• Les bidonvilles, un livre de Thierry Paquot

    Thierry Paquot a rédigé un livre, bienvenu et très important, sur les bidonvilles, dans la collection Repères des Editions La Découverte. Il s’intéresse à la question majeure de l’urbanisation dans le monde actuel. Les bidonvilles sont la forme majeure de l’urbanisation aujourd’hui. Un milliard de bidonvillois en 2005, ils seront deux milliards en 2030 et seraient probablement trois milliards en 2050, soit près de 30% de la population mondiale.

    Le bidonville, le slum, est un ensemble d’habitations disparates, bricolées, illégalement installées sur un terrain squatté, ne disposant d’aucun confort, d’aucun équipement de base que sont les toilettes, l’eau l’électricité, un espace sans voirie, sans adresse, sans ramassage des ordures, sans éclairage public, sans desserte d’un quelconque transport collectif. Le bidonville naît de l’occupation illégale d’une terre par une population démunie.

    https://entreleslignesentrelesmots.wordpress.com/2022/08/26/les-bidonvilles-un-livre-de-thierry-paquot

    #international #urbanisation #bidonville

  • Ecologie et urbanisme

    A Toulouse, deux cours d’eau longeant la Garonne ont été asséchés (ils servaient de canals de fuite aux anciens moulins) : La Garonnette pour L’île de Tounis en 1954 et le chemin d’eau du Canalet vers 1960 pour les Amidonniers qui est devenu la promenade de la coulée verte .

    Toulouse fait peu de cas de ses cours d’eau ou de ces canaux comme le canal du midi, allant dans les années 70 jusqu’à vouloir les recouvrir pour y circuler en véhicules motorisés. Au niveau des ponts-jumeaux, à la croisée du canal du midi, du canal de Brienne et du canal latéral, c’est carrément un massacre monumental puisque c’est tout simplement la sortie du périphérique qui poursuit ensuite sa route en longeant au canal latéral. On peut toujours espérer que la stratégie actuelle médiatico électoraliste bouge, mais préserver l’environnement naturel est toujours un manque à gagner pour les promoteurs immobiliers et leur maire. Destruction de jardins, de vergers, de maisons d’architecte, quartiers entiers rasés et reconstruit sans arbres ni jardin, enfumage avec un écoquartier de béton face auquel les logement HLM d’Empalot des années 70 c’est bisounours avec bien plus d’espace verts, construction au raz des trottoirs, logement à prix inabordable etc. Toute une philosophie de droite macroniste de bas niveau qui considère la biodiversité comme d’extrême gauche, donc à éradiquer et à remplacer par des tulipes à arrosage automatique.

    J’alimenterai ce fil au fur et à mesure.

  • Nella città delle piattaforme

    Sullo sfondo del lavoro precario del #delivery ci sono parchi, piazze e marciapiedi: i luoghi di lavoro dei rider. Dimostrano la colonizzazione urbana operata dalle piattaforme

    Non ci sono i dati di quanti siano i rider, né a Milano, né in altre città italiane ed europee. L’indagine della Procura di Milano che nel 2021 ha portato alla condanna per caporalato di Uber Eats ha fornito una prima stima: gli inquirenti, nel 2019, avevano contato circa 60mila fattorini, di cui la maggioranza migranti che difficilmente possono ottenere un altro lavoro. Ma è solo una stima, ormai per altro vecchia. Da allora i rider hanno ottenuto qualche piccola conquista sul piano dei contratti, ma per quanto riguarda il riconoscimento di uno spazio per riposarsi, per attendere gli ordini, per andare in bagno o scambiare quattro chiacchiere con i colleghi, la città continua a escluderli. Eppure i rider sembrano i lavoratori e le lavoratrici che più attraversano i centri urbani, di giorno come di notte, soprattutto a partire dalla pandemia. Dentro i loro borsoni e tra le ruote delle loro bici si racchiudono molte delle criticità del mercato del lavoro odierno, precario e sempre meno tutelato.

    Esigenze di base vs “capitalismo di piattaforma”

    Per i giganti del delivery concedere uno spazio urbano sembra una minaccia. Legittimerebbe, infatti, i fattorini come “normali” dipendenti, categoria sociale che non ha posto nel “capitalismo di piattaforma”. Questa formula definisce l’ultima evoluzione del modello economico dominante, secondo cui clienti e lavoratori fruiscono dei servizi e forniscono manodopera solo attraverso un’intermediazione tecnologica.

    L’algoritmo sul quale si basano le piattaforme sta incessantemente ridisegnando la geografia urbana attraverso nuovi percorsi “più efficienti”. Per esempio – in base al fatto che i rider si muovono per lo più con biciclette dalla pedalata assistita, riconducibili a un motorino – le app di delivery suggeriscono strade che non sempre rispondono davvero alle esigenze dei rider. Sono percorsi scollati dalla città “reale”, nei confronti dei quali ogni giorno i lavoratori oppongono una resistenza silenziosa, fatta di scelte diverse e soste in luoghi non previsti.

    Le piattaforme non generano valore nelle città unicamente offrendo servizi, utilizzando tecnologie digitali o producendo e rivendendo dati e informazioni, ma anche organizzando e trasformando lo spazio urbano, con tutto ciò che in esso è inglobato e si può inglobare, in una sorta di area Schengen delle consegne. Fanno in modo che gli spazi pubblici della città rispondano sempre di più a un fine privato. Si è arrivati a questo punto grazie alla proliferazione incontrollata di queste società, che hanno potuto disegnare incontrastate le regole alle quali adeguarsi.

    Come esclude la città

    Sono quasi le 19, orario di punta di un normale lunedì sera in piazza Cinque Giornate, quadrante est di Milano. Il traffico è incessante, rumoroso e costeggia le due aiuole pubbliche con panchine dove tre rider si stanno riposando. «Siamo in attesa che ci inviino un nuovo ordine da consegnare», dicono a IrpiMedia in un inglese accidentato. «Stiamo qui perché ci sono alberi che coprono dal sole e fa meno caldo. Se ci fosse un posto per noi ci andremmo», raccontano. Lavorano per Glovo e Deliveroo, senza un vero contratto, garanzie né un posto dove andare quando non sono in sella alla loro bici. Parchi, aiuole, marciapiedi e piazze sono il loro luogo di lavoro. Gli spazi pubblici, pensati per altri scopi, sono l’ufficio dei rider, in mancanza di altro, a Milano come in qualunque altra città.

    In via Melchiorre Gioia, poco lontano dalla stazione Centrale, c’è una delle cloud kitchen di Kuiri. È una delle società che fornisce esercizi commerciali slegati dalle piattaforme: cucine a nolo. Lo spazio è diviso in sei parti al fine di ospitare altrettante cucine impegnate a produrre pietanze diverse. I ristoratori che decidono di affittare una cucina al suo interno spesso hanno dovuto chiudere la loro attività durante o dopo la pandemia, perché tenerla in piedi comportava costi eccessivi. Nella cloud kitchen l’investimento iniziale è di soli 10mila euro, una quantità molto minore rispetto a quella che serve per aprire un ristorante. Poi una quota mensile sui profitti e per pagare la pubblicità e il marketing del proprio ristorante, attività garantite dall’imprenditore. Non si ha una precisa stima di quante siano queste cucine a Milano, forse venti o trenta, anche se i brand che le aprono in varie zone della città continuano ad aumentare.

