La Stampa

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  • 05.02.2017, #Tal_Abdoul, VENTIMIGLIA : MIGRANTE TRAVOLTO E UCCISO DA UN TRENO NELL’ULTIMA GALLERIA PRIMA DELLA FRANCIA
    (pour archivage)

    Un migrante è stato travolto e ucciso da un treno regionale francese, che procedeva verso l’Italia, intorno alle 7, a Ventimiglia, all’interno della galleria «Dogana», di 407 metri di lunghezza, l’ultima prima del confine con la Francia. Sul posto sono presenti il personale sanitario del 118 con polizia, carabinieri e vigili del fuoco. La vittima si trovava assieme ad altri stranieri e, come solitamente accade in questi casi, sarebbe stato lo spostamento d’aria provocato dal treno in corsa, a rivelarsi fatale.

    Il traffico ferroviario è stato inizialmente interrotto in entrambi i sensi di marcia e sarà ripristinato a senso unico alternato, prima del definitivo ripristino della circolazione. Il bilancio degli ultimi due anni è di due morti e un ferito sulla linea ferroviaria Ventimiglia-Mentone (in territorio italiano).

    Episodi, comunque, tutti risalenti al periodo tra l’agosto del 2016 e il gennaio del 2017. Nel pomeriggio del 5 agosto scorso, in concomitanza con i disordini tra «no border» e forze dell’ordine, ai Balzi Rossi di Ventimiglia, veniva investito e gravemente ferito un giovane africano che assieme ad altri stranieri cercava di raggiungere la Francia.

    La sera del 23 dicembre scorso, un algerino di 25 anni veniva ucciso sullo stesso tratto di linea, compreso tra Ventimiglia e Mentone. Assieme ad altri stranieri era appena saltato sulla ferrovia, quando è passato il treno che lo ha centrato. A questi si aggiungono altri morti sulla strada. Sull’autostrada, in particolare. Africani travolti da auto piuttosto che furgoni o, in un caso, anche da uno scooter.

    https://primalariviera.it/cronaca/ventimiglia-migrante-travolto-e-ucciso-da-un-treno-nellultima-galleri
    #Vintimille #asile #migrations #réfugiés #morts #mourir_aux_frontières #frontière_sud-alpine #France #Italie #Alpes_Maritimes

    Nom présent sur cette liste :
    5 février 2017 : Tal Abdoul (1997,Guinée) est mort percuté par un train de la SNCF dans le tunnel des Douanes.
    https://www.roya-citoyenne.fr/2023/02/frontiere-de-tous-les-dangers-la-fermeture-des-frontieres-tue-les-dec

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    ajouté au fil de discussion sur les morts à la frontière de Vintimille :
    https://seenthis.net/messages/784767

    lui-même ajouté à la métaliste sur les morts aux frontières alpines :
    https://seenthis.net/messages/758646

    • Muore travolto da un trenoi sogni infranti di un migrante

      La vittima non ancora identificata investita in galleria dopo Latte.

      Non si sa ancora chi fosse. Si sa soltanto che cercava disperatamente di oltrepassare il confine con la Francia, verso una nuova vita, ma che a pochi metri dalla meta ha trovato la morte, nella galleria ferroviaria «Dogana», l’ultima dopo #Latte di Ventimiglia, prima della frontiera. E’ stato investito da un treno in corsa ed è deceduto sul colpo. Il migrante, secondo i primi accertamenti, proverrebbe dall’Africa Centrale e avrebbe tra i 25 e i 30 anni. Viaggiava solo, a piedi, lungo i binari. Addosso pochi effetti personali e nessun documento: per questo gli agenti della scientifica del commissariato di Ventimiglia stanno faticando a identificarlo. Il suo corpo è stato composto all’obitorio di Sanremo e in queste ore saranno prelevate le impronte digitali, per tentare di scoprirne l’identità e di ricostruire il suo viaggio (non è escluso che sia stato fotosegnalato durante altri controlli).

      L’allarme è stato lanciato dal macchinista del treno francese che ha investito lo straniero. Il convoglio era partito da Cannes alle 5,18 e sarebbe dovuto arrivare a Ventimiglia alle 6,53. Già in territorio italiano, a una manciata di minuti dall’arrivo in stazione, l’incidente. In galleria, in un tratto buio, dove sarebbe stato praticamente impossibile evitare l’impatto. Il macchinista, che ha riferito alla polizia di aver soltanto avvertito l’impatto improvvisamente, ha fermato il treno e chiamato i soccorsi. Sono intervenuti gli agenti della polizia Ferroviaria di Ventimiglia, agli ordini del dirigente Sergio Moroni. Il traffico ferroviario è stato interrotto ed è ripreso soltanto verso le 11,30.

      «Sono tragedie ormai annunciate - commenta Maurizio Marmo, direttore della Caritas diocesana che da anni è in prima linea per gli aiuti ai profughi - Sono già capitate e non è cambiato nulla. Il blocco francese alla frontiera rende il viaggio più pericoloso (per chi vuole evitare i controlli), o più costoso (per chi sceglie di affidarsi ad un passeur)». Marmo sottolinea anche che è necessario comunque predisporre luoghi di accoglienza adeguati, «soprattutto per le donne e i minori. Le istituzioni devono dare una risposta umana a chi è in viaggio». Senza contare che dalla scorsa settimana sono stati anche sospesi gli arrivi al centro migranti del Parco Roja, per svolgere alcuni lavori di manutenzione ai moduli abitativi che ospitano i bagni e le docce. «L’unica cosa da fare è proseguire con gli accordi e arrivare a diminuire gli arrivi. Altrimenti continueremo a fare i conti con tragedie come questa - spiega il sindaco di Ventimiglia Enrico Ioculano - Distribuire i profughi è l’unica strada per aiutare loro ed evitare disagi per i cittadini».

      https://www.lastampa.it/imperia-sanremo/2017/02/06/news/muore-travolto-da-un-trenoi-sogni-infranti-di-un-migrante-1.34649005

  • La Corte europea condanna l’Italia a pagare per i maltrattamenti ai migranti : costretti a denudarsi, privati della libertà e malnutriti

    La causa avviata da quattro esuli sudanesi: dovranno ricevere in tutto 36 mila euro dallo Stato

    VENTIMIGLIA. Spogliati «senza alcuna ragione convincente». Maltrattati e «arbitrariamente privati della libertà». Ecco perché, la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo ha condannato l’Italia a risarcire quattro migranti sudanesi con cifre che vanno dagli 8 ai diecimila euro ciascuno. La sentenza della prima sezione della Corte (presieduta da Marko Bošnjak) è datata 16 novembre, ma riguarda episodi accaduti nell’estate del 2016. Dopo aver avviato le pratiche per far attribuire ai loro clienti lo status di rifugiato, nel febbraio 2017 gli avvocati (Nicoletta Masuelli, Gianluca Vitale e Donatella Bava, tutti di Torino) avevano deciso di rivolgersi alla Corte di Strasburgo.
    I quattro erano arrivati in Italia in momenti diversi: due «in un giorno imprecisato di luglio» del 2016 a Cagliari, un altro il 14 luglio a Reggio Calabria, uno il 6 agosto sempre a Reggio Calabria e l’ultimo l’8 agosto «in un luogo imprecisato della costa siciliana». Il più giovane ha 30 anni, il più vecchio 43.

