• ’I can’t believe I’m free’: the Canadian citizens ending the torment for Australia’s offshore refugees

    A unique private #sponsorship program has relocated dozens of people from Papua New Guinea to Canada, giving them a chance ‘to be human again’

    https://www.theguardian.com/australia-news/2019/nov/04/i-cant-believe-im-free-the-canadian-citizens-ending-the-torment-for-aus
    #relocalisation #accueil_privé #asile #migrations #réfugiés #Manus_island #Canada #Papouasie-Nouvelle-Guinée #relocalisation

    • ’Someone has to do it’: Australians sponsor refugees into Canada

      Toronto: Hundreds of asylum seekers rejected by Australia and stranded in Nauru and Papua New Guinea could be resettled in Canada under a unique program that allows individuals to privately sponsor refugees.

      Australian expats in Canada, alarmed at the deteriorating mental health of many asylum seekers in offshore detention, have formed a network to raise funds and lodge applications to bring refugees to their adopted homeland.

      They are focused almost exclusively on the 330 estimated asylum seekers who are ineligible for the US resettlement program and have no prospect of being accepted by another third country.

      Amirhossein Sahragard, a 27-year-old Iranian refugee who tried to reach Australia by boat, arrived at Toronto airport on Thursday night (Friday AEDT) after almost seven years on Manus Island.

      He is believed to be just the second refugee from Australia’s offshore detention system to be resettled in Canada under its private sponsorship scheme.

      “Before this, I had no future,” he told The Sydney Morning Herald and The Age after his arrival.

      “When I found out I was coming to Canada my body went into shock. I couldn’t believe it.”

      Another Iranian refugee who was detained on Manus Island will arrive in Toronto next week.

      Canada’s private sponsorship scheme, which has operated since the late 1970s, allows groups of five people to apply to bring refugees of their choosing to Canada.

      Sponsors must raise about $18,000 for each refugee and help them find housing, employment and counselling services.

      “There is no other way for these people to get out,” said Juliet Donald, an Australian clinical psychologist who lives in Toronto.

      She has applied to privately sponsor a gay refugee who fled Iran after being blackmailed by associates of an ex-lover. She is also fundraising to sponsor a refugee family of four on Nauru.

      “In a strange way it turns out I can do more from Canada than I could in Australia,” she said.

      “I feel this huge relief that there is something I can do to help.”

      Donald, originally from Sydney, is a member of the Canadian branch of Ads-Up (Australian Diaspora Steps Up), a group of Australian expats and Canadian locals helping to resettle refugees.

      Ben Winsor, who co-founded Ads-Up in the US last year, said the group decided to expand to Canada after the surprise May election result.

      “We were really rattled by a spate of suicide attempts and we felt we had to take a harder look at what we could do for people who were getting turned away by the Trump administration,” Winsor said.

      "Taxpayers are wasting billions of dollars, Australia’s name is being dragged through the mud, and people’s lives are being stolen from them year after year.

      “We need to end it, and this is a way that we can do that.”

      The group has 17 applications underway to privately resettle refugees, and expects that number to rapidly expand.

      It is estimated that around 600 asylum seekers remain on Nauru and PNG, and another 135 have been transferred to Australia for medical treatment.

      “The only limit really is the amount of money and volunteers,” Ads-Up member Laura Beth Bugg, a university professor who moved from Sydney to Toronto, said.

      “In theory we could resettle everybody.”

      Bugg co-sponsored Amirhossein Sahragard’s refugee application and greeted him at the airport on Thursday with a winter coat.

      She said Canadians were generally shocked to learn about Manus Island and Nauru.

      “It is not the image they had of Australia,” she said.

      A parallel project in western Canada, run by two local non-profit organisations, is aiming to resettle up to 200 refugees from Nauru and PNG.

      Laurie Cooper, from the Canada Caring Society, said the project had raised approximately $330,000 and was about to submit its first batch of 17 applications. It can take between 18 and 24 months for applications to be processed.

      The US has accepted around 630 refugees from Nauru and PNG, but has also rejected hundreds of applicants under its “extreme vetting” process. Iranian and Syrian refugees have especially low acceptance rates.

      Refugees must pass security, criminal and medical checks before being accepted into Canada, but the process is less onerous than in the US.

      Donald said that privately sponsoring a refugee carries immense responsibilities, but that someone had to do it.

      “I’d rather be a little scared and do it, than to walk away,” she said. “This is something I can do that makes me proud to be Australian.”

      https://www.smh.com.au/world/north-america/someone-has-to-do-it-australians-sponsor-refugees-into-canada-20191102-p536r

  • Il miraggio delle ridistribuzioni e il confinamento in hotspot

    In continuità con i monitoraggi svolti nelle ultime settimane, siamo ritornati a #Pozzallo e #Messina per incontrare alcune delle persone presenti all’interno dei due hotspot.

    Nell’attesa che gli “accordi di Malta” si traducano in uno strumento più concreto, rimane inalterata la situazione di attesa dei richiedenti asilo soggetti alle ridistribuzioni.

    Infatti, alle violenze subite prima del viaggio in mare e alle settimane in balia delle decisioni degli Stati europei e della politica dei “porti chiusi”, stanno seguendo mesi di attesa e mancanza di informazione circa il proprio destino e la propria situazione giuridica.

    Come già si è più volte sottolineato, le procedure di ridistribuzione cui stiamo assistendo negli ultimi mesi non hanno nessun fondamento normativo che ne regoli puntualmente lo svolgimento. Esse sono basate unicamente sulla clausola di sovranità posta dall’art. 17 del Regolamento Dublino, che prevede che uno Stato membro possa farsi carico dell’accoglienza di determinati richiedenti asilo anche in deroga ai criteri con cui il Regolamento attribuisce la competenza.

    Di fatto, si tratta di un accordo tra Stati del tutto informale che determina, da una parte, l’arbitrarietà della ridistribuzione e, dall’altra, un allungamento indefinito della permanenza dei richiedenti asilo nei c.d. hotspot.

    Al momento, le pratiche di ridistribuzione sembrano seguire il seguente iter. Si inizia con dei colloqui con gli operatori EASO e gli agenti della polizia italiana, al fine di compilare il foglio notizie e il mod. C3 per la formalizzazione della domanda di protezione internazionale.

    Da quanto ci viene riferito, non viene fornita alcuna copia dei documenti sottoscritti dai richiedenti asilo, a cui viene detto che soltanto in seguito gli sarà rilasciato un documento identificativo. In effetti, l’attestato nominativo, certificante la loro condizione di richiedenti asilo, viene consegnato agli ospiti dei centri con tempistiche diverse e comunque nell’ordine di settimane, se non di mesi.

    L’incontro con le delegazioni dei paesi della ridistribuzione inizia subito dopo la formalizzazione del mod.C3; a detta di molti, con domande che spesso ricordano un interrogatorio, piuttosto che limitarsi a raccogliere le storie dei candidati. Molti richiedenti asilo hanno percepito queste interviste come dei veri e propri “test” da superare. Al termine del colloquio, soltanto le delegazioni di alcuni paesi consegnano un documento attestante l’avvenuta intervista.

    Un’altra circostanza che abbiamo avuto modo di rilevare è il trasferimento di alcune persone dall’hotspot di Pozzallo in alcuni CAS della provincia di Ragusa nonostante si tratti di persone che hanno sostenuto il colloquio con le varie delegazioni dei paesi e ai quali è stato riferito di attendere il trasferimento nel paese meta. Anche tale prassi risulta discrezionale e foriera di ulteriore confusione tra i richiedenti asilo che non capiscono la motivazioni di percorsi così differenti.

    Alcuni dei candidati ancora presenti in Italia ci raccontano che le persone trasferite in altri paesi, p.e. in Francia, avrebbero ottenuto il riconoscimento della protezione internazionale senza dover ricominciare la procedura d’asilo nel paese di destinazione. Se così fosse ci sarebbe una selezione a monte dei candidati ad essere ammessi in un determinato Stato, sulla base di determinati criteri, che potrebbero spaziare dalla nazionalità all’età o altri requisiti soggettivi. O ancora essere basata sulla prevalutazione della sussistenza dei requisiti per il riconoscimento della protezione internazionale. Se fosse vera quest’ultima ipotesi, cosa succederà a coloro i quali non sembrano ricadere all’interno delle stringenti definizioni della protezione internazionale, anche alla luce dell’abrogazione della protezione umanitaria a seguito dell’entrata in vigore del decreto sicurezza?

    Il caso Sea Watch e le pratiche di confinamento

    Data l’informalità degli accordi e delle pratiche di ridistribuzione, non tutte le delegazioni seguono il modello sopra riportato.

    Emblematico è il caso delle persone salvate dalla nave Sea Watch III a fine giugno scorso, coinvolte nell’iter di ridistribuzione. Mentre la maggior parte delle 53 persone salvate dalla nave tedesca è già stata ripartita nei paesi di destinazione, il destino di 18 migranti rimasti in Italia è ancora sospeso. Ormai da quasi quattro mesi aspettano invano all’interno del CPA di Messina di sapere se verranno trasferiti come richiesto in Germania, la quale non solo non ha ancora ufficialmente dichiarato quante e quali persone prenderà in carico, ma non ha nemmeno fornito ai richiedenti un documento attestante l’avvenuta intervista.

    Nel corso dei quattro mesi in attesa in Italia queste persone non hanno ricevuto alcuna informazione sulla loro presunta ridistribuzione in Germania. Ancora una volta la mancanza di regole delle procedure genera una situazione di incertezza, di sospensione del diritto e di discriminazione. Da quanto ci viene riferito, la ridistribuzione va ad inficiare anche il diritto alle cure mediche, che non vengono fornite con la scusa che saranno i paesi destinatari a doversene fare carico.

    Per queste 18 persone la permanenza a Messina si è trasformata in un confinamento in un limbo, dove non si ha accesso ai servizi base e i diritti vengono sistematicamente calpestati. La ridistribuzione, per molti, non è altro che un miraggio lontano.

    La precarietà nell’ex caserma Bisconte

    La struttura di Messina risulta, come noto, divisa in due zone, adibite una a CPA e una a CAS. Nonostante siano due strutture separate con due enti gestori diversi (nello specifico Medihospes per il CAS e Badia Grande per il CPA), di fatto entrambi i centri svolgono funzioni di hotspot. Infatti, il collocamento e il trasferimento dei richiedenti asilo da una zona all’altra risulta arbitrario.

    Dalle conversazioni con le persone incontrate fuori dal centro è emerso che tra CPA e CAS sono presenti attualmente circa 300 persone.

    Le criticità sono tante. La più grave è probabilmente l’assenza di adeguate cure mediche; queste anzi sono praticamente inesistenti. Da più voci emerge come gli ospiti, alcuni dei quali presenti dallo scorso luglio, non vengano sottoposti ad un adeguato screening medico, ma vengano loro distribuiti antidolorifici (peraltro in quantità insufficiente) come rimedio per qualunque malessere.

    Alcuni ospiti riferiscono anche che per accedere alle cure mediche non basta chiederle: bisogna protestare vivacemente con gli enti gestori, “farsi sentire”, “fare rumore”, come ci viene riferito.

    Altra criticità è la mancanza di personale adeguato per la mediazione linguistica. Ci viene raccontato che il personale è italiano e non parla fluentemente né comprende bene l’inglese e il francese.

    Il pocket money fornito è insufficiente e con modalità inadeguate a far fronte ai bisogni degli ospiti (i ragazzi con cui abbiamo parlato hanno detto di aver ricevuto circa 15 euro al mese).

    Altre persone segnalano poi la mancanza di prodotti per l’igiene personale; ci viene riferito della distribuzione di un solo sapone al momento dell’ingresso che deve bastare per l’intero periodo di permanenza.

    La mancanza di servizi in entrambe le zone della struttura di Messina viene resa ancor più insopportabile dalla lentezza dei trasferimenti e dalla mancanza di qualsiasi tipo di informazione sull’andamento delle procedure di ricollocamento.

    Le domande che ci vengono poste dalle persone che incontriamo fanno intendere come manchi una corretta informativa sulle procedure di formalizzazione della richiesta di protezione internazionale avviate; si domandano perché non hanno ricevuto copia dei documenti che sono stati chiamati a sottoscrivere e perché sono stati sottoposti al rilievo delle impronte digitali.

    A ciò si aggiunge l’assenza di qualsiasi tipo di attività ricreativa. Ragazzi anche molto giovani con cui abbiamo parlato lamentano proprio questo stato di cose, che rende le giornate un interminabile susseguirsi di ore di attesa senza avere alcuna idea su come la propria situazione andrà a evolversi e in quanto tempo.

    L’insopportabile situazione descritta ha come effetto l’allontanamento volontario di tanti ospiti dalle strutture, che cercheranno di raggiungere il confine con gli altri paesi europei, magari affidandosi ad altri trafficanti di esseri umani. Molte di queste persone non riusciranno ad uscire dall’Italia, rischiando di rimanere intrappolati in uno stato di irregolarità e di andare ad ingrossare le file dell’esercito del lavoro sommerso.

    L’hotspot di Pozzallo

    Da quanto osservato nel corso del monitoraggio la struttura era vuota fino a pochi giorni fa. Tutte le persone che erano presenti nell’hotspot al momento della nostra ultima visita erano state trasferite per fare posto a 56 nuovi arrivi del 2 ottobre (sembrerebbe provenienti da sbarchi autonomi sull’isola). Di queste persone, 14 erano minori non accompagnati e 2 donne incinte; la maggior parte era di nazionalità tunisina. La celerità di questi ultimi trasferimenti non è stata accompagnata da una comunicazione sulle nuove destinazioni dei pazienti agli operatori di MEDU che li avevano presi in carico, provocando la brusca interruzione dei trattamenti delle vulnerabilità psichiche avviati, inficiandone l’efficacia ed impedendo il loro riferimenti ai servizi territoriali.

    Dopo circa tre giorni anche le persone arrivate a inizio ottobre sono state trasferite e l’hotspot era stato nuovamente svuotato. Trattandosi per la maggior parte di cittadini tunisini, la loro destinazione più probabile è stata il CPR di Caltanissetta, in coincidenza dei rimpatri settimanali. Per queste persone la possibilità di essere rimpatriate – sulla base degli accordi di riammissione e dato che la Tunisia oggi è considerata oltre che un porto sicuro, anche un paese sicuro secondo la lista stilata con decreto ministeriale del 4 ottobre scorso – vuol dire spesso non avere accesso di fatto alla richiesta di protezione, in violazione del diritto di accesso alla procedura in base alla storia personale e non la nazionalità.

    Negli ultimi giorni sembra che la struttura sia stata nuovamente utilizzata per trasferirvi un gruppo di migranti che, dopo essere sbarcati a Malta, sono stati portati in Italia, prima a Lampedusa e poi a Pozzallo, in attesa delle ridistribuzioni.

    La ridistribuzione: abbandono e violazione dei diritti a tempo indeterminato

    Gli accordi di ridistribuzione – che per molti potrebbero significare anche la possibilità di non rimanere bloccati in Italia (paese che per molti non è l’obiettivo finale del difficile viaggio intrapreso) – di fatto rappresentano l’ennesimo ostacolo imposto dalla politica europea ai richiedenti asilo.

    Nonostante le “promesse” dei governi europei e la dichiarata volontà di istituzionalizzare il meccanismo di ridistribuzione, le procedure restano attualmente sconosciute ai più, in primis ai diretti interessati, che si trovano relegati ad attendere per un tempo indefinito in condizioni e strutture inadeguate.

    I nuovi accordi sembrano voler fare della Sicilia un hub di confinamento, un grande centro dove mettere in pratica le strategie securitarie e biopolitiche della fortezza Europa.

    Si continua a ledere i diritti delle persone, negando ogni genere di servizio di base (cure mediche, sostegno psicologico e legale) dietro la scusa di un trasferimento all’estero che tarda a d arrivare.

    Ribadiamo, in questo senso, le indicazioni espresse nella lettera aperta, sottoscritta con ASGI e ActionAid, con la quale chiediamo l’accesso ai servizi di prima necessità a Messina, come in ogni altro luogo di transito, accoglienza o detenzione dell’isola.


    https://www.borderlinesicilia.org/il-miraggio-delle-ridistribuzioni-e-il-confinamento-in-hotspot
    #hotspots #relocalisation #asile #migrations #réfugiés #Italie #caserma_Bisconte

    ping @isskein

  • Monde parallèle : Macron conteste le mot « pénibilité » car... « ça donne le sentiment que le travail serait pénible »
    https://www.marianne.net/politique/monde-parallele-macron-conteste-le-mot-penibilite-car-ca-donne-le-sentimen


    par contre, lui, est parfaitement adapté pour décrire avec ses petites phrases le sentiment qu’il est de plus en plus pénible.
    #relou_pénible

  • Attribution des terres de la ZAD de NDDL - Notre Dame des Landes
    https://www.passerelleco.info/article.php?id_article=2297

    Appel à une nouvelle mobilisation le 26 octobre L’enjeu de ce rassemblement pour le mouvement, c’est que les terres préservées du bétonnage par la lutte n’aillent pas à l’agrandissement des exploitations existantes mais à de nouvelles installations porteuse d’une agriculture bio, locale, collective et respectueuse du bocage. Nous portons deux revendications simples : l’attribution des autorisations d’exploiter à l’ensemble des installations issues du mouvement qui en faisaient la demande aujourd’hui. (...)

    #ZAD #NDDL #paysannerie #SAFER #AGRICULTURE #BIO #RELOCALISATION #LUTTE #RENDEZVOUS #RENCONTRE #MANIFESTATION

  • Au Cameroun, Greenpeace Africa plaide pour la sécurisation des terres des peuples autochtones
    http://www.lescoopsdafrique.com/2019/08/09/au-cameroungreenpeace-africa-plaide-pour-la-securisation-des-terre

    Les 8 et 9 août à l’esplanade du stade omnisport de #Yaoundé, les #peuples_autochtones attirent une fois de plus l’attention du gouvernement camerounais vis-à-vis de l’impact négatif de l’acquisition des #terres à grande échelle pour l’#agriculture_industrielle sur leur vie, et en même temps, sensibilisent l’opinion tant national qu’internationale sur la nécessité de pérennisation de leur patrimoine culturel.

    “ Nous avons été déplacés de la #forêt sans plan de relocalisation et au profit de la #plantation industrielle de la compagnie #SudCam. Il est essentiel que, pour un projet de grande envergure comme celui de SudCam, nous, les #Baka soyons consultés au préalable, car nous sommes les premiers gardiens de la forêt et devrions en être les premiers bénéficiaires. Le gouvernement doit nous impliquer dans le processus d’acquisition des terres car cela a un impact sur notre vie”, a déclaré Yemelle Parfait, un leader Baka du village d’#Edjom dans le Sud #Cameroon.

