• Du #Libre dans les écoles belges avec NumEthic
    https://framablog.org/2024/10/02/du-libre-dans-les-ecoles-belges-avec-numethic

    Aujourd’hui, nous partons à la découverte de NumEthic, une association belge qui œuvre pour promouvoir le libre notamment dans les écoles. Pour commencer, pouvez-vous nous présenter NumEthic ? NumEthic est une association qui a pour but de promouvoir et de créer … Lire la suite­­

    #Éducation #G.A.F.A.M. #Interviews #Mouvement_libriste #Belgique #école

  • Politologin: „Das BSW ist ganz klar ein Machtfaktor“
    https://diasp.eu/p/17144677

    Politologin: „Das BSW ist ganz klar ein Machtfaktor“

    Um der AfD Paroli zu bieten, müssen SPD und Union versuchen, Wähler unter 50 wieder besser zu erreichen, sagt Politologin Reuschenbach. Nach den drei Wahlen im Osten blickt sie als Wissenschaftlerin mit besonderem Interesse auf das BSW.#Interview #LandtagswahlBrandenburg #Landtagswahl2024 #BSW #AfD #SPD media.tagesschau.de/video/2024…

    Politologin: „Das BSW ist ganz klar ein Machtfaktor“

  • Budget français « cadenassé » par les traités européens ? Les explications de l’économiste David Cayla
    https://www.off-investigation.fr/budget-francais-cadenasse-par-les-traites-europeens-explications-d

    L’arrivée à Matignon de l’ancien commissaire européen Michel Barnier coïncide avec une surveillance accrue du budget français par la Commission européenne, qui a initié en juillet une procédure concernant le déficit public excessif de la France. Afin de comprendre l’influence de l’Union européenne (UE) sur le budget de notre pays, nous avons interviewé l’économiste David Cayla, qui vient de publier « La gauche peut-elle combattre le néolibéralisme ? » Annoncé par la Commission européenne au début de l’été, le retour de la France dans une procédure pour déficit excessif rappelle que la gestion du budget fait partie des domaines où, de droite […]Lire la suite : Budget français « cadenassé » par les traités européens ? Les explications de l’économiste David (...)

    #Interviews

  • Alto Adige, Salewa sceglie un testimonial sudanese. Il sito invaso dai commenti razzisti: “Ma la montagna è di tutti”

    L’azienda di Bolzano aveva selezionato un modello di origine sudanese per reclamizzare i saldi. Ha dovuto bloccare i commenti sulla sua pagina Facebook, presa di mira dagli haters.

    In montagna vige una legge non scritta di fratellanza, non solo in momenti di difficoltà. Oltre i mille metri di altitudine ci si dà rigorosamente del tu, anche ai perfetti sconosciuti, perché sulle vette (come in mare) non esistono confini, soprattutto non quelli mentali.
    Gli haters

    Questo evidentemente non vale per i cosiddetti haters che hanno sommerso di commenti razzisti una pubblicità della Salewa con un ragazzo sudanese, reo di sorridere e di indossare una bella maglietta tecnica e portare in spalla uno zaino di montagna.
    Il testimonial

    Il testimonial, un modello francese di origini sudanesi, dai leoni da tastiera è stato accostato a ladri, profughi e portatori di alta quota. Il produttore di articoli di montagna bolzanino si è visto costretto a cancellare gli interventi odiosi.
    "La montagna è di tutti”

    «La nostra posizione sull’inclusione anche in montagna non cambia. La montagna è di tutti», ribadisce il direttore marketing di Salewa, Thomas Aichner. «Già in passato abbiamo fatto campagne con modelli di diversi colori di pelle. Per noi tutti gli uomini sono uguali», prosegue il direttore marketing.
    Il banner

    Il banner per i saldi di fine stagione è visibile su Instagram e Facebook non solo ai follower del marchio, che opera a livello internazionale, ma anche a una fascia più ampia di possibili clienti.
    La bufera su Facebook

    «In breve tempo - racconta - si è innescato su Facebook un dibattito con alcuni commenti positivi e altri fortemente razzisti». Più di uno annunciava che in futuro boicotterà il marchio. «Siamo aperti al dibattito, non ci tiriamo indietro, ma è inutile condurlo su Facebook», spiega così la scelta di rinunciare a un replica, nella speranza di fare cambiare idea agli haters.
    Travolto della xenofobia

    «Il modello è originario del Sudan del Sud, è cittadino francese e vive a Nizza. Lo scorso anno avevamo fatto un video con lui e ora abbiamo utilizzato una sua foto per l’avvio dei saldi di fine stagione», racconta Aichner, esprimendo rammarico anche per il ragazzo che nel cuore dell’Europa è stato travolta dalla xenofobia.
    Il banner non verrà lanciato in Germania

    Salewa non ha cancellato il banner, ma non lo lancerà in Germania ("perché il contesto ormai non è più quello giusto"). Secondo Aichner, «le Alpi a volte vengono ancora reclamate come proprietà da chi ci vive, mentre sono di tutti coloro che le rispettano».
    Gli otto profughi africani

    Il fatto fa venire in mente le polemiche divampate sui social media nel 2016, sempre in Alto Adige, quando una piccola scuola di sci della valle Isarco offrì alcune ore di corso e di spensieratezza a otto profughi africani. Anche allora la foto dei ragazzi scatenò i leoni di tastiera e la scuola con rammarico si vide costretta a cancellare il post.

    https://www.repubblica.it/cronaca/2024/07/23/news/alto_adige_salewa_sceglie_un_testimonial_sudanese_il_sito_invaso_dai_comm

    #racisme #Salewa #montagne #réseaux_social

    • Testimonial di colore per Salewa, valanga di commenti razzisti su Facebook

      Il direttore marketing dell’azienda, Thomas Aichner: «In questo momento, tutto quello che è inclusività viene attaccato. Ma non modificheremo per questo le nostre strategie di comunicazione»

      La foto di un ragazzo di colore con berretto e maglietta a marchio Salewa.
      All’avvio dei saldi estivi, l’azienda bolzanina invita così i suoi follower su Facebook a prepararsi per un’avventura in montagna.
      Un post che ha scatenato una valanga di commenti: da quelli che gridano al tradimento della patria a quelli apertamente razzisti.
      Salewa ha rimosso i commenti, sottolineando che l’episodio non modificherà la campagna pubblicitaria.
      Una strategia di comunicazione ormai diffusa, quella basata su testimonial di diverse etnie.
      Soprattutto nel caso di imprese note a livello globale, come Salewa per il suo abbigliamento tecnico d’alta quota.

      Nel servizio, l’intervista al direttore marketing di Salewa Thomas Aichner.

      https://www.rainews.it/tgr/bolzano/video/2024/07/salewa-thomas-aichner-facebook-commenti-pubblicita-7a036b23-6d58-41b3-9469-2
      #Thomas_Aichner #interview

      –—

      Thomas Aichner:

      «In questo momento tutto quello che è inclusività viene attaccato da certi elementi, da certe fasce sociali, e questo è un dato di fatto. Ma in più potrebbe anche avere a che fare con il fatto che le montagne sono qualcosa di molto molto sensibile e lì forse le discussioni su ’di chi sono le montagne, di chi può andare in montagna’ è ancora più sensibile.»

