Il racconto di noi
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2024 Io non c’ero ma ero lì
Nel 2019, in un periodo non molto diverso da questo, in cui il problema...
Il racconto di noi
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▻https://www.youtube.com/watch?v=hKNXzcV6jS4
Tu che sei sceso tra noi da un cielo lontano
E del tempo non conoscerai mai il suo segno
Tu che hai vissuto dell’uomo solo il momento
Di quando è caduto sfinito e gli hai preso la croce
Racconta di noi, racconta di noi
Racconta di noi, tu che sai,
Racconta di noi
Hai camminato in silenzio nell’alba fatta di ombre
E hai sentito il nostro respiro affondare nel mare
Laggiù nel buio profondo dove anche le onde non vedono
La solitudine delle nostre tombe
Racconta di noi, racconta di noi
Racconta di noi, tu che sai,
Racconta di noi
E in quel momento sarò ancora vivo
Nelle tue parole
E in quel momento sarò ancora vivo
Nelle tue parole
Hai provato cos’e la paura mentre avevi la febbre
E hai finito le lacrime su quel pianto di figlio
Hai sentito il sapore del sangue sulle mie braccia straziate
L con noi hai maledetto questo mare infinito
Racconta di noi, tu che sai
racconta di noi
Racconta di noi, tu che sai,
Racconta di noi
E in quel momento sarò ancora vivo nelle tue parole
E in quel momento sarò ancora vivo nelle tue parole
In quel momento sarò ancora vivo nelle tue parole
In quel momento sarò ancora vivo nelle tue parole
Nella città luminosa noi ancora vivremo
Nei ricordi dei vecchi e nei sogni dei bimbi
Nel canto al mattino di una giovane sposa
Nell’ultima storia prima di spegnere il fuoco
Ti abbiamo detto perché noi siamo partiti
E hai capito perché Siamo morti cercando la vita
Ogni passo che hai condiviso
Ogni metro di sabbia rovente
Ogni braccio alzato a chiamare
Ogni schiena offerta al bastone
Ogni abbraccio perduto nel mare
Ogni sguardo che hai stretto nel cuore
Saranno pagine sul libro che racconta di noi
Saranno pagine sul libro che racconta di noi
Saranno pagine sul libro che racconta di noi
Saranno pagine sul libro che racconta di noi
In quelle parole non sarà morto il cammino
In quelle parole sarò ancora vivo
In quelle parole non sarà morto il cammino
In quelle parole sarò ancora vivo
Memoria limpida
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2024 Io non c’ero ma ero lì
Nel 2019, in un periodo non molto diverso da questo, in cui il problema...
Memoria limpida
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Se lo vuoi, sussurralo
Un altro racconto guardando il tramonto
Ma se puoi, stupiscilo
Quel fuoco che brucia lento non è mai spento
Ricordami quando non sarò più qui
E resterò nella memoria limpida
Le pagine scorrono veloci se
Non vivono di storie vere
C’è un libro che aspetta me, aspetta te
Per scrivere il lieto fine che non c’è
Ricordami quando non sarai più qui
Mi troverai da qualche parte nel tuo cuor
O da qualche parte nel mio cuor
Se lo vuoi, sussurralo
Un altro racconto guardando il tramonto
Ma se puoi, stupiscilo
Quel fuoco che brucia lento non è mai spento
Ricordami quando non sarò più qui
E resterò nella memoria limpida
Le pagine scorrono veloci se
Non vivono di storie vere
C’è un libro che aspetta me, aspetta te
Per leggere il lieto fine che non c’é
Ricordami quando non sarai più qui
Mi troverai da qualche parte nel tuo cuor
Da qualche parte nel mio cuor
Se lo vuoi, sussurralo
Un altro racconto guardando il tramonto
Ma se puoi, stupiscilo |
Quel fuoco che brucia lento non è mai spento
Da qualche parte nel tuo cuor
Da qualche parte nel mio cuor
Da qualche parte nel tuo cuor
Da qualche parte nel mio cuor
Da qualche parte
Scarpe pesanti
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Nel 2019, in un periodo non molto diverso da questo, in cui il problema...
▻https://www.youtube.com/watch?v=i3ldEFj56XI
Sento le scarpe pesanti. Non sono affaticato, mi piace avere le scarpe pesanti, sento il cammino di mio padre nelle mie scarpe. Camminava verso il lavoro per dieci giorni e superava la frontiera. Al di là del muro sgobbava come un mulo, poi ripartiva per tornare a casa, in tasca il frutto del suo lavoro e nelle scarpe il suo cammino. Quando arrivava si toglieva le scarpe e le lasciava riposare.
Passo dopo passo mangio un altro sasso spingere in salita strada infinità
Quando arrivo busso chiederò il permesso vivere la vita non è mai finita
Io guardavo le sue scarpe e mi raccontavano le sue giornate, io le guardavo e mi raccontavano mio padre. Poi, un giorno, i piedi di mio padre entravano di nuovo in quelle scarpe, così lui ripartiva, ancora una volta, senza pesi nelle tasche ma con
dieci giorni di cammino nella testa. I[o ho iniziato a camminare per mio padre, perché mi voleva con scarpe pulite, con scarpe leggere. Ma le mie scarpe sono pesanti e mi piace avere le scarpe pesanti.
Passo dopo passo mangio un altro sasso spingere in salita strada infinità
Quando arrivo busso chiederò il permesso vivere la vita non è mai finita
Sotto le suole delle mie scarpe ci sono le strade che hanno percorso, sotto le suole delle mie scarpe le case che hanno visto da lontano. Non potevo avvicinarmi, potevo solo spiare la vita di chi le scarpe le lascia fuori dalla porta. Le mie scarpe mi ricordano che non ho ricevuto l’invito, ma sono entrato lo stesso, perché le mie scarpe non hanno bisogno dell’invito, la porta è sempre aperta per il bagaglio che trascino sotto le suole, fatemi entrare, lascerò le mie scarpe fuori dalla porta.
Passo dopo passo mangio un altro sasso spingere in salita strada infinita
Quando arrivo busso chiederò il permesso vivere la vita non mai finita
Lascio le mie scarpe a riposare, ascoltate la storia che hanno da raccontare. Non ho le tasche piene ma porto ricchezza, vi lascio in pegno le mie scarpe, sono regalo di chi ha camminato tanto, il peso delle mie scarpe è la mia eredità.
Passo dopo passo mangio un altro sasso spingere in salita strada infinita
Quando arrivo busso chiederò il permesso vivere la vita non mai finita
Dove sei ?
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2024 Io non c’ero ma ero lì
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▻https://www.youtube.com/watch?time_continue=270&v=TOtFeKuvUDI&embeds_referring_euri=https%3A%2F%2Fw
Tell me where are you? Where are you?
Dimmi, dove sei? Dove sei?
Cosa guardano ora i tuoi occhi?
O dove batte ora il tuo cuore?
O hai trovato la speranza?
O l’hai persa in fondo al mare?
Hai trovato un mondo nuovo?
Nuove storie da raccontare?
Una strada da seguire?
| nuove parole per sognare?
Tell me where are you? Where are you?
Dimmi, dove sei? Dove sei?
Hai ancora la mia foto?
Guardi ancora il mio sorriso?
Custodisci la tua terra
Come il bene più prezioso?
La pagella stretta al petto
Il tuo passato, il tuo futuro?
|l rosario che ti ho donato
Per un viaggio più sicuro?
Tell me where are you? Where are you?
Dimmi, dove sei? Dove sei?
