• #Search-and-rescue in the Central Mediterranean Route does not induce migration : Predictive modeling to answer causal queries in migration research

    State- and private-led search-and-rescue are hypothesized to foster irregular migration (and thereby migrant fatalities) by altering the decision calculus associated with the journey. We here investigate this ‘pull factor’ claim by focusing on the Central Mediterranean route, the most frequented and deadly irregular migration route towards Europe during the past decade. Based on three intervention periods—(1) state-led Mare Nostrum, (2) private-led search-and-rescue, and (3) coordinated pushbacks by the Libyan Coast Guard—which correspond to substantial changes in laws, policies, and practices of search-and-rescue in the Mediterranean, we are able to test the ‘pull factor’ claim by employing an innovative machine learning method in combination with causal inference. We employ a Bayesian structural time-series model to estimate the effects of these three intervention periods on the migration flow as measured by crossing attempts (i.e., time-series aggregate counts of arrivals, pushbacks, and deaths), adjusting for various known drivers of irregular migration. We combine multiple sources of traditional and non-traditional data to build a synthetic, predicted counterfactual flow. Results show that our predictive modeling approach accurately captures the behavior of the target time-series during the various pre-intervention periods of interest. A comparison of the observed and predicted counterfactual time-series in the post-intervention periods suggest that pushback policies did affect the migration flow, but that the search-and-rescue periods did not yield a discernible difference between the observed and the predicted counterfactual number of crossing attempts. Hence we do not find support for search-and-rescue as a driver of irregular migration. In general, this modeling approach lends itself to forecasting migration flows with the goal of answering causal queries in migration research.

    https://www.nature.com/articles/s41598-023-38119-4

    #appel_d'air #migrations #réfugiés #frontières #sauvetage #pull-factor #facteur_pull #chiffres #statistiques #rhétorique #afflux #invasion #sauvetage_en_mer #démonstration #déconstruction #fact-checking

    –—

    ajouté à la métaliste qui réunit des fils de discussion pour démanteler la rhétorique de l’#appel_d'air en lien avec les #sauvetages en #Méditerranée :
    https://seenthis.net/messages/1012135

    • Sur les #données et le #code qui ont servi à l’étude :

      We document the various data sources used in Table S1 in Supplementary Materials. Though most data sources
      are publicly available—with the exception of the Sabre data on air traffic, we are unable to upload our data set
      to a repository due to data-usage requirements and proprietary restrictions. The data that support the findings
      of this study are available from various sources documented in Table S1 in Supplementary Materials but restrictions
      apply to the availability of these data, which were used under license for the current study, and so are not
      publicly available. Data are however available from the authors upon reasonable request and with permission of
      the various third party owners of the data. The code to construct the data set and perform the various statistical
      analyses is available at https://github.com/xlejx-rodsxn/sar_migration

      https://www.nature.com/articles/s41598-023-38119-4.pdf

    • Migranti, il pull factor non esiste. La prova del nove in uno studio scientifico

      Attraverso l’uso di tecniche statistiche avanzatissime e del machine learning quattro ricercatori hanno incrociato migliaia di dati relativi al decennio 2011-2020 dimostrando che le attività di ricerca e soccorso, istituzionali o delle Ong, non fanno aumentare le partenze dai paesi nordafricani. Come sostenuto per anni dalle destre e non solo.

      Le attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale non costituiscono un fattore di attrazione per i migranti, cioè non li spingono a partire. Lo dimostra uno studio pubblicato sulla rivista Scientific Reports, dello stesso gruppo editoriale di Nature sebbene non si tratti della più nota e importante collega. Per la prima volta allo scopo di verificare l’esistenza di questo presunto pull factor sono state utilizzate tecniche statistiche particolarmente avanzate e sistemi di machine learning capaci di far interagire molte banche dati.

      I ricercatori Alejandra Rodríguez Sánchez, Julian Wucherpfennig, Ramona Rischke e Stefano Maria Iacus hanno raccolto informazioni sul decennio 2011-2020 provenienti da diversi ambiti – tassi di cambio, prezzi internazionali delle merci, livelli di disoccupazione, conflitti, condizioni climatiche – e le hanno usate per identificare i fattori che meglio prevedono le variazioni numeriche delle partenze da Tunisia e Libia. La loro attenzione si è concentrata su tre fasi che riflettono cambiamenti sostanziali di natura politica, legale e operativa del fenomeno analizzato: la vasta operazione di salvataggio messa in campo dall’Italia tra il 18 ottobre 2013 e il 31 ottobre dell’anno seguente, cioè Mare Nostrum; l’arrivo delle navi umanitarie delle Ong, a partire dal 26 agosto 2014; l’istituzione della zona Sar (search and rescue) libica e la collaborazione tra Tripoli e Unione Europea, dal 2017, in funzione anti-migranti.

      «Abbiamo comparato il fenomeno delle partenze prima e dopo l’inizio delle attività di ricerca e soccorso, il nostro modello predittivo dice che sarebbe andata allo stesso modo anche se le seconde non fossero intervenute», spiega Rodríguez Sánchez. Il modello è di tipo contro-fattuale: mostra cosa sarebbe successo modificando un certo fattore. In questo caso le operazioni Sar, che dunque non fanno aumentare le traversate.

      La forza del metodo statistico usato è di permettere di investigare non soltanto il terreno della correlazione tra due fenomeni, ma anche quello della presunta causalità di uno rispetto all’altro. La conclusione è che le navi di soccorso non sono il motivo delle traversate, o anche solo del loro aumento, ma esattamente l’opposto: costituiscono una risposta a esse. Sono altri i fattori che spingono le persone a migrare e rischiare la vita nel Mediterraneo, sono estremamente variegati e complessi, riguardano la povertà, la disoccupazione, le persecuzioni politiche, gli effetti del cambiamento climatico.

      Lo studio ha poi rilevato un altro elemento: la cooperazione Libia-Ue ha effettivamente ridotto le traversate, che dal 2017 sono state meno di quelle che si sarebbero dovute verificare secondo il modello predittivo. I ricercatori però avvertono che questo ha avuto un altissimo costo umano e che, in ogni caso, le politiche di esternalizzazione «non incidono sui fattori strutturali che influenzano un certo flusso e potrebbero forzare i potenziali migranti a seguire rotte ancora più pericolose». Se anche producono dei risultati in termini di deterrenza, insomma, ciò avviene esclusivamente a stretto giro, spostando il problema solo un po’ più in là.

      «Questa importante ricerca mostra a livello strutturale che le politiche di salvataggio, anche le più grandi e organizzate, non sembrano far aumentare le traversate. Noi stiamo indagando l’effetto puntuale: cioè se la presenza di singole navi Ong davanti alle coste libiche incida sulle persone che partono», commenta Matteo Villa, ricercatore dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi). Villa nel 2019 ha pubblicato il primo studio scientifico che smentiva la tesi delle navi Ong come fattore di attrazione. Tra qualche mese uscirà un aggiornamento con una base dati molto più ampia. «Conferma quanto avevamo osservato quattro anni fa – anticipa Villa al manifesto – L’unica correlazione che abbiamo trovato riguarda i mesi più freddi: tra dicembre, gennaio e febbraio ci sono più partenze se le Ong sono in missione. Ma parliamo di numeri irrilevanti: lo scorso anno 300 persone sulle 50mila arrivate dalla Libia».

      La tesi del pull factor è nata nel 2014 quando l’allora direttore di Frontex, l’agenzia europea per il controllo delle frontiere esterne, Gil Arias-Fernández iniziò a sostenere pubblicamente che le navi di Mare Nostrum stavano facendo aumentare i flussi dal Nord Africa. In una Risk Analysis della stessa agenzia relativa al 2016 l’accusa è stata spostata sulle Ong, intervenute nel frattempo a colmare il vuoto lasciato dalla chiusura dell’operazione italiana. Da allora questa teoria è stata un cavallo di battaglia delle destre ed è tornata in voga dopo l’insediamento del governo Meloni. Lo scorso autunno il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e quello degli Esteri Antonio Tajani, tra gli altri, hanno più volte citato un misterioso rapporto di Frontex che avrebbe ribadito lo stesso assunto per il 2021.

      Di quel rapporto non si è mai saputo nulla, ma ora abbiamo uno studio scientifico che smentisce il pull factor per l’ennesima volta. Intanto questa retorica ha influenzato le scelte dell’attuale esecutivo e anni di politiche migratorie basate sulla criminalizzazione delle Ong e sul disimpegno istituzionale dalla ricerca e dal soccorso davanti alle coste libiche. C’è da sperare che nuove ricercje facciano luce su quante vittime hanno causato simili norme e prassi, slegate da qualsiasi rapporto con la realtà e basate soltanto sulla propaganda.

      https://ilmanifesto.it/il-pull-factor-non-esiste-la-prova-del-nove-in-uno-studio-scientifico

      #propagande

    • Sea rescue operations do not promote migration, study finds

      Rescue operations do not incentivise migrants try to cross the Mediterranean, a recent study has found. Instead conflicts, economic hardship, natural and climate disasters, and the weather are reportedly key drivers of migration.

      Irregular migrant departures from the coasts of North Africa to Europe are not encouraged by search and rescue missions in the Central Mediterranean, a recent study has found. Instead, factors such as conflicts, economic hardship, natural disasters, and weather conditions drive migration.
      Rescue operations are not a ’pull factor’

      The study was published in Scientific Reports by an international research group led by Alejanda Rodríguez Sánchez from the University of Potsdam (Germany). The scientists looked at the number of attempts to cross the Central Mediterranean between 2011 and 2020.

      Through various simulations, the researchers tried to identify factors that can best predict changes in the number of sea crossings. The factors that they looked at included the number of search and rescue missions — both by state authorities and NGOs, as well as the currency exchange rates, the cost of international raw materials, unemployment rates, conflicts, violence, the rates of flight travel between Africa, the Middle East and Europe and meteorological conditions.
      Libya: Pushbacks reduced migration, increased human rights violations

      The study also looked at the increased activities of the Libyan coast guard since 2017, intercepting migrant boats and returning migrants to Libya. Researchers found that this had caused a reduction in the number of departure attempts and might have discouraged migration.

      The authors pointed out that, however, this has coincided with the reports of a worsening of human rights for migrants in Libya — particularly in the detention centers where migrants are being held after being stopped at sea.

      The researchers looked at migration on an “aggregate-level” and did not look at “micro-motives of migrants and smugglers”, they pointed out in the study. They recommended that future studies should do an in-depth analysis of the impact of search and rescue missions at sea on the decisions of individual migrants and human traffickers.

      https://www.infomigrants.net/en/post/50875/sea-rescue-operations-do-not-promote-migration-study-finds

  • [Panik sur la ville] opération #code_rouge
    https://www.radiopanik.org/emissions/panik-sur-la-ville/operation-code-rouge

    Début juillet 2023, c’était l’acte 2 de l’action Code Rouge. Code Rouge est un mouvement de #désobéissance_civile créé par des activistes et soutenu par différentes organisations et groupes d’actions.

    Nous ferons un retour sur cette action, ainsi que l’acte 1 qui a eu lieu en octobre 2022.

    #militantisme #acion #militantisme,désobéissance_civile,code_rouge,acion
    https://www.radiopanik.org/media/sounds/panik-sur-la-ville/operation-code-rouge_16232__1.mp3

  • On sait mieux où va la France - Jean-François Bayart, Le Temps
    https://www.letemps.ch/opinions/on-sait-mieux-ou-va-la-france

    Reprenons les faits. La France brûle. Pour un homme qui se faisait fort de l’apaiser et clignait de l’œil à la #banlieue lors de sa première campagne électorale, le constat est amer. Il vient après le mouvement des Gilets jaunes et une succession de mouvements sociaux de grande intensité. Tout cela était prévisible et fut prévu, comme était attendu l’embrasement des #quartiers_populaires, tant était connue la colère sociale qui y couvait. Tellement redouté, même, qu’Emmanuel Macron, Elisabeth Borne et Gérald Darmanin ont immédiatement compris la gravité et le caractère inacceptable de l’#exécution_extra-judiciaire de Nahel – le mot est fort, j’en conviens, mais de quoi s’agit-il d’autre au vu de la vidéo ?
    Les paroles d’apaisement furent vaines. Car la mort de Nahel, loin d’être une simple bavure, était programmée. Elle est la conséquence mécanique de la démission du pouvoir politique, depuis trente ans, sous la pression corporatiste de la #police qui n’a cessé de s’affranchir des règles de l’Etat de droit bien que lui ait été concédée, de gouvernement en gouvernement, une kyrielle de lois liberticides, jamais suffisantes, sous couvert de lutte contre le terrorisme, l’immigration et la délinquance. Jusqu’à la réécriture de l’article 435-1 du Code de la sécurité intérieure, en 2017, qui assouplit les conditions d’emploi des armes à feu par les forces de l’ordre. Annoncé, le résultat ne se fit pas attendre. Le nombre des tués par la police a doublé depuis 2020 par rapport aux années 2010. Le plus souvent pour « refus d’obtempérer à un ordre d’arrêt » :5 fois plus de tirs mortels dans ces circonstances. Nahel est mort de cette modification du Code de la sécurité intérieure.
    Et l’avocat du policier meurtrier de justifier son client : Nahel n’obtempérait pas et il n’y avait pas d’autre moyen de l’arrêter que de tirer. A-t-on besoin d’un avocat pour entendre une insanité pareille alors qu’il suffit de tirer dans les roues ? On se croirait à Moscou ou Minsk, où des hommes politiques promettent à Prigojine une « balle dans la tête ». Aux yeux de certains, le refus d’obtempérer semble désormais passible de la peine de mort. Une grammaire s’installe, qui brutalise les rapports sociaux, et dont on voudrait faire porter la responsabilité à l’« ultragauche », aux « éco-terroristes », à La France insoumise, alors qu’elle émane d’abord de certains médias et des pouvoirs publics, sous influence de l’extrême droite.

    Nils Wilcke @paul_denton
    https://twitter.com/paul_denton/status/1675117088661286915

    Macron n’a pas activé l’état d’urgence suite aux violences après la mort de Nahel : « En réalité, l’exécutif a à sa disposition un tel arsenal de lois répressif depuis 2015 qu’il n’est presque plus nécessaire d’y avoir recours », observe un conseiller. Vu comme ça... #Off

    #Nahel #racisme #révolte #émeutes #média #extrême_droite

    • Le texte complet:

      Où va la France ? demandai-je le 8 mai, dans Le Temps. Aujourd’hui, on le sait mieux. Vers l’#explosion_sociale, vers son inévitable #répression_policière puisque la fermeture des canaux démocratiques contraint la #protestation à la #violence_émeutière, et vers l’instauration d’un régime paresseusement qualifié d’« illibéral » (c’est le sociologue du politique qui écrit, peu convaincu par cette notion valise qui pourtant fait florès).

      Reprenons les faits. La France brûle. Pour un homme qui se faisait fort de l’apaiser et clignait de l’œil à la #banlieue lors de sa première campagne électorale, le constat est amer. Il vient après le mouvement des Gilets jaunes et une succession de mouvements sociaux de grande intensité. Tout cela était prévisible et fut prévu, comme était attendu l’#embrasement des #quartiers_populaires, tant était connue la #colère_sociale qui y couvait. Tellement redouté, même, qu’Emmanuel Macron, Elisabeth Borne et Gérald Darmanin ont immédiatement compris la gravité et le caractère inacceptable de l’#exécution_extra-judiciaire de #Nahel – le mot est fort, j’en conviens, mais de quoi s’agit-il d’autre au vu de la vidéo ?

