• JO : Les associations dénoncent un harcèlement policier envers les travailleuses du sexe à Paris | Margaret Oheneba
    https://www.streetpress.com/sujet/1713967450-jeux-olympiques-harcelement-policier-travailleuses-sexe-pari

    Depuis plusieurs mois, à Paris, de nombreux lieux de prostitution font l’objet d’une présence policière qui s’est intensifiée, selon les associations qui mettent en cause un « nettoyage social » en vue des Jeux olympiques et paralympiques. Source : StreetPress

  • Oltre le sigle, la detenzione amministrativa si diffonde nelle procedure in frontiera e cancella il diritto di asilo ed i diritti di difesa

    1.Malgrado le pause indotte dal maltempo, continuano, e continueranno, gli arrivi dalla Tunisia e dalla Libia, e si avvicina il collasso del sistema di accoglienza già minato dai decreti sicurezza di Salvini e dal Decreto “Cutro” (legge n.50/2023). Il governo Meloni con un ennesimo decreto sicurezza, ma se ne attende un’altro per colpire i minori stranieri non accompagnati,” al fine di rendere più veloci i rimpatri”, cerca di raddoppiare i CPR e di creare di nuovi centri di detenzione amministrativa vicino ai luoghi di frontiera, meglio in località isolate, per le procedure accelerate destinate ai richiedenti asilo provenienti da paesi di origine “sicuri”. La legge 50 del 2023 (già definita impropriamente “Decreto Cutro”) prevede che il richiedente asilo, qualora sia proveniente da un Paese di origine sicuro, e sia entrato irregolarmente, possa essere trattenuto per 30 giorni, durante la procedura accelerata di esame della domanda di asilo presentata alla frontiera, al solo scopo di accertare il diritto ad entrare nel territorio dello Stato.

    Sul concetto di paese terzo “sicuro” non c’è ancora un accordo a livello europeo. Le conclusioni del Consiglio dei ministri dell’interno dell’Unione Europea riuniti a Lussembugo lo scorso 8 giugno sono state propagandate come una vittoria della linea tenuta dal governo Meloni proprio su questo punto, ma le previsioni della legge 50/2023, in materia di trattenimento ed espulsioni, non hanno ottenuto quella “copertura europea” che il governo italiano sperava. Per questo motivo sulle “scelte detentive” più recenti del governo Meloni con riferimento ai richiedenti asilo potrebbe intervenire prima la Commissione europea e poi la Corte di giustizia dell’Unione europea. Come sta già avvenendo per la previsione “manifesto”, di dubbia applicabilità, della garanzia finanziaria introdotta dalla legge 50 del 2023 e specificata dal Decreto legge 19 settembre 2023, n. 124, contenente Disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, per il rilancio dell’economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese, nonche’ in materia di immigrazione. Una garanzia finanziaria che assieme ad altri requisiti, come la disponibilità di alloggio e documenti validi, potrebbe evitare il trattenimento amministrativo dei richiedenti asilo provenienti da paesi di origine sicuri. Secondo Amnesty International,“Si tratta di un provvedimento illegale. Non è pensabile che persone in fuga dal proprio paese possano disporre in Italia di un alloggio o di un conto in banca e quindi attivare una polizza fideiussoria. Subordinare la libertà delle persone richiedenti asilo a condizioni di fatto impraticabili configura una misura per porre coloro che arrivano in Italia automaticamente in detenzione. La detenzione automatica è arbitraria e vietata dal diritto internazionale”.

    Dunque, ciascun caso dovrà essere esaminato singolarmente, come adesso precisa la Commissione europea sull’ultimo “escamotage propagandistico” inventato dal Governo Meloni, la garanzia finanziaria che dovrebbero prestare (attraverso fideiussione) i richiedenti asilo provenienti da paesi di origine sicuri., Come se riuscissero ad avere immediatamente, subito dopo lo sbarco, la disponibilità finanziaria e i documenti di identità necessari per stipulare il contratto di fideiussione, Una norma manifesto, odiosa ma inapplicabile, dietro la quale si nascondono procedure accelerate che abbattono il diritto di asilo e rendono solo cartacee le garanzie di difesa, anche per il ricorso generalizzato alle videoconferenze, e per le difficoltà per i difensori, che vogliano davvero assolvere al loro ruolo, di ottenere tempestivamente la documentazione relativa al richiedente asilo che devono assistere in sede di convalida o per un ricorso contro la decisione di rigetto della domanda.

    2. Di fronte al fallimento delle politiche migratorie del governo Meloni, dopo l’annuncio, da parte dell’ennesimo Commissario all’emergenza, di un piano nazionale per la detenzione amministrativa, al fine di applicare “procedure accelerate in frontiera” in centri chiusi, dei richiedenti asilo, se provengono da paesi di origine definiti “sicuri”. si richiamano una serie di decreti ministeriali che hanno formato una apposita lista che non tiene conto della situazione attuale in gran parte dell’Africa, soprattutto nella fascia subsahariana, dopo lo scoppio della guerra civile in Sudan e il rovesciamento in Niger del governo sostenuto dai paesi occidentali. Non si hanno ancora notizie certe, invece, dei nuovi centri per i rimpatri (CPR) che si era annunciato sarebbero stati attivati in ogni regione italiana. Le resistenze delle amministrazioni locali, anche di destra, hanno evidentemente rallentato questo progetto dai costi enormi, per l’impianto e la gestione.

    I rimpatri con accompagnamento forzato nei primi sette mesi dell’anno sono stati soltanto 2.561 (+28,05%) rispetto ai 2.000 dello scorso anno. Nulla rispetto ad oltre 100.000 arrivi ed a oltre 70.000 richieste di asilo, conteggiati proprio il 15 agosto, quando il Viminale dà i suoi numeri, esibendo quando conviene le percentuali e lasciando nell’ombra i dati assoluti. Ed oggi i numeri sono ancora più elevati, si tratta non solo di numeri ma di persone, uomini, donne e bambini lasciati allo sbando dopo lo sbarco, che cercano soltanto di lasciare il nostro paese prima possibile. Per questo il primo CPR targato Piantedosi che si aprirà a breve potrebbe essere ubicato a Ventimiglia, vicino al confine tra Italia e Francia, mentre Svizzera ed Austria hanno già annunciato un inasprimento dei controlli di frontiera.

    La prima struttura detentiva entrata in attività lo scorso primo settembre, per dare applicazione, ancora chiamata “sperimentazione”, alle procedure accelerate in frontiera previste dal Decreto “Cutro”, è ubicata nell’area industriale tra i comuni confinanti di Pozzallo e Modica. dove da anni esiste un centro Hotspot, nella zona portuale, che opera spesso in modalità di “centro chiuso”, nel quale già da tempo è stata periodicamente limitata la libertà personale degli “ospiti”. Si tratta di una nuova struttura da 84 posti nella quale vengono rinchiusi per un mese coloro che provengono da paesi di origine definiti “sicuri”, prima del diniego sulla richiesta di protezione che si dà come scontato e del successivo tentativo di rimpatrio con accompagnamento forzato, sempre che i paesi di origine accettino la riammissione dei loro cittadini giunti irregolarmente in Italia. Le informazioni provenienti da fonti ufficiali non dicono molto, ma la natura detentiva della struttura e i suoi costi sono facilmente reperibili on line.

    In Sicilia si prevede anche l’apertura di “strutture di transito”, già appaltate, come quella che dovrebbe sorgere a Porto Empedocle, dove l’area di transito, che verrà ulteriormente potenziata, resta provvisoria, fino a quando non verrà realizzato l’hotspot a valle di contrada Caos a Porto Empedocle che sarà, come quello di Lampedusa, gestito dalla Croce Rossa. Altre “sezioni chiuse” per richiedenti asilo provenienti da paesi ritenuti “sicuri”, per cui si prevede un rimpatrio “veloce” potrebbero essere attivate nei centri Hotspot di Pozzallo e Lampedusa. Mentre i richiedenti asilo provenienti da paesi di origine “sicuri,” in caso di arrivi massicci e di indisponibilità di posti negli Hotspot, potrebbero finire anche nei centri di permanenza per i rimpatri, come i famigerati lager di Pian del Lago (Caltanissetta) e di Trapani (MIlo), da anni spazi di trattamenti disumani, di tentativi di fuga e di abusi sulle persone trattenute. Se non si tratta di annientamento fisico (Vernichtung), ma ci sono stati anche i morti, si può documentare in molti casi l’annientamento psichico degli “ospiti”, che dopo il diniego, in caso di mancato rimpatrio, potrebbero passare mesi su mesi rinchiusi in queste strutture, magari sotto psicofarmaci, come coloro che sono sottoposti al rimpatrio con accompagnamento forzato, tra i richiedenti asilo denegati che non abbiano fatto ricorso con effetto sospensivo o lo abbiano visto respingere.

    La normativa europea impone invece il rilascio delle persone trattenute nei centri di detenzione quando è evidente che non ci sono più prospettive di rimpatrio forzato nel paese di origine (Direttiva rimpatri 2008/115/CE, art.15.4), per la mancata collaborazione degli Stati di origine che non effettuano i riconoscimenti e non forniscono i documenti di viaggio.

    Altri “centri chiusi” potrebbero essere attivati a Messina (probabilmente nei locali del Centro di accoglienza ubicato all’interno della vecchia e fatiscente Caserma Gasparro) fantasiosamente denominato “CIPSI”, Centro di primo soccorso ed identificazione, ed a Catania, dove si sono recentemente sperimentate diverse strutture provvisorie, “tensostrutture”, nelle quali i potenziali richiedenti asilo, che diventano tali con la semplice manifestazione di volontà, anche prima della formalizzazione della domanda da parte delle autorità di polizia, sono stati trattenuti per giorni in condizioni di totale privazione della libertà personale, in assenza di convalida giurisdizionale.

    3. Il fallimento del sistema italiano dei centri di detenzione amministrativa è ormai documentato da anni, e sarà ancora più evidente con l’aumento dei termini di trattenimento fino a 18 mesi (12 per i richiedenti asilo).

    Con riguardo ai nuovi centri di detenzione per richiedenti asilo provenienti da paesi di origine “sicuri” non sembra eludibile una rigorosa verifica della legittimità del trattenimento in sede di convalida del giudice ordinario, e non del giudice di pace, come invece sembrerebbe prevedere la legge 50/2023 (ingiustamente definita ancora oggi “Decreto Cutro), trattandosi di richiedenti asilo che chiedono di fare valere un loro diritto fondamentale, e deve essere prevista una completa base legale con la indicazione precisa delle modalità di trattenimento -che ancora manca- conformi alla normativa europea (Direttiva procedure 2013/32/UE e Direttiva Accoglienza 2013/33/UE). Rimane a tale riguardo una grave violazione del principio di legalità in materia di misure detentive, che la Corte Costituzionale non ha ancora rilevato.

    In ogni caso il trattenimento amministrativo non può essere finalizzato esclusivamente al’esame della domanda di protezione, o per accertare il diritto all’ingresso nel territorio, come sembrerebbe affermare la legge 50/2023, perchè proprio nelle circostanze di limitazione della libertà personale che si riscontrano nei centri “chiusi” risulta più difficile avere contatti con organizzazioni che difendono i diritti umani e raccogliere prove per dimostrare la fondatezza della propria richiesta. Dal tenore della legge sembrerebbe che le strutture detentive riservate ai richiedenti asilo provenienti da paesi di origine ritenuti “sicuri” siano strutture extra-territoriali, come se le persone trattenute non avessero ancora fatto ingresso nel territorio nazionale, circostanza che legittimerebbe l’aggiramento dei principi costituzionali e delle Convenzioni internazionali. Si tratta invece di luoghi che non possono sottrarsi alla giurisdizione italiana, unionale e internazionale dove i diritti e le garanzie non possono essere riconosciuti solo sul piano formale per venire poi negati nelle prassi applicate dalle autorità di polizia. Dunque è il tempo delle denunce e dei ricorsi, mentre l’opinione pubblica sembra ancora rimanere ostaggio delle politiche della paura e dell’odio. Fondamentale l’accesso civico agli atti e la possibilità di ingresso di giornalisti ed operatori umanitari indipendenti, se occorre con gruppi di parlamentari, in tutti i centri in cui si pratica la detenzione amministrativa.

    4. Vanno comunque garantiti diritti di informazione ed accesso alle procedure ordinarie, e quindi nel sistema di centri aperti di accoglienza (CAS, SAI, CPSA) per tutti i richiedenti asilo che adducano a supporto della domanda gravi motivi di carattere personale, pure se provengono da paesi terzi ritenuti sicuri.

    L’ACNUR dopo una generale considerazione positiva delle procedure accelerate in frontiera, soprattuto nei casi in cui appare maggiormente probabile l’esito positivo della domanda di protezione, “Raccomanda, tuttavia, di incanalare in procedura di frontiera (con trattenimento) solo le domande di protezione internazionale che, in una fase iniziale di raccolta delle informazioni e registrazione, appaiano manifestamente infondate.
    In particolare, la domanda proposta dal richiedente proveniente da un Paese di origine sicuro non deve essere incanalata in tale iter quando lo stesso abbia invocato gravi motivi per ritenere che, nelle sue specifiche circostanze, il Paese non sia sicuro. Si sottolinea, a tal fine, la centralità di una fase iniziale di screening, volta a far emergere elementi utili alla categorizzazione delle domande (triaging) e alla conseguente individuazione della procedura più appropriata per ciascun caso”.

    I piani sui rimpatri “veloci” del governo Meloni non sono dunque applicabili su vasta scala, presentano caratteri fortemente discriminatori, ed avranno costi umani ed economici insostenibili. Se si spera negli accordi bilaterali e nel sostegno di Frontex, si dovrà comunque fare i conti con i ricorsi ai Tribunali in Italia ed in Europa, e con un ulteriore aggravamento delle crisi di legittimazione dei governi africani che accettano lo scambio della propria gente con una manciata di denaro.

    Una particolare attenzione dovrà rivolgersi alle persone vulnerabili per età, salute, genere e orientamento sessuale, ma anche per le ferite o per le torture subite durante il transito in Libia o in Tunisia. Una serie di condizioni che potrebbero di per sè legittimare il riconoscimento di uno status di protezione, a prescindere del paese di origine dal quale si è partiti.

    In ogni caso, dopo le decisioni di diniego da parte delle Commissioni territoriali, che potrebbero essere orientate da indirizzi politici, dovranno garantirsi tempi di esecuzione delle misure di allontanamento forzato che non cancellino la portata sostanziale del diritto al ricorso.

    Gli accordi bilaterali, come quelli con l’Egitto e la Tunisia, che prevedono procedure “semplificate”di rimpatrio, magari in aeroporto, senza la compiuta identificazione individuale,e senza un diritto effettivo di ricorso, vanno sospesi.

    Il provvedimento giudiziale che convalida la proroga del trattenimento deve contenere l’accertamento della sussistenza delle ragioni addotte a sostegno della richiesta (Cass. n. 5200/2023). Non si può continuare oltre con le decisioni di rigetto”fotocopia” o con le espulsioni ed i respingimenti con accompagnamento forzato adottati prima della convalida giurisdizionale. I termini di trattenimento amministrativo in assenza di una convalida giurisdizionale sono inderogabili. Come si rilevava al tempo dei centri di prima accoglienza e soccorso (CPSA) e dei Centri Hotspot, lo stesso vale oggi per i “centri di transito” e per i centri per richiedenti asilo provenienti da paesi di origine ritenuti “sicuri”, nelle more delle procedure accelerate in frontiera.

    Occorre ricordare che la Corte Europea dei diritti dell’Uomo, proprio con riferimento a cittadini tunisini, nel dicembre 2016, nel caso Khlaifia e altri c. Italia, e poi ancora quest’anno, nel caso J.A. c.Italia, ha condannato il nostro Paese per violazione, tra gli altri motivi, dell’articolo 5 della Convenzione per aver trattenuto per un periodo prolungato persone appena arrivate in Italia, senza una base legale e senza la possibilità di ricorso. Con riferimento alle nuove strutture detentive che il governo Meloni si accinge ad aprire, resta da verificare il rispetto dei principi affermati dalla Corte di Strasburgo e dei diritti fondamentali, a partire dal diritto di asilo costituzionale, sanciti dalla Costituzione italiana. Sarà anche l’occasione per verificare la legittimità costituzionale di molte disposizioni del decreto “Cutro” che, fin dalla entrata in vigore del provvedimento, hanno evidenziato sotto questo profilo gravi criticità, prima ancora che riuscissero ad avere concreta applicazione.

    https://www.a-dif.org/2023/09/26/oltre-le-sigle-la-detenzione-amministrativa-si-diffonde-nelle-procedure-in-fr

    #rétention #détention_administrative #frontières #migrations #asile #réfugiés #CPR #Italie #procédures_accélérées #pays_sûrs #pays_d'origine_sûrs #decret_Cutro #decreto_Cutro #garantie_financière #5000_EUR #5000_euros #decreto_Sud #Modica #Sicile #Porto_Empedocle #Messina #centres_fermés

    • Turning the Exception into the Rule

      Assessing Italy’s New Border Procedure

      Having promised its electorate a strong stance towards immigration, in January 2023 Italy’s new government adopted a reform that heavily curtailed immigrant rights to speed up return procedures. However, between September and October, several judgments issued by the Catania Tribunal declared it in violation of EU law (https://www.asgi.it/wp-content/uploads/2023/09/NON-CONVALIDA1.pdf). In particular, when requested to review the detention of asylum applicants, the judges found the new Italian asylum border procedure contrary to the Procedures Directive 2013/32 (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/en/TXT/?uri=celex%3A32013L0032) and the Reception Conditions Directive 2013/33 (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=celex%3A32013L0033).