Se il tuo corpo è freddo e spento
In una bara di acqua e sale
Se il tuo sogno giace infranto
Sotto un cielo di temporale
Dimmi dove riposi ora
Dove piangere il mio dolore
Dove odio e indifferenza
Han seppellito per sempre ll mio amore
Tell me where are you? Where are you?
Dimmi, dove sei? Dove sei?
Tell me where are you? Where are you?
Dimmi, dove sei? Dove sei?
#Collettivo_Migrado #migrations #chanson #musique #amour #séparation
Io non c’ero ma ero lì
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2024 Io non c’ero ma ero lì
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▻https://www.youtube.com/watch?v=vT3SR_SRUKg
Il fumo sui tetti di slesia, storie portate dal vento
Sogni bruciati e dispersi, io c’ero ma non ero lì
Terra rossa e deserto sotto un cielo di stelle sbagliate
Storie mai raccontate, io c’ero ma non ero lì
Sì, c’ero ma non ero lì
Piange il serpente piumato, le vene aperte di un tempo perduto
Terra sedotta e violata, io c’ero ma non ero lì
Lacrime d’acqua salata lungo una rotta di sangue e dolore
Carne strappata e venduta, io c’ero ma non ero lì
Sì, c’ero ma non ero lì
Fratello contro fratello là dove il sole vide il primo p4550
odio sul filo di lama, io c’ero ma non ero li
Fede che guida la spada, il canto dei corvi sul monte sicuro
stesso credo ma cuore diverso, io c’ero ma non ero lì
Sì, c’ero ma non ero lì
Rossa di cieca follia l’acqua del fiume che nasce dal cielo
Teschi che sbiancano al sole, io c’ero ma non ero lì
Le tombe dei figli del vento sparse a pioggia lungo il sentiero
Racconto che muta in lamento, io c’ero ma non ero li
Si c’ero ma non ero lì
Io c’ero
Ma non ero lì
Io c’ero ma non ero lì
Mors tua, bella vita mia
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2024 Io non c’ero ma ero lì
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▻https://www.youtube.com/watch?v=4PujsYGCSXI&t=31s
Chiuso nella stanza dei bottoni
In un luogo senza nome e senza tempo
Attendo buone nuove dì sventura
Aspetto e son contento
Contento per la vita che sorride
Quando l’odio come un cancro sì diffonde
E soffia come vento di tempesta
Tra le onde
Datemi un lungo inverno e dolore di cui godere
Un mare di soldi e sangue su cui fiero navigare
Mors tua, bella vita mia
Mors tua, bella vita mia.
Tortura e perversione son pedine
Con cui prendo parte al gioco della vita
Con dadi truccati tra le mani
io vinco ogni partita
Il conflitto lo trasformo in cosa giusta
Guerra santa da combatter per il bene
Proteggete i vostri cari armi in pugno!
Vi conviene
Datemi un lungo inverno e dolore di cui godere
Un mare di soldi e sangue su cui fiero navigare
Mors tua, bella vita mia
Mors tua, bella vita mia
E non importa se il nemico non esiste
È reale ciò che io voglio che sia
Propaganda e menzogna son sorelle
Di buona compagnia
La verità non la tramanda chi la guerra
La combatte e ne esce vincitore
Il libro della storia è mio
Sono il vero narratore
Datemi un lungo inverno e dolore di cui godere
Un mare di soldi e sangue su cui fiero navigare
Mors tua, bella vita mia
Mors tua
Mors tua, bella vita mia
Mors tua, bella vita mia
Nel deserto
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▻https://www.youtube.com/watch?v=kHuQK9kdUXg
Viaggiano i pastori nel deserto
Sotto un cielo di stelle senza tempo
Sentieri antichi come il mondo
Cornice di esistenze fuoricampo
Viaggiano le bande di predoni
Carovane in lunga fila all’orizzonte
In cerca di riparo e di ristoro
Un miraggio sempre piu distante
Viaggiano le storie nel deserto
Senza confini né frontiere
Racconti intorno al fuoco nella notte
Quando ci si ferma a riposare
Viaggiano le genti nel deserto
Viaggiano da che sanno viaggiare
Ombre senza volto e senza nome
Viaggiano per ricominciare
Viaggia la speranza in questo mare
Il passato che si perde tra le onde
Un mondo di sabbia e di dolore
Che tutto inghiotte e poi confonde
Viaggia la mia vita lungo un filo
Che lega il mio futuro al mio rimpianto
Passi pesanti e senza fiato
Passi che si perdono nel vento
Passi pesanti e senza fiato
Passi che si perdono nel vento
#désert #chanson #musique #migrations #voyage #collettivo_migrado #collettivo_migrado
Canto di chi parte
▻https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=67771&lang=it
2024 Io non c’ero ma ero lì
Nel 2019, in un periodo non molto diverso da questo, in cui il problema...
▻https://www.youtube.com/watch?v=-NNgoDCJuIk
Acqua che porta mare,
Vento che porta pianto
Se guardi il sole ti fa male,
Nei sogni sta l’incanto
Acqua che porta mare,
Vento che porta pianto
Se guardi il sole ti fa male,
Nei sogni sta l’incanto
I sogni sono quello
Che ci capita nel sonno
Fai il bravo e dormirai
Del sonno più profondo
Ero piccolo e ascoltavo
La voce di mio nonno
E la sua parola andava
Oltre il confine del mio mondo
Acqua che porta mare,
Vento che porta pianto
Se guardi il sole ti fa male,
Nei sogni c’è l’incanto
Acqua che porta mare,
Vento che porta pianto
Se guardi il sole ti fa male,
Nei sogni c’è l’incanto
Un giorno ho capito cosa
Significa soffrire
Cosa ti prende nella gola
Quando e ora di partire
Stringersi forte al cuore
In quell’ultima stretta
‘ lasciarsi andare a quel che sei,
Non sapere che ti aspetta
Lasciarti andare alla corrente
Spoglio di tutto, vestito di niente
Spoglio di tutto, vestito di niente
Spoglio di tutto!
Acqua che porta mare,
Vento che porta pianto
Se guardi il sole ti fa male,
Nei sogni c’e l’incanto
Acqua che porta mare,
Vento che porta pianto
Se guardi il sole ti fa male,
Nei sogni c’è l’incanto
Quando la luce che tiene vivi
È un bagliore perso in ogni giorno
E il fuoco della notte
È un respiro senza ritorno
Oltre le onde e le montagne
E i miei anni sulla mano
E il cielo indifferente
Sempre così lontano
La terra all’orizzonte
Come una stella cadente
Spoglio di tutto, vestito di niente
Spoglio di tutto!
Acqua che porta mare,
vento che porta pianto
Se guardi il sole ti fa male,
Nei sogni c’è l’incanto
Acqua che porta mare,
Vento che porta pianto
Se guardi il sole ti fa male,
Nei sogni c’è l’incanto
Il gioco a volte vale una scommessa
La vita a volte dura una promessa
O padre di mio padre, oggi più non dormo
i pirati han preso i sogni miei ed il mio ritorno
O padre di ogni padre, anche l’ultima preghiera
Ha il sapore del veleno e della febbre che non dà tregua
O padre di ogni padre, anche l’ultima preghiera
Suona come una condanna, ma quale sarà la pena?
Suona come una condanna, ma quale sarà la pena?
Polvere e cenere
▻https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=67772&lang=it
2024 Io non c’ero ma ero lì
Nel 2019, in un periodo non molto diverso da questo, in cui il problema...