    In comune, i quattro hanno che sono stati tutti trasferiti nello stesso centro di accoglienza gestito dalla Croce Rossa a Ventimiglia. Sono stati «costretti a salire su un furgone della polizia», trasportati in una caserma dove sono stati «perquisiti», obbligati a consegnare «i telefoni, i lacci delle scarpe e le cinture» e poi «è stato chiesto loro di spogliarsi». Sono rimasti nudi dieci minuti, in attesa che gli agenti rilevassero le loro impronte digitali.
    Concluse le procedure, la polizia ha fatto salire i quattro (assieme a una ventina di connazionali) su un pullman. Destinazione: l’hotspot di Taranto. Secondo quanto ricostruito nella sentenza, i migranti sono stati «costretti a rimanere seduti per l’intero viaggio» e potevano andare in bagno soltanto scortati e lasciando la porta spalancata, rimanendo «esposti alla vista degli agenti e degli altri migranti».
    Il 23 agosto, i quattro (con un gruppo di compatrioti) sono risaliti su un pullman diretti a Ventimiglia, dove hanno incontrato un rappresentante del governo sudanese che li ha riconosciuti come cittadini del suo Paese. A quel punto, è stata avviata la procedura per il rimpatrio. In aereo, dall’aeroporto di Torino Caselle. Ma sul velivolo c’era posto soltanto per sette migranti, così il questore aveva firmato un provvedimento di trattenimento e i quattro sono stati accompagnati al Centro di identificazione ed espulsione di Torino.
    Uno, però, è stato prelevato pochi giorni dopo dalla polizia. Per lui, era pronto un posto sull’aereo per il rimpatrio. Lui non voleva, arrivato a bordo ha incominciato a dare in escandescenze assieme a un altro migrante finché il comandante del velivolo ha deciso di chiedere alla polizia di farli sbarcare entrambi, per problemi di sicurezza. Appena rientrato al Cie, l’uomo ha ribadito la sua intenzione di ottenere la protezione internazionale. Lo stesso hanno fatto gli altri tre. Tutti hanno ottenuto lo status di rifugiato.

    La sentenza della Corte condanna l’Italia a pagare per varie violazioni. Una riguarda «la procedura di spogliazione forzata da parte della polizia», che «può costituire una misura talmente invasiva e potenzialmente degradante da non poter essere applicata senza un motivo imperativo». E per i giudici di Strasburgo «il governo non ha fornito alcuna ragione convincente» per giustificare quel comportamento. Poi, ci sono le accuse dei quattro di essere rimasti senz’acqua e cibo nel trasferimento Ventimiglia-Taranto e ritorno. Il governo aveva ribattuto fornendo «le copie delle richieste della questura di Imperia a una società di catering», che però «riguardavano altri migranti». Per la Corte, quella situazione «esaminata nel contesto generale degli eventi era chiaramente di natura tale da provocare stress mentale». E ancora, le condizioni vissute in quei giorni «hanno causato ai ricorrenti un notevole disagio e un sentimento di umiliazione a un livello tale da equivalere a un trattamento degradante», vietato dalla legge. I giudici di Strasburgo ritengono, poi, che i quattro siano «stati arbitrariamente privati della libertà», pur se in una situazione di «vuoto legislativo dovuto alla mancanza di una normativa specifica in materia di hotspot», già denunciata nel 2016 dal garante nazionale dei detenuti.

    Per la Corte, ce n’è abbastanza per condannate l’Italia a risarcire i quattro: uno dovrà ricevere 8 mila euro, un altro 9 mila e altri due diecimila «a titolo di danno morale».

    https://www.lastampa.it/cronaca/2023/11/18/news/litalia_condannata_a_pagare_per_i_maltrattamenti_ai_migranti-13871399

    Le périple des 4 Soudanais en résumé :
    – 4 personnes concernées, ressortissants soudanais
    – 2 arrivés à Cagliari en juillet 2016, un le 14 juillet à Reggio Calabria, un le 16 août 2016
    – Transfert des 4 au centre d’accueil de la Croix-Rouge à Vintimille avec un fourgon de la police —> dénudés, humiliés
    – Transfert (avec 20 autres) vers l’hotspot de Taranto
    – 23 août —> transfert à Vintimille par bus, RV avec un représentant du gouvernement soudanais qui a reconnu leur nationalité soudanaise, début procédure de renvoi vers Soudan en avion
    – Transfert à l’aéroport de Torino Caselle, mais pas de place pour les 4 dans l’avion
    – Transfert au centre de rétention de Turin
    – Personne ne part, les 4 arrivent à demander l’asile et obtenir le statut de réfugié
    – Novembre 2023 : Italie condamnée par la Cour européenne des droits de l’homme

    #justice #condamnation #Italie #frontières #frontière_sud-alpine #CEDH #cour_européenne_des_droits_de_l'homme #mauvais_traitements #privation_de_liberté #nudité #violences_policières #Taranto #hotspot #CPR #rétention #détention_administrative #réfugiés_soudanais #Turin #migrerrance #humiliation

    voir aussi ce fil de discussion sur les transferts frontière_sud-alpine - hotspot de Taranto :
    Migranti come (costosi) pacchi postali


    https://seenthis.net/messages/613202

    • Denudati, maltrattati e privati della libertà: la CEDU condanna nuovamente l’Italia

      Le persone migranti denunciarono i rastrellamenti avvenuti a Ventimiglia nell’estate 2016

      La Corte Europea per i Diritti dell’Uomo (CEDU) ha nuovamente condannato l’Italia a risarcire con un totale di 27mila euro (più 4.000 euro di costi e spese legali) quattro cittadini sudanesi per averli denudati, maltrattati e privati della libertà nell’estate 2016 durante le cosiddette operazioni per “alleggerire la pressione alla frontiera” di Ventimiglia, quando centinaia di persone migranti venivano coattivamente trasferite negli hotspot del sud Italia 1 e, in alcuni casi, trasferiti nei CIE e quindi rimpatriati nel paese di origine 2.

      C’è da dire che la Corte avrebbe potuto condannare l’Italia con maggiore severità, soprattutto per quanto riguarda le deportazioni in un paese non sicuro come il Sudan. Tuttavia, si tratta dell’ennesima conferma che l’Italia nega i diritti fondamentali alle persone migranti e che i governi portano avanti operazioni nei quali gli abusi e i maltrattamenti delle forze dell’ordine non sono delle eccezioni o degli eccessi di un singolo agente, ma qualcosa di strutturale e quindi sistemico. E quando queste violazioni sono denunciate, nemmeno vengono condotte indagini per fare luce sulle responsabilità e indagare i colpevoli.

      La sentenza della CEDU pubblicata il 16 novembre 3 riguarda nove cittadini sudanesi arrivati in Italia nell’estate del 2016 i quali hanno denunciato diversi abusi subiti dalle autorità italiane, un tentativo di rimpatrio forzato e uno portato a termine.

      Nel primo caso i ricorrenti hanno avanzato denunce in merito al loro arresto, trasporto e detenzione in Italia, uno di loro ha anche affermato di essere stato maltrattato.

      I quattro ricorrenti del primo caso hanno ottenuto la protezione internazionale, mentre i cinque ricorrenti del secondo caso hanno affermato di aver fatto parte di un gruppo di 40 persone migranti che erano state espulse subito dopo il loro arrivo in Italia.

      Le persone sono state difese dall’avv. Gianluca Vitale e dell’avv.te Nicoletta Masuelli e Donatella Bava, tutte del foro di Torino.
      I fatti riportati nella sintesi

      I quattro ricorrenti nel primo caso sono nati tra il 1980 e il 1994. Vivono tutti a Torino, tranne uno che vive in Germania. I ricorrenti nel secondo caso sono nati tra il 1989 e il 1996. Uno vive in Egitto, uno in Niger e tre in Sudan.

      Tutti e nove i richiedenti sono arrivati in Italia nell’estate del 2016. I primi quattro hanno raggiunto le coste italiane in barca, mentre gli altri cinque sono stati salvati in mare dalla Marina italiana. Alcuni sono transitati attraverso vari hotspot e tutti sono finiti a Ventimiglia presso il centro della Croce Rossa.