    Una persona addetta apre una finestrella, chiede ai rider il codice dell’ordine e gli dice di aspettare. Siccome la cloud kitchen non è un “luogo di lavoro” dei rider, questi ultimi non possono entrare. Aspettano di intravedere il loro pacchetto sulle sedie del dehors riservate ai pochi clienti che ordinano da asporto, gli unici che possono entrare nella cucina. I rider sono esclusi anche dai dark store, quelli che Glovo chiama “magazzini urbani”: vetrate intere oscurate alla vista davanti alle quali i rider si stipano ad attendere la loro consegna, sfrecciando via una volta ottenuta. Nemmeno di questi si conosce il reale numero, anche se una stima realistica potrebbe aggirarsi sulla ventina in tutta la città.
    Un posto «dal quale partire e tornare»

    Luca, nome di fantasia, è un rider milanese di JustEat con un contratto part time di venti ore settimanali e uno stipendio mensile assicurato. La piattaforma olandese ha infatti contrattualizzato i rider come dipendenti non solo in Italia, ma anche in molti altri paesi europei. Il luogo più importante nella città per lui è lo “starting point” (punto d’inizio), dal quale parte dopo il messaggio della app che gli notifica una nuova consegna da effettuare. Il turno di lavoro per Luca inizia lì: non all’interno di un edificio, ma nel parco pubblico dietro alla stazione di Porta Romana; uno spazio trasformato dalla presenza dei rider: «È un luogo per me essenziale, che mi ha dato la possibilità di conoscere e fare davvero amicizia con alcuni colleghi. Un luogo dove cercavo di tornare quando non c’erano molti ordini perché questo lavoro può essere molto solitario», dice.

    Nel giardino pubblico di via Thaon de Revel, con un dito che scorre sul telefono e il braccio sulla panchina, c’è un rider pakistano che lavora nel quartiere. L’Isola negli anni è stata ribattezzata da molti «ristorante a cielo aperto»: negli ultimi 15 anni il quartiere ha subìto un’ingente riqualificazione urbana, che ha aumentato i prezzi degli immobili portando con sé un repentino cambiamento sociodemografico. Un tempo quartiere di estrazione popolare, ormai Isola offre unicamente divertimento e servizi. Il rider pakistano è arrivato in Italia dopo un mese di cammino tra Iran, Turchia, Grecia, Bulgaria, Serbia e Ungheria, «dove sono stato accompagnato alla frontiera perché è un paese razzista, motivo per cui sono venuto in Italia», racconta. Vive nel quartiere con altri quattro rider che lavorano per Deliveroo e UberEats. I giardini pubblici all’angolo di via Revel, dice uno di loro che parla bene italiano, sono «il nostro posto» e per questo motivo ogni giorno si incontrano lì. «Sarebbe grandioso se Deliveroo pensasse a un posto per noi, ma la verità è che se gli chiedi qualunque cosa rispondono dopo tre o quattro giorni, e quindi il lavoro è questo, prendere o lasciare», spiega.

    Girando lo schermo del telefono mostra i suoi guadagni della serata: otto euro e qualche spicciolo. Guadagnare abbastanza soldi è ormai difficile perché i rider che consegnano gli ordini sono sempre di più e le piattaforme non limitano in nessun modo l’afflusso crescente di manodopera. È frequente quindi vedere rider che si aggirano per la città fino alle tre o le quattro del mattino, soprattutto per consegnare panini di grandi catene come McDonald’s o Burger King: ma a quell’ora la città può essere pericolosa, motivo per il quale i parchi e i luoghi pubblici pensati per l’attività diurna sono un luogo insicuro per molti di loro. Sono molte le aggressioni riportate dalla stampa locale di Milano ai danni di rider in servizio, una delle più recenti avvenuta a febbraio 2022 all’angolo tra piazza IV Novembre e piazza Duca d’Aosta, di fronte alla stazione Centrale. Sul livello di insicurezza di questi lavoratori, ancora una volta, nessuna stima ufficiale.

    I gradini della grande scalinata di marmo, all’ingresso della stazione, cominciano a popolarsi di rider verso le nove di sera. Due di loro iniziano e svolgono il turno sempre insieme: «Siamo una coppia e preferiamo così – confessano -. Certo, un luogo per riposarsi e dove andare soprattutto quando fa caldo o freddo sarebbe molto utile, ma soprattutto perché stare la sera qui ad aspettare che ti arrivi qualcosa da fare non è molto sicuro».

    La mozione del consiglio comunale

    Nel marzo 2022 alcuni consiglieri comunali di maggioranza hanno presentato una mozione per garantire ai rider alcuni servizi necessari allo svolgimento del loro lavoro, come ad esempio corsi di lingua italiana, di sicurezza stradale e, appunto, un luogo a loro dedicato. La mozione è stata approvata e il suo inserimento all’interno del Documento Unico Programmatico (DUP) 2020/2022, ossia il testo che guida dal punto di vista strategico e operativo l’amministrazione del Comune, è in via di definizione.

    La sua inclusione nel DUP sarebbe «una presa in carico politica dell’amministrazione», commenta Francesco Melis responsabile Nidil (Nuove Identità di Lavoro) di CGIL, il sindacato che dal 1998 rappresenta i lavoratori atipici, partite Iva e lavoratori parasubordinati precari. Melis ha preso parte alla commissione ideatrice della mozione. Durante il consiglio comunale del 30 marzo è parso chiaro come il punto centrale della questione fosse decidere chi dovesse effettivamente farsi carico di un luogo per i rider: «È vero che dovrebbe esserci una responsabilità da parte delle aziende di delivery, posizione che abbiamo sempre avuto nel sindacato, ma è anche vero che in mancanza di una loro risposta concreta il Comune, in quanto amministrazione pubblica, deve essere coinvolto perché il posto di lavoro dei rider è la città», ragiona Melis. Questo punto unisce la maggioranza ma la minoranza pone un freno: per loro sarebbe necessario dialogare con le aziende. Eppure la presa di responsabilità delle piattaforme di delivery sembra un miraggio, dopo anni di appropriazione del mercato urbano. «Il welfare metropolitano è un elemento politico importante nella pianificazione territoriale. Non esiste però che l’amministrazione e i contribuenti debbano prendersi carico dei lavoratori delle piattaforme perché le società di delivery non si assumono la responsabilità sociale della loro iniziativa d’impresa», replica Angelo Avelli, portavoce di Deliverance Milano. L’auspicio in questo momento sembra comunque essere la difficile strada della collaborazione tra aziende e amministrazione.

    Tra la primavera e l’autunno 2020, momento in cui è diventato sempre più necessario parlare di sicurezza dei lavoratori del delivery in città, la precedente amministrazione comunale aveva iniziato alcune interlocuzioni con CGIL e Assodelivery, l’associazione italiana che raggruppa le aziende del settore. Interlocuzioni che Melis racconta come prolifiche e che avevano fatto intendere una certa sensibilità al tema da parte di alcune piattaforme. Di diverso avviso era invece l’associazione di categoria. In quel frangente «si era tra l’altro individuato un luogo per i rider in città: una palazzina di proprietà di Ferrovie dello Stato, all’interno dello scalo ferroviario di Porta Genova, che sarebbe stata data in gestione al Comune», ricorda Melis. La scommessa del Comune, un po’ azzardata, era che le piattaforme avrebbero deciso finanziare lo sviluppo e l’utilizzo dello spazio, una volta messo a bando. «Al piano terra si era immaginata un’area ristoro con docce e bagni, all’esterno tensostrutture per permettere lo stazionamento dei rider all’aperto, al piano di sopra invece si era pensato di inserire sportelli sindacali», conclude Melis. Lo spazio sarebbe stato a disposizione di tutti i lavoratori delle piattaforme, a prescindere da quale fosse quella di appartenenza. Per ora sembra tutto fermo, nonostante le richieste di CGIL e dei consiglieri comunali. La proposta potrebbe avere dei risvolti interessanti anche per la società che ne prenderà parte: la piattaforma che affiggerà alle pareti della palazzina il proprio logo potrebbe prendersi il merito di essere stata la prima, con i vantaggi che ne conseguono sul piano della reputazione. Sarebbe però anche ammettere che i rider sono dipendenti e questo non è proprio nei piani delle multinazionali del settore. Alla fine dei conti, sembra che amministrazione e piattaforme si muovano su binari paralleli e a velocità diverse, circostanza che non fa ben sperare sul futuro delle trattative. Creare uno spazio in città, inoltre, sarebbe sì un primo traguardo, ma parziale. Il lavoro del rider è in continuo movimento e stanno già nascendo esigenze nuove. Il rischio che non sia un luogo per tutti , poi, è concreto: molti di coloro che lavorano nelle altre zone di Milano rischiano di esserne esclusi. Ancora una volta.