▻https://www.youtube.com/watch?v=rM4ViEudzKs&t=42s
Voglio andar via da questa guerra che ha portato carestia
La pestilenza e poi la morte, voglio sfuggire alla mia sorte
L’apocalisse è già alle porte, figli uccisi dai loro padri
Sono ladri, sono stanco, belva crudele è l’uomo in branco
Dopo l’inverno un altro inverno, avranno fame avranno freddo
Sarò glà morto, sarò lontano, sarò sepolto in un campo di grano
Con la pagella stretta in mano, ab ogni fine un nuovo inizio
Vorrei sperare e non sparare, ma la guerra è un vizio
E polvere e cenere sul campo di battaglia
E lottano dio e il diavolo sul cuore dell’uomo
Vorrei porre fine signori della guerra, questa non è vita, vivo rasoterra
Signori della fame, figli del denaro, rotta di collisione mi acceca il faro
Dell’arroganza, il progresso che avanza non cambia la sostanza
Non colma la distanza tra chi ha lasciato tutto e a chi non manca niente
Spiacente, il mondo che vorrei è piu accogliente, fiducia tra la gente
E l’equità sociale è un diritto universale che si avvera col giudizio universale
E il sangue di ogni uomo ormai è colmo di veleno
Vedrai, non ci sarà mai piu l’arcobaleno
E polvere e cenere sul campo di battaglia
E lottano dio e il diavolo sul cuore dell’uomo
E polvere e cenere sul campo di battaglia
E lottano dio e il diavolo sul cuore dell’uomo
#guerre #chanson #musique #musique_et_politique #Collettivo_Migrado
Wirtschaft: Jacky Spelter, geb. 1927
▻https://www.tagesspiegel.de/wirtschaft/jacky-spelter-1128784.html
18.06.2004 -Elvis saß im Publikum und schüttelte ihm nach dem Konzert die Hand. Das war so eine Geschichte. Eine Legende war Jakob Spelter, den alle Jacky nannten, schon zu Lebzeiten: Deutschlands ältester Rock ’n’ Roller. Der Kaiser von Neukölln – jedenfalls fühlte er sich so, wenn ihn die Leute auf der Straße grüßten, ihm zuwinkten, wenn er auf seinem Motorroller vorbeifuhr, mit dem Topfhelm, wenn ihn jemand auf dem Hermannplatz um ein Autogramm bat. Jacky Spelter, der Rummelplatz-Elvis, der sein Leben der Musik gewidmet hat. Der den „Raggnrohl“ geliebt hat, weil er so wahr und echt ist. Wie das Leben. Mal rauf, mal runter. Wie Jackys Leben.
Die Beatles hätten bei ihm im Vorprogramm gespielt, in Hamburg, im Star-Club, als sie sich noch „Silver Beetles“ nannten; Jacky wurde zornig auf junge Besserwisser, die sowieso keine Ahnung hatten. Wenn einer wagte anzumerken, dass die Beatles seit 1960 nicht mehr „Silver Beetles“ hießen, dass der „Star-Club“ aber erst 1962 eröffnet wurde. Es gibt ein Foto: Jacky am Mikrofon, dahinter John Lennon mit Jackys Gitarre. Von der Jacky gerne erzählte, sie sei eine 1950er Fender, die erste, die nach Deutschland gekommen sei. Obwohl diese Sorte Fender erst ab 1957 gebaut wurde. Niemand wollte darüber streiten. Jacky wusste, dass er Recht hatte. Und Legenden brauchen legendäre Begebenheiten.
In der Kriegsgefangenschaft in Texas hat Jacky zum ersten Mal die „Hillbilly“-Musik gehört. Und da hat er seine Leidenschaft für den „Konndrie“ entdeckt. „Konndrie“ nannte der Hesse „Tschäggie“ die „Country“-Musik. In Texas habe er dann auch das Gitarrespielen gelernt.
Die letzten 36 Jahre lebte Jacky in Neukölln. Sanderstraße 15, Parterre. Das „Büro“, ein fensterloser, winziger Raum, riecht nach Zigaretten und fünfziger Jahren. An den Wänden bis unter die Decke Plakate und alte Fotos: Elvis, Elvis, nochmal Elvis. Außerdem Little Richard, Chuck Berry, Bill Haley. Plakate von eigenen Auftritten: „Jacky And His Strangers“. Riverboat-Shuffle, Volksfeste, Rock ’n’ Roll-Partys. Fotos von Jacky mit Loki und Helmut Schmidt. Mit Lothar de Maizière und Manfred Stolpe. Mit Walter Momper. Jacky mit Helge Schneider. Und kistenweise Videos. Eine Abteilung nur Elvis, hunderte von Elvis-Videos. Und ein ganzer Schrank mit Jacky-Filmen, jeder Fernsehschnipsel, in dem er mal zu sehen war: ein Gastauftritt in einer alten „Stahlnetz“-Folge, Berichte in Berliner Abendschauen, eine Dokumentation über den AFN, der Spielfilm „Das Leben ist eine Baustelle“. Und „Rock ’n’ Roll Jacky“, die rührende Dokumentation vom verarmten Rock ’n’ Roller in Neukölln. Aber auch kistenweise Videos über den Zweiten Weltkrieg: U-Bootkrieg, deutsche Luftwaffe, Leni Riefenstahl, Stalingrad. Damit hat er gehandelt, hat so was auf Bestellung aus dem Fernsehen aufgenommen. Mit allem möglichen Zeugs hat Jacky gehandelt, um die spärliche Rente aufzubessern. Zweimal im Monat ist er nach Polen gefahren, auf den Markt bei Küstrin. Ist dort mit seinen zwei Zentnern Leibesfülle, seinem Zigeunerbärtchen, den mit Brisk-Pomade zurückgeschniegelten Haaren mit geöltem Entenschwanz und den langen Koteletten zwischen den Verkaufsständen durchgepflügt. Seine Freundin Heidi immer hinterher, über der Schulter einen Klappstuhl, den die Polen „Amerika“ nannten. Wenn Heidi auf Jackys Geheiß – ach, er war so galant, so charmant, aber auch ein bisschen despotisch, ja, ein richtiger Kotzbrocken konnte er manchmal sein – wenn Heidi also auf sein Geheiß „Amerika“ an gewünschter Stelle aufgebaut, und Jacky sich darauf niedergelassen hatte, dann hatten die Polen schon verloren. Sagt Heidi. Denn Jacky konnte handeln wie kein Zweiter. Socken, Unterwäsche, Hosenträger, Lebensmittel. Zigaretten. Heidi war es immer ein bisschen peinlich, so tief drückte er die Preise. Aber die polnischen Händler hatten auch ihren Spaß.
In Neukölln folgte das Leben des Rock ’n’ Rollers einem geregelten Ritual. Aufstehen um halb neun, dem Wellensittich „Guten Morgen“ sagen. Die Tabletten fertig machen, 20 am Tag waren es mindestens, Blutdruck, Herz, Kreislauf, Diabetes. Insulinspritze fünfmal täglich. Tee, Frühstück. BZ und Brötchen hatte ihm Heidi schon früh vorbeigebracht. Die Brötchen durften nur von einem ganz bestimmten Bäcker sein, sonst hätte er sie gleich wieder zurückgeschickt. Nach dem Frühstück Annoncen in der Zweiten Hand aufgeben, mit Zeug, das zu verkaufen war. Und vielleicht einen Fanbrief beantworten. Einkaufen mit dem Motorroller. Zu Karstadt am Hermannplatz. Kaisers. Reichelt. Aldi. Zweimal in der Woche Lotto. Dann kochte Jacky. Stundenlang. Mit viel Liebstöckel, seinem Lieblingsgewürz. Und mit viel Liebe. „Was du mit Liebe machst, das wird besonders gut!“
Man mochte Jacky für einen Einzelgänger halten. Auf jeden Fall war er einer, der Gesellschaft sehr zu schätzen wusste. Ein Schwätzchen hier, ein Schwätzchen dort. Beim Lottoman, beim Trödler am Ende der Straße, beim russischen Schuster, am Wurststand, bei der Kartoffelfrau. Stundenlang konnte er sich unterhalten, wie die Kartoffeln im Kartoffelsalat sein müssen. Kochen war eine Leidenschaft. Neben der Musik, dem Angeln, dem Schießen, dem Schachspielen. Die halbe Nachbarschaft hat Jacky bekocht. In großen Tuppertöpfen sein Essen verteilt. An Leute, die noch weniger hatten als er.