      The judgments led to a backlash, with PM Meloni and other members of the government accusing them of being politically motivated. One minister even published a video on social media showing a judge of the Catania Tribunal taking part in a pro-migrant rights demonstration in 2018, thus accusing her of partiality.

      Such political attacks (https://www.associazionemagistrati.it/doc/4037/lanm-sul-caso-catania.htm) must always be condemned, for they pose a significant threat to judicial independence and thus Italian democracy. Yet, they are particularly unwarranted given that the Catania Tribunal’s judges were correct in finding the new Italian border procedures incompatible with EU law.

      Detention as the Rule for Asylum Seekers

      The 2023 reform (https://www.normattiva.it/atto/caricaDettaglioAtto?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2023-03-10&atto.codice) of Italy’s asylum system included the introduction of an accelerated border procedure which allows for the detention (https://www.questionegiustizia.it/articolo/la-bestia-tentacolare) of asylum seekers „exclusively to determine the applicant’s right to enter the territory“ (Art. 6 bis, Law Decree 142/2015).

      This new procedure is applied when an asylum application is made „at the border or in a transit zone“ by a person who either a) evaded or attempted to evade border controls, or b) hails from a safe country of origin, which were determined by a Ministerial Decree in 2019 (https://www.esteri.it/mae/resource/doc/2019/10/decreto_paesi_sicuri.pdf), later updated in 2023 (https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2023/03/25/23A01952/sg).

      Another Ministerial Decree (https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2019/09/07/19A05525/sg) identified the „border and transit zones“ where the border procedure can be used, without providing a clear definition of these concepts nor explaining the distinction between them. Instead, it lists 16 provinces where the procedure applies (Trieste, Gorizia, Cosenza, Matera, Taranto, Lecce, Brindisi, Caltanissetta, Ragusa, Syracuse, Catania, Messina, Trapani, Agrigento, Cagliari, and South Sardinia).

      Finally, the law specifies that asylum seekers are to be detained unless they submit a passport (or equivalent document) or provide a financial guarantee of € 4,938.00 (https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2023/09/21/23A05308/sg). This amount was allegedly calculated with reference to the cost of suitable accommodation, repatriation, and minimum means of subsistence. The sum can be provided through a bank guarantee or an insurance policy, but solely by the asylum seekers themselves, not by third parties.

      [voir aussi: https://seenthis.net/messages/1018093]

      Following a recent increase in migrant flows from Tunisia, the Italian authorities extensively relied on the new border procedure to detain several Tunisian citizens on the ground that they come from a “safe country of origin” (https://www.questionegiustizia.it/rivista/articolo/la-protezione-dei-cittadini-stranieri-provenienti-da-cd-paesi-sic). However, on September 29 (https://www.asgi.it/wp-content/uploads/2023/09/NON-CONVALIDA1.pdf) and October 8 (https://www.questionegiustizia.it/data/doc/3650/2023-tribunale-catania-8-10-2023-non-convalida-oscurato.pdf), the Catania Tribunal issued a series of similar rulings in which it annulled the detention orders because they were in conflict with EU law. In the following sections, we analyze and expand the three main arguments advanced by the Tribunal, showing that they were largely correct in their findings that the new Italian border procedure exceeds what is permissible under EU law.

      The ‘Border’ under EU Law

      The first argument made by the Catania Tribunal regards the correct initiation of a border procedure. According to the judge, the procedure was not applied „at the border“, as understood by EU law (Art. 43 Directive 2013/32). Indeed, the applicants arrived and made their asylum application in Lampedusa (province of Agrigento) but the detention was ordered several days later in Pozzallo (Ragusa province) when the applicants were no longer „at the border.“ Because the border procedure (involving detention) was utilized at a later stage and in a different place, it was not appropriately initiated.

      In support of the Catania Tribunal’s conclusion, we should recall that Article 43 the Procedures Directive requires a spatial and temporal link between the border crossing and the activation of the border procedure (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/en/TXT/?uri=celex%3A32013L0032). Although the Directive does not define the terms „border“ or „transit zone“, it clearly distinguishes these areas from other „locations in the proximity of the border or transit zone“ (Article 43(3)), where applicants can be exceptionally accommodated but never detained. The distinction between the border and other places in its vicinity suggests that the procedure provided for in Art. 43 can only be applied in narrow and well-defined areas or in pre-identified transit zones (such as the Hungarian transit zones examined by the Court in FMS and Commission v Hungary).

      Other EU law instruments support this narrow interpretation of the “border” concept. Regulation 1931/2006 defines a „border area“ as a delimited space within 30 km from the Member State’s border. In the Affum case, the Court also called for a narrow interpretation of the spatial concept of „border.“ There, the Court clarified that the Return Directive allows Member States to apply a simplified return procedure at their external borders in order to „ensure that third-country nationals do not enter [their] territory“ (a purpose which resonates with that of Art. 8(3)(c) Reception Directive). However, such a procedure can only be applied if there is a „direct temporal and spatial link with the crossing of the border“, i.e. „at the time of the irregular crossing of the border or near that border after it has been crossed“ (par. 72).

      By contrast, under the Italian accelerated procedure, the border has blurred contours. The new procedure, relying on the “#fiction_of_non-entry” (https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/STUD/2020/654201/EPRS_STU(2020)654201_EN.pdf), can be carried out not only „at“ the border and in transit zones or in areas territorially „close“ to the border, but in entire provinces in southern and northern Italy. This far exceeds the narrow definition of border or border area derived from EU law.

      The Regulation of Detention under EU Law

      The second argument of the Catania Tribunal turned on the lack of motivation for the detention orders. The applicants were detained solely because they were from Tunisia, did not submit a valid passport nor pay the bail. As such, the orders lacked any case-by-case assessment of the applicant’s individual circumstances, and they did not apply the proportionality and necessity principles, as prescribed by EU law under art. 8(2) Directive 2013/33 and art. 52 and 6 of the Charter.

      Indeed, even if a border procedure is correctly initiated, Italy’s new provisions on the detention of asylum seekers do not meet the requirements of Article 8(2) of the Reception Directive. According to the CJEU, this authorizes asylum seekers‘ detention “only where, following an assessment carried out on a case-by-case basis, that is necessary” and where other less coercive measures cannot be applied effectively. (ex multis, FMS, par. 258; VL, par. 102; M.A., par. 82).

      Italy’s norms contain no reference to the principles of necessity and proportionality nor to the need for a case-by-case assessment (Art. 6 bis D. Lgs. 142/2015). In so far as the Italian provisions allow for an automatic application of detention whenever the border procedure is activated, they are incompatible with Art. 8(2) of the Reception Directive. In light of the primacy and direct effect of EU law, Italian public authorities are required to give direct application to the principles of proportionality and necessity and to carry out an individual assessment, even if not directly foreseen by Italian law.
      The Possibility of Bail

      Finally, the Catania Tribunal argued that the financial guarantee to avoid detention is contrary to EU law. The Tribunal observed that the guarantee is not used as an alternative measure to detention, but rather as an ‚administrative requirement‘ that, if not complied with, leads to detention. According to the judge, this renders it incompatible with Articles 8 and 9 of the Reception Directive 2013/33 which “preclude[s] an applicant for international protection being placed in detention on the sole ground that he or she is unable to provide for his or her needs.”(at 256).

      As rightly noted by Savino, EU law does not prohibit the use of financial guarantees; to the contrary, Article 8(4) mentions it as a legitimate alternative to detention. However, both scholars and the European Asylum Agency maintain that the guarantee shall be proportionate to the means of the applicant in order to avoid discriminatory effects. The EUAA Guidelines on asylum seeker detention further specify that:

      “the amount should be tailored to individual circumstances, and therefore be reasonable given the particular situation of asylum seekers, and not so high as to lead to discrimination against persons with limited funds. Any failure to be able to do so resulting in detention (or its continuation), would suggest that the system is arbitrary.”

      It is doubtful whether the financial guarantee in its current legal design can be considered an “effective” alternative to detention (Art.8(4)). Its high amount (€4,938.00) and procedural requirements make it practically impossible for asylum applicants to rely upon it. In particular, they are required to deposit the sum upon arrival, through a bank guarantee or an insurance policy, which are concretely impossible for them to obtain. Moreover, the financial guarantee is the only alternative to detention provided by the new Italian law, while migrants detained under other circumstances can rely upon more alternative measures.

      Taken together, it means that the measure is designed in a discriminatory way and is neither effective nor proportionate.

      Concluding Thoughts

      Several aspects of the new law foresee a system in which the border procedure is systematically applied, rendering detention the rule, instead of the exception. This follows from the geographic expansion of the “borders areas and transit zones”, the automatic (indiscriminate) application of the safe country of origin concept, the lack of a proportionality assessment, and the practical impossibility of applying the only alternative measure foreseen.

      More and more Italian courts are annulling detention orders, on the grounds that the Italian border procedure is in conflict with EU law. While the Italian government considers this an unacceptable form of judicial activism, this blog has shown that the judges’ concerns are well-founded.

      Member States’ courts are “EU law judges”, they must give precedence to EU law and general principles and set aside any incompatible national law. The recent personal attacks against some of the judges show that the government struggles to come to terms with this thick form of judicial review which takes seriously European and human rights standards.

      https://verfassungsblog.de/turning-the-exception-into-the-rule
      #exception #justice #détention #rétention #détention_administrative #décret #procédure_accélérée #garantie_financière #5000_EUR #chantage #caution #decreto_Cutro #décret_Cutro #5000_euros #tribunal_de_Catane #procédure_frontière #directive_procédures #zone_de_transit #proximité #distance #zone_frontalière #directive_retour #frontière_extérieure #fiction_de_non-entrée

      –-

      La partie sur les frontières ajouté à cette métaliste autour de la Création de zones frontalières (au lieu de lignes de frontière) en vue de refoulements :
      https://seenthis.net/messages/795053

  • « Le #viol, passage presque inévitable de la migration » : à Marseille, huit femmes témoignent

    Lundi 18 septembre, la revue scientifique internationale « The Lancet » publie une enquête de santé publique inédite menée sur 273 demandeuses d’asile à Marseille, corrélant la migration et la violence sexuelle dont elles sont victimes. « Le Monde » a recueilli les histoires de huit femmes qui ont participé à l’étude.

    Au milieu de la conversation, Aissata tressaille. Adama, elle, manque plusieurs fois de faire tomber son bébé de 2 mois, gros poupon emmailloté dans un body blanc, qu’elle allaite le regard absent. Les yeux de Perry se brouillent : elle a vu trop de #violence. Ceux de Fanta sont devenus vitreux : elle est là, mais plus vraiment là. Grace regrette sa sécheresse oculaire, elle aimerait tant pleurer et hurler, peut-être la croirait-on et l’aiderait-on davantage, mais elle ne sait pas où ses larmes sont parties. Nadia sourit en montrant les cicatrices des brûlures de cigarettes qui constellent sa poitrine, comme pour s’excuser de cette vie qui l’a fait s’échouer ici. Stella porte ses lunettes de soleil à l’intérieur, et explose de rire en racontant qu’elle a été vendue quatre fois.

    Tous ces détails, ces marques de la #barbarie inscrite dans le #corps des femmes migrantes, le docteur Jérémy Khouani les observe depuis ses études de médecine. Généraliste dans une maison de santé du 3e arrondissement de Marseille – avec 55 % de ses habitants au-dessous du seuil de pauvreté, c’est l’un des endroits les plus pauvres de France –, il soigne les bobos, les angines et les gastros, mais voit surtout le #traumatisme surgir face aux mots « #excision », « #Libye », « #traite » ou « viol ».

    Bouleversé par des consultations qui l’amènent à mesurer la taille de lèvres vaginales post-excision pour l’Office français de protection des réfugiés et apatrides (Ofpra), à diagnostiquer une arthrose massive à une jeune femme de 30 ans ou à prescrire des antidépresseurs à une autre qui vient de tenter de s’immoler, il a décidé de lutter avec ce qu’il savait faire : « De la science ». « Je n’ai pas envie de hiérarchiser, mais les violences que subissent les femmes demandeuses d’asile, c’est trois fois plus horrible que les hommes. Ils subissent aussi des violences, mais ce n’est pas systémique, ils n’ont pas le vagin mutilé à 6 ans, ou le viol comme passage presque inévitable de la migration. » En Europe, en 2021, les femmes représentent 31 % des demandeurs d’asile.

    Il y a trois ans, avec l’Assistance publique-Hôpitaux de Marseille et la faculté de médecine d’Aix-Marseille, #Jérémy_Khouani a lancé une grande enquête de #santé_publique pour mesurer l’#incidence des violences sexuelles chez les femmes demandeuses d’asile en France. Une étude inédite, publiée ce lundi 18 septembre dans la revue scientifique The Lancet (Regional Health Europe) et menée sur 273 femmes arrivées sur le territoire français, volontaires pour participer et en attente de la réponse des autorités quant à leur statut. La moitié d’entre elles viennent d’Afrique de l’Ouest, le reste du Moyen-Orient, d’Asie ou d’Europe.

    « Un impondérable du #parcours_migratoire »

    Ainsi, 26 % d’entre elles se déclarent victimes de violences sexuelles au cours de leurs douze derniers mois sur le territoire français, et 75 % avant leur entrée en France. Les demandeuses d’asile encourent dix-huit fois plus le risque d’être victimes de viol en France que les Françaises de la population générale ; 40 % d’entre elles ont subi des #mutilations_génitales. « L’étude fait ressortir que la violence sexuelle est un motif de départ, un impondérable du parcours migratoire, et un crime dont on ne les protège pas en France », analyse #Anne_Desrues, sociologue et enquêtrice sur le projet.

    L’absence de logement, de compagnon et les antécédents de violence apparaissent comme des facteurs de risque du viol. « Le débat, ce n’est même pas de savoir si elles ont vocation à rester sur le territoire ou pas, mais, au moins, que pendant tout le temps où leur demande est étudiée, qu’elles ne soient pas violées à nouveau, elles sont assez traumatisées comme ça », pose le médecin généraliste.

    Il faut imaginer ce que c’est de soigner au quotidien de telles blessures, de rassembler 273 récits de la sorte en six mois – ce qui n’est rien par rapport au fait de vivre ces violences. L’expression « #traumatisme_vicariant » qualifie en psychiatrie le traumatisme de seconde ligne, une meurtrissure psychique par contamination, non en étant exposé directement à la violence, mais en la documentant. « Heureusement, j’avais une psychologue pour débriefer les entretiens, évoque Anne Desrues. Moi, ce qui m’a aidée, c’est de savoir que celles qu’on rencontrait étaient aussi des femmes fortes, qui avaient eu le courage de partir, et de comprendre leur migration comme une #résistance à leur condition. » Le docteur Khouani, lui, érige cette étude comme rempart à son sentiment d’impuissance.

    Le Monde, pendant quarante-huit heures, a recueilli les histoires de huit femmes qui ont participé à l’étude. Certaines sont sous obligation de quitter le territoire français (OQTF), risquant l’expulsion. Mais elles voulaient que quelqu’un entende, note et publie tout ce qu’elles ont subi. Dans le cabinet du médecin, sous les néons et le plafond en contreplaqué, elles se sont assises et ont parlé.

    Lundi, 9 heures. Ogechi, surnommée « Perry », 24 ans. Elle regarde partout, sauf son interlocuteur. Elle a une croix autour du cou, une autre pendue à l’oreille, porte sa casquette à l’envers. Elle parle anglais tout bas, en avalant la fin des mots. Elle vient de Lagos, au Nigeria. Jusqu’à son adolescence, ça va à peu près. Un jour, dans la rue, elle rencontre une fille qui lui plaît et l’emmène chez elle. Son père ne supporte pas qu’elle soit lesbienne : il la balance contre le mur, la tabasse, appelle ses oncles. Ils sont maintenant cinq à se déchaîner sur Perry à coups de pied. « Ma bouche saignait, j’avais des bleus partout. »

    Perry s’enfuit, rejoint une copine footballeuse qui veut jouer en Algérie. Elle ne sait pas où aller, sait seulement qu’elle ne peut plus vivre chez elle, à Lagos. L’adolescente, à l’époque, prend la route : Kano, au nord du pays, puis Agadez, au Niger, où un compatriote nigérian, James, l’achète pour 2 000 euros et la fait entrer en Libye. Elle doit appeler sa famille pour rembourser sa dette. « Je n’ai pas de famille ni d’argent, je ne vaux rien », lui répond Perry. Une seule chose a de la valeur : son corps. James prélève ses cheveux, son sang, fait des incantations vaudoues « pour me contrôler ». A 15 ans, elle est prostituée dans un bordel sous le nom de « Blackgate ».

    « Si je meurs, qui va s’en apercevoir ? »

    Son débit est monocorde, mais son récit est vif et transporte dans une grande maison libyenne divisée en « chambres » avec des rideaux. Un lit par box, elles sont sept femmes par pièce. « Des vieilles, des jeunes, des enceintes. » Et les clients ? « Des Africains, des Arabes, des gentils, des violents. » En tout, une cinquantaine de femmes sont exploitées en continu. « J’aurais jamais pensé finir là, je ne pouvais pas imaginer qu’un endroit comme ça existait sur terre », souffle-t-elle.