  • Migrants : comment les #territoires ont pris le relais de l’Etat

    L’accueil de migrants, la #prise_en_charge de demandeurs d’asile et l’#intégration des réfugiés sont des #compétences_régaliennes de l’Etat. Cependant, par manque de moyens ou par choix politique, celui-ci s’avère défaillant. Les élus locaux prennent le relais. Les édiles ne peuvent rester inactifs face à l’arrivée de migrants sur leur territoire et à la formation de #campements sauvages dans l’#espace_public. Ils développent et financent des actions pour l’accueil de migrants dont une majorité relève du #droit_d’asile. Les élus sont aussi sollicités pour s’investir dans l’intégration des réfugiés. Ils bénéficient ainsi d’une contractualisation et de moyens de l’Etat. La #Stratégie_nationale_pour_l’accueil_et_l’intégration_des_personnes_réfugiées repose, entre autres, sur eux.

    https://www.lagazettedescommunes.com/dossiers/migrants-comment-les-territoires-ont-pris-le-relais-de-letat
    #villes #migrations #asile #réfugiés #accueil #Etat #compétence #responsabilité #défaillance #POPSU

  • AFM rescues 87 migrants as another group leaves Malta for France

    An AFM patrol boat rescued 87 migrants off Lampedusa overnight and brought them to Malta on Wednesday morning.

    The Armed Forces of Malta said it was informed by Rome rescue centre on Monday evening about the presence of the wooden boat with 87 migrants on board. The boat was located some 30NM south of Lampedusa.

    An Italian naval asset operating under Frontex, the EU border control agency, was dispatched to assist. However the vessel was unable to provide any assistance due to technical faults.

    Times Talk: ’They say we help smugglers... but they’re the ones financing them’

    An AFM patrol craft rescued the migrants last night.

    This was the first major rescue of migrants by the AFM since 180 were picked up at the end of December and 69 more were rescued a few days previously. Most were later transferred to other EU countries along with other migrants rescued by NGO rescue ships.

    Prime Minister Joseph Muscat announced on Wednesday morning that another group of migrants brought to Malta a few weeks ago had left for France.

    No further details were immediately available.


    https://www.timesofmalta.com/articles/view/20190306/local/afm-rescues-87-migrants-bringing-them-to-malta.703733
    #Malte #France #sauvetage #naufrage #Méditerranée #asile #migrations #réfugiés
    Dans le cadre des #relocalisations ?
    On ne sait d’ailleurs pas combien ont été transféré à Malte parmi les 87 migrants sauvés.

    signalé par @isskein

  • Bisher elf unerlaubt Weitergereiste abgewiesen

    Die Rücknahmeabkommen mit Griechenland und Spanien waren der Ausweg aus einem unionsinternen Streit über die Migrationspolitik. Aktuellen Zahlen zufolge musste Madrid zwei und Athen neun Migranten zurücknehmen.

    https://www.faz.net/aktuell/politik/bisher-elf-unerlaubt-weitergereiste-asylbewerber-abgewiesen-16069573.html

    –-> On June 2018, Germany agreed to reunify 2,900 asylum seekers who lived in Greece with their families in Germany. So far, 11 people have been returned
    https://twitter.com/piccolimeister/status/1102494014048215040

    #promesses_non_maintenues
    #parole_parole_parole
    #relocalisation #Allemagne #asile #migrations #réfugiés
    #statistiques #chiffres

  • #Chronologie des #politiques_migratoires européennes

    En octobre #2013, l’#Italie lance l’opération #Mare_Nostrum suite au naufrage survenu à quelques kilomètres de l’île de Lampedusa en Sicile où 366 personnes ont perdu la vie. Elle débloque alors des moyens matériels (hélicoptères, bateaux, garde-côtes, aide humanitaire) et des fonds considérables (environ 9 millions d’euros par mois) pour éviter de nouveaux naufrages et contrôler les migrants arrivant au sud de l’Italie.

    Au sein de l’Union Européenne, les États votent la résolution #Eurosur qui met en place système européen de surveillance des frontières qui sera assuré par l’agence #Frontex. Frontex est chargée d’assister techniquement les pays pour protéger leurs frontières extérieures et former leurs garde-côtes. En 2018, son siège à Varsovie lui a accordé un budget de 320 millions d’euros. Elle dispose à ce jour (février 2019) de 976 agents, 17 bateaux, 4 avions, 2 hélicoptères, et 59 voitures de patrouille, des moyens qui seront accrus d’ici 2020 avec la formation d’un corps permanent de 10 000 agents et un pouvoir d’exécution renforcé et souhaité par la Commission européenne d’ici 2027.

    Dans le cadre de leur mission de surveillance de la mer, les agents de Frontex interceptent les embarcations d’exilés, contrôlent les rescapés et les remettent aux autorités du pays où ils sont débarqués. Les bateaux Frontex sillonnent ainsi les eaux internationales du Maroc à l’Albanie. Les ONG humanitaires l’accusent de vouloir repousser les migrants dans leurs pays d’origine et de transit comme le prévoient les États de l’Union Européenne.

    Octobre 2014, l’opération Mare Nostrum qui a pourtant permis de sauver 150 000 personnes en un an et d’arrêter 351 passeurs, est stoppée par l’Italie qui investit 9 millions d’euros par mois et ne veut plus porter cette responsabilité seule. L’agence européenne Frontex via l’opération Triton est chargée de reprendre le flambeau avec des pays membres. Mais elle se contente alors de surveiller uniquement les eaux territoriales européennes là où Mare Nostrum allait jusqu’aux côtes libyennes pour effectuer des sauvetages. La recherche et le sauvetage ne sont plus assurés, faisant de ce passage migratoire le plus mortel au monde. L’Italie qui est alors pointée du doigts par des États membres car elle n’assure plus sa mission de sauvetage, de recherche et de prise en charge au large de ses côtes est dans le même temps accusée par les mêmes d’inciter les traversées « sécurisées » en venant en aide aux exilés et de provoquer un appel d’air. Une accusation démentie très rapidement par le nombre de départs qui est resté le même après l’arrêt de l’opération Mare Nostrum.

    L’Italie qui avait déployé un arsenal impressionnant pour le sauvetage durant cette période n’avait pas pour autant assuré la prise en charge et procédé à l’enregistrement des dizaines de milliers d’exilés arrivant sur son sol comme le prévoit l’accord de Dublin (prise empreintes et demande d’asile dans le premier pays d’accueil). Le nombre de demandes d’asile enregistrées fut bien supérieur en France, en Allemagne et en Suède à cette même période.

    #2015 marque un tournant des politiques migratoires européennes. Le corps du petit syrien, #Aylan_Kurdi retrouvé sans vie sur une plage turque le 2 septembre 2015, a ému la communauté européenne seulement quelques semaines, rattrapée ensuite par la peur de ne pas pouvoir gérer une crise humanitaire imminente. « Elle n’a jusqu’ici pas trouvé de réponse politique et collective à l’exil », analysent les chercheurs. Les pays membres de l’Union Européenne ont opté jusqu’à ce jour pour des politiques d’endiguement des populations de migrants dans leurs pays d’origine ou de transit comme en Turquie, en Libye ou au Maroc, plutôt que pour des politiques d’intégration.

    Seule l’#Allemagne en 2015 avait opté pour une politique d’accueil et du traitement des demandes d’asile sans les conditions imposées par l’accord de #Dublin qui oblige les réfugiés à faire une demande dans le premier pays d’accueil. La chancelière allemande avait permis à un million de personnes de venir en Allemagne et d’entamer une demande d’asile. « Elle démontrait qu’on peut être humaniste tout en légalisant le passage de frontières que l’Europe juge généralement indésirables. Elle a aussi montré que c’est un faux-semblant pour les gouvernements de brandir la menace des extrêmes-droites xénophobes et qu’il est bien au contraire possible d’y répondre par des actes d’hospitalité et des paroles », décrit Michel Agier dans son livre “Les migrants et nous”.

    En mars #2016, la #Turquie et l’Union européenne signent un #accord qui prévoit le renvoi des migrants arrivant en Grèce et considérés comme non éligibles à l’asile en Turquie. La Turquie a reçu 3 milliards d’aide afin de garder sur son territoire les candidats pour l’Europe. A ce jour, des réseaux de passeurs entre la Turquie et la #Grèce (5 kms de navigation) sévissent toujours et des milliers de personnes arrivent chaque jour sur les îles grecques où elles sont comme à Lesbos, retenues dans des camps insalubres où l’attente de la demande d’asile est interminable.
    #accord_UE-Turquie

    En #2017, l’OIM (Office international des migrations), remarque une baisse des arrivées de réfugiés sur le continent européen. Cette baisse est liée à plusieurs facteurs qui vont à l’encontre des conventions des droits des réfugiés à savoir le renforcement des contrôles et interceptions en mer par l’agence Frontex, le refus de l’Europe d’accueillir les rescapés secourus en mer et surtout la remise entre les mains des garde-côtes libyens des coordinations de sauvetages et de leur mise en place, encouragés et financés par l’UE afin de ramener les personnes migrantes en #Libye. Cette baisse ne signifie pas qu’il y a moins de personnes migrantes qui quittent leur pays, arrivent en Libye et quittent ensuite la Libye : 13 185 personnes ont été ainsi interceptées par les Libyens en Méditerranée en 2018, des centaines ont été secourues par les ONG et plus de 2 250 seraient mortes, sans compter celles dont les embarcations n’ont pas été repérées et ont disparu en mer.

    En avril #2018, le président Macron suggérait un pacte pour les réfugiés pour réformer le système de #relocalisation des migrants en proposant un programme européen qui soutienne directement financièrement les collectivités locales qui accueillent et intègrent des réfugiés : « nous devons obtenir des résultats tangibles en débloquant le débat empoisonné sur le règlement de Dublin et les relocalisations », déclarait-il. Mais les pourparlers qui suivirent n’ont pas fait caisse de raisonnance et l’Europe accueille au compte goutte.

    La #Pologne et la #Hongrie refuse alors l’idée de répartition obligatoire, le premier ministre hongrois
    Victor #Orban déclare : « Ils forcent ce plan pour faire de l’Europe un continent mixte, seulement nous, nous résistons encore ».

    Le 28 juin 2018, lors d’un sommet, les 28 tentent de s’accorder sur les migrations afin de répartir les personnes réfugiées arrivant en Italie et en Grèce dans les autres pays de l’Union européenne. Mais au terme de ce sommet, de nombreuses questions restent en suspend, les ONG sont consternées. La politique migratoire se durcit.

    Juillet 2018, le ministre italien Matteo #Salvini fraîchement élu annonce, en totale violation du droit maritime, la #fermeture_des_ports italiens où étaient débarquées les personnes rescapées par différentes entités transitant en #Méditerranée dont les #ONG humanitaires comme #SOS_Méditerranée et son bateau l’#Aquarius. Les bateaux de huit ONG se retrouvent sans port d’accueil alors que le droit maritime prévoit que toute personne se trouvant en danger en mer doit être secourue par les bateaux les plus proches et être débarquées dans un port sûr (où assistance, logement, hygiène et sécurité sont assurés). Malgré la condition posée par l’Italie de ré-ouvrir ses ports si les autres États européens prennent en charge une part des migrants arrivant sur son sol, aucun d’entre eux ne s’est manifesté. Ils font aujourd’hui attendre plusieurs jours, voir semaines, les bateaux d’ONG ayant à leur bord seulement des dizaines de rescapés avant de se décider enfin à en accueillir quelques uns.

    Les 28 proposent des #zones_de_débarquement hors Europe, dans des pays comme la Libye, la Turquie, le Maroc, le Niger où seraient mis en place des centres fermés ou ouverts dans lesquels serait établie la différence entre migrants irréguliers à expulser et les demandeurs d’asile légitimes à répartir en Europe, avec le risque que nombre d’entre eux restent en réalité bloqués dans ces pays. Des pays où les droits de l’homme et le droit à la sécurité des migrants en situation de vulnérabilité, droits protégés en principe par les conventions dont les Européens sont signataires, risquent de ne pas d’être respectés. Des représentants du Maroc, de la Tunisie et d’Albanie, pays également évoqués par les Européens ont déjà fait savoir qu’ils ne sont pas favorables à une telle décision.
    #plateformes_de_désembarquement #disembarkation_paltforms #plateformes_de_débarquement #regional_disembarkation_platforms

    Malgré les rapports des ONG, Médecins sans frontières, Oxfam, LDH, Amnesty International et les rappels à l’ordre des Nations Unies sur les conditions de vie inhumaines vécues par les exilés retenus en Grèce, en Libye, au Niger, les pays de l’Union européenne, ne bougent pas d’un millimètre et campent sur la #fermeture_des_frontières, avec des hommes politiques attachés à l’opinion publique qui suit dangereusement le jeu xénophobe de la Hongrie et de la Pologne, chefs de file et principaux instigateurs de la peur de l’étranger.

    Réticences européennes contre mobilisations citoyennes :
    Malgré les positions strictes de l’Europe, les citoyens partout en Europe poursuivent leurs actions, leurs soutiens et solidarités envers les ONG. SOS Méditerranée active en France, Allemagne, Italie, et Suisse est à la recherche d’une nouveau bateau et armateur, les bateaux des ONG Sea Watch et Sea Eye tentent leur retour en mer, des pilotes solidaires originaires de Chamonix proposent un soutien d’observation aérienne, la ligne de l’association Alarm Phone gérée par des bénévoles continue de recevoir des appels de détresse venant de la Méditerranée, ils sont ensuite transmis aux bateaux présents sur zone. Partout en Europe, des citoyens organisent la solidarité et des espaces de sécurité pour les exilés en mal d’humanité.

    https://www.1538mediterranee.com/2019/02/28/politique-migratoire-europeenne-chronologie
    #migrations #asile #réfugiés #EU #UE #frontières

    ping @reka

  • #métaliste sur les #villes-refuge

    –-> v. aussi cette compilation : https://seenthis.net/messages/675436

    Le #HCR se félicite du soutien de 175 villes à travers le #monde entier en faveur des réfugiés
    https://seenthis.net/messages/791115
    #Cities#WithRefugees

    Projet de recherche du #PUCA « L’accueil, la circulation et l’installation des migrants » :
    https://seenthis.net/messages/817229

    Quel rôle pour les villes dans l’accueil et l’intégration des demandeurs d’asile et réfugiés ?
    https://www.vuesdeurope.eu/num/quel-role-pour-les-villes-dans-laccueil-et-lintegration-des-demandeurs-d

    Cities of refuge research

    A research project that explores and explicates the relevance of international human rights, as law, praxis and discourse, to how local governments in Europe welcome and integrate refugees.

    https://citiesofrefuge.eu

    An EU solution, or a local one ?
    –-> une section d’un article publié dans l’article « Germany sees political controversy over rescuing refugees from Greece » :
    https://www.dw.com/en/germany-greece-refugees-asylum-controversy/a-54538520

    Table-ronde organisée lors d’une conférence du réseau Fearless Cities sur les villes-refuge :
    https://seenthis.net/messages/899744

    L’accueil des réfugiés peut-il devenir une #politique_locale ?
    https://seenthis.net/messages/927177

    Visualisation : Cities and civil society networks for a Welcoming Europe


    https://seenthis.net/messages/928867

    Europe welcomes - A decent and humane asylum policy is possible in Europe


    https://seenthis.net/messages/967233

    #ville-refuge #migrations #asile #réfugiés #solidarité #résistance

    ping @isskein

  • #1083_km, et pas un de plus !

    #1083 km séparent les 2 villes les plus éloignées de l’hexagone : Menton au sud-est et Porspoder un petit village au nord de Brest. Depuis le début de l’aventure 1083, nous découvrons à quel point la disparition de filières entières dans l’industrie textile française est une puissante réalité.

    Songez qu’il y a 20 ans, Romans, capitale de la chaussure, rassemblait plus de 2 000 emplois dans ce secteur… contre 300 aujourd’hui.

    Grâce aux ateliers encore en place, nous avons éco-conçu à Romans les chaussures 1083 : des sneakers unisexes, urbaines, confortables, et résistantes grâce à leur semelle cousue.

    L’histoire du jeans en France est encore plus saisissante puisque malgré l’invention du denim, à Nimes, les jeans 1083 sont les premiers à être de nouveau entièrement teints, tissés et confectionnés en France !
    Ainsi, sur un prix de vente de 89 €, près de 86 € irriguent l’#économie_locale. Seul le coton biologique ne pousse pas en France, et les rivets et boutons viennent de voisins italiens faute de fabricant français.

    Trois ans après le lancement de 1083 grâce au financement participatif, vous avez commandé plus de 30 000 jeans et #chaussures, qui nous ont permis de créer 30 emplois en France. Mesurons ainsi le potentiel d’emplois des 88 millions de jeans et 360 millions de chaussures vendus chaque année en France…

    De Menton à Porspoder, faisons le choix de « #relookaliser », ça change tout !

    #Thomas_HURIEZ


    https://www.1083.fr

    #industrie_textile #made_in_France (100%) #France #textile #habillement #mode #jeans #c'est_possible #alternatives #développement_local

    https://www.youtube.com/watch?v=o8dLfGMLkTk

  • L’Italie fermera ses #aéroports aux migrants

    Le ministre italien de l’Intérieur s’est opposé, dimanche, à tout renvoi de migrants de l’Allemagne vers son pays, sans accord préalable.

    L’Italie va fermer ses aéroports aux avions de ligne non autorisés transportant des migrants en provenance d’Allemagne, a annoncé dimanche le ministre italien de l’Intérieur Matteo Salvini. Une décision qui accentue les tensions entre Rome et Berlin.

    L’Allemagne et l’Italie travaillent à un #accord aux termes duquel des migrants résidant en Allemagne pourraient être renvoyés en Italie, pays où ils ont déposé une demande d’asile. L’accord n’a pas été signé pour le moment.

    Le quotidien La Repubblica rapportait samedi que l’office allemand pour les réfugiés avait adressé « des dizaines de lettres » à des migrants les informant d’un possible transfert vers l’Italie via des #vols_charters. Le premier vol est prévu mardi prochain.

    « Pas d’aéroports disponibles »

    « Si des gens pensent, à Berlin ou à Bruxelles, qu’ils vont pouvoir balancer des dizaines de migrants en Italie par des vols charter non autorisés, ils doivent savoir qu’il n’y a pas et n’y aura pas d’aéroports disponibles », a dit M. Salvini dans un communiqué. « Nous fermerons les aéroports comme nous avons fermé les #ports », a-t-il dit.

    Le ministre allemand de l’Intérieur Horst Seehofer affirmait en septembre qu’un accord avait été trouvé avec l’Italie et qu’il devait être signé prochainement. Matteo Salvini avait démenti le lendemain, exigeant de nouvelles concessions de la part de l’Allemagne. Le ministre italien avait alors expliqué qu’il avait reçu des assurances de la part de l’Allemagne que pour chaque migrant renvoyé en Italie les autorités allemandes accepteraient un demandeur d’asile en Italie. Matteo Salvini exigeait deux autres concessions - une révision du traité de Dublin sur la gestion des demandes d’asile dans le pays d’arrivée et la fin de la mission navale européenne Sophia qui porte secours aux migrants en Méditerranée.

    Sortir de l’impasse

    Horst Seehofer a appelé la chancelière allemande Angela Merkel et le président du Conseil italien Giuseppe Conte à intervenir pour sortir de l’impasse. « L’accord a été négocié et suit les mêmes principes que celui avec la Grèce »« , a dit M. Seehofer au Welt am Sonntag. »Nous renvoyons des réfugiés en Italie mais nous acceptons un même nombre de personnes sauvées en mer« .