      Les paroles d’#apaisement furent vaines. Car la mort de Nahel, loin d’être une simple #bavure, était programmée. Elle est la conséquence mécanique de la #démission du #pouvoir_politique, depuis trente ans, sous la pression corporatiste de la #police qui n’a cessé de s’affranchir des règles de l’#Etat_de_droit bien que lui ait été concédée, de gouvernement en gouvernement, une kyrielle de lois liberticides, jamais suffisantes, sous couvert de lutte contre le #terrorisme, l’#immigration et la #délinquance. Jusqu’à la réécriture de l’article #435-1 du #Code_de_la_sécurité_intérieure, en 2017, qui assouplit les conditions d’emploi des #armes_à_feu par les #forces_de_l’ordre. Annoncé, le résultat ne se fit pas attendre. Le nombre des tués par la police a doublé depuis 2020 par rapport aux années 2010. Le plus souvent pour « refus d’obtempérer à un ordre d’arrêt » :5 fois plus de tirs mortels dans ces circonstances. Nahel est mort de cette modification du Code de la sécurité intérieure.

      Et l’avocat du policier meurtrier de justifier son client : Nahel n’obtempérait pas et il n’y avait pas d’autre moyen de l’arrêter que de tirer. A-t-on besoin d’un avocat pour entendre une insanité pareille alors qu’il suffit de tirer dans les roues ? On se croirait à Moscou ou Minsk, où des hommes politiques promettent à Prigojine une « balle dans la tête ». Aux yeux de certains, le #refus_d’obtempérer semble désormais passible de la #peine_de_mort. Une grammaire s’installe, qui brutalise les #rapports_sociaux, et dont on voudrait faire porter la #responsabilité à l’« #ultragauche », aux « #éco-terroristes », à La France insoumise, alors qu’elle émane d’abord de certains médias et des pouvoirs publics, sous influence de l’extrême droite.

      Une #violence_policière qui est aussi le prix du retrait de l’Etat

      Comme l’ont démontré depuis des années nombre de chercheurs,la violence policière est devenue la règle dans les « quartiers », et le refus des autorités politiques de prononcer ce vilain mot aggrave le #sentiment_d’injustice. Mais la vérité oblige à dire que ladite violence policière est aussi le prix du retrait de l’Etat qui a asphyxié financièrement le tissu associatif de proximité et démantelé les #services_publics en confiant à ses flics une mission impossible : celle de maintenir la #paix_sociale dans un Etat d’#injustice_sociale, prompt à l’#injure_publique à l’encontre de la « #racaille ». Tout cela sur fond de dénonciation hystérique du « #wokisme » et de vociférations sur les chaînes d’information continue des syndicats de police, dont les membres sont de plus en plus nombreux à porter sur leur uniforme la #Thin_Blue_Line prisée de l’extrême droite suprémaciste américaine.

      Bien sûr, l’Etat ne peut laisser sans réagir la banlieue s’embraser. L’ « #ordre_républicain » est en marche, avec son lot d’#arrestations, de #blessés, peut-être au prix de l’#état_d’urgence ou d’un #couvre-feu national, « quoi qu’il en coûte », à un an des #Jeux_Olympiques. Le #piège s’est refermé. Quel « #Grand_débat_national » (ou banlieusard) le magicien Macron va-t-il sortir de son chapeau pendant que les chats de Marine Le Pen se pourlèchent les babines ?

      Certains lecteurs de ma tribune « Où va la France ? » se sont offusqués de la comparaison que j’établissais entre Macron et Orban, voire Poutine ou Erdogan. C’était mal me comprendre. Il ne s’agissait pas d’une question de personnes, bien que les qualités ou les faiblesses d’un homme puissent avoir leur importance. Il s’agit d’une logique de situation, qui me faisait écrire que la France « bascule ». Or, depuis la parution de cette tribune, les signes d’un tel basculement se sont accumulés. Que l’on en juge, en vrac.

      Pour reconquérir l’opinion le président de la République, fébrile, sans jamais se départir de sa condescendance à l’égard de « Jojo » – c’est ainsi qu’il nomme dans l’intimité le Français moyen – ce « Gaulois réfractaire » : « Mon peuple », disait-il en 2017, en monarque frustré – sillonne le pays, court-circuite le gouvernement et multiplie les effets d’annonce, au point que Le Monde titre : « Emmanuel Macron, ministre de tout ». On pourrait ajouter : « et maire de Marseille ».

      #Anticor mis à l’index, dissolution des #Soulèvements_de_la_Terre

      La justice refuse à l’association Anticor (lire « anticorruption »), à l’origine de la plainte qui a conduit à la mise en examen du secrétaire général de l’Elysée, le renouvellement de son « agrément », lequel lui permet de se porter partie civile devant les tribunaux. Cela sent un peu les eaux troubles du Danube, non ?

      Le mouvement des Soulèvements de la Terre a été dissous sous la pression de la #FNSEA, le grand syndicat de l’agro-industrie dont les militants ou les responsables multiplient les menaces et les violences contre les écologistes, en toute impunité, quitte à faire oublier que dans l’histoire il a à son actif nombre d’assauts contre des préfectures. Le décret de dissolution justifie notamment la mesure par le fait que les militants des Soulèvements de la Terre lisent l’essai d’Andreas Malm Comment saboter un pipeline et mettent en mode avion leur téléphone portable quand ils vont manifester. Olivier Véran, le porte-parole du gouvernement, va jusqu’à les accuser d’intentions homicides à l’encontre des forces de l’ordre, contre toute évidence. Orwell n’est pas loin.

      #Vincent_Bolloré, le grand argentier de la révolution conservatrice en France, fait nommer un journaliste d’extrême droite, un ami d’#Eric_Zemmour, comme rédacteur en chef du Journal du Dimanche,l’un des principaux hebdomadaires du pays. Le piquant de la chose est que ledit journaliste s’était fait congédier par un autre hebdomadaire, d’extrême droite celui-ci, Valeurs actuelles, qui lui reprochait sa radicalité.

      #Laurent_Wauquiez, président de la méga région Auvergne-Rhône-Alpes, prive de subvention un théâtre dont le directeur avait osé critiquer sa politique.

      La Commission nationale de contrôle des techniques de renseignement s’alarme de la hausse des requêtes des services secrets en matière de surveillance du militantisme politique et social.

      #Richard_Ferrand, ancien président de l’Assemblée nationale, l’un des plus proches conseillers d’Emmanuel Macron, lâche un ballon d’essai sur la possibilité d’une révision constitutionnelle qui autoriserait à celui-ci un troisième mandat, pendant que d’autres préparent une candidature de Jean Castex-Medvedev. Sommes-nous à Dakar ou à Moscou ?

      Tout cela en deux petits mois. Oui, la France bascule. Nul doute que l’explosion sociale dans les banlieues accélérera le mouvement. Mais peut-être faut-il rappeler la définition du « #point_de_bascule » que donnent les experts du GIEC : le « degré de changement des propriétés d’un système au-delà duquel le système en question se réorganise, souvent de façon abrupte, et ne retrouve pas son état initial même si les facteurs du changement sont éliminés ».

      Le #climat_politique en France en est bien là, et Macron, qui dans son #immaturité se voulait « maître des horloges » et se piquait de séduire la banlieue par diaspora africaine interposée, n’est que le fondé de pouvoir d’une situation qui échappe à son entendement, mais qu’il a contribué à créer. Comme, par ailleurs, les droites de gouvernement, à l’échelle européenne, de l’Italie à la Suède et à la Finlande, se compromettent de plus en plus avec l’extrême droite, la comparaison que certains m’ont reprochée est hélas politiquement pertinente, et même nécessaire.

      #basculement

    • même à BFM, on s’interroge sur les racines du problème

      mais soyons en certains, "Il n’y a pas de racisme dans la police", Nunez, préfet de Paris.

      l’avocat du flic assassin de Nahel, n’est pas sur la même longues d’onde :_"J’ai un client qui a eu des idées suicidaires parce qu’on parle de son métier. Il est triste parce qu’on parle en mal de son métier. lui il est persuadé de faire le bien. Et son ministre lui a enfoncé la tête Je lui dis ’Changez-de travail’. Il me dit ’Mais je veux être policier ! Je veux interpeller des gens ! Je veux pouvoir les étrangler quand ils luttent !’. Évidemment qu’il y a du racisme dans la police. Et d’ailleurs être raciste c’est autorisé par la loi, ce qui est interdit c’est les manifestations d’opinions racistes", Laurent-Franck Lienard

  • Le nombre de personnes tuées par un tir des #forces_de_l’ordre a doublé depuis 2020

    Année après année, la liste des tués par les forces de l’ordre ne cesse d’augmenter. Trop souvent, la thèse de la légitime défense ou du refus d’obtempérer ne supporte pas l’analyse des faits. Basta ! en tient le terrible mais nécessaire décompte.

    « Je vais te tirer une balle dans la tête », lance le « gardien de la paix », braquant son arme sur la vitre de la voiture à l’arrêt, avant que son collègue ne crie « Shoote- le ». Au volant, Nahel, un mineur de 17 ans qui conduit sans permis, démarre malgré tout. Le gardien de la paix met sa menace à exécution, tuant à bout portant l’adolescent. La scène se déroule ce 27 juin à Nanterre. Les agents ont plaidé la légitime défense arguant que le véhicule fonçait sur eux, ce que dément la vidéo de la scène. L’auteur du coup de feu mortel est placé en garde à vue. La famille de la victime s’apprête à déposer deux plaintes, l’une pour « homicide volontaire et complicité d’homicide », l’autre pour « faux en écriture publique ».

    Le drame déclenche la révolte des habitants du quartier d’où est originaire la victime. Deux semaines plus tôt c’est Alhoussein Camara qui est tué d’une balle dans le thorax par un policier, dans des conditions similaires près d’Angoulême. En 2022, on dénombrait treize morts lors de « refus d’obtempérer » par l’ouverture du feu des forces de l’ordre. Au delà des nouveaux drames de Nanterre et d’Angoulême, combien de personnes ont-elles été tuées par les forces de l’ordre, et dans quelles circonstances ?

    Les décès dus à une ouverture du feu des forces de l’ordre ont considérablement augmenté, avec respectivement 18 et 26 personnes abattues en 2021 et 2022, soit plus du double que lors de la décennie précédente. Cette augmentation amplifie la tendance constatée depuis 2015, lorsque le nombre de tués par balle a franchi le seuil de la dizaine par an. À l’époque, le contexte lié aux attaques terroristes islamistes a évidemment pesé, avec cinq terroristes abattus en 2015 et 2016 par les forces de sécurité.

    Le risque terroriste n’explique cependant pas l’augmentation des décès par balle en 2021 et 2022. Un seul terroriste potentiel a été tué en 2021 – Jamel Gorchene, après avoir mortellement poignardé une fonctionnaire administrative de police devant le commissariat de Rambouillet (Yvelines), le 23 avril 2021, et dont l’adhésion à l’idéologie islamiste radicale serait « peu contestable » selon le procureur chargé de l’enquête. Aucun terroriste ne figure parmi les 26 tués de 2022. Dans quelles circonstances ces tirs ont-ils été déclenchés ?
    Tirs mortels face à des personnes munis d’armes à feu

    Sur les 44 personnes tuées par balles en deux ans, un peu plus de la moitié (26 personnes) étaient armées, dont dix d’une arme à feu. Parmi elles, sept l’ont utilisée, provoquant un tir de riposte ou de défense des forces de l’ordre. Plusieurs de ces échanges de tirs se sont déroulés avec des personnes « retranchées » à leur domicile. L’affaire la plus médiatisée implique Mathieu Darbon. Le 20 juillet 2022, dans l’Ain, ce jeune homme de 22 ans assassine à l’arme blanche son père, sa belle-mère, sa sœur, sa demi-sœur et son demi-frère. Le GIGN intervient, tente de négocier puis se résout à l’abattre. En janvier 2021, dans une petite station au-dessus de Chambéry, un homme souffrant de troubles psychiatriques s’enferme chez lui, armé d’un fusil, en compagnie de sa mère, après avoir menacé une voisine. Arrivé sur place, le GIGN essuie des tirs, et riposte. Scénario relativement similaire quelques mois plus tard dans les Hautes-Alpes, au-dessus de Gap. Après une nuit de négociation, le « forcené », Nicolas Chastan est tué par le GIGN après avoir « épaulé un fusil 22 LR [une carabine de chasse, ndlr] et pointé son arme en direction des gendarmes », selon le procureur. L’affaire est classée sans suite pour légitime défense.

    Au premier trimestre 2021, le GIGN a été sollicité deux à trois fois plus souvent que les années précédentes sur ce type d’intervention, sans forcément que cela se termine par un assaut ou des tirs, relevait TF1. Le GIGN n’intervient pas qu’en cas de « forcené » armé. Le 16 avril 2021, l’unité spéciale accompagne des gendarmes venus interpeller des suspects sur un terrain habité par des voyageurs. Un cinquantenaire qui, selon les gendarmes, aurait pointé son fusil dans leur direction est tué.
    Arme à feu contre suspects munis d’arme blanche

    Parmi les 44 personnes tuées par arme à feu en 2021 et 2022, 16 étaient munis d’une arme blanche (couteau, cutter, barre de fer). Une dizaine d’entre elles auraient menacé ou attaqué les agents avant d’être tuées. Au mois de mars 2021, un policier parisien tire sur un homme qui l’attaque au couteau, pendant qu’il surveillait les vélos de ses collègues.

    La mort d’un pompier de Colombes (Hauts-de-Seine) rend également perplexes ses voisins. En état d’ébriété, il jette une bouteille vers des agents en train de réaliser un contrôle, puis se serait approché d’eux, muni d’un couteau « en criant Allah Akbar ». Il est tué de cinq balles par les agents. L’affaire est classée sans suite, la riposte étant jugée « nécessaire et proportionnée ». L’été dernier à Dreux, une policière ouvre mortellement le feu sur un homme armé d’un sabre et jugé menaçant. L’homme était par ailleurs soupçonné de violence conjugale.

    Dans ces situations, la légitime défense est la plupart du temps invoquée par les autorités. Cela pose cependant question lorsque la « dangerosité » de la personne décédée apparaît équivoque, comme l’illustre le cas de David Sabot, tué par des gendarmes le 2 avril 2022. Ses parents, inquiets de l’agressivité de leur fils, alcoolisé, alertent la gendarmerie de Vizille (Isère). Les gendarmes interviennent et tirent neuf balles sur David. Selon les gendarmes, il se serait jeté sur eux. Selon ses parents, il marchait les bras ballants au moment des tirs. « On n’a pas appelé les gendarmes pour tuer notre enfant », s’indignent-ils dans Le Dauphiné.

    Juridiquement, le fait que la personne soit armée ne légitime pas forcément l’ouverture du feu par les forces de l’ordre. Selon l’Article 122-5 du Code pénal, une personne se défendant d’un danger n’est pas pénalement responsable si sa riposte réunit trois conditions : immédiateté, nécessité, proportionnalité. « La question va se poser, s’il n’y avait pas moyen de le neutraliser autrement », indique à Var Matin « une source proche du dossier », à propos du décès d’un sans-abri, Garry Régis-Luce, tué par des policiers au sein de l’aéroport de Roissy-Charles de Gaulle, en août dernier. Sur une vidéo de la scène publiée par Mediapart, le sans-abri armé d’un couteau fait face à cinq policiers qui reculent avant de lui tirer mortellement dans l’abdomen. Sa mère a porté plainte pour homicide volontaire.

    De plus en plus de profils en détresse psychologique

    Plusieurs affaires interrogent sur la manière de réagir face à des personnes en détresse psychologique, certes potentiellement dangereuses pour elle-même ou pour autrui, et sur la formation des policiers, souvent amenés à intervenir en premier sur ce type de situation [1].

    Le 21 avril 2022, à Blois, des policiers sont alertés pour un risque suicidaire d’un étudiant en école de commerce, Zakaria Mennouni, qui déambule dans la rue, pieds nus et couteau en main. Selon le procureur de Blois, l’homme se serait avancé avec son couteau vers les policiers avant que l’un d’eux tire au taser puis au LBD. Son collègue ouvre également le feu à quatre reprises. Touché de trois balles à l’estomac, Zakaria succombe à l’hôpital. La « légitime défense » est donc invoquée. « Comment sept policiers n’ont-ils pas réussi à maîtriser un jeune sans avoir recours à leur arme à feu », s’interroge la personne qui a alerté la police. Une plainte contre X est déposée par les proches de l’étudiant, de nationalité marocaine. Sur Twitter, leur avocat dénonce une « enquête enterrée ».