      Secondo i ricorrenti nel primo caso, il 17 e il 19 agosto 2016 sono stati arrestati, costretti a salire su un furgone della polizia e portati in quella che hanno capito essere una stazione di polizia. Sono stati perquisiti, è stato chiesto loro di spogliarsi e sono stati lasciati nudi per circa dieci minuti prima che venissero prese le loro impronte digitali.

      Sono stati poi costretti a salire su un autobus, scortati da numerosi agenti di polizia, senza conoscere la loro destinazione e senza ricevere alcun documento sulle ragioni del loro trasferimento o della loro privazione di libertà. In seguito hanno scoperto di essere stati trasferiti da Ventimiglia all’hotspot di Taranto.

      Nell’hotspot di Taranto, dal quale non avrebbero potuto uscire, sostengono di aver ricevuto un provvedimento di respingimento il 22 agosto 2016. Il giorno successivo sono stati riportati a Ventimiglia in autobus.

      Secondo i ricorrenti, le condizioni all’hotspot erano difficili come lo erano durante ciascuno dei trasferimenti in autobus durati 15 ore. Erano sotto il costante controllo della polizia, in un clima di violenza e minacce, senza cibo o acqua sufficienti in piena estate.

      Sostengono di non aver incontrato un avvocato o un giudice durante quel periodo e di non aver capito cosa stesse succedendo. Il 24 agosto 2016 sono stati trasferiti da Ventimiglia all’aeroporto di Torino per essere imbarcati su un volo per il Sudan. Poiché non c’erano abbastanza posti sull’aereo, il loro trasferimento è stato posticipato. Sono stati quindi trasferiti al CIE (Centro di identificazione ed espulsione) di Torino e il Questore ha emesso per ciascuno di loro un provvedimento di trattenimento.

      Uno dei ricorrenti (T.B.) sostiene che le autorità hanno tentato di espellerlo nuovamente il 1° settembre 2016. Ha protestato e la polizia lo ha colpito al volto e allo stomaco. Lo hanno poi costretto a salire sull’aereo e lo hanno legato. Tuttavia, il pilota si è rifiutato di decollare a causa del suo stato di agitazione. È stato riportato al CIE di Torino.

      Tutti e quattro i richiedenti hanno ottenuto la protezione internazionale, essenzialmente sulla base della loro storia personale in Sudan e del conseguente rischio di vita in caso di rimpatrio.

      Secondo i ricorrenti del secondo caso, invece, non sono mai stati informati in nessun momento della possibilità di chiedere protezione internazionale. Sostengono inoltre di aver fatto parte di un gruppo di circa 40 migranti per i quali è stato trovato posto sul volo in partenza il 24 agosto 2016 e di essere stati rimpatriati a Khartoum lo stesso giorno.

      Il governo italiano ha contestato tale affermazione, sostenendo che i ricorrenti non sono mai stati sul territorio italiano. Hanno fornito alla Corte le fotografie identificative delle persone rimpatriate in Sudan il 24 agosto 2016, sostenendo che non presentavano una stretta somiglianza con i ricorrenti. Ha sostenuto inoltre che i nomi delle persone allontanate non corrispondevano a quelli dei ricorrenti. In considerazione del disaccordo delle parti, la Corte ha nominato un esperto di comparazione facciale della polizia belga (articolo A1, paragrafi 1 e 2, del Regolamento della Corte – atti istruttori) che, il 5 ottobre 2022, ha presentato una relazione per valutare se le persone rappresentate nelle fotografie e nei filmati forniti dai rappresentanti dei ricorrenti corrispondessero a quelle raffigurate nelle fotografie identificative presentate dal Governo.

      Il rapporto ha concluso, per quanto riguarda uno dei ricorrenti nel caso, W.A., che i due individui raffigurati in tali fonti corrispondevano al massimo livello di affidabilità. Per quanto riguarda gli altri quattro richiedenti, non vi era alcuna corrispondenza affidabile.
      La decisione della Corte

      Le sentenze sono state emesse da una Camera di sette giudici, composta da: Marko Bošnjak (Slovenia), Presidente, Alena Poláčková (Slovacchia), Krzysztof Wojtyczek (Polonia), Péter Paczolay (Ungheria), Ivana Jelić (Montenegro), Erik Wennerström (Svezia), Raffaele Sabato (Italia), e anche Liv Tigerstedt, Vice Cancelliere di Sezione.

      La Corte, ha ritenuto, all’unanimità, che vi è stata:

      1) una violazione dell’articolo 3 per quanto riguarda l’assenza di una ragione sufficientemente convincente per giustificare il fatto che i ricorrenti siano stati lasciati nudi insieme a molti altri migranti, senza privacy e sorvegliati dalla polizia e le condizioni dei loro successivi trasferimenti in autobus da e verso un hotspot, sotto il costante controllo della polizia, senza sapere dove stessero andando;

      2) una violazione dell’articolo 3, in quanto non è stata svolta alcuna indagine in merito alle accuse del ricorrente di essere stato picchiato da agenti di polizia durante un tentativo di rimpatrio;

      3) la violazione dell’articolo 5, paragrafi 1, 2 e 4 (diritto alla libertà e alla sicurezza) per quanto riguarda tre dei quattro ricorrenti in relazione al loro fermo, trasporto e detenzione arbitrari.

      La Corte ha stabilito che l’Italia deve pagare ai ricorrenti nel caso A.E. e T.B. contro Italia 27.000 euro per danni morali e 4.000 euro, congiuntamente, per costi e spese.

      In particolare:

      Per quanto riguarda i restanti reclami dei ricorrenti in A.E. e T.B. contro l’Italia, la Corte ha riscontrato che le condizioni del loro arresto e del trasferimento in autobus, considerate nel loro insieme, devono aver causato un notevole disagio e umiliazione, equivalenti a un trattamento degradante, in violazione dell’Articolo 3.

      Inoltre, i successivi lunghi trasferimenti in autobus dei ricorrenti sono avvenuti in un breve lasso di tempo e in un periodo dell’anno molto caldo, senza cibo o acqua sufficienti e senza che sapessero dove erano diretti o perché. Erano sotto il costante controllo della polizia, in un clima di violenza e di minacce. Queste condizioni, nel complesso, devono essere state fonte di angoscia.

      Infine, la Corte ha riscontrato una violazione dell’Articolo 3 per quanto riguarda il richiedente (T.B.) che ha affermato di essere stato picchiato durante un altro tentativo di allontanamento. Due degli altri richiedenti hanno confermato il suo racconto durante i colloqui relativi alle loro richieste di protezione internazionale; uno ha dichiarato in particolare di aver visto un altro migrante che veniva riportato dalla polizia dall’aeroporto con il volto tumefatto. Anche se T.B. aveva detto, durante un colloquio con le autorità, di essere in grado di identificare i tre agenti di polizia responsabili dei suoi maltrattamenti, non è stata condotta alcuna indagine.

      La Corte ha notato che il Governo le aveva fornito una copia di un’ordinanza di refusal-of-entry nei confronti di uno dei richiedenti, A.E., datata 1 agosto 2016, e la Corte ha quindi dichiarato inammissibile il suo reclamo sulla sua detenzione. D’altra parte, ha rilevato che gli altri tre ricorrenti nel caso, ai quali non erano stati notificati ordini di refusal-of-entry fino al 22 agosto 2016, erano stati arrestati e trasferiti senza alcuna documentazione e senza che potessero lasciare l’hotspot di Taranto. Ciò ha comportato una privazione arbitraria della loro libertà, in violazione dell’Articolo 5 § 1.

      Inoltre, era assente una legislazione chiara e accessibile relativa agli hotspot e la Corte non ha avuto alcuna prova di come le autorità avrebbero potuto informare i richiedenti delle ragioni legali della loro privazione di libertà o dare loro l’opportunità di contestare in tribunale i motivi della loro detenzione de facto.

