African Development Bank, the European Investment Bank, and the Dutch Entrepreneurial Development Bank (FMO) (Source: Preqin).
      [22] Harvard Management Company subsequently spun out its holdings in Westfalia to the private equity fund Solum Partners; see Lynda Kiernan, “HMC investment in Westfalia Fruit International to drive global expansion for avocados,” Global AgInvesting, 17 January 2020, https://www.farmlandgrab.org/post/view/29422-hmc-investment-in-westfalia-fruit-international-to-drive-global-; Michael McDonald, “Harvard spins off natural resources team, to remain partner,” Bloomberg, 8 October 2020, https://www.farmlandgrab.org/post/view/29894-harvard-spins-off-natural-resources-team-to-remain-partner.
      [23] See “Ontario Teachers’ acquires Australian avocado grower Jasper Farms,” OTPP, 19 December 2017, https://www.farmlandgrab.org/post/view/27774-ontario-teachers-acquires-australian-avocado-grower-jasper-farms; “Canadian pension fund invests in ex-plantation privatizing Hawaii’s water,” The Breach, 23 February 2022, https://www.farmlandgrab.org/post/view/30782-canadian-pension-fund-invests-in-ex-plantation-privatizing-hawai.
      [24] See https://disclosures.ifc.org/enterprise-search-results-home/42280; https://disclosures.ifc.org/project-detail/SII/40091/westfalia-intl. Westfalia is a subsidiary of the South African logging company Hans Merensky Holdings (HMH), whose main shareholders are the Hans Merensky Foundation (40%), IDC (30%), and CFI (20%) (see https://disclosures.ifc.org/project-detail/SII/42280/westfalia-moz-ii).
      [25] Amanda Landon, “Domestication and significance of Persea americana, the avocado, in Mesoamerica,” Nebraska Anthropologist, 47 (2009), https://digitalcommons.unl.edu/cgi/viewcontent.cgi?referer=https://en.wikipedia.org/&httpsredir=1&article=1046&context=nebanthro.
      [26] Ibid., 70.
      [27] Jeff Miller, Avocado: A Global History (Chicago: University of Chicago Press, 2020), https://press.uchicago.edu/ucp/books/book/distributed/A/bo50552476.html.
      [28] Maria Popova, “A ghost of evolution: The curious case of the avocado, which should be extinct but still exists,” The Marginalian, https://www.themarginalian.org/2013/12/04/avocado-ghosts-of-evolution/?mc_cid=ca28345b4d&mc_eid=469e833a4d, citing Connie Barlow, The Ghosts of Evolution: Nonsensical Fruit, Missing Partners, and Other Ecological Anachronisms, https://books.google.com.mx/books/about/The_Ghosts_Of_Evolution.html?id=TnU4DgAAQBAJ&redir_esc=y.
      [29] Patricia Lazicki, Daniel Geisseler, and Willliam R. Horwath, “Avocado production in California,” UC Davis, 2016, https://apps1.cdfa.ca.gov/FertilizerResearch/docs/Avocado_Production_CA.pdf.
      [30] Flavia Echánove Huacuja, “Abriendo fronteras: el auge exportador del aguacate mexicano a United States,” Anales de Geografía de la Universidad Complutense, 2008, Vol. 28, N° 1, https://revistas.ucm.es/index.php/aguc/article/download/aguc0808110009a/30850.
      [31] Calavo Growers, Calavo Growers, Inc. Investor Presentation, 12 December 2022, https://ir.calavo.com/static-files/f4ee2e5a-0221-4b48-9b82-7aad7ca69ea7.
      [32] Flavia Echánove Huacuja, op cit., the evolution of these companies in the sector was different. Chiquita withdrew from the avocado industry in 2012, while for Del Monte, this fruit accounts for a steadily declining share of its sales, reaching 8% ($320 million) in 2021 (see https://seekingalpha.com/article/1489692-chiquita-brands-restructuring-for-value; United States Securities and Exchange Commission, Fresh Del Monte Produce Inc. Form 10-K, 2022; Del Monte Quality, A Brighter World Tomorrow, https://freshdelmonte.com/wp-content/uploads/2022/10/FDM_2021_SustainabilityReportFINAL.pdf. )
      [33] Source: SIAP (http://infosiap.siap.gob.mx/gobmx/datosAbiertos_a.php) [viewed 27 November 2022].
      [34] María Adelina Toribio Morales, César Adrián Ramírez Miranda, and Miriam Aidé Núñez Vera, “Expansión del agronegocio aguacatero sobre los territorios campesinos en Michoacán, México,” Eutopía, Revista de Desarrollo Económico Territorial, no. 16, December 2019, pp. 51–72, https://revistas.flacsoandes.edu.ec/eutopia/article/download/4117/3311?inline=1.
      [35] Enrique Espinosa Gasca states: “The Ministry of the Environment, Natural Resources, and Climate Change (Semadet) in Michoacán acknowledged in March 2019 that in the first twenty years of the millennium, Michoacán has lost a million hectares of its forests, some due to clandestine logging and some due to forest fires set for purposes of land conversion”; “Berries, frutos rojos, puntos rojos,” in Colectivo por la Autonomía and GRAIN, eds, Invernaderos: Controvertido modelo de agroexportación (Ceccam, 2021).
      [36] Gobierno de México, SIACON (2020), https://www.gob.mx/siap/documentos/siacon-ng-161430; idem, Servicio de Información Agroalimentaria y Pesquera (SIAP), http://infosiap.siap.gob.mx/gobmx/datosAbiertos_a.php.
      [37] “Se triplica cosecha de agave, berries y aguacate en Jalisco,” El Informador, 23 December 2021, https://www.informador.mx/Se-triplica-cosecha-de-agave-berries-y-aguacate-en-Jalisco-l202112230001..
      [38] María Ramírez Blanco, “Agave, berries y aguacate encarece precio de la tierra en Jalisco, roba terreno al maíz y al ganado,” UDG TV, 31 January 2023, https://udgtv.com/noticias/agave-berries-aguacate-encarece-precio-tierra-jalisco-roba-maiz.
      [39] Agustín del Castillo, Territorio Reportaje, part 8, “Negocio, ecocidio y crimen,” Canal 44tv, Universidad de Guadalajara, October 2022, https://youtu.be/WfH3M22rrK8