    Près de Saint-Étienne, en août 2021, des policiers interviennent dans un appartement où Lassise, sorti la veille d’un hôpital psychiatrique, mais visiblement en décompression, a été confiné par ses proches, avant que sa compagne n’appelle police secours. Ce bénévole dans une association humanitaire, d’origine togolaise, aurait tenté d’agresser les policiers avec un couteau de boucher, avant que l’un d’eux n’ouvre le feu.

    Pourquoi, dans ce genre de situation, les policiers interviennent-ils seuls, sans professionnels en psychiatrie ? Plusieurs études canadiennes démontrent le lien entre le désinvestissement dans les services de soins et la fréquence des interventions des forces de l’ordre auprès de profils atteintes de troubles psychiatriques. Une logique sécuritaire qui inquiète plusieurs soignants du secteur, notamment à la suite de l’homicide en mars dernier d’un patient par la police dans un hôpital belge.
    Le nombre de personnes non armées tuées par balles a triplé

    Le nombre de personnes sans arme tombées sous les balles des forces de l’ordre a lui aussi bondi en deux ans (5 en 2021, 13 en 2022). C’est plus du triple que la moyenne de la décennie précédente. Cette hausse est principalement liée à des tirs sur des véhicules en fuite beaucoup plus fréquents, comme l’illustre le nouveau drame, ce 27 juin à Nanterre où, un adolescent de 17 ans est tué par un policier lors d’un contrôle routier par un tir à bout portant d’un agent.

    Outre le drame de Nanterre ce 27 juin, l’une des précédentes affaires les plus médiatisées se déroule le 4 juin 2022 à Paris, dans le 18e arrondissement. Les fonctionnaires tirent neuf balles avec leur arme de service sur un véhicule qui aurait refusé de s’arrêter. La passagère, 18 ans, est atteinte d’une balle dans la tête, et tuée. Le conducteur, touché au thorax, est grièvement blessé. Dans divers témoignages, les deux autres personnes à bord du véhicule réfutent que la voiture ait foncé sur les forces de l’ordre. Le soir du second tour de l’élection présidentielle, le 24 avril, deux frères, Boubacar et Fadjigui sont tués en plein centre de Paris sur le Pont-Neuf. Selon la police, ces tirs auraient suivi le refus d’un contrôle. La voiture aurait alors « foncé » vers un membre des forces de l’ordre qui se serait écarté avant que son collègue, 24 ans et encore stagiaire, ne tire dix cartouches de HK G36, un fusil d’assaut.

    Comme nous le révélions il y a un an, les policiers ont tué quatre fois plus de personnes pour refus d’obtempérer en cinq ans que lors des vingt années précédentes. En cause : la loi de 2017 venue assouplir les règles d’ouverture de feu des policiers avec la création de l’article 435-1 du Code de la sécurité intérieure . « Avec cet article, les policiers se sont sentis davantage autorisés à faire usage de leur arme », estime un commandant de police interrogé par Mediapart en septembre dernier. À cela « vous rajoutez un niveau de recrutement qui est très bas et un manque de formation, et vous avez le résultat dramatique que l’on constate depuis quelques années : des policiers qui ne savent pas se retenir et qui ne sont pas suffisamment encadrés ou contrôlés. Certains policiers veulent en découdre sans aucun discernement. »

    « Jamais une poursuite ni une verbalisation ne justifieront de briser une vie »

    Au point que les gendarmes s’inquiètent très officiellement de la réponse adéquate à apporter face aux refus d’obtempérer, quitte à bannir le recours immédiat à l’ouverture du feu (voir ici). « L’interception immédiate, pouvant s’avérer accidentogène, n’est plus la règle, d’autant plus si les conditions de l’intervention et le cadre légal permettent une action différée, préparée et renforcée. Donc, on jalonne en sécurité, on lâche prise si ça devient dangereux, et surtout on renseigne. Tout refus d’obtempérer doit être enregistré avec un minimum de renseignements pour ensuite pouvoir s’attacher à retrouver l’auteur par une double enquête administrative et judiciaire », expliquait la commandante de gendarmerie Céline Morin. « Pour reprendre une phrase du directeur général de la gendarmerie : “Jamais une poursuite ni une verbalisation ne justifieront de briser une vie.” Il importe donc à chacun de nous de se préparer intellectuellement en amont à une tactique et à des actions alternatives face aux refus dangereux d’obtempérer. » On est loin du discours de surenchère tenu par certains syndicats de policiers.

    « Pas d’échappatoire » vs « personne n’était en danger »

    Pour justifier leur geste, les agents invoquent la dangerosité pour eux-mêmes ou pour autrui, considérant souvent le véhicule comme « arme par destination ». Hormis la neutralisation du conducteur du véhicule, ils n’auraient pour certains « pas d’échappatoire » comme l’affirmait le membre de la BAC qui a tué un jeune homme de 23 ans à Neuville-en-Ferrain (Nord), le 30 août 2022, qui aurait démarré son véhicule au moment où les agents ouvraient la portière.

    Des policiers qui se seraient « vus mourir » tirent sur Amine B, le 14 octobre, à Paris. Coincé dans une contre-allée, le conducteur aurait redémarré son véhicule en direction des fonctionnaires qui ont ouvert le feu. Plusieurs témoins affirment que ce ressortissant algérien, diplômé d’ingénierie civile, roulait « doucement » sans se diriger vers eux ni mettre personne en danger. Et Amine est mort d’une balle dans le dos. La famille a lancé un appel à témoins pour connaître les circonstances exactes du drame. Rares sont ces affaires où le récit policier n’est pas contredit par les éléments de l’enquête ou des témoins.

    Au nom de la légitime défense, des gendarmes de Haute-Savoie ont tiré neuf fois le 5 juillet 2021 sur un fuyard suspecté de vol. Le conducteur de la camionnette, Aziz, n’a pas survécu à la balle logée dans son torse. « Personne n’était en danger », affirme pour sa part un proche, présent sur lieux. D’après son témoignage recueilli par Le Média, les militaires « étaient à 4 ou 5 mètres » du fourgon. Une reconstitution des faits a été effectuée sans la présence de ce témoin, au grand dam de la famille qui a porté plainte pour « homicide volontaire ».

    Pour Zied B. le 7 septembre à Nice abattu par un policier adjoint, comme pour Jean-Paul Benjamin, tué par la BAC le 26 mars à Aulnay-sous-Bois alors que, en conflit avec son employeur (Amazon), il était parti avec l’un des véhicules de l’entreprise, ce sont les vidéos filmant la scène qui mettent à mal la version policière des faits [2]. Et dans le cas de Souheil El Khalfaoui, 19 ans, tué d’une balle dans le cœur à Marseille lors d’un contrôle routier (voir notre encadré plus haut), les images de vidéosurveillance filmant la scène, et en mesure de corroborer ou de contredire la version des policiers, n’ont toujours pas pu être visionnées par la famille qui a porté plainte. Près de deux ans après le drame...

    Si 2021 et 2022 ont été particulièrement marquées par les morts par balles lors d’interventions policières, qu’en sera-t-il en 2023 ? À notre connaissance, #Nahel est au moins la huitième personne abattue par des agents assermentés depuis janvier dernier.

    https://basta.media/Refus-d-obtemperer-le-nombre-de-personnes-tuees-par-un-tir-des-forces-de-l-

    #statistiques #chiffres #décès #violences_policières #légitime_défense #refus_d'obtempérer #Nanterre #armes_à_feu #tires_mortels #GIGN

    –-

    signalé aussi par @fredlm
    https://seenthis.net/messages/1007961

    • #Sebastian_Roché : « Le problème des tirs mortels lors de refus d’obtempérer est systémique en France »

      Le débat émerge suite au décès du jeune Nahel en banlieue parisienne. Entretien avec Sebastian Roché, politologue spécialiste des questions de police

      Pour certains, la mort du jeune Nahel, tué mardi par un policier lors d’un #contrôle_routier en banlieue parisienne, est l’occasion de dire qu’il y a trop de refus d’obtempérer en France. Pour d’autres, c’est surtout le moment de condamner la manière qu’a la #police d’y fait face. A gauche on estime qu’« un refus d’obtempérer ne peut pas être une condamnation à mort ». A droite, on pense que ces drames sont dus au fait que « les refus d’obtempérer augmentent et mettent en danger nos forces de l’ordre ».

      En 2022, le nombre record de 13 décès a été enregistré après des refus d’obtempérer lors de contrôles routiers en France. En cause, une modification de la loi en 2017 assouplissant les conditions dans lesquelles les forces de l’ordre peuvent utiliser leur arme. Elles sont désormais autorisées à tirer quand les occupants d’un véhicule « sont susceptibles de perpétrer, dans leur fuite, des atteintes à leur vie ou à leur intégrité physique ou à celles d’autrui ». Des termes jugés trop flous par de nombreux juristes.

      Sebastian Roché, politologue spécialiste des questions de police qui enseigne à Sciences-Po Grenoble, est un spécialiste de la question. Nous avons demandé à ce directeur de Recherche au CNRS, auteur de La nation inachevée, la jeunesse face à l’école et la police (Grasset), ce qu’il pensait de ce débat.

      Le Temps : Vous avez fait des recherches sur le nombre de personnes tuées en France par des tirs de policiers visant des véhicules en mouvement. Quelles sont vos conclusions ?

      Sebastian Roché : Nous avons adopté une méthode de type expérimentale, comme celles utilisées en médecine pour déterminer si un traitement est efficace. Nous avons observé 5 années avant et après la loi de 2017, et nous avons observé comment avaient évolué les pratiques policières. Les résultats montrent qu’il y a eu une multiplication par 5 des tirs mortels entre avant et après la loi dans le cadre de véhicule en mouvement.

      En 2017, la loi a donné une latitude de tir plus grande aux policiers, avec une possibilité de tirer même hors de la légitime défense. C’est un texte très particulier et, derrière, il n’y a pas eu d’effort de formation proportionné face au défi que représente un changement aussi historique de réglementation.

      L’augmentation n’est-elle pas simplement liée à l’augmentation des refus d’obtempérer ?

      Nous avons regardé le détail des tirs mortels. Le sujet, ce n’est pas les refus d’obtempérer, qui sont une situation, ce sont les tirs mortels, qui interviennent dans cette situation. Les syndicats de police font tout pour faire passer le message que le problème ce sont les refus d’obtempérer qui augmentent. Mais le problème ce sont les tirs mortels, dont les refus d’obtempérer peuvent être une cause parmi d’autres. Et les refus d’obtempérer grave ont augmenté mais pas autant que ce que dit le ministère. D’autant que l’augmentation des tirs mortels n’est notable que chez la police nationale et non dans la Gendarmerie. Dans la police nationale, en 2021, il y a eu 2675 refus d’obtempérer graves, pas 30 000. Il y a une augmentation mais ce n’est pas du tout la submersion dont parlent certains. Ce n’est pas suffisant pour expliquer l’augmentation des tirs mortels. D’autant que la police nationale est auteur de ces homicides et pas la Gendarmerie alors que les refus d’obtempérer sont également répartis entre les deux. Si le refus d’obtempérer était une cause déterminante, elle aurait les mêmes conséquences en police et en gendarmerie.

      Comment cela s’explique-t-il ?

      Les gendarmes n’ont pas la même structure de commandement, pas la même stabilité de l’ancrage local et pas la même lecture de la loi de 2017. La police a une structure qui n’est pas militaire comme celle de la gendarmerie. Et l’encadrement de proximité y est plus faible, particulièrement en région parisienne que tous les policiers veulent quitter.

      Pour vous c’est ce qui explique le drame de cette semaine ?

      La vidéo est accablante donc les responsables politiques semblent prêts à sacrifier le policier qui pour eux a fait une erreur. Mais ce qui grave, c’est la structure des tirs mortels avant et après 2017, c’est-à-dire comment la loi a modifié les pratiques. Ce n’est pas le même policier qui a tué 16 personnes dans des véhicules depuis le 1er janvier 2022. Ce sont 16 policiers différents. Le problème est systémique.

      Avez-vous des comparaisons internationales à ce sujet ?

      En Allemagne, il y a eu un tir mortel en dix ans pour refus d’obtempérer, contre 16 en France depuis un an et demi. On a un écart très marqué avec nos voisins. On a en France un modèle de police assez agressif, qui doit faire peur, davantage que dans les autres pays d’Europe mais moins qu’aux Etats-Unis. Et cette loi déroge à des règles de la Cour européenne des droits de l’homme. C’est une singularité française.

      Cette loi avait été mise en place suite à des attaques terroristes, notamment contre des policiers ?

      Oui, c’est dans ce climat-là qu’elle est née, mise en place par un gouvernement socialiste. Il y avait aussi eu d’autres attaques qui n’avaient rien à voir. Mais le climat général était celui de la lutte antiterroriste, et plus largement l’idée d’une police désarmée face à une société de plus en plus violente. L’idée était donc de réarmer la police. Cette loi arrange la relation du gouvernement actuel avec les syndicats policiers, je ne pense donc pas qu’ils reviendront dessus. Mais il y a des policiers qui vont aller en prison. On leur a dit vous pouvez tirer et, là, un juge va leur dire le contraire. Ce n’est bon pour personne cette incertitude juridique. Il faut abroger la partie de la loi qui dit que l’on peut tirer si on pense que le suspect va peut-être commettre une infraction dans le futur. La loi française fonctionnait précédemment sous le régime de la légitime défense, c’est-à-dire qu’il fallait une menace immédiate pour répondre. Comment voulez-vous que les policiers sachent ce que les gens vont faire dans le futur.

      https://www.letemps.ch/monde/le-probleme-des-tirs-mortels-lors-de-refus-d-obtemperer-est-systemique-en-fr

    • « Refus d’obtempérer »  : depuis 2017, une inflation létale

      Depuis la création en 2017 par la loi sécurité publique d’un article élargissant les conditions d’usage de leur arme, les tirs des policiers contre des automobilistes ont fortement augmenté. Ils sont aussi plus mortels.

      Depuis plus d’un an, chaque mois en moyenne, un automobiliste est tué par la police. Dans la plupart des cas, la première version des faits qui émerge du côté des forces de l’ordre responsabilise le conducteur. Il lui est reproché d’avoir commis un refus d’obtempérer, voire d’avoir attenté à la vie des fonctionnaires, justifiant ainsi leurs tirs. Il arrive que cette affirmation soit ensuite mise à mal par les enquêtes judiciaires : cela a été le cas pour le double meurtre policier du Pont-Neuf, à Paris en avril 2022, celui d’Amine Leknoun, en août à Neuville-en-Ferrain (Nord), ou celui de Zyed Bensaid, en septembre à Nice. En ira-t-il de même, concernant le conducteur de 17 ans tué mardi à Nanterre (Hauts-de-Seine) ? Les investigations pour « homicide volontaire par personne dépositaire de l’autorité publique » ont été confiées à l’Inspection générale de la police nationale (IGPN). Deux autres enquêtes ont été ouvertes depuis le début de l’année pour des tirs mortels dans le cadre de refus d’obtempérer en Charente et en Guadeloupe.

      Cette inflation mortelle s’est accélérée depuis le début de l’année 2022, mais elle commence en 2017. Ainsi, d’après les chiffres publiés annuellement par l’IGPN et compilés par Libération, entre la période 2012-2016 d’une part, et 2017-2021 d’autre part, l’usage des armes par les policiers a augmenté de 26 % ; et les usages de l’arme contre un véhicule ont augmenté de 39 %. Une croissance largement supérieure à celle observée chez les gendarmes entre ces deux périodes (+10 % d’usage de l’arme, toutes situations confondues).
      Doublement faux

      Mercredi, lors des questions au gouvernement, Gérald Darmanin a affirmé que « depuis la loi de 2017, il y a eu moins de tirs, et moins de cas mortels qu’avant 2017 ». C’est doublement faux : depuis cette année-là, les tirs des policiers contre des véhicules sont non seulement plus nombreux, mais ils sont aussi plus mortels. C’est la conclusion de travaux prépubliés l’année dernière, et en cours de soumission à une revue scientifique, de Sebastian Roché (CNRS), Paul Le Derff (université de Lille) et Simon Varaine (université Grenoble-Alpes).