Wenn Heidi Punkt 16 Uhr wieder bei ihm eintrudelte, ist sie erst mal mit dem Staubwedel über den VW-Combi gegangen, hat das Auto, das auch Bandtransporter war, dann noch mit den Putztüchern „Blaues Wunder“ behandelt. 20 Minuten täglich. Während Jacky schon mal im Büro die Schachfiguren aufbaute. Und neben dem Spielbrett den Brief. Für Heidi von Jacky. In seiner ungelenken, krakeligen Handschrift hat er ihr unzählige Liebesbriefe geschrieben. Heidi hat sie alle gesammelt.
Zwei bis drei Partien Schach haben sie gespielt. Jackie war kaum zu schlagen. Dann Massage, er hatte es im Rücken, eine Kriegsverletzung, wandernde Granatsplitter. Und Heidi putzte die Wohnung, machte sein Bett. Ihr Jacky sollte jeden Abend in ein frisch gemachtes Bett gehen, darauf hat sie Wert gelegt. „Hör’n Sie doch auf mit diesen emanzipierten Tussen, die haben keine Ahnung.“ Sie hat es gerne gemacht für ihren Jacky, „Jacky war einmalig. Solche Männer wachsen nicht nach!“ Wenn Heidi mit der Küche fertig war, hat Jacky gleich wieder angefangen zu kochen.
Als Jacky aus der Kriegsgefangenschaft nach Wiesbaden zurückgekehrt war, hat er seine Gitarre genommen, ist aufs Land gegangen und hat den Bauernfrauen etwas vorgesungen. Und immer etwas zurückgebracht: Butter, Eier, Wurst. Die Frauen haben Jacky geliebt. Er sang so schön! Also hat er, der einmal Spengler gelernt hatte, die Musik zum Beruf gemacht. Ist regelmäßig in amerikanischen Soldaten-Clubs aufgetreten. In Friedberg habe Elvis im Publikum gesessen und Jacky nach dem Konzert die Hand geschüttelt. Das hat er immer wieder erzählt, darauf war er stolz. Und dass er gut verdient und einen Schlitten gefahren hat, damals. Als andere noch im Goggomobil rumgetuckert sind. Da hat Jacky das Geld mit vollen Händen aus dem Fenster geworfen. Bis irgendwann nichts mehr da war und die Sache mit dem Rock ’n’ Roll auch nicht mehr so doll lief.
Wenn er auch später in Berlin noch regelmäßig auftrat, auf Rummelplätzen, Hochzeiten, Straßenfesten. Mit „Rock Around The Clock“, „Marina, Marina“. „Be-Bop-A-Lula“. Und „Die kessen Bienen von Berlin“. Das Stück hatte er für seine Frau Lu geschrieben. Auf seine große Reise nach Amerika, die ihm Fans geschenkt hatten, konnte sie wegen des Krebs’ nicht mehr mitkommen. Lu, die sich auf einem seiner Konzerte in Jacky verliebt hatte, kümmerte sich 31 Ehejahre lang um ihn. Kurz vor ihrem Tod sagte sie zu Heidi: „Pass gut auf unseren Jacky auf! Der macht doch sonst nur Unsinn!“
Heidi hat gut aufgepasst auf ihren Jacky. Fünf schöne Jahre noch. Bis zum Schluss im Krankenhaus, wo man ihm nach diversen Operationen sagte, nun müsse man ihm einen ganzen Fuß amputieren. Das wollte Jacky nicht: Mit zwei Füßen sei er geboren worden, mit zwei Füßen sei er aus dem Krieg zurückgekommen… „Dann werden Sie sterben, Herr Spelter!“ Da hat er genickt und sich weggedreht. Von da an hat Jacky nicht mehr gesprochen, hat seine Tabletten nicht mehr genommen, wollte nicht mehr essen. Heidi war bei ihm, als er starb. Sie hat gut auf ihn aufgepasst. Bis zuletzt.
H.P. Daniels
Jacky and his Strangers - Jacky Spelter
▻http://www.konzert-kalender.com/jacky-and-his-strangers.html
Jacky and his Strangers, eine „Kultband“ im alten Berlin
1973 - ich war neu in Berlin. Vom „Lande“ gekommen - genauer von der Insel Sylt, bekam ich natürlich ganz schnell mit, dass das Stadtleben so manche Verlockung bot. Dazu zählte das Nachtleben; nein, nicht das Besuchen von teuren Tanztempeln, sondern das Besuchen von Musikkneipen, die der schmalen Studenten-Geldbörse schon eher angemessen waren.
„Wo kann man denn abends mal so hingehen?“ fragte ich etwas blauäugig in die Runde. „Heute Abend - da gehst Du am besten in die Tarantel“, antwortete eine Frau, „da spielt ne echt tolle Band.“
"Wo ist denn das?" „In Kreuzberg, fast an der Mauer, U-Bahn Schlesisches Tor und dann in der Köpeniker Straße.“
Gegen halb neun erreichte ich das Ziel. Es war wirklich - damals - fast das Ende der (westlichen) Welt.
Die „Tarantel“ war schnell gefunden, eine der vielen kleinen Kneipen Berlins, die mehrmals die Woche auch Live-Musik brachten. Es war noch nicht viel los. Einige - in meinen Augen - schon recht alte Herren bauten die Instrumente und die Anlage auf. An einem der Tische saß ein älterer in schwarz gekleideter Mann und spielte mit einem anderen Gast Schach. Alles machte einen ruhigen Eindruck. Und hier sollte heute noch eine tolle Band spielen? Langsam wurde ich skeptisch. Wann würden die Musiker kommen? Und wer waren die Leute, die alles aufbauten?
Die Zeit verging. Gegen Zehn passierte dann alles auf einmal. Das Schachspiel war zuende. Diejeningen, die die Instrumente aufgebaut hatten, tranken noch ein Bier, rauchten noch eine Zigarette und gingen dann mit dem Schachspieler auf die Bühne.
Ein kurzer Blick ins Publikum, wie es wohl nur Jacky kann, und dann rockten sie los: "Hello Josephine".
... und immer so weiter. Meine anfängliche skeptische Haltung wandelte sich in pure Begeisterung!
Das war das erste Konzert, das ich erlebte. Und immer, wenn ich las oder hörte, dass „Jacky and the Strangers“ spielten, dann ging ich hin. Da baute sich natürlich auch eine persönliche Beziehung auf. Ich erlebte die legendären Nächte in der Alten TU-Mensa und sah sie spielen auf dem Atze-Fest. So erlebte ich sie 20 Jahre.
... und dabei auch einige Merkwürdigkeiten.