      .
      [40] Agustín del Castillo, Territorio Reportaje, part 7, “La huella criminal en el fruto más valioso del mundo: la palta, el avocado, el aguacate,” Canal 44tv, Universidad de Guadalajara, September 2022, https://www.youtube.com/watch?v=GSz8xihdsTI
      .
      [41] Gobierno de México, Secretaría de Agricultura y Desarrollo Rural, “Productores de pequeña escala, los principales exportadores de aguacate a Estados Unidos: Agricultura,” 29 January 2020, https://www.gob.mx/agricultura/prensa/productores-de-pequena-escala-los-principales-exportadores-de-aguacate-a-estados.
      [42] Our results and arguments coincide with those found in Alexander Curry, “Violencia y capitalismo aguacatero en Michoacán,” in Jayson Maurice Porter and Alexander Aviña, eds, Land, Markets and Power in Rural Mexico, Noria Research. Curry is skeptical of analyses in which violence can be understood in terms of its results, such as the coercive control of a market square or highway. “Such analyses forget that violence is part of a social process, with its own temporal framework,” he writes. It is therefore necessary to frame the process within a broader field of relations of inequality of all kinds, in which the paradox is that legal and illegal actors intermingle at the local, national, and international levels, but in spheres that rarely intersect. The avocado industry cannot be explained by the cartels but by the tangled web of international capitalism.
      [43] See https://www.netafim.com.mx/cultivos/aguacate and https://es.rivulis.com/crop/aguacates.
      [44] Jennifer Kite-Powell, “Using Drip Irrigation To Make New Sustainable Growing Regions For Avocados”, Forbes, 29 March 2022: https://www.forbes.com/sites/jenniferhicks/2022/03/29/using-drip-irrigation-to-make-new-sustainable-growing-regions-for-avocados .
      [45] See Pat Mooney, La Insostenible Agricultura 4.0: Digitalización y Poder Corporativo en la Cadena Alimentaria, ETC Group, 2019, https://www.etcgroup.org/sites/www.etcgroup.org/files/files/la_insostenible_agricultura_4.0_web26oct.pdf. See also Colectivo por la Autonomía and GRAIN, eds, Invernaderos: controvertido modelo de agroexportación.
      [46] Colectivo por la Autonomía, Evangelina Robles, José Godoy, and Eduardo Villalpando, “Nocividad del metabolismo agroindustrial en el Occidente de México,” in Eduardo Enrique Aguilar, ed., Agroecología y Organización Social: Estudios Críticos sobre Prácticas y Saberes (Monterrey: Universidad de Monterrey, Editorial Ítaca, 2022), https://www.researchgate.net/publication/365173284_Agroecologia_y_organizacion_social_Estudios_criticos_sobre_p.
      [47] Metapolítica, “La guerra por el aguacate: deforestación y contaminación imparables,” BiodiversidadLA, 24 June 2019, https://www.biodiversidadla.org/Noticias/La-guerra-por-el-Aguacate-deforestacion-y-contaminacion-imparables.
      [48] Chloe Sutcliffe and Tim Hess, “The global avocado crisis and resilience in the UK’s fresh fruit and vegetable supply system,” Global Food Security, 19 June 2017, https://www.foodsecurity.ac.uk/blog/global-avocado-crisis-resilience-uks-fresh-fruit-vegetable-supply-sy.
      [49] Nathanael Johnson, “Are avocados toast? California farmers bet on what we’ll be eating in 2050,” The Guardian, 30 May 2016, https://www.theguardian.com/environment/2018/may/30/avocado-california-climate-change-affecting-crops-2050.
      [50] GRAIN, “The well is running dry on irrigated agriculture,” 20 February 2023, https://grain.org/en/article/6958-the-well-is-running-dry-on-irrigated-agriculture.
      [51] Danwatch, “Paltas y agua robada,” 2017, http://old.danwatch.dk/wp-content/uploads/2017/05/Paltas-y-agua-robada.pdf.
      [52] Fresh Fruit Portal, “Steve Barnard, founder and CEO of Mission Produce: We now import more to Chile than we export,” 23 August 2021, https://www.freshfruitportal.com/news/2021/08/23/steve-barnard-founder-and-ceo-of-mission-produce-we-now-import-mor.
      [53] Sacrifice zones are “places with high levels of environmental contamination and degradation, where profits have been given priority over people, causing human rights abuses or violations”: Elizabeth Bravo, “Zonas de sacrificio y violación de derechos,” Naturaleza con Derechos, Boletín 26, 1 September 2021, https://www.naturalezaconderechos.org/2021/09/01/boletin-26-zonas-de-sacrificio-y-violacion-de-derechos.
      [54] See Catalina Wallace, “La obra de ingeniería que cambió el desierto peruano,” Visión, March 2022, https://www.visionfruticola.com/2022/03/la-obra-de-ingenieria-que-cambio-el-desierto-peruano; “Proyecto de irrigación Olmos,” Landmatrix, 2012, https://landmatrix.org/media/uploads/embajadadelperucloficinacomercialimagesstoriesproyectoirrigacionolmos201. The costly project was part of the Odebrecht corruption case fought in the context of the “Lava Jato” operation: Jacqueline Fowks, “El ‘caso Odebrecht’ acorrala a cuatro expresidentes peruanos,” El País, 17 April 2019, https://elpais.com/internacional/2019/04/16/america/1555435510_660612.html.
      [55] Liga contra el Silencio, “Los aguacates de AngloGold dividen a Cajamarca,” 30 October 2020, https://www.biodiversidadla.org/Documentos/Los-aguacates-de-AngloGold-dividen-a-Cajamarca.
      [56] “Colombia: Los aguacates de AngloGold dividen a Cajamarca,” La Cola de Rata,16 October 2020, https://www.farmlandgrab.org/post/view/29921-colombia-los-aguacates-de-anglogold-dividen-a-cajamarca.
      [57] See Las luchas de Cherán desde la memoria de los jóvenes (Cherán Ireteri Juramukua, Cherán K’eri, 2021); Daniela Tico Straffon and Edgars Martínez Navarrete, Las raíces del despojo, U-Tópicas, https://www.u-topicas.com/libro/las-raices-del-despojo_15988; Mark Stevenson, “Mexican town protects forest from avocado growers and drug cartels,” Los Angeles Times, https://www.latimes.com/world-nation/story/2022-01-31/mexican-town-protects-forest-from-avocado-growers-cartels; Monica Pellicia, “Indigenous agroforestry dying of thirst amid a sea of avocados in Mexico,” https://news.mongabay.com/2022/06/indigenous-agroforestry-dying-of-thirst-amid-a-sea-of-avocados-in-mex
      [58] The Grapes of Wrath, op. cit.
      [59] USDA, “Imports play dominant role as U.S. demand for avocados climbs,” 2 May 2022, https://www.ers.usda.gov/data-products/chart-gallery/gallery/chart-detail/?chartId=103810.

      https://grain.org/e/6985#_edn36

      #rapport #Grain #land_grabbing #accaparement_des_terres

  • 🚧 𝗧𝗢𝗨𝗖𝗛𝗘 𝗣𝗔𝗦 𝗔 𝗠𝗔 𝗣𝗟𝗔𝗜𝗡𝗘 ! - 𝗟𝗘 𝟭𝟬 𝗝𝗨𝗜𝗡 𝗔 𝗦𝗧-𝗣𝗘𝗥𝗔𝗬 🚧
    https://ricochets.cc/%F0%9D%97%A7%F0%9D%97%A2%F0%9D%97%A8%F0%9D%97%96%F0%9D%97%9B%F0%9D%97%98-%

    Soyons le plus nombreux.ses possible le 10 juin prochain dans la Plaine de St-Péray, pour une manifestation festive et déterminée ! ✊ Malgré notre mobilisation citoyenne et juridique de ces derniers mois, les élu.e.s restent décidé.e.s à foncer droit dans le mur en maintenant le projet de déviation 🛣🚗 Au programme : - Balade festive et déterminée dans la Plaine de St-Péray 🤩 - Assemblée de Lutte 🎤 - Chorale militante 🎼 - Gouter partagé 🍻🥞 STOP DÉVIATION ! ❌ Lien vers l’évènement : Le projet en (...) #Les_Articles

    / #Ecologie, #Agriculture

  • 70 % des haies ont disparu depuis 1950 en France alors qu’elles sont indispensables Karine Durand - futura-sciences.com

    Un rapport du ministère de l’Agriculture, paru le 27 avril, dresse un bilan dramatique sur la disparition des haies en France. Ces réservoirs de biodiversité, indispensables à la régulation du climat et à l’épuration des eaux, sont en train d’être complètement effacés du paysage français.

    Depuis 1950, 70 % des haies ont disparu des bocages français, soit 1,4 million de kilomètres de végétaux indispensables à la nature. Le rapport pointe du doigt la volonté de cultiver le moindre mètre carré disponible : l’agriculture intensive moderne considère en effet les haies comme un espace inutile responsable d’un manque à gagner. Mais les haies ont des bénéfices inestimables : elles sont un réservoir de biodiversité en fournissant un habitat à de nombreuses espèces (merle, tourterelle, lapin, etc.), elles protègent les cultures et animaux domestiques du vent, elles permettent de stocker le carbone et donc d’atténuer le réchauffement climatique, elles régulent les crues et filtrent l’eau. 

    Les bocages et haies les plus étendus et les mieux conservés se situent en Normandie, Bretagne, Pays de la Loire, Centre-Val de Loire et Bourgogne Franche-Comté selon l’Office français de la biodiversité.


    En vert foncé et bleu, les plus grandes densités de haies en France. © Office français de la biodiversité

    Plus de 20 000 km de haies disparaissent chaque année
    La prise de conscience commence à peine à émerger, mais celle-ci ne se traduit pas de manière concrète. Si quelques kilomètres de haies sont replantés tous les ans, la destruction de celles existantes s’est accélérée ces dernières années : 23 571 kilomètres de haies ont été retirés chaque année, en moyenne, entre 2017 et 2021 selon le rapport. Entre 2006 et 2014, cela tournait autour de 10 400 kilomètres en moyenne par an, la destruction des haies s’est donc nettement accélérée depuis cinq ans.


    Le rythme de disparition des haies a atteint un niveau record depuis 2017. Ici, des haies dans la Meuse. © Capnord, Adobe Stock

    Rappelons que la taille des haies est totalement déconseillée entre le 15 mars et le 15 août pour ne pas nuire à la reproduction des oiseaux.

    #Haies #France #Biodiversité #Arbre #Agriculture

    Source : https://www.futura-sciences.com/planete/actualites/biodiversite-70-haies-ont-disparu-depuis-1950-france-alors-quelles-

    • Pour nourrir sa famille Bruno Le Maire obligé d’improviser avec des restes de saumon Le Gorafi - La Rédaction

      Le ministre de l’Économie et des Finances s’est une fois de plus épanché sur son rôle de père de famille nombreuse et les difficultés à « boucler les fins de mois ».

      Comme beaucoup de Français, Bruno Le Maire subit de plein fouet l’augmentation des prix en France. Lui qui déclarait lors de son passage dans l’émission Quelle Époque attendre avec impatience une baisse des prix sur les produits de première nécessité a de nouveau pris la parole pour évoquer ses difficultés financières.