     »Mais Salvini dit maintenant : je ne signerai que si l’Allemagne soutient la position de l’Italie sur le droit d’asile dans l’Union européenne". Rome demande une réforme du traité de Dublin afin que soit organisée une répartition des nouveaux arrivants dans l’ensemble de l’UE et non plus l’obligation de rester dans le pays où ils sont arrivés en Europe.

    https://www.tdg.ch/monde/L-Italie-fermera-ses-aeroports-aux-migrants/story/27268662

    Commentaire sur twitter :

    Charter deportation from Germany to Italy planned for Tuesday, but Salvini now saying that Italy is going to “close the airports” to “non-authorised charters”

    https://twitter.com/twentyone_miles/status/1049015499219263489

    Et comme dit Philippe sur twitter, l’Italie devient une #île :


    #péninsule

    #Italie #Salvini #fermeture #fermeture_des_aéroports #Dublin #renvois_Dublin #asile #migrations #réfugiés #Allemagne

    cc @isskein @reka

    • Quelques questions, car ce n’est pas du tout clair pour moi les termes de ce fantomatique accord :

      On peut lire :

      « Le ministre italien avait alors expliqué qu’il avait reçu des assurances de la part de l’Allemagne que pour chaque migrant renvoyé en Italie les autorités allemandes accepteraient un demandeur d’asile en Italie. »

      « L’accord a été négocié et suit les mêmes principes que celui avec la Grèce »« , a dit M. Seehofer au Welt am Sonntag. »Nous renvoyons des réfugiés en Italie mais nous acceptons un même nombre de personnes sauvées en mer« .

      --> Mais qui sont ces « migrants renvoyés en Italie », si ce n’est des dublinés ? Et qui sont ces « réfugiés renvoyés en Italie » ? Si c’est des réfugiés, donc des personnes avec un statut reconnu, ils ne peuvent pas être renvoyés en Italie, j’imagine...
      --> Et les « personnes sauvées en mer » ? Il s’agit d’un nombre de personne déterminé, qui n’ont pas déjà été catégorisés en « migrants » ou « demandeurs d’asile » ?

      Et puis :

      « L’Allemagne et l’Italie travaillent à un #accord aux termes duquel des migrants résidant en Allemagne pourraient être renvoyés en Italie, pays où ils ont déposé une demande d’asile. L’accord n’a pas été signé pour le moment. »

      --> ce n’est pas déjà Dublin, ça ? C’est quoi si ce n’est pas Dublin ?

      #accord_UE-Turquie (bis)

      ping @i_s_

    • v. aussi le fil de discussion sur twitter de Matteo Villa :

      Sui voli #charter dalla Germania all’Italia non bisogna fare confusione, né cedere alla disinformazione.
      (1) Si tratta di “dublinati”, persone che hanno fatto primo ingresso in ?? dall’Italia, non migranti fermati alla frontiera tedesca e rispediti in Italia in modi spicci. Finché non cambiamo Dublino, gli accordi sono questi.
      2) Non è certo qualcosa di eccezionale. Tra 2014 e 2017, la Germania ha fatto più di 50.000 richieste di trasferimento verso l’Italia applicando le regole Dublino.
      (3) Non è neanche mistero che il sistema Dublino non funzioni. Sulle oltre 50.000 richieste da parte tedesca dal 2014, l’Italia ha effettuato solo circa 12.000 trasferimenti. Meno di 1 su 4 alla fine torna in ??.
      (4) una volta effettuato il trasferimento verso l’Italia, il richiedente asilo non è detenuto. Può quindi tentare di spostarsi di nuovo verso il Paese che lo ha riportato indietro.
      (5) Utilizzare voli charter rispetto a voli di linea è uno strappo diplomatico? Dipende. Tecnicamente, senza il consenso dell’Italia l’aereo non potrebbe neppure partire.
      (6) Vogliamo fare tutto questo casino per 40/100 persone? Davvero?

      https://twitter.com/emmevilla/status/1048951274677460993

    • Migranti, la Germania riporta 40 profughi a Roma con volo charter

      L’arrivo del primo #charter dalla Germania, con a bordo 40 migranti cosiddetti «secondari» respinti dal governo tedesco, è previsto all’aeroporto di Fiumicino giovedì prossimo, l’11 ottobre. Nonostante le smentite ufficiali del Viminale, un’intesa è stata dunque raggiunta. Adesso che la notizia è pubblica, però, bisognerà vedere cosa succederà nelle prossime ore. «Non farò favori elettorali alla Merkel», aveva detto il mese scorso Matteo Salvini all’ultimo vertice europeo sull’immigrazione.

      Così, anche se formalmente il ministero dell’Interno non può opporsi, potrebbe essere la polizia di frontiera italiana, per motivi legati al piano di volo, a non autorizzare l’atterraggio o lo sbarco dei passeggeri. È la prima volta, infatti, che la Germania si serve di un charter per riportare in Italia i «dublinanti», cioè quei migranti che sbarcano e chiedono asilo da noi, ma poi se ne vanno da uomini liberi nel resto d’Europa. In base al Trattato di Dublino, però, quando vengono rintracciati possono essere rimandati indietro, perché le norme dell’accordo prevedono appunto che sia il Paese di primo approdo a valutarne la domanda d’asilo e quindi a farsi carico dello straniero fino all’esito della procedura.

      Finora, però, il rientro dei «dublinanti» in Italia si svolgeva con viaggi di singoli migranti su aerei di linea. Dalla Francia, per esempio, ne arrivano così una ventina ogni mese. E dalla Germania, fino a oggi, una media di 25: tutti selezionati dopo una lunga istruttoria, quindi accompagnati a bordo dalla polizia tedesca fino all’atterraggio in Italia, qui infine presi in consegna dalle nostre forze dell’ordine e portati in un centro d’accoglienza.

      Ma il governo tedesco ora ha deciso di accelerare le operazioni: l’Ufficio federale per l’immigrazione e i rifugiati ha già inviato decine di lettere ai migranti arrivati in Germania passando per l’Italia, avvisandoli che saranno riportati presto nel primo Paese d’ingresso in Europa.

      Un giro di vite deciso a prescindere dal patto sui migranti fra Italia e Germania da tempo in discussione e che il nostro ministro dell’Interno, Matteo Salvini, continua ad escludere di aver mai firmato. Da Berlino, però, lo danno già per stipulato e a condizioni precise: la Germania può rimandare in Italia i migranti che attraversano il confine, garantendo in cambio la sua disponibilità a rivedere i termini dei ricollocamenti. Nei giorni scorsi, però, lo stesso Salvini era stato chiaro, parlando di «accordo a saldo zero»: in cambio cioè del ritorno in Italia dei «dublinanti» il nostro Paese invierà a Berlino un analogo numero di profughi da accogliere. «Firmerò l’accordo quando sarà chiaro che non ci sarà un solo immigrato in più a nostro carico», aveva detto. E dal Viminale, infatti, continuano a dire che la firma del ministro non c’è.

      Ma ora l’intesa apparentemente trovata sul charter in arrivo l’11 ottobre infittisce il giallo. E l’opposizione attacca: «Biglietti già fatti — ha twittato il deputato del Pd Filippo Sensi — nei prossimi giorni la Germania riporterà in Italia molti profughi, quanti? Matteo Salvini aveva tuonato che l’accordo con il suo amico Seehofer non c’era. Chi mente?». E Alessia Morani, Pd, commenta su Fb: «L’amico tedesco di Salvini, il sovranista Seehofer, vuole rimandare in Italia i profughi coi voli charter. Queste sono le conseguenze dell’accordo di giugno del premier Conte e della politica isolazionista di Salvini: si apparenta con chi alza i muri contro di noi, invece che fare accordi per la redistribuzione dei richiedenti asilo in Europa. La ricetta sovranista sta complicando la gestione dei migranti. Stanno creando il caos e questa incapacità la pagheranno gli italiani».

      https://roma.corriere.it/notizie/cronaca/18_ottobre_06/primo-volo-charter-profughi-dublino-merkel-salvini-6c4cd2a8-c9a4-11e8-

      Quelques explications de plus dans cet article :

      È la prima volta, infatti, che la Germania si serve di un charter per riportare in Italia i «dublinanti» (...) Finora, però, il rientro dei «dublinanti» in Italia si svolgeva con viaggi di singoli migranti su aerei di linea.

      –-> donc, ce qui est nouveau c’est le fait que l’Allemagne renvoie les « dublinés » via charter, alors qu’avant ces renvois étaient effectués sur des vols de ligne.

      Le fameux accord, qui ressemble à celui entre la Turquie et l’UE, devrait prévoir ceci :

      la Germania può rimandare in Italia i migranti che attraversano il confine, garantendo in cambio la sua disponibilità a rivedere i termini dei ricollocamenti.

      –-> l’Allemagne peut renvoyer en Italie les migrants qui traversent la frontière, en garantissant, en échange, sa disponibilité à revoir les termes des #relocalisation

      Salvini sur ce point :

      Salvini era stato chiaro, parlando di «accordo a saldo zero»: in cambio cioè del ritorno in Italia dei «dublinanti» il nostro Paese invierà a Berlino un analogo numero di profughi da accogliere

      –-> Salvini demande un « accord avec un solde zéro » : en échange du retour des dublinés en Italie, l’Italie enverra à Berlin un nombre analogue de réfugiés à accueillir.

      Le journal rapporte les mots de Salvini qui dit ne pas avoir signé d’accord avec l’Allemagne :

      dal Viminale, infatti, continuano a dire che la firma del ministro non c’è.

      ... mais vu qu’il y a un charter qui devrait arriver à Rome le 11 octobre... et donc on se demande si cet accord a été signé...
      Du coup, c’est la polémique : qui ment ? Seehofer ou Salvini ?

      –------------------

      Nouveau terme, @sinehebdo :

      40 migranti cosiddetti «secondari»

      –-> « #migrants_secondaires », ça doit faire référence aux #mouvements_secondaires... que l’UE cherche par tout les moyens de combattre, mais qui, en réalité, avec ses politiques, les créent... les associations et quelques chercheurs/ses utilisent plutôt le terme #Migrerrants (#migrerrance)
      #terminologie #vocabulaire #mots

    • Berlin dément avoir le projet de renvoyer des migrants en Italie

      Les autorités allemandes ont démenti dimanche avoir le projet de renvoyer en Italie des migrants résidant en Allemagne comme le rapportait un quotidien italien, information qui avait provoqué un regain de tension entre Berlin et Rome.

      Le quotidien La Repubblica rapportait samedi que l’office allemand pour les réfugiés avait adressé « des dizaines de lettres » à des migrants les informant d’un possible transfert vers l’Italie via des vols charters. Le premier vol est prévu mardi prochain.

      Cette information a provoqué une vive réaction de la part du ministre italien de l’Intérieur Matteo Salvini qui a menacé de fermer tous les aéroports de son pays aux avions de ligne non autorisés transportant des migrants en provenance d’Allemagne.

      « Aucun vol de transfert n’est prévu vers l’Italie dans les prochains jours », a déclaré un porte-parole du ministère allemand de l’Intérieur dans un courrier électronique.

      L’Allemagne et l’Italie travaillent à un accord aux termes duquel des migrants résidant en Allemagne pourraient être renvoyés en Italie, pays où ils ont déposé une demande d’asile. L’accord n’a pas été signé pour le moment.

      « Si des gens pensent, à Berlin ou à Bruxelles, qu’ils vont pouvoir balancer des dizaines de migrants en Italie par des vols charters non autorisés, ils doivent savoir qu’il n’y a pas et n’y aura pas d’aéroports disponibles », a dit Salvini dans un communiqué.

      « Nous fermerons les aéroports comme nous avons fermé les ports », a-t-il dit.

      Le ministre allemand de l’Intérieur Horst Seehofer affirmait en septembre qu’un accord avait été trouvé avec l’Italie et qu’il devait être signé prochainement. Salvini avait démenti le lendemain, exigeant de nouvelles concessions de la part de l’Allemagne.

      Le ministre italien avait alors expliqué qu’il avait reçu des assurances de la part de l’Allemagne que pour chaque migrant renvoyé en Italie les autorités allemandes accepteraient un demandeur d’asile en Italie.

      Matteo Salvini exigeait deux autres concessions - une révision du traité de Dublin sur la gestion des demandes d’asile dans le pays d’arrivée et la fin de la mission navale européenne #Sophia qui porte secours aux migrants en Méditerranée.

      Seehofer a appelé la chancelière allemande Angela Merkel et le président du Conseil italien Giuseppe Conte à intervenir pour sortir de l’#impasse.

      « L’accord a été négocié et suit les mêmes principes que celui avec la Grèce », a dit Seehofer au Welt am Sonntag. « Nous renvoyons des réfugiés en Italie mais nous acceptons un même nombre de personnes sauvées en mer ».

      « Mais Salvini dit maintenant : je ne signerai que si l’Allemagne soutient la position de l’Italie sur le droit d’asile dans l’Union européenne », poursuit Seehofer.

      Rome demande une réforme du traité de Dublin afin que soit organisée une répartition des nouveaux arrivants dans l’ensemble de l’UE et non plus l’obligation de rester dans le pays où ils sont arrivés en Europe

      https://www.mediapart.fr/journal/international/071018/berlin-dement-avoir-le-projet-de-renvoyer-des-migrants-en-italie
      #opération_Sophia

  • Migrants : Paris et Madrid plaident pour la création de « centres fermés sur le sol européen »

    Pour les migrants qui n’obtiendraient pas droit à l’asile, Emmanuel Macron a souligné la nécessité de « raccompagner » ces personnes « vers leur pays d’origine ».

    https://www.francetvinfo.fr/monde/europe/migrants/paris-et-madrid-plaident-pour-la-creation-de-centres-fermes-sur-le-sol-
    #centres_fermés #asile #migrations #réfugiés #tri #catégorisation #France #renvois #expulsions #Espagne

    Mais... les #hotspots ne sont pas déjà cela ?

    cc @isskein

    • Des « #centres_contrôlés » pour migrants : le grand flou des annonces européennes

      Des « centres contrôlés » devraient bientôt être créés en Europe pour recevoir les migrants secourus en Méditerranée. C’est la mesure la plus concrète annoncée vendredi 29 juin par les dirigeants européens. Mais de quoi s’agit-il ? Comment les exilés seront-ils traités ? Les ONG s’inquiètent.

      Au nombre de virgules et d’incises, on devine que cette phrase a été triturée, négociée toute la nuit. À l’arrivée, elle prévoit la création de « centres contrôlés » sur le sol de l’Union européenne où fixer les migrants secourus en Méditerranée, dès leur débarquement, histoire de traiter leurs demandes d’asile et de renvoyer les déboutés plus rapidement, avant qu’ils ne s’éparpillent dans les différents États membres. Mise sur la table par Emmanuel Macron et le premier ministre espagnol après l’errance forcée de l’Aquarius, cette conclusion du conseil européen des 28 et 29 juin est brandie comme une victoire par Paris.

      Pourtant, « la France (…) n’ouvrira pas de centres de ce type », a indiqué Emmanuel Macron dès vendredi. Mais qui alors ? À quoi ressembleront ces lieux de confinement ? Comment les exilés seront-ils traités ? Y a-t-il une chance que ces « centres contrôlés » constituent un progrès quelconque par rapport aux hotspots que l’UE a bricolés en Grèce et en Italie dès 2015, au bilan désastreux ? Explications de texte.

      Trier les exilés

      L’affaire de l’Aquarius avait déclenché un triste concours Lépine entre pays de l’UE pour savoir que faire des migrants repêchés dans les eaux sous responsabilité européenne (les zones de secours maritime de l’Italie, de Malte, etc.), où l’intervention des garde-côtes libyens n’est plus une option légale. Des pays comme la Hongrie proposaient d’externaliser l’accueil et même l’enfermement de ces survivants en dehors de l’UE, dans des camps en Albanie, au Kosovo, voire de les refouler sur les rives sud de la Méditerranée – quitte à balancer le droit international par-dessus bord. Paris se félicite d’avoir fait un sort à ces tristes idées, avec ses « centres contrôlés » à l’intérieur de l’Union.

      « Le contexte de ce sommet, c’était un risque d’externalisation massive et sauvage », insiste le patron de l’Ofpra (l’office français chargé d’accorder ou non le statut de réfugié), Pascal Brice. Le pire est évité. La Commission européenne a désormais pour mission de dessiner, dans les prochains mois, les contours matériels et juridiques de ces centres, extrêmement flous à ce stade.

      Du côté de l’Élysée, on ne cache pas sa source d’inspiration : les hotspots que l’UE a déjà créés à la fin 2015, en pleine crise des réfugiés, et qui fonctionnent toujours sur les îles grecques en face de la Turquie (cinq gros) et en Italie (cinq plus petits, plus ou moins actifs). Les nouveaux « centres contrôlés » devront remplir des missions similaires : l’accueil des rescapés, l’instruction des dossiers pour distinguer entre migrants éligibles au statut de réfugié (du fait de persécutions dans leur pays) et migrants dits « économiques ».

      Comme dans les hotspots, les premiers auront vocation, une fois repérés, à bénéficier d’une « #relocalisation » (c’est le jargon) aux quatre coins de l’UE. Mais cette fois, seuls les États volontaires sont censés participer à la répartition : aucune obligation ne figure dans le texte, ni dispositif incitatif d’ailleurs. Le texte se contente de dire : « Le principe de #solidarité s’appliquerait. » Un principe sans contrainte, ni gendarme, ni sanction, porte un autre nom : un vœu pieux.

      Le système de « relocalisations » depuis la Grèce et l’Italie mis en place entre 2015 et 2017, censé contribuer à vider les hotspots au fur et à mesure, a lamentablement échoué alors même qu’il était contraignant à l’époque, avec un système de quotas de réfugiés par pays. À l’arrivée, à peine 35 % des engagements ont été respectés, certains États comme la Hongrie et la Pologne affichant un taux de 0 % (la France à peine 25 %).

      C’est de toute façon le sort des migrants dits « économiques » (bien plus nombreux parmi les rescapés de la Méditerranée en 2018) qui occupe la majorité des dirigeants européens aujourd’hui : ceux-là « feront l’objet d’un retour » le plus souvent possible, indiquent les conclusions du sommet (sachant qu’un rapatriement suppose toujours un laissez-passer du pays d’origine). Pour opérer ces expulsions (« idéalement » depuis les centres, si l’on comprend bien), le soutien de l’UE au pays qui les héberge sera « total ». Qui va donc se lancer et ouvrir les premiers « centres contrôlés » ?

      Le pari du volontariat

      Là encore, l’UE mise tout sur des candidatures libres. En réalité, la liste potentielle tient dans un mouchoir de poche : la Grèce, l’Espagne, l’Italie voire Malte. Car la création de ces « centres contrôlés » a été négociée dans l’esprit du fameux « règlement de Dublin », qui régit depuis des années le système d’asile européen et veut que la responsabilité du traitement des demandes incombe au premier pays où les migrants posent le pied, plus précisément où leurs empreintes sont enregistrées.