So geschah es, dass Jacky and his Strangers an einem Buß- und Bettag auftraten. Die damaligen Gesetze und Vorschriften schrieben aber vor, dass „Unterhaltungsmusik mit Gesang“ an diesem Tag nicht erlaubt war.
So spielten Jacky und seine Strangers etwas getragener - und ohne Gesang.
In den vielen Jahren der Bandgeschichte gab es auch einige Wechsel.
Ich habe erlebt, wie Jacky mit großer Geduld versuchte, mit einem noch sehr jungen Gitarristen das Bandprogramm einzuüben. Den habe ich aber dann nicht wieder bei ihm gesehen.
Nach meinem Wegzug aus Berlin hatte ich natürlich keine Gelegenheit mehr, diese ursprüngliche Band zu hören. Da war ich sehr froh, dass eines Tages auf ARTE ein Bericht über Jacky erschien. Gefreut habe ich mich auch, als er in einem Filmbeitrag über den AFN auftauchte.
... und immer wenn ich mal wieder in Berlin war, wurden natürlich die Programmblätter Tip und Zitty studiert, um herauszufinden, ob Jacky noch spielte. So auch 1999. Wir pilgerten nach Tegel und erlebten die Band auf den Festwiesen. Jacky war (fast) ganz der Alte, plauderte nach dem Konzert noch etwas mit uns und gab ein Bier aus.
Das war leider das letzte Mal, dass ich ihn sah.
Er schenkte mir eine Autogrammkarte - und jeder, der ihn kannte, weiß, dass das „herzlichst - Jacky“ auch wirklich so gemeint war.
http://www.konzert-kalender.com/jacky-autogrammkarte.jpg http://www.konzert-kalender.com/jacdKopie.jpg Die Band:Jacky Spelter (†): Gesang und Gitarre
Pit: Melodiegitarre
Franz: Saxofon&Akkordeon
Peter: Bass;
Harry: Schlagzeug †
Jacky and his Strangers, die dienstälteste Rockn
Roll Band mit ihrem Bandleader Jacky, der inzwischen 75 Jahre alt ist. Die Band begeistert seit Jahrzehnten und spielte wohl in allen Häusern, die in Berlin Lifeauftritte ermöglichen. Schon legendär sind die Auftritte in der alten TU-Mensa. Die Band hat auch heute noch eine feste Fangemeinde, die immer wieder aufschlägt, wenn es heißt: „Jackie and his Strangers spielen“, wie am 15. August 1999 in Tegel anlässlich des „Sommer Boulevard“
Jackie voll in Aktion!
Wenn die Band sich warmgespielt hat, das Publikum anfängt, voll mitzugehen, dann ist Jacky-Zeit! Der Meister und seine Gitarre laufen zur Höchstform auf.
Zum Kongress der Mathematiker im Jahre 1998 war ein großer Auftritt. Die Life-CD zeigt einen authentischen Mitschnitt - leider etwas lieblos zusammengestellt und nicht so toll bearbeitet.
Kürzlich war Jacky auch mal wieder im Fernsehen:
Arte zeigte ein einstündiges Fernsehportrait, und hier eines
vom WDR auf YouTube:►https://www.youtube.com/watch?v=xobxJtWHups
Auch in dem Film „Das Leben ist eine Baustelle“
(1992) Regie: Wolfgang Becker
wirkte Jacky mit.
Das gibt es heute nicht mehr!
Gitarre und Verstärker stammen noch aus der „Gründerzeit“ des Rockn
Roll, der Fender- Verstärker war der erste, der nach Europa kam!Am 12.Mai 2004, 13 Uhr, verstarb Deutschlands ältester Rock’n’Roller
Jacky Spelter in der Berliner Charite nach fünfmonatigem Leiden.
Am 1. August wäre er 77 Jahre alt geworden.
Weitere Infos auf der Seite von Joachim Hartmut
Zur „Trantel“, in der einige Konzerte von „Jacky and hist Strangers“ stattfanden - insbesondere über den Betreiber - gibt es einen interessanten Spiegel-Online-Artikel: ▻http://www.spiegel.de/spiegel/print/d-22328672.html
Auch die ZEIT befasst sich mit dem Titel „Tod im Grunewald“ mit den Vorgängen (die allerdings nichts mit den Konzerten in der Tarantel und Jacky zu tun haben):
►http://www.zeit.de/2012/18/Verfassungsschutz-NSU-Schmuecker
Auch die ZEIT befasst sich mit dem Titel „Tod im Grunewald“ mit den Vorgängen (die allerdings nichts mit den Konzerten in der Tarantel und Jacky zu tun haben):
►http://www.zeit.de/2012/18/Verfassungsschutz-NSU-Schmuecker
Anne-Mette Gerdsen
Bahnhofstraße 1
24977 Ringsberg
Westeuropa Sohn
Poète maudit aus dem Ramschladen: Zum Tod des genialischen Popmusikers Kiev Stingl (1943 - 2024)
▻https://www.jungewelt.de/artikel/470447.popgeschichte-westeuropa-sohn.html
Hart wie Mozart
▻https://www.youtube.com/playlist?list=OLAK5uy_m7maem_mps4JZ34mSMDcUoqEV5_TjfODU
1.3.2024 von Maximilian Schäffer - »Ab sofort verbiete ich, Kiev Stingl, der Sprecher der deutschen Schweinenation, sämtlichen Jugendlichen, Staatsnegern und sonstwem, den Keuchakt loszuficken.«
Kiev Stingl (15.3.1943 bis 20.2.2024), Präsident im Reich der Träume, spricht in Zungen
In der 1-Euro-Kiste vor dem Laden fand ich ihn, 2020. Unterste Bückware zwischen Volksmusik und Kinderhörspiel. Nicht einmal ins Abteil »Deutsch« hatten sie ihn gepfercht, noch ins Fach »NDW« verramscht. »Kiev Stingl – Hart wie Mozart« prangte auf dem Cover, das aussah wie eine Ausgabe des Spiegel von 1979. Geiler Name, geiler Titel. Wieso will den keiner, kennt den keiner? Ich legte den Euro auf den Tisch, und staunte noch mehr, als ich es zum ersten Mal hörte: »Es lebe die Sowjetunion, nieder mit dem Zar! (…) Ich bin Frank Sinatras Westeuropa Sohn!« Unbestreitbar eine Hymne, dazu erstklasssig aufgenommen und produziert. Diese Stimme aus Ethanol, Nikotin und Testosteron, die 40 Minuten lang nur Sex raunzt. Und hätte ich hundert Euro bezahlt gehabt – sowas hatte ich von der BRD nicht erwartet.
Frühstücksangebot: RLK-Emaillebecher +Kaffee
Kiev hingegen hatte von der BRD nichts zu erwarten. Seine Karriere versaute er gründlich und notwendigerweise aus purem individuellen Drang. Eine einzige Tournee versenkte er in allen möglichen Drogen. Im Hessischen Rundfunk rabulierte er gegen Feministinnen, warf Bierflaschen nach dem Aufnahmeleiter (siehe obiges Zitat). Nach Rock und Art-Punk wollte er auf einmal Disco machen, danach Post-Industrial mit der Hälfte der Einstürzenden Neubauten. Er sah gut aus und klang ebenso gut, hätte das Zeug gehabt, dem braven Genuschel eines Udo Lindenberg die Selbstverständlichkeit der eigenen Geilheit im Dienste von mindestens zwei Generationen Punks entgegenzusetzen. Das Messianische allerdings pflegte er eher im Halbprivaten, wollte lieber ein Phantom sein als Legende – so predigte er es mir noch letztes Jahr zu seinem 80. Geburtstag im Interview. Auch Raubtiere – Kiev Jaguar Stingl nannte er sich kurz selbst – sind die meiste Zeit nur scheue Katzen.