      « Je ne gagne que 11 000 euros par mois. Quand on enlève les charges, les courses et les impôts qui nous prennent un bras, il ne reste plus que quelques milliers d’euros à la fin du mois »

      Pour nourrir sa famille, le ministre affirme avoir changé ses habitudes et être devenu un fervent défenseur du système D. « Nous nous privons de viande deux jours par semaine. Et pas plus tard qu’hier, j’ai dû improviser avec les moyens du bord. Un gratin à base de restes de saumon, quelques morceaux de truffe récupérés au fond d’un tiroir » raconte le ministre. Des privations à répétition qui ont des effets concrets sur sa morphologie. « Ajouter un point à une ceinture Gucci est un vrai crève-cœur » déclare-t-il en ajoutant avoir perdu deux tailles de pantalon depuis le début de l’inflation en France.

      Pour éviter d’être dans le rouge, le ministre affirme rogner sur tous les budgets de la famille. Chez les le maire, toute la famille est mise à contribution. Le ministre admet avoir même été obligé de demander, la mort dans l’âme, à ses enfants de choisir entre leur cour de harpe et leur club de voile.

      #France #bruno_le_maire #Inflation #prix

  • Proposition de loi sur la « ferme France » : « L’objectif du texte du Sénat n’est pas d’œuvrer pour l’agriculture française, mais d’élargir la fenêtre d’Overton », Stéphane Foucart
    https://www.lemonde.fr/idees/article/2023/05/21/proposition-de-loi-sur-la-ferme-france-l-objectif-du-texte-du-senat-n-est-pa

    Porté par les sénateurs Laurent Duplomb (Les Républicains, LR, Haute-Loire), Pierre Louault (Union centriste, Indre-et-Loire), Serge Mérillou (Parti socialiste, Dordogne) et Sophie Primas (LR, Yvelines), le texte « consacre une vision délirante, dogmatique, rétrograde » de l’agriculture, selon l’agronome Jacques Caplat, de l’association Agir pour l’environnement. Pour Alain Bazot, le président de l’UFC-Que choisir, il n’est autre qu’une « véritable lettre au Père Noël de la FNSEA » – la Fédération nationale des syndicats d’exploitants agricoles.
    L’expression n’a rien d’exagéré. Le texte entend permettre le retour des épandages aériens, par exemple, et la mise en balance de la santé humaine avec d’éventuels bénéfices économiques dans le choix d’autoriser ou non le recours à tel ou tel pesticide.

    .... Les dispositions les plus controversées du texte, si elles venaient à être effectivement inscrites dans la loi, ne survivraient sans doute pas à une interprétation raisonnable de la jurisprudence et du droit européens, ou à l’application du principe de précaution, constitutionnalisé en 2005. .... A quoi peut bien servir un texte dont une part est inapplicable, et une autre sans réelle application ?

    https://justpaste.it/8eami

    #écologie #agriculture #santé #pesticides #mégabassines #eau #eau_non_potable #engrais #entreprise_France

    • Overton sans doute, et puis, quand même, sur un malentendu ou sur un coup de chance, y’a p’tet des bouts qui passeront ; ils font certainement de la politique probabiliste, comme certains commerciaux font de la vente.

      Le 2eme paragraphe de l’article :

      [le texte] prévoit :

      – la possibilité pour le ministre de l’agriculture de passer outre les décisions de l’Agence nationale de sécurité sanitaire de l’alimentation, de l’environnement et du travail (Anses),

      – la sanctuarisation des projets de mégabassines au nom d’un prétendu « intérêt général majeur »,

      – veut lutter contre de supposées « surtranspositions » de la réglementation européenne qui porteraient préjudice à la compétitivité de la « ferme France »

      Ça, pourquoi ça passerait pas ?

  • #Die : ZADIMANCHE 21 Mai / on tient bon, on fait les foins et on s’organise !
    https://ricochets.cc/Die-ZADIMANCHE-21-Mai-on-tient-bon-on-fait-les-foins-et-on-s-organise.html

    LA LUTTE CONTiNUE !

    SUR LES TERRES MENACÉES DE CHAMARGES DIMANCHE 21 MAI de 14h à 17h ON FAIT LES FOINS

    ON S’ECHANGE LES DERNIÈRES INFOS

    ET ON S’ORGANISE ! Apportez des outils pour couper l’herbe (faucilles…), des râteaux, des bouras, des draps et des bâches.

    L’herbe coupée va servir à pailler les plantations. ON TIENT BON POUR EMPÊCHER LA DESTRUCTION DES TERRES DE CHAMARGES ! RDV à 14h sur le parking de Gamm Vert pour une arrivée groupée sur le terrain de Chamarges

    Parkings à (...) #Les_Articles

    / Die, #CCD, #Agriculture, #Ecologie

  • Dans le Lot-et-Garonne, guerre de l’eau et lutte des classes | Mediapart
    https://www.mediapart.fr/journal/france/180523/dans-le-lot-et-garonne-guerre-de-l-eau-et-lutte-des-classes?M_BT=179678332

    Dans ce département aux riches terres agricoles, un conflit sur l’eau s’est noué autour du lac de Caussade, construit illégalement par la chambre d’agriculture. Ses dirigeants perçoivent les écologistes comme des ennemis. Et ils nient très largement la réalité du dérèglement climatique.

    ou la preuve que seule une vraie politique rurale peut réconcilier agriculture et écologie (ce qui n’est pas le cas ni ici ni ailleurs).

    https://justpaste.it/brl4v

  • Nagorno Karabakh, è crisi idrica
    https://www.balcanicaucaso.org/aree/Nagorno-Karabakh/Nagorno-Karabakh-e-crisi-idrica-225180

    Il Nagorno Karabakh e un parte di Azerbaijan dipendono dall’approvvigionamento idrico del bacino di Sarsang, il primo per l’energia elettrica, il secondo per l’irrigazione dei campi agricoli. La siccità di questo periodo ma soprattutto il blocco del corridoio di Lachin hanno causato uno sfruttamento intensivo del bacino idrico

  • 🛑 Pesticides : un « Atlas » mondial expose le désastre...

    Un Atlas mondial, publié le 16 mai, livre une série de données sur ces produits toxiques. Les femmes sont des victimes insoupçonnées de l’utilisation des pesticides dans le monde.

    Ils sont partout et invisibles. Dans l’eau, l’air et les sols. Les effets néfastes des pesticides sur le vivant et notre santé sont connus, mais l’Atlas des pesticides sorti mardi 16 mai en France arrive pourtant à nous surprendre. Publié par la Fondation allemande Heinrich Böll et La Fabrique écologique, en collaboration avec le collectif d’ONG écologistes Nourrir et l’association Générations futures, il rassemble en textes et graphiques une série de données sur les pesticides au niveau mondial. Il s’appuie pour cela sur de nombreuses études scientifiques (...)

    🛑 ☠️ ☠️ #écologie #agriculture #agricultureintensive #productivisme #capitalisme #pesticides #Danger #santé #planète #biodiversité #environnement #produitschimiques...

    ⏩ Lire l’article complet…

    ▶️ https://reporterre.net/Pesticides-un-Atlas-mondial-expose-le-desastre

  • 🛑 PORTRAIT. Paul François, cet agriculteur dont la vie a été empoisonnée par Monsanto

    Agriculteur céréalier à Bernac (Charente), Paul François a fait condamner le géant de la pharmaceutique et de l’agrochimie Bayer, ex-Monsanto, pour son intoxication à l’herbicide Lasso survenue en 2004. Malade, il subit toujours les séquelles de l’intoxication près de vingt ans après. Le 30 janvier 2023, il a été agressé à son domicile. On souhaite le faire taire. Mais le « David charentais » veut continuer son combat contre les dérives des Goliath de l’agro-industrie (...)

    🛑 ☠️ ☠️ #écologie #agriculture #agricultureintensive #capitalisme #productivisme #pesticides #Danger #santé #planète #biodiversité #environnement #produitschimiques...