    Perry passe une grosse année là-bas, jusqu’à ce qu’un des clients la prenne en pitié et la rachète pour l’épouser. Sauf qu’il apprend son #homosexualité et la revend à une femme nigériane, qui lui paye le voyage pour l’Europe pour la « traiter » à nouveau, sur les trottoirs italiens cette fois-ci. A Sabratha, elle monte sur un bateau avec 150 autres personnes. Elle ne souhaite pas rejoindre l’Italie, elle ne veut que fuir la Libye. « Je ne sais pas nager. Je n’avais pas peur, je n’étais pas heureuse, je me demandais seulement comment un bateau, ça marchait sur l’eau. » Sa première image de l’Europe : Lampedusa. « J’ai aimé qu’il y ait de la lumière 24 heures sur 24, alors que chez nous, la nuit, c’est tout noir. »

    Mineure, Perry est transférée dans un foyer à Milan, où « les gens qui travaillent avec James m’ont encore fait travailler ». Elle tape « Quel est le meilleur pays pour les LGBT ? » dans la barre de recherche de Google et s’échappe en France. « Ma vie, c’est entre la vie et la mort, chaque jour tu peux perdre ou tu peux gagner », philosophe-t-elle. Le 4 septembre 2020, elle se souvient bien de la date, elle arrive dans le sud de la France, une région qu’elle n’a pas choisie. Elle suit un cursus de maroquinerie dans un lycée professionnel avec, toujours, « la mafia nigériane » qui la harcèle. « Ils m’ont mis une arme sur la tempe, ils veulent que je me prostitue ou que je vende de la drogue. C’est encore pire parce que je suis lesbienne, ils disent que je suis une abomination, une sorcière… »

    A Marseille, elle fait trois tentatives de suicide, « parce que je suis trop traumatisée, j’arrive plus à vivre, mais Dieu m’a sauvée ». A 24 ans, pour qui Perry existe-t-elle encore ? « Si je meurs, qui va s’en apercevoir ? Je regrette d’avoir quitté le Nigeria, je ne pensais pas expérimenter une vie pareille », termine-t-elle, en s’éloignant dans les rues du 3e arrondissement.

    Lundi, 11 heures. A 32 ans, la jeunesse de Fanta semble s’être dissoute dans son parcours. Elle a des cheveux frisés qui tombent sur son regard sidéré. Elle entre dans le cabinet les bras chargés de sacs en plastique remplis de la lessive et des chaussures qu’elle vient de se procurer pour la rentrée de ses jumeaux en CP, qui a eu lieu le matin même. « Ils se sont réveillés à 5 heures tellement ils étaient excités, raconte-t-elle. C’est normal, on a passé l’été dans la chambre de l’hôtel du 115, on ne pouvait pas trop sortir à cause de mon #OQTF. » Fanta vient de Faranah, en Guinée-Conakry, où elle est tombée accidentellement enceinte de ses enfants. « Quand il l’a su, mon père, qui a lui même trois femmes, m’a tapée pendant trois jours et reniée. »

    Elle accouche, mais ne peut revenir vivre dans sa famille qu’à condition d’abandonner ses bébés de la honte. Elle refuse, bricole les premières années avec eux. Trop pauvre, trop seule, elle confie ses enfants à sa cousine et souhaite aller en Europe pour gagner plus d’argent. Mali, Niger, Libye. La prison en Libye lui laisse une vilaine cicatrice à la jambe. En 2021, elle atteint Bari, en Italie, puis prend la direction de la France. Pourquoi Marseille ? « Parce que le train s’arrêtait là. »

    Sexe contre logement

    A la gare Saint-Charles, elle dort par terre pendant trois jours, puis rejoint un squat dans le quartier des Réformés. Là-bas, « un homme blanc est venu me voir et m’a dit qu’il savait que je n’avais pas de papiers, et que si on ne faisait pas l’amour, il me dénonçait à la police ». Elle est violée une première fois. Trois jours plus tard, il revient avec deux autres personnes, avec les mêmes menaces. Elle hurle, pleure beaucoup. Ils finissent par partir. « Appeler la police ? Mais pour quoi faire ? La police va m’arrêter moi », s’étonne-t-elle devant notre question.

    En novembre 2022, le navire de sauvetage Ocean-Viking débarque ses passagers sur le port de Toulon. A l’intérieur, sa cousine et ses jumeaux. « Elle est venue avec eux sans me prévenir, j’ai pleuré pendant une semaine. » Depuis, la famille vit dans des hôtels sociaux, a souvent faim, ne sort pas, mais « la France, ça va, je veux bien aller n’importe où du moment que j’ai de la place ». Parfois, elle poursuit les passants qu’elle entend parler sa langue d’origine dans la rue, « juste pour avoir un ami ». « La migration, ça fait exploser la violence », conclut-elle, heureuse que ses enfants mangent à la cantine de l’école ce midi.

    Lundi, 15 heures. « C’est elle qui m’a donné l’idée de l’étude », s’exclame le docteur Khouani en nous présentant Aissata. « Oui, il faut parler », répond la femme de 31 ans. Elle s’assoit, décidée, et déroule un récit délivré de nombreuses fois devant de nombreux officiels français. Aissata passe son enfance en Guinée. En 1998, sa mère meurt et elle est excisée. « C’était très douloureux, je suis vraiment obligée de reraconter ça ? » C’est sa « marâtre » qui prend le relais et qui la « torture ». Elle devient la petite bonne de la maison de son père, est gavée puis privée de nourriture, tondue, tabassée, de la harissa étalée sur ses parties intimes. A 16 ans, elle est mariée de force à un cousin de 35 ans qui l’emmène au Gabon.

    « Comme je lui ai dit que je ne voulais pas l’épouser, son travail, c’était de me violer. J’empilais les culottes et les pantalons les uns sur les autres pour pas qu’il puisse le faire, mais il arrachait tout. » Trois enfants naissent des viols, que son époux violente aussi. Elle s’interpose, il la frappe tellement qu’elle perd connaissance et se réveille à l’hôpital. « Là-bas, je leur ai dit que ce n’était pas des bandits qui m’avaient fait ça, mais mon mari. » Sur son téléphone, elle fait défiler les photos de bleus qu’elle avait envoyées par mail à son fils – « Comme ça, si je mourais, il aurait su quelle personne était son père. »

    Un soignant lui suggère de s’enfuir, mais où ? « Je ne connais pas le Gabon et on ne peut pas quitter le mariage. » Une connaissance va l’aider à sortir du pays. Elle vend tout l’or hérité de sa mère, 400 grammes, et le 29 décembre 2018, elle prend l’avion à l’aéroport de Libreville. « J’avais tellement peur, mon cœur battait si fort qu’il allait sortir de mon corps. » Elle vit l’atterrissage à Roissy - Charles-de-Gaulle comme un accouchement d’elle-même, une nouvelle naissance en France. A Paris, il fait froid, la famille arrive à Marseille, passe de centres d’accueil humides en hôtels avec cafards du 115.

    Sans cesse, les hommes la sollicitent. Propositions de sexe contre logement ou contre de l’argent : « Les hommes, quand tu n’as pas de papiers, ils veulent toujours en profiter. Je pourrais donner mon corps pour mes enfants, le faire avec dix hommes pour les nourrir, mais pour l’instant j’y ai échappé. » Au début de l’année, l’OQTF est tombée. Les enfants ne dorment plus, elle a arrêté de soutenir leurs devoirs. « La France trouve que j’ai pas assez souffert, c’est ça ? », s’énerve celle que ses amies surnomment « la guerrière ».

    « Je suis une femme de seconde main maintenant »

    Lundi, 17 heures. Nadia a le visage rond, entouré d’un voile noir, les yeux ourlés de la même couleur. Une immense tendresse se dégage d’elle. Le docteur Khouani nous a prévenues, il faut faire attention – elle sort à peine de l’hôpital psychiatrique. Il y a quelques semaines, dans le foyer où elle passe ses journées toute seule, elle a pris un briquet, a commencé à faire flamber ses vêtements : elle a essayé de s’immoler. Quand il l’a appris, le médecin a craqué, il s’en voulait, il voyait bien son désespoir tout avaler et la tentative de suicide arriver.

    Pourtant, Nadia a fait une petite heure de route pour témoigner. Elle a grandi au Pakistan. Elle y a fait des études de finance, mais en 2018 son père la marie de force à un Pakistanais qui vit à Marseille. Le mariage est prononcé en ligne. Nadia prend l’avion et débarque en France avec un visa de touriste. A Marseille, elle se rend compte que son compagnon ne pourra pas la régulariser : il est déjà marié. Elle n’a pas de papiers et devient son « esclave », subit des violences épouvantables. Son décolleté est marqué de plusieurs cicatrices rondes : des brûlures de cigarettes.

    Nadia apparaît sur les écrans radars des autorités françaises un jour où elle marche dans la rue. Il y a une grande tache rouge sur sa robe. Elle saigne tellement qu’une passante l’alerte : « Madame, madame, vous saignez, il faut appeler les secours. » Elle est évacuée aux urgences. « Forced anal sex », explique-t-elle, avec son éternel rictus désolé. Nadia accepte de porter plainte contre son mari. La police débarque chez eux, l’arrête, mais il la menace d’envoyer les photos dénudées qu’il a prises d’elle au Pakistan. Elle retire sa plainte, revient au domicile.

    Les violences reprennent. Elle s’échappe à nouveau, est placée dans un foyer. Depuis qu’elle a témoigné auprès de la police française, la propre famille de Nadia ne lui répond plus au téléphone. Une nuit, elle s’est réveillée et a tenté de gratter au couteau ses brûlures de cigarettes. « Je suis prête à donner un rein pour avoir mes papiers. Je pense qu’on devrait en donner aux femmes victimes de violence, c’est une bonne raison. Moi, je veux juste étudier et travailler, et si je suis renvoyée au Pakistan ils vont à nouveau me marier à un homme encore pire : je suis une femme de seconde main maintenant. »

    « Je dois avoir une vie meilleure »

    Mardi, 11 heures. Médiatrice sociale du cabinet médical, Elsa Erb est une sorte d’assistante pour vies fracassées. Dans la salle d’attente ce matin, il y a une femme mauritanienne et un gros bébé de 2 mois. « C’est ma chouchoute », sourit-elle. Les deux femmes sont proches : l’une a accompagné l’autre à la maternité, « sinon elle aurait été toute seule pour accoucher ». Excision dans l’enfance, puis à 18 ans, en Mauritanie, mariage forcé à son cousin de 50 ans. Viols, coups, cicatrices sur tout le corps. Deux garçons naissent. « Je ne pouvais pas rester toute ma vie avec quelqu’un qui me fait autant de mal. » Adama laisse ses deux enfants, « propriété du père », et prend l’avion pour l’Europe.

    A Marseille, elle rencontre un autre demandeur d’asile. Elle tombe enceinte dans des circonstances troubles, veut avorter mais l’homme à l’origine de sa grossesse la menace : c’est « péché » de faire ça, elle sera encore plus « maudite ». Depuis, elle semble trimballer son bébé comme un gros paquet embarrassant. Elsa Erb vient souvent la voir dans son foyer et lui apporte des boîtes de sardines. Elle s’inquiète car Adama s’isole, ne mange pas, passe des heures le regard dans le vide, un peu sourde aux pleurs et aux vomissements du petit. « Je n’y arrive pas. Avec mes enfants là-bas et celui ici, je me sens coupée en deux », se justifie-t-elle.

    Mardi, 14 heures. A chaque atrocité racontée, Stella rit. Elle vient du Biafra, au Nigeria. Ses parents sont tués par des miliciens quand elle a 13 ans. Elle est envoyée au Bénin auprès d’un proche qui la viole. Puis elle tombe dans la #traite : elle est transférée en Libye. « J’ai été vendue quatre fois, s’amuse-t-elle. En Libye, vous pouvez mourir tous les jours, plus personne ne sait que vous existez. » Elle passe en Italie, où elle est encore exploitée.

    Puis la France, Marseille et ses squats. Elle décrit des hommes blancs qui débarquent armés, font tous les étages et violent les migrantes. La police ? Stella explose de rire. « Quel pouvoir est-ce que j’ai ? Si je raconte ça à la police française, les agresseurs me tueront. C’est simple : vous êtes une femme migrante, vous êtes une esclave sexuelle. »

    Avec une place dans un foyer et six mois de #titre_de_séjour en tant que victime de traite, elle est contente : « Quand on a sa maison, on est moins violée. » Des étoiles sont tatouées sur son cou. « Je dois avoir une vie meilleure. Mon nom signifie “étoile”, je dois briller », promet-elle. Le docteur Khouani tient à nous montrer une phrase issue du compte rendu d’une radio de ses jambes : « Lésions arthrosiques inhabituelles pour son jeune âge. » « Il est très probable qu’elle ait subi tellement de violences qu’elle a l’arthrose d’une femme de 65 ans. » Stella a 33 ans.

    Déboutés par l’Ofpra

    Mardi, 16 heures. Grace entre avec sa poussette, dans laquelle s’ébroue une petite fille de 7 mois, son quatrième enfant. Nigériane, la jeune femme a le port altier et parle très bien anglais. « J’ai été très trafiquée », commence-t-elle. Après son bac, elle est recrutée pour être serveuse en Russie. C’est en réalité un réseau de #proxénétisme qui l’emmène jusqu’en Sibérie, d’où elle finit par être expulsée. De retour au Nigeria, elle veut poursuivre ses études à la fac à Tripoli, en Libye.

    A la frontière, elle est vendue, prostituée, violée. Elle tombe enceinte, s’échappe en Europe pour « fuir, pas parce que je voulais particulièrement y aller ». Arrivée en Italie, on lui propose d’avorter de son enfant du viol. Elle choisit de le garder, même si neuf ans après, elle ne sait toujours pas comment son premier fils a été conçu. En Italie, elle se marie avec un autre Nigérian. Ils ont quatre enfants scolarisés en France, mais pas de papiers. L’Ofpra les a déboutés : « Ils trouvent que j’ai les yeux secs, que je délivre mon histoire de manière trop détachée », comprend-elle.

    Mardi, 18 heures. Abby se présente dans le cabinet médical avec sa fille de 12 ans. Elles sont originaires de Sierra Leone. Abby a été excisée : elle se remémore le couteau, les saignements, souffre toujours vingt-cinq ans après. « Ils ont tout rasé, c’est lisse comme ça », décrit-elle en caressant la paume de sa main.

    Sa fille a aussi été mutilée, un jour où sa mère n’était pas à la maison pour la protéger. « Mais pour Aminata, ce n’est pas propre. » Alors, quand la mère et la fille ont déposé leur demande d’asile à l’Ofpra, le docteur Khouani s’est retrouvé à faire un acte qui l’énerve encore. « J’ai dû pratiquer un examen gynécologique sur une préado pour mesurer la quantité de ses lèvres qui avait survécu à son excision. Si tout était effectivement rasé, elles étaient déboutées, car il n’y avait plus rien à protéger. » Les deux femmes ont obtenu des titres de séjour. Abby travaille comme femme de ménage en maison de retraite. Aminata commence sa 5e, fait du basket et veut devenir médecin, comme le docteur Khouani.

    https://www.lemonde.fr/societe/article/2023/09/18/le-viol-passage-presque-inevitable-de-la-migration-a-marseille-huit-femmes-r

    #VSS #violences_sexuelles #migrations #femmes #femmes_migrantes #témoignage #asile #réfugiés #viols #abus_sexuels #mariage_forcé #prostitution #néo-esclavage #esclavage_sexuels #traite_d'êtres_humains #chantage

  • Une #université a tué une #librairie

    Une université vient de tuer une librairie. Le #libéralisme a fourni l’arme. Les codes des marchés ont fourni la balle. Et l’université, après avoir baissé les yeux, a appuyé sur la détente.

    Cette université c’est “mon” université, Nantes Université. Cette librairie c’est la librairie Vent d’Ouest, une librairie “historique”, présente dans le centre de Nantes depuis près de 47 années et travaillant avec l’université depuis presqu’autant de temps.

    Une université vient de tuer une librairie. Nantes Université travaillait, pour ses #commandes d’ouvrages (et une université en commande beaucoup …) avec principalement deux #librairies nantaises, Durance et Vent d’Ouest. Pour Vent d’Ouest, cela représentait une trésorerie d’environ 300 000 euros par an, 15% de son chiffre d’affaire. Une ligne de vie pour les 7 salariés de la libraire. Et puis Vent d’Ouest perd ce marché. Du jour au lendemain. Sans même un appel, une alerte ou une explication en amont de la décision de la part de Nantes Université.

    À qui est allé ce marché ? Au groupe #Nosoli, basé à Lyon, qui s’auto-présente comme le “premier libraire français indépendant multi-enseignes” (sic) et qui donc concrètement a racheté les marques et magasins #Decitre et #Furet_du_Nord (et récemment Chapitre.com) et dont le coeur de métier est bien davantage celui de la #logistique (#supply_chain) que celui de la librairie.