      Les pays de « seconde ligne » comme la Hongrie ou la Pologne, bien loin des zones de débarquement, se réfugient donc derrière ce principe pour rejeter toute création de centres sur leur sol – bien que ce principe autorise moult dérogations. Idem pour la France. Seuls les pays dits de « première entrée » sont donc susceptibles d’aller au charbon.

      En marge du conseil européen, la Grèce et l’Espagne auraient déjà fait savoir qu’elles pourraient toper. Pas Malte. Quant à l’Italie, dont le chef du gouvernement a négocié le dispositif avec Emmanuel Macron dans les coulisses du sommet, elle affiche désormais ses réticences et fait monter les enchères : « Des pays ont dit leur disponibilité, pas l’Italie », a déclaré Giuseppe Conte après coup.

      L’entrain transalpin dépendra évidemment des moyens (logistiques, financiers, etc.) que les institutions européennes vont mettre à disposition des pays volontaires et du degré de solidarité dont ses voisins daigneront faire preuve pour se répartir les réfugiés. La France en prendra, a promis Emmanuel Macron. Le président français estime avoir donné des gages ces derniers jours et même initié le mouvement dans l’affaire de l’Aquarius, puis dans l’épisode du Lifeline (ce navire qui a débarqué 233 migrants à Malte le 26 juin après un refus de l’Italie et une semaine d’attente en mer).

      De fait, de façon exceptionnelle, des officiers de l’Ofpra ont déjà entendu de nombreux rescapés de l’Aquarius éligibles à l’asile, et d’autres sont à Malte depuis mercredi. Si la France était toute seule en Espagne (pour le navire de SOS Méditerranée), sept autres États membres de l’UE ont promis d’accueillir des passagers du Lifeline. « Nous avons su trouver des mécanismes de solidarité » sur cette « opération ad hoc », s’est félicité vendredi Emmanuel Macron, qui veut croire que les futurs « centres contrôlés » pourraient bénéficier du même élan, hors période de crise politique et d’emballement médiatique, sans contrainte, en toute spontanéité.

      Interrogé par Mediapart depuis Malte, le patron de l’Ofpra français estime d’ailleurs qu’il faudrait offrir une protection non plus seulement aux réfugiés remplissant les critères habituels (risques de persécution dans leurs pays d’origine) mais également, de façon inédite, à des personnes « en situation de détresse humanitaire liée aux violences subies sur leur parcours migratoire », « en particulier en Libye », victimes de « traite humaine » par exemple. Rien de tel ne figure dans les conclusions du sommet ni dans le projet de loi « asile et immigration » de Gérard Collomb, en débat au Parlement français.

      Une privation de liberté

      À quel point les hotspots seconde génération seront-ils cadenassés, clôturés, barbelés ? Dans leurs conclusions du 29 juin, les dirigeants européens ne parlent officiellement ni de « retenue » ni de « rétention », encore moins de « détention ». Envisagée au départ, l’expression « centres fermés » a même été écartée, obligeant Nathalie Loiseau, la ministre française des affaires européennes, à une sacrée gymnastique sémantique : « Il ne s’agira pas de centres fermés mais de centres d’où les migrants ne pourront pas sortir », a-t-elle déclaré vendredi devant la presse.

      De fait, on voit mal comment l’UE pourrait poursuivre ses objectifs, surtout de rapatriements, sans une phase de confinement voire d’enfermement. Encore faut-il savoir dans quelles conditions, s’il faut compter en jours ou en semaines. Voire en mois.

      Dans les hotspots des îles italiennes, aujourd’hui, la rétention dépasse rarement deux jours et les étrangers ont parfois le droit de sortir en journée. Au fond, cette étape sert surtout à l’enregistrement des empreintes (pouvant donner lieu à des violences policières), puis les migrants sont envoyés sur la péninsule dans l’attente d’une réponse à leur demande d’asile, laissés libres de circuler, de tenter aussi le passage en France ou vers l’Allemagne – ce qui dérange peu l’Italie, c’est un euphémisme.

      Vendredi, Giuseppe Conte a d’ailleurs refusé tout net d’inscrire l’expression « centres fermés » dans les conclusions du sommet. « Un changement symbolique », veut relativiser une source française.


      https://www.mediapart.fr/journal/international/010718/des-centres-controles-pour-migrants-le-grand-flou-des-annonces-europeennes
      #externalisation_interne

    • Managing migration : Commission expands on disembarkation and controlled centre concepts

      Following the call by EU leaders at the June European Council, the Commission is today expanding on the concept of controlled centres as well as short-term measures that could be taken to improve the processing of migrants being disembarked in the EU, and giving a first outline of the possible way forward for the establishment of regional disembarkation arrangements with third countries. Regional disembarkation arrangements should be seen as working in concert with the development of controlled centres in the EU: together, both concepts should help ensure a truly shared regional responsibility in responding to complex migration challenges.

      Commissioner Avramopoulos said: “Now more than ever we need common, European solutions on migration. We are ready to support Member States and third countries in better cooperating on disembarkation of those rescued at sea. But for this to work immediately on the ground, we need to be united – not just now, but also in the long run. We need to work towards sustainable solutions.”

      ’Controlled Centres’ in the EU

      To improve the orderly and effective processing of those disembarked in the European Union, EU leaders have called for the establishment of ’controlled centres’ in the EU. The primary aim would be to improve the process of distinguishing between individuals in need of international protection, and irregular migrants with no right to remain in the EU, while speeding up returns.

      The centres would be managed by the host Member State with full support from the EU and EU Agencies and could have a temporary or ad-hoc nature depending on the location. The main features of such centres are:

      full operational support with disembarkation teams of European border guards, asylum experts, security screeners and return officers, and all costs covered by the EU budget;
      rapid, secure and effective processing that reduces the risk of secondary movements and accelerates the process to determine the status of the person concerned;
      full financial support to volunteering Member States to cover infrastructure and operational costs; as well as financial support to Member States accepting transfers of those disembarked (€6,000 per person).

      To test the concept, a pilot phase applying a flexible approach could be launched as soon as possible.

      The Commission will also provide a central contact point to coordinate among Member States taking part in solidarity efforts – as an interim measure until a fully-fledged system can be established in the context of the ongoing Common European Asylum System reforms.

      See the factsheet on controlled centres in the EU here.

      Regional Disembarkation Arrangements

      In addition to the establishment of controlled centres, EU leaders have called on the Commission to explore the concept of regional disembarkation arrangements in close cooperation with #IOM and UNHCR and in partnership with third countries.

      The objective of regional disembarkation arrangements is to provide quick and safe disembarkation on both sides of the Mediterranean of rescued people in line with international law, including the principle of non-refoulement, and a responsible post-disembarkation process.

      The main features of regional disembarkation arrangements are:

      Clear rules for all: To reduce deaths at sea and ensure orderly and predictable disembarkation, all coastal states in the Mediterranean should be encouraged to establish search and rescue zones and Maritime Rescue Coordination Centres (MRCCs);
      Developed by the UNHCR and IOM who will help ensure those disembarked can receive protection if they are in need of it, including through resettlement schemes; or will be returned to their countries of origin if they are not, including through the assisted voluntary return and reintegration programmes run by the IOM;
      Partnerships on an equal footing: work with interested third countries will be brought forward on the basis of existing partnerships and offered support tailored to their specific political, security and socio-economic situation;
      No pull factors: resettlement possibilities will not be available to all disembarked persons in need of international protection and points of reception should be established as far away as possible from points of irregular departure;
      No detention, no camps: Regional disembarkation arrangements mean providing a set of established procedures and rules to ensure safe and orderly disembarkation and post-disembarkation processing in full respect of international law and human rights;
      EU Financial and logistical support: The EU is ready to provide financial and operational support for disembarkation and post-disembarkation activities as well as for border management with equipment, training and other forms of support.

      See the factsheet on regional disembarkation arrangements here.

      Next Steps

      Ambassadors meetings tomorrow, 25 July, are expected to discuss the concept of controlled centres in the EU and the possibility of rapidly using an interim framework for disembarkations of those rescued at sea in the EU.

      The work on regional disembarkation arrangements will also be touched upon at tomorrow’s meeting and is expected to be taken forward at a meeting with the IOM and UNHCR in Geneva 30 July 2018. Only once a common EU approach is agreed will outreach be made to interested third countries.

      Background

      The European Council in its conclusions of 28-29 June invited the Council and the Commission to swiftly explore the concept of “regional disembarkation platforms, in close cooperation with relevant third countries, as well as the United Nations High Commissioner for Refugees (UNHCR) and the International Organisation for Migration (IOM)”.

      The European Council also called for the development of ’controlled centres’ on EU territory – a new approach based on shared efforts for the processing of persons who, following their rescue at sea, are disembarked within the EU.

      europa.eu/rapid/press-release_IP-18-4629_en.htm

      Avec ce commentaire reçu via la mailing-list de Migreurop :

      Finis les hotspots ; place aux « centres contrôlés dans l’UE » !
      6 000 euros la valeur d’un migrant débarqué et transféré dans un État membre ;
      Des accords de « débarquement » avec les pays tiers (moyennant finances) …

      … La Commission européenne fait preuve d’une imagination débordante

      #disembarkation_platform #OIM #HCR

  • Riformare Dublino? Campa cavallo

    Article de @stesummi

    Anche secondo Ferruccio Pastore, direttore del Forum internazionale ed europeo di ricerche sull’immigrazioneLink esterno (FIERILink esterno), con sede a Torino, una revisione sostanziale del regolamento di Dublino è altamente improbabile e Matteo Salvini ne è consapevole. «Per questo sta tentando di agire su un altro terreno, quello del mare, problematico sia da un punto di visto morale che giuridico. Non credo però che abbia un grande margine di manovra, perché l’Italia in questo momento è come un vaso di coccio tra i vasi di ferro. Il paradosso è che in Europa c’è un consenso sul fatto che l’Italia non debba essere lasciata sola, ma da queste parole non scaturiscono fatti».

    Inoltre, una riforma del regolamento di Dublino non risolverebbe la questione, precisa Ferruccio Pastore. «Negli ultimi quattro anni, l’Italia ha visto sbarcare oltre mezzo milione di migranti africani. Si tratta per lo più di giovani maschi, con un basso livello di formazione e senza titolo per ottenere lo statuto di rifugiati o la protezione sussidiaria. Queste persone esulano dunque da ogni possibile programma di ricollocamento all’interno dell’UE e pongono l’Italia in una situazione unica rispetto ad altri paesi europei».

    «Se è vero che Dublino va riformato, bisogna però anche rendersi conto che la gestione della migrazione va oltre la questione dell’asilo, che in assenza di vie legali è diventato l’unico strumento per ottenere un permesso per venire in Europa».

    L’Unione Europea sembra però incapace di trovare un consenso minimo su una nuova politica migratoria e il caso Aquarius ha reso ancora più evidente la frattura e l’incoerenza esistente in seno ai paesi membri. La Francia, che da tempo ha chiuso la frontiera con Ventimiglia, accusa l’Italia di cinismo; la Spagna dà prova di solidarietà, ma barrica le sue enclave di Ceuta e Melilla; Angela Merkel è costretta - forse - ad accettare di respingere i migranti alla frontiera per salvare il suo governo; e il presidente ungherese Viktor Orban non vuol sentire parlar d’altro che di un rimpatrio immediato di tutti i profughi.

    La strada da percorrere è questa, secondo il direttore del FIERI, ma «il problema è che malgrado le promesse, i paesi europei - in particolari quelli che dicono ’aiutiamoli a casa loro’ - non hanno versato alcun contributo per il fondo fiduciario europeo per l’Africa, il primo strumento operativo per creare delle alternative in loco». Ferruccio Pastore sottolinea inoltre il pericolo insito negli accordi che diversi paesi europei e la stessa Unione stanno facendo con l’Africa. «Si investono risorse importanti affinché i governi africani diventino gendarmi dei loro popoli, vietando loro ogni libertà, e questo a lungo andare può essere uno strumento avvelenato, generare insicurezza e perfino portare a una rivoluzione, come è stato il caso per la Primavera araba».


    https://www.tvsvizzera.it/tvs/vicenda-aquarius_riformare-dublino--campa-cavallo/44198368
    #Dublin #Italie #asile #migrations #réfugiés #Dublin_IV #relocalisation #arrivées #statistiques #Méditerranée #chiffres #mer_Méditerranée #développement #aide_au_développement #coopération_au_développement

  • Desperate Journeys - January 2017 to March 2018

    This report provides a brief overview of trends of movements by refugees and migrants to and through Europe in 2017, highlights some of the key protection challenges associated with these desperate journeys and concludes with recommendations.


    https://data2.unhcr.org/en/documents/details/63039#_ga=2.246974724.1463149891.1525755211-788464473.1525755211
    #rapport #asile #migrations #réfugiés #chiffres #statistiques #EU #Europe #UE #2017

    • Viaggi Disperati: nel rapporto dell’UNHCR una panoramica del cambiamento nei flussi misti verso l’Europa

      Nonostante sia diminuito il numero di rifugiati e migranti che lo scorso anno sono entrati in Europa, i pericoli che molti affrontano durante il viaggio sono in alcuni casi aumentati, secondo un nuovo rapporto pubblicato dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), che illustra il cambiamento dei modelli dei flussi.

      Il rapporto Viaggi Disperati rileva come gli arrivi via mare in ​​Italia, provenienti principalmente dalla Libia, siano drasticamente diminuiti dal luglio 2017. Questa tendenza è continuata nei primi tre mesi del 2018, con un calo del 74% rispetto allo scorso anno.

      Il viaggio verso l’Italia si è dimostrato sempre più pericoloso: nei primi tre mesi del 2018 il tasso di mortalità tra coloro che partono dalla Libia è salito a 1 decesso ogni 14 persone, rispetto a 1 decesso ogni 29 persone nello stesso periodo del 2017.

      Negli ultimi mesi si è inoltre registrato un deterioramento molto preoccupante della salute dei nuovi arrivati ​​dalla Libia: un numero crescente di persone infatti sbarca in precarie condizioni di salute, mostrando segni di estrema debolezza e magrezza.

      Mentre il numero complessivo di traversate del Mediterraneo è rimasto molto al di sotto dei livelli del 2016, il rapporto dell’UNHCR rileva anche un aumento degli arrivi in ​​Spagna e in Grecia nell’ultima parte del 2017.

      Lo scorso anno, la Spagna ha registrato un aumento del 101% rispetto al 2016, con 28.000 nuovi arrivi. I primi mesi del 2018 mostrano una tendenza simile, con un incremento degli arrivi del 13% rispetto allo scorso anno. A detenere il primato dei flussi migratori sono marocchini e algerini, ma i siriani rimangono il gruppo più numeroso che attraversa le frontiere terrestri della Spagna.

      In Grecia, il numero totale di arrivi via mare è diminuito rispetto al 2016; tuttavia si è registrato un aumento del 33% tra maggio e dicembre di quest’anno con 24.600 arrivi rispetto ai 18.300 nello stesso periodo del 2016. La maggior parte proveniva da Siria, Iraq e Afghanistan, compreso un elevato numero di famiglie con bambini. I richiedenti asilo sbarcati in Grecia hanno affrontato lunghi periodi di permanenza sulle isole greche in condizioni drammatiche e di sovraffollamento.

      A causa delle maggiori restrizioni imposte in Ungheria, molti rifugiati e migranti ricorrono a rotte alternative per spostarsi all’interno dell’Europa. Ad esempio, alcuni entrano in Romania dalla Serbia, mentre altri partono dalla Grecia e attraversano l’Albania, il Montenegro e la Bosnia-Erzegovina per arrivare in Croazia.

      “Per rifugiati e migranti viaggiare verso l’Europa e al suo interno continua a essere molto pericoloso,” ha riferito Pascale Moreau, Direttrice dell’Ufficio per l’Europa dell’UNHCR. Si stima che oltre 3.100 persone abbiano perso la vita in mare l’anno scorso lungo le rotte verso l’Europa, rispetto alle 5.100 del 2016. Altre 501 persone sono morte o risultano disperse dall’inizio del 2018.

      Oltre ai decessi in mare, nel 2017 ci sono state almeno altre 75 persone lungo le rotte terrestri che hanno perso la vita alle frontiere esterne dell’Europa o durante il viaggio in Europa, insieme a continue e preoccupanti segnalazioni di respingimenti.

      “L’accesso al territorio e a procedure di asilo rapide, eque ed efficienti per chi cerca protezione internazionale sono fondamentali. Gestire le frontiere e garantire protezione ai rifugiati in conformità agli obblighi internazionali degli Stati non si escludono a vicenda né sono incompatibili,” ha dichiarato Moreau.

      Il rapporto dell’UNHCR sottolinea anche gli abusi e le estorsioni subite da rifugiati e migranti per mano di trafficanti, contrabbandieri o gruppi armati lungo varie rotte verso l’Europa.

      Le donne, soprattutto quelle che viaggiano da sole, e i minori non accompagnati rimangono particolarmente esposti al rischio di violenza sessuale e di genere lungo le rotte verso l’Europa e in alcune località all’interno dell’Europa.

      Nel 2017, oltre 17.000 minori non accompagnati sono entrati in Europa. La maggior parte è arrivata via mare in Italia, dove il 13% di tutti gli arrivi è costituito da bambini che viaggiano da soli, una tendenza simile al 2016.

      Il rapporto dell’UNHCR mostra tuttavia alcuni progressi positivi nel numero di persone reinsediate in Europa lo scorso anno, con un aumento del 54% dal 2016. La maggior parte di questi 26.400 rifugiati erano di nazionalità siriana (84%) e sono stati reinsediati dalla Turchia, dal Libano e dalla Giordania. Tra i Paesi europei, il Regno Unito, la Svezia e la Germania hanno accolto il maggior numero di rifugiati attraverso il programma del reinsediamento.

      Un altro sviluppo positivo si è registrato alla fine dello scorso anno, quando l’UNHCR ha iniziato a favorire l’evacuazione dei rifugiati vulnerabili dalla Libia al Niger e dalla Libia verso l’Italia.

      “Le operazioni di evacuazione dalla Libia e le maggiori opportunità di reinsediamento che abbiamo visto l’anno scorso sono ottime notizie. Restano ancora seri ostacoli che limitano l’accesso a percorsi sicuri e legali, incluso il ricongiungimento familiare, per le persone bisognose di protezione internazionale e chiediamo pertanto più solidarietà,” ha dichiarato Pascale Moreau.

      Il rapporto fornisce infine raccomandazioni supplementari in merito alla necessità di rafforzare la solidarietà tra gli Stati in Europa e con i Paesi di primo asilo e di transito, per migliorare la qualità dell’accoglienza, specialmente nel caso di minori non accompagnati e separati e persone sopravvissute a violenza sessuale e di genere, e per garantire una migliore protezione dei bambini.

      https://www.unhcr.it/news/viaggi-disperati-nel-rapporto-dellunhcr-panoramica-del-cambiamento-nei-flussi-
      #mixed_migration #santé #femmes #réinstallation

      Sur la #mortalité en #Méditerranée:

      nei primi tre mesi del 2018 il tasso di mortalità tra coloro che partono dalla Libia è salito a 1 decesso ogni 14 persone, rispetto a 1 decesso ogni 29 persone nello stesso periodo del 2017.