    ⏩ Lire l’article complet…

    ▶️ https://www.ouest-france.fr/economie/agriculture/portrait-paul-francois-cet-agriculteur-dont-la-vie-a-ete-empoisonnee-pa
    https://media.ouest-france.fr/v1/pictures/MjAyMzA1MTk0ZWY1ODVmOWU4M2M4NzNhYzg0ZTE4OTM2MDI4OWY?width=1260&he

  • ZADimanche toujours ! RDV le 14 Mai à #Die
    https://ricochets.cc/ZADimanche-toujours-RDV-le-14-Mai.html

    Dimanche dernier à la zone à défendre de Die, une construction à base de poteaux pour en faire un TIPI-barricade-géant c’est improvisée. Belle sculpture éphémère haute d’au moins 5 mètres se dressant fièrement sur le chemin d’accès, elle brandissait en son centre le permis de construire transformé en « Permis de bien aller se faire foutre ! »

    Un mélange de bonne humeur, bienveillance et de détermination à ne pas laisser ces terres se faire bétonner sans lutter. Cette oeuvre fut démonté dans la nuit même de son (...) #Les_Articles

    / Die, #Agriculture

  • #Die : Zadimanche 7 mai / on attaque les travaux !
    https://ricochets.cc/Die-Zadimanche-7-mai-on-attaque-les-travaux.html

    LA LUTTE CONTiNUE SUR LES TERRES MENACÉES DE CHAMARGES ! DIMANCHE 7 MAI à 11h30

    ON ATTAQUE LES TRAVAUX ET ON ARROSE LES PLANTATIONS ! Malgré la mobilisation, le projet d’extension de la Z.A. est toujours d’actualité…

    Les travaux d’aménagements programmés par la CCD restent imminents. Nous devons tenir bon pour empêcher la destruction des terres de Chamarges ! Apportez des bidons d’eau pour arroser les plantations . Venez avec des palettes, brouettes, gants de chantier pour attaquer les travaux. RDV à (...) #Les_Articles

    / Die, #Agriculture, #Ecologie, #Initiatives_d'habitant.e.s

  • Des bactéries résistantes aux #antibiotiques découvertes jusque dans les nuages
    https://www.francetvinfo.fr/sciences/des-bacteries-resistantes-aux-antibiotiques-decouvertes-jusque-dans-les

    Pour arriver à ces conclusions, des chercheurs de l’Université Laval à Québec et de l’Université Clermont Auvergne ont prélevé à l’aide d’"aspirateurs" à haut débit des échantillons dans les nuages se formant au-dessus du Puy de Dôme, un volcan endormi du centre de la #France, entre septembre 2019 et octobre 2021. Depuis la station de recherche atmosphérique perchée à 1 465 mètres, les scientifiques ont analysé ces échantillons à la recherche de gènes résistants aux antibiotiques.

    […]

    Avec l’utilisation très répandue des antibiotiques dans les soins de santé mais aussi en #agriculture, ce type de souches représente un « enjeu sanitaire majeur à l’échelle mondiale », précise l’étude. […]

    L’étude n’offre toutefois aucune conclusion sur les effets potentiels sur la santé de la propagation dans l’atmosphère de bactéries porteuses de gènes de résistance aux antibiotiques, estimant que seuls 5 à 50% de ces organismes pourraient être vivants et potentiellement actifs. « L’atmosphère est très éprouvante pour les bactéries, et la plupart de celles que nous avons trouvées étaient des bactéries environnementales », moins susceptibles d’être nocives pour l’homme, soutient Florent Rossi. « Il n’y a donc aucune crainte à avoir lorsque l’on marche sous la pluie », ironise le chercheur en ajoutant qu’on « ne sait pas si ces gènes peuvent être transmis à d’autres bactéries ».

    Source : Quantification of antibiotic resistance genes (ARGs) in clouds at a mountain site (puy de Dôme, central France) - ScienceDirect
    https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0048969722083681

  • L’agence environnementale de l’Union européenne déplore une consommation encore trop importante de #pesticides
    https://www.lemonde.fr/planete/article/2023/04/26/l-agence-environnementale-de-l-union-europeenne-deplore-une-consommation-enc

    Selon l’AEE, 83 % des sols agricoles testés dans le cadre d’une étude réalisée en 2019 contenaient des résidus de pesticides. Selon l’agence européenne, les Vingt-Sept doivent diminuer leur dépendance aux pesticides en adoptant d’autres modèles d’#agriculture, tels que l’agroécologie.

    #agro_industrie

  • « Nous aurons des années de rendement si faible que l’on ne pourra pas nourrir l’ensemble de la population »
    https://lesechos.fr/idees-debats/sciences-prospective/vin-de-normandie-pates-de-sorgho-que-mangerons-nous-quand-leau-sera-rare-19

    « Tout ce qui est rare est cher », l’adage est bien connu. Or, avec les vagues de sécheresse inédites qui se succèdent en Europe, notamment en ce moment en Espagne , l’eau devient de plus en plus rare. Le #prix de l’or bleu pourrait donc s’envoler. Le ministère des Affaires étrangères néerlandais a voulu alerter sur cet avenir qui se dessine avec le site de vente en ligne The Drop Store (« le magasin de la goutte »). Sur ce site futuriste, la ressource est devenue si rare que chaque produit détaille la quantité d’eau nécessaire à sa production pour justifier son prix devenu exorbitant.

    Les denrées courantes deviennent en effet des mets précieux et leurs prix flambent. Par exemple, une fiole d’eau « très pure » de seulement 15 ml est vendue 182 euros ; un épi de maïs de 35 grammes, 129 dollars (118 euros) ; deux cubes de fromage, 109 dollars (100 euros) ; ou encore 4 carrés de chocolat, 3.600 dollars (3.200 euros) ! Pour chaque produit, une étiquette précise la cause de sa raréfaction : inondation, sécheresse, pollution…

    L’initiative choc reste une fiction, mais certaines des conséquences esquissées pourraient bien devenir réelles. Première activité consommatrice d’#eau en France, l’agriculture est en effet lourdement affectée par la baisse significative de la recharge des nappes phréatiques, de l’ordre de 10 % à 25 % en moyenne en France métropolitaine.

    D’ici à 2050, la #tendance des températures « sera à la hausse et nous allons connaître d’importantes et nombreuses variations interannuelles. Et ce sera encore plus vrai avec la pluviométrie », confirme Christian Huyghe, directeur scientifique de l’Inrae.

    A cet horizon, le #climat de la #France se rapprochera de celui de la Tunisie. Or, le pays du Maghreb doit se mobiliser pour conserver une forme de souveraineté alimentaire et éviter de nouvelles émeutes de la faim. Cette indépendance a un prix puisque pour maintenir son #agriculture, le pays investit dans le retraitement des eaux usées et construit des stations de dessalement d’eau de mer. Ces installations et leur utilisation ont un coût qui pourrait bien se répercuter sur le prix des denrées.

    […]

    La clé d’une adaptation réussie repose aussi sur un changement des régimes alimentaires pour les orienter vers des produits moins consommateurs d’eau. Sans surprise, les chercheurs plaident unanimement pour une assiette plus végétale. « Vraisemblablement, notre #consommation de produits animaux diminuera avec un #régime_alimentaire qui passera de 60 % de protéines d’origine animale à 40 ou 50 % », avance Christian Huyghe de l’Inrae. « Il faudrait également multiplier notre consommation de légumineuses par cinq », avance Sylvain Doublet.

    Les #fruits et #légumes vont aussi évoluer. Les consommateurs devront s’habituer à des fruits et légumes aux calibres et aux goûts différents. Par exemple, avec moins d’eau, la taille des pommes de terre se réduira ainsi que celle des fruits qui seront aussi plus sucrés. Par ailleurs, avec des rendements agricoles en baisse, la lutte contre le #gaspillage va s’intensifier.

    Un monde où l’eau est rare

    10 % à 25 % : baisse moyenne de la recharge des #nappes_phréatiques en France.

    9 ans : c’est la durée moyenne actuelle pour créer une nouvelle variété agricole en France.

    2050 : le climat de la France sera comparable à celui de la Tunisie.

    40 % à 50 % : proportion de protéines animales dans le régime alimentaire en France en 2050, contre 60 % aujourd’hui.

    182 euros : le prix de 15 ml « d’eau pure », si l’on ne change pas de système alimentaire, selon la politique-fiction des #Pays-Bas.

    • Cinq grains de riz pour 80 euros : un magasin en ligne (fictif) alerte sur les conséquences d’un monde sans eau

      https://www.francetvinfo.fr/replay-radio/le-monde-est-a-nous/cinq-grains-de-riz-pour-80-euros-un-magasin-en-ligne-fictif-alerte-sur-

      Le site internet The Drop Store créé à l’initiative du gouvernement néerlandais est un site très particulier où l’on trouve une dizaine de produits alimentaires seulement. Et pour se les offrir, il faut avoir les moyens.
      Un petit bout d’épis de maïs, 35 grammes : 118 euros. Un petit sachet de cinq grains de riz : 80 euros.
      Un flacon d’eau pure, plus chère que du parfum : 180 euros les 15 ml (l’équivalent d’une cuillère à soupe). On trouve aussi de l’eau normale bien plus abordable, mais elle est marron et, prévient l’étiquette, « susceptible d’être polluée par divers produits chimiques ou pharmarceutiques ». Pour vos petits creux, un snack protéiné, très « crunchy » comme dit l’emballage : on dirait une barre de céréales, c’est un agglomérat d’insectes, mouches, cafards et vers : 138 euros. Un produit de substitution à la viande rouge.