Achim Reichel fand Stingl Mitte der 70er Jahre in Hamburg genauso unvorbereitet, wie ich ihn später in Berlin wiederfand. Im abgedunkelten Zimmer drosch er ihm was auf der Gitarre vor, von »Lila Lippen, Milchkuhtitten!« In seiner Autobiografie »Ich hab das Paradies gesehen« erzählt Reichel von diesem Damaskuserlebnis und seinen Folgen. Drei Alben fertigten sie zusammen: »Teuflisch« (1975), »Hart wie Mozart« (1979) und »Ich wünsch den Deutschen alles Gute« (1981). Reichel, der selbst als Solomusiker sowie mit den Rattles um ein Vielfaches erfolgreicher war als sein unmöglicher Star, hielt Stingl für genial, aber unberechenbar. Die Regisseure Klaus Wyborny, Heinz Emigholz und Christel Buschmann drehten Filme mit Kiev. Letztere setzte ihn in Ballhaus Barmbek neben Christa Päffgen alias Nico – das reale Aufeinandertreffen zweier großer Phantome. Im lange schon verblichenen Kaufbeurer Verlag Pohl ’n’ Mayer erschien 1979 sein Lyrikband »Flacker in der Pfote«, fünf Jahre später »Die besoffene Schlägerei« im Cyrano-Verlag. Sein Alterswerk, ein Dialog aus passionierter Hitlerei und Bumserei, erscheint posthum. »Roman ist fertig!« – war sein letzter Satz auf Whats-App, dann hatte er keinen Bock mehr auf Siechtum.
Nun fehlt mir der Abstand, um für Zeitungsleser in glaubwürdigem Maße von der Großartigkeit seiner Musik berichten zu können. Natürlich kenne ich sie heute mantrisch auswendig – jeden Song, jede Zeile. Ich kann allerdings davon berichten, was passierte, als ich einst mein Umfeld mit Kiev Stingls Platten zu terrorisieren begann: keinerlei Widerstand. Innerhalb von Wochen bildete sich ein Privatfanclub aus Künstlern, Musikern, Autoren, Barkeepern und Handwerkern im Alter von 18 bis 60. In der Neuköllner Stammkneipe hängten wir bald sein Konterfei über den Tresen, direkt neben den gekreuzigten Messias. Der Chef, bald genervt: »Schon wieder Kiev!?« Aber auch solidarisch: »Wenigstens Kiev!« Wir waren nicht die einzigen, so fand ich heraus: Auch Flake von Rammstein, Dieter Meier von Yello und Hans Joachim Irmler von Faust zählen zu seinen ewigen Fans.
Irgendwann fand ich mich in Stingls Wohnung wieder. Ein junges, hübsches Mädchen brachte ich ihm mit, das war ihm noch lieber als Cremeschnitten – auch Vanessa sollte später seine Urinflaschen ausleeren. In den vergangenen beiden Jahren sah ich den Berserker deutscher Coolness, den »Einsam Weiss Boy« vom alten Mann zum Greis werden. Wir stritten kokett über Hitler, ich leerte die Pissflaschen aus. Er scheuchte mich durch die zugestellte Altbauwohnung, ich ließ es irgendwie über mich ergehen. In den zartesten Momenten zweier sich halbwegs nahe gekommenen Männer mit 50 Jahren Altersabstand saßen wir uns gegenüber, hatten uns nichts zu sagen übers Leben. »No Erklärungen« heißt ein 2020 erschienener kurzer Dokumentarfilm über ihn. Kiev wusste zuviel, ich noch zuwenig. Ein paar Minuten Stille und Traurigkeit zusammen, weil auch er nicht vergessen werden wollte – so scheißegal ihm alles auch gewesen sein mochte. Kiev Stingl war das konsequent missachtete transgressive Genie der deutschen Popmusik und Beat-Literatur. Er starb am 20. Februar im Alter von 80 Jahren.
Pour freiner le #frelon_asiatique, les #apiculteurs appellent à l’aide tout la population française
▻https://www.lemonde.fr/planete/article/2024/02/29/contre-le-frelon-asiatique-les-apiculteurs-appellent-a-la-mobilisation-gener
Parmi ses recommandations, GDS France met en exergue le #piégeage printanier des #reines fondatrices. Pour être efficace, la chasse aux fondatrices de #colonies de #frelons asiatiques exige un quadrillage organisé et relativement serré du territoire concerné. A Trégastel (Côtes-d’Armor), 53 bénévoles équipés de pièges prêtés par la municipalité et garnis d’un cocktail adapté (il est possible de mélanger du sirop, de la bière et du vin) ont capturé 1 146 fondatrices entre le 15 mars et le 15 mai 2023. Dans les mois qui ont suivi, le nombre de nids de frelons repérés (et détruits) a chuté, passant d’une densité de treize au kilomètre carré en 2021 à cinq, un niveau considéré comme « acceptable » par les organisations apicoles.
« Il est confirmé que là où un piégeage coordonné est organisé, des effets significatifs sont constatés, mais il faut bien admettre que l’on ne pourra pas éradiquer le frelon asiatique », prévient Laurent Cloastre, ingénieur conseil auprès de GDS France.
Effets du piégeage aléatoires
Le piégeage au long cours, s’il est efficace, est également controversé, car il ne peut pas être totalement sélectif. Les leurres anti-Vespa velutina attirent en effet d’autres insectes, comme les frelons européens (qui, à l’occasion, croquent eux aussi quelques abeilles, mais en moins grande quantité), les coccinelles, les abeilles solitaires, les papillons ou d’autres populations nécessaires à la pollinisation ou à l’alimentation des oiseaux. C’est pourquoi il est généralement recommandé d’utiliser des pièges vendus dans le commerce, dont les moins chers ne coûtent que quelques euros, plutôt que de transformer hâtivement en pièges des bouteilles en plastique découpées.
Question efficacité, Quentin Rome, spécialiste du frelon asiatique au #Muséum_national_d’histoire_naturelle, ne privilégie pas le piégeage, dont il juge les effets aléatoires. Selon lui, « il faudrait plutôt mettre l’accent sur l’installation d’une muselière sur le devant de la ruche, un grillage qui gène l’action prédatrice et réduit le stress des abeilles, ou d’une harpe électrique placée sur le chemin des frelons asiatiques ». Problème : la première coûte une vingtaine d’euros et la seconde, dans les 200 euros.
Christian Guespin, apiculteur et président du Groupement de défense sanitaire apicole des Côtes-d’Armor, souhaite d’abord que s’opère une prise de conscience collective. « En Bretagne, où le frelon asiatique est devenu tellement envahissant que chacun le connaît, on ne fera reculer sa présence qu’à condition de s’adresser aux citoyens », martèle-t-il. En 2023, dans le département, quelque 6 500 piégeurs volontaires ont ainsi capturé chacun une moyenne de 21 reines fondatrices. Un bilan qu’il faut apprécier en rappelant qu’une seule colonie de Vespa velutina produit jusqu’à 13 000 individus par saison et consomme 11,5 kilos d’insectes.
Commémorations musicales du massacre du 17 octobre 1961.