    https://irpimedia.irpi.eu/nella-citta-delle-piattaforme

    #ubérisation #uber #géographie_urbaine #urbanisme #villes #urban_matters #espace_public #plateformes_numériques #Milan #travail #caporalato #uber_eats #riders #algorithme #colonisation_urbaine #espace_urbain #Glovo #Deliveroo #cloud_kitchen #Kuiri #dark_store #magazzini_urbani #JustEat #starting_point

  • Sauver la #nuit. Comment l’#obscurité disparaît, ce que sa disparition fait au vivant, et comment la reconquérir

    Que voyons-nous lorsque, le soir venu, nous levons les yeux vers le ciel ?
    Pour la plupart d’entre nous, habitants des villes et alentour, pas grand-chose. Les occasions de s’émerveiller devant une voûte céleste parsemée d’étoiles sont de plus en plus rares.
    Aujourd’hui, la Voie lactée n’est plus visible pour plus d’un tiers de l’humanité. Plus de quatre-vingts pour cent de la population mondiale vit sous un ciel entaché de pollution lumineuse, une pollution qui, à l’échelle mondiale, ne cesse de s’accroître. Chaque soir, en France, ce sont onze millions de lampadaires qui s’allument ; chaque jour, plus de trois millions et demi d’enseignes lumineuses, sans compter les millions de lumières bleues de nos divers écrans rétroéclairés.
    Or, au-delà de l’appauvrissement de notre relation au ciel – une relation qui nourrit, depuis toujours, nos représentations du monde –, on connaît désormais les effets négatifs de la #lumière_artificielle sur l’environnement et la santé. Érosion de la #biodiversité, dérèglement de notre #rythme_biologique, perturbation de nos #rythmes_de_sommeil, etc. Éteindre les #lumières est un geste non seulement esthétique, mais aussi écologique et sanitaire.
    « Nous laissera-t-on un ciel à observer ? » s’inquiétaient déjà les astronomes amateurs dans les années 1970. Samuel Challéat retrace l’histoire de la revendication d’un « #droit_à_l’obscurité » concomitant au développement urbain et décrit la manière dont s’organise, aujourd’hui, un front pionnier bien décidé à sauver la nuit.

    http://www.premierparallele.fr/livre/sauver-la-nuit
    #santé #pollution_lumineuse
    #livre

    • Il était une fois la nuit

      Aujourd’hui, qui d’entre nous a encore la chance de pouvoir contempler un #ciel_étoilé  ? L’#urbanisation galopante et la généralisation de l’#éclairage_artificiel menacent de réduire la nuit comme une peau de chagrin. A travers des photos empreintes d’onirisme et de poésie, accompagnées de textes riches et accessibles, cet ouvrage livre un vibrant plaidoyer esthétique et raisonné pour la préservation de la nuit. Il permet aussi de découvrir l’importance méconnue de l’obscurité pour la faune et la flore sauvage, mais aussi pour nous les humains.

      Photographe mêlant approche particulièrement artistique et engagement contre la pollution lumineuse, Carole Reboul célèbre avec ce livre la beauté du ciel et des paysages nocturnes. Elle témoigne aussi des initiatives qui se multiplient tout près de chez nous comme à travers la planète pour redonner à la nuit toute la place qui lui revient.

      https://boutique.salamandre.org/il-etait-une-fois-la-nuit.pdt-1221

    • Le ciel étoilé, un espace en voie de disparition ?

      Ou comment nous avons perdu le contact avec les étoiles et la voie lactée !

      En savoir plus

      Qui n’a pas gardé en mémoire des souvenirs de ciel étoilé, de moment suspendu où le sentiment d’être en osmose avec l’univers prenait l’ascendant sur nos vies urbanisées ? Un moment de partage avec l’univers, doublé souvent d’une reconnexion à la nature.

      Mais aujourd’hui, force est de constater que nous avons perdu l’habitude de l’alternance entre le jour et la nuit, un rythme pourtant naturel et nécessaire au monde du vivant. La pollution lumineuse a pris le dessus, avec des conséquences non seulement sur la faune, la flore, les écosystèmes, mais aussi sur la santé humaine.

      Pourquoi devrions-nous protéger l’obscurité et le ciel étoilé ? Quels en sont les principaux perturbateurs ? Comment la sauvegarde de la nuit est-elle encore possible ?

      Réponse avec Samuel Challéat, auteur du livre Sauver la nuit, édité chez Premier Parallèle.

      Et Carole Reboul, photographe de la vie sauvage, physicienne de formation, auteure du livre Il était une fois la nuit paru aux éditions Salamandre.

      https://www.radiofrance.fr/franceculture/podcasts/de-cause-a-effets-le-magazine-de-l-environnement/le-ciel-etoile-un-espace-en-voie-de-disparition-dcae-5221483

      #podcast #audio

    • Hier soir, nuit des étoiles en famille  : on a trouvé un col à 900m d’altitude qui domine la plaine du sud-ouest, donc correctement orienté au nord-nord-est.

      Bon, déjà, 23°C et du vent, c’est très très appréciable. Ensuite, voir un peu les étoiles après un an de ville, aussi. On a raté l’extinction de 23h de Tarbes  : une partie des rues de la ville ne sont plus éclairées à partir de ce moment là depuis début juillet (oui, on a une équipe municipale de droite 🤷‍♀️).

      Côté étoiles, entre le soleil et la pleine lune, trop de luminosité pour voir la voie lactée. De toute manière, c’est mieux de regarder vers le sud pour ça, donc il nous faudra un autre col. Par contre, on a eu de l’étoile filante, dont une bien grosse qui a duré dans les 2 sec., avec la trainée jaune et tout.

      Après, on était au milieu d’un troupeau de vaches. C’est marrant, le soir, elles regardent toutes le soleil se coucher. Ensuite, elles se regroupent et se couchent, sauf les veaux qui faisaient les cons dans le noir (à notre grande frayeur  !). Ça a beuglé dans le troupeau et les jeunes ont rejoint les autres.

      En ville, on a traversé les quartiers éteints. Ça ne dégage pas spécialement la vue du ciel, il y a encore trop de rues allumées, surtout avec des lampadaires trop hauts et trop lumineux. Par contre, ça touche essentiellement des quartiers résidentiels et on a eu une pensée pour les femmes qui habitent dedans et qui ont clairement un couvre-feu imposé  : c’est bien bien noir. Pareil pour les cyclistes qui deviennent invisibles. Et pour les chats, habitués à ce que les coins sombres soient des coins sans circulation…

  • Serbia, ancora violenza contro chi manifesta
    https://www.balcanicaucaso.org/aree/Serbia/Serbia-ancora-violenza-contro-chi-manifesta-219779

    I recenti fatti di Novi Sad, dove una protesta di cittadini contro l’applicazione del nuovo Piano regolatore è stata duramente repressa dalla polizia e da guardie private, confermano la tendenza del regime Aleksandar Vučić ad usare la violenza per reprimere il dissenso

  • Dispatch from INURA Conference 2022 in Luxemburg
    https://urbanpolitical.podigee.io/54-inura_luxemburg

    The 30th annual INURA Conference entitled "Small State Big Transitions” was held in Luxembourg from June 25 to 28. Over 60 participants gathered at the conference to learn about the Grand Duchy of Luxembourg and to celebrate the 30 years INURA. This year’s conference was organised by the Urban Studies Group at the Department of Geography and Spatial Planning at the University of Luxembourg.

    With a population of just over 600,000, Luxembourg is a small, multilingual, sovereign state. But these diminutive attributes belie a cosmopolitan space where daily life frequently involves using three languages, and encountering perhaps four, five or six. Exhilarating and bewildering, it speaks to the ’small-but-global’ urbanisation the country has experienced in recent decades. The conference opened (...)