      Mais vous pourriez préférer les pilules en forme de mini-pizza, goût margherita – on dirait une boîte de médicaments – 148 euros. Un avis client (factice, comme le reste) dit : « Je n’ai jamais mangé de vraie pizza, mais d’après mes amis qui en ont déjà goûté, ces pilules ont un goût très ressemblant ».

      Une personne sur trois n’a déjà pas un accès libre à l’eau potable

      Ce site est une fiction pure, ces aliments, évidemment, ne sont pas à vendre. Ils ont été imaginés par l’agence Publicis à l’occasion de la Conférence des Nations unies sur l’eau qui s’est tenue en mars 2023. Car c’est peut-être ce qui nous attend dans un monde sans eau. Un monde où, à cause du changement climatique, des sécheresses et de la hausse des températures, l’eau potable deviendrait une ressource rare, voire inexistante.

      Cela peut vous paraître de la fiction, mais c’est déjà une réalité pour plus d’une personne sur trois dans le monde, selon l’Unicef et l’Organisation mondiale de la Santé. En 2030 (autant dire demain) près de la moitié de la planète aura des difficultés d’accès à l’eau potable.

      Et ce que veulent montrer les Pays-Bas avec ce site The Drop Store, c’est que cette crise de l’eau aura un impact direct, un impact majeur sur nos modes de consommation dans les pays développés. Et donc que le riz, le maïs ou la margherita deviendront des produits de luxe. Parce que pour produire un kilo de maïs, par exemple, il faut au total 1 222 litres d’eau. Chaque aliment a sa fiche de consommation en eau, basée sur une étude scientifique, et le site nous explique pourquoi on risque d’en arriver à cette raréfaction.

      La riziculture utilise par exemple 40% de toute l’eau d’irrigation dans le monde. Le riz contribue au bouleversement climatique, mais il en est aussi victime. Pour la margherita, c’est parce que la sécheresse aura eu raison des récoltes de tomates, d’olives et de blé. Et parce qu’il faut beaucoup trop d’eau aussi pour nourrir les bufflonnes qui produiront le lait pour la mozzarella. Le manque d’eau entraînant de mauvaises récoltes, une réduction de la production et une augmentation des prix pour tout le monde. « De nombreuses choses que nous mangeons et apprécions aujourd’hui disparaîtront complètement, dit The Drop Store, ce qui réduira la diversité et la nutrition de notre alimentation ».

      Des actions concrètes au quotidien

      L’initiative, pourtant, ne se veut pas culpabilisante. Les Pays-Bas ont surtout voulu créer un choc de conscience, avec l’idée c’est que l’on peut encore agir pour protéger la ressource eau. « Les Nations unies voulaient que nous diffusions ce message à l’échelle mondiale pour que les gens comprennent la valeur de l’eau », dit Eduardo Marques, directeur d’exploitation de Publicis.

      Le site renvoie vers des organisations partenaires comme le WWF ou le mouvement « Fill up the glass » qui propose aux jeunes des actions très concrètes dans la vie de tous les jours, comme limiter sa consommation de viande ou utiliser des protections hygiéniques réutilisables

    • #sorgho

      Le sorgho, une plante millénaire d’avenir

      Le sorgho est l’objet de toutes les attentions. La plante originaire de la région sahélienne constitue déjà l’aliment de base dans plusieurs régions arides et semi-arides. Cette céréale dotée d’un système racinaire profond peut en effet pousser malgré des températures élevées et un déficit hydrique important. La plante riche en protéines « possède des qualités nutritionnelles et énergétiques comparables à celles d’autres céréales », indique David Pot, du Cirad. Elle peut être consommée par les humains, mais aussi les animaux.

      Toutefois, si le sorgho est plus résistant que le maïs à la sécheresse, son rendement reste inférieur lorsque l’eau est abondante. « Cela résulte aussi d’investissements très importants de la recherche et des entreprises de sélection dans le maïs », précise David Pot. La céréale peu gourmande en engrais et en pesticides pourrait faire l’objet de recherche agrologique et d’investissements « laissant aussi présager des gains génétiques importants », indique le chercheur.

  • #Die : venez continuer la lutte sur les terres menacées de Chamarges
    https://ricochets.cc/Die-venez-continuer-la-lutte-sur-les-terres-menacees-de-Chamarges-dimanche

    VENEZ CONTINUER LA LUTTE !

    Sur les terres menacées de Chamarges Malgré la mobilisation, le projet d’extension de la Z.A. est toujours d’actualité...

    Les travaux d’aménagements programmés par la CCD restent imminents ! Venez vous tenir informé-es des dernières nouvelles de la lutte et vous impliquer dans la suite de la mobilisation. Nous devons tenir bon pour empêcher la destruction des terres de Chamarges ! RDV à Chamarges, au niveau du rond-point de la Route de Ponet (D543) / Die 26150

    Parkings à (...) #Les_Articles

    / Die, #Agriculture, #Ecologie

  • The reconquest of economic sovereignty in Africa - ROAPE
    https://roape.net/2023/04/25/the-re-conquest-of-economic-sovereignty-in-africa

    Caroline Cornier reflects on a conference held in Dakar that focused on the challenges facing the continent in the context of ecological, economic, and political crisis.

    #Afrique #Souveraineté_économique #Déconnexion #Industrialisation #Agriculture #Souveraineté_monétaire #Franc_CFA #Dette #Industrie_extractive

  • L’irrigation du maïs représente-t-elle un quart de l’eau douce consommée en France ?
    https://www.lemonde.fr/les-decodeurs/article/2023/04/24/l-irrigation-du-mais-represente-t-elle-un-quart-de-l-eau-douce-consommee-en-

    La députée Aurélie Trouvé (LFI) a provoqué de vives réactions en affirmant que le maïs irrigué consommait 25 % de l’eau douce. Si le chiffre exact est difficile à estimer, l’ordre de grandeur est correct.

  • Première victoire à #Die : Léa Nature rejoint la Tulipe Sauvage pour la préservation des terres de Chamarges
    https://ricochets.cc/Premiere-victoire-a-Die-Lea-Nature-rejoint-la-Tulipe-Sauvage-pour-la-prese

    Grâce à notre mobilisation Léa Nature rejoint la Tulipe Sauvage pour préserver les terres de Chamarges. Cet actionnaire principal de Nateva nous a informé.es de sa volonté de revoir son projet industriel pour éviter la destruction de terres agricoles. Un premier pas du groupe Léa nature (dont fait parti Nateva) pour mettre en accord leurs actions et prises de positions avec leurs « valeurs » ouvertement communiquées. De dimanche en dimanche, ces terres sont remises en culture par des centaintes de (...) #Les_Articles

    / Die, #Agriculture, #Ecologie

  • La mafia dei Nebrodi pascola libera tra i fondi Ue
    https://irpimedia.irpi.eu/farmsubsidy-nebrodi-mafia-politica-agricola-ue

    Un processo in Sicilia svela una delle più grandi frodi europee con i fondi Ue per l’agricoltura. Ma le cifre potrebbero essere ancora più grandi. E mostrano la necessità di cambiare i meccanismi di prevenzione Clicca per leggere l’articolo La mafia dei Nebrodi pascola libera tra i fondi Ue pubblicato su IrpiMedia.

  • The Culprit Behind Dead Zones and the Threat to Our Water Supply — ProPublica
    https://www.propublica.org/article/phosphorus-the-culprit-behind-dead-zones-threat-to-water-supply

    Voilà comment l’industrie resout le problèm du manque de phosphore qu’elle adressait au dix neuvième siècle en dépouillant les fosses communes des grands champs de bataille - elle pollue les lacs et rivières au point de menacer l’approvisionnement en eau potable.
    https://seenthis.net/messages/999516

    17.4.2023 by Anna Clark - As bright green plumes of toxic algae spread over Lake Erie in the summer of 2014, suffocating one of the largest lakes on earth, reporter Dan Egan was there. He had arrived in Toledo, Ohio, to investigate what had sickened the water — and how treatment plants might not be able to purify it.

    Indeed, that’s exactly what happened. The day after he returned home to Wisconsin, Toledo warned people to stop drinking, boiling or bathing in tap water. Ohio’s governor declared a state of emergency. And Egan soon published an expansive report in the Milwaukee Journal Sentinel about how we got to a place where people living by such an abundant source of life-giving freshwater could not drink it or even touch it.

    As the Journal Sentinel’s Great Lakes reporter for nearly 20 years, where he was twice a finalist for the Pulitzer Prize, and now writing magazine stories, Egan has long explored the tension between people and place. From invasive species to the multibillion-dollar recreational fishing industry to Chicago’s fraught relationship with Lake Michigan, he serves as a watchdog for the massive inland seas. The narrative power of his first book, “The Death and Life of the Great Lakes,” helped it reach a wide audience. A New York Times bestseller, it won both the Los Angeles Times Book Prize and the J. Anthony Lukas Award.