      «Siamo un marchio dell’Alto Adige, ma ci piace molto quest’idea che andare in montagna è una cosa molto inclusiva per tutti e per questo vogliamo anche tenere le nostre campagne una volta di una cultura e una volta di un’altra, ma mai monocromaticamente, solo e sempre in stile alpino»

  • ENTRETIEN AVEC NOTHING MORE

    Gus a rencontré le bassiste Daniel Oliver du groupe américain NOTHING MORE, voici l’entretien traduit par S&P Traduction :

    https://www.real-rebel-radio.net/2024/07/14/entretien-avec-nothing-more

    Vu que leur dernier album « Spirits » avait été mon album de l’année sans contestation possible en 2022 et que NOTHING MORE s’est rapidement imposé comme l’un de mes groupes de rock moderne préféré, il était clairement impossible pour moi de rater leur passage à Paris. Surtout que c’était l’occasion d’aller leur poser quelque questions sur la préparation de leur nouvel album « Carnal »...

    #ENTRETIEN #NOTHING_MORE #rock_moderne #album #Carnal #single #Daniel_Oliver #bassiste #interview #tournée #2024

  • Radio : Celia Izoard, Intoxication minière au XXIe siècle, 2024 – Et vous n’avez encore rien vu…
    https://sniadecki.wordpress.com/2024/06/27/rmu-izoard-metaux

    Celia Izoard, journaliste et philosophe, spécialiste des nouvelles technologies au travers de leurs impacts sociaux et écologiques présente son dernier ouvrage La Ruée minière au XXIe siècle, enquête sur les métaux à l’ère de la transition (Seuil, janvier 2024).

    Une nouvelle ruée minière d’une ampleur inédite a commencé. Au nom de la lutte contre le réchauffement climatique, il faudrait produire en vingt ans autant de métaux qu’on en a extraits au cours de toute l’histoire de l’humanité.

    Entretien réalisé par Morgan Large de Radio Kreiz Breizh le 23 avril 2024.

    https://ia802200.us.archive.org/2/items/rmu-093-izoard-metaux/RMU_093_Izoard-Metaux.mp3

    #interview #Célia_Izoard #mine #extractivisme #ruée_minière #critique_techno #voiture #batterie #énergie #pollution #écologie #téléphone #smartphone #datacenter #métaux #transition #radio #audio #Radio_Kreiz_Breizh #radio_zinzine

  • Cory Doctorow : « Facebook, Instagram, X… plus personne n’aime ces plateformes ! » – Libération
    https://www.liberation.fr/idees-et-debats/cory-doctorow-facebook-instagram-x-plus-personne-naime-ces-plateformes-20
    https://www.liberation.fr/resizer/5txWE0Jd5BVIlcGaeobbaCIFoaE=/1200x630/filters:format(jpg):quality(70):focal(1686x1307:1696x1317)/cloudfront-eu-central-1.images.arcpublishing.com/liberation/JHYQQXJJVRHFBNIYEVA5RRUPJI.jpg

    Les Gafam dominent l’univers numérique parce qu’ils ont pu se constituer en monopoles qui retiennent les utilisateurs captifs, souligne le journaliste canadien. Pour les briser, il faut donner aux gens les moyens de quitter ces plateformes sans renoncer aux services qu’elles fournissent.

    « Si on continue d’utiliser [les entreprises de la tech], c’est parce qu’elles ont tout fait pour nous empêcher de les quitter. » (Fräneck/Libération)
    par Nicolas Celnik
    publié le 22 septembre 2023 à 12h52

    Nos vies sont gouvernées par une poignée de brillants entrepreneurs à la tête de géants du numérique. En tout cas, c’est ce que ces derniers aimeraient nous faire croire. En refermant The Internet Con (Verso, 2023), du journaliste spécialisé dans la tech et écrivain de science-fiction Cory Doctorow, on se demande plutôt : « Et si tous les petits génies de la Silicon Valley n’étaient, en fait, qu’un ramassis de perdants pas franchement originaux ? ». Depuis que Google – actuellement en procès pour sa suprématie sur la recherche en ligne – a lancé son moteur de recherche il y a trente ans, ses créateurs n’ont fait qu’enchaîner les échecs – et ont acheté tous les services qui font aujourd’hui leur fortune.

    Si l’entreprise est un géant, c’est surtout parce qu’elle a triché, enfreint les lois, et bénéficié d’une réglementation favorable à la constitution de monopoles, qui lui a permis de multiplier les fusions-acquisitions pour éliminer ses concurrents. Cette hégémonie permet aux Gafam de fournir un service de moins en moins bonne qualité – Doctorow parle de « merdification » (« shitification »), et on comprend sans mal ce qu’il vise. Pour briser ces monopoles, Doctorow propose de rendre obligatoire l’interopérabilité entre plateformes, qui permettrait d’utiliser leurs services sans subir leurs conditions, et donc de les déserter.

    Vous critiquez dans votre livre la « merdification » de Facebook. X (anciennement Twitter) est-il en train de suivre la même pente, depuis son rachat par Elon Musk ?

    La plupart des choses que je n’aimais pas à propos de Facebook sont en train d’être reproduites sur Twitter. Quand je parle de « merdification », je cible le fait que les plateformes maltraitent leurs utilisateurs. C’est ce qu’il se passe quand une plateforme tient ses deux groupes d’utilisateurs captifs : d’un côté, ses « clients », qui sont les annonceurs publicitaires, dépendent de Facebook pour diffuser leurs publicités ; de l’autre, les clients de ces clients, c’est-à-dire les utilisateurs, dépendent de Facebook pour rester en contact avec leurs amis.

    On le voit avec Facebook, Instagram ou Twitter : ça a été des plateformes agréables pour les utilisateurs, on y voyait l’activité de nos amis ou des choses intéressantes, puis l’algorithme a changé, et tout le contenu qui nous était proposé est devenu des pubs, ce qui a fait la joie des annonceurs, puis la rémunération pour les pubs a chuté, et on s’est rendu compte que presque 100 % des annonces sont vues… par des robots. Résultat : plus personne n’aime ces plateformes.

    Pensez-vous que le traitement médiatique des frasques d’Elon Musk est pertinent ?

    Il y a beaucoup de spéculations pour savoir si ce que fait Elon Musk à Twitter est un projet idéologique, s’il cherche à gagner de l’argent, ou s’il fait tout bonnement n’importe quoi. Mais je me méfie de toute tentative de kremlinologie avec lui : j’ai l’impression qu’il est très chaotique, qu’il ne fait pas ce qu’il dit et qu’il ne sait pas ce qu’il fait. Je pense qu’il a annoncé qu’il voulait acheter Twitter à moitié pour faire une blague et à moitié pour faire paniquer les marchés, puis qu’il n’avait plus trop le choix, et la bande d’idiots qui l’entoure lui a dit que ce serait une super idée, alors, il l’a fait !

    C’est un bon argument pour demander moins de concentrations des pouvoirs : loin de l’idée que les entreprises qui réussissent sont celles qui ont le plus de talents ou sont les plus innovantes, c’est une preuve de plus qu’elles réussissent simplement parce qu’elles ont réussi à verrouiller le marché pour éliminer la concurrence.

    Prenez Google : il y a trente ans, ses fondateurs ont eu un éclair de génie et ont créé un super moteur de recherche. Depuis, plus rien. Tous les autres projets qu’ils ont montés depuis trente ans ont été des échecs : un service vidéo (Google Vidéos), un réseau social (Google +), un lecteur de flux RSS… A chaque fois, ils se sont plantés. Alors, ils ont acheté un service vidéo (YouTube), un système de management de serveur, des outils de cartographie (Google Maps), de traitement de texte collaboratif (Google Docs), etc.