    Pourquoi Nosoli a-t-il remporté ce #marché ? Et pourquoi Nantes Université va devoir commander à des librairies Lyonnaises des ouvrages pour … Nantes ? Parce que le code des #marchés_publics. Parce que l’obligation de passer par des #appels_d’offre. Parce le code des marchés publics et des appels d’offre est ainsi fait que désormais (et depuis quelques temps déjà) seuls les plus gros sont en capacité d’entrer dans les critères définis. Parce que les critères définis (par #Nantes_Université notamment) visent bien sûr à faire des #économies_d’échelle. À payer toujours moins. Parce que bien sûr, sur ce poste de dépenses budgétaires comme sur d’autres il faut sans cesse économiser, rogner, négocier, batailler, parce que les universités sont exangues de l’argent que l’état ne leur donne plus et qu’il a converti en médaille en chocolat de “l’autonomie”. Parce qu’à ce jeu les plus gros gagnent toujours les appels d’offre et les marchés publics. C’est même pour cela qu’ils sont gros. Et qu’ils enflent encore. [mise à jour] Mais ici pour ce marché concernant des #livres, ce n’est pas le critère du #prix qui a joué (merci Jack Lang et la prix unique) mais pour être parfaitement précis, c’est le critère du #stock qui, en l’espèce et malgré le recours en justice de la librairie Vent d’Ouest, et bien qu’il soit reconnu comme discriminatoire par le ministère de la culture (en page 62 du Vade Mecum édité par le ministère sur le sujet de l’achat de livres en commande publique), a été décisif pour permettre à Nosoli de remporter le marché. [/mise à jour]

    Alors Nosoli le groupe lyonnais a gagné le marché de Nantes Université. Et les librairies nantaises Durance et Vent d’Ouest ont perdu. Et quelques mois après la perte de ce marché, la librairie Vent d’Ouest va fermer.

    On pourrait s’en réjouir finalement, ou même s’en foutre totalement. Après tout, Nantes Université va faire des #économies. Après tout une librairie qui ferme à Nantes et 7 salariés qui se trouvent sur le carreau c’est (peut-être) 7 personnes du service logistique du groupe Nosoli qui gardent leur emploi. Et puis quoi, une librairie qui ferme à Nantes mais il y en a 6 qui ont ouvert sur les deux dernières années à Nantes. Alors quoi ?

    Alors une université vient de tuer une librairie. Et quand on discute avec les gens qui, à Nantes Université, connaissent autrement que comptablement la réalité de ce qu’était le #marché_public passé avec Durance et Vent d’Ouest, et quand on échange avec celles et ceux qui ont l’habitude, à l’université ou ailleurs, de travailler avec le groupe Nosoli, on entend toujours la même chose : rien jamais ne remplacera la #proximité. Parce qu’avec Durance et Vent d’Ouest les échanges étaient souples, réactifs, pas (trop) systématiquement réglementaires, parce que les gens qui dans les bibliothèques de l’université commandaient les ouvrages connaissaient les gens qui dans les librairies les leur fournissaient, et qu’en cas de souci ils pouvaient même s’y rendre et les croiser, ces gens. Et on entend, en plus de l’aberration écologique, logistique, et sociétale, que les commandes avec le groupe Nosoli sont usuellement et comme avec tout grand groupe logistique … complexes, lentes, difficilement négociables et rattrapables, sans aucune souplesse, sans aucune écoute ou connaissance des besoins fins de l’université “cliente”. Voilà ce que l’on entend, entre autres choses plus âpres et plus en colère.

    Une université vient de tuer une librairie. Et ça fait tellement chier. C’est tellement anormal. Tellement schizophrène. Le même jour que celui où j’ai appris l’annonce de la fermeture définitive de la libraire Vent d’Ouest, j’ai aussi reçu un message de Nantes Université m’informant que, champagne, l’université venait – comme 14 autres universités – de remporter un appel à projet de plus de 23 millions d’euros. La cagnotte lancée par la libraire Vent d’Ouest après la perte du marché de Nantes Université lui avait rapporté quelques milliers d’euros qui lui avaient permis de retarder sa fermeture de cinq mois.

    Vivre à l’université, travailler à Nantes Université, c’est être tous les jours, à chaque instant et sur chaque sujet, confronté au même type de #schizophrénie. D’un côté on collecte des dizaines de millions d’euros dans de toujours plus nébuleux appels à projets, et de l’autre on gère la misère et la détresse. Et on ferme sa gueule. Parce que ne pas se réjouir de l’obtention de ces 23 millions d’euros c’est être un pisse-froid et c’est aussi mépriser le travail (et l’épuisement) des équipes qui pilotent (et parfois remportent) ces appels à projets. Oui mais voilà. À Nantes Université on organise des grandes fêtes de rentrée et on donnez rendez-vous à la prochaine #distribution_alimentaire, la #fête mais la #précarité. Et l’on fait ça tous les jours. Toutes les universités françaises organisent ou ont organisé des #distributions_alimentaires, et toutes les universités françaises remportent ou ont remporté des appels à projet de dizaines de millions d’euros. Mais les financements qui permettraient de recruter des collègues enseignants chercheurs ou des personnels techniques et administratifs en nombre suffisant, et de les recruter comme titulaires, pour garantir un fonctionnement minimal normal, ces financements on ne les trouve jamais. Mais les financements qui permettraient d’éviter de fermer une librairie avec qui l’université travaille depuis des dizaines d’années et d’éviter de mettre 7 personnes au chômage, on ne les trouve jamais. Mais les financements qui permettraient à tous les étudiant.e.s de manger tous les jours à leur faim, on ne les trouve jamais. Mais les financements qui permettraient à l’UFR Staps de Nantes Université de faire sa rentrée on ne les trouve jamais. Mais les financements qui permettraient aux collègues de la fac de droit de Nantes Université de ne pas sombrer dans l’#épuisement_au_prix et au risque de choix mortifières pour eux comme pour les étudiant.e.s on ne les trouve jamais. Mais les financements qui permettraient aux collègues de l’IAE de Nantes Université de ne pas s’enfoncer dans le #burn-out, ces financements on ne les trouve jamais. Il n’y a pas d’appel à projet à la solidarité partenariale. Il n’y a pas d’appel à projet à la lutte contre la #misère_étudiante. Il n’y a pas d’appel à projet pour permettre à des milliers de post-doctorants d’espérer un jour pouvoir venir enseigner et faire de la recherche à l’université. Il n’y pas d’appel à projet pour sauver l’université publique. Il n’y en a pas.

    Il n’y a pas d’appel à projet pour la normalité des choses. Alors Nantes Université, comme tant d’autres, est uniquement traversée par des #régimes_d’exceptionnalité. #Exceptionnalité des financements obtenus dans quelques appels à projets qui font oublier tous les autres appels à projet où l’université se fait retoquer. Exceptionnalité des #crises que traversent les étudiant.e.s, les formations et les #personnels de l’université. Exceptionnalité des mesures parfois prises pour tenter d’en limiter les effets. Dans nos quotidiens à l’université, tout est inscrit dans ces #logiques_d’exceptionnalité, tout n’est lisible qu’au travers de ces #matrices_d’exceptionnalité. Exceptionnalité des financements. Exceptionnalité des crises. Exceptionnalité des remédiations.

    Une université vient de tuer une librairie. Cela n’est pas exceptionnel. C’est devenu banal. Voilà l’autre danger de ces régimes d’exceptionnalité permanents : ils inversent nos #représentations_morales. Ce qui devrait être exceptionnel devient #banal. Et ce qui devrait être banal (par exemple qu’une université publique reçoive des dotations suffisantes de l’état pour lui permettre d’exercer sa mission d’enseignement et de recherche), est devenu exceptionnel.

    Une université vient de tuer une librairie. Dans le monde qui est le nôtre et celui que nous laissons, il n’est que des #dérèglements. Et si celui du climat dicte déjà tous les autres #effondrements à venir, nous semblons incapables de penser nos relations et nos institutions comme autant d’écosystèmes dans lesquels chaque biotope est essentiel aux autres. Nantes Université a tué la libraire Vent d’Ouest. Le mobile ? L’habitude. L’habitude de ne pas mener les combats avant que les drames ne se produisent. L’habitude de se résigner à appliquer des règles que tout le monde sait pourtant ineptes. L’habitude du renoncement à l’attention à l’autre, au plus proche, au plus fragile, dès lors que l’on peut se réjouir de l’attention que nous portent tant d’autres. L’#habitude d’aller chercher si loin ce que l’on a pourtant si près.

    Une université vient de tuer une librairie. Le libéralisme a fourni l’arme. Les codes des marchés ont fourni la balle. L’habitude a fourni le mobile. Et l’université, après avoir baissé les yeux, a froidement appuyé sur la détente.

    https://affordance.framasoft.org/2023/09/une-universite-a-tue-une-librairie

    #ESR #enseignement_supérieur

  • Affaire French Bukkake : 17 hommes seront jugés au premier grand procès du porno amateur – Libération
    https://www.liberation.fr/societe/droits-des-femmes/affaire-french-bukkake-17-hommes-seront-juges-au-premier-grand-proces-du-

    Un procès a été ordonné ce jeudi 31 août pour 17 hommes soupçonnés d’avoir participé à un système à l’origine de #viols aggravés sur des dizaines de femmes lors de tournages pour la #plateforme_pornographique French Bukkake. Agés de 29 à 61 ans, dirigeant de la plateforme, associé, recruteur d’actrices, acteurs… Ils seront jugés par la cour criminelle départementale de Paris pour plusieurs crimes et délits, dont #viols_en_réunion, traite d’êtres humains en bande organisée ou encore #proxénétisme_aggravé, d’après des sources proches du dossier à l’AFP. Quatre des mis en cause sont actuellement en détention provisoire.

    Une cinquantaine de femmes victimes, en moyenne âgées d’une vingtaine d’années et ciblées pour leur précarité, ont été identifiées. Une quarantaine d’entre elles et quatre associations, Les Effrontées, le Mouvement du Nid, Osez le féminisme et la Ligue des droits de l’Homme, sont parties civiles. « L’enquête a révélé que les violences perpétrées contre ces femmes étaient systémiques », a souligné Me Lorraine Questiaux, qui représente plusieurs parties civiles dont Le Nid.

    https://seenthis.net/messages/934697
    https://seenthis.net/messages/930274

  • Retraites : le FN/RN de Marine Le Pen, l’autre parti du capital | Minuit dans le siècle
    https://spectremedia.org/minuit-dans-le-siecle/?playing=1293

    Le Front national devenu récemment Rassemblement national (FN/RN) a indéniablement conquis une frange de l’électorat populaire au cours des quatre dernières décennies. Pour autant, défend-il un programme favorable aux intérêts matériels des classes populaires ? Pas le moins du monde, comme on le montre dans cet épisode avec l’économiste Denis Durand. Durée : 38 min. Source : Spectre

    https://episodes.castos.com/60c88ecb8244e2-60091627/a207c241-b842-4fb6-947e-90749fb68b71-EpDenisDurand.mp3

    • On constate ici, à juste titre, la continuité idéologique existant entre la droite libérale et l’extrême droite, notamment pour ce qui concerne la conception du rôle de l’État dans le maintien de l’économie capitaliste.

      Pour autant, on semble considérer que l’opposition au « fascisme » représente non seulement une fin en soi, mais une priorité, s’appuyant sur maintes références historiques parfaitement valides.

      Chaque période historique n’est-elle pas singulière ? N’y a t-il pas lieu de déterminer les continuité et les rupture, afin d’éviter les erreurs d’appréciation de la réalité ?

      On retrouve, de mon point de vue, toute l’ambiguïté de l’antifascisme : c’est au nom de cet antifascisme épidermique que nombre de personnes ont voté à deux reprises et retourneront voter contre Le Pen aux élections, sans forcément faire le bilan d’une situation politique actuelle où les décisions politiques les plus autoritaires s’installent au sein de démocraties ordinaires.

      Ces décisions politiques les plus autoritaires et liberticides sont mises en œuvre par un personnel politique tout à fait classique et « non-fasciste », arrivé au pouvoir à l’issue d’un barrage contre l’extrême droite.

      Alors certes, on sait, que le RN est démagogue, qu’il n’a aucune cohérence politique et qu’il est prêt à raconter tout et son contraire pour arriver au pouvoir mais qu’en est-il des responsabilités de cette gauche (d’où est issu, rappelons-le, Macron) à cette situation ?

      De ce point de vue, l’analyse du capitalisme monopoliste d’État et des « problèmes de la gauche » pour contre-argumenter vis à vis de Le Pen sur le rôle de l’État, qui est évoquée à la fin de ce document me semble quand même assez ras du plancher car elle ne renvoie essentiellement qu’à une perspective électorale.

    • Toujours sur le sujet, en complément de l’exemple donné par @mad_meg : ce retour à chaud de l’action menée cet après-midi au stade de France où nous étions quelques personnes (pas seulement la CGT !) à distribuer des cartons et des sifflets afin de permettre aux supporters d’exprimer leur opposition à la réforme des retraites, à la 49,3e’.

      On a eu affaire, vers 19 heures, à un troupeau d’une centaine de supporters ultras nantais, qui se sont montrés particulièrement teigneux contre nous. Je ne sais pas vraiment comment on pourrait qualifier ces personnes mais ils présentaient tous les attributs, jusqu’à la caricature, des bandes fascistes, sans avoir la certitude qu’ils l’étaient.

      Tout ça pour un bide total. La 49,3e‘ est passée complètement inaperçue ; pire, le commentateur de la TV s’est fait un plaisir de signaler « quelques timides sifflets »...

      Décidément le sport, faut vraiment le prendre à la racine pour en venir à bout. A méditer pour les JO…

      Toujours est-il que cela me semble être une métaphore assez pertinente de la situation : des bandes virilistes et folkloriques – mais incontestablement dangereuses, localement – qui illustrent assez bien le climat de violence sociale du moment, des bataillons de CRS protégeant un pouvoir présidentiel ultra confiné (dans les vestiaires) et une masse de spectateurs avides de jeux.

      Mieux vaudrait ne pas considérer qu’il s’agisse de fascisme (passé ou à venir), car nous y sommes et c’est cela qu’il faut traiter dès maintenant.

    • « Il prônait des valeurs de famille et d’honneur » : qui est François Jay, l’ancien allié du RN mis en examen pour proxénétisme à Bordeaux ?
      Par Marie-Hélène Hérouart
      Publié le 03/05/2023 à 17:46 , Mis à jour le 04/05/2023 à 10:45
      Interpellé après un an d’enquête menée par la police nationale, François Jay, un ancien allié du RN, a été mis en examen pour proxénétisme et blanchiment aggravés, vendredi. Interpellé après un an d’enquête menée par la police nationale, François Jay, un ancien allié du RN, a été mis en examen pour proxénétisme et blanchiment aggravés, vendredi.

      Inscrit sur la liste RN-Siel en 2014, François Jay a siégé pendant un an au conseil municipal de Bordeaux, en remplacement de Jacques Colombier. Propriétaire de nombreux biens immobiliers, il a été mis en examen pour proxénétisme aggravé, vendredi.

      Le Figaro Bordeaux

      Sur son téléphone, qui bascule directement sur répondeur, une voix féminine enjouée lance d’un ton chantant : « Bonjour, laissez un message à François Jay ». Interpellé et placé en garde à vue du 23 au 25 avril après un an d’investigations menées par la police nationale de Bordeaux, François Jay est bien le « proxénète profiteur » désigné par l’enquête, selon une information dévoilée par Sud Ouest et confirmée au Figaro par une source proche du dossier. L’ancien conseiller municipal de Bordeaux, mis en examen vendredi pour proxénétisme et blanchiment aggravés, est accusé d’avoir été à la tête d’un « réseau de prostitution de femmes asiatiques dans l’agglomération bordelaise ». Il aurait agi aux côtés d’un trentenaire de nationalité chinoise, arrêté simultanément.

      « Il n’était pas vraiment Rassemblement national (RN), il était étiqueté Souveraineté, indépendance et libertés (Siel) », réagit auprès du Figaro Nicolas Florian. Et c’est à ce titre que François Jay, troisième sur la liste RN-Siel, a siégé au conseil municipal de la Ville à partir de 2018 en remplacement de Jacques Colombier (RN), tout juste élu député européen. Malgré leur alliance pour les municipales de 2014, le parti d’extrême droite et Siel avaient alors coupé les ponts, deux ans plus tôt, en raison de la tournure « identitaire » de la formation menée par Paul-Marie Coûteaux, précise Jimmy Bourlieux, délégué du RN en Gironde. Un lien « ténu », selon ce dernier, qui souligne par ailleurs que « même s’il était sortant, François Jay n’a pas été reconduit, même à une position inéligible, sur la liste municipale du RN en 2020 ».

      Il avait une tolérance zéro sur l’immigration et la délinquance
      Nicolas Florian, ancien maire de Bordeaux (LR)

      Maire de Bordeaux au moment du passage de François Jay au conseil municipal, Nicolas Florian se souvient d’un élu qui « prônait un certain nombre de valeurs, qui parlait de famille et d’honneur ». « C’était aussi un opposant par principe sur les questions de vivre ensemble. Il fallait frapper fort, avec une tolérance zéro sur l’immigration et la délinquance. Mais, il n’était pas très à l’aise avec les questions de logements », ajoute encore l’ancien édile. Et pour cause : le sexagénaire est propriétaire de très nombreux biens immobiliers (maisons, appartements, immeubles, garages) à Bordeaux et au Lège Cap Ferret. Ce sont ces lieux qu’il est soupçonné d’avoir mis à disposition pour des activités de prostitution « en profitant de faveurs sexuelles de temps en temps », selon le parquet de Bordeaux, au moment « collecter les loyers ».

      Un autre politique local évoque un homme ayant la réputation de « traîner dans pas mal d’affaires louches », aperçu au bras « d’une Ukrainienne de 19 ans » avec qui il « avait l’air d’entretenir une relation peu saine ». François Jay était également très proche de l’association d’extrême droite Bordeaux nationaliste, à qui il prêtait des locaux. Depuis la dissolution du groupe par Gérald Darmanin début février, les lieux sont occupés « gracieusement » par la Bastide Bordelaise, qui n’a pas souhaité répondre à nos sollicitations.

      Placé sous contrôle judiciaire en échange d’une caution de 100.000 euros, François Jay, comme le second mis en cause dans cette affaire, est présumé innocent. Son supposé complice a quant à lui été placé en détention provisoire à la prison de Gradignan.