    #urban,politics,research,action,inura,conference,luxemburg
    https://main.podigee-cdn.net/media/podcast_13964_urban_political_pdcst_episode_827926_dispatch_from_i

  • Vienne, capitale de l’urbanisme « sensible au genre » | Mediapart
    https://www.mediapart.fr/journal/international/250722/vienne-capitale-de-l-urbanisme-sensible-au-genre#at_medium=custom7&at_camp

    Vienne (Autriche).– Avec ses immeubles peu élevés et ses espaces communs sagement entretenus et arborés, l’ensemble de logements sociaux Frauen Werk Stadt (« Femme, travail, ville ») ressemble à de nombreux autres quartiers d’habitations de la capitale autrichienne. Mais sa construction, achevée en 1997, a représenté une petite révolution. Élaboré par quatre femmes architectes, ce complexe résidentiel a été l’un des premiers projets pilotes intégrant les principes de l’urbanisme dit « sensible au genre ».

    Ici, tout a été conçu pour faciliter les tâches du quotidien : courses, lessive, prise en charge des enfants. Un travail non rémunéré encore effectué en grande partie par les femmes. Ainsi, ont été installés au sein de l’ensemble un supermarché, une crèche, un cabinet médical, une pharmacie. De quoi limiter les déplacements souvent chronophages qu’implique le travail domestique.

    Une dimension également intégrée à l’intérieur des bâtiments : les machines à laver communes n’ont pas été reléguées dans une salle sombre à la cave, comme cela est souvent le cas à Vienne, mais sont situées dans les étages supérieurs qui donnent accès à un toit-terrasse offrant une vue sur tout l’ensemble. Chaque étage dispose d’un local commun de rangement. Les mères peuvent ainsi prendre l’ascenseur avec leur poussette et la laisser devant leur porte, sans avoir à porter enfants et sacs de courses dans les bras. Les cages d’escalier sont larges et éclairées par la lumière naturelle pour inciter les habitant·es à s’arrêter et à discuter, permettant ainsi de créer du lien entre voisin·es et de se rendre éventuellement des services.

    Ça ne remet pas en cause la répartition genrée des tâches domestiques mais c’est déjà ça

    Les parcs publics représentent l’un des exemples les plus aboutis de cette démarche : grâce à une étude sociologique, la municipalité se rend compte que les jeunes filles désertent ces lieux, passé l’âge de dix ans, car elles n’y trouvent plus leur place. En 1999, deux parcs sont alors choisis pour être réaménagés selon des critères de sensibilité au genre : des cages de football sont déplacées pour permettre une utilisation plus diversifiée de la pelouse, des buissons sont enlevés, et l’éclairage est renforcé pour améliorer la visibilité et accroître le sentiment de sécurité, des toilettes publiques sont installées, ainsi que des hamacs qui permettent de se rassembler et de discuter au calme.

    • Vienne, capitale de l’urbanisme « sensible au genre »

      Depuis 30 ans, la capitale autrichienne cherche à assurer un partage équitable de l’espace public entre hommes et femmes. #Aménagement des #parcs, #trottoirs, #éclairage : pionnière de cet urbanisme « sensible au genre », la ville est mondialement reconnue pour sa qualité de vie.

      Avec ses immeubles peu élevés et ses espaces communs sagement entretenus et arborés, l’ensemble de logements sociaux Frauen Werk Stadt (« Femme, travail, ville ») ressemble à de nombreux autres quartiers d’habitations de la capitale autrichienne. Mais sa construction, achevée en 1997, a représenté une petite révolution. Élaboré par quatre femmes architectes, ce complexe résidentiel a été l’un des premiers projets pilotes intégrant les principes de l’urbanisme dit « sensible au genre ».

      Ici, tout a été conçu pour faciliter les tâches du quotidien : courses, lessive, prise en charge des enfants. Un travail non rémunéré encore effectué en grande partie par les femmes. Ainsi, ont été installés au sein de l’ensemble un supermarché, une crèche, un cabinet médical, une pharmacie. De quoi limiter les déplacements souvent chronophages qu’implique le travail domestique.

      Une dimension également intégrée à l’intérieur des bâtiments : les machines à laver communes n’ont pas été reléguées dans une salle sombre à la cave, comme cela est souvent le cas à Vienne, mais sont situées dans les étages supérieurs qui donnent accès à un toit-terrasse offrant une vue sur tout l’ensemble. Chaque étage dispose d’un local commun de rangement. Les mères peuvent ainsi prendre l’ascenseur avec leur poussette et la laisser devant leur porte, sans avoir à porter enfants et sacs de courses dans les bras. Les cages d’escalier sont larges et éclairées par la lumière naturelle pour inciter les habitant·es à s’arrêter et à discuter, permettant ainsi de créer du lien entre voisin·es et de se rendre éventuellement des services.

      Un aspect particulièrement important pour Martina Kostelanik, qui a emménagé dès 1997 dans son appartement, un rez-de-chaussée avec jardin qu’elle compte bien ne jamais quitter : « Quand nous sommes arrivés ici, il n’y avait que des jeunes familles et nous avons maintenu des liens d’amitié, même avec ceux qui ont déménagé. Les enfants ont grandi ensemble et sont toujours en contact. »

      Aujourd’hui retraitée, elle a élevé ses trois enfants à Frauen Werk Stadt, tout en travaillant dans la cantine d’une école : « Ici, c’est très pratique. Il y a deux aires de jeux dans des cours intérieures et on peut laisser les enfants y aller seuls car on peut les surveiller depuis notre jardin. Les voitures ne peuvent pas passer, il n’y a donc aucun danger. Et puis il y a la crèche qui est directement dans l’ensemble, beaucoup d’espaces verts, des endroits pour faire du vélo avec les enfants. Il n’y a pas besoin d’aller ailleurs pour les occuper. C’est super ! »

      Désormais, ses enfants ont grandi et quitté le domicile familial. Comme les appartements sont modulables pour s’adapter aux différentes périodes de la vie, elle a pu facilement faire tomber une cloison qui séparait sa chambre de celle des enfants, afin d’avoir plus d’espace. Son logement ne comprend aucune marche sur laquelle elle pourrait trébucher, le médecin et la pharmacie ne sont qu’à quelques mètres. Dernier aspect important pour la retraitée : le #sentiment_de_sécurité. L’#éclairage a été étudié pour éviter tout recoin sombre, parfois source d’angoisse pour les femmes, et les larges fenêtres des pièces de vie donnent sur les espaces communs pour pouvoir toujours être à portée de regard.

      Après 25 ans à vivre ici « comme dans un village », Martina Kostelanik se dit très satisfaite. Pourtant, quand on lui fait remarquer que cet ensemble a été spécifiquement conçu pour prendre en compte les besoins des femmes, elle sourit et admet qu’elle l’ignorait. C’est tout le #paradoxe de cette approche pour Eva Kail, urbaniste à la mairie de Vienne : « Quand tout fonctionne bien au quotidien, alors ça devient invisible. » Cette experte est l’une des pionnières de l’urbanisme sensible au genre et n’a cessé de convaincre autour d’elle de l’importance de la démarche.

      Une politique initiée dans les années 1990

      En 1991, elle organise une exposition photo retraçant une journée dans la vie de huit femmes à Vienne, une mère célibataire, une étudiante en fauteuil roulant, une cadre… afin de montrer comment s’organise leur quotidien dans l’#espace_urbain. Pour la première fois, des données relatives aux différents #moyens_de_transport sont ventilées par sexe et le constat est sans appel : les automobilistes sont majoritairement des hommes, et les piétons, des femmes. Une réalité sur laquelle personne ne s’était alors penché : « À l’époque, on avait coutume de dire que les responsables de la #planification des #transports étaient des automobilistes blancs de la classe moyenne et ils ont eu une grande influence sur cette politique d’urbanisme », estime Eva Kail.