    Pratiquement, tout ce qui fait leur fortune aujourd’hui, ce n’est pas eux qui l’ont fait. Mais s’ils ont pu bâtir un tel empire, c’est parce que Google dépense près de 20 milliards de dollars chaque année pour être le moteur de recherche par défaut des appareils Apple, Samsung, etc.

    Le problème des géants du Web, ce sont donc, précisément, que ce sont des géants ?

    Malgré tous les défauts de Facebook, il faut bien reconnaître une chose : il y a beaucoup de petites entreprises qui font des choses bien pires. Spiral Toys fabriquait des peluches dotées d’un micro, et a hébergé des enregistrements de conversations d’enfants, parfois très intimes, sur un site accessible par tous. Mais est-ce qu’il vaut mieux faire la pire des crasses à 10 000 personnes, ou des choses un peu moins pires (enfreindre le RGPD, voler et revendre les données personnelles, s’implanter en Irlande pour ne pas payer d’impôts, etc.) à trois milliards de personnes ? L’un des problèmes aujourd’hui n’est pas que les géants du Web ne sont soumis à aucune régulation, c’est qu’on n’a pas la capacité de déployer et de faire respecter ces régulations.

    Si Google ou Facebook ne sont pas des entreprises si innovantes qu’elles le disent, comment expliquez-vous qu’elles aient réuni une telle puissance ?

    Les entreprises du Web se sont constituées en monopoles incontrôlables pour trois raisons. D’abord, il y a, depuis l’époque Reagan (1981-1989), un affaiblissement des lois anti-monopoles, ce qui a permis aux entreprises de multiplier les fusions-acquisitions, d’écarter tous les concurrents potentiels, et de devenir hégémoniques.

    Ensuite, les entreprises de la tech bénéficient d’une plus grande flexibilité pour adapter leurs produits, ce qui leur permet de tirer profit de leur activité de surveillance, mais aussi de s’adapter aux nouvelles réglementations.

    Enfin, elles ont réussi à verrouiller le marché de sorte que tout ce qu’on essaie pour renverser leur pouvoir soit illégal : prenez l’exemple de OG App, qui proposait aux utilisateurs de faire défiler leur fil Instagram par ordre chronologique et sans publicité – Instagram les a attaqués en justice et a fait disparaître l’application. La combinaison de ces trois facteurs est ce qui rend les géants du numérique si problématiques aujourd’hui.

    Vous dites qu’on ne peut pas « réparer les géants du Web ». Pourquoi ?

    Faisons une analogie. Avant l’arrivée des colons, les Indiens de Californie faisaient régulièrement des feux de forêt contrôlés – ils préparaient des corridors, nettoyaient du bois mort, etc. Quand les colons sont arrivés, ils ont décidé qu’il n’y aurait plus aucun incendie en Californie, ils ont donc arrêté la pratique, puis ils ont urbanisé des zones à risque d’incendie. Résultat : la région est régulièrement décimée par des feux incontrôlables. On a dépensé toute notre énergie à rendre la Californie sûre, et cela complique l’exode de populations qui doivent aujourd’hui fuir ces zones qui risquent la destruction.

    Dire à Facebook ou à Twitter : « Vous devez modérer les contenus haineux de vos utilisateurs », cela revient à dire « il n’y aura plus de feux ici ». Et c’est la meilleure manière de se retrouver face à des feux incontrôlables. Il faut plutôt construire des issues de secours à ces plateformes numériques.

    Ces issues de secours prennent, pour vous, la forme de l’interopérabilité. De quoi s’agit-il, et pourquoi cela vous semble-t-il la bonne solution ?

    Si on continue de les utiliser, c’est parce qu’elles ont tout fait, depuis leur création, pour nous empêcher de les quitter : elles augmentent les « coûts à la sortie ». Si vous quittez Facebook, vous avez toutes les chances de ne pas être invité la prochaine fois que vos amis organisent leur anniversaire. Vous n’allez pas sur Facebook parce que vous aimez Facebook : vous y allez parce que vos amis y sont aussi. Si vous pouviez continuer à échanger avec eux grâce à une autre application, peut-être que vous le feriez. Or des mémos internes montrent que les géants du Web le savent, et qu’ils font tout pour qu’il soit impossible d’utiliser ces alternatives.

    L’interopérabilité signifie ici que vous pouvez utiliser un système différent pour accéder à un même registre : par exemple, que vous pouvez échanger des messages avec vos amis qui utilisent l’application Facebook, depuis une autre application de votre choix. Si on forçait les plateformes à accepter l’interopérabilité, cela pourrait donner naissance à une myriade d’applications qui proposeraient des modèles alternatifs, moins centrés sur la surveillance ou l’économie de l’attention. La preuve que ce phénomène se produirait, c’est qu’il s’est déjà produit (pensons une fois encore à OG App) – mais que c’est la Cour suprême des Etats-Unis qui l’a rendu illégal, à la demande d’Instagram !

    En définitive, qui a le pouvoir pour renverser les géants du Web ? Les citoyens, les consommateurs, les législateurs ?

    Le mot « citoyen » me semble très important ici. On se demande souvent : « Que peuvent faire les consommateurs ? ». Mais en tant que consommateurs, nous ne pouvons pas faire grand-chose. Ce n’est pas un problème qui se règle à l’échelle individuelle, mais systémique : c’est un enjeu qui doit être saisi en tant que communauté de citoyens, qui ont le droit de participer à l’élaboration des règles qui dictent la manière dont ils vivent. Obtenir l’interopérabilité et briser les monopoles se fera donc de la même manière que pour tous les autres conflits sociaux : par le vote, par les manifestations, par la politisation et par la législation – c’est le principe de la démocratie.

    #Cory_Doctorow #Emmerdification #Interview

  • #32 – Open Data, les données de la démocratie avec Samuel Goëta ⋆ Cause Commune - Paris - 93.1 FM
    https://cause-commune.fm/podcast/parlez-moi-d-ia-32

    Cette semaine nous allons nous demander quels sont les enjeux de pouvoirs et de contre-pouvoirs autour de l’Open Data avec l’auteur d’un ouvrage de référence sur le sujet, qui vient juste de sortir et qui s’appelle « Les données de la démocratie ».

    Notre invité du jour, Samuel Goëta, connait bien ce sujet puisqu’il les suit depuis 2008, il était encore étudiant puis doctorant, il est désormais enseignant à ScPo Aix-en-Provence, activiste de la donnée et consultant dans ce domaine.

    Open Data, késako ? Open Data ou données ouvertes. C’est l’idée de publier, de rendre accessible, au plus grand nombre, sans restriction, des données sur un sujet. Mais pourquoi faire ?

    L’article 15 de la déclaration des droits de l’homme et du citoyen du 26 août 1789 disait déjà « La Société a le droit de demander compte à tout Agent public de son administration. »

    Donc le 1er objectif de l’Open Data, la transparence des organisations et notamment de l’administration était déjà inscrit dans la déclaration des droits de l’homme en 1789.

    Autre objectif clé de l’Open Data, la participation ou la collaboration autour des données. Forcément si elles sont ouvertes, nous sommes plus nombreux à pouvoir les utiliser et travailler ensemble sur le sujet couvert.

    Sur le papier, tout cela est bien joli mais comment cela s’est mis en place en France pour que fin 2023, notre pays soit classé 1er pays européen dans le classement de l’Open Data Maturity Report 2023 et 2e pays au monde dans le OURdata Index de l’OCDE.