      La Corte ha però respinto come inammissibili tutti i reclami dei nove ricorrenti, tranne uno, in merito al fatto che le autorità italiane non avevano preso in considerazione il rischio di trattamenti inumani se fossero stati rimpatriati in Sudan. In A.E. e T.B. contro Italia, i richiedenti, che avevano ottenuto la protezione internazionale, non erano più a rischio di deportazione e non potevano quindi affermare di essere vittime di una violazione dell’Articolo 3. In W.A. e altri c. Italia, la Corte ha ritenuto che quattro dei cinque ricorrenti, per i quali il rapporto della polizia belga del 2022 non aveva stabilito una corrispondenza affidabile tra le fotografie fornite dalle parti, non avessero sufficientemente motivato i loro reclami.

      La Corte ha dichiarato ammissibile il reclamo del ricorrente, W.A.. Ha osservato che i documenti disponibili erano sufficienti per concludere che si trattava di una delle persone indicate nelle fotografie identificative fornite dal Governo. Ha quindi ritenuto che fosse tra i cittadini sudanesi allontanati in Sudan il 24 agosto 2016. Tuttavia, la Corte ha continuato a ritenere che non vi fosse stata alcuna violazione dell’Articolo 3 nel caso di W.A. .

      In particolare, ha notato che c’erano state delle imprecisioni nel suo modulo di richiesta alla Corte e che, sebbene fosse stato assistito da un avvocato in diversi momenti della procedura di espulsione, aveva esplicitamente dichiarato di non voler chiedere la protezione internazionale e di essere semplicemente in transito in Italia. Inoltre, a differenza dei richiedenti nel caso A.E. e T.B. contro l’Italia, che avevano ottenuto la protezione internazionale sulla base delle loro esperienze personali, W.A. aveva sostenuto di appartenere a una tribù perseguitata dal Governo sudanese solo dopo aver presentato la domanda alla Corte europea. Questa informazione non era quindi disponibile per le autorità italiane al momento rilevante e la Corte ha concluso che il Governo italiano non ha violato il suo dovere di fornire garanzie effettive per proteggere W.A. dal respingimento arbitrario nel suo Paese d’origine.

      – Guerra al desiderio migrante. Deportazioni da Ventimiglia e Como verso gli hotspot, di Francesco Ferri (https://www.meltingpot.org/2016/08/guerra-al-desiderio-migrante-deportazioni-da-ventimiglia-e-como-verso-gl) – 17 agosto 2026
      – Rimpatrio forzato dei cittadini sudanesi: l’Italia ha violato i diritti. Rapporto giuridico sul memorandum d’intesa Italia-Sudan a cura della Clinica Dipartimento di Giurisprudenza di Torino (https://www.meltingpot.org/2017/10/rimpatrio-forzato-dei-cittadini-sudanesi-litalia-ha-violato-i-diritti-um) – 31 ottobre 2017.
      - The cases of A.E. and T.B. v. Italy (application nos. 18911/17, 18941/17, and 18959/17, https://hudoc.echr.coe.int/?i=001-228836) and W.A. and Others v. Italy (no. 18787/17, https://hudoc.echr.coe.int/?i=001-228835)

      https://www.meltingpot.org/2023/11/denudati-maltrattati-e-privati-della-liberta-la-cedu-condanna-nuovamente

  • Video choc dell’intervento della polizia francese sul treno Ventimiglia-Cuneo per far scendere una famiglia ivoriana a #Breil

    Grida, urla, il pianto di un bambino. Spropositato intervento di una pattuglia della polizia francese ieri sera (22 agosto) sul treno Ventimiglia-Cuneo, alla stazione di Breil, per far scendere dal convoglio una famiglia di ivoriani (una donna incinta di 7 mesi, un uomo e un bambino di un anno) che secondo i gendarmi non avevano documenti in regola. Le modalità dell’intervento ha suscitato la reazione di diversi passeggeri che hanno iniziato a riprendere la scena con i cellulari, tra questi l’insegnante cuneese Paolo Bogo: "Continuavano a sostenere di avere il diritto di rimanere a bordo perché erano su un treno che li conduceva in Italia. I gendarmi allora, come dimostrano i video che ho ripreso e diffuso in diretta, hanno iniziato a chieder loro di scendere dal treno anche usando parecchia violenza, sia verbale che fisica. Eravamo tutti sconvolti. Abbiamo iniziato a urlare di smetterla. Ma non si fermavano. La donna piangeva, con lei il bambino. Non ho mai visto nulla del genere, scene non accettabili in un Paese democratico. I gendarmi hanno iniziato a chiedere di non opporre resistenza perché gli altri passeggeri avevano fretta di tornare a casa. Come se quel ritardo fosse stata la nostra preoccupazione principale in un momento di tale violenza e choc. Sempre più persone hanno iniziato a fare filmati, spronati da me. Alcuni erano davvero sconvolti, in particolare una ragazza giovane che poi ha proseguito per Torino. Era allibita e sofferente da tutta quella crudeltà, per di più rivolta ad un bambino piccolissimo. Scene che fino ad ora avevo solo visto nelle scene di violenza poliziesca americana. Ad un certo punto volevano che ci spostassimo per poterli prelevare con la forza. Erano in 6 gendarmi. Alla fine la famiglia si è arresa e sono scesi. Quando siamo ripartiti alcuni passeggeri hanno iniziato ad ipotizzare che potesse essere una situazione costruita ad hoc per riuscire a fermarsi in Francia. Anche fosse stato così, non aveva molto senso perché avrebbero avuto tutto il tempo di scendere mentre facevano i controlli. E comunque hanno subìto violenza, questo è provato ed non è tollerabile umanamente in un Paese democratico”. Giulia Marro

    https://www.lastampa.it/cuneo/2023/08/23/video/video_choc_dellintervento_della_polizia_francese_sul_treno_ventimiglia-cune

    #frontière_sud-alpine #frontières #Alpes #Alpes_maritimes #Vintimille #asile #migrations #réfugiés #vidéo #violence #gendarmerie #push-backs #refoulements #train

  • Migranti, dalla Lombardia al Veneto all’Emilia la rivolta dei sindaci del Nord. Zaia : “Rischiamo di avere le tendopoli”

    Aumentano i minori affidati ai Comuni, i primi cittadini sindaci leghisti guidano il fronte degli amministratori che accusano Roma: «Così mettono in ginocchio i bilanci»

    Mentre il governo si prepara per l’approvazione di un provvedimento sul modello dei decreti sicurezza voluti nel 2018 da Matteo Salvini, il tema immigrazione diventa materia di scontro, non solo tra maggioranza e opposizione e tra alleati di governo, ma anche tra Roma e il Nord. Con il fronte dei sindaci - leghisti in testa - che si sente abbandonato. A partire dalla Lombardia dove, mettendo in fila i dati, al 31 luglio 2023 si registrano 16.232 migranti: 2.156 in più rispetto al mese precedente e 5.481 in più rispetto al 31 luglio 2022. Secondo il piano di redistribuzione del Viminale, entro il 15 settembre la quota arriverà a 6.000. La fetta più grande, insomma, per cercare di ripartire gli oltre 50 mila richiedenti asilo. «I comuni sono diventati i centri di costo dell’immigrazione. La politica si ricorda di noi solo quando ci sono le elezioni e ha bisogno di voti. Poi, ci lascia le grane da risolvere». Roberto Di Stefano, sindaco leghista di Sesto San Giovanni, alle porte di Milano, parla di una situazione che «mette in ginocchio i bilanci: siamo costretti a distrarre fondi che potremmo spendere per gli anziani, per i disabili, per occuparci dell’accoglienza agli stranieri». A destare maggiore preoccupazione, spiega ancora Di Stefano, sono minori non accompagnati che vengono assegnati ai comuni direttamente dal Tribunale. «Ho l’impressione che il ruolo dei sindaci non sia capito. Non basta il rimpatrio di qualche centinaio di persone, perché gli arrivi sono molti di più. E il lavoro va fatto a monte: investendo in democrazia nei Paesi da cui queste persone scappano».