      La planification des transports était alors principalement centrée sur les trajets en voiture entre le domicile et le travail mais prenait peu en compte les nombreux itinéraires empruntés par les femmes dans leur quotidien. L’exposition permet ainsi de thématiser les problématiques des piéton·nes : largeur des trottoirs, éclairage urbain, temps laissé par les feux tricolores pour traverser. Avec 4 000 visiteurs et visiteuses, l’exposition est un succès et, quelques mois plus tard, la municipalité décide d’ouvrir le Frauenbüro, le « bureau des femmes », pour apporter plus d’attention aux besoins des habitantes. Eva Kail en prend la direction. Un numéro d’urgence joignable 24 heures sur 24 est mis en place, de nombreux projets pilotes, dont Frauen Werk Stadt, sont lancés.

      Les parcs publics représentent l’un des exemples les plus aboutis de cette démarche : grâce à une étude sociologique, la municipalité se rend compte que les jeunes filles désertent ces lieux, passé l’âge de dix ans, car elles n’y trouvent plus leur place. En 1999, deux parcs sont alors choisis pour être réaménagés selon des critères de sensibilité au genre : des cages de football sont déplacées pour permettre une utilisation plus diversifiée de la pelouse, des buissons sont enlevés, et l’éclairage est renforcé pour améliorer la visibilité et accroître le sentiment de sécurité, des toilettes publiques sont installées, ainsi que des hamacs qui permettent de se rassembler et de discuter au calme.

      Résultat : les jeunes filles commencent à utiliser une plus grande partie de ces parcs, même si la municipalité a dû faire face à des critiques qu’elle n’avait pas anticipées : « Il y avait un parc où on avait beaucoup amélioré la visibilité. Des jeunes filles sont venues se plaindre car leur mère pouvait désormais voir de la fenêtre ce qu’elles faisaient en bas et ça ne leur a pas du tout plu ! […] On n’y avait pas pensé ! On aurait dû leur laisser quelques recoins », s’amuse Eva Kail. À partir de ces expériences, des listes de recommandations ont été établies et s’appliquent désormais à l’ensemble des parcs de la capitale.

      #Seestadt, un immense quartier en construction

      Si l’urbanisme sensible au genre a, dans un premier temps, fait l’objet de nombreuses réticences et nécessité un important travail de pédagogie parmi les fonctionnaires de la municipalité, la démarche est aujourd’hui pleinement intégrée à la stratégie de développement de la ville, dirigée de longue date par les sociaux-démocrates. Pour s’en convaincre, direction Seestadt, en périphérie de Vienne. Sur 240 hectares, un nouveau quartier monumental est en train de sortir de terre. Autour d’un lac artificiel, plus de 4 300 logements ont déjà été construits. À terme, aux alentours de 2035, ce quartier devrait accueillir plus de 25 000 habitant·es, ainsi que 20 000 emplois : l’un des projets de développement urbain les plus importants d’Europe.

      Gunther Laher, responsable du suivi du projet pour la municipalité, nous guide dans les allées de cette ville nouvelle avec enthousiasme. Premier signe évident de l’importance accordée à la dimension de genre : les rues, places et parcs portent ici le nom de femmes célèbres. « Avant ce quartier, 6 % des rues de Vienne étaient nommées d’après une femme. On a porté ce chiffre à 14 % », se réjouit le fonctionnaire, pour qui cette décision va au-delà du symbole. « En voyant ces noms, les habitants commencent à s’intéresser à la biographie de ces femmes. Ça contribue à changer les perceptions. »

      Ici, de nombreuses rues sont piétonnes, le dénivelé entre la chaussée et le trottoir n’excède jamais trois centimètres pour faciliter les déplacements avec une poussette ou en fauteuil roulant. Même les commerces, installés le long de la rue Maria-Tusch, ont fait l’objet d’une planification : « Quand on construit un tel quartier, il y a peu d’habitants au début. Pour être sûr qu’ils aient à disposition ce dont ils ont besoin, on ne peut laisser faire le marché privé […]. On loue les boutiques en rez-de-chaussée et on s’assure que pendant dix ans, le local ne puisse être utilisé par un autre secteur d’activité. Le boulanger sera donc toujours un boulanger, le coiffeur toujours un coiffeur », explique Gunther Laher. Ainsi, la municipalité garantit que les habitant·es n’auront pas besoin de courir d’un bout à l’autre de la ville pour faire leurs courses.

      Toutes les politiques de la ville doivent prendre en compte le genre

      Depuis 2006, Vienne a également mis en place un budget sensible au genre (gender budgeting), pendant financier de sa politique d’urbanisme. Chaque département de la mairie doit ainsi s’assurer que ses dépenses contribuent à une amélioration de l’égalité entre les sexes. Si la rénovation d’une rue doit être financée, il faudra se demander quelle place est accordée à la chaussée, donc aux automobilistes, donc majoritairement aux hommes, et quelle place est accordée aux piéton·nes, en s’intéressant par exemple à la largeur des trottoirs.

      Michaela Schatz, responsable du département gender budgeting de la municipalité, se souvient d’une mise en place compliquée : « De nombreux services nous ont dit : “Nous travaillons déjà pour l’ensemble des Viennois.” Il a donc fallu leur montrer qui avait l’usage de telle ou telle prestation. »

      Quinze ans plus tard, la prise de conscience a eu lieu et la démarche, qui s’applique à l’ensemble du budget de la ville, soit 16 milliards d’euros, a permis d’importantes réalisations, selon Michaela Schatz : « Depuis 2009, les enfants de 0 à 6 ans peuvent aller gratuitement à la crèche. […] Une étude a ensuite montré que cette mesure avait eu un impact positif sur le PIB de Vienne. » Le taux d’emploi des mères âgées de 20 à 39 ans avec des enfants en bas âge a ainsi augmenté de 1,5 point sur la période 2007-2013.

      Reste que cette approche globale n’est pas exempte de critiques : à différencier ainsi les besoins, ne risque-t-on pas de renforcer les stéréotypes et d’enfermer les femmes dans un rôle de mère ou de victime ? « On ne peut pas avoir d’influence sur le partage des tâches entre les sexes à travers l’urbanisme. C’est une question de représentations sociales, de rapports de pouvoir au sein d’une relation. Mais on peut faire en sorte que ce travail domestique se fasse dans de bonnes conditions », répond Eva Kail.

      Autre défi : la croissance rapide de la population dans la capitale. Dans ce contexte, la tentation est grande d’aller vers plus d’économies et de faire des compromis sur la qualité des nouveaux logements, notamment sur leur conformité aux critères de sensibilité au genre. Mais cette année encore, Vienne a été élue ville la plus agréable à vivre au monde par l’hebdomadaire anglais The Economist. Parmi les critères déterminants : la qualité des infrastructures ou la diversité des loisirs, des domaines où les critères de sensibilité au genre sont depuis longtemps appliqués.

      https://www.mediapart.fr/journal/international/250722/vienne-capitale-de-l-urbanisme-sensible-au-genre

      #villes #urban_matter #géographie_urbaine #TRUST #master_TRUST #Vienne #Autriche #espace_public #urbanisme_sensible_au_genre #Frauen_Werk_Stadt #travail_domestique #mobilité #mobilité_quotidienne #toponymie #toponymie_féministe #voitures #piétons #commerces #courses #budget_sensible_au_genre #gender_budgeting #égalité #inégalités #espace_public

  • Ce que Napoléon a fait aux villes françaises
    https://metropolitiques.eu/Ce-que-Napoleon-a-fait-aux-villes-francaises.html

    Qu’est-il arrivé aux villes françaises sous Napoléon ? Au-delà de ses réalisations architecturales et de ses aménagements urbains, le régime impérial a laissé sa marque dans les institutions et les principes qui ont permis leur mise en œuvre. Le bicentenaire de « l’épisode napoléonien » a produit une nouvelle flambée éditoriale sur une période pourtant déjà abondamment traitée par l’historiographie sous toutes ses formes depuis deux siècles. Pourtant, la construction, l’architecture, l’urbanisme et l’habitat #Commentaires

    / #pouvoir, #histoire, #architecture, #urbanisme, #histoire_urbaine, #XIXe_siècle, #monument, (...)