    Tout cela ne s’est pas fait en un jour. Cela reste encore fragile et pose encore de nombreuses questions vis-à-vis de notre administration, de notre économie et de notre démocratie.

    Autant de questions que nous allons aborder avec notre invité du jour Samuel Goëta


    https://cfeditions.com/donnees-democratie

    #Samuel_Goëta #Open_data #Podcast #Interview

  • Samuel Göeta : « Il y a aujourd’hui un open data à deux vitesses » - Horizonspublics.fr
    https://www.horizonspublics.fr/samuel-goeta-il-y-aujourdhui-un-open-data-deux-vitesses

    Sociologue, maître de conférences associé à Sciences Po Aix et spécialiste de l’open data, Samuel Goëta a publié, en février 2024, Les données de la démocratie. Open data, pouvoirs et contre-pouvoirs1. Co-fondateur de la société coopérative Datactivist, où il accompagne les projets d’ouverture de données, il a aussi participé, en 2012, à la création de l’association Open Knowledge France, qui anime le site Madata.fr, destiné à faciliter l’usage citoyen du droit d’accès aux documents administratifs.

    Apparu il y a une vingtaine d’années dans les sciences, le mouvement de l’open data promeut le libre usage des données, matière première de l’information. « L’open data fait vivre la démocratie » est la conviction qui anime Samuel Goëta, « militant de la première heure de ce mouvement », comme l’écrit Axelle Lemaire, secrétaire d’État en charge du numérique et de l’innovation entre 2014 et 2017 et à l’origine de la loi pour une République numérique2, dans la préface Des données de la démocratie. Open data, pouvoirs et contre-pouvoirs.


    https://cfeditions.com/donnees-democratie

    #Samuel_Goeta #Open_data #Interview

  • L’open data au service de la démocratie | CNNum | Traducteur et éclaireur des transformations numériques
    https://cnnumerique.fr/paroles-de/lopen-data-au-service-de-la-democratie

    Interview de Samuel Goëta par le Conseil national du Numérique.

    Quelle est la genèse de votre livre ?

    J’ai commencé à m’intéresser à l’open data dans le cadre de ma thèse en 2012, au moment où ce sujet était au cœur de l’actualité. Je pense qu’il est plus intéressant d’étudier les technologies quand les usages se massifient que lors de leur émergence. Il est passionnant de voir les usages numériques qui n’auraient pas pu avoir lieu sans l’open data, par exemple Pokémon Go qui utilise les données d’OpenStreetMap, Yuka qui a utilisé les données d’Open Food Facts ou bien encore CovidTracker pendant la pandémie. Derrière ces initiatives, ce sont des données ouvertes qui ont été utilisées, et ces pratiques sont maintenant entrées dans le quotidien des Français.

    Il ne faut cependant pas mettre de côté le rôle démocratique de l’ouverture des données. On oublie souvent de dire que les données jouent un rôle démocratique extrêmement important. Le fait d’accéder aux données dans leur plus grande précision permet de refaire les calculs, de vérifier les informations affirmées… Pour le dire autrement, l’open data peut, pour moi, réduire les asymétries d’informations entre l’administration et la société, et c’est justement ce qui m’intéresse.
    On m’interroge souvent sur le choix d’une abeille sur la couverture. Tout comme l’abeille est essentielle à la biodiversité, les données sont essentielles à la vie démocratique. Cette image sert aussi à montrer la fragilité de cet écosystème qui repose sur le travail et la détermination de peu de personnes à tous les niveaux. L’open data en France est un écosystème qui est essentiel à la vie démocratique. Mais cet écosystème est fragile et repose sur des bonnes volontés, il pourrait disparaître si on ne le soutient pas. J’essaie dans ce livre, de défendre le rôle primordial des données dans la démocratie et la nécessité d’en faire un objet au service des contre-pouvoirs dans le débat démocratique.

    https://cfeditions.com/donnees-democratie

    #Samuel_Goëta #Open_data #Interview

  • « L’État renie sa parole »L’interview de Victor Cogny, président du Sénat coutumier de Nouvelle-Calédonie
    https://www.off-investigation.fr/__trashed-2

    Dans une interview exclusive, Victor Cogny, le président du Sénat Coutumier de Nouvelle-Calédonie, analyse la situation de “crise” en Nouvelle-Calédonie, et pointe la responsabilité compromettante des politiques français face à cet embrasement. Lire la suite : « L’État renie sa parole »L’interview de Victor Cogny, président du Sénat coutumier de Nouvelle-Calédonie

    #Interviews

  • #Argos Panoptès, l’interview
    https://framablog.org/2024/05/16/argos-panoptes-linterview

    Pour Framaspace, Framasoft a fait développer un outil de #Supervision de sites web nommé #Argos_Panoptès (ou juste Argos pour aller plus vite). Développé par Alexis Métaireau, développeur entre autres du générateur de site statique Pelican, et de l’outil de … Lire la suite­­

    #Dans_notre_archipel #Frama.space #Interviews #Le_coin_tech #Outils_émancipateurs #Adminsys #Code #Interview #PostgreSQL #Python

  • Acquitté, Mimmo Lucano rêve de propager le modèle d’accueil de son village à travers l’Europe

    Lourdement condamné en septembre 2021 pour « association de malfaiteurs aux fins d’immigration irrégulière », l’ancien maire calabrais Mimmo Lucano a été presque totalement blanchi par la justice le 12 avril. Il salue une « #victoire_morale » et se présente aux élections municipales et européennes qui se tiendront en juin.

    L’ancienL’ancien maire de Riace garde le sourire, malgré le véritable « périple judiciaire » qu’il a dû traverser ces dernières années. Domenico Lucano, que tout le monde surnomme « Mimmo », insiste : sa propre personne ne compte pas. Il regrette surtout que l’image de Riace, petite commune de Calabre où il vit, et dont il a été le maire entre 2004 et 2018, ait été entachée par les accusations dont il a fait l’objet.

    À travers son acquittement récent, et quasi total, il estime que l’accueil de l’autre est enfin reconnu « comme une solution et une renaissance », notamment pour les terres désertées par la population. « C’est avant tout une victoire morale », souligne-t-il. Ce modèle vertueux d’accueil et de solidarité, ce « Village global » qu’il a contribué à développer au fil des ans, Mimmo Lucano aimerait le voir élargi à toute l’Europe, à l’heure où celle-ci tend plutôt à se barricader.

    Pour tenter d’y parvenir, il a choisi de se présenter aux prochaines élections municipales, à Riace, qui se tiendront en même temps que les élections européennes, pour lesquelles il est également candidat sur une liste d’alliance entre les Verts et la gauche italienne. « Ce qu’on voudrait, c’est une nouvelle Europe qui deviendrait le salut du monde. Pas celle des barbelés, dont les politiques ont provoqué la mort de dizaines de milliers de personnes », dit-il. Entretien.

    Mediapart : Vous sortez d’un sacré feuilleton judiciaire…

    Domenico Lucano : Oui. Un périple judiciaire. C’est mon histoire, mais c’est surtout celle d’une petite communauté, celle de Riace. Un petit bout de la périphérie européenne, avec sa mer Méditerranée, une sorte d’autoroute des pays arabes vers l’Europe. Mais c’est aussi la mer de la tragédie du monde. La Méditerranée a malheureusement changé de couleur, passant du bleu, du vert, au rouge, la couleur du sang. Le sang de beaucoup d’hommes et de femmes qui ne sont pas arrivés au bout de leur chemin. La mer est devenue un piège à leur tentative de bonheur. Elle a pris la couleur de la mort. Au cœur de l’histoire de Riace, il y a surtout un combat, devenu très médiatique, pour l’accueil de l’autre et pour un idéal politique différent.