    Nella provincia di Brescia, l’insoddisfazione è la medesima: il sindaco di Edolo, Luca Masneri (civico), dalla Valle Camonica ricorda di aver chiesto alla Prefettura «di iniziare a pensare a una exit strategy. Negli anni passati abbiamo avuto anche 200 migranti su una popolazione di 4.400 persone. Ora siamo a 70 e vogliamo arrivare a 40». Marco Togni, primo cittadino leghista di Montichiari (Brescia), non si pone proprio il problema: «Immigrati non ne voglio. Non ho posti in cui accoglierli e quindi non me ne preoccupo. Non posso impedire che strutture private nel mio comune partecipino ai bandi della Prefettura per l’accoglienza ma quando chiedono il mio parere dico sempre che sarebbe meglio non farlo». E in mancanza di strutture in cui ospitarli, Togni ribadisce la sua «indisponibilità a qualsiasi conversione di strutture di proprietà comunale». Anche Sebastian Nicoli, sindaco Pd di Romano di Lombardia, nella bergamasca, ha contestato l’arrivo di una trentina di richiedenti asilo nell’ex hotel La Rocca, struttura privata gestita da una cooperativa: «Ancora una volta affrontiamo un’emergenza calata dall’alto. La Prefettura mi ha avvisato solo informalmente dell’arrivo dei richiedenti asilo. Non mi è stato neanche comunicato il numero esatto».

    In terra lombarda il tema degli alloggi è stato anche materia di scontro tra alleati in giunta regionale: l’assessore alla Casa Paolo Franco (in quota Fdi) era stato costretto a un dietrofront sulla proposta di utilizzare le case popolari non occupate (e pronte all’uso) per allargare la rete dei Cas (Centri di accoglienza straordinaria) come richiesto dal governo. Immediate le proteste da parte della Lega con tanto di precisazione del governatore Attilio Fontana.

    Seconda solo alla Lombardia, l’Emilia-Romagna ha ospitato nei primi sette mesi di quest’anno il 9% dei migranti sbarcati in Italia. Poco meno di 12 mila al 15 luglio, se ne attendono altri 4.000 tra la fine di agosto e settembre. Principalmente maschi, giovani e adulti, provenienti da Costa D’Avorio, Guinea, Egitto, Bangladesh, Pakistan, Tunisia, Burkina Faso, Siria, Camerun e Mali. I minori non accompagnati sono il 10%, ma rilevante è anche la quota dei nuclei familiari, che il sistema d’accoglienza prevede di tenere uniti. Da mesi, la crisi degli alloggi viene denunciata da prefetti, sindaci, cooperative di settore che reclamano più sostegno da parte di Roma ma anche collaborazione nella ricerca di soluzioni rapide. L’hub di via Mattei a Bologna, per esempio, accoglie da settimane i richiedenti asilo in una tendopoli, non essendoci più camere disponibili. Una soluzione che il sindaco Matteo Lepore (centrosinistra) definisce «non dignitosa» e «preoccupante» , segno che al ministero dell’Interno «non c’è alcuna idea su come gestire l’emergenza». Proprio al Viminale, l’assessore al Welfare del comune di Reggio-Emilia Daniele Marchi (Pd), ha minacciato di portare i molti rifugiati assegnati al suo distretto: «Se il governo va avanti così, carico dei pullman e li porto tutti a dormire al ministero».

    Il Veneto, che dai piani del Viminale dovrebbe accogliere 3.000 migranti entro settembre, arriverà a quota 200 mila, secondo il presidente Luca Zaia: «Di questo passo avremo presto le tendopoli». A Legnago, in provincia di Verona, il sindaco Graziano Lorenzetti ha riposto la fascia tricolore in protesta: «Tornerò a utilizzarla quando lo Stato metterà i sindaci e le forze dell’ordine nelle condizione di poter garantire la sicurezza ai propri cittadini». Il sindaco leghista di Chioggia Mauro Armelao è stato chiaro: «Non disponiamo di strutture pubbliche in cui accogliere i migranti, abbiamo già famiglie in attesa di un alloggio».

    https://www.lastampa.it/cronaca/2023/08/18/news/migranti_sindaci_del_nord_in_rivolta-13000355

    #résistance #maires #asile #migrations #réfugiés #Italie #accueil #Lega #Lombardie #MNA #mineurs_non_accompagnés #Luca_Masneri #Edolo #Roberto_Di_Stefano #Sesto_San_Giovanni #Valle_Camonica #Montichiari #Marco_Togni #Sebastian_Nicoli #Romano_di_Lombardia #Matteo_Lepore #Bologna #hébergement #Reggio-Emilia #Daniele_Marchi #Legnago #Graziano_Lorenzetti #Chioggia #Mauro_Armelao

    C’était 2019... j’avais fait cette #carte publiée sur @visionscarto des "maires qui résistent en Italie". 2023, on en est au même point :
    En Italie, des maires s’opposent à la politique de fermeture des États

    « Quand l’État faillit à ses responsabilités, l’alternative peut-elle provenir des municipalités ? » se demandait Filippo Furri dans le numéro 81 de la revue Vacarme en automne 2017. La réponse est oui. Et pour illustrer son propos, Furri cite en exemple le mouvement des villes-refuge, avec des précurseurs comme Venise. Un mouvement qui se diffuse et se structure.


    https://visionscarto.net/italie-resistances-municipales

  • Piemonte, corsa alle nuove miniere : da #Usseglio al Pinerolese si cercano nichel, cobalto, grafite e litio

    Scatta la corsa alle terre rare: la Regione deve vagliare le richieste delle multinazionali su una decina di siti

    Nei prossimi anni il Piemonte potrebbe trasformarsi in una grande miniera per soddisfare le esigenze legate alla costruzione degli apparecchi digitali e all’automotive elettrico. È un futuro fatto di cobalto, titanio, litio, nichel, platino e associati. E non mancano nemmeno oro e argento. Un grande business, infatti oggi si parla di «forti interessi» di aziende estrattive nazionali e straniere. Anche perché la Commissione Europea ha stabilito che «almeno il 10% del consumo di materie prime strategiche fondamentali per la transizione green e per le nuove tecnologie dovrebbe essere estratto nell’Ue, il 15% del consumo annuo di ciascuna materia prima critica dovrebbe provenire dal riciclaggio e almeno il 40% dovrebbe essere raffinato in Europa». In questo contesto il Piemonte è considerato un territorio strategico. Anche perché l’anno scorso il mondo ha estratto 280mila tonnellate di terre rare, circa 32 volte di più rispetto alla metà degli anni 50. E la domanda non farà che aumentare: entro il 2040, stimano gli esperti, avremo bisogno di sette volte più terre rare rispetto a oggi. Quindi potrebbero essere necessarie più di 300 nuove miniere nel prossimo decennio per soddisfare la domanda di veicoli elettrici e batterie di accumulo di energia, secondo lo studio condotto da Benchmark Mineral Intelligence.