▻https://lhistgeobox.blogspot.com/2024/02/commemorations-musicales-du-massacre-du.html
"Le black out sur les événements de la nuit est total. Une version officielle s’installe : les Algériens ont été contraints par le FLN à manifester. Certains ont tiré des coups de feu et la police a été obligée de riposter. Mensonges ! Un communiqué de presse diffusé au cours de la nuit reconnaît trois morts. Mensonge encore. Ce sont en réalité des dizaines de victimes qui sont à déplorer.
C’est d’abord l’incertitude qui plane autour des événements. La censure exerce un contrôle puissant sur la presse, même si les premiers témoignages surgissent (des médecins en poste dans les hôpitaux de la capitale, le 17 au soir, mais aussi des policiers). Au fil des jours, c’est la Seine qui témoigne, on y retrouve des corps d’Algériens pieds et poings liés. Les actions en justice tournent court, en raison notamment des lois d’amnistie adoptées lors des accords d’Evian. De la sorte, l’événement est invisibilisé, et ne survit qu’à l’état de rumeur.
Moins d’un an après les faits, Kateb Yacine écrit un poème intitulé « Dans la gueule du loup ». En 18 vers libres adressés au peuple français, l’auteur rappelle qu’en dépit des efforts des autorités françaises pour invisibiliser l’événément, il a été "vu" (et même photographié par Elie Kagan). On ne peut l’occulter. Le titre du poème résonne aussi comme un reproche adressé aux responsables de la fédération de France du FLN et aux organisateurs qui auraient jeté les manifestants dans la gueule du loup. En 1998, les Têtes Raides donnent aux mots forts du poète l’écrin musical qu’ils méritaient. [« Peuple français tu as tout vu / Oui tout vu de tes propres yeux / Tu as vu notre sang couler / Tu as vu la police assommer les manifestants / Et les jeter dans la Seine / La Seine rougissante n’a pas cessé / Les jours suivants / De vomir / De vomir à la face du peuple de la commune / Les corps martyrisés / Qui rappelaient aux parisiens / Leur propre révolution / Leur propre résistance / Peuple français tu as tout vu / Oui tout vu de tes propres yeux / Et maintenant vas-tu parler / Et maintenant vas-tu te taire » ]"
Canto contro la guerra
▻https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=67764&lang=it
(2024)
Musica e Testo: Anna Maria Iorio (Sorgente in Arte e Spirito) Arrangiamenti audio e mixaggio:...
▻https://www.youtube.com/watch?v=b7LYJ2lt8yw&t=20s
Questo è un canto
contro la guerra
mentre i tamburi
suonano a bomba
Questo è un canto
contro la guerra
sotto un cielo
intinto di rosso
E mi domando
che posso fare
stare a guardare
oppure evitare
che se poi mi coinvolgo
ci sto così male
si prende la vita
quel telegiornale
Questo è un canto
contro l’idea
che quella guerra
non mi appartiene
Era già lì
quando son nata
senza saperlo
io l’ho finanziata
Ogni volta che compro
qualcosa distratta
dando potere
ai grandi in cravatta
che sono i padroni
dei nostri conti correnti
e sotto le macerie
a pagarne il prezzo
ci son sempre gli innocenti
Questo è un canto
di rassegnazione
perché non vale parola
senza un’azione
Questo è un canto
che si appella all’amore
che Cristo ha abitato
nella legge del cuore
Che se Dio si è nascosto
tra quelle anime morte
incarnate per uno scempio
per un mondo e la sua sorte
Un Dio che sembra assente
da chi ormai sa solo delegare
ma che si fa sempre trovare
da quelli che lo sanno cercare
Questo è un canto
di consolazione
che non ha torto
e nemmeno ragione
Questo è un canto
per cambiare dentro
ogni singola azione
con chi mi vive accanto
Per ogni bimbo che muore
ce n’è uno che nasce
non c’è bene senza male
non c’è vita senza morte
E io vi chiedo perdono
se il mio tifo si è spento
rimango custode
e sveglia e attenta
#guerre #chanson #musique #musique_et_politique #contre_la_guerre
Noi possiamo, con piccoli gesti
▻https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=67761&lang=it
2020 "Noi possiamo, con piccoli gesti”
E’ il racconto di un’intimità d’amore che diventa “sentimento...
Des enregistrements en 2023
Des disques et des musiques récentes. Prendre le temps de s’arrêter, d’écouter des albums. S’éloigner des critères privilégiés par des commerçants, rarement disquaires, ou des productions des majors…
De multiples éditeurs nous permettent d’écouter des musiques et non de la programmation « profitable ». Quelques disques enregistrés, ici en 2023 au hasard des écoutes.
▻https://entreleslignesentrelesmots.wordpress.com/2024/02/28/des-enregistrements-en-2023
Male Mediterraneo
▻https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=67755&lang=it
2023 Carico Residuale
Andare a morire
tentando di varcare un confine:
contrattempi ordinari, dirai;
l’abitudine con cui l’orrore convive
è la ricetta per non farsi coinvolgere mai:
è l’ora di pranzo nel mondo civile,
tutti ne hanno abbastanza dei propri guai;
è pure ammissibile che per disdetta
nel processo qualcuno poi muoia,
qui ci si ammazza di noia,
tutto dipende da che parte stai;
la frontiera, una linea fittizia,
la selezione all’ingresso ha un criterio feroce,
gridano i condannati dispersi
ai limiti della giustizia,
anche se di notte in mezzo alle onde
non si sente la voce,
una strage a puntate dopo un’altra notizia,
un commento rapido, un segno di croce,
poi il meteo e lo sport;
darsi pensiero, non ne vale la pena,
lasciamo fuori i cadaveri dalle nostre porte,
intanto qui è l’ora di cena,
basta solo che non arrivi la puzza di morte.
#Méditerranée #frontières #mourir_aux_frontières #migrations #réfugiés #mer_Méditerranée #chanson #musique #musique_et_politique #indifférence #naufrages
Mediterraneo
▻https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=67756&lang=it
2015 Quello che resta
▻https://www.youtube.com/watch?v=zgnZiXF-kfs
In mezzo al mare ora sono nessuno,
le mie pupille ormai vuote di pianto,
il mio corpo leggero fiaccato dall’onda,
sento l’acqua che brucia dentro al mio petto.
Fuggito dalla guerra, fuggito dalla fame,
fuggito per cercare solo un mondo migliore.
Fuggito dalla guerra, fuggito dalla fame,
fuggito per trovare la morte in mezzo al mare.
E ora la terra è lontana e respirare non serve,
nessuno verrà ora per salvarmi, per salvare proprio me.
Alla deriva sono alla deriva.
Alla deriva sono alla deriva.
La comprensione svanisce immerso in uno spazio infinito sospeso nel buio,
la comprensione svanisce immerso in uno spazio infinito sospeso nel buio.
In mezzo al mare ora sono nessuno,
di me solo il ricordo, né corpo né fossa,
ennesima prova d’umana saggezza,
io non sono, non sono.
Non sono.
#Méditerranée #frontières #mourir_aux_frontières #migrations #réfugiés #mer_Méditerranée #chanson #musique #musique_et_politique #dérive #fuite
▻https://adaptados.bandcamp.com/track/mediterr-neo
Mediterráneo.
De los contrastes:
de vacaciones y mucha muerte.
Cuidate negro,
no te vaya a tragar.
Y ahí en la orilla.
Descansa el niño,
lleno de agua,
muertos sus sueños.
Otros lo ignoran,
ya no se va a despertar.
Y así no van a llegar,
barcazas a su final,
y así no van a pasar….
los que buscan libertad,
huyen de la atrocidad.
Mediterráneo,
mar de aguas negras,
mezcla en silencio de sangre y tierra.
Cuidate sirio,
no te vaya a tragar.