      Le pus infect touche des millions dans la prostitution mais avec 100.000€ il est libre, vive l’amérique !

  • La Horde publie le PDF intitulé « Transphobie : de la confusion au risque fasciste » (avec pour nom de fichier « Brochure AntiTERF », ce qui me sembler relever d’une priorité sensiblement différente) :
    https://lahorde.samizdat.net/IMG/pdf/brochure_antiterf-1-combined.pdf

    Parmi les choses très problématiques, l’abolitionnisme (de la prostitution notamment) est sans procès qualifié de « putophobe », et se positionner contre le « travail du sexe » (mais aussi du BDSM ?) serait une posture transphobe. Dans le « En plus », il y a par exemple cette phrase : « depuis 2019, se positionne en plus de l’abolition de la prostitution, pour celle du porno et contre la GPA ». Il faudrait comprendre que « Les abolitionnistes » (nom de ce paragraphe) sont transphobes du seul fait qu’elles sont abolitionnistes ?

    Et ça devient encore plus flottant dans le passage contre « Les universalistes », dont il semble falloir admettre qu’elles sont transphobes du simple fait qu’elles se revendiquent du « féminisme universaliste », parce que je peine à comprendre ce qu’on leur reproche d’autre :

    Le féminisme universaliste vise avant tout la lutte contre le sexisme et ne conçoit pas que la religion ou le travail du sexe puissent être autrement que patriarcales.

    • Si l’on comprend bien, en lisant ce texte, le fait de critiquer la GPA, d’émettre des doutes sur la PMA ou d’être partisan de l’abolition du proxénétisme pourrait s’assimiler de facto à de la transphobie et conduire au fascisme ?

      La Horde ne nous avait pas habitué à ce type d’amalgame.

      Dans la logique même du propos de ce texte, j’ai du mal à raccorder la première partie (jusqu’à la page17), dans lequel on passe en revue des différentes tendances du camp « transphobe » en France avec le reste du document « Analyse » qui est la traduction d’un texte concernant la situation américaine.

      Dans cette seconde partie on se concentre sur la composante bien identifiées de l’alt-right américaine néo-nazie, laquelle n’a pas grand-chose à voir avec les entités françaises, présentées dans la première partie, telles que PMO, L’Échappée, Floraisons, Osez le féminisme… quelles que soient leurs ambiguïtés supposées ou réelles.

    • Et ce genre de phrases pas du tout « confusionniste » (évidemment sans trouver que les macronistes sont gentils) :

      De manière similaire, leur obsession transphobe les amènera à se détourner des combats féministes pour se retrouver de plus en plus proche de l’Extrême Droite. La première sera notamment [liaison logique donc] reçue par la ministre Marlène Schiappa…

      (Alors qu’il y a possiblement d’autres vrais liens… mais dans ce cas autant suivre avec ça, pas avec les liaisons avec le pouvoir en place…)

    • Il manque le discours lesbophobe mais j’ai pas cliqué pour aller voire, sinon rien que dans le résumé il y a tout le masculinisme classique des transactivistes. Promotion du proxenetisme, de la culture porno et du fétichisme, de la chirurgie esthétique, de la prise d’hormones cancerigènes à vie, de bloqueurs de puberté qui provoquent des retards mentaux... Que les anars se comportent comme des proxenètes n’est pas une nouveauté. ils sont anticapitalistes mais ne vont pas s’opposé à la volonté libre de gamines autistes et anorexiques d’etre auto-entrepreneuses des humiliations sexuelles que leur infligent les clients, des hommes (payé 25% de plus à travail égal) qui utilisent le pouvoir de leur argent. On est anticapitalistes mais entre couilles on reste solidaire pour violer des gamines, des migrantes, des toxico, et des survivantes de l’inceste, contre du bel argent de manarchiste.

      Il y a 10.000 mineurs en situation de prostitution en France, plus de 90% des personnes en situation de prostitution sont sans papiers, mon quartier est plein de femmes toxicos exploitées abominablement par des proxénètes, je connais aussi de plusieurs jeunes homos ou/et trans exploités par des vieux hommes répugnants, ou sont les anars alors que la prostitution c’est au moins à 90% cette exploitation immonde ?

      La brochure se dit ouvertement antiféministe puisque les terf ce sont des féministes radicales tandis que les anarchistes ne le sont pas (ou ne le sont plus). Ne le sont plus, car les Mujeres libres avaient abolis la prostitution et fermés les maisons closes et luttaient pour que les femmes aient des revenus pour leur travail et non pour l’exploitation de leur sexe par et pour des hommes.

      Le discours pro-prostitution est aussi transphobe car les trans ont le droit à d’autres horizons que le tapin et d’autres imaginaires que le porno, le fétichisme bdsm... Pendant que ces orga favorisent la traite des êtres humains, luttent pour l’auto-entreprenariat de sa servitude et de son humiliation au bénéfices des hommes, on les voit pas lutter pour que les trans aient accès a d’autres milieux, d’autres modes de vie, d’autres imaginaires, d’autres contextes que la fétichisation de leur corps pour de l’exploitation sexuelle.

      Quand à la GPA c’est aussi de l’exploitation du corps des femmes. C’est logique que des masculinistes liberaux libertaires promoteurs du proxenetisme y soient favorables, mais la pratique montre déjà des femmes retenues de force ou/et exploitées par leurs conjoints, enfants rejetés car non conforme aux demandes des clients, intermédiaires qui se gavent, femmes gestantes sous rémunérées qu’on culpabilise et rejette socialement...

      Enfin pour le « confusionnisme » c’est une des revendication du mouvement transactiviste, semer la confusion dans les catégories. La brochure est orienté dans cet objectif, rendre les idées confuses afin de servir des intérêts individualistes.

      #manarchisme #anarcouilles #masculinisme #misogynie #proxenetisme #sexisme #libéralisme #GPA

    • On a une confusion très visible ici : dénoncer un système d’aliénation deviendrait une insupportable insulte faite aux individus pris dans ce système. La phrase sur la religion et la prostitution me semble criante dans cette optique.

      Si tu considères que la religion et la prostitution sont des systèmes d’aliénation, alors fondamentalement tu insultes les personnes croyantes ou prostituées, ce qui fait de toi un·e fasciste. Or sur la religion au moins, j’ai trouvé des textes de la Horde qui rappellent explicitement la « ligne de crête » entre la critique des religions et le rejet des individus (fondement notamment de l’islamophobie). C’est tout de même le vieux principe de l’« opium du peuple » : dans le même temps la religion est une aliénation, et un moyen nécessaire aux personnes pour supporter l’exploitation capitaliste.

      À l’inverse, considérer que les systèmes d’aliénation (religion, prostitution, masculinisme) sont des éléments identitaires des individus et doivent être défendus en tant que tels, c’est une des marques du fascisme. Le christianisme n’est même plus défendu au motif que Dieu existerait, mais parce que notre société a toujours été chrétienne. Le masculinisme ne se discute pas, parce que si on « féminise » les hommes, alors les belles valeurs occidentales s’effondrent… Ça a toujours été comme ça, si on change ça tout s’effondre.

      Cette confusion entre critique de l’alinéation en tant que système et critique des individus semble centrale dans le transactivisme. Mais en généralisant ainsi (comme on le voit assez explicitement dans les phrases autour de la prostitution et de la religion), ça revient à renoncer à toute forme d’activisme progressiste et à toute volonté de transformer la société. Comme tu le dis, l’anarchisme deviendrait un libéralisme marchandisé absolu.

      C’est la définition du libertarianisme contemporain.

    • #A_qui_profite_le_crime ? à ceux qui détiennent le pouvoir et useront de tous les stratagèmes pour ne pas le lâcher : les hommes et le patriarcat. Il est plus facile d’attiser la haine contre les femmes féministes radicales quitte à leur remplir leur sac de toute la merde du monde, elles ont l’habitude hein.

      Ça me fait penser à la #bleuite, où comment les combattant·es de l’émancipation de l’Algérie se sont entretuées par l’entremise des services secrets français.
      #ne_pas_se_tromper_d'ennemi

    • Au passage, je vois qu’ils incluent le Mouvement du Nid dans les groupes « transphobes » et « putophobes », au motif qu’il est abolitionniste. Ça me semble assez dégueulasse, même si désormais habituel (Actup aussi fait ça).

      – Qualifier de putophobe un groupe qui accueille et soutient les personnes prostituées, c’est assez invraisemblable : la page d’accueil de son site, d’ailleurs, reprend le slogan proche de ses origines : « Avec les personnes prostituées contre le système prostitueur ». Ce qui en fait donc des putophobes. (D’autres associations, constituées principalement de « survivantes de la prostitution », ont donc fort logiquement aussi droit au qualificatif de putophobe.)

      Noter aussi que l’association, tout en étant abolitionniste, refuse la pénalisation des personnes prostituées :
      https://fr.wikipedia.org/wiki/Mouvement_du_Nid

      Le Mouvement du Nid s’est opposé fermement à la loi réprimant le racolage, y compris passif, loi dite Sarkozy, de la sécurité intérieure, de 2003.

      À l’occasion des élections européennes de 2009, le Mouvement du Nid a demandé aux candidats de s’engager autour d’un plaidoyer abolitionniste, refusant toute forme de pénalisation des personnes prostituées, renforçant la répression du proxénétisme, promouvant les alternatives à la prostitution et pénalisant les clients de la prostitution.

      – Quant à l’accusation de transphobie, elle remonte à quelques temps, et le mouvement avait publié un droit de réponse début 2020 :
      https://www.komitid.fr/2020/01/29/droit-de-reponse-des-accusations-diffamatoires-penalisent-les-personnes-tran

      Depuis sa fondation, l’association a toujours accompagné toutes les personnes en situation de prostitution qui le souhaitaient de façon inconditionnelle. Parmi elles, il y a toujours eu des femmes trans, accueillies dans le respect de la définition qu’elles donnaient d’elles-mêmes selon l’époque, (transsexuelle, transgenre, femme trans), ainsi que des hommes travestis.

      Ces personnes ont toujours trouvé auprès des bénévoles de l’association l’écoute et la posture de non jugement nécessaire à l’accompagnement social. Plusieurs d’entre elles, en ont témoigné dans notre revue Prostitution et Société.

      En 2018, Anne Darbes, femme trans, est intervenue avec des survivantes de la prostitution du monde entier lors de l’événement #Metoo et la prostitution à Paris, après avoir témoigné dans la revue de son parcours, et de l’accompagnement par le Mouvement du Nid.

      Dix ans plus tôt, en 2008, Myriam nous livrait déjà son témoignage. C’est elle qui choisissait, alors, de se définir comme transsexuelle. Ce témoignage était accompagné d’un relais des revendications politiques des personnes trans en France (dépsychiatrisation, état civil, sécurité sociale).

      – Quelques semaines plus tard : Montpellier : les locaux du Mouvement du Nid pris pour cible
      https://www.lagazettedemontpellier.fr/live/5f1c28d3eb151d00427086b2/montpellier-les-locaux-du-mouvement-du-nid-pris-pour-cible

      « Putophobe », « sex work is work »,... Les locaux du Mouvement du Nid à Montpellier ont été recouverts d’inscriptions ce vendredi 23 juillet.

      « Notre local associatif a été pris pour cible jeudi 23 juillet de vandalisme à caractère sexiste et diffamatoire », explique Pauline Chevailler, bénévole et membre du bureau de la délégation dans un communiqué. « Nous nous indignons de voir les personnes que nous accompagnons au quotidien sont obligées d’entrer dans un endroit que nous avons pensé comme un lieu d’accueil sécurisant et inconditionnel, sur la façade duquel sont à présent tagués des propos haineux et violents ».

      Puis une nouvelle fois six mois plus tard :
      https://actu.fr/occitanie/montpellier_34172/montpellier-prostitution-des-tags-sexistes-traces-sur-la-vitrine-de-l-associati

      Le ou les vandales ont notamment écrit à la peinture rose un nouveau terme, « Putophobe », ainsi que Sex Work, une signature de Montpelliérains qui dénigrent les actions permanentes des responsables et des bénévoles du Mouvement du Nid.

      – Chez ActUp donc :
      https://www.actupparis.org/2022/02/02/raphaelle-remy-leleu-linfiltree

      Nous exigeons que EELV tranche entre son engagement dans la lutte contre le VIH-sida et sa complaisance avec le lobby abolitionniste.

    • Alors bien sûr on te colle aussi Osez le féminisme, « coupable » d’avoir soutenu Féminicides par compagnon ou ex :
      https://www.lemonde.fr/societe/article/2022/01/06/la-question-trans-divise-les-feministes_6108474_3224.html

      L’objet de l’anathème ? Interpellé sur les réseaux sociaux sur l’absence de femmes transgenres figurant dans leur décompte, le compte en question a d’abord fait œuvre de pédagogie, en rappelant que l’angle de son travail, qui se base principalement sur des articles de presse, était celui des violences conjugales. Or, « en six années de recensement, aucune femme (ni homme) trans n’a été tué(e) par un(e) conjoint(e) », a-t-il répondu, renvoyant vers son tableau. Sommée à plusieurs reprises de s’expliquer sur sa méthode, la militante qui alimente le compte a fini par rétorquer : « Vu le harcèlement et le dénigrement que nous subissons, certaines ont semble-t-il bien conservé les aspects toxiques de leur masculinité antérieure. » Une phrase qui vaut aux bénévoles du collectif d’être vilipendées depuis pour « transphobie », et qui a conduit à la prise de position de Nous toutes.

    • @mona Chollet avait publié Surprenante convergence sur la prostitution dans le Diplo en 2014 :
      https://www.monde-diplomatique.fr/2014/09/CHOLLET/50782
      et cela avait déjà valu l’insulte de « putophobe », comme le relatait : Prostitution et engagement proféministe | Scènes de l’avis quotidien
      https://scenesdelavisquotidien.com/2015/06/29/prostitution-et-engagement-profeministe

      Comme les autres luttes abolitionnistes qui l’ont précédée, par exemple celle concernant l’esclavage, l’abolition de la prostitution rencontre de fortes résistances de la part des bénéficiaires du système. Parmi ces derniers, nombreux sont ceux qui cherchent à faire de l’abolitionnisme une insulte ou une « morale puritaine ». A ce titre, le mantra néo-réglementariste « Putophobe ! Putophobe ! » est assez exemplaire d’une mise en scène propice au statu-quo.

      Et en 2014, on avait également déjà ce travail d’imputation de culpabilité par voisinage (vous êtes pour l’abolition de la prostitution, des réacs sont contre la prostitution, donc vous êtes réac) :
      https://www.contretemps.eu/prostitution-surprenantes-convergences-dont-ne-parle-pas-diplo

      Je regrette surtout que votre propos reste inabouti. D’autres « surprenantes convergences » sont à l’œuvre en la matière, sur lesquelles les lecteurs et lectrices du Diplo méritaient d’obtenir un éclairage. Surprenante convergence, en effet, que celle qui unit mouvement féministe, partis de gauche et personnalités de la droite la plus conservatrice et réactionnaire.

      Ah là là, le confusionnisme bien connu de Mona Chollet en faveur de l’extrême-droite religieuse américaine.

      Comme on trouve tout sur Seenthis, hop :
      https://seenthis.net/messages/294539

    • C’est le travail du STRASS, une asso de proxenete et de consommateurs de viols contre de l’argent qui prétend défendre les interets des « travailleurs du sexe » (cad les proxenetres). Le plus inveressemblable c’est que la prostitution est la première cause de mortalité des trans, 100% des transicides ont lieu en france dans le contexte de la prostitution et les transactivistes prétendent que ce sont les TERF qui tuent les trans alors que ce sont les clients de la prostitution qui tuent et sont transphobes, homophobes misogynes et racistes.