    «Al momento abbiamo nove permessi di ricerca in corso, ma si tratta di campionature in superficie o all’interno di galleria già esistenti, come è avvenuto a Punta Corna, sulle montagne di Usseglio – analizza Edoardo Guerrini, il responsabile del settore polizia mineraria, cave e miniere della Regione -. C’è poi in istruttoria di via al ministero dell’Ambiente un permesso per la ricerca di grafite nella zona della Val Chisone». Si tratta di un’area immensa di quasi 6500 ettari si estende sui comuni di Perrero, Pomaretto, San Germano Chisone, Perosa Argentina, Pinasca, Villar Perosa, Pramollo, Roure e Inverso Pinasca che interessa all’australiana Energia Minerals (ramo della multinazionale Altamin). E un’altra società creata da Altamin, la Strategic Minerals Italia, nella primavera prossima, sulle montagne di Usseglio, se non ci saranno intoppi, potrà partire con le operazioni per 32 carotaggi nel Vallone del Servin con una profondità variabile da 150 a 250 metri. Altri 25 sondaggi verranno invece effettuati nel sito di Santa Barbara, ma saranno meno profondi. E, ovviamente, ambientalisti e amanti della montagna, hanno già espresso tutti i loro timori perché temono uno stravolgimento del territorio. «Nelle settimane scorse ho anche ricevuto i rappresentati di una società svedese interessati ad avviare degli studi di valutazione in tutto il Piemonte con l’obiettivo di estrarre minerali – continua Guerrini – anche perché l’Unione Europea spinge per la ricerca di materie prime indispensabili per la conversione ecologica e quindi l’autosufficienza energetica».

    È la storia che ritorna anche perché il Piemonte è stata sempre una terra di estrazione. Basti pensare che, solo nel Torinese, la cavi attive «normali» sono 66. E ora, a parte Usseglio e il Pinerolese, ci sono richieste per cercare nichel in Valle Anzasca, rame, platino e affini nel Verbano Cusio Ossola, dove esiste ancora una concessione non utilizzata per cercare oro a Ceppo Morelli nella Val d’Ossola (anche se il giacimento più sfruttato per l’oro è sempre stato quello del massiccio del Rosa) e la richiesta di poter coltivare il boro nella zona di Ormea. E pensare che, dal 2013 al 2022, le aziende che si occupano di estrazione di minerali da cave e miniere in Piemonte sono scese da 265 a 195. «Il settore estrattivo continua a essere fonte di occupazione – riflette l’assessore regionale Andrea Tronzano -. Con il piano regionale in via di definizione vogliamo dare certezze agli imprenditori e migliorare l’attuale regolamentazione in modo che ci siano certezze ambientali e più facilità nel lavorare. Le miniere su materie prime critiche sono oggetto di grande attenzione e noi vorremmo riattivare le nostre potenzialità come ci chiede la Ue. Ci stiamo lavorando con rispetto per tutti, anche perché qui non siamo nè in Cina nè in Congo. Vedremo le aziende che hanno chiesto di fare i carotaggi che cosa decideranno. Noi le ascolteremo».

    https://www.lastampa.it/torino/2023/08/06/news/piemonte_nuove_miniere_usseglio_nichel_cobalto-12984408

    #extractivisme #Italie #mines #nickel #cobalt #graphite #lithium #Alpes #montagnes #Piémont #Pinerolo #terres_rares #multinationales #transition_énergétique #Punta_Corna #Val_Chisone #Energia_Minerals #Altamin #Strategic_Minerals_Italia #Vallone_del_Servin #Santa_Barbara #Valle_Anzasca #Verbano_Cusio_Ossola #cuivre #platine #Ceppo_Morelli #Val_d'Ossola #or #Ormea

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    ajouté à la métaliste sur l’#extraction de #terres_rares dans les #Alpes :
    https://seenthis.net/messages/1013289

  • A #Briançon, l’accueil des migrants de plus en plus compliqué : « Ce n’est plus gérable »

    « Beaucoup marché dans le désert… C’est pas facile… Police tunisienne courir derrière moi… Marcher cinq jours, pas d’eau, pas d’ombre… » Il ne s’arrête plus. Sans qu’on ne lui ait posé la moindre question, Issouf (les personnes citées par leur prénom n’ont pas souhaité donner leur nom), s’est mis à parler du parcours migratoire qu’il a engagé il y a presque six mois depuis le Burkina Faso, aux côtés de son père Abdoul.

    Le garçon de 10 ans montre ses jambes, couvertes de cicatrices. Des cailloux sur lesquels il serait tombé, souvent. « J’ai vu des cadavres, des gens mourir. Le Sahara a tué les gens, demande à papa ! Je dis la vérité » , poursuit-il, agitant ses bras.

    Après avoir traversé le Mali, l’Algérie et la Tunisie, Issouf et son père ont franchi la Méditerranée jusqu’à l’île italienne de Lampedusa. « Ma maman ne voulait pas qu’on traverse, elle avait peur, elle disait : “Retournez-vous”. On a risqué la vie. Tout le monde rit maintenant. Ils sont contents. »

    Fin juillet, Issouf et Abdoul ont passé à pied le col alpin de Montgenèvre, près de la frontière entre l’Italie et la France. Une route privilégiée depuis la fin de l’année 2016 et la recrudescence des contrôles policiers dans les Alpes-Maritimes. Issouf et Abdoul ont été refoulés une première fois par la police française, avant de réussir leur passage et de gagner Briançon (Hautes-Alpes), à une quinzaine de kilomètres.

    On les rencontre aux Terrasses solidaires, un ancien sanatorium de la ville, racheté 1 million d’euros en 2021 par une poignée de fondations et d’associations telles que Refuges solidaires, Médecins du monde ou Tous migrants et au sein duquel sont désormais accueillis les migrants en transit.

    « J’étais dos au mur »

    « Inchallah, on va trouver les documentset on va faire venir maman en France » , nous dit Issouf, volubile. Son père, Abdoul, est dans le dur. Il a laissé sa femme et deux de ses enfants dans un Burkina Faso « invivable », en proie à l’ « insécurité » et à la « crise » économique. Il vivait à Koudougou, la troisième ville du pays, sous la férule de groupes djihadistes. « Tout saute, raconte-t-il, en pleurs. J’aurais pu devenir djihadiste, j’étais dos au mur. Si tu n’es pas fort d’esprit, tu peux faire n’importe quoi pour t’en sortir. »

    De sa route vers la France, il raconte chaque étape, les nuits passées cachés dans des champs d’oliviers à attendre les passeurs, sans bruit, les francs CFA acquittés à chaque étape, les pick-up et les marches harassantes, les nombreux refoulements de la Tunisie vers l’Algérie, les petits boulots comme aide-maçon payés 30 dinars (8,80 euros) la journée, les gens « de bonne foi » qui lui offraient à boire et à manger, ou ceux, effrayants, qui raflaient « les Noirs »et les envoyaient vers le désert.

    Depuis le mois de mai, à Briançon, on constate un afflux de personnes aux Terrasses solidaires, en lien avec l’augmentation des départs depuis la Tunisie, un pays en proie à une crise économique et à une montée des violences envers les migrants subsahariens. La nuit, ils peuvent être soixante-dix à arriver au refuge. Ces derniers jours, le nombre de personnes hébergées sur place est monté à plus de 200, des hommes presque exclusivement, alors que les normes de sécurité limitent la capacité d’accueil du lieu à une soixantaine de personnes.

    Des tentes ont été montées à l’extérieur du bâtiment ; le réfectoire est devenu un vaste dortoir où une quarantaine de lits de camp ont été alignés. Les personnes s’y reposent, un œil sur leur téléphone quand elles ne dorment pas, le visage enfoui sous une couverture.

    « Nos stocks de nourriture s’épuisent »

    Les bénévoles ont toujours connu les variations saisonnières des arrivées. A l’hiver 2021, tout juste après avoir été inauguré, le lieu avait fermé ses portes plusieurs semaines alors que quelque 230 personnes s’y trouvaient.

    « On est saturé, alerte aujourd’hui encore Luc Marchello, membre du conseil d’administration des Terrasses solidaires. Ce n’est plus gérable, ni par rapport à la dignité de l’accueil ni par rapport aux tensions que cela génère. » « On demande à la préfecture d’ouvrir un centre d’hébergement mais elle nous laisse sans réponse » , se désole Alfred Spira, professeur de médecine à la retraite et également membre du conseil d’administration du refuge.