      Les chercheurs établissent que le nombre de tués par des tirs policiers visant des personnes se trouvant dans des véhicules a été multiplié par cinq, entre avant et après le vote de la loi « sécurité publique » de février 2017. D’autant qu’entre les mêmes périodes, le nombre de personnes tuées par les autres tirs policiers diminue légèrement. « A partir d’une analyse statistique rigoureuse du nombre mensuel de victimes des tirs, malheureusement, il est très probable » que ce texte soit « la cause du plus grand nombre constaté d’homicides commis par des policiers », expliquent Roché, Le Derff et Varaine.

      La loi sécurité publique a créé l’article 435-1 du code de la sécurité intérieure (CSI), qui s’est depuis trouvé (et se trouve encore) au cœur de plusieurs dossiers judiciaires impliquant des policiers ayant tué des automobilistes. Cet article complète celui de la légitime défense (122-5 du code pénal) dont tout citoyen peut se prévaloir, en créant un cadre spécifique et commun aux forces de l’ordre pour utiliser leur arme.
      Un texte plusieurs fois remanié

      L’article 435-1 du CSI dispose que « dans l’exercice de leurs fonctions et revêtus de leur uniforme ou des insignes extérieurs et apparents de leur qualité », les policiers peuvent utiliser leur arme « en cas d’absolue nécessité et de manière strictement proportionnée », notamment dans la situation suivante : « Lorsqu’ils ne peuvent immobiliser, autrement que par l’usage des armes, des véhicules, embarcations ou autres moyens de transport, dont les conducteurs n’obtempèrent pas à l’ordre d’arrêt et dont les occupants sont susceptibles de perpétrer, dans leur fuite, des atteintes à leur vie ou à leur intégrité physique ou à celles d’autrui. » Avant d’arriver à cette formulation, le texte a été plusieurs fois remanié, au fil de son parcours législatif, dans le sens de l’assouplissement. Par exemple : les atteintes devaient être « imminentes », selon la version initiale ; dans la mouture finale elles n’ont plus besoin que d’être « susceptibles » de se produire, pour justifier le tir.

      La direction générale de la police nationale l’a rapidement relevé. Ainsi, dans une note de mars 2017 expliquant le texte à ses fonctionnaires, on pouvait lire : « L’article L.435-1 va au-delà de la simple légitime défense », en ce qu’il « renforce la capacité opérationnelle des policiers en leur permettant d’agir plus efficacement, tout en bénéficiant d’une plus grande sécurité juridique et physique ». Tout en rappelant qu’« il ne saurait être question de faire usage de l’arme pour contraindre un véhicule à s’arrêter en l’absence de toute dangerosité de ses occupants ».

      https://www.youtube.com/watch?v=Dz5QcVZXEN4&embeds_referring_euri=https%3A%2F%2Fwww.liberation.fr%2


      https://www.liberation.fr/societe/police-justice/refus-dobtemperer-depuis-2017-une-inflation-letale-20230627_C7BVZUJXLVFJBOWMDXJG2N7DDI/?redirected=1&redirected=1

    • Mort de Nahel : chronique d’un drame annoncé

      Au moment de l’adoption, sous pression des policiers, de la #loi de 2017 modifiant les conditions d’usage des armes à feu par les forces de l’ordre, la Commission nationale consultative des droits de l’homme, le Défenseur des droits et la société civile avaient alerté sur l’inévitable explosion du nombre de victimes à venir.

      #Bernard_Cazeneuve se trouve, depuis la mort de Nahel, au centre de la polémique sur l’#usage_des_armes_à_feu par les policiers. La gauche, notamment, ne cesse de rappeler que l’ex-dirigeant socialiste est le concepteur de la loi dite « #sécurité_publique » qui, en février 2017, a institué le #cadre_légal actuel en la matière. C’est en effet lui qui en a assuré l’élaboration en tant que ministre de l’intérieur, puis qui l’a promulguée alors qu’il était premier ministre.

      À deux reprises, Bernard #Cazeneuve s’est justifié dans la presse. Le 29 juin tout d’abord, dans Le Monde (https://www.lemonde.fr/politique/article/2023/06/29/adolescent-tue-par-un-policier-a-nanterre-emmanuel-macron-sur-une-ligne-de-c), il affirme qu’« il n’est pas honnête d’imputer au texte ce qu’il n’a pas souhaité enclencher » et explique que cette loi avait été votée dans un « contexte de tueries de masse après les attentats ».

      Le lendemain, dans un entretien au Point (https://www.lepoint.fr/societe/bernard-cazeneuve-non-il-n-y-a-pas-en-france-de-permis-de-tuer-30-06-2023-25), l’ancien premier ministre de #François_Hollande développe la défense de son texte. « Il n’y a pas, en France, de #permis_de_tuer, simplement la reconnaissance pour les forces de l’ordre de la possibilité de protéger leurs vies ou la vie d’autrui, dans le cadre de la #légitime_défense », affirme-t-il.

      Bernard Cazeneuve évoque encore un « contexte particulier » ayant justifié ce texte, « celui des périples meurtriers terroristes et de la tragédie qu’a constituée l’attentat de Nice, le 14 juillet 2016, qui a vu un policier municipal neutraliser le conducteur d’un camion-bélier ayant tué 86 personnes et blessé plusieurs centaines d’autres, sur la promenade des Anglais ».

      Cette invocation d’une justification terroriste à l’adoption de la loi « sécurité publique » paraît étonnante à la lecture de l’exposé des motifs (https://www.legifrance.gouv.fr/dossierlegislatif/JORFDOLE000033664388/?detailType=EXPOSE_MOTIFS&detailId=) et de l’étude d’impact (https://www.senat.fr/leg/etudes-impact/pjl16-263-ei/pjl16-263-ei.pdf) du texte. À aucun moment un quelconque attentat n’est mentionné pour justifier les dispositions de l’article premier, celui modifiant le cadre légal de l’usage des armes à feu par les policiers.

      À l’ouverture de l’examen du texte en séance publique par les député·es, le mardi 7 février (https://www.assemblee-nationale.fr/14/cri/2016-2017/20170112.asp#P970364), le ministre de l’intérieur Bruno Leroux parle bien d’un attentat, celui du Carrousel du Louvre (https://fr.wikipedia.org/wiki/Attaque_contre_des_militaires_au_Carrousel_du_Louvre) durant lequel un homme a attaqué deux militaires à la machette. Mais cette attaque s’est déroulée le 3 février, soit bien après l’écriture du texte, et concerne des soldats de l’opération Sentinelle, donc non concernés par la réforme.

      La loi « sécurité publique » a pourtant bien été fortement influencée par l’actualité, mais par un autre drame. Le #8_octobre_2016, une vingtaine de personnes attaquent deux voitures de police dans un quartier de #Viry-Châtillon (Essonne) à coups de pierres et de cocktails Molotov. Deux policiers sont grièvement brûlés (https://fr.wikipedia.org/wiki/Affaire_des_policiers_br%C3%BBl%C3%A9s_%C3%A0_Viry-Ch%C3%A2tillon).

      Les images des agents entourés de flammes indignent toute la classe politique et provoquent un vaste mouvement de contestation au sein de forces de l’ordre. Cela génèrera un immense scandale judiciaire puisque des policiers feront emprisonner des innocents en toute connaissance de cause (https://www.mediapart.fr/journal/france/160521/affaire-de-viry-chatillon-comment-la-police-fabrique-de-faux-coupables). Mais à l’époque, les syndicats de policiers réclament par ailleurs une modification de la législation.

      « C’était une période de fin de règne de François #Hollande, avec des policiers à bout après avoir été sur-sollicités pour les manifestations contre la loi Travail, pour les opérations antiterroristes, se souvient Magali Lafourcade, secrétaire générale de la Commission nationale consultative des droits de l’homme (CNCDH). Et, surtout, il y a eu l’attaque de policiers de Viry-Châtillon. Leur mouvement de colère avait été accompagné par des manifestations à la limite de la légalité, avec des policiers armés, masqués et sans encadrement syndical, car il s’agissait d’un mouvement spontané. Je pense que cela a fait très peur au gouvernement. »

      La loi « sécurité publique » est l’une des réponses du gouvernement à cette fronde des policiers. Ceux-ci étaient alors régis par le droit commun de la légitime défense. Désormais, ils bénéficient d’un #régime_spécifique, copié sur celui des gendarmes et inscrit dans le nouvel #article_435-1 du #Code_de_la_sécurité_intérieure (https://www.legifrance.gouv.fr/codes/article_lc/LEGIARTI000034107970).

      Celui-ci dispose notamment que les policiers sont autorisés à faire usage de leur arme pour immobiliser des véhicules dont les occupants refusent de s’arrêter et « sont susceptibles de perpétrer, dans leur fuite, des atteintes à leur vie ou à leur intégrité physique ou à celles d’autrui ».

      On ne peut donc que s’étonner lorsque Bernard Cazeneuve assure, dans Le Point, que la loi « sécurité publique » « ne modifie en rien le cadre de la légitime défense ». « Je dirais même, enchérit-il, qu’elle en précise les conditions de déclenchement, en rendant impossible l’ouverture du feu hors de ce cadre. »

      Pourtant, comme l’a montré Mediapart (https://www.mediapart.fr/journal/france/280623/refus-d-obtemperer-l-alarmante-augmentation-des-tirs-policiers-mortels), le nombre de déclarations d’emploi d’une arme contre un véhicule a bondi entre 2016 et 2017, passant de 137 à 202, avant de se stabiliser à un niveau supérieur à celui d’avant l’adoption du texte, par exemple 157 en 2021.

      De plus, lorsque l’on relit les nombreux avertissements qui avaient été faits à l’époque au gouvernement, il semble difficile de soutenir que cette augmentation du recours aux armes à feu et du nombre de victimes n’était pas prévisible.

      « De telles dispositions risquent en effet d’entraîner une augmentation des pertes humaines à l’occasion de l’engagement desdits services dans des opérations sur la voie publique », prédisait ainsi la CNCDH dans un avis rendu le 23 février 2017 (https://www.legifrance.gouv.fr/jorf/id/JORFTEXT000034104875).

      Celui-ci s’inquiétait notamment du #flou de certaines formulations, comme l’alinéa autorisant l’usage des armes à feu contre les personnes « susceptibles de perpétrer, dans leur fuite, des atteintes à leur vie ou à leur intégrité physique ou à celle d’autrui ».

      « Il est à craindre que de telles dispositions ne conduisent à l’utilisation des armes à feu dans des situations relativement fréquentes de #courses-poursuites en zone urbaine, avertissait encore la commission, les fonctionnaires de police venant à considérer que le véhicule pourchassé crée, par la dangerosité de sa conduite, un risque pour l’intégrité des autres usagers de la route et des passants ».

      « Rien ne justifiait cet alignement du régime des #gendarmes sur celui des policiers, réaffirme aujourd’hui Magali Lafourcade. Les gendarmes sont formés au maniement des armes et, surtout, ils opèrent en zone rurale. » La secrétaire générale de la CNCDH pointe également un problème de formation des policiers qui s’est depuis aggravé.

      « Le niveau de recrutement des policiers s’est effondré, souligne-t-elle. Les jeunes sont massivement envoyés dans les zones difficiles dès leur sortie de l’école. Ils ne reçoivent aucun enseignement sur les biais cognitifs. Un jeune venant d’une zone rurale dans laquelle il n’aura quasiment jamais croisé de personne racisée peut donc très bien être envoyé dans un quartier dont il n’a pas les codes, la culture, la manière de parler et donc de s’adresser à des adolescents. Et l’#encadrement_intermédiaire est très insuffisant. Les jeunes policiers sont bien peu accompagnés dans des prises de fonction particulièrement difficiles. »

      Le Défenseur des droits avait lui aussi alerté, dans un avis publié le 23 janvier 2017 (https://juridique.defenseurdesdroits.fr/doc_num.php?explnum_id=18573), sur l’#instabilité_juridique créée par cette #réforme. « Le projet de loi complexifie le régime juridique de l’usage des armes, en donnant le sentiment d’une plus grande liberté pour les forces de l’ordre, au risque d’augmenter leur utilisation, alors que les cas prévus sont déjà couverts par le régime général de la légitime défense et de l’état de nécessité », écrivait-il.

      Ces différents dangers avaient également été pointés par la quasi-totalité de la société civile, que ce soient les syndicats ou les associations de défense des libertés. « Les services de police et de gendarmerie se considéreront légitimes à user de leurs armes – et potentiellement tuer – dans des conditions absolument disproportionnées », prédisait ainsi le Syndicat de la magistrature (SM) (https://www.syndicat-magistrature.fr/notre-action/justice-penale/1214-projet-de-loi-securite-publique--refusez-ce-debat-expedie). « Il est en effet dangereux de laisser penser que les forces de l’ordre pourront faire un usage plus large de leurs armes », abondait l’Union syndicale des magistrats (USM) (https://www.union-syndicale-magistrats.org/web2/themes/fr/userfiles/fichier/publication/2017/securite_publique.pdf).

      Du côté des avocats, le projet de loi avait rencontré l’opposition du Syndicat des avocats de France (SAF) (https://lesaf.org/wp-content/uploads/2017/04/11-penal-GT.pdf), ainsi que du barreau de Paris et de la Conférence des bâtonniers, qui affirmaient, dans un communiqué commun (https://www.avocatparis.org/actualites/projet-de-loi-relatif-la-securite-publique-le-barreau-de-paris-et-la-co) : « La réponse au mal-être policier ne peut être le seul motif d’examen de ce projet de loi et il importe que les conditions de la légitime défense ne soient pas modifiées. »

      « Ce projet de loi autorise les forces de l’ordre à ouvrir le feu dans des conditions qui vont augmenter le risque de #bavures sans pour autant assurer la sécurité juridique des forces de l’ordre », avertissait encore la Ligue des droits de l’homme (https://www.ldh-france.org/police-anonyme-autorisee-tirer).

      Désormais, les policiers eux-mêmes semblent regretter cette réforme, ou en tout cas reconnaître l’#incertitude_juridique qu’elle fait peser sur eux, en raison de sa formulation trop vague.

      Dans un article publié samedi 1er juillet, Le Monde (https://www.lemonde.fr/societe/article/2023/07/01/syndicats-de-police-un-tract-incendiaire-d-alliance-et-d-unsa-police-revelat) rapporte en effet que, parmi les forces de l’ordre, circule un modèle de demande de #droit_de_retrait dans lequel l’agent annonce rendre son arme, en raison des « diverses appréciations » qui peuvent être faites de l’article 435-1 du Code de la sécurité intérieure, lesquelles sont susceptibles de « donner lieu à des poursuites pénales ».

      Dans ce document, le policer y annonce mettre son pistolet à l’armurerie et qu’il y restera « jusqu’à ce que [s]a formation continue [lui] permette de mieux appréhender les dispositions de cet article afin de ne pas être poursuivi pénalement dans l’éventualité où [il] devrai[t] faire feu ».

      Magali Lafourcade insiste de son côté sur les dégâts que cette réforme a pu causer dans une partie de la jeunesse. « L’expérience de la citoyenneté, du sentiment d’appartenir à une communauté nationale, du respect des principes républicains est une expérience avant tout sensible, affirme-t-elle. Elle passe par les interactions éprouvées avec les représentants de l’État. Plus les enfants de ces quartiers feront l’expérience de la #brutalité_policière, plus ça les enfermera dans la #défiance qu’ils ont déjà vis-à-vis de nos institutions. »

      https://www.mediapart.fr/journal/france/010723/mort-de-nahel-chronique-d-un-drame-annonce

  • Surmortalité 2022 : l’Insee montre que les jeunes meurent trop !