    Beaucoup de réfugiés afghans fuyant les talibans sont arrivés en Calabre. Je pense aussi à cette tragique nuit d’hiver, le 26 février 2023, durant laquelle les secours ne sont pas venus. Le ministère de l’intérieur a organisé l’arrivée de la douane plutôt que celle des gardes-côtes, qui avaient pourtant les moyens de les sauver. Quatre-vingt-quatorze personnes ont perdu la vie, après avoir passé cinq jours en mer, dont beaucoup d’enfants. En 2022, l’actuel ministre de l’intérieur a utilisé ces mots terribles s’agissant des migrants : il s’agit de « charges résiduelles ». Le gouvernement italien fêtait l’anniversaire de Salvini pendant que les familles pleuraient leurs morts. C’est sans doute le moment le plus déplorable. Il ne sert à rien d’être parmi les grandes puissances mondiales ou de surveiller sa croissance économique quand on est capables d’un tel cynisme face à la vie humaine. La droite a montré son vrai visage.

    La droite et l’extrême droite ?

    Je crois qu’il n’y a pas de différence en Italie. « Extrême » est un adjectif, mais la droite est le lieu commun de la déshumanisation. On a vu différentes tentatives du ministère de l’intérieur pour empêcher les migrants de débarquer en Italie. Le paradoxe, c’est de constater qu’un gouvernement indigne, qui s’illustre par son inhumanité, grimpe dans les sondages. Faire face à ce gouvernement en Italie, en usant d’une parole libre, ne provoque en retour que des coups de matraque. C’est du jamais-vu. Il y a une dérive de la droite en Italie.

    Ce contexte politique vous a aussi valu une lourde condamnation en 2021 – 13 ans de prison et 500 000 euros d’amende, pour « association de malfaiteurs aux fins d’immigration irrégulière ». Comment l’avez-vous vécue ?

    Le 4 octobre 2018, à l’aube, j’ai vu des voitures arriver chez moi pour m’arrêter. Cela a marqué le début d’une histoire hallucinante, qui a duré presque sept ans. Quand j’ai été condamné en première instance le 30 septembre 2021, le sentiment qu’il s’agissait d’un procès politique s’est vite propagé en Italie. On m’a contraint à m’éloigner de Riace durant onze mois, alors que j’avais donné ma vie pour cette terre. Il y a eu une manifestation d’ampleur à Rome, un ex-sénateur a lancé une collecte de fonds destinée à régler l’amende dont je faisais l’objet.

    La collecte a rencontré un succès fou. Mais je lui ai dit que je n’en voulais pas. Je voulais simplement continuer d’accueillir les réfugiés à Riace, et on a construit le « Village global », avec une crèche pour 12 enfants immigrés et plein d’activités. On a tout fait pour continuer de faire exister ce monde-là. J’ai donc vécu cette condamnation avec sérénité, parce que j’ai pu profiter de la solidarité de la population italienne et du reste du monde, qui se raccrochait à la seule perspective de la fraternité.

    Je suis conscient que le fait qu’un petit village de Calabre puisse devenir un exemple pour l’accueil des personnes exilées a beaucoup gêné. Le modèle « Riace » a fait peur au système néolibéral. Mais l’ennemi n’est pas l’étranger ou celui qui lui vient en aide : ce n’est autre que cette nouvelle vague de fascisme qu’il y a en Europe et dans le monde, qui ne cherche qu’à fermer les frontières et à créer des forteresses. Je regrette d’avoir vu après tant d’années de propagande une forme d’égoïsme s’installer dans l’esprit des gens, tel un consensus politique.

    Comment vous sentez-vous aujourd’hui, après cette réhabilitation par la justice ?

    Je vais bien. Deux de mes enfants sont à Rome, le troisième habite avec mon épouse, et je suis seul à Riace. La plupart de mes proches ont vécu l’acquittement comme une libération. Au niveau local, il y a eu une solidarité immédiate, y compris de la part de personnes qui ne partageaient pas ma vision politique. Mais le plus merveilleux dans cette fin de feuilleton, ce n’est pas l’acquittement en soi, ce sont les motivations des juges. Ces derniers ont attendu 90 jours pour les rendre publiques et signifier au reste de monde qu’on ne touchera pas au message politique pour lequel je me suis battu.

    Ils ont rétabli la vérité et confirmé que je n’avais pas pensé à profiter une seconde du système d’accueil que j’avais mis en place à Riace, ni que j’avais pu m’enrichir par ce biais. Ce n’est donc pas un acquittement technique ou juridique. C’est un acquittement moral. Et pour la première fois dans l’histoire des migrations, l’immigration en Italie peut enfin être regardée sous une lumière totalement opposée à celle proposée par certains politiciens. L’accueil de l’autre est enfin reconnu comme une solution et une renaissance. C’est avant tout une victoire morale, et cela vaut plus que tout.

    Vous avez fait le choix de revenir en politique, en vous présentant aux municipales à Riace mais aussi aux européennes, sur la liste des Verts et de l’Alliance de gauche (Alleanza Verdi e Sinistra) – élections qui se tiendront toutes deux les 8 et 9 juin prochains. Est-ce que votre acquittement a joué dans votre décision ?

    Non, car je n’ai jamais perdu ce désir d’engagement politique. La politique, pour moi, se résume à l’espoir, et je n’ai jamais été fatigué à l’idée de continuer d’espérer. Dès le départ, le Village global a été conçu comme un laboratoire politique au niveau local. Cela a d’ailleurs été l’opportunité de multiples réunions, prises de décision collectives et autres activités communes. C’est dans cette démarche que nous avons donc voulu réunir la gauche au-delà du Parti démocrate (Partito Democratico), dont Elly Schlein est la secrétaire.

    Ça n’a pas été facile. Les responsables du parti n’en ont pas tenu compte, alors on a trouvé une coalition a gauche du Parti démocrate. Les Verts et l’Alliance de gauche italienne m’ont demandé si je voulais participer aux européennes. Et avec tous les camarades de Riace, on a dit oui. C’était une envie partagée, parce que les positions qu’ils défendent contre la guerre, en faveur de l’accueil des exilés ou encore pour une loi pour le salaire minimum en Italie correspondaient à mes choix politiques. Un jour, j’aimerais qu’il y ait un panneau « Village de l’accueil » un peu partout dans les communes d’Europe !

    Mais force est de constater que l’on observe plutôt une politique de rejet en Europe…

    À Riace, on a réussi à l’échelle d’une toute petite réalité. Un village de quatre cents habitants est désormais connu pour sa politique d’accueil. À l’échelle européenne, nous ne serons peut-être plus là pour observer ce changement de paradigme. Mais je suis persuadé que d’une petite chose peut naître une grande chose. Je suis heureux que figure sur notre liste la candidate Ilaria Salis, arrêtée par Viktor Orbán en Hongrie pour son engagement contre le fascisme. Nous avons une histoire similaire, elle se bat pour le respect des droits humains. Lorsque j’ai vu les images d’elle à la télévision, la montrant menottée, j’ai été fier de la savoir à mes côtés dans cette aventure au niveau européen.

    Le pacte migratoire européen a été adopté dans la douleur il y a peu. Êtes-vous inquiet de voir cette politique de repli concrétisée à l’échelle européenne à travers ces textes ?