    #embellissement
    https://metropolitiques.eu/IMG/pdf/met_reverchon.pdf

  • Landscapes of Care and Control
    https://urbanpolitical.podigee.io/53-landscape_care_control

    This episode looks at urban landscapes of care and control that emerged during the pandemic in Santiago de Chile (Chile), Bogotá (Colombia) and Berlin (Germany). It is a comparative conversation on the urban impasse of state interventions and everyday logics under COVID19 in each of these cities and discusses the following questions: 1. How, if at all, has the pandemic affected state interventions in health in these cities? What new discourses and routines have been announced? 2. How, if at all, has the pandemic worked as a set of interventions in the social infrastructure of these cities? What, now almost 2 years down the road, has changed in the social realities of institutional agents and ordinary citizens that we observe? 3. What lessons can be learnt from the care and control (...)

    #urban,politics,care,control,pandemic,covid19,bogota,berlin,santiago_de_chile
    https://main.podigee-cdn.net/media/podcast_13964_urban_political_pdcst_episode_817196_landscapes_of_c

  • The smart city is a perpetually unrealized utopia | MIT Technology Review
    https://www.technologyreview.com/2022/06/24/1053969/smart-city-unrealized-utopia/?truid=a497ecb44646822921c70e7e051f7f1a

    While urban theorists somewhat myopically trace the concept of the “smart city” back to the 1990s, when IBM arguably first coined the term, the CAB’s research represents one of the earliest large-scale efforts to model the urban environment through “big data.” Utilizing a combination of computerized data gathering and storage, statistical cluster analysis techniques, aerial-based color infrared photography (what we today call remote sensing), and direct “on the ground” (i.e., driving around the city) validation of the aerial images, the CAB’s analysis was decidedly different from previous attempts. The CAB partitioned the city into clusters representing social-geographic features that sound straight out of today’s social media playbook: “LA singles,” “the urban poor,” “1950s-styled suburbs.” What the cluster analysis truly revealed were correlations between socioeconomic forces that could be used as predictors for which neighborhoods were falling into poverty and “urban blight.”

    Though innovative for the time, the CAB’s harnessing of punch cards and computer-based databases was not an isolated endeavor. It was part of a much larger set of postwar experiments focused on reimagining the urban through computational processes. The urban theorist Kevin Lynch’s 1960 Image of the City spurred years of research into cognitive science on how we map typological elements in urban space (paths, edges, nodes, districts, and landmarks). Cyberneticians such as Jay Forrester at MIT sought to apply complex systems dynamics by way of computer simulations to understand the feedback loops within urban development, involving everything from population and housing to the influence of industry on growth. With Forrester, Lynch, and others, the foundations for smart cities were being laid, just as sensing and computing were entering into the public consciousness.

    The contemporary vision of the smart city is by now well known. It is, in the words of IBM, “one of instrumentation, interconnectedness, and intelligence.” “Instrumentation” refers to sensor technologies, while “interconnectedness” describes the integration of sensor data into computational platforms “that allow the communication of such information among various city services.” A smart city is only as good as the imagined intelligence that it either produces or extracts. The larger question, however, is what role human intelligence has in the network of “complex analytics, modeling, optimization, visualization services, and last but certainly not least, AI” that IBM announced. The company actually trademarked the term “smarter cities” in November 2011, underlining the reality that such cities would no longer fully belong to those who inhabited them.

    When we assume that data is more important than the people who created it, we reduce the scope and potential of what diverse human bodies can bring to the “smart city” of the present and future. But the real “smart” city consists not only of commodity flows and information networks generating revenue streams for the likes of Cisco or Amazon. The smartness comes from the diverse human bodies of different genders, cultures, and classes whose rich, complex, and even fragile identities ultimately make the city what it is.

    Chris Salter is an artist and professor of immersive arts at the Zurich University of the Arts. His newest book, Sensing Machines: How Sensors Shape Our Everyday Life, has just been published by MIT Press.

    #Smart_cities #Senseurs #Réseaux #Urbanisme

  • Projets urbains régénératifs : de l’idée à la méthode
    https://metropolitiques.eu/Projets-urbains-regeneratifs-de-l-idee-a-la-methode.html

    Si l’idée d’intégrer la biodiversité dès la conception des projets d’aménagement s’est généralisée, la méthode consistant à penser le milieu urbain comme un système écologique évolutif demeure en revanche mal connue. Philippe Clergeau et Eduardo Blanco en rappellent ici les principes centraux. L’urbanisme organise et transforme l’espace, et intervient directement dans l’aménagement du territoire, qu’il s’agisse de création de nouveaux territoires urbanisés ou de requalification-restauration de quartiers #Débats

    / #urbanisme, #écologie, #aménagement

    https://metropolitiques.eu/IMG/pdf/clergeau-blanco.pdf

  • Les #tiers-lieux, entre militantisme, logiques marchandes et stratégies d’aménagement
    https://metropolitiques.eu/Les-tiers-lieux-entre-militantisme-logiques-marchandes-et-strategies

    Les tiers-lieux, symboles de l’urbanisme alternatif, peuvent-ils être autre chose qu’une parenthèse spatiale et temporelle dans la fabrique des métropoles ? Sandra Mallet et Arnaud Mège analysent ici le cas de l’Écosystème Darwin à #Bordeaux, qui tente de trouver sa place entre logiques marchandes et aménagement de ZAC. Situé sur la rive droite de la Garonne, sur les friches de l’ancienne caserne militaire Niel, l’Écosystème Darwin, tiers-lieu « branché » à « l’esprit d’entreprise engagé », est devenu au #Terrains

    / tiers-lieux, Bordeaux, #urbanisme_transitoire, #expérimentation

    https://metropolitiques.eu/IMG/pdf/met_mege_mallet.pdf

  • Une enquête sur les usages populaires du Jardin Levat
    https://www.primitivi.org/Une-enquete-radiophonique-sur-les-usages-populaires-du-jardin-Levat

    Depuis plusieurs années, à la faveur de l’ouverture du Jardin Levat, les habitants du quartier de la Belle de Mai à Marseille ont renoué un dialogue avec la terre, et sont venus y enraciner une part d’eux-mêmes. Ce documentaire sonore de Gaël Marsaud et Joachim Gatti est une immersion dans l’intimité de ce jardin. Durée : 55 min. Source : Primitivi

    https://www.mixcloud.com/Jardin_Levat/jardin-levat

  • Une enquête sur les usages populaires du Jardin Levat, Gaël Marsaud et Joachim Gatti | Mixcloud
    https://www.mixcloud.com/Jardin_Levat/jardin-levat


    Depuis plusieurs années, à la faveur de l’ouverture du Jardin Levat, les habitants du quartier de la Belle de Mai à #Marseille ont renoué un dialogue avec la terre, et sont venus y enraciner une part d’eux-mêmes.

  • « Ville féministe » de Leslie Kern
    https://topophile.net/savoir/ville-feministe-de-leslie-kern

    Les études urbaines privilégiant le genre sont encore rares, aussi convient-il de saluer cet ouvrage de la géographe Leslie Kern, qui dirige des recherches sur le genre à l’Université Mount Alison au Nouveau-Brunswick. Évitant toute langue de bois, l’auteure rend compte, subjectivement, de sa propre expérience de femme enceinte (où s’asseoir ?), puis de jeune mère... Voir l’article

  • Book Review Roundtable: Fragments of the City: Making and Remaking Urban Worlds
    https://urbanpolitical.podigee.io/52-fragments_city_review

    In this episode moderated by Nitin Bathla, the author Colin McFarlane discusses his recent book Fragments of the City with the critics Theresa Enright, Tatiana Thieme, and Kevin Ward. In analyzing the main arguments of the book, Theresa discusses the role of aesthetics in imagining, sensing, and learning the urban fragments, and the ambivalence of density in how it enables and disables certain kinds of politics. She questions Colin about the distinctiveness of art as a means to engage and politicize fragments, and how can we think about the relationships between fragment urbanism, density and the urban political across varied contexts. Tatiana analyses how the book journeys across a range of temporal scales of knowing fragments from its etymology to autobiographical experiences of (...)