    Le 22 décembre 2020, je montrais déjà en vidéo que le bilan de la crise Covid-19 du point de vue de la mortalité était trop faible pour justifier la moindre panique, et certainement pas les mesures prises. Le 13 septembre 2021, je montrais, en vidéo, grâce aux travaux que nous avons menés avec Steve Ohana et Alexandra Henrion-Caude, que la vaccination des jeunes en Israël s’est immédiatement accompagnée d’une forte hausse de mortalité. Nos travaux furent censurés. Dès le 22 mars 2022, j’ai tenté d’alerter en vidéo, que les campagnes de vaccination partout en Europe ont été très fréquemment accompagnées de hausses de mortalité sur toutes les tranches d’âge concernées. Nous savons depuis plus d’un an que les jeunes meurent trop. Ce mardi 6 juin 2023 va peut-être amorcer une brèche dans le mur de la Doxa de la crise Covid-19, puisque l’article de l’Insee titre sur la surmortalité observée en 2022, même chez les jeunes. On ne peut plus accuser le méchant virus tueur. Il va falloir apporter des réponses.

    https://www.youtube.com/watch?v=4P-Bxl-5g9I

    Trop de morts 
    Le titre de la publication de l’Insee "53 800 décès de plus qu’attendus en 2022 : une surmortalité plus élevée qu’en 2020 et 2021", annonce la couleur. On se demande alors 
    • si le modèle qui permet de calculer une surmortalité est pertinent, puisqu’on trouve de la surmortalité tout le temps ; 
    • à quoi est due la surmortalité de 2022 


    L’entrée en matière de l’article est encore plus surprenante : "En 2022, les décès observés ont nettement dépassé ceux attendus en l’absence d’épidémie de Covid-19 ou d’autres événements inhabituels tels que des épisodes de grippe ou de fortes chaleurs, etc." 

    Mais alors, est-on sûr que ce qui a été appelé “décès du Covid-19” en 2020 était vraiment pertinent, ou faut-il le remettre en question ? Puisque visiblement, même quand on arrête de compter du Covid-19, il y a toujours autant de morts, même plus… 

    Certaines de ces questions sont posées et d’autres soigneusement évitées par l’Institut. La recherche de la vérité semble se limiter à ce qu’on est capable d’admettre ou à ce qui ne vexe personne. 

    Un “modèle” qui se trompe tout le temps 

    L’Insee nous informe que la surmortalité persiste. Autrement dit, le nombre de morts est plus important que ce qu’a prévu son modèle. Pour poursuivre la réflexion, il serait peut-être temps de se demander si son modèle qui a fait pousser des cris d’orfraie en 2020 était pertinent. Voilà le graphique de l’article : 

    La courbe bleue correspond aux décès observés et la courbe rouge aux décès attendus. On voit bien que les décès observés sont bien au-dessus de l’attendu depuis 3 ans. J’ai montré dans mon livre “Covid-19 : ce que révèlent les chiffres officiels” un certain nombre de problèmes découlant du choix de ce modèle. Déjà l’Insee a testé plusieurs modèles, mais a choisi celui qui minimise les décès attendus, autrement dit celui qui donne la plus grosse surmortalité possible pour 2020. C’est un choix inhabituel et qui n’est pas neutre. Il participe à augmenter la peur. 

    Aujourd’hui, un autre problème se voit comme le nez au milieu de la figure. Normalement pour faire un modèle, on prend une partie des données à notre disposition, puis on vérifie qu’il fonctionne sur d’autres données à disposition. Or, ce modèle est construit à partir de toute la période 2010-2019. Il n’y a donc aucune donnée pour le valider.

    De fait, cela revient à annoncer que ce modèle est forcément le meilleur sans vérification, et de conclure directement qu’il y a une surmortalité en 2020. Chacun peut voir aujourd’hui que le modèle construit sur la tendance 2010-2019 ne s’est jamais vérifié depuis. Ni en 2020, ni en 2021, ni en 2022. Autrement dit, il est faux tout le temps. Il serait peut-être temps d’avouer que toutes les conclusions tirées de ce modèle ont toujours été fausses et que ce sont les taux de mortalité entre 2016 et 2019 qui étaient exceptionnellement bas. Les hivers doux et l’absence de canicule de ces années-là ont biaisé le résultat. 2020, 2021 et 2022 ont donc des mortalités plus hautes que des années de mortalité basse. On ne peut rien dire d’autre. La panique n’était pas justifiée et il n’y a jamais eu d’hécatombe. Ni en France, ni nulle part. 

    Les morts Covid incohérents pour cacher l’abandon 
    L’article persiste dans l’idée de la surmortalité de 2020 en disant que la hausse des décès est due au Covid-19. On peut lire : “La surmortalité, soit l’excédent de décès observés par rapport à ceux attendus, a été un peu plus forte en 2022 (8,7 %) qu’en 2021 (6,9 %) et 2020 (7,8% ). Pourtant, probablement grâce à la vaccination et à l’immunité collective, l’épidémie de Covid-19 a été moins meurtrière en 2022”.

    Cette phrase n’a absolument rien à faire dans une étude de l’Insee. L’Insee n’a aucun moyen de savoir de quoi sont décédés les Français. Ce sont Santé Publique France et le CépidC qui publient des études à ce sujet. Or les méthodes de collecte de données de Santé Publique France et du CépidC ne sont pas du tout dans les standards de l’institut. L’Insee n’a pas la main sur la qualité des données et sur ce que l’on peut en dire. C’est donc une erreur de les considérer justes, sans plus de recul. Cela les valide et c’est lourd de conséquence sur la psychose. 

    Pourtant l’article fournit toutes les armes pour comprendre que les données des “décès Covid-19” sont parfaitement bidons. Elles ne sont pas le fruit d’un protocole de collecte fiable lié à une enquête scientifiquement contrôlée, mais découlent de règles administratives. C’est donc de la bureaucratie et pas de la science. 

    En mars-avril 2020, le nombre de décès estampillés “Covid-19”, que l’on voit dans les 2 courbes bleues est quasiment égal à la surmortalité en rouge. L’Insee n’a pas le droit d’en conclure que c’est le Covid-19 qui tue. Comme je le rappelle dans mon livre, sur cette période, les français n’ont pas été soignés. En l’occurrence, toute personne qui était malade ne pouvait pas recevoir de traitement.

    En effet, un malade de Covid-19 est une personne qui peut avoir n’importe quel symptôme : toux, fièvre, maux de tête, perte de goût ou d’odorat, frissons, douleurs musculaires, fatigue, nausée, vomissement, ou même diarrhée. Tous les malades pouvaient donc être considérés Covid-19.

    Or, il était dit que le Covid-19 n’avait pas de traitement. Les malades de toutes les pathologies, soupçonnés Covid-19, n’ont pas été soignés. On a d’ailleurs observé un effondrement de l’utilisation des médicaments, notamment des antibiotiques. 

    Quand on ne soigne pas les gens, ils survivent moins bien. 
    Parallèlement, la maladie étant réputée non soignable, de nombreuses personnes âgées, sur simple soupçon de Covid-19, ont reçu une injection de médicament palliatif, notamment le Rivotril, en lieu et place des soins habituels. 

    Or, quand on accompagne les plus âgés vers le décès, ils ont tendance à mourir un peu plus. 

    Il est donc parfaitement normal d’observer une hausse de décès pendant une période où on ne soigne pas les personnes âgées et où on les accompagne vers le décès. Toutes ces personnes âgées ont été “déclarées décédées du Covid-19”, aussi bien auprès de Santé Public France, via la source SiVIC, qu’auprès du CépidC via les certificats de décès. 

    Le non-soin pour les personnes âgées malades et l’utilisation du Rivotril, explique très bien aussi la mortalité d’octobre 2020 attribuée au Covid-19. On rappelle que c’est exactement la période de la vaccination anti-grippale, qui donne exactement les symptômes de ce que l’on appelle “Covid-19”. 

    Au creux de l’hiver, entre décembre 2020 et janvier 2021, ou entre janvier et février 2022, on voit bien que la mortalité estampillée Covid-19, en bleu, n’a rien à voir avec la surmortalité, en rouge. Il n’y a pas plus de décès que d’habitude sur la période, mais plein de décès sont attribués au Covid-19 quand même. Ce n’est pas logique et nous fait comprendre que tout est affaire d’enregistrement. 

    Le site ScanSanté nous permet de connaître les pathologies des personnes hospitalisées ces dernières années. Les patients enregistrés comme “Covid-19” à l’hôpital, ont été placés dans le Groupement Homogène de Malades (GHM) “Infections et inflammations respiratoires”.

    On voit que le nombre de malades chaque année de cette pathologie est d’environ 50 000. Depuis l’arrivée de la codification “Covid-19”, le nombre de malades d’infections et inflammations respiratoires est passé à 266 000 en 2020 et 309 000 en 2021. C’est une explosion ! Or, on remarque que dans le même temps, le nombre de malades de toutes les autres pathologies respiratoires, que ce soit les infections ou même les problèmes chroniques, s’est effondré !

    Depuis le Covid-19, il y a bien moins de #bronchites, d’ #asthme, de #pneumonies, de #pleurésies, de #bronchopneumopathies chroniques, d’ #œdèmes pulmonaires, de maladies pulmonaires interstitielles, de #bronchiolites, de #tuberculoses et de #grippes ! Finalement, ce qu’on appelle Covid-19 c’est un transfert de codage. Le Covid-19 correspond à toutes les maladies respiratoires habituelles qui ont juste changé de nom. C’est pour cela que les statistiques ne sont pas cohérentes. On a juste compté n’importe quoi.

    C’est donc normal que l’hiver, quand les Français sont malades comme d’habitude, on trouve plein de décès estampillés Covid-19, puisqu’on met dans la case Covid-19 tous les morts habituels, ce sont les courbes bleues. Il n’y a donc pas plus de décès que d’habitude en hiver, la courbe rouge reste près de 0. 

    En revanche, depuis que presque tous les Français sont vaccinés, mais surtout, que le "pass sanitaire" n’existe plus, on ne teste plus personne et on n’attribue presque plus de décès au Covid-19. La cassure se voit très clairement pile à la fin du "pass sanitaire" en mars 2023. Depuis ce moment, il meurt trop de Français, mais on a cessé d’accuser arbitrairement le Covid-19, alors que c’était le non-soin, l’abandon, tout particulièrement des plus âgés, qui les tuait. 

    Les jeunes décèdent trop ! 
    L’article dévoile que les Français meurent trop. Même les jeunes. Sur ce graphique on observe la surmortalité chaque année. Même si je remets en cause le niveau global de surmortalité, cela ne change pas le fait qu’il y a plus décès en 2022 qu’en 2020, surtout chez les jeunes. L’année de la grande pandémie qui a ravagé l’humanité en 2020 a engendré une sous-mortalité chez les jeunes. Comme on le voit avec les bâtons bleus. Cela valait vraiment le coup de paniquer. Mais, depuis 2021, il y a trop de morts par rapport à ce qui est prévu, comme le matérialisent les bâtons jaunes. Le nombre de morts devient très élevé en 2022, en rose. Ainsi tant que la pandémie ravageait l’humanité, les jeunes mourraient moins que d’habitude, alors que, maintenant qu’ils sont vaccinés et que le virus a disparu, il meurent bien plus.

    L’article ne regarde pas les dates des campagnes de vaccination des jeunes afin de comprendre de quoi ils meurent. Pourtant, toutes ces données sont publiques. J’ai d’ailleurs fait le travail et je le mets à disposition de tous. 

    Si la surmortalité de 2021, n’est pas aussi forte que 2022, c’est notamment parce que la surmortalité ne démarre pas avant juillet. Il n’y a pas de surmortalité des jeunes avant le début de la vaccination anti-Covid-19. C’est bizarre. 

    Pour le voir, j’ai découpé l’année du 1er juillet au 30 juin. Sur ce graphique, je calcule le cumul des décès standardisés des 15-24 ans en France chaque année. La courbe verte va du 1er juillet 2020 au 30 juin 2021. On voit qu’on a alors enregistré une belle sous-mortalité. Depuis qu’on vaccine, la tendance a changé. La courbe bleue du 1er juillet 2021 au 30 juin 2022 est largement au-dessus. C’est une grosse rupture. La courbe orange qui démarre depuis juillet 2022 suit la même tendance : les jeunes meurent trop !

    On fait exactement le même constat pour les 25-49 ans : ils meurent plus depuis qu’on les vaccine que pendant la prétendue pandémie !  

    Si vous faites tourner mes programmes, vous trouverez les mêmes résultats pour l’Allemagne, l’Autriche, la Croatie, l’Espagne, la Grèce, la Hongrie, l’Italie, les Pays-Bas, la Pologne ou la Suisse. 

    Vous trouverez également qu’on observe des hausses de mortalité, pile pendant les campagnes de vaccination. Il serait temps de vérifier tout ça non ? 

    Enfin, l’article de l’Insee s’étonne que “Chez les femmes âgées de 15 à 34 ans, la surmortalité est particulièrement élevée en 2022 (16 %), alors qu’elle était modérée en 2021 (3 %). La surmortalité des hommes du même âge a également augmenté (8 %, contre 3 % en 2021).”

    De même, Christine MacKoi a montré que la mortalité néonatale précoce a explosé pour les bébé nés en juin 2021, c’est-à-dire, pile pendant la vaccination des femmes enceintes. 157 bébés nés en juin 2021 sont décédés dans les 6 jours après la naissance contre 111 attendus.

    La mortalité néonatale précoce arrive surtout quand les femmes accouchent prématurément. Si la vaccination a rendu malade des femmes enceintes, il est possible que certaines aient accouché prématurément, entraînant la perte du bébé. 

    Finalement, grâce à cet article de l’Insee, on apprend officiellement que le modèle de surmortalité n’a jamais été vérifié en 3 ans. Toutes les conclusions fondées sur ce modèle sont donc fausses. On apprend également que la mortalité Covid n’a rien à voir avec la surmortalité. Donc, ce qui a été appelé “décès Covid-19” a toujours été du n’importe quoi. De la bureaucratie et pas de la science. Pour finir, l’Insee admet dorénavant que les jeunes meurent trop. Un peu trop en 2021 et beaucoup trop en 2022. La réalité est que les jeunes meurent beaucoup trop depuis la moitié de l’année 2021. 

    Nous n’avons plus qu’à espérer que ce papier soit la première brèche qui fasse s’écrouler le discours de la peur et la propagande qui empêche les victimes de parler. Le combat pour la vérité est loin d’être fini.

    Source, tableaux, liens : https://www.francesoir.fr/opinions-tribunes/chaillot-surmortalite-2022-insee-montre-que-les-jeunes-meurent

    #économie #chiffres #statistiques #Insee #covid #coronavirus #sars-cov-2 #maladie #manipulation #fumisterie #santé #sante #décoder #population #morts #surmortalité #décès #bureaucratie #Covid-19 #antibiotiques #soins #codage #rivotril #jeunes

  • Indextreme.fr
    https://indextreme.fr

    « Le pouvoir d’un symbole réside dans sa capacité à produire du sens et à communiquer ce sens*. »

    Indextrême est un outil qui a pour objectif de comprendre, dans le contexte français, les symboles utilisés et détournés par l’extrême droite. En connaissant leur histoire, nous pouvons mieux comprendre les mécanismes sémiotiques de ces symboles et leur impact dans notre société.

    #symbole #extrême_droite #code

  • [Émissions spéciales] Environnement : un #climat d’insurrection
    https://www.radiopanik.org/emissions/emissions-speciales/environnement-un-climat-dinsurrection

    Un débat radio de l’Agence Alter en collaboration avec Bruxelles Nous Appartient.

    À moins d’avoir passé ces vingt dernières années dans une grotte, personne ne peut dire aujourd’hui qu’il/elle n’est pas au courant des menaces écologiques qui planent au-dessus de notre bonne vieille planète. Changement climatique, déforestation, effondrement de la biodiversité, acidification des océans, la coupe est pleine et les effets de l’anthropocène sur la terre sont chaque jour de plus en plus évidents.