    Sollicités sur le sujet, les services de l’Etat dans le département assurent dans un mail au Monde que les demandes d’hébergement faites auprès du 115 – le Samusocial – « restent conformes au nombre constaté les années précédentes à la même époque ».

    « Nos stocks de nourriture s’épuisent, les dons arrivent de façon ponctuelle. On a trois veilleurs de nuit salariés, on en voudrait bien quatre » , explique pour sa part Jean Gaboriau, administrateur de l’association Refuges solidaires. Les seuls deniers publics seraient ceux de l’agence régionale de santé, qui consacrerait environ 40 000 euros par an à la prise en charge de la blanchisserie.

    Du reste, une quinzaine de bénévoles s’activent chaque jour sur place. « On est complètement accaparés par la gestion de l’accueil, témoigne Luc Marchello . En général, les personnes restent entre trois et cinq jours mais une partie ne sait pas où aller ou attend un [transfert d’argent] Western Union pour pouvoir acheter un billet de train. »

    Abdoul et Issouf sont de ceux que personne n’attend. « Il nous faut des indices pour nous orienter. On ne connaît personne en France, confie le père, qui souhaite déposer une demande d’asile. On se mettra dans les mains des gens qui sont gentils. » Quelques jours plus tard, il partira vers Strasbourg.

    Mounir, lui, veut aller à Paris pour travailler dans la pâtisserie. Au Maroc, dont il est originaire, le salaire qu’il pouvait espérer n’atteint pas les 300 euros. « Et puis tu n’es pas déclaré et tu te fais dégager du jour au lendemain » , dit-il. Le jeune homme de 25 ans s’inquiète de la possibilité de travailler en France alors qu’il n’a pas de titre de séjour et se renseigne sur les démarches à faire pour être régularisé. Avec ses quelques compagnons de route, originaires des villes de Marrakech, Ouarzazate, Midelt ou Tiznit, il a d’abord pris un avion vers la Turquie avant de remonter la route dite des Balkans. La plupart ont l’Espagne en ligne de mire. Pour y faire de la soudure, de l’électricité, de la coiffure ou de l’agriculture, qu’importe. Là-bas, ont-ils compris, obtenir les papiers ne prendrait « que » deux ans et demi.

    https://www.lemonde.fr/article-offert/effyfhbwvptb-6184494/a-briancon-l-accueil-des-migrants-de-plus-en-plus-complique-ce-n-est-plus-ge

    #asile #migrations #réfugiés #accueil #Briançonnais #Hautes-Alpes #frontière_sud-alpine #Alpes #hébergement #mise_à_l'abri #terrasses_solidaires #refuge_solidaire #refuges_solidaires #frontières #Italie #France #Montgenèvre #115

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    Juin 2023 :
    Nouveau cri d’alarme du #Refuge_solidaire
    https://seenthis.net/messages/1004387

    • Migranti, emergenza in Val di Susa: centri di accoglienza al limite per i profughi diretti in Francia

      I controlli alla frontiera sempre più stringenti, in pochi giorni arrivate a #Oulx più di 150 persone.

      Al #Rifugio_Fraternità_Massi di Oulx la parola emergenza è ormai scomparsa dal lessico quotidiano. Il flusso costante di uomini, donne e bambini che ogni giorno cercano di attraversare il confine ha perso da tempo i caratteri dell’eccezionalità, evolvendosi in un fenomeno sempre più sistemico, ma non per questo meno tragico.

      A dimostrarlo sono i numeri registrati dalle associazioni impegnate nel progetto #MigrAlp; un bilancio impietoso che vede il rifugio di don Luigi Chiampo ospitare ogni notte un centinaio di persone, malgrado i posti disponibili all’interno della struttura siano soltanto una settantina.

      Ad inizio agosto in un paio di occasioni si è arrivati addirittura a raggiungere le 150 presenze e da allora la necessità ha finito per trasformare in abitudini consolidate quelle che un tempo erano soluzioni emergenziali. Non fanno più notizia le brandine allestite in sala mensa, né i viaggi intrapresi ogni sera dalla Croce Rossa per trasportare al polo logistico di Bussoleno quanti non trovano posto ad Oulx.

      La situazione, intanto, resta grave anche al confine francese, come testimoniano i quasi 300 migranti accolti lo scorso 13 agosto al centro delle Terrasses Solidaires di Briançon. «La militarizzazione della frontiera non fa che incentivare la clandestinità e mettere a rischio la vita dei più deboli - spiega Piero Gorza, antropologo e referente Medu per il Piemonte – dal 2018 ad oggi sulle nostre montagne sono morte 10 persone, l’ultima soltanto una manciata di giorni fa. L’aumento dei flussi e il mutamento della loro composizione ha visto moltiplicarsi le vulnerabilità di quanti affrontano il cammino». Gli iraniani, afghani e curdi che fino allo scorso ottobre rappresentavano il 70% delle persone in transito ad Oulx sono ora soltanto una minoranza.

      «Quanti provengono dalla rotta balcanica scelgono di passare da Como o dalla Svizzera, dove ottengono un foglio di via che consente loro di arrivare più facilmente in Germania», spiega Paolo Narcisi, presidente dell’associazione Rainbow for Africa. Ad affrontare le montagne dell’alta Val Susa sono ormai perlopiù i migranti dell’Africa subsahariana.

      Sono molte le donne, spesso incinte o con al seguito i bambini talvolta frutto delle violenze subite nei campi di transizione libici. Tanti, troppi, i minori non accompagnati. «Da gennaio ne abbiamo accolti un centinaio al polo logistico di Bussoleno – sottolinea Michele Belmondo, responsabile delle emergenze della Croce Rossa di Susa – un dato allarmante se paragonato ai 90 di cui ci siamo occupati nel corso dell’intero 2022».

      Recano sul corpo i segni delle torture e di un cammino di cui spesso ignorano le insidie, basti pensare ai due ragazzi recuperati l’altro giorno dal Soccorso Alpino sopra Bardonecchia, a 2mila metri di altitudine, con ai piedi un paio di ciabatte.

      Ad accrescere la preoccupazione in vista dell’autunno contribuisce inoltre la carenza di risorse economiche. «Se la situazione rimarrà invariata, entro fine settembre avremo terminato i fondi stanziati per il 2023 dalla Prefettura per la gestione del progetto MigrAlp - precisa Belmondo - 550 mila euro a fronte dei 750 mila richiesti da associazioni e istituzioni. Arriveranno a consuntivo soltanto a fine anno».

      https://www.lastampa.it/torino/2023/08/23/news/migranti_emergenza_alta_val_di_susa-13007663
      #Val_Suse #Suisse #Côme #Chiasso #Tessin

    • "Combien de temps on va tenir ?" : les Terrasses de Briançon dépassées par l’afflux inédit de migrants venant d’Italie

      Pour la première fois depuis son ouverture en 2021, les Terrasses solidaires, lieu associatif de Briançon à la frontière franco-italienne, a accueilli plus de 300 migrants pendant deux jours. « On navigue à vue », raconte un administrateur du lieu, d’une capacité d’accueil maximum de 81 places.

      La situation aux Terrasses solidaires de Briançon empire. Les 13 et 14 août, le lieu associatif a accueilli plus de 300 personnes. « Une première », indique Jean Gaboriau, l’un des administrateurs du lieu, à InfoMigrants. Et depuis, l’accueil ne faiblit que légèrement. Ce mercredi, 220 personnes étaient admises, là où il n’y a qu’environ 80 places.

      D’ordinaire, les associatifs et citoyens solidaires voient plutôt arriver « entre 5 et 30 personnes par jour » à Briançon, décrit Luc Marchello, responsable de la sécurité des Terrasses Solidaires. Mais le week-end dernier par exemple, une centaine d’exilés, pour la quasi-totalité originaire d’Afrique subsaharienne, sont arrivés en une nuit.