    Egan’s new book, “The Devil’s Element: Phosphorus and a World Out of Balance,” tells the urgent story of the 13th element to be discovered. (It’s the 15th element on the periodic table.) The unchecked flow of phosphorus into our waterways — often from farm runoff — contributes to “dead zones” and toxic algae blooms. At the same time, as an essential ingredient in fertilizer, phosphorus turns vast swaths of land green, nourishing crops and animals. It makes life possible for billions of people.

    Phosphorus, he writes, isn’t only essential to us; it is us. It’s found in our bones, teeth, even our DNA. In the naturally replenishing cycle, animals eat phosphorus-rich plants and then return the element to the soil when they defecate or die and decay. The soil then grows the next generation of plant life. Thanks to the remnants of long-dead organisms, phosphorus is also found in rare caches of sedimentary rocks on ancient seabeds. But in the 19th century, humans figured out how to break the cycle — systematically taking rocks, guano and even bones from one place to fertilize the soil of another place. Today, the world’s food supply depends on diminishing phosphorus reserves in places like Bone Valley, Florida, and the Western Sahara. At the same time, excess phosphorus from both plant and animal farms spills into our water and spoils it.
    Dan Egan Credit: Mike De Sisti/Milwaukee Journal Sentinel

    Egan’s reporting takes him not only to the Great Lakes, which hold about a fifth of all the freshwater on the face of the planet, but also to Germany, where an alchemist first isolated the combustible element and where traces of phosphorus cast down by World War II firebombers still wash ashore — with alarming results. We follow him to the saltwater beaches of the Mississippi Gulf Coast, once thought safe from the telltale shock of green, and to Ontario’s Experimental Lakes Area, where scientists discovered the connection between phosphorus and algae, much to the chagrin of detergent makers of the era. Along the way, Egan explores the Clean Water Act’s “yawning exemption” for agriculture and how some scientists fear we’ll hit “peak phosphorus” in a few decades.

    Egan, now the Brico journalist in residence at the Center for Water Policy in the University of Wisconsin-Milwaukee’s School of Freshwater Sciences, spoke with ProPublica about phosphorus, algae and the perils and possibilities of book-length journalism. This interview was edited for length and clarity.
    You’ve spent nearly 30 years covering environmental stories, first in Idaho and Utah and then at the Milwaukee Journal Sentinel. What are the earliest stories you remember writing about toxic algae blooms?

    I come at this without a background in science or environmental studies. But being out in Idaho, I was thrown to the wolves, literally, because wolf reintroduction was a huge issue. I also covered salmon recovery and grizzly bear recovery. That was a crash course in environmental journalism.

    But I don’t remember writing about algae until 2014. I was in Toledo the week before they lost their water, doing a story on what would happen if Toledo lost their water.
    What did you come across in your reporting that surprised you?

    When I was writing about the algae blooms in Lake Erie, I was mostly reading about the algae blooms. I was just introduced to phosphorus along the way. I didn’t put much of it in my first book. But the idea that we need rocks to sustain modern agriculture — somebody was saying, “Yeah, it comes out of Florida, it comes up on trains to the various fertilizer factories.” “Rocks? Any rocks?” “No, special rocks.”

    And then, the whole stuff about grinding bones and spreading them on crops. I wasn’t bored writing this book, I will tell you that.

    What really caught my eye was how phosphorus doesn’t exist on its own in the environment. It’s always bound with oxygen atoms to make phosphates, which are stable, or noncombustible. But when they first isolated pure phosphorus in the late 1600s, it was magical stuff. It got above 80 Fahrenheit, and it just burst into flames and will not stop. Nothing will stop it. I guess you saw this in the book — a guy that’s burned goes into the water, and then he comes out of the water, and it flares up again.

    And then you see that it was used as a weapon. But it’s also this essential fertilizer. Of the three big [elements in] fertilizers — nitrogen, potassium and phosphorus — phosphorus is the limiting [or least available] element.

    There’s this paradox of how we’re just squandering these relatively scarce deposits and at the same time we’re overdosing our waters to the point where sometimes you can’t drink them, you can’t swim in them, it kills dogs, it threatens people.
    How does the nuance here compare to our relationship with other materials that have proved vexing, such as lead, or PFAS, or even the vinyl chloride recently unleashed on East Palestine, Ohio?

    With any toxin or element that we exploit and pollute the environment, there was a reason we did it. But phosphorus is so essential and also just so potentially harmful. Managing this stuff was hard enough when we had a billion people, but now we’re zooming toward 9 billion.

    We need to change the way we’re using this, or there’s two consequences, and they’re not exclusive. We’re going to poison the crap out of our waters, or we’re going to run out of easily accessible deposits and have food shortages.

    That’s the story. There’s a lot unfolding fast here. And I think it’s only going to accelerate.
    What is slowing people down in restoring what you call “the virtuous cycle” of phosphorus?

    It’s probably the agriculture lobby. They know there’s a problem, but it’s not being adequately addressed or we wouldn’t have these chronic blooms in every state in the union.

    As far as slowing down people, I don’t know. It’s just not something people talk about. People would ask, “Are you writing another book?” I’d say, “Yep.” “What’s it about?” “Phosphorus.” And they’d look at me like I just told them I was diagnosed with something really bad.
    And these are your book fans, asking what you’re writing next!

    That alone is daunting. On the other hand, when you start telling people about how we mined the battlefield of Waterloo for all the [human] bones to grind them up to throw them on crops to grow turnips in England? That gets people’s attention.

    There’s so much that goes into modern food production that we’re just divorced from. There’s been books written about this, and very good books, but I don’t think anybody has written a book for popular consumption that connects the dots between the food on a table and the poisoned waters. And also the lengths we’ve gone to find this precious substance that nobody thinks about.
    Your book discusses a number of 20th century wins, such as the revival of Lake Erie after it was virtually declared dead and the pushback against the detergent industry’s overuse of phosphorus. Do you see a blueprint here for how to tackle problems with phosphorus today?

    It’s useful to look at when we first tangled with phosphorus as a pollutant in the 1960s and ’70s and solved the problem, largely by banning phosphates in detergents. But it’s not entirely applicable. Today it’s a much bigger problem. It’s more diffuse. When we could plug a pipe or cap a smokestack to stop the pollutants, that’s easy. But now that it’s spread on the landscape, we’ve got these legacy phosphorus deposits. They’re going to be leaching into the water for decades. Even if we clamp down on CAFOs [concentrated animal feeding operations] tomorrow, there’s so much inertia in the system. It’s like climate: Things are going to get worse before they get better.

    But it’s also important that we do look back and see that we have been successful. And we also have an obligation to just try. We have a chance to make things better for future generations. We should take advantage of it.
    Before we leave off, is there any part of the book that you’d like to underline? Water or fertilizer, mining or politics, what would you like to make sure gets through to the public?

    It’s a deep question and requires something of a deeper answer. But I think it’s the circle of life. It’s not just “The Lion King.” It’s real. And the thing that stitches it together in this case is phosphorus. We’ve got to learn that you don’t use it and chuck it. You use it again and use it again and use it again and use it again, if we’re going to stay fed and have waters that are safe enough to fish in and swim in and drink from and have your pets play in. This book is about the circle of life, manifested in phosphorus.

    #capitalisme #agriculture #engrais #chimie #phosphates

  • Les morts de Waterloo ont-ils été transformés en fertilisant agricole au 19e siècle ?
    https://www.sciencesetavenir.fr/archeo-paleo/archeologie/les-morts-de-waterloo-ont-ils-ete-transformes-en-fertilisant-agrico


    Au dix neuvième siècle les capitalistes britanniques exploitaient sans scrupules les soldats encore àprès leur mort. Depuis la première guerre mondiale les hécatombes atteignent des dimensions qui poussent les états à tenter l’apaisement des survivants en fournissant des sépultures individuelles à un maximum de tombés. Les progrès dans la fabrication d’engrais chimiques leur facilitent la tâche.

    21.6.2022 par Bernadette Arnaud - Des fouilles archéologiques menées depuis 2015 sur le site de la bataille de Waterloo (1815) n’ont livré que de très rares restes humains... Or ces modestes découvertes soulèvent une question majeure : où sont passés les corps des dizaines de milliers d’hommes et de chevaux de cette bataille napoléonienne ? Une explication, -peu relayée tant elle est macabre-, voudrait qu’ils aient pu être transformés en engrais à usage agricole… Un mystère qui devrait être prochainement réexaminé par de nouvelles fouilles archéologiques menées sur le célèbre site.