    Ce pacte est absurde. Je n’en partage pas les objectifs, évidemment. On voit partout des tentatives d’affaiblir le droit d’asile, y compris en Italie, ou de créer des sortes de voies de déportation vers des pays tiers comme l’Albanie, où le respect des droits humains n’est pas garanti. C’est triste quand on voit ce qu’on a été capables de faire à notre petite échelle. Je pense que la droite souffre d’un syndrome de la peur de l’être humain. C’est ce qu’on observe en Italie mais aussi en Europe. Ce qu’on voudrait, c’est une nouvelle Europe qui deviendrait le salut du monde. Pas celle des barbelés, dont les politiques ont provoqué la mort de dizaines de milliers de personnes.

    Pourquoi vous présenter à deux élections, à deux échelles différentes ?

    C’est une question redoutable (rires). Je ne veux pas devenir un bureaucrate. Je mettrai la même conviction à l’échelle européenne et je ne ferai de concession à personne : les profits de la politique ne m’intéressent pas. Et j’ajouterai que paradoxalement, je suis d’accord avec la manière dont Matteo Salvini m’a défini un jour, lorsqu’une personne lui a demandé ce qu’il pensait de moi. Il a répondu : « Il vaut zéro. » Ça me convient assez bien, je considère que je ne suis personne. Ce qui est sûr, c’est que j’ai à cœur de poursuivre mon engagement au niveau local et européen. En Italie, la loi permet d’être à la fois maire et député européen.

    Alors, bien sûr, les possibilités sont multiples : je peux être élu maire de Riace, être élu député européen ou les deux, ou pas élu du tout. Je continuerai dans tous les cas à développer le modèle Riace, et j’aimerais élargir ce modèle d’accueil à d’autres communes en Italie, et à d’autres États en Europe, un modèle en faveur de l’accueil qui permet aussi de contrer le déclin démographique. Et pour aller plus loin, j’aimerais également créer une collectivité de communes qui partagerait une monnaie unique, pour nous permettre de sortir de ce néolibéralisme, qui détruit notre économie et notre démocratie, tout en valorisant le travail fourni au sein de la communauté.

    https://www.mediapart.fr/journal/international/040524/acquitte-mimmo-lucano-reve-de-propager-le-modele-d-accueil-de-son-village-

    #Riace #Mimmo_Lucano #Domenico_Lucano #accueil #réfugiés #migrations #Italie #Calabre #justice #acquittement #entretien #interview #solidarité #criminalisation_de_la_solidarité #villes-refuge #périple_judiciaire #condamnation #réhabilitation #libération #acquittement_moral #engagement_politique

    –—

    Ce fil de discussion est la suite de celui-ci :
    11 octobre 2023, verdict en cour d’appel pour le #procès contre #Mimmo_Lucano, ancien maire de #Riace
    https://seenthis.net/messages/1020950

    signalé par @olaf ici :
    https://seenthis.net/messages/1052451

    ping @_kg_

  • Tinariwen, le message face à la montée de « la peur »
    https://pan-african-music.com/tinariwen-amatssou

    Une interview pas très optimiste de Tinariwen

    Pourquoi avoir baptisé ce disque Amatssou (la peur) ?

    La peur augmente chez nous, dans le désert, notamment au nord du Mali. C’est encore pire qu’il y a dix ans. La présence de Wagner, le nouveau pouvoir en place au Mali, les groupes terroristes, la situation générale des populations, tout s’aggrave.
    Tu n’es pas très optimiste pour le futur…

    Il faudrait pour cela que la population réagisse massivement. Les Touaregs sont très fragiles, de par le monde dans lequel on vit. Le désert n’est pas facile à vivre en pareille situation, avec une guerre qui s’éternise et qui a des conséquences tous les jours. Nous sommes en minorité, on ne peut pas résister longtemps à ce type de problèmes. C’est une menace sur notre culture qui risque de disparaître.

    Cela a brisé l’unité de la communauté ?

    En général, les problèmes provoquent une dispersion, d’autant que s’ajoute une dimension politique, et aussi des ambitions de business. La crise actuelle a aussi permis de souder certains, ceux qui pensent juste à leur dignité, à l’intégrité de leur territoire…

    C’est le rôle de Tinariwen, qui représente quelque chose de plus fort que juste la musique…

    On l’a déjà fait, mais on ne peut pas faire plus. Notre musique reste une mémoire, qui rappelle les souvenirs, un soutien moral qui préserve l’esprit de notre culture. Nous avons vieilli et nous ne sommes plus en mesure de faire plus. Nos chansons ont permis de souder la communauté de ceux qui aspirent à la dignité, et pour beaucoup les écouter rappelle la grandeur de la cause touareg. Des jeunes vont les reprendre et les améliorer, les faire vivre auprès d’autres. Qu’ils soient du Mali, du Niger ou d’Algérie, tous les jeunes Touaregs qui font de la musique jouent dans le même esprit : ils parlent de souffrance, d’exil, même s’ils n’ont pas connu les moments que l’on a traversés.

    Vous continuez malgré tout comme dans ce nouvel album… Vous y croyez encore ?

    Bien sûr. Mais je le répète : on ne peut pas faire plus ! 90% de nos problèmes, toujours pas réglés, sont liés à l’éducation. La plupart des jeunes de la génération 90 ne sont pas allés à l’école, et de fait ils évoquent tout ce que l’on stigmatisait déjà : la souffrance, la marginalisation… Même s’ils sont nés à Tamanrasset. Tant que l’on n’aura pas réglé cette question, on tournera en rond. Sachant qu’en plus, les problèmes se sont aggravés et multipliés avec la situation au Mali. J’ai l’impression qu’il est encore plus facile aujourd’hui de terroriser les populations que voici vingt ans.

    #musique #touareg #blues #Tinariwen #Sahara #Algérie #Mali #interview

  • « On a détruit en partie ma vie »L’interview de Serge Duteuil Graziani, survivant de Sainte-Soline
    https://www.off-investigation.fr/on-a-detruit-en-partie-ma-vielinterview-de-serge-duteuil-graziani

    Lors de la manifestation de Sainte-Soline, le 25 mars 2023, le militant anti bassine Serge Duteuil-Graziani est grièvement blessé à la tête par une grenade qui aurait été tirée en “tir tendu".Lire la suite : « On a détruit en partie ma vie »L’interview de Serge Duteuil Graziani, survivant de Sainte-Soline

    #Interviews

  • «Il Secolo Mobile», un volume di #Gabriele_Del_Grande

    Del Grande, nel suo libro Il secolo mobile (Mondadori, 2023), si è cimentato in un imponente progetto di (ri-)educazione riguardo il fenomeno dell’emigrazione su cui si è veramente poco informati: vuoi per preconcetti tramandati da generazioni; per innegabili pregiudizi legati a cultura, religione, colore della pelle, etc; o per la scarsa voglia di conoscere i veri e variegati motivi che spingono grandi quantità di persone a voler cambiare Paese – che unisce i più dietro alle solite e indignate uscite come: vengono nel nostro Paese per rubarci il lavoro!.

    E se l’ultima invisibile linea del colore fosse quella dell’apartheid in frontiera?

    L’autore con grande impegno delinea storicamente tale caso, focalizzandosi principalmente sul secolo breve e mostrando come i suoi tragici eventi, svoltisi in quest’arco temporale, abbiano spinto le persone, per diverse ragioni, all’emigrazione il più delle volte illegale. Questo è un libro difficile da leggere, non perché sia scritto male o in modo astruso, anzi, proprio il contrario.