      Si stima che oltre 3.100 persone abbiano perso la vita in mare l’anno scorso lungo le rotte verso l’Europa, rispetto alle 5.100 del 2016. Altre 501 persone sono morte o risultano disperse dall’inizio del 2018.

      #mourir_aux_frontières #morts #décès

      Sur les #MNA, #mineurs_non_accompagnés:

      Nel 2017, oltre 17.000 minori non accompagnati sono entrati in Europa. La maggior parte è arrivata via mare in Italia, dove il 13% di tutti gli arrivi è costituito da bambini che viaggiano da soli, una tendenza simile al 2016.

  • Je vais mettre ici quelques informations et documents que j’ai trouvé concernant la question de la prise d’ #empreintes_digitales de demandeurs d’asile, notamment de la part de l’#Italie et de la #Grèce, en vue de leur #enregistrement et #identification dans la base de données #Eurodac.
    C’est pour la préparation d’un chapitre de livre que je suis en train d’écrire, mais je me dis qu’il s’agit d’informations qu’il est bien garder quelque part, sachant que pas tout va in fine rentrer dans le chapitre...

    NB : Il y a déjà des informations sur ce sujet sur seenthis :
    https://seenthis.net/recherche?recherche=%23r%C3%A9fugi%C3%A9s+%23empreintes_digitales

    Les informations compilées ici n’ont pas un vrai ordre chronologique ou logique. L’ordre est dicté par l’avancée de mes recherches... chaotiques...

    cc @isskein

    • Hotspots and Relocation Schemes: the right therapy for the Common European Asylum System?

      The arrivals observed throughout 2015 have been concentrated in both Greece – accounting for more than 800,000 in 2015 alone – and Italy. These two “frontline” states, have been faced with the formidable logistical challenge of organising the first reception and identification of migrants. A full implementation of Dublin and EURODAC would have made the challenges even more difficult. Frontline states would have been responsible for fingerprinting all arriving persons, receiving their claims, and in most cases – given that Dublin assigns responsibility primarily to the state of first entry – processing them as well as organizing long-term reception or return.

      Many of these responsibilities have remained virtual. A large number of those who arrived on Greek shores in particular have moved on to other Member States via the “Balkan route” without filing a claim or even being identified there. Failed identification in the first state of entry raised security concerns and rendered the Dublin system practically inapplicable vis-à-vis the frontline states – nothing new in respect of Greece, already “excised” from the Dublin system by the European Court of Human Rights in 2011. Destination and transit states reacted with a flurry of unilateral responses ranging from the temporary reintroduction of checks at internal borders, to the erection of barbed wire fences, to the announcement of national ‘caps’ on the number of persons who would be admitted to claim asylum.

      http://eumigrationlawblog.eu/hotspots-and-relocation-schemes-the-right-therapy-for-the-common-
      #hotspots #relocalisation

    • The Reform of Dublin III regulation

      Another salient criterion is irregular entry (Art . 13 DRIII). Its effective operation would shift responsibility to States located at the Southern and Eastern borders of the Union – to an unmanageable extent in Greece in 2015 . This has not happened owing to the extreme i nefficiency of the Dublin system ( see below). Also, as acknowledged by the Commission , the fear of incurring overwhelming responsibilit ies has motivated border States not to register arriving persons – before, and more visibly during the “crisis” of 2015 – undermining the effective operation of the criterion.

      A ce paragraphe est ajoutée une note :

      See in particular April 2016 Communication (footnote 2 ), p. 4. See also European Commission (2007). Dublin II Evaluation (footnote 11 ), p. 9. The Commission has launched infringement proceedings against i.a. Italy and Greece for their alleged failure to systematically fingerprint irregular arrivals: see European Commission (2015). Managing the refugee crisis: State of play of the im plementation of the priority actions under the European Agenda on Migration, COM (2015) 510, 14 October 2015, p. 11 and Annex 6. Available from: http://www.refworld.org/docid/563201fc4.html .

      http://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/STUD/2016/571360/IPOL_STU(2016)571360_EN.pdf

    • Managing the Refugee Crisis: State of Play of the Implementation of the Priority Actions under the European Agenda on Migration (14.10.2015)

      Effectively managing the pressure of migratory flows on some parts of the shared external Schengen border accompanied by steps to prevent secondary movements and the immediate return to the country of relocation of relocated persons found in another Member State. The other essential component is action to secure swift return, voluntary or forced, of people not in need of international protection and who do not therefore qualify for relocation. The p riority actions set out by the Commission focused heavily on the operational working of the se measures .requires both responsibility and solidarity on the part of all Member States. The rapid roll - out of the ’hotspot’ approach is providing support to the most affected Member States to ensure the proper reception, identification and processing of arrivals. In parallel, the measures proposed by the Commission and adopted by the Council to relocate 160,000 people in clear need of international protection . This will allow for a significant, if partial, reduction of the pressure on the most affected Member States. It is of crucial importance that the se parallel measures will now be fully implemented, with the fingerprinting of all migrants, the prompt selection and relocation of asylum applicants and adequate reception capacities,

      http://www.refworld.org/docid/563201fc4.html

    • Et voilà le résultat avec la mise sur pied des hotspots :

      COMMUNICATION FROM THE COMMISSION TO THE EUROPEAN PARLIAMENT AND THE COUNCIL on the State of Play of Implementation of the Priority Actions under the European Agenda on Migration (10.02.1016)

      With strong, dedicated EU support, Greece and Italy started to set up – and in some cases completed – hotspots 3 to ensure screening, identifi cation and fingerprinting of third country nationals arriving irregularly at the external EU border. Registration is a crucial first step in the control and management of the flows. The hotspots are designed to ensure integrated teams of border agents operate in dedicated facilities, 24 hours a day and seven days a week. Everyone arriving in the external borders should be registered, fingerprinted and have their documents checked against national and international security databases. Third country nationa ls arriving irregularly should then be channelled into one of three processes: the national asylum syst em, the European relocation system or the return system. The proportion of migrants whose fingerpri nts are included in th e Eurodac database has risen in Greece from 8% in September 2015 to 78 % in January 2016, and in Italy from 36% to 87% over the same period 4 . These figures are expected to improve further as the hotspots become more fully operational.

      The rules on registration, identification, fi ngerprinting and security screening of arrivals need to be applied effectively and systematically.

      Par rapport à la Grèce :

      Reception capacities should be increased, supporting both humanita rian needs and better management of inflows – with EU funding already in place to help to achie ve swiftly the 50,000 target agreed at the Western Balkans Leaders’ Meeting. Standardised procedures for all stages of the process should be applied and full deployment of Eurodac fingerprinting machines completed. There must also be no gaps in EU support: the agencies should be present on all islands.

      Et par rapport à l’Italie :

      The Commission is ready to organise an innovative mobile hotspot team (with agents from Frontex and EASO) in Eastern Sicily to support the identification, fingerprinting and provision of information to migrants who cannot be disembarked in the designated hotspot ports, to help plug gaps in the fingerprinting and registration of migrants beyond the hotspots.

      Both Greece and Italy have faced the problem of a refusal by migrants to be fingerprinted. National legislation will have to be amended as a matter of priority an d all operational steps taken to ensure that all migrants are finge rprinted – including as a last resort through a proportionate use of coercion – and all secondary movements of unidentif ied and unregistered migrants are avoided. Progress has been made, but this should be accelerated to ensure full 100% coverage of identification and registration of all entries by the March Eur opean Council.

      To help manage the refugee crisis effectively, leaders at the February European Council should commit to: • The urgent completion of the set-up of hotspots in Greece and Italy to ensure the registration of and support to migrants and refugees in line with the principle that no one should arrive in the EU without having been properly registered and fingerprinted, with dedicated EU support to secure increased reception capacity and fully functioning asylum and return procedures;

      https://ec.europa.eu/transparency/regdoc/rep/1/2016/EN/1-2016-85-EN-F1-1.PDF

    • Connais-tu les travaux du projet de recherche « Processing Citizenship », et notamment les contributions de Annalisa Pelliza ?

      https://processingcitizenship.eu/team/annalisa-pelizza

      https://easst.net/article/processing-citizenship-digital-registration-of-migrants-as-co-production-of-i

      In this first stage of investigation, we are also interested in the chain of artefacts deployed at Hotspots that translate previous identities into new European-readable ones. This line of investigation is key in light of recent developments in the European migration landscape. The goal of the so called “Hotspot approach”, introduced in 2015, is to operationally support frontline Member States (i.e., Greece and Italy) in “swiftly identify[ing], register[ing] and fingerprint[ing] incoming migrants” (Commission, 2015a: 1). Hotspots are thus the first step in the procedure of sorting migrants into three alternative paths: “relocation” or “resettlement” to another Member State (for those identified as in clear need of international protection), or “return” to the country of legal residence (for those who are not deemed in need of protection). They can be conceived as “routers” that create “early entrenchments” (Star and Lampland, 2009) in sorting individuals, liminal situations in which past identities are assessed and translated into proto-decisions.

      http://www.4sonline.org/blog/post/how_government_databases_create_european_readable_identities_for_migrants

      On July 20 2015 – one month before the growing number of migrants crossing the Balkans pushed some countries to declare a state of emergency – the European database containing fingerprints of asylum seekers, called Eurodac, was rendered interoperable with national police authorities’ databases Europe-wide. From that moment, Member States’ police forces could query European data sources not only to grant citizenship rights, but also to preserve order in their national territory. An almost unnoticed technical switch in the Eurodac system marked a major shift in personal data exchange policy Europe-wide.

    • Question posée le 9 avril 2018 via la mailing-list Migreurop :

      Dans le cadre de nos séances d’informations juridique pour les migrants en transit au hub Humanitaire de Bruxelles, nous entendons régulièrement que l’Italie ne mettrais pas systématiquement les empreintes prises dans le système commun mais nous ne trouvons rien de fiable sur ce sujet. Quelqu’un du réseau peut nous éclaircir sur cette pratique, svp ?

      Voici la réponse reçue via la même mailing-list (auteure de la réponse "Tata) :

      Il n’existe pas de réponse claire à cette question cruciale. Mais j’ai quelques éléments d’infos qui peuvent un peu éclairer. En l’espace de 6 mois, entre avant et après la mise en place des hotspots, le taux officiel d’identification est passé de 8 à 100%. Donc officiellement la réponse est non. Cette rumeur est donc devenue beaucoup moins vraie après la mise en place des hotspots.

      Ceci dit :

      – il y a des gens qui arrivent en petit bateau, ailleurs, ne se font pas intercepter et ne donnent pas leurs empreintes
      – il y a des gens qui réussissent d’une maniere ou d’une autre à ne pas les donner, ou elles ne sont pas lisibles
      – il y a des erreurs de la part de la police et des empreintes pas très nettes
      – Les personnes sont enregistrées en cat. 2 et s’ils acceptent de rester en italie, une deuxieme fois en cat. 1. S’ils ne sont qu’en catégorie 2 (une seule prise d’empreintes), alors il arrive que les prefectures du moins en france n’en tiennent pas compte. Il arrive aussi qu’il y ait eu un laps de temps de plus d’un an entre ce pré-enregistrement et la demande d’asile dans un autre pays. Dans ce cas là, un article du reg dublin dit que si preuve de présence de 5 mois, alors plus de procédure dublin. Mais il n’est pas très clair s’il arrive que les personnes passent en cat normale de demandeur d’asile grâce à ça. Bcp d’amis dont c’est le cas se sont retrouvés sans soucis en ce qui concerne dublin.

      Conclusion (toujours la même) : c’est une question de chance ! (mais celle-ci s’est drastiquement réduite avec les hotspots).

    • Implementing the Common European Asylum System: Commission escalates 8 infringement proceedings

      The Commission is today urging Greece, Croatia and Italy to correctly implement the Eurodac Regulation (Regulation (EU) No 603/2013), which provides for effective fingerprinting of asylum seekers and transmission of data to the Eurodac central system within 72 hours. Effective implementation of the Eurodac Regulation is essential for the functioning of the Dublin system and EU relocation schemes. The European Commission sent administrative letters to Greece, Croatia and Italy in October. Two months later, concerns have not been effectively addressed. The European Commission has therefore decided today to send Letters of Formal Notice to Greece, Croatia and Italy (the first step of an infringement procedure).

      http://europa.eu/rapid/press-release_IP-15-6276_EN.htm

  • #Liban : #Relogement forcé de nombreux #réfugiés_syriens

    Ces expulsions massives menées par des municipalités semblent discriminatoires et non conformes aux normes juridiques.
    Treize municipalités libanaises au moins ont délogé de force et expulsé au moins 3 664 réfugiés syriens, manifestement en raison de leur nationalité ou de leur religion, tandis que 42 000 autres risquent toujours d’être expulsés, a déclaré Human Rights Watch dans un rapport rendu public aujourd’hui.

    Le rapport de 57 pages, intitulé « ‘Our Homes Are Not for Strangers’ : Mass Evictions of Syrian Refugees by Lebanese Municipalities » (« “Nos maisons ne sont pas pour les étrangers” : Expulsions de masse de réfugiés syriens par les municipalités libanaises »), souligne l’incohérence des motifs invoqués par les municipalités pour justifier l’expulsion de Syriens, et révèle l’incapacité du gouvernement central à protéger leurs droits. Des responsables des Nations Unies ont identifié 3 664 expulsions de ce type depuis le début de l’année 2016 jusqu’à la fin du premier trimestre de 2018. Alors que les autorités locales libanaises font de vagues déclarations selon lesquelles les expulsions seraient fondées sur des infractions à la réglementation du logement, Human Rights Watch a déterminé que les mesures prises par ces municipalités visent exclusivement les ressortissants syriens, et non les citoyens libanais ou d’autres ressortissants étrangers.


    https://www.hrw.org/fr/news/2018/04/20/liban-relogement-force-de-nombreux-refugies-syriens
    #expulsions #logement #hébergement #relogement_forcé #réfugiés #asile #migrations

  • Migration through the Mediterranean: mapping the EU response

    http://www.ecfr.eu/specials/mapping_migration

    Since 2014, European citizens have been engaged in an intensifying discussion about migration. This is the result of an unprecedented increase in the number of refugees and other migrants entering Europe, many of them fleeing protracted conflicts in Africa and the Middle East, particularly the war in Syria. The phenomenon peaked in 2015, when more than one million people arrived in Europe, a large proportion of them having travelled along the eastern route through Turkey, Greece, and the Balkans. The number of arrivals has fallen significantly since 2016, albeit with more than 160,000 people reaching Europe through Mediterranean routes annually.

    #migrations #asil #méditerranée #europe #cartographie #visualisation #flèches et #pas_de-flèches

  • Country Report : Italy

    The updated AIDA Country Report on Italy documents developments in the asylum procedure, reception conditions, detention of asylum seekers and content of international protection throughout 2017.
    The year 2017 has been chatacterised by media, political and judicial crackdown on non-governmental organisations (NGOs) saving lives at sea, and by the implementation of cooperation agreements with African countries such as Libya, while barriers to access to the territory have also been witnessed at the northern borders of the country, against the backdrop of increasing arrivals from Austria.
    Severe obstacles continue to be reported with regard to access to the asylum procedure in Italy. Several Police Headquarters (Questure) in cities such as Naples, Rome, Bari and Foggia have set specific days for seeking asylum and limited the number of people allowed to seek asylum on a given day, while others have imposed barriers on specific nationalities. In Rome and Bari, nationals of certain countries without a valid passport were prevented from applying for asylum. In other cases, Questure in areas such as Milan, Rome, Naples, Pordenone or Ventimiglia have denied access to asylum to persons without a registered domicile, contrary to the law. Obstacles have also been reported with regard to the lodging of applications, with several Questure such as Milan or Potenza unlawfully refusing to complete the lodging of applications for applicants which they deem not to be in need of protection.
    Since December 2017, Italy has established a specific Dublin procedure in Questure in the Friuli-Venezia Giulia region bordering Austria and Slovenia, with support from EASO. According to that procedure, as soon as a Eurodac ‘hit’ is recorded, Questure move the lodging appointment to a later date and notify a Dublin transfer decision to the persons concerned prior to that date. Applicants are therefore subject to a Dublin transfer before having lodged their application, received information on the procedure or had an interview.
    Despite a continuing increase in the capacity of the SPRAR system, which currently counts over 35,000 funded places, the vast majority of asylum seekers are accommodated in temporary reception centres (CAS). CAS hosted around 80% of the population at the end of 2017. In Milan, for example, the ratio of SPRAR to CAS is 1:10.
    Destitution remains a risk of asylum seekers and beneficiaries of international protection. At least 10,000 persons are excluded from the reception system. Informal settlements with limited or no access to essential services are spread across the entire national territory.
    Throughout 2017, both due to the problems related to age assessment and to the unavailability of places in dedicated shelters, there have been cases of unaccompanied children accommodated in adults’ reception centres, or not accommodated at all. Several appeals have been lodged to the European Court of Human Rights against inappropriate accommodation conditions for unaccompanied children.
    Five pre-removal centres (CPR) are currently operational, while a new hotspot has been opened in Messina. However, substandard conditions continue to be reported by different authorities visiting detention facilities, namely the hotspots of Lampedusa and Taranto and the CPR of Caltanissetta and Ponte Galeria.
    The hotspots of Lampedusa and Taranto have been temporarily been closed as of March 2018.

    http://www.asylumineurope.org/sites/default/files/report-download/aida_it_2017update.pdf
    #Italie #asile #migrations #réfugiés #procédure_d'asile #hotspots #Dublin #frontières #procédure_accélérée #vulnérabilité #pays_sûr #relocalisation #hébergement #logement #éducation #travail #santé #rétention #détention_administrative #naturalisation #liberté_de_mouvement #rapport #refoulement #push-back

    Intéressant, lien avec la #frontière_sud-alpine (#Côme #Milan #Vintimille) :

    Particularly as regards Taranto , as reported by the Senate , among the 14,576 people transiting through the hotspot from March to October 2016 , only 5,048 came from disembarkations while the majority (9,528 ) were traced on Italian territory, mainly at border places in Ventimiglia , Como and Milan , and forcibly taken to Taranto to be identified. Some o f them were asylum seekers accommodated in reception centre in the place they were apprehended and who, after being again identified, were just released out of the hotspot without any ticket or money to go back to their reception centres.

    v. aussi la carte de #Gwendoline_Bauquis, produite dans le cadre de son mémoire de master : « Géopolitique d’une crise de la frontière – Entre #Côme et #Chiasso, le système européen d’asile mis à l’épreuve » (2017)


    #cartographie #visualisation

  • Fact-checking. La réponse fallacieuse des autorités à l’Appel Dublin
    https://asile.ch/2018/03/07/fact-checking-reponse-fallacieuse-autorites-a-lappel-dublin

    Le 20 novembre 2017, les signataires de l’Appel de Dublin ont demandé au Conseil fédéral d’appliquer davantage la clause de souveraineté, prévue par les accords de Dublin III, qui permet de renoncer à des renvois pour des motifs humanitaires et de compassion. L’Appel dénonçait une application mécanique des renvois Dublin, séparant des familles ou compromettant […]

  • ITALIE ISOLÉE DANS LA TEMPÊTE MIGRATOIRE
    Article de JÉRÔME GAUTHERET

    Sur les 600 000 migrants arrivés en Italie depuis 2014, la plupart ont traversé la #Méditerranée. Des milliers d’autres y ont péri. L’île de #Lampedusa, avant-poste de l’accueil, est débordée par cette crise humanitaire fortement liée au chaos qui règne en #Libye.