  • Mediterraneo nero. Archivio, memorie, corpi

    L’importanza di una riflessione sul Mediterraneo nero è legata alle profonde trasformazioni, in termini culturali, sociali ed economici, che avvengono non solo in Europa, ma nel mondo intero. Oggi è necessario leggere il Mediterraneo in una prospettiva globale e transnazionale, ma anche quale archivio di memorie, pratiche e immagini che stanno ridiscutendo le geografie culturali. Centro di questo sistema epistemologico è il corpo, il rapporto di prossimità e distanza non solo con l’Europa, ma anche con una parte specifica del suo passato: il colonialismo e lo schiavismo. Connettendo passato e presente, l’autore si sofferma sulle memorie orali delle migrazioni raccolte in Italia: voci di etiopi, eritrei, somali e di persone che potremmo definire ‘seconde generazioni’ a proposito delle traversate mediterranee. L’obiettivo è quello di contribuire a una nuova riflessione sul rapporto tra il Mediterraneo nero e la riscrittura/reinvenzione dell’Europa e dell’identità europea.

    http://www.manifestolibri.it/shopnew/product.php?id_product=801

    #Méditerranée_noire #Méditerranée #livre #mémoire #corps #proximité #distance #passé #colonialisme #esclavage #passé_colonial #mémoire_orale #deuxième_génération #identité #identité_européenne #Gabriele_Proglio

    Et plein d’autres ressources intéressantes de ce chercheur (historien) sur son CV :
    https://www.unisg.it/docenti/gabriele-proglio
    –---

    ajouté à la métaliste sur l’#Italie_coloniale / #colonialisme_italien :
    https://seenthis.net/messages/871953

    ping @olivier_aubert @cede

    • The Horn of Africa Diasporas in Italy

      This book delves into the history of the Horn of Africa diaspora in Italy and Europe through the stories of those who fled to Italy from East African states. It draws on oral history research carried out by the BABE project (Bodies Across Borders: Oral and Visual Memories in Europe and Beyond) in a host of cities across Italy that explored topics including migration journeys, the memory of colonialism in the Horn of Africa, cultural identity in Italy and Europe, and Mediterranean crossings. This book shows how the cultural memory of interviewees is deeply linked to an intersubjective context that is changing Italian and European identities. The collected narratives reveal the existence of another Italy – and another Europe – through stories that cross national and European borders and unfold in transnational and global networks. They tell of the multiple identities of the diaspora and reconsider the geography of the continent, in terms of experiences, emotions, and close relationships, and help reinterpret the history and legacy of Italian colonialism.

      https://link.springer.com/book/10.1007/978-3-030-58326-2#toc

    • Libia 1911-1912. Immaginari coloniali e italianità

      L’Italia va alla guerra per conquistare il suo ’posto al sole’ senza realmente sapere cosa troverà sull’altra sponda del Mediterraneo. Il volume analizza la propaganda coloniale e, in particolare, la stretta relazione tra la costruzione narrativa della colonia libica e le trasformazioni dell’italianità. All’iniziale studio degli immaginari sulla Libia precedenti il 1911, segue una disamina di quelle voci che si mobilitarono a favore della guerra, partendo dai nazionalisti di Enrico Corradini con i riferimenti all’Impero romano, al Risorgimento, al mito della ’terra promessa’. L’archivio coloniale è indagato anche attraverso lo studio delle omelie funebri per i soldati caduti durante la guerra, con immagini che vanno dal buon soldato al figlio della patria. Un altro campo d’analisi è quello dell’infanzia: i discorsi dei docenti sul conflitto, del «Corriere dei Piccoli» e della letteratura per ragazzi lavorano per «costruire» i corpi dei piccoli italiani. Non manca, infine, lo studio della letteratura interventista: Gabriele D’Annunzio, Giovanni Pascoli, Filippo Tommaso Marinetti, Matilde Serao, Ezio Maria Gray, Umberto Saba, Ada Negri, Giovanni Bevione.

      https://www.mondadoristore.it/Libia-1911-1912-Immaginari-Gabriele-Proglio/eai978880074729
      #imaginaire_colonial #italianité #Libye

  • La (re)localisation du monde

    Et si le monde d’après-Covid était en gestation depuis plusieurs années déjà ? Si le phénomène actuel de #relocalisation ne datait pas de mars 2020, mais plutôt des années 2010 ? C’est la thèse de cet essai original et accessible, qui décrit le monde qui vient et ses acteurs, en s’appuyant sur une riche infographie et cartographie.

    Car notre monde globalisé est en train de s’éteindre au profit d’un monde localisé, suscité par trois révolutions. La première est industrielle : la robotique et le numérique sont entrés dans nos usines, les rendant capables de produire à la demande et à des coûts similaires à ceux des pays émergents. La deuxième est énergétique : l’essor exponentiel des renouvelables multiplie les sources locales d’énergie. La troisième concerne les #ressources : de plus en plus réemployées, elles offrent des matières premières de #proximité.

    Ce monde plus durable, fondé sur des grandes aires de production régionales, redessine les rapports de force économiques et géopolitiques, faisant apparaître de nouveaux maîtres du jeu. En se basant sur des données économiques internationales et de nombreux entretiens, Cyrille P. Coutansais rend compte de cette fascinante mutation de nos #systèmes_productifs, de nos #modes_de_vie et de #consommation.

    https://www.youtube.com/watch?time_continue=35&v=kINvJ2i9j7E&feature=emb_logo

    https://www.cnrseditions.fr/catalogue/relations-internationales/la-relocalisation-du-monde

    #relocalisation #globalisation #mondialisation
    #livre #géographie #ressources_pédagogiques

  • Ville du quart d’heure, ville des GAFA ?
    https://metropolitiques.eu/Ville-du-quart-d-heure-ville-des-GAFA.html

    Que cache le retour en grâce récent du thème de la ville du quart d’heure ? Mettant les discours à l’épreuve des faits, Marco Cremaschi souligne la menace d’un nouveau clivage social rendu possible par l’emprise croissante des GAFA sur les villes. Le mirage de la ville du quart d’heure fait florès en France. L’impulsion est venue du confinement du printemps 2020, qui a replacé au centre des #Débats le rêve de proximité tout en imposant un clivage entre les personnes travaillant à domicile (confinées dans Débats

    / #numérique, proximité, #urbanisme, #temps, #services_urbains

    #proximité
    https://metropolitiques.eu/IMG/pdf/met_cremaschi2.pdf

  • Using Tor as a HTTP Proxy
    https://diasp.eu/p/14099736

    Using Tor as a HTTP Proxy

    Bei einem Linux-System ist es zehn Minuten möglich, seine gefühlte Sicherheit enorm zu erhöhen. Die Nutzung von tor ist jedenfalls echt anzuraten und auch recht einfach einzurichten.

    Eine kurze, gute Anleitung gibt es z.B. hier: https://www.marcus-povey.co.uk/2016/03/24/using-tor-as-a-http-proxy

    Bitte bedenkt aber: Das reine Verstecken Eurer IP-Adresse reicht heutzutage nicht mehr aus, um sich vor Trackern und andren Verfolgungsmethoden abzusichern!

    #linux #tor #proxy

  • Des soldates auraient été « prostituées », admet le chef de la prison de Gilboa Par Times of Israel Staff 24 novembre 2021
    https://fr.timesofisrael.com/le-chef-de-la-prison-gilboa-semble-admettre-que-des-soldates-aurai

    Des geôlières ont raconté avoir été mises en contact avec des détenus afin d’être reluquées ou agressées en échange de concessions ; l’enquête a été classée et les plaintes enterrées.


    Le commandant de la prison de Gilboa, Freddy Ben Shitrit, arrive pour son témoignage devant le comité d’inspection du gouvernement pour enquêter sur l’évasion des prisonniers de sécurité de la prison de Gilboa, à Modiin, le 24 novembre 2021. (Crédit : Flash90)

    Le commandant de la prison de Gilboa, Freddy Ben Shitrit, a semblé confirmer mercredi des informations rendues publiques en 2018 qui avaient laissé entendre que des soldates qui effectuaient leur service militaire en tant que gardiennes dans la milieu carcéral avaient été « prostituées » et contraintes à avoir des relations sexuelles avec des terroristes palestiniens.

    Plusieurs anciennes gardiennes de la prison ont déclaré avoir été utilisées comme monnaie d’échange avec les détenus et délibérément mises en danger par leurs supérieurs afin d’obtenir des concessions de la part des prisonniers.

    M. Ben Shitrit a déclaré que la prison « faisait du proxénétisme avec les soldates » et « qu’elle remettait des femmes soldats à des terroristes à des fins sexuelles », faisant apparemment référence à une pratique présumée consistant à placer les femmes soldats en contact étroit avec les prisonniers comme des objets sexuels à reluquer, voire à agresser.

    « L’incident de proxénétisme a été un incident massif », a-t-il déclaré.

    Ce drame aurait eu lieu avant l’arrivée de Ben Shitrit à la tête de la prison.

    Ces accusations avaient été rapportées pour la première fois en 2018 par la Vingtième chaîne et fermement démenties par le service pénitentiaire. Une première enquête a été classée en raison d’un manque de preuves, ont rapporté les médias israéliens mercredi soir.

    Ben Shitrit a tenu ces propos alors qu’il témoignait devant un panel du gouvernement concernant les défaillances qui ont permis l’évasion de terroristes palestiniens, au mois de septembre. L’évasion a révélé des défaillances généralisées dans la prison, essentiellement liées à la pénurie de ressources humaines et matérielles.

    L’une des soldates qui a déclaré avoir été agressée sexuellement lors de l’incident a réclamé mercredi la réouverture de l’enquête.

    La soldate, dont le nom n’a pas été révélé, a déclaré à Walla qu’elle et d’autres gardiennes avaient été agressées sexuellement par un terroriste palestinien nommé Muhammad Atallah. Les gardiens ont affirmé que la direction de la prison était au courant de ces abus et les a couverts jusqu’à ce que des reportages médiatiques sur l’affaire les révèlent en juin 2018.


    Un gardien de prison dans une tour de surveillance à la prison de Gilboa, dans le nord d’Israël, le 6 septembre 2021. (Crédit : Flash90)

    Selon ces informations, un agent de renseignement de la prison aurait placé des gardiennes dans le quartier de sécurité de l’établissement à la demande du terroriste.

    La Douzième chaîne a déclaré que trois soldates étaient impliquées dans cette affaire.

    La soldate qui a témoigné a déclaré qu’elle avait reçu l’ordre d’accompagner Atallah dans l’établissement, ce qui lui donnait l’occasion de l’agresser, notamment en lui tripotant les fesses, tandis que ses supérieurs fermaient les yeux.

    En échange, Atallah, une figure puissante parmi les autres prisonniers, assurait la tranquillité de l’établissement pour le personnel de la prison, selon la Douzième chaîne.

    « Ils m’ont envoyée faire des missions que je n’étais pas censée faire pour être un objet sexuel afin d’obtenir des renseignements », a déclaré l’une des victimes présumées à la Douzième chaîne. « L’un des prisonniers de la sécurité a agi comme il le voulait envers moi. Insultes, offenses sexuelles, agressions verbales. Chaque fois que je venais prendre mon service, j’étais déprimée. »

    Elle a dit qu’elle était utilisée « comme un objet, comme une jolie fille, comme une tentatrice. Pour être juste un objet sexuel pour obtenir des informations d’eux ».

    « Mes commandants ne se souciaient pas de ce que je ressentais ou de ce que je vivais », a-t-elle déclaré.


    Une gardienne de prison avoir été utilisée par ses supérieurs comme monnaie d’échange avec les détenus. (Capture d’écran/Douzième chaîne)

    L’officier a reconnu avoir mis des gardiennes avec le prisonnier après que celui-ci a réclamé leur présence spécifique, a rapporté Walla.

    L’officier a été suspendu, mais a depuis réintégré l’administration pénitentiaire.

    L’ancienne soldate qui a demandé une enquête a déclaré : « J’attends du ministère public et de la police qu’ils rouvrent le dossier d’enquête. Ils doivent déposer un acte d’accusation contre l’officier de renseignement qui nous a livrées à des terroristes et contre tous ceux qui étaient au courant et se sont tus, et il y avait beaucoup de gens comme ça dans la prison. Nous nous sommes plaints que le prisonnier nous agressait sexuellement et on nous a dit de ne pas faire de commentaires. »

    L’avocate de la soldate, Galit Smilovitch, a déclaré que les commentaires de Ben Shitrit mercredi confortaient les accusations de sa cliente.

    « Il s’agit essentiellement d’un aveu indiquant que tout était planifié », a-t-elle déclaré. « Le ministère public doit s’occuper du problème à sa racine et ordonner la réouverture du dossier et le dépôt d’actes d’accusation contre toutes les personnes impliquées. »

    L’administration pénitentiaire a déclaré mercredi que les allégations ravivées étaient une tentative de détourner l’attention du témoignage de Ben Shitrit sur la mauvaise gestion de la prison.

    L’affaire a été « instruite sous la direction d’un précédent commissaire et classée par le bureau du procureur de l’État », a déclaré l’administration pénitentiaire dans un communiqué.

    « Si Ben Shitrit a entre les mains de nouvelles informations qui justifient la réouverture de l’enquête, il doit immédiatement les transmettre aux autorités chargées de l’application de la loi. »

    La ministre des Transports, Merav Michaeli, a qualifié les propos de Ben Shitrit de « choquants » et a déclaré que le ministre de la Sécurité intérieure, Omer Barlev, avait formé une commission chargée d’enquêter sur cette affaire.

    « Je suis sûre que tous les manquements et toutes les atrocités qui se sont produits dans la prison ces dernières années seront découverts et rectifiés », a-t-elle déclaré.

    #femmes #israël #Palestine #prison #prisons #soldates #proxénétisme  #prostitution #culture_du_viol #sexisme #exploitation #patriarcat #violence
     #femmes_soldats #objets_sexuels #atrocités

  • Industrie pornographique : quatre acteurs mis en examen pour viol, dont trois écroués
    https://www.lavoixdunord.fr/1091202/article/2021-10-28/industrie-pornographique-quatre-acteurs-mis-en-examen-pour-viol-dont-tr

    Ce serait la première fois que des acteurs sont poursuivis pour viol dans les investigations visant l’industrie pornographique, en France. Une cinquantaine de victimes auraient été identifiées, selon la source proche du dossier.

    Quatre acteurs ont été mis en examen le 22 octobre pour viol, dont trois incarcérés, dans l’enquête à Paris sur la plateforme de vidéos pornographiques « French Bukkake », ont fait savoir ce jeudi une judiciaire et proche du dossier, confirmant une information de BFMTV.

    Ce serait la première fois que des acteurs sont poursuivis pour viol dans les investigations visant l’industrie pornographique, en France, selon la source proche du dossier. Une cinquantaine de victimes auraient été identifiées, selon la source proche du dossier.
    La plateforme « French Bukkake ».

    « Quatre personnes ont été présentées le 22 octobre au juge d’instruction en charge de l’affaire et ont été mises en examen du chef de viol », a indiqué une source judiciaire. « Trois d’entre elles ont été placées en détention provisoire. La dernière personne a quant à elle été placée sous contrôle judiciaire », a-t-elle précisé.

    Le parquet de Paris avait ouvert une enquête préliminaire début 2020, puis une information judiciaire le 17 octobre visant la plateforme « French Bukkake ».

    Au total, huit personnes sont poursuivies dans ce dossier, dont les investigations ont été confiées à la section de recherches de la gendarmerie de Paris.

    Mi-octobre 2020, quatre personnes avaient été mises en examen pour « proxénétisme » et « traite d’êtres humains » aggravés, dont les producteurs surnommés « Pascal OP » et « Mat Hadix ».
    « Pascal OP » et « Mat Hadix »

    « Pascal OP », en détention provisoire, est aussi poursuivi pour « blanchiment de proxénétisme aggravé et blanchiment de fraude fiscale » ainsi que pour « travail dissimulé », avait indiqué à l’époque une source proche du dossier.

    Il est connu pour sa plateforme de vidéos pornographiques « French Bukkake », où « il produit ses contenus qu’il va vendre, mais il peut aussi bosser comme cadreur, rabatteur d’actrices, ou producteur pour d’autres plateformes », avait détaillé le journaliste Robin D’Angelo, auteur d’un livre-enquête sur son infiltration dans l’industrie du porno amateur.

    Le second producteur, Mathieu L. surnommé « Mat Hadix », avait été incarcéré en décembre pour ne pas avoir respecté son contrôle judiciaire.

    Le site « Jacquie et Michel », incarnation en France du porno amateur, est aussi visé par une enquête depuis le 10 juillet 2020 pour « viols » et « proxénétisme ».

    Après les révélations sur les violences et pratiques imposées lors des tournages, de grands groupes français du secteur, comme « Jacquie et Michel » et Dorcel, avaient annoncé en novembre 2020 leur volonté d’adopter des chartes éthiques et déontologiques.

  • Amicale du Nid : Rapport du groupe de travail sur la prostitution des mineur·es
    https://entreleslignesentrelesmots.blog/2021/09/17/amicale-du-nid-rapport-du-groupe-de-travail-sur-la-pros

    L’Amicale du Nid salue le travail remarquable mené par le groupe de travail présidé par Catherine Champrenault, Procureure Générale près la Cour d’Appel de Paris durant 8 mois, et son rapport remis le 13 juillet à Adrien Taquet, Secrétaire d’Etat en charge de l’enfance et des familles.

    L’Amicale du Nid était partie prenante de ce groupe de travail, en y apportant son expertise, notamment issue de ses actions professionnalisées de prévention auprès des jeunes, de sensibilisation, de formation, d’« aller-vers » dans l’espace public et numérique, d’accueil, d’accompagnement, d’hébergement, d’insertion socio-professionnelle. En outre, l’Amicale du Nid dispose de missions mineures, à Paris, dans les Hauts-de-Seine, à Lyon, Marseille, Montpellier et en Seine-Saint-Denis, et conduit une action de prévention auprès des mineur·es sur internet « Je n’suis pas à vendre ». Enfin, l’Amicale du Nid est la première association d’accompagnement de personnes en parcours de sortie de prostitutions depuis sa création par la loi de 2016 et constate que 26% d’entre elles étaient déjà en situation de prostitution mineur·es (7% à moins de 14 ans, 19% entre 15 et 18 ans).

    L’Amicale du Nid, très impliquée dans l’Hérault, avec une mission de prévention et d’accompagnement des mineur·es en danger ou situation de prostitution, avec son service « LE FIL », s’est constituée partie civile lors d’un procès à Béziers contre l’exploitation de deux jeunes filles âgées de 16 ans.

    Les deux prévenus, hommes, faut-il le préciser, âgés de 45 et 32 ans, ont été condamnés début juillet pour les faits de recours à la prostitution de mineures :

    Le premier à la peine de 12 mois d’emprisonnement avec sursis et 3000€ d’amende.

    Le deuxième à la peine de 1 mois d’emprisonnement avec un sursis probatoire pendant 2 ans (obligation de soins, de travail, interdiction d’entrer en contact avec les victimes et obligation d’indemniser) et 1000€ d’amende.

    La première mineure : 7000€ de dommages et intérêts et 1500€ pour chaque parent.

    La deuxième mineure : 7000€ de dommages et intérêts.