    Face à ces événements, les militants environnementaux ont multiplié les manifestations, les actions de sensibilisation. Mais alors que l’horloge tourne et que rien ne semble vraiment bouger, certains s’interrogent. Faudrait-il passer à quelque chose d’autre, quelque chose de plus tranché, de plus radical comme la (...)

    #agence_alter #activisme #bna-bbot #code_rouge #antispécisme #extinction_rebellion #agence_alter,climat,activisme,bna-bbot,code_rouge,antispécisme,extinction_rebellion
    https://www.radiopanik.org/media/sounds/emissions-speciales/environnement-un-climat-dinsurrection_15713__1.mp3

  • Publier le #code_source ne suffit pas…
    https://framablog.org/2023/04/17/publier-le-code-source-ne-suffit-pas

    Un court billet où Nicolas #Kayser-Bril opère une mise au point : la loi européenne et les grandes entreprises du Web peuvent donner accès au code source, mais ce n’est qu’un facteur parmi d’autres qui s’avère souvent inutile à lui seul… … Lire la suite­­

    #Droits_numériques #Enjeux_du_numérique #Traductions #Algorithmwatch #CNAF #open_source #pull_request #Spaces #Twitter #Ukraine

  • ChatGPT fabrique un malware redoutable et indétectable, un chercheur donne l’alerte
    https://www.tomsguide.fr/chatgpt-fabrique-un-malware-redoutable-et-indetectable-un-chercheur-donne-

    Malgré les garde-fous mis en place par OpenAI, les compétences de développement de ChatGPT restent une aubaine pour les pirates. Un chercheur en cybersécurité vient de démontrer que le chatbot était capable de mettre au point un malware voleur de données indétectable.

  • #Hellfest : « l’Enfer » du décor

    https://www.francebleu.fr/infos/faits-divers-justice/a-nantes-le-hellfest-devant-les-prud-hommes-pour-harcelement-6476040

    Une ancienne stagiaire du Hellfest attaque aux prud’hommes l’association à la tête du festival de métal, Hellfest Productions. La jeune femme de 31 ans, dénonce des faits de harcèlement moral et sexuel. Une audience prévue à Nantes (Loire-Atlantique) ce mardi 28 mars.
    [...]
    Et le problème ne vient pas que d’un seul salarié du festival, pointe son avocate, Me Marie-Océane Gelly. « On est vraiment sur une forme de harcèlement d’ambiance », estime-t-elle, institutionnalisé dans le cadre de relations de travail, « et le code du travail s’applique ».

    #harcèlement #code_du_travail #sexisme #virilisme

  • #CLIC : Un #Projet pour des apprentissages numériques plus interactifs
    https://framablog.org/2023/03/23/clic-un-projet-pour-des-apprentissages-numeriques-plus-interactifs

    La proposition de CLIC est de s’auto-héberger (de faire fonctionner des services web libres sur son propre matériel) et de disposer de ses contenus et données localement, et/ou sur le grand Internet avec un système technique pré-configuré. Le dispositif s’adresse … Lire la suite­­

    #Dans_notre_archipel #Logiciel_libre #Outils_émancipateurs #chatons #CICP #Claviers_invités #Code #coding_party #colibris #Contribution #Hack #hack-design #Linux #Mas_Covado #Odroid #ordinosaures #panneaux_solaires #Piratebox #RasperryPi #récupération #rencontre #ritimo #Wiki #Yunohost

  • Une nouvelle figure à la tête du capitalisme français

    Plus exactement une nouvelle tête à la tête de l’Association française des entreprises privées (Afep), puissant #lobby regroupant les 115 principales entreprises françaises. Une sorte de Medef d’un CAC115.

    Patricia Barbizet a ainsi été désignée pour prendre la suite de #Laurent_Burelle, le dirigeant de Plastic Omnium, à sa présidence. Le changement - il s’agira du huitième président en quarante ans d’existence, et la première femme - sera effectif au 1er juillet.

    Patricia Barbizet a en effet quitté début 2018 la direction d’Artémis, le holding familial des Pinault, elle qui a été le bras droit de #François_Pinault pendant près de trente ans. Depuis, la femme d’affaires n’avait pas perdu en influence : elle dirige le fonds d’investissement Temaris, siège dans plusieurs conseils d’administration (#Pernod_Ricard, #CMA_CGM, ArcelorMittal), préside la #Philharmonie_de_Paris et a même été à la tête du club select « #Le_Siècle » de 2017 à 2020.

    Depuis 2018, elle s’occupait également du #Haut_comité_de_gouvernement_d'entreprise (#HCGE), chargé de veiller à la bonne application du #code_Afep-Medef, fonction à laquelle elle va renoncer. « L’intérêt commun [des prédateurs capitalistes] m’importe. Quand on peut être reconnue comme utile et y consacrer du temps, c’est important », souligne Patricia Barbizet.

    C’est elle qui dorénavant chuchotera les ordres de l’Afep aux oreilles de l’exécutif.

    Pendant six ans, le lobby patronal n’a guère eu à se plaindre de la politique pro business menée par #Emmanuel_Macron. Mais le terrain est devenu beaucoup plus instable à l’Assemblée nationale- comme le montre la réforme des retraites - et menace d’ébranler la poursuite de la politique de l’offre. De quoi laisser présager une Afep plus combative ? « Je ne crois pas que l’heure soit à l’affrontement », répond Laurent Burelle. « La force de l’#Afep est d’expliquer nos positions de façon discrète et d’établir un dialogue constructif, c’est ainsi que nous continuerons à fonctionner », souligne #Patricia_Barbizet.

    (Les Échos)

    #capitalisme #capitalisme_français

  • Stop Eating Poppy Seeds or You Might Fail a Drug Test, Pentagon Warns | Military.com
    https://www.military.com/daily-news/2023/02/21/stop-eating-poppy-seeds-or-you-might-fail-drug-test-pentagon-warns.html

    The poppy plant can produce opium and be refined into codeine, heroin and morphine. Typically, the seeds do not contain those substances naturally but can become contaminated during processing, leaving trace amounts of the powerful drugs, which are restricted under federal law and military rules.

    “Recent data suggests certain poppy seeds varieties may have higher #codeine contamination than previously reported,” Cisneros wrote in the memo. “Consumption of poppy seed products could cause a codeine-positive urinalysis result and undermine the department’s ability to identify illicit drug use.”

    #Pavot

  • Les combats pour l’émancipation des femmes et le mouvement ouvrier | #conferenceLO #archiveLO (13 février 2016)

    https://www.lutte-ouvriere.org/publications/brochures/les-combats-pour-lemancipation-des-femmes-et-le-mouvement-ouvrier-65

    Sommaire :

    – L’oppression des femmes  une conséquence de l’apparition de la #propriété_privée
    – La participation des femmes du peuple à la #Révolution_française
    – Le #Code_civil_de_Napoléon  : un arsenal contre les femmes
    – La réaction n’étouffe pas la voix de celles et ceux qui veulent l’égalité
    – Pendant la #révolution_de_1830, des prolétaires hommes et femmes se battent pour le droit au travail
    – Pour les héritières du #saint-simonisme, la lutte des femmes est jumelle de celle des prolétaires
    – Le #Manifeste_du_Parti_communiste de #Marx et #Engels contre la propriété des femmes
    – Pendant la #révolution_de_1848, les femmes luttent pour le droit au travail et élisent leurs délégués à la Commission du Luxembourg
    – Le mouvement ouvrier face à la revendication du droit au travail pour les femmes
    – La #Commune_de_Paris, premier État dirigé par des ouvriers et des ouvrières
    – L’Union des femmes crée un embryon d’organisation ouvrière de la production
    – Le mouvement socialiste marxiste : un contre-pouvoir qui se construit en intégrant des militantes dans ses rangs
    – La jeunesse d’une ouvrière devenue dirigeante socialiste  : #Adelheid_Popp
    – Les #préjugés sexistes ou corporatistes divisent les forces de la classe ouvrière
    – L’exemple d’une grève à Nancy...
    – ... Un contre-exemple, à Méru, quand la classe ouvrière surmonte les divisions
    – Les organisations féministes bourgeoises... pour les droits des femmes, mais dans le cadre limité de la société capitaliste
    – En #Grande-Bretagne, les #suffragettes utilisent la violence pour briser l’étau qui réprime leurs revendications
    – La #Révolution_russe débute lors de la #Journée_internationale_des_femmes le 8 mars 1917
    – Le pouvoir bolchevique réalise ce pour quoi se battent les #féministes en Europe et aux États-Unis
    – L’échec de la #révolution_mondiale et la stalinisation de l’Internationale  : les idées de la bourgeoisie pénètrent les partis ouvriers | #stalinisme
    – Le #PCF et sa volonté d’intégrer la société bourgeoise
    – La renaissance du #mouvement_féministe dans les années 1960-1970  : en dehors des organisations réformistes du mouvement ouvrier
    – La situation des #femmes à l’heure où les forces réactionnaires sont à l’offensive
    – Dans les pays riches aussi, la #condition_des_femmes paie son tribut à la réaction
    – Pour la fin de l’#oppression_des_femmes, comme pour la libération de l’ensemble de la société, il est vital que renaisse le #mouvement_ouvrier

    #capitalisme #marxisme #sexisme

  • <=280
    Le dernier blog » Blog Archive
    https://hyperbate.fr/dernier/?p=42492

    Ces dernières années, je me suis amusé à publier sur Twitter des #programmes écrits en #langage #Processing, chaque fois accompagnés de l’image générée par l’exécution du code. L’idée de faire tenir dans deux-cent-quatre-vingt signes, ou moins, un #code capable de produire une #image parfois très complexe en apparence, est un défi qui m’a forcé à trouver toutes sortes d’astuces, et même à mieux comprendre certains des principes logiques ou mathématiques auxquels j’ai recours.
    Quand j’ai eu une quarantaine, j’étais assez fier de la somme produite, et puis j’ai doublé, triplé, quadruplé le nombre… À présent, j’ai suffisamment de programmes pour me permettre d’en faire une sélection et pour en faire un #livre.

    <=280
    format : 12 x 19 cm, 284 pages
    ISBN : 978-2-9586199-0-9
    13 euros

  • Qatargate : des députés européens se pressent de déclarer des voyages qu’ils n’avaient pas mentionnés

    Les socialistes belges Tarabella et Arena ont chacun été épinglés pour ne pas avoir déclaré leur voyage au Qatar. Mais depuis la révélation du scandale, de nombreux députés “distraits” se conforment avec retard aux règles… que beaucoup ignoraient.

    Les socialistes belges Marc Tarabella et Marie Arena ont tous deux négligé de déclarer des voyages qu’ils ont effectués coiffés de leur casquette de député européen. La présidente de la sous-commission des droits de l’homme (Droi) n’a pas renseigné un voyage au Qatar datant de mai 2022, dont les frais d’hôtel et de déplacement avaient été payés par Doha. La Montoise plaide qu’il s’agit d’un oubli administratif d’un de ses assistants parlementaires. C’est aussi l’argument de Marc Tarabella qui n’avait, lui, pas indiqué qu’il s’était rendu dans le petit État du Golfe arabo-persique en février 2020. Cela fait cependant mauvais genre, d’autant que M. Tarabella doit se défendre des allégations de corruption par le Qatar. Marie Arena est elle très proche de l’ancien eurodéputé italien Pier Antonio Panzeri, principal inculpé de l’affaire.

    N’en reste pas moins que l’oubli de déclarer des voyages semble être une pratique assez répandue au sein du Parlement européen.

    Les eurodéputés socialistes belges Marc Tarabella et Marie Arena ont chacun négligé de déclarer un voyage effectué au Qatar.

    A déclarer à la fin du mois qui suit le mois du voyage
    Selon les informations obtenues par La Libre, depuis la révélation du scandale de corruption, le 9 décembre, au moins une dizaine de députés de tous bords ont rendu environ une vingtaine de déclarations avec des retards parfois conséquents, bien au-delà du délai imparti – celui-ci est fixé le dernier jour du mois qui suit le dernier jour du voyage. Pour prendre un exemple, si son voyage se termine le 3 avril, un élu a jusqu’au 31 mai pour le déclarer.

    Parmi les distraits, Marc Tarabella, donc, et Marie Arena qui a déclaré en janvier 2023 ses voyages au Liban, au Qatar et à Ouagadougou, au Burkina Faso, avec respectivement 4, 9 et 13 mois de retard. Le CD&V Tom Vandenkendelaere (groupe PPE) a remis trois déclarations en retard, et la N-VA Assita Kanko avait déclaré un voyage de novembre 2021 en Israël avec quarante jours de retard. Membre de la commission Transport, l’Espagnol José Ramon Bauza Dias (Renew Europe) est le recordman de la liste que La Libre a pu consulter avec quatre voyages déclarés en retard – dont deux au Qatar déclarés avec 2 mois et 9 mois de retard et un Dubaï. Également retardataires : le libéral Allemand Ergolu (Azerbaïdjan, 3 mois de retard) et le député indépendant irlandais Mick Wallace qui a mis sept mois à déclarer le voyage effectué au Venezuela, 7 mois, tout comme l’Espagnol Manu Pineda (La Gauche). La compatriote conservatrice de ce dernier, Isabel Wiseler-Lima a attendu 21 mois pour déclarer un voyage Abu Dhabi.

    Mais le retard record revient au Roumain Crisitan-Silviu Busoi, lui aussi membre du Parti populaire européen, qui n’a déclaré son voyage au Qatar qu’en décembre dernier, 23 mois après les faits. L’Italienne Alessandra Moretti n’a, elle, toujours pas déclaré ce même voyage. Parole à la défense, par la voix d’une eurodéputée qui n’a rien à se reprocher : “Beaucoup de gens n’étaient même pas au courant de cette règle”. Même si elle figure dans le code de conduite dont ils sont censés avoir pris connaissance en début de législature.

    Source : https://www.lalibre.be/international/europe/2023/01/17/qatargate-des-deputes-europeens-se-pressent-de-declarer-des-voyages-quils-na

    #corruption généralisée à l’#ue #union_européenne #quatar #ps #Parlement_européen #députés_européens #Droi #PPE #N-VA #code_de_conduite #voyages

    • Démission du président du Vietnam, en pleine offensive anticorruption

      Le président du Vietnam, Nguyen Xuan Phuc, a démissionné, ont annoncé mardi les médias d’Etat, après plusieurs jours de rumeurs faisant état de sa destitution imminente dans le cadre d’une vaste purge anticorruption. . . . . .

      Au moins une centaine de hauts-fonctionnaires et de dirigeants d’entreprises ont été arrêtés ces derniers mois pour un scandale de distribution de tests de dépistage du Covid.

      Un fabricant, la société Viet A Technologies, est accusé d’avoir versé des pots de vin à des fonctionnaires du secteur de la Santé afin de permettre la vente de ses tests aux hôpitaux et aux centres de contrôle de la pandémie à des prix exagérés.

      Parmi les personnes arrêtées pour ce scandale figurent le ministre de la Santé Ngoc Anh et le maire de Hanoï Nguyen Thanh Long en juin 2022.
      . . . . . .

      Source : https://www.rts.ch/info/monde/13709070-demission-du-president-du-vietnam-en-pleine-offensive-anticorruption.ht

  • En #Italie, le gouvernement de Giorgia #Meloni s’en prend aux ONG qui sauvent les migrants en mer

    Un nouveau « #code_de_conduite » pour les #navires_humanitaires est entré en vigueur, mardi. Des #amendes allant de 10 000 à 50 000 euros sont notamment prévues à l’encontre du commandant de bord si les règles ne sont pas appliquées.

    –--------------------
    Durant la campagne électorale à la fin de l’été, Giorgia Meloni, la dirigeante du parti d’extrême droite italien Fratelli d’Italia avait relancé l’idée d’un #blocus_naval pour arrêter les bateaux intervenant en mer pour sauver les migrants. Une solution inapplicable dans les faits, mais payante en termes de communication politique. Désormais installé à la tête du pays, le gouvernement de Mme Meloni a néanmoins mis à exécution sa promesse de réguler les flux migratoires avec une mesure qui ressemble à une déclaration de guerre aux ONG engagées dans le sauvetage des migrants. Le 3 janvier, un nouveau « code de conduite » pour les navires humanitaires est entré en vigueur sous forme de #décret.