    On rejoint le jardin public en poussant les portes d’une grille qui ne ferme plus depuis longtemps. Puis, après une courte promenade au milieu des agaves et des myrtes, on arrive à un étrange réseau de grottes sommairement aménagées à proximité d’un vieux puits. L’endroit est à peine mentionné par les guides de voyage, mais il mérite qu’on s’y arrête : en effet, le vrai cœur de Lampedusa est là, en ces vestiges
    à peine entretenus d’un sanctuaire millénaire, témoignage unique de ce qu’était l’île avant sa colonisation systématique, au début du XIXe siècle.

    LAMPEDUSA, UNE ÎLE AU CENTRE DU MONDE

    Avant de devenir un paradis touristique perdu au milieu de la Méditerranée, à 150 kilomètres des côtes tunisiennes, en même temps que, pour le monde entier, le symbole de l’odyssée des centaines de milliers de migrants qui, chaque année, bravent tous les dangers pour atteindre l’Europe, Lampedusa a été un havre, un lieu de repos pour les marins de toutes origines qui sillonnaient la mer.

    Marchands phéniciens, arabes ou grecs, chevaliers francs revenant de croisade, pirates barbaresques, pêcheurs en détresse : Lampedusa était leur île. Elle appartenait à tous et à personne. Chacun, du roi de France revenant de Terre sainte au plus humble pêcheur, venait s’abriter ici durant les tempêtes, prier ses dieux et reprendre des forces, en attendant l’accalmie. Aujourd’hui, une chapelle dédiée à
    la Vierge a été aménagée dans la pierre, à deux pas de la grotte, et les habitants viennent, de loin en loin, y déposer quelques fleurs ou prier, dans un calme absolu.

    La " porte de l’Europe ", pour reprendre le nom d’une œuvre d’art installée sur une plage faisant face à l’infini, à la pointe sud de Lampedusa, peut bien être présentée comme une des extrémités de l’Union européenne, un bout du monde exotique. Mais, dès que l’on pose le pied sur l’île, on est assailli par le sentiment inverse : celui d’être au centre d’un espace fluide, au sein duquel les populations ont navigué de rive en rive, depuis toujours. L’impression est encore plus
    saisissante lorsqu’on observe, grossièrement sculptées dans la roche, les traces de ce passé enfoui.

    L’homme qui nous conduit dans ce sanctuaire, un matin d’hiver, s’appelle Pietro Bartolo. Il est né sur l’île en 1956, il en est parti à 13 ans et y est revenu au milieu des années 1980, une fois achevées ses études de médecine. C’est lui qui a fondé, un peu à l’écart du bourg, le petit hôpital qui, aujourd’hui encore, constitue le seul lieu d’assistance, sur terre comme sur mer, à plus de 100 milles nautiques (185 km) à la ronde.

    En tant que directeur de l’#hôpital de Lampedusa, il a accueilli, ces dernières années, des dizaines de milliers de candidats à l’exil sur le quai minuscule qui tient lieu de débarcadère, et les a soignés. Il a aussi eu la terrible responsabilité d’ouvrir, du même geste, des centaines et des centaines de ces grands sacs verts dans lesquels on
    ramène à terre les corps des naufragés. Un film documentaire sorti en 2016, nominé pour l’Oscar, Fuocoammare. Par-delà Lampedusa, dans lequel il jouait son propre rôle, lui a valu une notoriété internationale. A sa manière, lui aussi est devenu un symbole.

    Comme c’est courant ici, l’histoire familiale de Pietro Bartolo est africaine autant qu’italienne. A l’exemple de ces milliers de Siciliens poussés par la misère qui, pendant des décennies, ont pris la mer en sens inverse des migrants d’aujourd’hui pour chercher du travail dans les colonies et protectorats d’Afrique du Nord, la famille de sa mère s’était installée un temps en Tunisie. Cette multitude d’odyssées ordinaires, dont le souvenir est entretenu par les histoires familiales, explique une bonne part des différences de perception du phénomène migratoire entre le nord et le sud de l’Italie.

    LE TEMPS DES " TURCS "

    A la tête de ce qui, à l’origine, n’était guère plus qu’un dispensaire, #Pietro_Bartolo s’est trouvé aux premières loges quand tout a changé. " Ça a commencé dans les années 1990. Les migrants, des jeunes hommes venus d’Afrique du Nord, arrivaient directement sur la plage, par leurs propres moyens, avec des barques ou des canots pneumatiques. Sur l’île, on les appelait “#les_Turcs”, se souvient-il. Les habitants accueillent comme ils peuvent les arrivants, qui gagnent ensuite la Sicile puis, pour l’immense majorité, le continent.

    Le gouvernement, lui, ne considère pas encore le phénomène comme préoccupant. D’autant plus que, depuis le début des années 1990, l’#Italie a la tête ailleurs. L’arrivée dans les Pouilles, au printemps et en été 1991, de plusieurs dizaines de milliers d’Albanais fuyant la ruine de leur pays a provoqué un choc terrible. Le 8 août, le #Vlora, un cargo venu du port albanais de Durres, est entré dans celui de Bari avec à son bord 20 000 migrants, bientôt installés dans l’enceinte du stade de la ville. La désorganisation est totale : le maire multiplie les appels aux dons et à la solidarité, tandis qu’à Rome le gouvernement cherche un moyen de renvoyer chez eux ces arrivants illégaux… Rien ne sera plus jamais comme avant.

    A l’aune de ce bouleversement venu des Balkans, qui force l’Italie, pour la première fois de son histoire, à se poser la question de l’accueil et de l’intégration, les arrivées sporadiques à Lampedusa ne sont pas perçues au départ comme beaucoup plus qu’une anecdote. Selon les souvenirs des habitants, les migrants venaient surtout des côtes tunisiennes, ils étaient jeunes et en relative bonne santé. La plupart du temps, la traversée était assurée par des passeurs, payés une fois le but atteint. Bref, la route de la #Méditerranée_centrale vivait à l’heure d’une migration "artisanale".

    Mais au fil du temps, dans les années 2000, le phénomène change de nature et d’échelle. "Il ne s’agit pas seulement de géopolitique. Il s’est produit un changement anthropologique dans la jeunesse africaine il y a une quinzaine d’années", assure le vice-ministre italien des
    affaires étrangères et de la coopération, Mario Giro, qui, avant d’entrer en politique, a consacré de nombreuses années à des missions en Afrique comme responsable des questions internationales de la Communauté de Sant’Egidio. "Avant, il s’agissait de projets collectifs : une famille se cotisait pour envoyer un de ses fils en Europe, dit-il. Désormais, ce sont des #hommes_seuls qui décident de
    partir, parce qu’ils considèrent que partir est un droit. Dans les villes africaines, la famille a subi les mêmes coups de la modernité que partout dans le monde. Ces jeunes gens se sont habitués à penser seuls, en termes individuels. Dans leur choix, il y a une part de vérité – les blocages politiques – et la perception que l’avenir n’est pas dans leur pays. Alors, ils partent."
    #facteurs_push #push-factors

    Des gouvernements européens essaient de passer des accords avec les Etats africains pour qu’ils arrêtent en Afrique les candidats à l’Europe, ce qui a pour effet de criminaliser l’activité des #passeurs. Des réseaux de plus en plus violents et organisés se mettent en place.

    VIE ET MORT DE MOUAMMAR KADHAFI

    Un acteur central du jeu régional comprend très tôt le parti à tirer de ce phénomène, face auquel les pays européens semblent largement démunis. C’est le chef de l’Etat libyen, Mouammar #Kadhafi, qui cherche depuis le début des années 2000 à retrouver une forme de respectabilité internationale, rompant avec la politique de soutien au terrorisme qui avait été la sienne dans les années 1980 et 1990.
    Grâce aux immenses recettes de la rente pétrolière, dont il dispose dans la plus totale opacité, le Guide libyen multiplie les prises de participation en Italie (Fiat, Finmeccanica) et les investissements immobiliers. Il entre même au capital du club de football le plus prestigieux du pays, la Juventus de Turin. En contrepartie, le groupe énergétique ENI, privatisé à la fin des années 1990 mais dans lequel l’Etat italien garde une participation importante, conserve le statut d’Etat dans l’Etat dont il jouit en Libye depuis la période coloniale (1911-1942).

    Bientôt, la maîtrise des flux migratoires devient un aspect supplémentaire dans la très complexe relation entre la Libye et l’Italie. " De temps en temps, tous les deux ou trois ans, Kadhafi réclamait de l’argent pour la période coloniale. Et quand ça n’allait pas assez bien pour lui, il faisait partir des bateaux pour se rappeler à nous. C’était devenu pour lui un moyen de pression de plus, et ça signifie également qu’en Libye, des réseaux étaient déjà en place", se souvient Mario Giro.
    #chantage

    Entamées à l’époque du deuxième gouvernement Prodi (2006-2008), et émaillées de moments hauts en couleur – comme cette visite privée à Tripoli du ministre des affaires étrangères italien Massimo D’Alema, un week-end de Pâques 2007, au terme de laquelle Kadhafi a affirmé que l’Italie lui avait promis de construire une autoroute traversant le pays d’est en ouest –, les négociations sont poursuivies par le gouvernement de Silvio Berlusconi, revenu aux affaires au printemps 2008. Elles débouchent sur la signature d’un accord, le 30 août de la même année. En échange de 5 milliards d’euros d’investissements sur vingt-cinq ans et d’#excuses_officielles de l’Italie pour la #colonisation, le dirigeant libyen s’engage à cesser ses reproches, mais surtout à empêcher les départs de migrants depuis ses côtes. Plus encore, les migrants secourus dans les eaux internationales seront ramenés en Libye, même contre leur gré et au mépris du droit de la mer.
    #accord_d'amitié

    L’Eglise et plusieurs ONG humanitaires peuvent bien chercher à alerter l’opinion sur les conditions dans lesquelles sont ramenés à terre les candidats à la traversée, ainsi que sur les innombrables violations des droits de l’homme en Libye, elles restent largement inaudibles. Le colonel Kadhafi peut même se permettre de pittoresques provocations, comme ses visites officielles à Rome en 2009 et 2010, où il appelle publiquement à l’islamisation de l’Europe. Le gouvernement Berlusconi, embarrassé, n’a d’autre solution que de regarder ailleurs.

    L’irruption des "#printemps_arabe s", début 2011, va faire voler en éclats ce fragile équilibre. Le soulèvement libyen, en février 2011, un mois après la chute du président tunisien Ben Ali, est accueilli avec sympathie par les chancelleries occidentales. Mais en Italie, on l’observe avec préoccupation. "Bien sûr, l’Etat libyen de Kadhafi n’était pas parfait, concède #Mario_Giro. Mais il y avait un Etat… Dans les premiers mois de 2011 – je travaillais encore pour Sant’Egidio –, alors que la France semblait déjà décidée à intervenir en Libye, le ministre des affaires étrangères du Niger m’a demandé d’organiser une entrevue avec son homologue italien, Frattini. Nous étions trois, dans un bureau du ministère, et il nous a expliqué point par point ce qu’il se passerait en cas de chute de Kadhafi. Le chaos en Méditerranée, les armes dans tout le Sahel… Tout s’est passé exactement comme il l’a dit. Mais personne n’a voulu l’écouter". Il faut dire qu’en ce début d’année 2011, le prestige international de l’Italie est au plus bas. Très affaiblie économiquement et victime du discrédit personnel d’un Silvio Berlusconi empêtré dans les scandales, l’Italie est tout simplement inaudible.

    En mai 2011, les membres du G8, réunis à Deauville, appellent Mouammar Kadhafi à quitter le pouvoir. "Lors de ce sommet, Silvio Berlusconi a plusieurs fois tenté de prendre la défense du Guide libyen, mettant en avant son aide sur le dossier des migrants et le fait qu’il s’était amendé et avait tourné le dos au terrorisme", se souvient un diplomate français, témoin des discussions. "Mais
    personne n’en a tenu compte." Le chef libyen, chassé de Tripoli en août, mourra le 20 octobre, à Syrte. Quatre semaines plus tard, le gouvernement Berlusconi 4 cessait d’exister.

    Sur le moment, entre l’euphorie de la chute de la dictature et le changement d’ère politique en Italie, ces tensions entre puissances semblent négligeables. Il n’en est rien. Au contraire, elles ne cesseront de resurgir dans le débat, nourrissant en Italie un procès durable contre la #France, accusée d’avoir déstabilisé la situation en Méditerranée pour mieux laisser l’Italie en subir, seule, les conséquences.

    CHAOS EN MÉDITERRANÉE

    Car dans le même temps, les "printemps arabes" provoquent un bouleversement de la situation en Méditerranée. Une fois de plus, c’est à Lampedusa que les premiers signes de la tempête apparaissent. Sur cette île minuscule, en hiver, on compte à peine 5 000 habitants d’ordinaire. Là, ce sont plus de 7 000 personnes venues de #Tunisie qui y débarquent en quelques jours, entre février et mars 2011. La population les accueille avec les moyens du bord, dans des conditions très précaires. Des "permis temporaires de séjours" de trois mois
    sont délivrés aux arrivants par les autorités italiennes. Ainsi, les candidats à l’exil pourront-ils circuler aisément dans tout l’espace Schengen. Plus de 60 000 migrants débarqueront en 2011 ; la grande majorité d’entre eux ne resteront pas en Italie.
    #migrants_tunisiens

    Passé les mois de désorganisation ayant suivi la chute du président tunisien #Ben_Ali, Rome et Tunis concluent en 2012 un #accord_de_réadmission, formalisant le retour au pays des migrants d’origine tunisienne expulsés d’Italie. Assez vite, se met en place une coopération qui, de l’avis de nos interlocuteurs dans les deux pays, fonctionne plutôt harmonieusement.

    En revanche, en Libye, du fait de la déliquescence du pouvoir central, Rome n’a pas d’interlocuteur. Dans un pays livré aux milices et à l’anarchie, des réseaux de trafiquants d’êtres humains s’organisent à ciel ouvert. Jusqu’à la catastrophe, qui se produit dans la nuit du 2 au #3_octobre_2013. "J’ai été réveillé à 6 heures du matin par un appel des autorités maritimes, se souvient Enrico Letta, alors chef du gouvernement italien. En quelques minutes, nous avons compris que le #naufrage qui venait d’avoir lieu près de Lampedusa était une tragédie sans précédent – le bilan sera de 366 morts. Il fallait trouver des cercueils, s’occuper des orphelins… J’ai dû presque forcer le président de la Commission européenne - José Manuel Barroso - à m’accompagner sur l’île. Quelques jours plus tard, il y a eu un autre naufrage, tout aussi meurtrier, au large de Malte. Alors que nous demandions l’aide de l’Europe, j’ai vite compris que nous n’aurions rien. Donc, nous avons décidé de nous en occuper nous-mêmes. L’émotion était si forte que l’opinion nous a suivis."

    En une dizaine de jours, l’opération "#Mare_Nostrum" est mise sur pied. Concrètement, il s’agit d’une opération navale, à la fois militaire et humanitaire, visant à lutter contre les réseaux de passeurs, tout en évitant la survenue de nouveaux drames. Ses effets sont immédiats : en moins d’un an, plus de 100 000 migrants sont secourus et le nombre de morts diminue spectaculairement. Pourtant, le gouvernement Renzi, qui succède à Letta un an plus tard, décide d’y mettre un terme, à l’automne 2014. "Ça ne coûtait pas très cher, environ 8 millions d’euros par mois, et nous avons sauvé des centaines de vie avec ce dispositif, tout en arrêtant de nombreux trafiquants, avance Enrico Letta pour défendre son initiative. Mais très vite, Mare Nostrum a été accusée de provoquer un #appel_d'air… "

    De fait, en quelques mois, le nombre de départs des côtes africaines a explosé. Surtout, une évolution capitale se produit : peu à peu, les passeurs changent de stratégie. Pour ne pas voir leurs bateaux saisis, plutôt que de chercher à gagner un port italien, ils se contentent, une fois arrivés à proximité des eaux italiennes, de débarquer les migrants à bord de petites embarcations, les laissant ensuite dériver
    jusqu’à l’arrivée des secours. La marine italienne, trouvant les migrants en situation de détresse, n’a alors d’autre choix que d’appliquer les règles immuables du #droit_de_la_mer et de les conduire en lieu sûr.

    La suppression de Mare Nostrum par le gouvernement Renzi vise à sortir de cet engrenage. En novembre 2014, est annoncée l’entrée en vigueur de l’opération "#Triton", coordonnée par l’agence européenne #Frontex. Un dispositif de moindre envergure, financé par l’Union européenne, et dans lequel la dimension humanitaire passe au second plan. Las, le nombre de départs des côtes libyennes ne diminue pas. Au contraire, en 2015, plus de 150’000 personnes sont secourues en mer. En 2016, elles seront 181’000. Et pour suppléer à la fin de Mare Nostrum, de nouveaux acteurs apparaissent en 2015 au large des côtes libyennes : des navires affrétés par des #ONG humanitaires, aussitôt
    accusés, eux aussi, de former par leur présence une sorte d’appel d’air facilitant le travail des trafiquants d’êtres humains.