    La scrittura di Del Grande è precisa e ferma quando si tratta di fornire dati e statistiche, chiara quando delinea determinati momenti storici, ed emotivamente coinvolgente quando parla delle ingiustizie, delle stragi e della freddezza di leggi e istituzioni. Forse troppo suggestiva, infatti, parla apertamente ai suoi lettori e non nasconde loro assolutamente nulla: dipinge il cimitero del Mediterraneo con la precisione di un pittore fiammingo senza trascurare i toni più cupi, e descrive minuziosamente tutte le conseguenze di quelle che sono sempre (o quasi) scelte politiche, riporta all’attenzione tutta la fatica, i sacrifici e soprattutto le barriere ideologiche e fisiche che si frappongono tra di noi.

    È una lettura che serve a interrogarsi sulla situazione europea odierna, e di come questa potrebbe evolversi in futuro e migliorare non soltanto da un punto di vista istituzionale ma anche sociale e ideologico; lo stesso autore ci invita a una seria riflessione nell’appendice del suo libro: Aprite quella porta!, proponendo una possibile soluzione al problema dell’immigrazione illegale e agli sbarchi che sono già costati fin troppe vite, vite che non verranno più restituite.

    Nel complesso è un’opera assolutamente necessaria, va letta senza dubbio per poter comprendere appieno la sofferenza e le ingiustizie subite, e per non rimanere più ciechi di fronte a un problema innegabile; Del Grande lancia un appello che incita a un cambiamento propositivo: «L’occasione per cambiare la storia è adesso. Se davvero crediamo che tutti gli esseri umani siano pari in diritti e dignità, apriamo quella porta».

    https://www.meltingpot.org/2024/03/il-secolo-mobile-un-volume-di-gabriele-del-grande
    #livre #migrations #histoire

    • Il #secolo_mobile

      Cent’anni fa non esistevano passaporti, si viaggiava senza permessi né lasciapassare. Oggi, al contrario, il regime dei visti di Schengen vieta di entrare in Europa alla maggior parte dell’umanità: ovvero ai ceti poveri e prevalentemente non bianchi dei paesi a medio e basso reddito di Africa, Asia e Caraibi. Ai loro emigranti, respinti dai consolati, non resta che imbarcarsi di contrabbando dai porti franchi del Nord Africa e della Turchia.

      È così che negli ultimi trent’anni hanno attraversato il Mediterraneo tre milioni e mezzo di viaggiatori senza visto, mentre i corpi di altri cinquantamila giacciono tuttora sul fondo del mare mangiati dai pesci. Come siamo arrivati fin qui? E soprattutto, come ne usciremo?

      Con il rigore dello storico e il piglio del narratore, Gabriele Del Grande scrive la prima storia dell’immigrazione illegale in Europa. Una storia che spazia dallo sbarco delle truppe africane a Marsiglia nel 1914 fino alla crisi delle ONG a Lampedusa, passando per la stagione della libera circolazione con le ex colonie, il divieto di espatrio dal blocco comunista, i riots razzisti nelle capitali europee, la messa al bando dell’immigrazione non bianca, il crollo del muro di Berlino, il doppio cortocircuito dell’asilo e dei ricongiungimenti familiari e la stretta sui visti che dal 1991 alimenta il mercato nero dei viaggi.

      Nella sua ricostruzione Del Grande non perde di vista il contesto globale della decolonizzazione, della segregazione razziale oltreoceano, della guerra fredda, dell’ascesa dei movimenti islamisti, del ritorno della Cina e dell’India sulla scena mondiale e del boom demografico – e in prospettiva economico – dell’Africa.

      Il risultato è una narrazione avvincente, che intreccia le vicende dell’immigrazione con quelle dell’emigrazione e, al contempo, contrappone ai fantasmi del passato suprematista euro-atlantico uno sguardo cautamente ottimista sul futuro. Porre fine agli sbarchi e ai naufragi, infatti, è possibile. Prima però è necessario rimuovere l’ultima invisibile linea del colore. Quella dell’apartheid alla frontiera.

      https://www.mondadori.it/libri/il-secolo-mobile-gabriele-del-grande

    • Il secolo mobile - la storia dell’immigrazione in Europa

      Cent’anni fa non esistevano passaporti, si viaggiava senza permessi e lasciapassare. Oggi il regime dei visti di Schengen vieta di entrare in Europa alla maggior parte dell’umanità ovvero ai ceti poveri e prevalentemente non bianchi dei Paesi a medio e basso reddito di Africa, Asia e Caraibi. Ai loro emigranti, respinti dai consolati, non resta che imbarcarsi di contrabbando dai porti franchi del Nord Africa e della Turchia. È così che negli ultimi trent’anni hanno attraversato il Mediterraneo tre milioni e mezzo di viaggiatori senza visto, mentre i corpi di altre cinquantamila persone giacciono sul fondo del mare. Come siamo arrivati fin qui? E come ne usciremo?

      https://www.youtube.com/watch?v=xtNI1oPiJ_A


      #interview

  • #podcast Projets Libres ! Des humain⋅es derrière les projets !
    https://framablog.org/2024/02/27/podcast-projets-libres-des-humain%e2%8b%85es-derriere-les-projets

    Le podcast est un média particulièrement consommé en France, comme le rappelait l’interview de Benjamin Bellamy de Castopod en mai 2022 sur ce même blog (aussi disponible en… podcast !). Il permet d’écouter une #Interview en faisant la vaisselle, des crêpes, … Lire la suite­­

    #Dans_notre_archipel #Interviews #Communaute

  • Ratures 10 : Entretien avec Alèssi del Umbria - La Grappe
    https://lagrappe.info/?Ratures-10-Entretien-avec-Alessi-del-Umbria-649

    https://lacledesondes.fr/audio/ratures-2024-02-185.mp3

    Dans cet entretien pour la Clé des Ondes autour de son livre « Du fric ou on vous tue ! », Alèssi Dell’Umbria revient sur son expérience dans le groupe Os Cangaceiros. Plus qu’un groupe de hors-la-loi radicalisés, cette association construite autour d’affinités dans la dissidence sociale n’aura de cesse de déstabiliser toutes les formes d’assignation et de domination.

    « Du fric ou on vous tue ! » : j’ignore qui avait pu écrire ça sur un mur, au début des années 1980, à Marseille, mais j’avais bien aimé cette menace de braqueur qui résonnait là comme une injonction plus générale à ceux qui tiennent les cordons de la Bourse. Une association de hors-la-loi révolutionnaires, ainsi pourrait-on qualifier le groupe Os Cangaceiros, qui prit ce nom en hommage aux bandits du Nordeste brésilien. Ce livre raconte l’histoire de cette bande de jeunes qui, refusant d’aller travailler, s’était organisée pour arnaquer les banques et prêter main-forte aux luttes qui secouaient alors les prisons, les usines et les banlieues. Ce récit de première main peut être lu comme une contre-histoire de la décennie 1980, durant laquelle se mit en place le régime de gouvernance que nous subissons depuis.

    #Alessi_Dell'Umbria #années_80 #Os_Cangaceiros #histoire #illégalisme #livre #interview #audio #radio #La_clé_des_ondes

    • Os Cangaceiros - Rapport sur Marseille (1985) - Marseille Infos Autonomes
      https://mars-infos.org/os-cangaceiros-rapport-sur-335

      Il y a trente ans, en janvier 1985, le groupe Os Cangaceiros publiait son premier numéro, dans lequel se trouvait cet article, sobrement intitulé Rapport sur Marseille. Aujourd’hui, en 2015, les stratégies urbanistiques et sécuritaires ont évolué. Mais le fond de la chose reste semblable.