    #urban,political,book_review,mcfarlane,fragments,city
    https://main.podigee-cdn.net/media/podcast_13964_urban_political_pdcst_episode_769948_book_review_rou

    • Fragments of the City. Making and Remaking Urban Worlds

      Cities are becoming increasingly fragmented materially, socially, and spatially. From broken toilets and everyday things, to art and forms of writing, fragments are signatures of urban worlds and provocations for change. In Fragments of the City, Colin McFarlane examines such fragments, what they are and how they come to matter in the experience, politics, and expression of cities. How does the city appear when we look at it through its fragments? For those living on the economic margins, the city is often experienced as a set of fragments. Much of what low-income residents deal with on a daily basis is fragments of stuff, made and remade with and through urban density, social infrastructure, and political practice. In this book, McFarlane explores infrastructure in Mumbai, Kampala, and Cape Town; artistic montages in Los Angeles and Dakar; refugee struggles in Berlin; and the repurposing of fragments in Hong Kong and New York. Fragments surface as material things, as forms of knowledge, as writing strategies. They are used in efforts to politicize the city and in urban writing to capture life and change in the world’s major cities. Fragments of the City surveys the role of fragments in how urban worlds are understood, revealed, written, and changed.

      https://www.ucpress.edu/book/9780520382244/fragments-of-the-city

      #villes #urban_matter #fragmentation #fragments #livre #marges #marginalité #Mumbai #Kampala #Cape_Town #Los_Angeles #Berlin #Dakar #Los_Angeles #Hong_Kong #New_york #matérialité
      #TRUST #master_TRUST

      ping @cede

  • Enfants dans l’espace public : enquête sur une disparition - URBIS le mag
    https://www.urbislemag.fr/enfants-dans-l-espace-public-enquete-sur-une-disparition-billet-642-urbis

    Où sont passés les enfants ? Dans les rues de nos villes, combien en croise-t-on, cartables sur le dos, et rentrant de l’école ? Combien sont-ils à avoir l’autorisation parentale de jouer dans la rue ? De faire quelques courses dans un magasin proche de leur domicile ? Bien peu. Et même, de moins en moins. Clément Rivière, maître de conférences en sociologie à l’université de Lille, s’est penché sur la façon dont les parents du début du 21ème siècle encadrent les pratiques de leurs enfants dans l’espace public. Récemment publié aux Presses universitaires de Lyon, son travail met en lumière les mécanismes à l’œuvre dans la fabrication des « enfants d’intérieur ». De quoi donner à réfléchir aux urbanistes et plus largement, à tous ceux qui travaillent à la conception et à l’aménagement d’espaces publics pour tous.

    #transport #territoire #ville #enfants

  • Les espaces publics, un impensé du #Grand_Paris ?
    https://metropolitiques.eu/Les-espaces-publics-un-impense-du-Grand-Paris.html

    Alors que les espaces publics sont relativement absents des débats sur l’aménagement de la région capitale, cet essai appelle à faire du #Grand_Paris_Express un levier pour transformer conjointement espaces publics et #mobilités dans la profondeur des territoires. Souvent réduits à des enjeux locaux ou techniques, les espaces publics sont un impensé des débats sur l’aménagement du Grand Paris. Les rues, les boulevards et les places demeurent majoritairement modelés pour l’automobile, laissant peu #Essais

    / #temps, #conception, Grand Paris Express, Grand Paris, mobilité, #espace_public

    https://metropolitiques.eu/IMG/pdf/met-enon-fleury-maillot-trevelo.pdf

  • #Elnordpasdecdo : Les Lauréats du Paraping vert 2022 sont... Lundi 9 mai 2022 - Chez Renard
    https://elnorpadcado.org/Les-Laureats-du-Paraping-vert-2022-sont

    La Parade des Financeurs (de Lille3000) s’est élancée de la Friche Saint-Sauveur le 7 mai 2022 pour remettre, avec toute la gravité que réclame l’exercice, cinq Parpaings verts aux élus, promoteurs et architectes de la ville dense et verte. Découvrez les lauréats ci-dessous, les discours prononcés par les Officiels, et revivez en photos la Parade des Financeurs.

    Catégorie « Hydrocarbures et ruralité »
    Christophe Coulon – Conseil régional Hauts-de-France



    Eiffage et le Conseil régional entendent doubler l’aérogare de Lille-Lesquin et le nombre de vols annuels. Les éternels grincheux, riverains agacés par le bruit, amishs obsédés par le climat, seront rassurés.
    
Le Laonnois Christophe Coulon, conseiller régional, bras droit de Xavier Bertrand en charge de la ruralité, et président du Syndicat mixte de l’aéroport, les a entendus : son aéroport sera durable, propulsé à plein régime dans une démarche « Airport Carbon Accreditation » des plus ambitieuses. Son futur aéroport sera non seulement certifié « Haute Qualité Environnementale » mais encore « Bâtiment Durable », grâce à des panneaux solaires. Nous sommes certains que ses ambitions le porteront vers la récupération d’eau de pluie pour alimenter les sanisettes de l’aéroport. Ainsi demain, vous ne décollerez pas seulement pour les eaux turquoises des Seychelles ou les Calanques surpeuplées de Marseille, vous accèderez en « mobilités douces » à un tarmac éco-responsable duquel vous envoler vers un avenir harmonieux. Détruire des champs et détraquer le climat ne se feront pas sans une écologie responsable ! Coulon, ce Parpaing vert est tout à toi !

    Catégorie « Verte et verticale »
    Martine Aubry – MEL & Ville de Lille

    Certes, Lille n’est pas dans le TOP 10 des villes cyclables, n’est que 91éme des villes où il fait bon vivre, et végète dans les profondeurs du classement des villes vertes - Lille est néanmoins classée deuxième des villes où il fait bon investir dans l’immobilier, avec un « fort potentiel locatif » reconnu des professionnels.
Alors oui, ces résultats sont mauvais, mais le potentiel de progression est formidable, et les ambitions immenses. Ici, il y a un eldorado à conquérir, que Martine Aubry embrasse déjà, chevauchant sa monture verte, courant l’utopie, au galop sur son cheval sauvage !

    Les esprits étriqués qui font les mauvais palmarès ne voient pas qu’entre les buildings poussent déjà des forêts et des oasis urbaines. Le Palais Rameau n’est-il pas un démonstrateur d’agriculture hors-sol ? L’ancienne usine Fives-Cail ne va-t-elle pas accueillir une serre d’agriculture verticale ? Aubry les pouces verts n’est elle pas l’ardente défenseuse d’une végétalisation des façades, des toitures, des « rues-jardins » ? 20 000 arbres doivent être plantés dans des micro-forêts que l’on aperçoit déjà sur les terre-pleins du périphérique et les ronds-points.

    Cette force de conviction sans pareil logée chez une énarque, maire de Lille depuis 2001 et vice-présidente de la Métropole en charge de l’« Attractivité » et du « Rayonnement », prouve que l’esprit peut tout, quand il voit loin et qu’il se donne les moyens. Face aux mauvais faiseurs de classements, nous décernons un Parpaing vert bien mérité à Martine Aubry, pour ses ambitions inégalées d’arbres en pot.