Mediterráneo.
De los naufragios,
quietud violenta,
de carne humana.
Flotan sin vida, sueños de prosperidad.
Y así no van a llegar,
barcazas a su final,
y así no van a pasar….
los que buscan libertad,
huyen de la atrocidad.
Zarpar! Soñar! Nadar! Nada!
#Méditerranée #frontières #mourir_aux_frontières #migrations #réfugiés #mer_Méditerranée #chanson #musique #musique_et_politique
Eighteen Hammers
▻https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=67753&lang=it
EIGHTEEN HAMMERS by Johnny Lee Moore with 12 Mississippi Convicts
Prison song recorded in...
▻https://www.youtube.com/watch?v=rq0z_cWXFCg&t=13s
Well, there’s eighteen hammers standing in a line
Well, there’s eighteen hammers standing in a line
Well, they ring like silver and they shine like gold
Well, they ring like silver and they shine like gold
There ain’t no hammer sure, that’ll ring like mine
No, there ain’t no hammer sure, that’ll ring like mine
When I ring this hammer good, gonna so loud
When I ring this hammer boy, gonna ring like mine
Well, you cut your corner boys like I cut mine
Well, you cut your corner boys like I cut mine
Well, I’ll be living when you be dying
Well, I’ll be living when you be dying
Well, I shot me a dead man, got a hundred years
Well, I shot me a dead man, got a hundred years
Well, a tree fall on me, I done been mo care
Well, a tree fall on me, I done been mo care
Well, I raised up my hammer, let it drop on down
Well, I raised up my hammer, let it drop on down
Well, look over yonder boys, all dressed in red
Well, it looks like the children that Moses led
#prison #musique #chanson #prisons #USA #Etats-Unis #Mississippi #blues #marteaux
« Baraye » : un hymne pour la liberté et contre l’Iran corrompu des mollahs.
▻https://lhistgeobox.blogspot.com/2024/02/baraye.html
"La vague de protestation qui fit suite à la mort de Mahsa Jina Amini ne pouvait laisser indifférents les musiciens, eux-mêmes durement traité par le pouvoir. Une semaine après le début le décès de la jeune kurde, une chanson vient percuter le mur du silence imposé par les gardiens de la révolution. Le morceau a pour titre Baraye , un terme persan que l’on peut traduire par « pour » ou « à cause de ». Or, en quelques heures à peine, il s’impose comme l’hymne du soulèvement. Shervin Hajipour, un jeune homme de 25 ans originaire de Babolsar au nord du pays, l’a enregistré dans sa chambre, avant d’en diffuser la vidéo sur les réseaux sociaux. Vainqueur d’un télécrochet quelques mois plus tôt, le chanteur jouit déjà d’une grande popularité. La force de son morceau réside dans sa construction malicieuse, prenant la forme d’un collage de 31 tweets comprenant le hashtag mashaamini. De la sorte, Hajipour devient l’interprète d’internautes excédés par l’absence de libertés, usés par les violences d’un régime obscurantiste et répressif. "
Charla-Town
▻https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=67748&lang=it
[2003]
Tiré de l’album Souk System Paroles de Kateb Amazigh Musique de Gwana Diffusion ▻https://www.discogs.com/fr/release/486...
« J’attends...
Charla-Town
▻https://www.youtube.com/watch?v=AS1YV-iCtrU&t=4s
Well welcome welcome well
Welcome to Charla-town
Don’t believe the liers
The super radio tv vampires
Pointés sur Baghdad et sur le sud Liban
Dans ce Moyen -Orient quelques chars sont latents
Latents les attentas du Hamas et du Hizbollah
Et moi j’attends la Palestine depuis cinquante ans
De retour, les vampires du processus de l’épée
Ils viennent s’occuper des territoires occupés
L’Intifada appelle le monde mais ça sonne occupé
Ses enfants ne connaissent de la paix que vos traités maltraités
Charlatan, attends un peu que j’te parle
Charlatan, recule tes chars et va-t-en
L’ONU depuis le début ce sont des charlatans
Le monde arabe et ses petits princes aussi sont des charlatans
Comme le Mossad ils brouillent des œufs à la sauce charlatan
Dessine-moi un mouton avec les cornes, Charlatan
L’épuration ethnique tu la pratiques, Charlatan
Charla-t’en fais pas pour nous on va faire des enfants
Fabricants de guerre, de kamikazes et de colons
Qu’est ce que le TPI attend ?
Car c’est le sol de tout le monde ici
C’est pas un solde de tout compte là
Oui c’est la terre de Palestine ici
Ici tout compte tout compte, ici tout compte tout est compté
Mangeurs d’hommes et de chair à canon
Donneurs de leçons et de coups de clairons
Maîtres du monde et des environs
Vos problèmes sont nos solutions
Dans notre argot pas d’embargo
Dans nos maisons pas de pain ni d’eau
Le Tiers-Monde est un nigaud
Et l’Amérique est un macro
Un demi siècle de génocide palestinien
Quel sémite a pu espérer ça
Qui a pu rêver d’extermination massive,
Sûrement pas celui qui a vécu la Shoah
Qui c’est qui a mis en cage the lion of Juda
Qui, avec les nazis a passé contrat
Ce n’est pas le petit peuple, ce n’est pas toi et moi
C’est les gros sous déguisés en diaspora : bourgeois et
Charlatan... refrain
Charlatan... refrain
Car c’est le sol de tout le monde ici
C’est pas un solde de tout compte là
Oui c’est la terre de Palestine ici
Ici tout compte, ici tout compte
Tout est compté...
#Palestine #chanson #musique #musique_et_politique #Intifada #charlatans #génocide
The Olive Branch
▻https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=67747&lang=it
[2015] Tiré de l’album Rallumeurs d’étoiles
Armoured dove with olive branch by Banksy.
La chanson...
The Olive Branch
La chanson « The Olive Branch » est en anglais, car elle s’inspire du discours historique de Yasser Arafat à la tribune de l’ONU (▻https://en.wikisource.org/wiki/Yasser_Arafat%27s_1974_UN_General_Assembly_speech), le 13 novembre 1974 et en reprend les principaux éléments de language.
▻https://www.youtube.com/watch?v=7oaY2svEsK8&t=116s
–—
I am a rebel, and freedom is my cause
My only struggle is for peace and justice
War is not my choice
I’ve come to you bearing an olive branch
And a freedom fighter’s gun
I really do not wish,
Even one drop of blood to be shed
So do not let the olive branch fall from my hand
Don’t let the olive branch fall from my hand
Don’t let the olive branch fall from my hand
Don’t let the olive branch fall from my hand
Don’t let the olive branch fall from my hand
Since 1948, how many thousands of martyrs
And how many wounded and imprisoned
Offered in sacrifice
For how long shall my people remain
Refugee in its own homeland
How long before we can end
all this suffering and all this pain
Shall we ever see again our peaceful Jerusalem
Don’t let the olive branch fall from my hand
Don’t let the olive branch fall from my hand
Don’t let the olive branch fall from my hand
Don’t let the olive branch fall from my hand
All lovers of freedom and justice
would understand me
All we wanna be :
We wanna be free ! We wanna be free !
We still stand up
And fight with utmost dignity
We’ll bring out our dream
Into a bright reality
So please …
Don’t let the olive branch fall from my hand
Don’t let the olive branch fall from my hand
Don’t let the olive branch fall from my hand
Don’t let the olive branch fall from my hand
#chanson #musique #musique_et_politique #nakba #Palestine #rameau_d'olivier #Yasser_Arafat