    Parmi les nouveautés de ce texte figure notamment la fin des #opérations_de_secours « simultanées ». Dès lors qu’un port de débarquement a été attribué par les autorités italiennes à un navire, il doit être atteint sans délai pour que puisse s’achever l’opération de sauvetage. Plus question désormais, sauf demande spéciale des autorités italiennes, qu’un bateau qui vient de recueillir des réfugiés détourne sa route vers une autre embarcation en perdition tant qu’elle n’a pas touché terre. En somme, la nouvelle réglementation du ministère de l’intérieur entérine un glissement qui constitue une menace claire sur le #droit_de_la_mer et les conventions internationales dont l’Italie est signataire.

    Ce tour de vis sécuritaire a provoqué indignation et inquiétude chez les ONG « Plutôt que de nous assigner un rôle clair de sauver des vies en mer, ce décret tente de limiter notre champ d’action sans proposer aucune solution alternative », se désole Juan Matias Gil, chef des opérations de secours en mer de Médecins sans frontières (MSF). « Il faut s’attendre à une baisse dans nos capacités d’opération de sauvetage, et plus de morts à venir. »

    Les ONG dérangent

    Autre nouveauté, le gouvernement impose désormais aux ONG de recueillir les demandes d’asile à bord des navires de sauvetage, de sorte que la procédure administrative soit prise en charge par le pays dont les navires battent pavillon. Une procédure qui promet de nombreux casse-tête juridiques. Si l’on suit les nouvelles normes, qui empêchera des migrants somaliens de demander l’asile à Rome, s’ils sont recueillis par un navire marchand italien au large de Mogadiscio ?

    La crainte de « l’#appel_d'air », rhétorique habituelle des membres de l’exécutif et de la majorité pour justifier les restrictions, a de nouveau été mise en avant par les responsables politiques convaincus que les navires humanitaires sont des « #taxis_de_la_mer ». Les #statistiques démontrent pourtant le contraire : sur près de 100 000 migrants qui ont débarqué en 2022 sur les côtes italiennes, à peine plus de 10 % ont été recueillis par des ONG.

    Installé en Sicile où il suit les questions migratoires pour Radio Radicale, le journaliste Sergio Scandura effectue une veille permanente des embarcations de migrants en approche des côtes italiennes. « Ce décret est inédit, estime-t-il, personne jusqu’ici n’avait jamais adopté un texte qui va à l’encontre des lois internationales mais aussi des lois européennes. » « La réalité est que les ONG dérangent parce que l’on ne doit pas voir ce qu’il se passe au large de la Libye », dénonce le journaliste.

    « Menace de #sanctions_financières »

    L’Eglise catholique italienne a elle aussi vivement réagi. « Ce décret n’est basé sur rien, il est construit sur un faux sentiment d’insécurité », a tonné Mgr Gian Carlo Perego, président de la commission pour les migrations au sein de la conférence épiscopale italienne. Pour l’archevêque de Ferrare-Comacchio (Nord), « la première considération serait de savoir si ce sont les ONG qui posent un problème de sécurité à l’Italie ou bien si ce sont précisément elles dont les bateaux sauvent des vies ».

    Outre les nouvelles normes, le gouvernement italien a également prévu tout un arsenal de #sanctions en cas de non-respect de la part des navires humanitaires. Des amendes allant de 10 000 à 50 000 euros sont prévues à l’encontre du commandant de bord si les nouvelles règles ne sont pas appliquées. En cas de récidive, les autorités s’arrogent le droit de séquestrer les navires. Un recours est possible mais, autre nouveauté, celui-ci devra être déposé devant le préfet dont les pouvoirs sont élargis. « Il est clair que la menace de sanctions financières est préoccupante », souligne Marco Pisoni, porte-parole de SOS Méditerranée, qui affrète le navire Ocean-Viking. « Les opérations de secours demandent des moyens, et ces amendes pourraient nous mettre en difficulté avec nos donateurs, en Italie mais également dans toute l’Europe. »

    Pour les ONG, le message du gouvernement est clair : non seulement entraver les opérations de secours, mais les éloigner de la Méditerranée centrale, là où les besoins sont les plus forts. Le 31 décembre, avant la parution du décret au journal officiel, l’Ocean-Viking a pu faire débarquer 113 personnes dans le port de Ravenne… à 900 milles nautiques du lieu de sauvetage. Pour Maco Pisoni, la nouvelle politique du gouvernement italien signe « la disparition programmée de la présence des navires dans les zones #SAR [régies par la convention internationale sur la recherche et le sauvetage maritimes] internationales et nationales ».

    https://www.lemonde.fr/international/article/2023/01/05/en-italie-le-gouvernement-de-giorgia-meloni-s-en-prend-aux-ong-qui-sauvent-l
    #Giorgia_Meloni #sauvetage #Méditerranée #asile #migrations #réfugiés #mer_Méditerranée

    • Italy’s Anti-Rescue Decree Risks Increasing Deaths at Sea

      New Policy Obstructs Lifesaving Work of Rescue NGOs, Violates International Law
      The latest migration decree by Italy’s government represents a new low in its strategy of smearing and criminalizing nongovernmental organizations saving lives at sea. The government’s goal is to further obstruct the life-saving work of humanitarian groups, meaning that as few people as possible will be rescued in the central Mediterranean.

      The decree prohibits vessels of search and rescue organizations from carrying out multiple rescues on the same voyage, ordering that after one rescue their ships immediately go to the port allocated by Italy and reach it “without delay,” effectively requiring them to ignore any other distress cases at sea.

      The rule, which does not apply to other kinds of vessels, breaches the duty on all captains to give immediate assistance to people in distress under multiple international law provisions, including the UN Convention on the Law of the Sea, the International Convention for the Safety of Life at Sea, the Palermo Protocol against the Smuggling of Migrants, and EU law.

      The negative impact of the new rule is compounded by the government’s recent practice of assigning rescue boats very distant ports of disembarkation in northern and central Italy, requiring up to four days of navigation, in breach of the obligation to make available the nearest port of safety. Ordering rescue ships to sail to distant ports prevents them from saving lives in the central Mediterranean for longer periods of time, forces them to incur significant additional costs in fuel, food, and other expenses, and can increase the suffering of survivors on board.

      The decree also imposes on nongovernmental rescue ships the duty to collect data from survivors onboard, including their intent to claim asylum, and share that information with authorities, in breach of EU laws, including the asylum procedures directive .

      As 20 search and rescue organizations pointed out in a joint statement on January 5, the decree risks adding to the numbers of people already dying in the Mediterranean Sea or returned to horrific abuse in Libya.

      The European Commission should call for the immediate withdrawal of this decree and an end to Italy’s practice of allocating distant ports and take legal enforcement action against rules that blatantly disregard EU legal obligations towards migrants and asylum seekers. Above all, it’s time for a state-led European search and rescue mission to prevent further avoidable deaths at sea.

      https://www.hrw.org/news/2023/01/09/italys-anti-rescue-decree-risks-increasing-deaths-sea

    • Migrants : en Italie, la « guerre » du gouvernement contre les ONG

      Les nouvelles règles font exploser les coûts des sauvetages en mer. Reportage à Ancône, où le « Geo-Barents », le bateau de secours en mer de Médecins sans frontières (MSF), a été aiguillé.

      L’homme est masqué, coiffé d’un gros bonnet gris et enveloppé d’une épaisse couverture rouge qui masque sa silhouette. Il vient de sortir du ventre du Geo-Barents, le bateau de secours en mer de Médecins sans frontières (MSF). Descendu de la passerelle, il pose un pied mal assuré sur le quai 22 du port de commerce d’Ancône. Quatre autres hommes le suivent. Masqués aussi, coiffés de gros bonnets gris, enveloppés d’épaisses couvertures rouges ou blanches. Boitant presque sur la terre ferme après des jours de mauvaise mer, les corps aux visages invisibles, affaiblis, de ces rescapés anonymes attirent tous les regards, dans le matin mouillé de ce jeudi 12 janvier.

      Au bout du quai, on les attend. Le préfet de la province et le chef de la police ont fait le déplacement. Ces jours-ci, la frontière de l’Italie, qui est aussi celle de l’Europe, passe aux yeux de tous par leur ville. Les agents de la police aux frontières sont là, comme les hommes de la Guardia di Finanza, les pompiers, les fonctionnaires de la police scientifique et des membres du groupe cynophile des chasseurs alpins. Sur le quai 22 du port de commerce d’Ancône, il y a l’Etat, donc. Mais pas seulement. Des volontaires de la Croix-Rouge et de Caritas, sous-traitants des services publics italiens, sont déployés près d’une tente blanche. Et enfin, tenus à une distance de quelques dizaines de mètres, des journalistes sont parqués dans un enclos formé par des barrières. Une dizaine d’équipes de télévision filment la scène en direct.

      Le navire est arrivé à quai vers 7 h 30, quand, de l’autre côté du port, la sirène des chantiers navals appelait à leurs postes de travail les centaines d’ouvriers immigrés employés par des sous-traitants de la Fincantieri, qui y construisent deux paquebots de croisière de haut luxe dont les masses blanches et brillantes dominent la baie. Près de deux heures plus tard, les cinq anonymes descendus du bateau ont disparu vers le barnum blanc des autorités. A bord du navire, soixante-huit autres attendent de les rejoindre, majoritairement originaires du Soudan et du Nigeria.

      En touchant terre, ce petit groupe d’hommes, bien inférieur en nombre aux effectifs déployés, sur le quai 22 du port de commerce d’Ancône, est en train de traverser une ligne de front invisible. Car ils sont les derniers en date à faire les frais de la guerre judiciaire et politique que l’Etat italien mène depuis 2016 aux ONG de sauvetage opérant en Méditerranée centrale et portant secours aux migrants qui s’élancent des côtes libyennes en direction de l’Europe à bord d’embarcations de fortune. Et s’ils attirent malgré eux tant d’attention, cinq jours après avoir été secourus au large de Tripoli, c’est que, sous l’impulsion du gouvernement dominé par l’extrême droite de Giorgia Meloni, cette vieille histoire vient d’entrer dans une phase nouvelle.

      Une cible claire et identifiée

      Le voyage de 1 200 kilomètres effectué par le Geo-Barents de MSF, depuis le point perdu dans les flots où les migrants en détresse sont montés à bord, et les quatre journées de navigation supplémentaire qu’il a dû affronter, est en effet le résultat d’une politique. Parallèlement à un nouveau décret limitant l’action des ONG, sous peine de sanctions, à des sauvetages uniques, le gouvernement italien assigne désormais aux navires opérant dans la zone des destinations situées loin au nord des ports méridionaux où ils accostent habituellement. Livourne et Ravenne ont organisé des débarquements en décembre 2022, avant qu’Ancône accueille mardi l’ Ocean-Viking de l’ONG SOS Méditerranée avec trente-sept naufragés à son bord, puis le Geo-Barents.

      L’objectif est de répartir l’effort sur tout le territoire, selon le ministre de l’intérieur Matteo Piantedosi, affilié à la Ligue (extrême droite) et proche du vice-président du conseil Matteo Salvini, qui s’était illustré lorsqu’il occupait le même poste entre 2018 et 2019 par la fermeture des ports italiens aux ONG. « Le gouvernement ne veut pas laisser s’installer des mécanismes de routine dans les trajets de migration » , avait précisé pour sa part, à Ancône, la veille de l’arrivée de l’ Ocean-Viking, le président de l’autorité portuaire, Vincenzo Garofalo. Selon les ONG, cependant, l’objectif réel du gouvernement est autre. En complétant les dispositions du décret par ces éloignements vers le nord des côtes italiennes, il entend rogner leur présence en Méditerranée centrale et, surtout, peser sur leurs finances.

      « Nous avons estimé grossièrement que la volonté du gouvernement de nous faire venir jusqu’à Ancône avait provoqué une augmentation de 100 % de nos dépenses en carburant » , indique ainsi Juan Matias Gil, chef des opérations de secours en mer de MSF, présent sur le port d’Ancône au moment de l’arrivée de l’ Ocean-Viking. Pour l’ONG internationale, une marge d’adaptation existe, et de tels coûts peuvent être absorbés. Ce n’est pas le cas pour des organisations comme SOS Méditerranée, consacrée uniquement au sauvetage en mer. « La guerre que nous mène le gouvernement italien entre dans un tout nouveau chapitre dont il espère que le dénouement passera par notre disparition de la Méditerranée centrale » , indique M. Giltandis que les naufragés sortent du bateau par groupes de cinq avant de disparaître sous la tente médicale.

      « On s’attaque à nous, les ONG, car nous sommes la pointe visible d’un phénomène face auquel le gouvernement ne peut en réalité pas faire grand-chose » , ajoute M. Gil. Comme si la présence des ONG offrait aux pouvoirs publics une cible claire et bien identifiée sur la question migratoire et que la contrainte de ces débarquements dans des ports éloignés de la zone de secours devait fournir l’image d’un flux contrôlé. Certes, l’immigration n’est pas la préoccupation première d’une opinion italienne plus inquiète de l’inflation et des conséquences économiques de la guerre contre l’Ukraine. Elle reste un sujet sur lequel un Etat européen peut mettre en scène son action, même si c’est pour quelques heures, au bout du quai d’un port de commerce mineur.

      Galaxie d’associations

      Après avoir débarqué et traversé les premières formalités administratives de leur parcours en Italie, les 73 naufragés descendus du Geo-Barents, escortés par des policiers, sont montés dans des bus de la marine militaire italienne pour être emmenés plus tard quelque part en Lombardie. Ceux qui étaient arrivés trente-six heures plus tôt à bord de l’ Ocean-Viking ont été orientés vers divers centres d’accueil de la région des Marches, gérés par une galaxie de coopératives issues du monde catholique ou de la gauche associative.

      Les rescapés arrivés sur les deux navires des ONG à Ancône entre mardi et jeudi sont au nombre de 110. Selon le ministère de l’intérieur, le nombre total de migrants arrivés par la mer en Italie, incluant les débarquements autonomes et ceux qui ont été organisés par les gardes-côtes italiens dans les eaux territoriales depuis le début de l’année, s’élevait à 3 819 au 13 janvier. D’eux, pourtant, on ne verra pas même les silhouettes, au loin sur une passerelle.

      https://www.lemonde.fr/international/article/2023/01/15/migrants-en-italie-la-guerre-du-gouvernement-contre-les-ong_6157915_3210.htm

  • Dernier détricotage en date du #code_du_travail. Exercer son droit à la #formation_continue devient payant.

    CPF : le gouvernement propose que les salariés paient un « reste à charge »
    https://www.lemonde.fr/economie/article/2022/12/11/cpf-le-gouvernement-propose-que-les-salaries-paient-un-reste-a-charge_615392

    Le CPF a remplacé le droit individuel à la formation, et se présente depuis novembre 2019 sous forme d’un crédit en euros, permettant de souscrire facilement à des offres par le biais d’une plate-forme en ligne. Selon le gouvernement, il a généré depuis son ouverture cinq millions d’inscriptions pour un coût de 6,7 milliards d’euros. Mais les pouvoirs publics s’inquiètent de leur bon usage et souhaitent que « les formations s’inscrivent dans un projet professionnel solide »

    #49.3 #amendement (déposé "en tout discrétion" samedi en fin d’après-midi) #assemblée_nationale #projet_de_loi_de_finances

  • Italy’s government is targeting NGOs saving people at sea. It is nothing new.

    I was there the first time around – and so were many journalists. At @open_migration we told the story of the dirty war waged against NGOs saving lives.

    This story starts on Easter weekend, 2017.
    During that weekend, 8,300 people were rescued in the Mediterranean: 1,300 by Frontex and the others by several NGOs in coordination with the Italian Coast Guard.