    Catégorie « Bien-être »
    Ludovic Montaudon de Nacarat, et Philippe Chiambaretta, pour leur oeuvre commune : ShAKe

    Derrière nous se trouve le bâtiment bien nommé « ShAKe », contraction de Share et de Work, Partager et Travailler. Car comme le dit son illustre promoteur Ludovic Montaudon de Nacarat : « ShAKe est porteur d’une philosophie : le bien-être au travail », car le bien-être, c’est aussi un « gage d’efficacité ».
Comme le résume l’architecte Philippe Chiambaretta, et comme vous le constatez au premier coup d’œil, ici « se combinent ville et nature, travail et détente. » Situé rue de la Chaude rivière, sur l’ancienne rivière qui prenait sa source à Fives, ShAKe « participe à la création d’un îlot de fraîcheur dans le quartier, ses arbres régulent la pollution atmosphérique et favorisent la biodiversité. » ShAKe ne fait pas que respecter le Vivant, ShAKe donne la vie. Ses 30 000m² de bureaux, qui accueilleront notamment la Caisse d’Epargne, partenaire de Lille3000, sont bien plus que des bureaux : ShAKe, c’est « de l’agriculture urbaine », avec jardins suspendus, un « écosystème » du XXIe siècle qui a dépassé les basses « logiques de propriété » pour embrasser « celles d’usage et de partage. » ShAKe, c’est l’incubateur de vos rêves, c’est une utopie réalisée. Ce « bâtiment-promenade » en forme de spirale dessert d’ailleurs un « belvédère » depuis lequel admirer cette grande utopie du XX° siècle : l’Autoroute A1. Bref, ShAKe, c’est vraiment un super bâtiment ; ses promoteur et architecte méritent ce Parpaing vert, qu’on leur envoie directement dans la gueule.

    Catégorie « Vert intense »
    Isabelle Menu – Architecte d’Euralille 3000

    Nous devons ces 75 ha de bureaux nommés Euralille 3000 à Isabelle Menu, du cabinet d’architecture et d’urbanisme Saison-Menu, 73 Bld Montebello, 59 000 Lille. Certes, il a fallu étouffer la Ferme des Dondaines. Mais Isabelle ne l’a-t-elle pas délicatement réalisé « entre densité urbaine, vie de quartier paisible et héritage végétal » ? « La plaine près du casino », pelouse mirifique juchée sur l’autoroute, n’apporte-t-elle pas « une belle touche de nature » ? C’est une évidence qui sans nul doute frappe, chaque matin et chaque soir, l’automobiliste plongé dans les bouchons : la ville peut être dense et intense, mais aussi verte et reverte.

    Isabelle a un « nouveau paradigme » pour le monde : « faire gagner du terrain au paysage et à la biodiversité sur le minéral ; redonner place à la rencontre et à l’expérience sensorielle. » Avec de telles priorités, on ne comprendra jamais qu’Isabelle Menu & Associés aient été écartés du Village Olympique de Paris 2024. Son quartier, dit-elle, eut été « à impact positif, pour une ville inclusive, sans relégations, accueillante pour tous ses habitants et pour la biodiversité. » Des ambitions sans doute trop en avance sur leur temps... Isabelle, si le présent est parfois ingrat, l’avenir reconnaîtra ton talent.

    Femme et architecte, amoureuse du peuple dont elle est sortie (Isabelle est fille de mineurs), Isabelle a néanmoins été récompensée d’une légion d’honneur en 2016. Il ne fait aucun doute que tout un peuple reconnaît chez cette ancienne étudiante de l’école d’architecture de Villeneuve d’Ascq la grande aménageuse de sa ville dense et intense. Isabelle, c’est donc au nom du Peuple, mais aussi au nom des oiseaux, et au nom du futur que tu fais accoucher, que nous te gratifions de ce Parpaing vert !

    Catégorie « Parpaing d’algues »
    François Dutilleul, bétonneur pour Lille 3000

    « Le développement durable va dans le sens de l’Histoire, nous ne pouvons plus répondre aux besoins des générations présentes sans penser à préserver ceux des générations à venir. Construire des bâtiments est une activité à impacts négatifs, mais contrairement à d’autres secteurs, il est possible non seulement de les réduire, mais d’en créer de positifs. » Ainsi parla François Dutilleul, président du groupe de Bâtiments et Travaux Publics Rabot-Dutilleul, partenaire fidèle de Lille 3000.

    Engagé pour une éco-conception exemplaire, la démarche de François « se combine à un écosystème intelligent, riche de partenariats innovants avec des associations, des ONG, des startups… sources de synergies nouvelles et de collaborations concrètes. » François est une lumière dans la ville, le phare sans lequel nous voguerions sans but ni synergies ni collaborations ni intelligence ni innovation ni rien dans les flots tempétueux d’une planète meurtrie par la folie des hommes. Regard toujours porté vers l’avenir, tu es aussi, François, le digne héritier de tes aïeux, René et Jean-François, dont l’audace sut porter le groupe familial vers les cimes de la réussite. Par toi, nous rendons également hommage à Jean-François ton père, homme de culture, toujours occupé par ses fonctions d’administrateur de Lille 3000, qui sans nul doute est fier de toi, comme nous le sommes aujourd’hui au moment de te remettre ce Parpaing vert. François, merci.

    Revivez ici les moments les plus émouvants de la Parade des Financiers (cliquez sur une photo et faites défiler le diaporama, c’est plus joli.)
    Le lien https://elnorpadcado.org/Les-Laureats-du-Paraping-vert-2022-sont en bas de la page pour les 30 photographies

    #ville #ville_intelligente #spéculation #gaspillage #surveillance #France #villes #urbanisme #logement #durable #partenariats #immobilier #aéroport #écologie #végétalisation #martine_aubry #ps #béton #parpaing #ville_inclusive #euralille #lille3000

  • Racism and Social Mix
    https://urbanpolitical.podigee.io/51-social_mix_racism

    Social mix has become a central planning discourse worldwide to address urban inequalities and segregation as key urban problems of the 21st century. Far from being benevolent, the discourse of social mix and its related implementations are subjected to a fundamental critique highlighting racist underpinnings and consequences in targeted neighborhoods. The conversation draws on insights from Canada, Chile, Germany, and the US. Kudos for this important discussion to guest editor Julie Chamberlain!

    #urban,politics,social_mix,racism,Canada,Chile,Germany,United_States
    https://main.podigee-cdn.net/media/podcast_13964_urban_political_pdcst_episode_748512_racism_and_soci

  • La responsabilité de la voiture dans l’étalement urbain
    http://carfree.fr/index.php/2022/05/03/la-responsabilite-de-la-voiture-dans-letalement-urbain

    Historiquement, est-ce la voiture qui est responsable de l’étalement urbain ou s’est-elle développée en réponse à l’étalement urbain ? Une analyse de la trajectoire de 123 villes, situées dans 57 pays, Lire la suite...

    #Argumentaires #Etalement_urbain #Fin_de_l'automobile #Ressources #angleterre #congestion #constructeurs #densité #déplacements #économie #GM #motorisation #périurbanisation #recherche #travail #urbanisme #usa #ville

  • La campagne à la #ville
    https://laviedesidees.fr/Flaminia-Paddeu-Sous-les-paves-la-terre.html

    À propos de : Flaminia Paddeu, Sous les pavés, la terre. Agricultures urbaines et résistances dans les métropoles, Seuil. La renaturation des villes offre plusieurs avantages sur le plan sanitaire, urbanistique et économique. Mais les potagers urbains peuvent aussi devenir le cheval de Troie de la gentrification. Leur culture est-elle vraiment une contre-culture ?

    #Société #agriculture #urbanisme #immobilier
    https://laviedesidees.fr/IMG/docx/20220502_campagne.docx
    https://laviedesidees.fr/IMG/pdf/20220502_campagne.pdf

  • Vers une ingénierie de la circularité
    https://metropolitiques.eu/Vers-une-ingenierie-de-la-circularite.html

    Entre manifeste et guide pratique, l’ouvrage de l’urbaniste Sylvain Grisot questionne l’étalement des villes à partir de nos manières de les construire. La paysagiste Alice Riegert nous en livre les pistes saillantes et invite concepteurs et décideurs à revendiquer d’autres gestes. « Cinq terrains de foot artificialisés en France, toutes les heures. » Le constat de Sylvain Grisot est sans appel. En tant qu’urbaniste, fondateur de l’agence Dixit.net et chercheur associé à l’université de Nantes, il #Commentaires

    / #économie_circulaire, #urbanisme, #urbanisme_temporaire, #étalement_urbain, artificialisation des (...)

    #artificialisation_des_sols
    https://metropolitiques.eu/IMG/pdf/met_riegert.pdf