    Comme chaque année depuis 2015, -hors la période de pandémie de Covid-19-, l’organisation britannique « Waterloo Uncovered », un organisme qui travaille en coopération avec des militaires blessés ou atteint du syndrome de stress post-traumatique (SSPT), participe à des recherches archéologiques dans la plaine de Waterloo (Belgique), lieu de la grande bataille napoléonienne de 1815. Sous la houlette de l’archéologue Tony Pollard, directeur du Centre d’Archéologie des Champs de batailles de l’Université de Glasgow (Ecosse), une soixantaine de participants ont déjà exploré de nombreux secteurs du champ de bataille. En 2019, passant particulièrement au crible les alentours de la ferme de Mont-Saint-Jean, l’un des épicentres des combats, ils avaient ainsi été mis au jour des munitions et surtout trois os provenant de membres inférieurs - probablement issus d’amputation - dégagés à proximité du bâtiment ayant servi d’hôpital de campagne. L’un des os dégagés portait encore des marques de scie... « Cette découverte poignante a immédiatement transformé l’atmosphère de la fouille, tissant un lien direct entre les personnes qui avaient souffert ici en 1815 et les soldats vétérans présents », avait alors déclaré Tony Pollard dans une interview au Guardian.


    Un des rares ossements humains mis au jour dans la plaine de Waterloo, lors de fouilles archéologiques. Crédits : Waterloo Uncovered

    Une pénurie de restes humains qui interroge

    L’exhumation de ces restes humains constituait surtout une première pour l’archéologue écossais qui étudie la plaine de la bataille de Waterloo, « le plus affreux carnage que j’ai jamais vu », selon le maréchal Ney (1769-1815). La pénurie d’ossements exhumés intrigue en effet depuis longtemps le spécialiste : à ce jour, sur ce site où se sont affrontés près de 269.000 hommes et où 47.000 d’entre eux environ ont perdu la vie ou ont été blessés, un seul squelette complet a été récupéré ! En 2012, lors du creusement d’un parking, la dépouille d’un soldat a en effet été recueillie. Il appartenait à la King’s German Legion (KGL) du roi Georges III, des unités militaires hanovriennes formées en Grande-Bretagne et Irlande entre 1803 et 1816. La balle de mousquet ayant entrainé sa mort a même été retrouvée au milieu de ses côtes, l’ensemble étant désormais exposé dans le musée du site.


    "La Bataille de Waterloo, le 18 juin 1815", par Clément Auguste Andrieux (1829-1880). Crédits : AFP

    A la recherche des fosses communes

    Que sont donc devenues les dépouilles des soldats de Waterloo ? Interrogation à laquelle Tony Pollard vient de consacrer un article dans le Journal of Conflict Archaeology paru ce 18 juin 2022. L’archéologue écossais y développe en effet une hypothèse : « S’il est extrêmement rare de trouver des restes humains sur ce champ de bataille, c’est que de nombreuses fosses communes ont été pillées et les os broyés pour être utilisés comme engrais dans les années qui ont suivi la bataille de 1815 ». Des propos qu’il avait déjà tenu dans un article du Telegraph le 17 juillet 2019 relayé par le très sérieux Smithsonian Institute du 18 juillet 2019 qui évoquait de son côté « les fabricants d’engrais anglais qui récupéraient ces os »… ! Diantre ! Dans la presse anglo-saxonne, les choses semblaient établies ! Mais de ce côté-ci de la Manche ? Sommes-nous face à une rumeur, un élément de folklore à classer dans la longue liste des légendes urbaines ? Ou bien s’agit-il de faits historiques avérés ? A bien lire ce qui a été écrit autour des affrontements homériques que furent les batailles napoléoniennes, il demeure difficile aujourd’hui encore de se faire une idée de la réalité de ces comportements profanatoires, alors que les cimetières de la Première (1914-1918) et Seconde guerres mondiales (1939-1945) sont l’objet de tous les soins et commémorations. Rappelons que la considération attribuée à l’individualisation des corps des soldats morts au combat n’est seulement advenue qu’avec la Première guerre mondiale.


    Emplacements indicatifs de possibles lieux de sépultures, de concentrations de fosses, ou de bûchers, après de récentes analyses de sources. Crédits : Waterloo Uncovered

    Toujours est-il que pour tenter de cartographier l’emplacement des fosses et lieux de sépultures non repérés à ce jour, l’archéologue écossais raconte avoir réuni tous les témoignages d’archives et informations existants émanant de témoins oculaires présents au lendemain de la bataille de 1815. Des croquis, des peintures, des récits, signalant des lieux où avaient été creusées des fosses, grandes ou petites (cf. carte). En particulier des dessins récemment découverts, et des lettres et documents personnels inédits d’un certain James Ker, un marchand écossais vivant à Bruxelles au moment de l’affrontement, dont les informations recueillies à Waterloo dès le 19 juin 1815 n’avaient jamais été publiées. « Il serait vraiment intéressant de retrouver l’emplacement des fosses desquelles des os ont été extraits, car toute perturbation produit des anomalies géophysiques dans les sols », explique ainsi Tony Pollard. Pour tenter de les localiser, des relevés du champ de bataille utilisant des méthodes électromagnétiques devraient démarrer au cours des prochaines fouilles archéologiques. Interrogé, le Dr. Kevin Linch, expert en guerres napoléoniennes à l’Université de Leeds (qui ne participe pas à ces recherches), a déclaré de son côté, « qu’il y avait de bonnes raisons de penser que les os des morts avaient été prélevés pour être utilisés comme engrais ». Des travaux prochains qu’approuvent la Napoleonic & Revolutionnary War Graves Charity, pour lequel il serait important de retrouver et connaitre ce qui est véritablement advenu des dépouilles.


    "Enterrer les morts au Château d’Hougoumont après la bataille de Waterloo (1815)". Aquarelle de James Rouse, de 1817. Crédits : Journal of Conflict Archaeology

    Ce que l’histoire nous dit, c’est qu’à Waterloo, les morts auraient été inhumés ou incinérés. Les descriptions des carnets du Capitaine Coignet (1799-1815), l’un des célèbres soldats de la Garde Impériale, n’en font pas mystère puisqu’elles indiquent que « pendant huit jours des buchers brulèrent nuit et jour » ; ou que « les dépouilles des soldats morts étaient entassés dans des fosses ». Ce qu’ont confirmé quelques autres découvertes de fosses napoléoniennes effectuées au 21e siècle, à l’instar des 3.000 squelettes exhumés à Vilnius (Lituanie) en 2001 (lire Sciences et Avenir n° 663). D’autre part, des documents rapportent que dès la fin des combats, nombreux étaient ceux qui se rendaient sur les champs de bataille pour « dépouiller » les morts, prélever les vêtements des soldats, leurs chaussures, leurs armes, -parfois jusqu’à leurs dents pour en faire des prothèses ! Une collecte d’artefacts revendus en « souvenirs » connue des historiens.


    Dépouillés de leurs vêtements, de leurs biens, de leurs armes et tout ce qui pouvait avoir la moindre valeur, les morts de Waterloo ont été placés dans plusieurs fosses communes... Crédits : Journal of Conflict Archaeology

    Contactés, des spécialistes de l’étude des traitements funéraires des champs de batailles ont rappelé que pour ces périodes napoléoniennes « les sites étaient complètement nettoyés après les batailles, et qu’une quinzaine de charniers sont documentés à travers l’Europe, ce qui ne correspond donc pas une absence totale de corps ». Néanmoins, la question que pose l’archéologue Tony Pollard n’est pas anodine : des milliers d’hommes -et des dizaines de milliers de chevaux- tués sur les champs de bataille des guerres napoléoniennes ont-ils connu, -ou non-, ce destin, que d’avoir au 19e siècle, été transformés en fertilisant agricole ?

    Ce thème peu évoqué semble en fait lié au développement agricole de l’époque. Un sujet sur lequel travaille l’archéologue Ecossais qui a confié à Sciences et Avenir être actuellement en train d’écrire un livre sur le sujet.

    Des sociétés d’engrais ont-elles fait irruption dans les sépultures des guerres napoléoniennes ?

    Pour comprendre, revenons au contexte de l’époque. Au 19e siècle, l’agrochimiste allemand Justus von Liebig (1803-1873) met en lumière le principe de fertilisation. Pour croître dans de bonnes conditions, les plantes doivent pousser dans un sol riche en azote, en potassium et phosphore. L’idée majeure étant qu’une fois les récoltes effectuées, il fallait rendre à la terre les nutriments prélevés sous peine de voir les sols s’appauvrir. Mais où trouver les précieux minéraux en quantité ? Le fumier procuré par les animaux des fermes jusque-là ne suffisait plus en ces aubes de révolution industrielle et de croissance des populations à nourrir. Pour produire plus, les cultures nécessitaient l’apport de quantités massives de fertilisants.