    L’Amicale du Nid a été reçue dans sa constitution de partie civile (1€ symbolique de dommages et intérêts et 500€ pour les frais d’avocat).

    L’Amicale du Nid souhaite s’appuyer sur cette peine, hélas inférieure aux requêtes du Parquet, pour rappeler l’interdit de l’achat d’actes sexuels, aggravé lorsqu’il s’agit de mineur·es.

    La prostitution est une atteinte grave à la dignité des personnes et aux droits humains les plus élémentaires et les violences qui en sont constitutives ont de terribles conséquences sur la vie et la santé physique, psychique et sexuelle des personnes. Les acheteurs d’actes sexuels, communément appelés « clients », sont les vrais auteurs de la prostitution, que la victime soit mineure ou majeure. Sans eux, il n’y aurait plus de prostitution, plus de proxénètes, plus de trafiquants d’êtres humains à des fins d’exploitation sexuelle. Comme toute violence sexuelle, la prostitution doit être combattue et c’est pourquoi la loi française interdit l’achat d’actes sexuels et protège les victimes.

    L’Amicale du Nid rejoint le groupe de travail dans ses recommandations et notamment pour l’inscription dans la loi de mesures éducatives envers les mineur·es capté·es par la prostitution.

    L’Amicale du Nid attend par ailleurs du législateur que tout achat d’acte sexuel à l’encontre d’un·e mineur·e de moins de 18 ans soit qualifié de viol, et pas seulement pour les moins de 15 ans comme l’instaure la loi du 21 avril 2021.

    Les mineur·es capté·es par la prostitution doivent pleinement bénéficier d’une protection spécifique du fait de leur âge. L’ensemble des enfants doit avoir une éducation à la vie affective, relationnelle et sexuelle, et une information sur les dangers de la prostitution. Toutefois, il convient de garder à l’esprit que le système prostitutionnel est le même pour les adultes et les jeunes, qu’il est toujours fait de violences alliant Sexisme, Racisme, Pauvreté, Domination et que de nombreuses personnes adultes en situation de prostitution l’étaient déjà adolescentes.

    C’est pourquoi il importe d’insister sur l’intérêt d’une sensibilisation de l’ensemble de la population française pour qu’elle sache la réalité de la prostitution qui est bien éloignée de la vision glamour et très banalisée qu’en ont aujourd’hui la plupart des gens et des media. Cette sensibilisation a aussi pour objectif de faire connaître la loi du 13 avril 2016 visant à renforcer la lutte contre le système prostitutionnel et à accompagner les personnes prostituées.

    C’est pourquoi nous réclamons à nouveau que cette sensibilisation soit complétée par la pleine application des mesures énoncées dans la loi, notamment la poursuite des acheteurs d’actes sexuels. Selon le rapport inter inspections générales de décembre 2019 relatif à l’évaluation de la loi :

    Seulement 1185 contraventions délivrées aux acheteurs d’actes sexuels en 2018.

    Baisse des poursuites engagées concernant les délits de recours à la prostitution des mineur·es ou personnes vulnérables, passant de 67 en 2016 à 34 en 2018, alors que la prostitution des mineur·es atteint un niveau préoccupant, pour reprendre les termes du rapport.

    Comment des enfants peuvent-ils comprendre les dangers de la prostitution et les interdits posés par la loi si les adultes ne sont pas inquiétés quand ils achètent des actes sexuels ?

    Même si le chiffrage de la prostitution des mineur·es est difficile, il est une réalité qui doit conduire à une politique publique coordonnée, avec des moyens à la hauteur des enjeux : le secteur associatif évalue le nombre de mineur(e)s prostitué(e)s dans une fourchette entre 7 000 et 10 000, mais cela reste très approximatif et peut être en deçà de la réalité.

    L’Amicale du Nid rejoint le groupe de travail qui conclut que pour faire avancer les choses réellement, il importe d’agir sur tous les paramètres :

    La définition d’un cadre de gouvernance national et territorial, à l’échelle du département ;

    Le déploiement d’une politique de prévention primaire ambitieuse en direction des enfants, des adolescent·es et de leurs familles ;

    L’amélioration du repérage des situations d’exploitation sexuelle des mineur·es ;

    L’amélioration du traitement judiciaire et de l’accompagnement éducatif des mineur·es ;

    La mise en œuvre d’une politique de formation interdisciplinaire et à l’attention de tous les professionnel·les ;

    Le renforcement de la protection des mineur·es sur internet et les réseaux sociaux.

    Dès lors, la stratégie la plus efficace paraît être la conduite de ces différents chantiers dans le cadre d’un plan national de lutte contre la prostitution des mineur·es, ce qui permettra d’assurer une action dans la durée, en cohérence, avec la mobilisation de l’ensemble des acteurs, professionnels et associatifs. L’Amicale du Nid répondra présente pour participer à l’élaboration de ce plan qui devra s’accompagner de moyens à la hauteur des enjeux.

    Amicale du Nid

    https://www.50-50magazine.fr/2021/08/25/amicale-du-nid-rapport-du-groupe-de-travail-sur-la-prostitution-des-mi

    #violences_sexuelles #violences_masculines #prostitution #proxenetisme #viol #violophilie #féminisme #injustice #justice

  • La cryptomonnaie séduit le milieu de la pornographie | Radio-Canada.ca
    https://ici.radio-canada.ca/nouvelle/1820310/cryptomonnaie-pornographie-onlyfans-banque-industrie-sexe-bitcoin

    Agence France-Presse
    2021-08-30 | Mis à jour hier à 18 h 17

    Les vedettes de la pornographie, de même que les travailleurs et travailleuses du sexe et du divertissement pour adultes, pourraient se tourner vers les cryptomonnaies pour se faire rémunérer, après avoir connu une série de problèmes avec le système financier traditionnel.

    Au début du mois d’août, des difficultés avec les banques ont poussé la plateforme OnlyFans à annoncer qu’elle comptait bannir les contenus sexuels qui ont fait sa popularité.

    OnlyFans est ensuite revenue sur sa décision, affirmant avoir de nouveau le soutien des entreprises de paiement qui menaçaient de couper les ponts par crainte de voir leur réputation entachée.

    L’épisode pourrait accélérer le passage à la cryptomonnaie pour permettre des paiements anonymes en dehors du système bancaire traditionnel, selon ce que relèvent des spécialistes.
    La pornographie, pionnière du web

    « C’est évident que la cryptomonnaie va être la solution », affirme l’actrice britannique Adreena Winters, aussi figure de proue d’un nouveau site qui accepte les cryptomonnaies.

    La pornographie a souvent été pionnière dans le décollage de nouveaux concepts, qu’il s’agisse de VHS ou de paiement par carte de crédit en ligne, ou même d’Internet.
    Une citation de :
    Adreena Winters

    Pour Jeff Dillon, directeur du développement de Nafty, une plateforme de cryptomonnaies réservée à l’industrie de la pornographie, l’épisode d’OnlyFans « a fait plus pour [eux] que la plus chère des campagnes marketing ».

    Lui aussi rappelle que l’industrie du sexe a ouvert la voie à d’autres innovations sur le web, comme les paiements par carte de crédit, et qu’elle pourrait le faire à nouveau avec les monnaies numériques.

    « Cela va multiplier l’élan pour mettre en place des solutions de paiement cryptographiques et alternatives », affirme-t-il.

    Dominic Ford, fondateur de JustFor.Fans, un rival d’OnlyFans qui accepte le bitcoin, précise que la cryptomonnaie ne représente qu’une petite fraction des transactions sur sa plateforme, car le processus est lourd.

    Mais il admet que cette part pourrait gonfler rapidement si les outils de transfert d’argent les plus populaires s’adaptent.

    « Une cryptomonnaie qui fonctionne en ligne et transcende les frontières semble une évolution évidente, comme le courrier électronique a été l’évolution du courrier », résume dans un blogue CumRocket, une jeune pousse qui a créé un jeton numérique, appelé Cummies, spécialement pour les contenus pour adultes.

    « Il s’agit vraiment d’une occasion unique dans une vie. Nous passons donc au niveau supérieur », peut-on lire dans le blogue de CumRocket.

    Les travailleurs et travailleuses du sexe devraient avoir la possibilité de rejoindre une plateforme qui ne sera soumise à aucune restriction de traitement des paiements.
    Une citation de :
    Un porte-parole de CumRocket

    Alors que le bitcoin et d’autres monnaies numériques restent d’une volatilité extrême, les entreprises de contenus pour adultes disent qu’elles peuvent éviter ces problèmes en les utilisant pour des paiements immédiats, sans les entreposer.
    La vigilance de mise

    La cryptomonnaie n’apportera pas que des bienfaits, estime pour sa part Deon Glows, créatrice de contenu pour adultes aux États-Unis.

    D’un côté, elle va aider à contourner certaines des restrictions du système bancaire, mais elle va également attirer une clientèle « recherchant l’anonymat pour des raisons immorales ».

    Certaines entreprises pour adultes disent que la cryptomonnaie est prometteuse, mais un porte-parole de la plateforme britannique de réseaux sociaux pour adultes Unlockd croit qu’elle est encore « trop immature » pour être « la source principale de paiements ».

    Pour Lou Kerner, investisseur et analyste de Quantum Economics, l’industrie du sexe pourrait bien aider à populariser l’utilisation des cryptomonnaies.

    « C’est difficile pour ces travailleurs et travailleuses du sexe d’obtenir des comptes bancaires, rappelle-t-il. Plus la technologie deviendra facile à utiliser, plus les acteurs et actrices de l’industrie l’adopteront. »
    Des services de paiement frileux

    OnlyFans n’est pas le seul service en ligne à avoir connu des obstacles avec les services de paiement.

    Le site pornographique Pornhub, qui accepte la cryptomonnaie pour son service premium, a eu des embrouilles l’année dernière avec Visa et Mastercard.

    À la suite d’une enquête du New York Times selon laquelle le site hébergeait de la vengeance pornographique (revenge porn) non consensuelle, les entreprises ont temporairement interdit les paiements à des sites du géant montréalais MindGeek, qui possède Pornhub et d’autres sites.

    En août, les autorités américaines ont exigé une enquête sur des suspicions de pornographie juvénile sur OnlyFans.

  • Quand le #Militantisme déconne : injonctions, pureté militante, attaques… (8/8)
    https://framablog.org/2021/08/27/quand-le-militantisme-deconne-injonctions-purete-militante-attaques-8-8

    La question compliquée et parfois houleuse du #militantisme nous intéresse depuis longtemps à Framasoft, aussi avons-nous demandé à #Viciss de Hacking Social, de s’atteler à la tâche. Voici déjà le huitième et dernier segment [si vous avez raté les épisodes … Lire la suite­­

    #Claviers_invités #Contributopia #Désinformation #Internet_et_société #Libr'en_Vrac #autodétermination #autonomie #besoins_fondamentaux #compétence #Internet #justice_transformatrice #motivation #proximité

  • Quand le #Militantisme déconne : injonctions, pureté militante, attaques… (7/8)
    https://framablog.org/2021/08/20/quand-le-militantisme-deconne-injonctions-purete-militante-attaques-7-8

    La question compliquée et parfois houleuse du #militantisme nous intéresse depuis longtemps à Framasoft, aussi avons-nous demandé à #Viciss de Hacking Social, de s’atteler à la tâche. Voici déjà le septième épisode [si vous avez raté les épisodes précédents] de … Lire la suite­­

    #Claviers_invités #Contributopia #Désinformation #Internet_et_société #Libr'en_Vrac #autodétermination #autonomie #besoins_fondamentaux #compétence #Internet #motivation #proximité

  • Quand le #Militantisme déconne : injonctions, pureté militante, attaques… (4/8)
    https://framablog.org/2021/07/30/quand-le-militantisme-deconne-injonctions-purete-militante-attaques-4-8

    La question compliquée et parfois houleuse du #militantisme nous intéresse depuis longtemps à Framasoft, aussi avons-nous demandé à #Viciss de #Hacking_Social, de s’atteler à la tâche. Voici déjà le quatrième épisode [si vous avez raté les épisodes précédents] de … Lire la suite­­

    #Claviers_invités #Contributopia #Internet_et_société #Libr'en_Vrac #autonomie #besoins_fondamentaux #compétence #déconnant #injonction #proximité

  • L’#Inserm met en évidence de nouvelles #pathologies liées aux #pesticides

    Les liens sont de plus en plus évidents entre usage des pesticides et certains #cancers, en particulier chez les agriculteurs et chez les enfants. C’est ce que montre une nouvelle étude de l’Inserm, huit ans après celle qui faisait référence jusqu’à présent.

    https://www.mediapart.fr/journal/france/070721/l-inserm-met-en-evidence-de-nouvelles-pathologies-liees-aux-pesticides
    #santé #maladie #industrie_agro-alimentaire #agriculture #rapport

    • Pesticides et santé – Nouvelles données (2021)

      Ce document présente la synthèse issue des travaux du groupe d’experts réunis par l’Inserm dans le cadre de la procédure d’expertise collective pour répondre à la demande de cinq directions de l’État, la Direction générale de la prévention des risques, la Direction générale de la santé, la Direction générale du travail, la Direction générale de la recherche et de l’innovation, ainsi que le secrétariat général du ministère de l’Agriculture et de l’Alimentation. Ce travail s’inscrit dans le cadre de l’actualisation du rapport d’expertise collective Inserm intitulé Pesticides : Effets sur la santé, publié en 2013.

      Ce travail s’appuie essentiellement sur les données issues de la littérature scientifique disponible en date du premier trimestre 2020. Plus de 5 300 documents ont été rassemblés à partir de l’interrogation de différentes bases de données (PubMed/ Medline, Scopus, Cairn...) et des recherches complémentaires ont été effectuées par les experts ou en collaboration avec le Pôle expertise collective. Le Pôle expertise collective de l’Inserm, rattaché à l’Institut thématique Santé publique, a assuré la coordination de cette expertise.

      Les pesticides regroupent l’ensemble des produits utilisés pour lutter contre les espèces végétales indésirables et les organismes jugés nuisibles. Qu’il s’agisse de pesticides autorisés aujourd’hui ou utilisés par le passé (dont certains sont rémanents), ils suscitent des inquiétudes concernant leurs effets possibles sur la santé humaine et plus largement sur l’environnement. Afin de mieux apprécier leurs effets sanitaires, l’Inserm a été saisi en 2018 par cinq directions générales ministérielles en vue d’actualiser l’expertise collective intitulée « Pesticides : Effets sur la santé » publiée en 2013.

      L’expertise collective de 2021 dresse un bilan des connaissances dans le domaine au travers d’une analyse critique de la littérature scientifique internationale publiée depuis 2013. Plus de 5 300 documents ont été rassemblés et analysés par un groupe d’experts multidisciplinaire. L’expertise commence par une analyse sociologique de la montée des préoccupations concernant les pesticides et une présentation des connaissances sur l’exposition aux pesticides de la population française, puis elle aborde une vingtaine de #pathologies dont les #troubles_du_développement_neuropsychologique_et_moteur de l’enfant, les #troubles_cognitifs et anxio-dépressifs de l’adulte, les #maladies_neurodégénératives, les cancers de l’#enfant et de l’adulte, l’#endométriose et les #pathologies_respiratoires ainsi que thyroïdiennes. Une dernière partie est consacrée à des pesticides ou familles de pesticides particuliers : le #chlordécone, le #glyphosate et les #fongicides_inhibiteurs_de_la_succinate_déshydrogénase (#SDHi). La présomption d’un lien entre l’exposition aux pesticides et la survenue d’une pathologie est appréciée à partir des résultats des #études_épidémiologiques évaluées et est qualifiée de forte, moyenne ou faible. Ces résultats sont mis en perspective avec ceux des #études_toxicologiques pour évaluer la plausibilité biologique des liens observés.

      Exposition en milieu professionnel

      En considérant les études sur des populations qui manipulent ou sont en contact avec des pesticides régulièrement, et qui sont a priori les plus exposées, l’expertise confirme la présomption forte d’un lien entre l’exposition aux pesticides et six pathologies : #lymphomeslymphomes_non_hodgkiniens (#LNH), #myélome multiple, cancer de la #prostate, #maladie_de_Parkinson, troubles cognitifs, #bronchopneumopathie chronique obstructive et #bronchite chronique. Pour les LNH, il a été possible de préciser des liens (présomption forte) avec des substances actives (#malathion, #diazinon, #lindane, #DDT) et avec une famille chimique de pesticides (#organophosphorés), et pour la maladie de Parkinson et les troubles cognitifs avec les #insecticides organochlorés et les organophosphorés, respectivement. Il s’agit essentiellement de pesticides pour lesquels les études se sont appuyées sur des biomarqueurs permettant de quantifier l’exposition. Les études toxicologiques confirment que les mécanismes d’action de ces substances actives et familles de pesticides sont susceptibles de conduire aux effets sanitaires mis en évidence par les études épidémiologiques.

      Des liens ont été identifiés pour d’autres pathologies ou événements de santé avec une présomption moyenne. C’est le cas notamment pour la maladie d’#Alzheimer, les troubles anxio-dépressifs, certains cancers (#leucémies, système nerveux central, vessie, rein, sarcomes des tissus mous), l’#asthme et les #sifflements_respiratoires, et les pathologies thyroïdiennes.

      Exposition pendant la #grossesse ou l’#enfance

      Les études épidémiologiques sur les cancers de l’enfant permettent de conclure à une présomption forte de lien entre l’exposition aux pesticides de la mère pendant la grossesse (exposition professionnelle ou par utilisation domestique) ou chez l’enfant et le risque de certains cancers, en particulier les leucémies et les tumeurs du système nerveux central.