    L’ITALIE PRISE AU PIÈGE

    Pour Rome, les chiffres des secours en mer sont bien sûr préoccupants. Mais ils ne disent pas tout du problème. L’essentiel est ailleurs : depuis la fin de 2013, les pays limitrophes de l’Italie (#France et #Autriche) ont rétabli les contrôles à leurs frontières. Là où, jusqu’alors, l’écrasante majorité des migrants empruntant la route de la Méditerranée centrale ne faisaient que traverser le pays en direction du nord de l’Europe, ils se trouvent désormais bloqués sur le sol italien, provoquant en quelques années l’engorgement de toutes les structures d’accueil. Et les appels répétés à la solidarité européenne se heurtent à l’indifférence des partenaires de l’Italie, qui eux-mêmes doivent composer avec leurs opinions publiques, devenues très hostiles aux migrants.
    #frontière_sud-alpine

    Considéré jusque-là comme un impératif moral par une large part de la population, l’accueil des demandeurs d’asile est l’objet de critiques croissantes. En 2015, en marge du scandale "#Mafia_capitale ", qui secoue l’administration de la commune de Rome, l’Italie découvre que plusieurs coopératives chargées de nourrir et d’héberger les migrants se sont indûment enrichies. S’installe dans les esprits une l’idée dévastatrice : l’#accueil des réfugiés est un "#business " juteux plus qu’une œuvre humanitaire.
    #mafia

    Deux ans plus tard, une série de procédures à l’initiative de magistrats de Sicile en vient à semer le doute sur les activités des ONG opérant en Méditerranée. Le premier à lancer ces accusations est le procureur de Catane, Carmelo #Zuccaro, qui dénonce en avril 2017 – tout en admettant qu’il n’a "pas les preuves" de ce qu’il avance – les ONG de collusion avec les trafiquants. Après trois mois de rumeurs et de fuites organisées dans la presse, début août 2017, le navire de l’ONG allemande #Jugend_Rettet, #Iuventa, est placé sous séquestre, tandis qu’il a été enjoint aux diverses organisations de signer un "code de bonne conduite", sous le patronage du ministre de l’intérieur, Marco #Minniti, visant à encadrer leurs activités en mer. La plupart des ONG, dont Médecins sans frontières, quitteront la zone à l’été 2017.
    #code_de_conduite

    Tandis que le monde entier a les yeux tournés vers la Méditerranée, c’est en réalité en Libye que se produit, mi-juillet, une rupture majeure. En quelques jours, les départs connaissent une chute spectaculaire. Moins de 4000 personnes sont secourues en mer en août, contre 21’000 un an plus tôt, à la même période. La cause de ce coup d’arrêt ? Le soutien et l’équipement, par Rome, des unités libyennes
    de #gardes-côtes, qui traquent les migrants jusque dans les eaux internationales, au mépris du droit de la mer, pour les reconduire dans des camps de détention libyens. Le gouvernement italien conclut une série d’accords très controversés avec différents acteurs locaux en
    Libye.
    #accord #gardes-côtes_libyens
    v. aussi : http://seen.li/cvmy

    Interrogé sur les zones d’ombre entourant ces négociations, et les témoignages venus de Libye même affirmant que l’Italie a traité avec les trafiquants, Marco Minniti nie la moindre entente directe avec les réseaux criminels, tout en mettant en avant l’intérêt supérieur du pays, qui n’arrivait plus, selon lui, à faire face seul aux arrivées. "A un moment, confiait-il fin août 2017 à des journalistes italiens, j’ai eu peur pour la santé de notre démocratie."

    De fait, l’accueil de 600’000 migrants depuis 2014 et l’attitude des partenaires européens de l’Italie, qui ont poussé à l’ouverture de "#hotspots" (centres d’enregistrement des migrants) en Sicile et dans le sud de la Péninsule, sans tenir leurs engagements en matière de #relocalisation (à peine 30 000 réfugiés arrivés en Italie et en Grèce concernés à l’automne 2017, contre un objectif initial de 160’000), a nourri le rejet de la majorité de centre-gauche au pouvoir. Il a alimenté le discours xénophobe de la Ligue du Nord de Matteo Salvini et la montée des eurosceptiques du Mouvement 5 étoiles. A quelques jours des élections du 4 mars, celui-ci est au plus haut dans les sondages.

    Depuis l’été, les départs des côtes africaines se poursuivent
    sporadiquement, au gré de la complexe situation régnant sur les côtes libyennes. Resteque des centaines de milliers de candidats à l’exil – ils seraient de 300’000 à 700’000, selon les sources – sont actuellement bloqués en Libye dans des conditions humanitaires effroyables. Pour le juriste sicilien Fulvio Vassallo, infatigable défenseur des demandeurs d’asile, cette politique est vouée à l’échec, car il ne s’agit pas d’une crise migratoire, mais d’un mouvement de fond. "Pour l’heure, l’Europe affronte le problème avec
    la seule perspective de fermer les frontières, explique-t-il. Et ça, l’histoire des vingt dernières années nous démontre que c’est sans espoir. Ça n’a pas d’autre effet que d’augmenter le nombre de morts en mer."

    Depuis 2014, selon les chiffres du Haut-Commissariat des Nations unies pour les réfugiés, 13’500 personnes au moins ont trouvé la mort en mer, sur la route de la Méditerranée centrale. Sans compter la multitude de ceux, avalés par les eaux, dont on n’a jamais retrouvé la trace.


    http://www.lemonde.fr/international/article/2018/02/23/l-italie-seule-dans-la-tempete-migratoire_5261553_3210.html

    Un nouveau mot pour la collection de @sinehebdo sur les mots de la migration : #Les_Turcs

    A la tête de ce qui, à l’origine, n’était guère plus qu’un dispensaire, Pietro Bartolo s’est trouvé aux premières loges quand tout a changé. " Ça a commencé dans les années 1990. Les migrants, des jeunes hommes venus d’Afrique du Nord, arrivaient directement sur la plage, par leurs propres moyens, avec des barques ou des canots pneumatiques. Sur l’île, on les appelait “#les_Turcs”, se souvient-il. Les habitants accueillent comme ils peuvent les arrivants, qui gagnent ensuite la Sicile puis, pour l’immense majorité, le continent.

    #histoire

    #abandon de l’Italie :

    Jusqu’à la catastrophe, qui se produit dans la nuit du 2 au #3_octobre_2013. « J’ai été réveillé à 6 heures du matin par un appel des autorités maritimes, se souvient Enrico Letta, alors chef du gouvernement italien. En quelques minutes, nous avons compris que le #naufrage qui venait d’avoir lieu près de Lampedusa était une tragédie sans précédent – le bilan sera de 366 morts. Il fallait trouver des cercueils, s’occuper des orphelins… J’ai dû presque forcer le président de la Commission européenne - José Manuel Barroso - à m’accompagner sur l’île. Quelques jours plus tard, il y a eu un autre naufrage, tout aussi meurtrier, au large de Malte. Alors que nous demandions l’aide de l’Europe, j’ai vite compris que nous n’aurions rien. Donc, nous avons décidé de nous en occuper nous-mêmes. L’émotion était si forte que l’opinion nous a suivis. »

    #asile #migrations #réfugiés #mourir_en_mer #frontières

    • C’est une manière de classer les étrangers en mouvement ou en attente de statut par le pays d’accueil.
      Migrants pour étrangers en mouvement. Immigrés pour étrangers sur le territoire national quelque soit leur statut.
      Demandeur d’Asile pour ceux qui font une demande de protection.
      Réfugiés pour ceux qui ont obtenu cette protection.
      Sans papiers pour ceux qui n’ont pas encore obtenu un statut qu’ils aient fait la demande ou non. Le terme administratif en France est ESI, étranger en situation irrégulière.
      Exilés pour ceux qui ont quitté leur pays d’une manière volontaire ou involontaire avec ce qui implique de difficultés et de sentiment d’éloignement de son pays.

    • Solidarietà Ue: gli altri paesi ci hanno lasciati da soli?

      Tra settembre 2015 e aprile 2018 in Italia sono sbarcate quasi 350.000 persone. A fronte di ciò, i piani di ricollocamento d’emergenza avviati dall’Unione europea prevedevano di ricollocare circa 35.000 richiedenti asilo dall’Italia verso altri paesi Ue: già così si sarebbe dunque trattato solo del 10% del totale degli arrivi. Inoltre i governi europei avevano imposto condizioni stringenti per i ricollocamenti: si sarebbero potuti ricollocare solo i migranti appartenenti a nazionalità con un tasso di riconoscimento di protezione internazionale superiore al 75%, il che per l’Italia equivale soltanto a eritrei, somali e siriani. Tra settembre 2015 e settembre 2017 hanno fatto richiesta d’asilo in Italia meno di 21.000 persone provenienti da questi paesi, restringendo ulteriormente il numero di persone ricollocabili. Oltre a queste limitazioni, gli altri paesi europei hanno accettato il ricollocamento di meno di 13.000 richiedenti asilo. La solidarietà europea sul fronte dei ricollocamenti “vale” oggi dunque solo il 4% degli sforzi italiani e, anche se si fossero mantenute le promesse, più di 9 migranti sbarcati su 10 sarebbero rimasti responsabilità dell’Italia.

      Oltre al fallimento dei ricollocamenti, neppure le risorse finanziarie destinate dall’Europa all’Italia per far fronte all’emergenza hanno raggiunto un livello significativo. Al contrario, gli aiuti europei coprono solo una minima parte delle spese italiane: nel 2017, per esempio, gli aiuti Ue ammontavano a meno del 2% dei costi incorsi dallo Stato italiano per gestire il fenomeno migratorio.

      https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/fact-checking-migrazioni-2018-20415
      #aide_financière

  • Euradionantes | Statistiques de l’asile et de l’immigration : analyse vs communication
    https://asile.ch/2018/02/21/euradionantes-statistiques-de-lasile-de-limmigration-analyse-versus-communicat

    Si les statistiques relatives à l’asile et à l’immigration sont des instruments d’analyse et de compréhension du phénomène migratoire, elles sont parfois utilisées à des fins de communication politique. Énoncés de manière brute, sans comparaison ni relativité, ces chiffres ne livrent alors qu’une partie de la réalité. L’édito du jour #15 de Yves Pascouau, directeur au […]

    • et pourtant, tellement classique…
      relativiser, conceptualiser,…

      C’est-à-dire concrètement ?
      On peut prendre l’exemple de la relocalisation des demandeurs d’asile c’est-à-dire le mécanisme par lequel les Etats européens se sont engagés à accueillir des demandeurs d’asile arrivés en Grèce et en Italie.

      Le 12 février 2018, les statistiques montrent que les 5 Etats qui ont le plus relocalisé de demandeurs d’asile sont l’Allemagne, la France, la Suède, les Pays-Bas et la Finlande.
      On pourrait pousser un grand Cocorico pour la France qui est 2ème au classement ! Mais…

      Mais…
      Ce classement fondé sur des chiffres bruts ne dit pas grand-chose sur la part réelle de l’engagement de la France en matière de relocalisation. Si la France a accueilli 4944 demandeurs d’asile, cela ne représente en réalité que 25 % des 19 714 demandeurs d’asile qu’elle s’était engagée à relocaliser.
      Si on prend le classement des bons élèves, c’est-à-dire ceux qui ont rempli leurs obligations, et bien France n’occupe plus la 2ème mais la 15ème place loin derrière l’Irlande, Malte, le Luxembourg ou encore la Finlande qui ont rempli toutes leurs obligations.

      C’est en effet largement différent

      cf. la discussion récente sur les armes aux mains de civils https://seenthis.net/messages/669520

      et aussi,

      Mais, cet exercice est peu compatible avec l’accélération du temps médiatique qui oblige souvent de rester en surface…

      depuis au moins deux décennies, si la phrase fait plus de 15 secondes, on te coupe la parole pour te demander un définitif, bon, d’accord, mais en vrai, ça monte ou ça descend ?.

  • Migranti soccorsi nel Mediterraneo, cade l’obbligo di trasferirli in Italia

    Il nuovo accordo siglato dal Dipartimento Immigrazione del Viminale con #Frontex

    I migranti soccorsi nel Mediterraneo dovranno essere trasferiti nel porto più vicino. E dunque cade l’obbligo che vengano portati direttamente in Italia, come era invece previsto dalla missione Triton. È quanto prevede il nuovo accordo siglato dall’Italia con Frontex, l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera. Nell’intesta siglata dai rappresentati del Dipartimento di immigrazione del Viminale con i rappresentanti Ue si prevede di arretrare la linea di pattugliamento dei nostri mezzi navali a 24 miglia, restringendo in questo modo il campo d’azione.
    In una nota Frontex sottolinea come la nuova operazione nel mar Mediterraneo centrale, «servirà per assistere l’Italia nelle attività di controllo dei confini». La nuova operazione congiunta si chiamerà Themis, «inizierà il 1 febbraio e sostituirà l’operazione Triton lanciata nel 2014. L’operazione Themis continuerà a includere la ricerca e soccorso come componente cruciale. Allo stesso tempo, la nuova operazione avrà un focus rafforzato sulle forze dell’ordine». L’area in cui sarà operativa «coprirà il mar Mediterraneo centrale, dalle acque che coprono i flussi da Algeria, Tunisia, Libia, Egitto, Turchia e Albania».

    http://roma.corriere.it/notizie/cronaca/18_gennaio_31/migranti-soccorsi-mediterraneo-cade-l-obbligo-trasferirli-italia-168b6

    #Italie #asile #migrations #réfugiés #Méditerranée #contrôles_frontaliers #frontières #opération_Themis #frontières_mobiles
    cc @isskein

    • Frontex lance une opération en Méditerranée centrale, nommée Thémis
      Dénommée Themis, cette opération démarre ce 1er février. Elle remplace l’opération Triton, lancée en 2014. L’opération Themis continuera d’inclure la recherche et le sauvetage. Des missions menées sous la coordination des « différents centres de coordination du sauvetage maritime responsables ». Mais la nouvelle opération aura aussi un axe plus important sur le respect de la loi. Sa zone opérationnelle s’étendra sur la mer Méditerranée centrale dans les eaux couvrant les flux venant d’Algérie, de Tunisie, Libye, Egypte, Turquie et Albanie. NB : la zone d’opération est donc plus large que celle de l’opération Sophia, puisqu’elle couvre également le flanc est (Egypte, Turquie) et le flanc ouest (Algérie) et l’Adriatique.

      Dans le cadre de cette opération, Frontex va aussi poursuivre sa présence dans les hotspots en Italie, où les agents déployés par l’agence aideront les autorités nationales à enregistrer les migrants, notamment en prenant leurs empreintes digitales et en confirmant leur nationalité.

      –-> sauf que le programme de #relocalisations n’est plus actif... pauvre Italie, obligée de prendre des empreintes digitales, mais plus possible de compter sur le programme de relocalisation (même si c’était un échec)

      Le volet sécurité de l’opération Themis comprendra également la collecte de #renseignements et d’autres mesures visant à détecter les #combattants_étrangers et autres menaces terroristes aux frontières extérieures.

      #terrorisme #ISIS #Etat_islamique

      http://www.bruxelles2.eu/2018/01/31/frontex-lance-une-operation-en-mediterranee-centrale-nommee-themis

      –-> Dans cet article il n’est pas fait mention d’un élément mis en avant par Il Corriere :

      I migranti soccorsi nel Mediterraneo dovranno essere trasferiti nel porto più vicino. E dunque cade l’obbligo che vengano portati direttamente in Italia, come era invece previsto dalla missione Triton. È quanto prevede il nuovo accordo siglato dall’Italia con Frontex, l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera. Nell’intesta siglata dai rappresentati del Dipartimento di immigrazione del Viminale con i rappresentanti Ue si prevede di arretrare la linea di pattugliamento dei nostri mezzi navali a 24 miglia, restringendo in questo modo il campo d’azione.

      –-> les personnes sauvées en Méditerranée devront être transférées dans le #port_le_plus_proche, il n’y a plus l’obligation de les transporter en Italie... Le port le plus proche = retour en Libye, notamment...
       :-(

    • Frontex launching new operation in Central Med

      Frontex, the European Border and Coast Guard Agency, is launching a new operation in the Central Mediterranean to assist Italy in border control activities.

      The new Joint Operation Themis will begin on 1 February and will replace operation Triton, which was launched in 2014. Operation Themis will continue to include search and rescue as a crucial component. At the same time, the new operation will have an enhanced law enforcement focus. Its operational area will span the Central Mediterranean Sea from waters covering flows from Algeria, Tunisia, Libya, Egypt, Turkey and Albania.

      “Operation Themis will better reflect the changing patterns of migration, as well as cross border crime. Frontex will also assist Italy in tracking down criminal activities, such as drug smuggling across the Adriatic,” said Frontex Executive Director Fabrice Leggeri.

      The security component of Operation Themis will include collection of intelligence and other steps aimed at detecting foreign fighters and other terrorist threats at the external borders.

      “We need to be better equipped to prevent criminal groups that try to enter the EU undetected. This is crucial for the internal security of the European Union,” Leggeri said.

      As part of Operation Themis, Frontex will continue its presence in the hotspots in Italy, where officers deployed by the agency will assist the national authorities in registering migrants, including taking their fingerprints and confirming their nationalities.

      Frontex vessels will continue search and rescue operations under the coordination of the responsible Maritime Rescue Coordination Centres. Last year, Frontex assisted in the rescue of 38 000 people at sea in operations in Italy, Greece and Spain.

      http://frontex.europa.eu/thumb/Images_News/2018/new_misson_planning_small.prop_300x.37d0f4e879.JPG
      http://frontex.europa.eu/news/frontex-launching-new-operation-in-central-med-OESzij

    • FRONTEX ed il governo italiano contro il diritto internazionale del mare, contro il diritto alla vita dei migranti

      Un articolo del Corriere della Sera ha anticipato la nuova operazione Themis di Frontex che dovrebbe sostituire la precedente operazione TRITON e limitare il ruolo dei mezzi italiani nelle attività di soccorso, addirittura a 24 miglia a sud di Lampedusa, con la possibilità di sbarcare i naufraghi soccorsi in alto mare ( in acque internazionali) nel “porto più vicino” e non nel “place of safetty” imposto dalle Convenzioni internazionali di Montego Bay (UNCLOS) del 1984 e di Amburgo (SAR) del 1979.

      Risalendo alla fonte della notizia le informazioni diffuse dal Corriere appaiono frutto di una visione fortemente influenzata dai rapporti con le polizie e i servizi di informazione. La posizione ufficiale di Frontex è affidata ad un comunicato. Ma un comunicato di polizia non costituisce fonte del diritto. Almeno finora.

      https://www.a-dif.org/2018/02/01/frontex-ed-il-governo-italiano-contro-il-diritto-internazionale-del-mare-cont

    • Con Themis le navi Ue riporteranno i migranti salvati in Libia? No, ma...

      La nuova Operazione dell’agenzia europea Frontex fa prevalere l’opzione del porto più vicino rispetto a quello più sicuro: stop alla prassi di arrivo esclusivo in Italia e incertezza sui futuri luoghi di sbarco, anche se Frontex stessa rassicura sul rispetto della legge marittima internazionale. Manzione, sottosegretario agli Interni: “L’Europa si conferma a due velocità sul tema migranti: per le operazioni di controllo delle frontiere si decide rapidamente, per le alternative ai drammatici viaggi in mare - come i corridoi umanitari - non si arriva mai al dunque”

      http://www.vita.it/it/article/2018/02/01/la-ue-riportera-i-migranti-salvati-in-libia-dietro-le-quinte-della-nuo/145828

    • Opération Thémis. L’agence Frontex agit-elle sans contrôle démocratique ?

      Le lancement récent d’une nouvelle opération au large de la Méditerranée par le corps européen de garde-frontières et de garde-côtes (l’agence Frontex) est interpellant.

      Un objectif très flou

      Le communiqué diffusé à cette occasion laisse planer un certain flou et pose plus de questions qu’il n’en résout. La nouvelle opération s’occupe à la fois de recherche et sauvetage en mer, de renforcement de la loi, de lutte contre la criminalité, contre les réseaux terroristes (lire : Frontex lance une opération en Méditerranée centrale, nommée Thémis). Mais on ne comprend pas vraiment bien l’objectif de la nouvelle mission.