    @Giu_Bertoluzzi was on board of one of the ships – this is her logbook:
    https://openmigration.org/en/analyses/the-eight-thousand-migrants-saved-at-easter-logbook-of-a-rescue-missi

    “Too smart for their own good” (Renzi, then Italy’s PM), “Taxi cabs for migrants” (Di Maio).

    That weekend marked the start of the smear campaign against NGOs: @Lorenzo_Bagnoli @FraFloris made sense of the mix of unfounded claims and accusations:
    https://openmigration.org/en/analyses/accusations-against-ngos-at-sea-what-is-false-or-misleading-in-that-s

    It was also the start of the infamous “pull factor” claim, coming – no surprise – from Fabrice Leggeri, then executive director of Frontex.

    He would become a central figure in this political game - this is the last we heard of him:
    https://www.spiegel.de/international/europe/fabrice-leggeri-s-resignation-the-final-days-of-the-frontex-chief-a-a238224a

    That summer the Mediterranean was the scene of a brutal political game, with the Italian government working to delegitimize NGOs.

    “They have been forced to back away from, sometimes even renounce, their role in rescuing migrants” explained @alaskaHQ.
    https://openmigration.org/en/analyses/eight-things-we-have-learnt-from-the-papers-on-the-iuventa

    A main feature was of course the Minniti-sponsored code of conduct for NGOs.

    This legitimized the idea that they were acting in anarchy before this measures, while all the while they had been working under the Rome command of the Italian Coast Guard.
    https://openmigration.org/en/analyses/what-is-changing-in-the-med-five-things-you-must-know

    The militarisation of the Mediterranean continued throughout 2018, with a critical point with the seizure of Open Arms and accusations of criminal conspiracy and aiding illegal immigration.

    @alaskaHQ @Lorenzo_Bagnoli and @clatorrisi reported:
    https://openmigration.org/en/analyses/the-prosecutors-case-against-the-rescue-ship-open-arms

    Accusations were dropped and one month later the Open Arms was free to sail again.

    (Meanwhile Frontex was relaunching fears of terrorist attacks while introducing its new programme to secure European borders)
    https://openmigration.org/en/analyses/the-open-arms-case-continued-new-documents-and-malta

    I’d like for this story to have an end but there isn’t one.

    In 2017, Easter weekend marked the start of a dirty, dirty war that has claimed thousand of lives. NGOs were witnesses that the EU and the Italian government did not want around.
    And that is still the case.

    #chronologie #criminalisation_du_sauvetage #sauvetage #migrations #asile #réfugiés #Méditerranée #mer_Méditerranée #taxi #taxi_del_mare #pull_factor #facteur_pull #rhétorique #solidarité #Di_Maio #Luigi_Di_Maio #Matteo_Renzi #Renzi #Italie #rhétorique #accusations #Leggeri #Fabrizio_Leggeri #Frontex #codice_di_condotta #Minniti

  • Témoignage d’une professeure d’histoire-géo qui s’interroge sur l’historicisation de l’#universalisme « républicain à la française » et sa transmission aux élèves. A travers plusieurs siècle de domination, l’hypocrisie de la classe bourgeoise est passée au crible des faits historiques. C’est sans appel : au vu de ses atermoiements, la « République » ne pourra jamais aimer « les étrangers ».

    L’empire universel (des Blancs)
    https://lundi.am/L-empire-universel-des-Blancs

    Madame, ça veut dire quoi lieu universel ?

    L’universel, c’est d’abord le puissant catholicos, centre rêvé de tous les empires. C’est un centre de référence décrété par des clercs, des califes, des papes. Reconnu par toutes celles et ceux qui ne veulent pas en être tenus à la marge, le centre du monde est fixe et unilatéral. Puis, la recherche de l’absolu et du centre de l’univers est tombée en désuétude. Afin de pouvoir étendre et étaler les puissances plus loin encore, il fallait prétendre le contraire, décentrer les regards. Ce nouvel universel hégémonique offre à tous les individus la possibilité de faire partie d’un tout universel, mais à condition qu’ils se dépouillent de toutes leurs particularités. L’universel, c’est l’hégémonie du Blanc, qui depuis l’époque moderne domine le monde. Le temps, le poids, les distances, tout est mesuré à partir d’un étalon européen et chrétien que les Blancs conçoivent comme une neutralité objective. L’idéologie de l’empire colonial accouche de paradigmes de pensée que l’on reconnaîtra aujourd’hui à la source de l’ensemble des discours légitimés. A l’obscurantisme des prêtres et à l’hystérie des femmes répond le rationalisme éclairé de la patrie républicaine, aux croyances puériles des minorités religieuses répond la critique de l’exégète athée, aux femmes voilées répond le féminisme raisonné et moral des femmes blanches, au particularisme des individus opprimés répond l’universel humaniste bien portant.

    #racialisme #antisémitisme #esclavage #code_de_l'indigénat #colonialisme #soft_power

    • Ok, alors, puisque la note de bas de page n° 16 de l’article de Lundi Matin a pu hérisser le poil de @colporteur (et j’en suis désolé), voici une analyse circonstanciée produite en 2015 par Philippe Corcuff à propos des Indigènes de la République :

      http://www.grand-angle-libertaire.net/indigenes-de-la-republique-pluralite-des-dominations-et-conv

      Le plan de l’article en question :

      Introduction : les Indigènes de la République et l’intersectionnalité par un « Blanc » trouble

      Dans ce texte, j’envisage le double problème de la pluralité des modes de domination, sous l’angle de ce qu’on appelle aujourd’hui, dans des secteurs des sciences sociales comme dans certains milieux militants, « l’intersectionnalité », et des convergences possibles entre mouvements sociaux émancipateurs. Je le fais sous un double plan analytique (l’analyse de ce qui est ou a été), puisant dans les outillages des sciences sociales, et normatif-prospectif (l’exploration de ce qui devrait et pourrait être), relevant de mes engagements militants comme du registre de la philosophie politique. Ce texte est donc un hybride entre logiques universitaire et militante.

      a) Intersectionnalité
      b) Le postcolonial et les Indigènes de la République
      c) Une biographie militante cahoteuse

      1 – Indigènes de la République : quelques rappels et mises en perspective

      Le Mouvement des indigènes de la République est une association déclarée officiellement en préfecture en décembre 2005, suite à l’Appel « Nous sommes les indigènes de la République ! » de janvier 2005 [17]. Le MIR est devenu le Parti des Indigènes de la République en février 2010.

      a) Un PIR marginal
      b) Apports des Indigènes de la République à la critique sociale émancipatrice

      2 – Intersectionnalité et modèle implicite de « la contradiction principale »

      Porteurs du combat contre un type d’oppression souvent marginalisé par les autres forces émancipatrices, les Indigènes de la République insistent légitimement sur leur autonomie. Mais ils le font en basculant parfois implicitement de leur autonomie nécessaire à leur prédominance contestable vis-à-vis des combats contre les autres oppressions. C’est d’autant plus saugrenu eu égard à leur marginalité organisationnelle et politique. Ne vaut-il pas mieux sur ce plan l’auto-ironie libertaire qui ne cherche pas à masquer que nos organisations anarchistes peuvent se contenter de cabines téléphoniques pour se réunir ?

      a) Tentation de l’arrogance
      b) La tentation de « la contradiction principale » et du mouvement social « central » d’inspiration marxiste

      3 – De quelques impensés et écueils des décoloniaux… empreints de préjugés coloniaux

      À partir de la tentation globale de « la contradiction principale », on peut repérer une série d’impensés et d’écueils qui viennent la renforcer. Ces travers ont d’ailleurs souvent des liens historiques avec des dispositifs coloniaux. Comme quoi la décolonisation des esprits est un chemin difficile : ce qui ne concerne certes d’abord « les Blancs », mais aussi les Indigènes de la République…

      a) L’unification comme mode de construction de la politique hérité de la forme de l’État-nation moderne… colonial
      b) Un impensé quant à la critique libertaire de la représentation politique comme mode de domination
      c) Un impensé quant à la singularité individuelle comme lieu d’expériences sociales plurielles et d’appartenances collectives
      d) Des tentations culturalistes
      e) L’angle unilatéral de l’explication coloniale
      f) Dans le rapport aux associations des quartiers populaires : une arrogance para-coloniale ?

      4 – Pistes pour des convergences possibles entre mouvements sociaux émancipateurs en contexte d’extrême droitisation

      Commencent à se dessiner, en creux de cette étude critique et compréhensive de certains textes des Indigènes de la République et en pointillés, quelques axes possibles d’une reproblématisation de la question politique des convergences entre mouvements sociaux émancipateurs, en rapport avec le problème de l’intersectionnalité. Cela ne constitue toutefois qu’une esquisse partielle et provisoire.

      a) Pluralisme et immanence à boussole
      b) Un contexte d’extrême droitisation

      Post-scriptum : Houria Bouteldja et le prétendu « philosémitisme d’État »

      Si elles ont des interactions avec les questions traitées précédemment, les controverses suscitées par un récent texte de Houria Bouteldja avançant la notion de « philosémitisme d’État »[124] posent aussi des problèmes spécifiques que j’ai trouvé préférable de mettre à part du corps de mes réflexions quant à l’intersectionnalité et aux convergences émancipatrices.

  • Dans la série « Demande à ta grand-mère »

    Pour te situer le personnage, ma grand-mère protestante est née en Suisse à Zurich vers 1890, ses parents crevaient la dalle et ont émigré à Paris où ils sont morts de la tuberculose quand elle était pichoune. Orpheline, elle a alors été placée dans une famille pour devenir leur petite servante. Pour fuir, elle a épousé un français catholique blanc qui faisait fortune dans la carte postale avec lequel elle a eu 3 filles, dont deux 15 ans avant ma mère en 1933.
    Elle avait donc 43 ans quand ma mère est née même si mon grand-père n’en voulait pas, avait demandé l’avortement (clandestin) et refusait au final de voir ma mère car ce n’était pas un mâle. Cet homme était fortuné mais a envoyé sous prétexte de la guerre sa femme et sa fille se mettre en Bourgogne en 1939 sans leur donner logement ni sou, pendant ce temps il logeait avec sa maitresse à Paris.
    Le divorce demandé par ma grand-mère a été refusé, mais il a fait modifié le contrat de mariage sous le régime de séparation des biens.
    Ce qui fait qu’elle ne pouvait pas se remarier avec quelqu’un d’autre mais qu’elle n’avait pas un sou pour autant et qu’une fois mort, elle n’avait droit à, juste rien.
    Et donc, comme tu le sais, ce n’est qu’en juillet 1965 (1 an avant la mort de ma grand-mère) que les femmes ont pu avoir un carnet de chèques, un compte bancaire à leur nom et ne plus avoir à demander l’autorisation à leur mari pour s’acheter des chaussettes, et entre autres détails, divorcer.

    Tout ça pour dire, comme ma grand-mère avait la nationalité suisse, je devrais pouvoir être Suisse moi aussi, cool, ou ma mère au moins. Hé ben non, parce que ma grand-mère étant une femme, la nationalité suisse ne s’applique pas à ses descendants et ma mère n’a donc pas pu me transmettre ce droit.

    Et donc être une femme aujourd’hui, c’est aussi hériter de la maltraitance, la pauvreté et des non droits de ses ancêtres femmes.

    Voir la vidéo
    https://www.francetvinfo.fr/societe/le-13-juillet-1965-les-femmes-prenaient-leur-independance-financiere_99

    #femmes #suisse #mariage #autorisation_maritale #1965 #code_civil_napoléonien #droits_des_femmes

    • Merci pour ce témoignage @touti. Il appelle le mien, dans la série « Demande à ta grand-mère ».

      Ma grand mère maternelle est née en 1901, elle s’appelait Marcelline, car sans doute on attendait un petit Marcel, et qu’à l’époque, les prénoms de fille étaient souvent des prénoms de garçons auxquels on ajoutait un diminutif.
      Marcelline, d’origine modeste mais instruite — certificat d’études en poche —, rencontre Étienne, fils de notable. Ils se marient. Elle aura six enfants, et lui, des maitresses. Elle lavera le linge à la rivière, il boira, signera, ivre, des reconnaissances de dette et perdra tous ses biens. Il battra quatre de ses filles car elles ont le nez de sa femme. Parmi les deux enfants qui ont la chance d’avoir son nez à lui, il y a ma mère, née en 1936, qui me racontera comment elle, ses quatre sœurs et son frère se construisent dans ce chaos, cet abandon doublé de la morsure la faim et du froid. Mon grand-père mourra jeune laissant des dettes impossibles à éponger. Ceux qui ont connu Marcelline disent qu’elle était un véritable puits de science, surtout en histoire, mais il ne reste d’elle que de rares photos et peu de ses paroles car la pauvreté l’a effacée, la maltraitance l’a réduite. Il me reste ainsi comme une rage en héritage.

    • Merci @jacotte pour ton témoignage émouvant. C’est d’autant plus important de faire parler celleux encore vivant·es pour savoir ce qu’il en était de la vie de nos aïeules et comprendre la maigre mémoire des femmes et ce que cela signifie d’être femme.
      #féminisme

    • Merci @olivier_aubert de ton témoignage, quelles vies derrière ces murs de mémoire !

      Pour poursuivre le récit inepte de la femme admirable lieutenant de cavalerie, ma mère froide, distante, maltraitante avec ses enfants, essentiellement ses filles et pourtant élevée uniquement par des femmes, par ses sœurs également. Et malgré l’expérience continuelle des hommes maltraitants, son père, ses beaux-frères (moches-frères), le patriarcat de l’époque, elle voue toujours une …, seul terme adéquat, une dévotion sans pareil pour les hommes. Surtout ses fils, l’aîné, le seul qui existe pour elle de ces 4 enfants-choses, sa réponse/lapsus hier, malgré 20 ans sans la voir et parce que j’exige de comprendre : « … car je suis sa femm’ (…) mère ».
      La réparation par le mâle, la rédemption pour avoir su concevoir de la bite mêlé d’un mépris profond pour les hommes. Elle les a brisé à force de s’accaparer leur vie, mettant dehors leur femmes, élevant leurs enfants, dégoulinante d’une fausse bonté, d’un masque social de conventions sur la bonne mère et de chèques à leurs seuls noms.

      Comment survivre à de telles injonctions contradictoires, à ce profond manque d’amour.

      #survivant·es

    • Dans la série féministe seenthis « Demande à ta grand-mère », on ignore les mansplaining pour ne pas perdre son temps à expliquer ce que ça signifie et on regarde un court-métrage visible sur le site d’Arte La vie sexuelle de Mamie

      https://www.arte.tv/fr/videos/093610-000-A/la-vie-sexuelle-de-mamie

      Un voyage dans la jeunesse et les souvenirs intimes d’une grand-mère illustre le statut des femmes slovènes pendant la première partie du 20ème siècle. La doctrine stricte de l’église catholique imposait des conventions sociales, en vertu desquelles les femmes étaient facilement perçues comme de simples objets dédiés à la satisfaction des besoins sexuels de leur mari.

      #sexualité #femmes #témoignages #dessin_animé
      (j’adore le début aussi)

    • Ah tiens, chez mediapart, le sujet inspire
      #a_suivre

      Mère-grand : ou pourquoi j’ai décidé d’écrire sur les grands-mères de mes proches

      https://blogs.mediapart.fr/basseut/blog/090423/mere-grand-ou-pourquoi-jai-decide-decrire-sur-les-grands-meres-de-me

      Billet de blog 9 avr. 2023
      Mère-grand : ou pourquoi j’ai décidé d’écrire sur les grands-mères de mes proches

      Sans le savoir, j’ai entamé il y a quelques temps de prendre en mémoire le récit spontané d’amies sur leurs grands-mères. Puis, j’ai décidé d’en faire l’écriture. En quelques sortes, transcrire le roman familial pour décrire le vécu concret de femmes, venues d’horizons variés. Mais pour commencer j’ai cherché à comprendre pourquoi ce sujet s’imposait à moi.