      Marseille n’est pas une ville très civilisée. C’est une ville exclusivement vouée au trafic marchand, et il n’est rien qui n’y soit déterminé par les impératifs du trafic. La cité entière est consacrée à cette activité, et à rien d’autre. C’est la circulation des marchandises qui a édifié cette ville, à sa convenance et à son image. Nulle trace de passé historique, la marchandise ne laisse rien derrière elle, se contentant de passer.

      #Marseille

  • Ritratti - #Andrea_Zanzotto


    A partir de la minute 1’06 :

    «Abbiamo anche un’altra definizione della storia, che è quella di Cicerone. La storia, una volta passata, diventa solo mappe, tracce lasciate sulla terra, diventa quindi geografia, e fantasmi, leggende che trascorrono e che mutano e che possono anche essere cambiate. Quindi si può dire che ogni mutazione storica tende a descrivere tutta la storia precedente in funzione di se stessa, e di preparazione al grande evento della sua presenza. (...) Il paesaggio è fondamentale, perché si riempie di segni, di mappe. Noi, di fronte alla storia, siamo sempre inermi, perché solo il paesaggio può restituirci le tracce. (...) Adesso la tecnica serve moltissimo alla ricerca di queste tracce, anche le fotografie fatte dai satelliti mettono in evidenza le rovine di una città. Mentre la tradizione e la storia era stata orale e la descrizione degli eventi veniva alterata a seconda dei bisogni. (...) (E’ apparsa) la storia come historía , nel senso di indagine giornalistica quasi attraverso l’archeologia. Resta comunqua valida sempre l’idea di storia che se non ha mappe che diventano geografia, diventano scrittura sul terreno, quasi in termini alla Derrida, graphi sul terreno, e fantasmi su cui ancorare i nostri ricordi... sulla storia devo concludere in modo antitetico e spaccato: da una parte svalutazione senza le mappe, ma le mappe ci sono. I fantasmi restano e possono diventar leggende. Bisogna invece che cessi la riutilizzazione della storia come opus maxime oratorium di tipo ciceroniano, cioè: rifacciamola perché ci serve a giustificarci adesso. In fondo i fondamentalismi non sono che la cancerosa restituzione della storia di una sua presunta fondazione della realtà di oggi falsificando la storia delle origini. Ogni fondamentalismo cambia la storia delle origini per giustificare quello che sta facendo in questo momento, che in realtà non ha nulla a che fare. Questa sarebbe la funzione deteriore, ultima, da eliminare. Quella invece che deve resistere, è quella che deve resistere attraverso la poesia perché nulla più che la parola vibrante, purché si conosca la lingua» (réponse interrompue par la vidéo, trop courte hélas...)

    https://www.youtube.com/watch?v=uKnXcreM9mA

    Bonus de ce #film :
    Ritratti. Andrea Zanzotto

    L’incontro si sviluppa entro tre nuclei fondamentali di ricerca: la natura, la storia, la lingua. La natura, intesa in un primo momento dal poeta come pensiero al quale rivolgersi in un continuo scambio e risonanza, ed in seguito anche come improvvisa mutazione, cementificazione ed offesa. Andrea Zanzotto ripercorre, poi, i segni fondamentali di quello che è stato detto il secolo dell’ottimismo, secolo che ha visto crescere la fede nella scienza ma anche il collasso di qualsiasi forma di razionalità. La lingua è intesa come scoperta di un viaggio accidentato, segno di un lessico familiare, musica e canti di un paese, ma anche di un andare mendicando di altri linguaggi, ricercare le stratificazioni che li hanno intessuti, un balbettio; sino ad arrivare a quelli che sono i destinatari della poesia ed i luoghi della lettura per riscoprirne la sacralità. Il ritratto è a matita.

    https://www.jolefilm.com/film/andrea-zanzotto

    #traces #histoire #géographie #signes #paysage #fondamentalisme #film #documentaire #interview #film_documentaire

  • La version française intégrale de l’interview de Vladimir Poutine par Tucker Carlson

    https://www.youtube.com/watch?&v=Mis5nZ_ESj8

    Source : Librairie tropique https://www.librairie-tropiques.fr/2024/02/poutine-parle-au-monde-libre.html

    La version originale (en Anglais) sur le site de Tucker Carlson

    https://tuckercarlson.com/the-vladimir-putin-interview

    Timestamp Headline
    00:00:00 Introduction

    00:02:00 Putin gives a history of Russia & Ukraine

    00:25:04 NATO Expansion

    00:30:40 NATO & Bill Clinton

    00:41:10 Ukraine

    00:48:30 What triggered this conflict?

    01:02:37 A peaceful solution?

    01:11:33 Who blew up the Nord Stream pipelines?

    01:24:13 Re-establishing communication with the US

    01:36:33 How powerful is Zelensky?

    01:48:36 Elon Musk & AI

    01:51:07 Imprisoned American journalist Evan Gershkovich

    #Russie #otan #nato #Ukraine #Histoire #usa #ue #interview #journalisme #géopolitque

  • Geneviève Pruvost, Entretien avec Veronika Bennholdt-Thomsen, 2023
    https://sniadecki.wordpress.com/2024/01/25/pruvost-vbt

    Alors que l’écoféminisme connaît un regain en France depuis les années 2010-2020, il est resté centré sur un corpus principalement anglophone et n’est pas immédiatement rattaché aux études intersectionnelles et décoloniales. Or il existe un versant allemand du féminisme matérialiste des années 1970-1990 qui a pour singularité d’avoir placé le travail paysan, le travail domestique et l’appropriation du monde vivant au cœur des exploitations patriarcales.

    #interview #Veronika_Bennholdt-Thomsen #sociologie #anthropologie #féminisme #subsistance #perspective_de_subsistance #Geneviève_Pruvost

  • Interview de Myriam Congoste, autrice du Vol et la Morale - La Grappe
    https://lagrappe.info/?Interview-de-Myriam-Congoste-autrice-du-Vol-et-la-Morale-153

    Myriam Congoste, anthropologue, raconte dans son livre sa relation avec Youchka, voleur et receleur à Bacalan, jamais arrêté, toujours invisible. Nous lui avons posé quelques questions.

    Myriam Congoste a été infirmière en hôpital psychiatrique, puis anthropologue. Elle vit à Bordeaux. En 2012, elle fait paraître sa thèse aux éditions Anarchasis : Le Vol et la morale. L’ordinaire d’un voleur, préfacé par Éric Chauvier. Elle relate sa relation avec Youchka, un voleur, cambrioleur, receleur de voitures, qui ne s’est encore jamais fait prendre ni condamner. Ils partagent le même quartier qu’elle connaît bien pour en être originaire, Bacalan. Myriam Congoste l’accompagne dans son quotidien, même lorsque le pitbull de Youchka qui le protège la terrifie, même lorsqu’il s’agit de faire passer de l’or issu d’un casse jusqu’en Thaïlande pour le faire fondre et le transformer en chaîne à grains de café, en médaille, en bagues, etc. En évitant les habituels écueils et stéréotypes concernant la délinquance et la pègre, en apportant une dimension historique rarement transmise sur Bordeaux et ses quartiers périphériques, et en donnant la parole à une marge qui d’habitude n’existe que lorsqu’elle est défaite et repentie, Myriam Congoste nous a donné envie de lui poser quelques questions afin qu’elle nous présente son travail.

    #interview #Myriam_Congoste #anthropologie #vol #marge #Bordeaux