      Les études de cohortes mères-enfants ont permis de caractériser les liens entre l’exposition professionnelle ou environnementale (c’est-à-dire en population générale) des mères pendant la grossesse et les troubles du développement neuropsychologique et moteur de l’enfant. Il est difficile de pointer des substances actives en particulier, mais certaines familles chimiques de pesticides sont impliquées, avec un niveau de présomption fort, notamment les #insecticides organophosphorés et les #pyréthrinoïdes dont l’usage a augmenté en substitution aux insecticides organophosphorés. Le lien entre les #organophosphorés et l’altération des #capacités_motrices, cognitives et des fonctions sensorielles de l’enfant est confirmé et les nouvelles études sur les #pyréthrinoïdes mettent en évidence un lien entre l’exposition pendant la grossesse et l’augmentation des #troubles_du_comportement de type internalisé tels que l’#anxiété chez les enfants. Les données expérimentales sur des rongeurs suggèrent une #hyperperméabilité de la barrière hémato-encéphalique aux #pyréthrinoïdes aux stades les plus précoces du développement, confortant la plausibilité biologique de ce lien. De plus, comme le montrent les études récentes d’expologie, ces insecticides, qui ont été à la fois utilisés en #agriculture mais également dans les sphères domestiques, induisent une contamination fréquente des environnements intérieurs.

      Exposition des #riverains des #zones_agricoles

      Les populations riveraines des zones agricoles peuvent être concernées par la dérive des produits épandus sur les cultures. En effet, des études suggèrent une influence de la #proximité aux zones agricoles sur la #contamination par les pesticides du lieu de vie, variable selon les substances, leur mode d’application et la manière d’estimer l’exposition. Des études écologiques ou cas-témoins avec géolocalisation reposant sur la caractérisation de l’activité agricole au voisinage des adresses de résidences suggèrent un lien entre l’exposition des riverains des terres agricoles et la maladie de #Parkinson, et également entre la #proximité_résidentielle à des zones d’#épandages de pesticides (rayon <1,5 km) et le comportement évocateur des troubles du spectre autistique chez l’enfant. Cependant, ces études présentent des limites importantes liées à l’évaluation fine de l’exposition ou à l’absence de données individuelles, ce qui rend le niveau de présomption faible.

      Focus sur le chlordécone, le glyphosate et les inhibiteurs de la succinate déshydrogénase

      Le chlordécone, #insecticide utilisé aux #Antilles_françaises dans le passé, persiste de nos jours dans les milieux naturels insulaires. La consommation des denrées alimentaires contaminées a entraîné une contamination de l’ensemble de la population. La présomption forte d’un lien entre l’exposition au chlordécone de la population générale et le risque de survenue de #cancer_de_la_prostate a été confirmée. En considérant l’ensemble des données épidémiologiques et toxicologiques disponibles, la causalité de la relation est jugée vraisemblable.

      Concernant l’herbicide glyphosate, l’expertise a conclu à l’existence d’un risque accru de LNH avec une présomption moyenne de lien. D’autres sur-risques sont évoqués pour le #myélome multiple et les #leucémies, mais les résultats sont moins solides (présomption faible). Une analyse des études toxicologiques montre que les essais de #mutagénicité sur le glyphosate sont plutôt négatifs, alors que les essais de #génotoxicité sont plutôt positifs, ce qui est cohérent avec l’induction d’un stress oxydantstress oxydant. Les études de cancérogenèse expérimentale chez les rongeurs montrent des excès de cas, mais ne sont pas convergentes. Elles observent des #tumeurs différentes, pour les mâles ou les femelles, qui ne se produisent qu’à des doses très élevées et uniquement sur certaines lignées. D’autres mécanismes de #toxicité (effets intergénérationnels, perturbation du microbiote...) sont évoqués qu’il serait intéressant de considérer dans les procédures d’évaluation réglementaire.

      Pour les fongicides SDHi, qui perturbent le fonctionnement mitochondrial par l’inhibition de l’activité SDH, un complexe enzymatique impliqué dans la respiration cellulaire et le #cycle_de_Krebs, il n’existe à ce jour pratiquement aucune donnée épidémiologique portant sur les effets possibles de ces substances sur la santé des agriculteurs ou de la population générale. Les études toxicologiques ou mécanistiques montrent que certains SDHi pourraient être considérés comme des #perturbateurs_endocriniens au moins chez les modèles animaux utilisés (poissons). Alors que les SDHi ne présentent aucune génotoxicité, certains montrent des effets cancérogènes chez les rongeurs mais ce résultat est discuté sur la base d’un mécanisme de cancérogenèse non extrapolable aux humains. Des recherches sont nécessaires pour améliorer l’évaluation du potentiel cancérogène des SDHi, et plus généralement des composés non génotoxiques, et pour combler les lacunes dans les données humaines par le renforcement de la biosurveillance et l’exploitation des cohortes existantes.

      En conclusion

      L’expertise souligne l’importance de réévaluer périodiquement les connaissances dans ce domaine. La confirmation et la mise en évidence de présomptions fortes de liens entre certaines pathologies et l’exposition aux pesticides doivent orienter les actions publiques vers une meilleure protection des populations. Ces questions relatives aux liens entre une exposition aux pesticides et la survenue de certaines pathologies s’inscrivent dans une complexité croissante, la littérature faisant apparaître une préoccupation concernant les effets indirects de certains pesticides sur la santé humaine par le biais des effets sur les #écosystèmes. L’#interdépendance en jeu mériterait d’être davantage étudiée et intégrée, au même titre que les aspects sociaux et économiques afin d’éclairer les prises de décisions lors de l’élaboration des politiques publiques.

      https://www.inserm.fr/information-en-sante/expertises-collectives/pesticides-effets-sur-sante

      Pour télécharger l’étude :


      https://www.inserm.fr/sites/default/files/2021-07/Inserm_ExpertiseCollective_Pesticides2021_RapportComplet_0.pdf

      #toxicologie #thyroïde #autisme

  • Territoires des #déchets. Agir en régime de proximité

    Du #compostage_collectif urbain aux ressourceries de #ville, les initiatives pour ancrer le traitement des déchets dans la ville se multiplient en s’appuyant sur l’investissement des usagers.
    Mais si la réglementation communautaire et nationale promeut la #proximité et l’#autosuffisance comme principes directeurs de la #gestion_des_déchets ménagers pour optimiser le #bilan_carbone, cet ouvrage montre que paradoxalement trop de proximité peut remettre en cause l’autosuffisance des territoires pourtant visée.
    En confrontant les politiques menées en #France et dans divers projets européens (#Suède, #Catalogne, #Belgique), ce livre propose d’analyser en profondeur les expériences de la proximité dans le traitement des déchets : expériences des gestionnaires, des usagers, des militants écologistes.


    https://pufr-editions.fr/produit/territoires-des-dechets
    #géographie #livre #ressources_pédagogiques #urban_matter #géographie_urbaine #urbanisme #TRUST #master_TRUST #déchets_ménagers

  • L’ex-numéro 2 d’Alliance Police mis en examen pour pédophilie contre sa fille


    Deux policiers ont été mis en examen pour attouchement et actes de pédophilie en fin de semaine dernière. L’un d’eux, accusé d’avoir abusé de sa fille et placé en détention provisoire, n’est autre que le numéro deux du syndicat Alliance Police. Une nouvelle affaire dramatique à quelques mois du #MeTooInceste.

    https://www.revolutionpermanente.fr/L-ex-numero-2-d-Alliance-Police-mis-en-examen-pour-pedophilie-c

    En fin de semaine dernière, deux policiers de Seine-et-Marne ont été mis en examen pour attouchements, agression sexuelle sur mineure et complicité d’agression sexuelle sur mineure. C’est l’école de la fille de l’un des policiers qui a donné l’alerte, après que l’adolescente de 15 ans ait confié avoir subi des attouchements par son père.

    Le principal mis en cause, James D, n’est autre que l’ancien numéro 2 du syndicat d’extrême-droite Alliance Police. Il aurait également été chez SGP, puis responsable régionale Ile-de-France de l’Unsa, avant de revenir chez Alliance. Sa collègue, placée en garde-à-vue et visée par l’information judiciaire, est déléguée syndicale Alliance en Seine-et-Marne. La mère de l’adolescente a également été placée en garde-à-vue au cours du week-end.

    Plus encore, l’enquête, qui commence à peine, semble révéler que d’autres policiers pourraient être impliqués dans cette odieuse affaire de pédophilie. Selon Le Parisien des sources proches de l’enquête auraient affirmé que James D « n’aurait peut-être pas été seul », et qu’« il pourrait y avoir d’autres gardes à vue dans les jours prochains ».

    Un ami du policier aurait quant à lui déclaré : « Les premiers éléments dont nous avons eu connaissance laissent apparaître une affaire vraiment sordide, j’espère qu’on ne remontera pas sur un réseau ». Ses collègues décrivent « un grand manipulateur, « malsain », qui fait « jouer ses réseaux privés à chaque fois pour rebondir ».

    #police #inceste #viol #pédocriminalité #proxenetisme #famille

    • la source du parisien - https://www.leparisien.fr/seine-et-marne-77/seine-et-marne-deux-policiers-impliques-dans-une-affaire-de-pedophilie-15
      –----
      sur libé :
      https://www.liberation.fr/societe/police-justice/seine-et-marne-deux-policiers-soupconnes-dactes-pedophiles-et-de-complici

      Ce sont les contours d’une affaire sordide qui se dessinent lentement. Deux policiers, James D. et Gaëlle P., implantés en Seine-et-Marne, sont soupçonnés d’actes pédophiles ainsi que de complicité. Le premier est mis en cause pour des rapports sexuels imposés avec la fille de la deuxième, mineure de 15 ans. Il est mis en examen pour « agression sexuelle », « viol » et « corruption de mineur ».

      James D. est une figure syndicale ayant fait le tour des étiquettes majoritaires ces dernières années : Unité SGP Police d’abord, puis Unsa Police avant Alliance Police en 2017. Là, les témoignages divergent, quand certains assurent que James D. a quitté le syndicat dès 2017, d’autres affirment qu’il y est resté jusqu’en 2019. De source syndicale, l’homme aurait en fait été officiellement avisé de la fin de son détachement le 2 janvier 2020 et ne serait donc plus rattaché à Alliance depuis cette date. Il aurait été « invité à partir » pour des raisons qui n’ont rien à voir avec cette affaire, mais « parce qu’il n’effectuait pas le travail que nous attendions de lui ».
      Un signalement de l’éducation nationale

      Depuis, après avoir tenté sans succès d’être de nouveau détaché par un autre syndicat, minoritaire, il serait en arrêt maladie. Ceux qui l’ont croisé et connu affirment ne pas avoir remarqué de traits de caractère laissant imaginer le pire. « Il est plutôt distant et ne donne pas forcément envie d’entretenir une relation amicale avec lui », estime une source policière contactée par Libération. Une autre personne souligne tout de même « une personnalité difficile à cerner, mais pas de quoi imaginer quoi que ce soit de cette ampleur ».

      En garde à vue depuis le 10 juin, il est mis en examen et placé en détention provisoire pour « agression sexuelle », « viol » et « corruption de mineur ». Ceci contrairement à Gaëlle P., une autre policière, permanente du syndicat Alliance en Seine-et-Marne, soupçonnée d’avoir fait le lien et encouragé les rapports entre sa fille et James D.. La policière, remise en liberté mais visée par une information judiciaire ouverte par le parquet de Melun, se considère auprès de ses proches comme une « victime » de la manipulation de l’ancien syndicaliste. « Elle aurait prévu de porter plainte contre James D., sans que rien ne soit lancé pour le moment », affirme une source proche de la policière à Libération. Selon nos informations, une deuxième femme « proche du groupe » a aussi été placée en garde à vue sans être poursuivie.

      Une personne proche du dossier indique en outre que le signalement aux autorités est venu de l’Education nationale, laissant penser que l’adolescente se serait plainte auprès de son établissement scolaire.
      Pas d’autres victimes pour le moment

      Les différentes personnes contactées par Libération assurent que les informations concernant cette histoire tombent pour le moment au compte-gouttes. « Tout est très verrouillé », avance l’une d’elles. Deux versions s’affrontent : quand la jeune fille soutient avoir eu plusieurs rapports non consentis avec le policier, ce dernier, lui, ne concéderait qu’un seul rapport. Des photos de l’adolescente dénudées ont été trouvées dans le téléphone de James D..

      « Nous espérons qu’il n’y ait pas plus de victimes, plus d’adultes manipulés et plus d’adolescents touchés par ce système », indique un ancien collègue du policier. La crainte des personnes contactées réside dans la possibilité de l’existence d’un véritable réseau, et de pratiques proches de rites ou de cérémonies ésotériques. « Il ne s’agit pas de cela pour le moment », précise une source proche du dossier.

  • Picasso, séparer l’homme de l’artiste
    https://www.venuslepodcast.com/episodes/picasso,-s%C3%A9parer-l'homme-de-l'artiste

    Cet épisode a mis du temps à arriver, mais c’était le temps nécessaire pour digérer et retranscrire tout ce qu’il y a à dire sur Picasso (enfin presque). Figure du génie par excellence, Picasso est une icône quasi-intouchable, auréolée d’une mythologie qu’il a lui-même entretenue, que des centaines d’expositions et de records en salles de ventes continuent à alimenter. Au-delà de cette figure mythique... Source : Vénus s’épilait-elle la chatte ?

    • Au-delà de cette figure mythique, Picasso était un homme particulièrement violent et misogyne, qui a passé sa vie à écraser les personnes moins puissantes et moins privilégiées que lui. Le caractère destructeur de Picasso est loin d’être limité à sa vie privée, il a au contraire nourri une immense partie de son travail et c’est précisément pour ça qu’il est valorisé. Le cas de Picasso permet de réfléchir sur la façon dont les valeurs virilistes impactent tous les aspects de la culture occidentale, de l’esthétisation des violences sexistes et sexuelles à la fabrique des génies.

      On a parlé de tout ça avec mon invitée Sophie Chauveau, autrice de Picasso, le Minotaure, mais aussi de division sexuée du travail et de charge mentale, de Dora Maar et des artistes que Picasso a brisé·es, d’appropriation culturelle, de subversion et de l’impunité qu’on accorde aux hommes puissants.

      #misogynie #haine #violences_masculine #grand_homme #masculinité #virilité #art #amour #hétérosexualité #picasso #violophilie #boys_club #male_alphisme #homophobie #pédocriminalité #malegaze #sadisme #proxenetisme #viol #pédoviol #appropriation_culturelle

      La nature existe pour que nous puissions la violer

      Picasso

      Apollinaire s’est fait connaitre en écrivant sur Picasso, le geni et la notoriété en histoire de l’art ce sont des hommes qui écrivent leur admiration pour d’autres hommes. Plus tard Clouzot fera pareil avec « Le mystère Picasso » - le film est déclaré tresor national et il est toujours encensé.

      Paul Eluard offrit sa femme à Picasso en signe d’admiration- Picasso l’appelait (Paul) Madame Picasso pour marqué sa soumission à lui et le dévalorisé par le marqueur du féminin.

      Max Jacob vivait pendant un moment avec Picasso - les deux étaient en galère sauf que Max Jacob travaillait pour entretenir Picasso dont il était amoureux et le laisser peindre. Pendant la seconde guerre Max Jacob est déporté et Picasso qui aurait pu lui sauvé la vie a refusé de l’aider et l’a laisser mourir.

      Au moment ou il se met en couple avec Thérèse Walter qui à 17 ans il s’identifie au Minotaure et en fait l’image du violeur ( alors que c’est un monstre devoreur d’enfant et non violeur à l’origine) et il se représente en violeur - il y a plus de 50 oeuvres de Picasso intitulée le viol.

      L’intelligence de Dora Marre était un défi pour lui et il s’est employé à la brisé et la soumettre aussi bien psychologiquement, artistiquement et socialement. Il la battait jusqu’à évanouissement - c’est la série des femmes qui pleurent. Cette série est une sublimation des violences misogynes. Lassé de sa victime il la confie à Lacan qui la fait interné et subir des électrochocs. Après elle est entrée au couvent et à disparu.

      Il a remplacé Dora Marre par Françoise Gillot et lui a fait du chantage pour qu’elle vive avec lui, lui fasse deux enfants et mette sa carrière en suspend pour le servir et lui permettre de travailler 18h par jour sur ses oeuvre. Au moment ou Françoise Gillot devait accouché il a refusé qu’on l’hospitalise car il n’avait pas que ca à faire. A chaque fois qu’il détruisait une femme il y puisait une nouvelle inspiration. Les femmes lui servaient de servantes et d’objet à détruire pour y puiser l’art qui fera tant rêver les autres hommes.

      Picasso « fit cadeau » à un ami de deux jeunes filles mineurs dont il à voler les papiers d’identité. Il etait applaudit pour cela.

      L’idée que l’art est subversif est faux, la subversion est en fait l’exercice déchainé de la domination.

      Pour son interet sur l’art africain et précolombien, il est purement formel et jamais il ne s’est interessé à d’autres, autres cultures, autres personnes, tout est uniquement tourné vers son ego.

      après les centaines et les centaines d’expo sur Picasso, avec des approche toutes plus variées pour faire valoir son oeuvre et son geni, il est temps de montrer comment son oeuvre exprime ses crimes. Ses tableaux vendus des millions sont des trophées de viols de femmes et de mineures, de passages à tabac de femmes et de mineures, et on adore toujours ca comme du grand arts.