      Une proximité d’objectifs avec EUNAVFOR Med

      Nous avons demandé des précisions à Frontex (basée à Varsovie), surtout sur la façon dont les deux opérations EUNAVFOR Med et Thémis allaient se coordonner. La réponse reçue tout à l’heure (à 13h) est un peu vasouillarde…. Tout d’abord, on nous a annoncé doctement que THEMIS était civile là où EUNAVFOR Med militaire. Une vraie information ! (1). Ensuite, on nous a expliqué que cette mission n’avait pour fonction que le sauvetage en mer et n’avait pas pour tâche la lutte contre les trafics de migrants. Ce qui est, là, en pleine contradiction avec l’énoncé même du communiqué officiel.

      « At the same time, the new operation will have an enhanced law enforcement focus. Its operational area will span the Central Mediterranean Sea from waters covering flows from Algeria, Tunisia, Libya, Egypt, Turkey and Albania. « Operation Themis will better reflect the changing patterns of migration, as well as cross border crime. (…) said Frontex Executive Director Fabrice Leggeri.

      Les mots ne sont pas totalement identiques. Mais ils sont très proches des mots employés pour l’opération EUNAVFOR Med. En tout cas, rien ne permet de faire un réel distinguo entre les deux opérations.

      Une opération déployée sans contrôle démocratique

      Ce raté dans la communication révèle en fait un problème plus général. A la différence des opérations PSDC, qui opèrent dans un cadre précis, ces opérations sont menées sans aucun cadre ni autorisation légale. Certes il y a un règlement définissant l’action du corps européen, certes il y a eu un plan d’opération approuvé au sein de Frontex, en accord avec le pays d’origine. Mais tout cela se fait de façon discrète, « sous la table », à un niveau infrapolitique, sans approbation formelle, ni transparence. Bref, sans contrôle démocratique d’une façon ou d’une autre et sans aucune transparence. Ce qui est contraire aux règles, et surtout, à l’esprit européen.

      … sans aucun cadre légal publié

      Aucune autorité politique compétente au niveau de l’Union européenne — le conseil des ministres par exemple — n’a approuvé une telle opération. Aucune décision cadre n’en a fixé l’objectif, les moyens, les limites, voire la zone d’opération. Aucune décision n’a été publiée au journal officiel ou sur un autre support. Aucune information n’a été donnée sur le coût de cette opération, ni sa durée. Aucun procès verbal n’a été constaté et est accessible publiquement. Aucune information au parlement européen n’a été effectuée officiellement. Aucune traduction même dans les principales langues concernées par cette opération n’a été publiée.

      Une absence de justification expliquant l’exception

      Les bons esprits estimeront sans doute que la nécessité opérationnelle impose cette absence de formalisme. On peut douter de la pertinence de cet argument, du moins au plan européen. Une opération militaire menée au nom de l’Union européenne, financée par les seuls États membres, respecte toutes ces conditions : une décision cadre est approuvée par les ministres et publiée au journal officiel dans toutes les langues. Elle fixe l’objectif, les missions, les moyens, les règles tenant au secret et à la protection des données, donne des indications sur la zone d’opération, le budget affecté, la durée de l’opération et le contrôle politique de l’opération.

      Commentaire : les militaires respectent une certaine obligation démocratique, pourquoi pas les garde-frontières ?

      On peut se demander pourquoi une opération civile, menée toujours au nom de l’Union européenne, dans un cadre communautaire, avec de l’argent communautaire, sous une hiérarchie communautaire, puisse s’abstraire du respect de ces procédures. Quel est le raisonnement politique, démocratique, constitutionnel, juridique, qui peut justifier pareille exception ? (2) Les militaires y arrivent très bien, le corps des garde-frontières et des garde-côtes européens s’il veut garder sa pertinence et sa légitimité devrait y arriver fort bien.

      (Nicolas Gros-Verheyde)

      (1) Ce qui est un peu prendre le public européen pour un imbécile. Nos questions sur l’utilité d’avoir deux opérations plus ou moins dans la même zone, avec plus ou moins les mêmes objectifs, les moyens de coordination, l’utilisation adéquate des financements européens est en revanche restée sans réponse.

      (2) Nous avons demandé la raison d’un tel manque. Aucune réponse satisfaisante n’a été fourni.

      https://www.bruxelles2.eu/2018/02/01/lagence-frontex-est-elle-democratique

    • #Themis: la missione di Frontex voluta da Minniti di cui ora dispone Matteo Salvini

      Themis sostituisce la vecchia missione #Triton, con un mandato allargato e che poco si concentra sugli sbarchi dalla Libia. Per la prima volta una missione dell’agenzia europea Frontex supporta le forze dell’ordine marittime di un governo che dice di voler respingere i “clandestini” direttamente in mare.

      Il 28 agosto 2014 la Lega non era ancora al governo, e Matteo Salvini si esprimeva così sulla sua pagina Facebook: “Secondo voi dire che FRONTEX PLUS è una PRESA PER IL CULO è troppo forte??? Il 18 ottobre TUTTI A MILANO per dire NO a Mare Nostrum, Frontex, Frontex Plus o come diavolo vorranno chiamare operazioni che, invece di respingere i clandestini, favoriscono l’invasione!”.

      #Frontex_Plus, diventata poi Triton, è stata fino a febbraio di quest’anno la missione di Frontex a difesa della frontiere marittime italiane. Non è “indipendente”: infatti lo scopo è il supporto ai mezzi italiani impiegati per la ricognizione in mare, cioè Guardia di Finanza, Guardia costiera e Polizia di stato. L’Agenzia europea per il pattugliamento delle frontiere – Frontex appunto – finanzia e aiuta il coordinamento della missione Themis, mentre i paesi partecipanti contribuiscono mettendo a disposizione uomini e mezzi, a seconda delle esigenze espresse dall’Italia.

      Alla fine del 2016, la storia tra Salvini e Frontex ha preso un’altra piega: il Financial Times ha pubblicato il famoso report interno (ve ne raccontammo qui: http://openmigration.org/analisi/accuse-alle-ong-cosa-ce-di-falso-o-di-sviante) in cui l’agenzia sosteneva che i trafficanti dessero ai migranti “precise indicazioni prima di partire per raggiungere le navi delle Ong”. Luigi Di Maio, ad aprile 2017, ha attribuito a un altro report di Frontex (Risk Analysis 2017: https://frontex.europa.eu/assets/Publications/Risk_Analysis/Annual_Risk_Analysis_2017.pdf) la tanto citata espressione “taxi del mare” per definire le Ong. Quella frase nel report non c’è, ma ci sono critiche all’atteggiamento poco collaborativo delle Ong e a salvataggi che avverrebbero “prima di chiamate d’emergenza”.

      Quello è stato l’inizio delle intese tra Lega e Cinque Stelle sull’immigrazione, con Frontex citata a sostegno delle argomentazioni anti-Ong – il primo atto della campagna condotta dalla procura di Catania e dal suo capo Carmelo Zuccaro. “Io sto con Zuccaro, io sto con Frontex”, diceva Salvini a maggio 2017, “che certificano, sostengono e confermano quello che qualunque normodotato in Italia e nel mondo ha ormai intuito: l’immigrazione clandestina è organizzata, finanziata, è un business da 5 miliardi di euro e ha portato a 13 mila morti sul fondo del mare”.

      Ora la missione di Frontex cominciata a febbraio è cambiata per nuove esigenze dell’Italia. La “revisione” del mandato è cominciata a luglio del 2017 per volere dell’allora ministro Marco Minniti, che aveva inserito questa missione nella strategia più complessiva dell’Italia in Libia. Come vedremo, il compito principale di raccordo con le autorità marittime locali lo svolge la Marina Militare.

      La nuova missione di Frontex è stata battezzata Themis. È la prima a supporto di un governo che dice di voler respingere i “clandestini” in mare.
      Da paese di frontiera, è ovvio che l’Italia sia uno dei principali interlocutori di Frontex. Il fatto che il governo Lega-Cinque Stelle abbia in animo di respingere i migranti prima che sbarchino, presumibilmente anche con l’ausilio dei mezzi messi a disposizione da Themis, è invece un fatto unico.

      Queste sono le caratteristiche della missione pensata da Minniti e che si ritroverà a gestire, invece, Matteo Salvini. E questo è il modo in cui la missione si inserisce all’interno del piano italiano ed europeo sulla Libia, spesso scoordinato e incomprensibile.
      Le novità di Themis e l’allargamento del mandato deciso dal Viminale

      Nella missione Themis partecipano insieme a Frontex 27 stati membri. La missione dispone di dieci navi, due elicotteri e altrettanti aerei e un budget annuale di 39 milioni di euro, con i quali Frontex paga sia per i propri mezzi, sia per quelli appartenenti ai paesi europei impiegati poi nella missione.

      Themis ha alcune caratteristiche differenti rispetto alla precedente Triton. In primo luogo, come spiega il Viminale, il limite dalle coste italiane della linea di pattugliamento: Triton arrivava fino a 30 miglia nautiche dalle nostre coste, Themis si fermerà a 24, ossia il confine delle cosiddette acque continue. È il limite canonico delle acque di competenza di un paese, superato in occasione della missione Triton a causa delle condizioni particolari del 2014, il suo anno di nascita. C’è da ipotizzare che il lieve indietreggiare di Themis sia anche un modo per dare maggiore spazio di manovra alle nuove autorità libiche, alle quali l’Italia sta fornendo assistenza per realizzare a Tripoli un nuovo Mrcc, il centro di coordinamento dei salvataggi a Tripoli.

      Una seconda differenza tra Triton e Themis riguarda il mandato. Themis non ha come unico scopo il contrasto all’immigrazione irregolare, né si concentra solo sul Mediterraneo centrale: copre anche i flussi di uomini e droga nel Mediterraneo orientale (Albania e Turchia) e occidentale (Tunisia e Algeria), che erano fuori dal mandato di Triton. Uno spostamento di focus legato anche al calo negli sbarchi.

      Le nuove aree interessano a Frontex e agli inquirenti italiani soprattutto per gli “sbarchi fantasma” dalla Tunisia. Pescherecci, barche a vela, motoscafi con poche decine di persone a bordo che sbarcano sulle coste della Sicilia meridionale senza che i migranti a bordo passino da strutture di accoglienza o identificazione: ogni loro spostamento è gestito da organizzazioni italo-tunisine. Sono vittime di tratta? Lavoratori forzati? Manodopera criminale? Potenziali terroristi? Le ipotesi sono tutte al vaglio degli inquirenti.

      Sulla carta, poi, Themis rompe il vincolo stabilito da Triton per il quale ogni migrante salvato nella missione doveva sbarcare in un porto sicuro italiano. Al momento, però, non sono registrati sbarchi, a parte per urgenze mediche individuali, in porti diversi da quelli italiani. E il 7 giugno c’è stato l’ennesimo braccio di ferro tra Malta e l’Italia, quando le autorità dell’isola non hanno concesso a Sea Watch di sbarcare 120 migranti in un momento in cui l’imbarcazione dell’Ong era in difficoltà per le condizioni del mare. Ora, con il caso Aquarius, lo scontro con La Valletta è diventato aperto e duro.
      Poca trasparenza

      Da parte di Frontex c’è molta riservatezza sulle operazioni in corso. Piano operativo e contratti di utilizzo di ogni mezzo impiegato in mare sono i documenti fondamentali per capire esattamente cosa faccia Themis. L’agenzia per il pattugliamento delle frontiere, però, fino a oggi ha diffuso questo genere di documenti soltanto a missioni concluse.

      “Nella mia esperienza, Frontex è molto riluttante a condividere i dati delle proprie missioni, soprattutto i piani operativi”, spiega Luisa Izuzquiza, ricercatrice indipendente che da un anno e mezzo deposita richieste di accesso agli atti presso gli uffici dell’Agenzia europea per il pattugliamento delle frontiere. La motivazione con cui le viene negato l’accesso è sempre la stessa: la pubblica sicurezza.

      A gennaio 2018, dopo l’ennesimo rifiuto, Luisa Izuzquiza ha portato Frontex di fronte alla Corte di giustizia europea per ottenere la pubblicazione dei contratti impiegati nella scorsa missione, Triton. Alcuni Stati membri, come la Svezia, non hanno avuto problemi a rendere pubblici i documenti con cui mettono a disposizione di Triton i propri mezzi. Tipologia di accordi e costi sono certamente molto simili anche nel caso di Themis. Le spese coperte interamente da Frontex sono un forte incentivo affinché i paesi diano il proprio contributo alle missioni.
      Il coordinamento e i sistemi di condivisione dei dati

      A partire da settembre 2015, la Commissione europea ha introdotto gli hotspot, sviluppati in via sperimentale in Grecia e in Italia, come prime strutture di identificazione dei migranti. A Catania c’è la sede della Task force regionale (Eurtf), che coordina le strutture italiane. Qui, per evitare sovrapposizioni fra le missioni gestite da ciascuno, siedono nello stesso ufficio uomini di Frontex, Easo (l’ufficio europeo per il sostegno all’asilo), Europol, Eurojust, operazione Sophia, polizia, Guardia di finanza e Guardia costiera.

      Meno chiara, però, è la situazione dei canali di comunicazione delle diverse missioni, specialmente fuori dai confini europei. Il principale canale di condivisione dei dati per i paesi del Mediterraneo si chiama Seahorse Mediterraneo Network, una piattaforma utilizzata dalle polizie dei paesi dell’area allo scopo di “rafforzare il controllo delle frontiere”. È un database al momento adottato da Spagna, Italia, Malta, Francia, Grecia, Cipro e Portogallo. La Commissione europea ha messo sul piatto 10 milioni di euro per fare in modo che possano partecipare allo scambio anche Libia, Egitto, Tunisia e Algeria. Se ne discute da ormai tre anni, ma l’unico paese che sembra poterci (e volerci) entrare – tramite l’Italia – è la Libia. Vuol dire che la guardia costiera locale avrà accesso, almeno via Seahorse, agli stessi database marittimi delle nostre forze dell’ordine.

      Nella “Relazione sulla performance per il 2016” (http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/DF/332676.pdf) del Viminale si legge che Seahorse “è stata installata nel Centro Interforze di Gestione e Controllo (Cigc) Sicral di Vigna di Valle (Roma), teleporto principale del Ministero della Difesa, mentre presso il Centro Nazionale di Coordinamento per l’immigrazione “Roberto Iavarone” – Eurosur, sede del Mebocc [Mediterranean Border Cooperation Center], sono stati installati gli altri apparati funzionali alla rete di comunicazione”.

      Il nodo italiano, dunque, sembrerebbe operativo: Seahorse è gestito dal Cigc Sicral, mentre il database-ombrello per mappare in tempo reale tutto ciò che sta accadendo in mare, Eurosur, è gestito dal Centro Roberto Iavarone, che è anche sede del Mebocc, la centrale operativa da cui passano le comunicazioni tra paesi europei, Frontex e paesi terzi.

      Nella stessa relazione c’è anche un secondo passaggio, che conferma la partecipazione dei libici: si legge che nel 2016 in tutto sei “ufficiali della Guardia Costiera-Marina Militare Libica” sono stati ospitati in Italia “con funzioni di collegamento con le autorità libiche e per migliorare/stimolare la cooperazione nella gestione degli eventi di immigrazione irregolare provenienti dalla Libia” nell’ambito del progetto Sea Horse Mediterranean Network. Non è chiaro, al momento, se gli ufficiali libici hanno poi avuto l’accesso al sistema Seahorse anche da Tripoli.
      La sovrapposizione fra Marina militare italiana e autorità marittima libica

      Nel Mediterraneo centrale agisce poi la Marina militare. Rispetto alle tre forze dell’ordine che collaborano con Frontex ha altre regole di ingaggio e un’altra linea di comando. Come ora vedremo, ha anche altre priorità.

      Oltre a partecipare alle operazioni congiunte di Eunavformed, infatti, la Marina militare italiana ha riattivato la cooperazione con la Libia nata nel 2002, all’epoca di Gheddafi, con il nome in codice di Nauras. Difficile sapere quali navi vengono utilizzate e quali siano gli obiettivi strategici attuali dell’accordo militare tra Roma e Tripoli.

      I pochi elementi certi sono emersi grazie al caso giudiziario che ha portato questa primavera prima al sequestro e poi al dissequestro della nave Open Arms, fermata alla fine di marzo 2018 dopo un salvataggio in zona Sar, che aveva visto un duro scontro con le motovedette libiche. Attraverso le informative del comando generale della Guardia costiera italiana, i magistrati – prima di Catania e poi di Ragusa – hanno potuto ricostruire la gestione dei salvataggi del 15 marzo, quando il Mrcc di Roma aveva affidato il coordinamento delle operazioni alle motovedette libiche. Lì emergeva che la nave Capri della Marina militare italiana era intervenuta fin dalle prime ore del mattino parlando con Roma per conto di Tripoli e chiedendo espressamente di fermare l’intervento della Ong – le informative riportano anche un messaggio partito dall’addetto militare italiano a Tripoli.

      Dai brogliacci delle comunicazioni partite e ricevute dal Mrcc di Roma durante le operazioni di salvataggio si ricava inoltre che la Marina militare è intervenuta più volte – sia da unità navali inserite nell’operazione Nauras, sia dal Comando della squadra navale (Cincinav), che dipende direttamente dallo Stato maggiore della Difesa. Tra le carte dell’inchiesta c’è anche una relazione del comando di un’altra nave militare coinvolta, la Alpino – qui nelle vesti di polizia giudiziaria e presente a poche miglia dall’area di salvataggio dove stavano agendo contemporaneamente la Open Arms e la Guardia costiera di Tripoli.

      Lo stretto legame che esiste tra la Guardia costiera libica e la Marina Militare italiana appare ancora più evidente da un messaggio inviato dal comando delle motovedette libiche al Mrcc di Roma. Il numero di telefono del mittente – ovvero dell’autorità marittima libica – ha il prefisso +39 della rete italiana, e porta direttamente alla nave Capri. In altre parole, se chiami la Guardia costiera libica risponde la Marina militare italiana. E non è l’unico caso. Un paio di mesi dopo, la nave di soccorso tedesca Sea Watch ha ricevuto una telefonata dai libici durante un’operazione di salvataggio, che appariva sul display con un numero italiano.

      Quanto siano coinvolte la Marina militare e la Guardia costiera italiana nel respingimento dei migranti è un tema che presto verrà affrontato dalla Corte europea dei Diritti dell’Uomo, chiamata a discutere una denuncia presentata nei mesi scorsi contro le autorità di Roma.


      http://openmigration.org/analisi/themis-la-missione-di-frontex-voluta-da-minniti-di-cui-ora-dispone-ma
      #Eurtf #Mebocc #Eurosur #Eunavfor_med

    • Themis: la missione di Frontex voluta da Minniti di cui ora dispone Matteo Salvini

      Themis sostituisce la vecchia missione Triton, con un mandato allargato e che poco si concentra sugli sbarchi dalla Libia. Per la prima volta una missione dell’agenzia europea Frontex supporta le forze dell’ordine marittime di un governo che dice di voler respingere i “clandestini” direttamente in mare.

      http://openmigration.org/analisi/themis-la-missione-di-frontex-voluta-da-minniti-di-cui-ora-dispone-ma
      cc @albertocampiphoto