    Dans les années 1830-1840, les os, très riches en phosphate de calcium, auraient alors été considérés comme d’excellents engrais… Brûlés ou broyés ils étaient répandus dans les champs pour augmenter les rendements. Ainsi bien des fossiles paléontologiques ont-ils fini pulvérisés. Mais ils ne sont pas les seuls, semble-t-il ! Des entreprises anglaises auraient alors pensé au trésor qui se trouvait enfouis sous les champs de bataille... Elles se seraient rendues sur les sites des guerres napoléoniennes pour récupérer les ossements des soldats et chevaux tombés, ensuite broyés et vendus aux agriculteurs britanniques.

    « Des fosses communes ont été vidées par des entrepreneurs à la recherche d’os utilisés comme engrais pour faire de la farine d’os dans la première moitié du 19e siècle. Il existe de nombreux journaux faisant références à cette pratique à l’époque - avec les principaux champs de bataille européens dans lesquels étaient recherchés des tombes contenant de grandes quantités d’os. Leipzig est un autre champ de bataille mentionnés dans ce contexte. Les os ont été expédiés vers des ports tels que celui de Hull en Angleterre, mais également vers l’Écosse, où ils étaient broyés pour être utilisés comme engrais afin de favoriser la croissance des cultures. Seuls les charniers valaient la peine [des fosses contenant des corps en quantité, ndlr] et des contacts locaux ont probablement dû être payés pour identifier l’emplacement de ces sépultures. Ce qui ne veut pas dire que chaque charnier a été traité de cette manière, mais beaucoup semblent l’avoir été », a expliqué à Sciences et Avenir, l’archéologue Tony Pollard, lors d’un précédent échange.

    Auraient ainsi été visités les champs de bataille d’Austerlitz, Waterloo et quelques autres. En 1822, un journal britannique rapportait d’ailleurs : « On estime que plus d’un million de boisseaux d’os humains et inhumains [chevaux, ndlr] ont été importés du continent européen l’année dernière dans le port de Hull. Les quartiers de Leipzig, Austerlitz, Waterloo et de tous les lieux où se sont déroulés les principaux combats de la dernière guerre sanglante ont été balayés de la même façon par les os du héros et du cheval qu’il a montés. Ainsi rassemblés chaque trimestre, ils ont été expédiés au port de Hull, puis acheminés aux broyeurs d’os du Yorkshire, qui ont installé des moteurs à vapeur et des machines puissantes dans le but de les réduire à l’état de granulaire. [..Ils ont été envoyés principalement à Doncaster, l’un des plus grands marchés agricoles de cette partie du pays, et son vendus aux agriculteurs pour qu’ils fassent purifier leurs terres…] »

    Une campagne géophysique « ambitieuse »

    Dans le Journal de la société statistique de Paris, et sa séance du 4 mars 1863, on pouvait lire : « La culture anglaise est tellement pénétrée de l’importance du rôle du phosphate de chaux comme engrais, que des spéculateurs ont fouillé pour elle, tous les champs de bataille de l’Europe, et que récemment encore, des navires apportaient, dans les ports anglais, où elle se vendaient à gros bénéfice, des cargaisons d’ossements humains recueillis en Crimée ».

    Toutes ces matières finirent toutefois par s’épuiser. Ces pratiques auraient cessé dans les années 1860, après une campagne de rumeurs contre les agriculteurs, soulignant qu’ils jetaient les corps de leurs propres enfants dans les champs. Il est à noter que ces mêmes usages, la transformation en engrais, concernèrent les momies égyptiennes rapportées par cargaisons entières -un fait largement confirmé par des documents historiques. A partir de 1841, remplaçant les ossements, ces engrais aurait été recherché dans les îles à guano -des montagnes de déjections d’oiseaux marins- acheminées en Grande-Bretagne et dans l’ensemble de l’Europe depuis les îles Chincha, au large des côtes du Pérou.

    Pour déterminer une fois pour toute si les restes des morts de Waterloo ont fini broyés en « farine d’os », Tony Pollard et ses équipes du « Waterloo Uncovered » souhaitent pouvoir mener dans les années qui viennent, une campagne géophysique « ambitieuse » pour tenter d’identifier les zones où le sol a été perturbé et où aurait pu se trouver l’emplacement d’anciennes fosses… vidangées.

    Le 18 juin 1815, se sont opposés dans la plaine de Waterloo, à 18km au sud de Bruxelles, les forces françaises constituées de 74.000 hommes et 266 canons, aux Forces alliées (195 000 hommes), composées des armées anglo-hollando-Belges : 68.000 hommes, et prussiennes : 127.000 hommes. Débutée à 11h35, la bataille s’est achevée autour de 21h par la défaite des troupes napoléoniennes. Les pertes françaises (tués et blessés) se sont élevées aux alentours de 20.000 hommes, de même que les pertes alliées, 20.000 hommes tués et blessés dont 7.000 prussiens).
    Dictionnaire des batailles de Napoléon, d’Alain Pigeard, editions Taillandier.


    Forces en présence dans la plaine de Waterloo, le 18 juin 1815 (en bleu, les armées napoléoniennes). Crédits : Journal of Conflict Archaeology

    Histoire de plantes : l’engrais des champs de bataille
    Par Marc Mennessier Publié le 30/03/2018
    https://www.lefigaro.fr/jardin/2018/03/30/30008-20180330ARTFIG00257-histoire-de-plantes-l-engrais-des-champs-de-batai

    Le mystère de la disparition des corps des soldats à la bataille de Waterloo enfin résolu ?
    https://www.ouest-france.fr/leditiondusoir/2022-06-22/le-mystere-de-la-disparition-des-corps-des-soldats-a-la-bataille-de-wat

    #capitalisme #agriculture #engrais #chimie #phosphates #guerre #histoire #Belgique #Waterloo #bataille

  • Silence dans les champs

    Depuis les années 1960, le « système » agro-industriel fait naître des empires transnationaux et des #baronnies_rurales. Il crée des #usines et des #emplois. Il entraîne la disparition progressive des #paysans, l’#asservissement de nombreux salariés de l’#agroalimentaire, l’altération des écosystèmes et la généralisation de la nourriture en boîte. Il s’impose au nom de la realpolitik économique et de la foi dans une certaine idée du « #progrès ». Il prospère grâce à la bienveillance, l’impuissance ou la lâcheté des autorités. Il engendre ses propres mythes, capables de façonner durablement les mentalités. Il enrichit considérablement une minorité, alors que certains se contentent de survivre grâce aux subventions ou doivent s’estimer heureux parce qu’ils ont un travail. Il fait taire des récalcitrants à coups de menaces, de pressions, d’intimidations, de calomnies ou de sabotages. La #violence est son corollaire. Le #silence, son assurance-vie. Comment le définir ? « #Féodalité », répondent les uns. « #Esclavage_moderne », disent les autres. « #Oligarchie » ou « #mafia », jurent certains...
    Enquête au long cours jalonnée de témoignages saisissants, Silence dans les champs est une immersion glaçante dans le principal territoire agro-industriel de France : la #Bretagne.

    https://www.arthaud.fr/silence-dans-les-champs/9782080280886
    #livre #agriculture #industrie_agro-alimentaire

  • 🛑 Le nouveau représentant du capitalisme agricole... 😡🤬🤢

    🛑 Arnaud Rousseau, un « productiviste » à la tête de la FNSEA...

    C’est un homme qui multiplie les postes à responsabilités. Arnaud Rousseau, 49 ans, a été élu le 13 avril à la tête de la Fédération nationale des syndicats d’exploitants agricoles (FNSEA) — premier syndicat agricole français (212 000 adhérents), particulièrement écouté des dirigeants politiques (...)

    #écologie #planète #terre #environnement
    #agriculture #capitalisme #catastrophe
    #FNSEA #productivisme #consumérisme #croissancisme 🤮
    #anticapitalisme #décroissance

    ⏩ Lire l’article complet…

    ▶️ https://reporterre.net/Arnaud-Rousseau-un-productiviste-a-la-tete-de-la-FNSEA

  • #Die : jardins potagers vivriers sur les terres menacées de Chamarges
    https://ricochets.cc/Die-jardins-potagers-vivriers-sur-les-terres-menacees-de-Chamarges.html

    La terre a été préparée... DIMANCHE 16 AVRIL à 11h30 ON DÉMARRE LES JARDINS POTAGERS VIVRIERS Sur les terres menacées de Chamarges Venez jardiner et cultiver un autre futur pour ces terres ! Venez avec vos serfouettes, houes, fourches-bêches, grelinettes, graines à semer, plants Apportez des bidons d’eau pour arroser les plantations RDV à Chamarges, au niveau du rond-point de la Route de Ponet (D543) / Die 26150Parkings à proximité Repas partagé Vous pouvez aussi participer à cette mobilisation en (...) #Les_Articles

    / Die, #Agriculture, #Ecologie, #Résistances_au_capitalisme_et_à_la_civilisation_industrielle

    https://latulipesauvage.org/2023/04/10/zadimanche-9-avril-on-retourne-la-terre/#more-435