      Des matelas sont posés à même le sol où c’est possible, des tentes sont installées sur les terrasses extérieures… « On n’a pas le choix, on pousse les murs », raconte Jean Gaboriau. Et d’ajouter : « Le réfectoire est devenu un dortoir. Les gens dorment par terre ». À l’étage, normalement condamné, un petit espace a été aménagé afin d’accueillir le plus calmement possible les populations vulnérables comme les femmes enceintes ou les enfants.
      Appel à l’aide de l’État

      Ici, le va-et-vient est quotidien. Chaque jour, de nouveaux exilés viennent remplacer ceux qui partent. « Depuis le mois de mai, la situation est très compliquée. On tourne à minimum 150 personnes (soit plus de deux fois la capacité d’accueil, ndlr) », raconte l’administrateur.

      Et les nouveaux arrivants, la plupart du temps, arrivent fortement impactés par la traversée des Alpes entre l’Italie et la France, qui se fait aujourd’hui en grande partie par le Col de Montgenèvre. « Cela varie, mais beaucoup arrivent blessés aux chevilles, genoux… Ou sont en état de déshydratation, complète Jean Gaboriau. Il y a aussi beaucoup de femmes enceintes, dont certaines sont très, très proches du terme. »

      Ce passage peut aussi engendré la mort. Le corps d’un exilé y a été retrouvé le 7 août dernier. Selon des informations d’Infomigrants, il s’agit d’un Guinéen âgé de 19 ans. Une enquête est toujours en cours et l’autopsie n’a pas permis de découvrir les causes de la mort mais elles sont « non suspectes et certainement pas d’origine traumatiques », selon le procureur de la République de Gap, Florent Crouhy.

      Ainsi, les bénévoles du lieu en appellent à l’État et regrettent, dans un communiqué publié mardi, qu’"aucune réponse n’a jamais été apportée par l’État aux situations de crise rencontrées dans ce lieu d’hébergement". Après plusieurs courriers envoyés à la préfecture des Hautes-Alpes, des signalements effectués aux pompiers, ils demandent aux autorités « l’ouverture d’un dialogue » ainsi que « la création d’un centre d’hébergement d’urgence mobile ». « La seule réponse que l’on a obtenue de la préfecture, c’était le 31 juillet, et c’était une lettre qui rappelait la loi et l’interdiction d’aider des personnes en situation irrégulière à rentrer en France », se désole Jean Gaboriau.

      Contactée par Infomigrants, la préfecture indique que « les difficultés de l’association gestionnaires des Terrasses Solidaires ont bien été entendues par la Préfecture, qui leur a répondu ». Mais « cette situation n’a pas vocation à durer ». Et d’ajouter : « La seule solution efficace aux difficultés rencontrées par les associations et, plus largement, les territoires impactées par ce triste phénomène, est le renforcement progressif du dispositif de lutte contre l’immigration illégale. »
      "On navigue à vue"

      Et la situation ne va pas aller en s’arrangeant, s’inquiètent les bénévoles, « au vu de l’importance du nombre de personnes qui arrivent en Italie depuis le début de l’année ». L’Italie enregistre en effet un record d’arrivées par la mer avec 101 386 migrants débarqués depuis le début de l’année, selon les données du ministère de l’Intérieur, contre 48 940 pour la même période de 2022. Et les exilés sont nombreux à prendre la route de la France pour y demander l’asile ou se rendre vers d’autres pays d’Europe.

      La hausse des prix des transports en commun « aggrave aussi la situation », estime Jean Gaboriau car les prix des TGV vers les grandes métropoles françaises descendent rarement sous la barre des 100 euros, surtout en cette période de vacances scolaires. « Donc forcément, les gens restent plus longtemps et attendent que les prix baissent », ajoute-t-il.

      Jusqu’à présent, les Terrasses solidaires s’adaptent en augmentant les stocks de nourriture et grâce aux dons qui se multiplient. « Combien de temps va-t-on tenir ? » s’interroge l’administrateur. « On navigue à vue », admet-il. Et les bénévoles, eux aussi, sont exténués. « Moi, je me suis mis au vert quelques jours pour revenir efficace mais pour ceux qui viennent de loin et qui restent plusieurs semaines, il faut aussi les préserver », raconte-t-il, précisant qu’une « responsable des bénévoles » veille à la situation.

      https://www.infomigrants.net/fr/post/51145/combien-de-temps-on-va-tenir--les-terrasses-de-briancon-depassees-par-

      signalé aussi ici par @cy_altern :
      https://seenthis.net/messages/1013811

  • 02.06.2023 :
    Identificato il migrante morto trovato sulla spiaggia di #Bordighera

    E’ un somalo di 29 anni, da tempo in Italia. Potrebbe essersi tolto la vita

    Aveva appena 29 anni ed era sbarcato giovanissimo in Italia dalla Somalia. Si chiamava #Mohamud_Momin_Said il migrante morto annegato il cui corpo è stato trovato domenica sulla spiaggia di Bordighera. L’ipotesi degli inquirenti resta quella di un possibile incidente, ma si fa sempre più strada la possibilità che il ragazzo, che il 25 maggio avrebbe dovuto chiedere il rinnovo del permesso umanitario presso la Questura di Imperia abbia deciso di togliersi la vita. Alla sua identità, dopo l’esame autoptico sulla salma, e le indagini compiute dai carabinieri di Bordighera e dalla Capitaneria di porto, si è risaliti anche grazie alla collaborazione dei volontari della Caritas di Ventimiglia, che hanno riconosciuto un giubbotto indossato dal ragazzo. Potrebbe essere caduto in mare alla foce del Roja nella città di confine.

    https://www.lastampa.it/imperia-sanremo/2023/06/09/news/identificato_il_migrante_morto_trovato_sulla_spiaggia_di_bordighera-1284952
    #décès #morts_aux_frontières #frontières #asile #migrations #réfugiés #Italie #France #frontière_sud-alpine #Alpes #Alpes_maritimes

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    ajouté à la liste des morts à la frontière sud-alpine :
    https://seenthis.net/messages/784767
    (même si je ne l’ai moi-même pas considéré comme tel)

    • Ventimiglia. La memoria dal confine per Said e tutte le morti dell’ultima frontiera

      Persecuzione, segregazione, violenza fisica e psicologica hanno spinto Said a cercare la morte.

      Passata una certa galleria lo scenario cambia repentinamente. Il verde piemontese di piena primavera si mescola con l’azzurro del mare ligure ingrigito dal finestrino di un treno che mai si stanca di trasmettere malinconia. Non a caso è un pomeriggio uggioso. Pioverà a Ventimiglia. Piove ancora a Ventimiglia.

      Arrivati in quest’ultimo lembo di terra, la netta demarcazione, non solo paesaggistica, si fa sempre più chiara. Non più striature di azzurro chiaroscuro della costa, ma case di pietra, hotel e lidi balneari colano a picco sulle baie. Fuori dalle ferrovie la discesa al mare è molto breve, sempre più stretta. Lasciando la costa a sinistra, lo sguardo arriva in Francia. Un monte roccioso divide in due il confine. O meglio, il confine divide in due il monte, il monte del passo della morte.

      A lungo è stato il sentiero della libertà ma il percorso è ripido e solo chi segue i passi tracciati dalla storia in movimento – quella mai raccontata – lo attraversa.

      Quei passi lasciano tracce invisibili, cancellate dalla violenza dell’ultima frontiera che respinge le persone migranti già stremate dal lungo cammino che portano in spalla. Quelle tracce parlano di vite logorate, di alternative disgraziate e di una via di fuga. Chi ne tiene memoria lo sa che quella via di fuga è l’unico accesso alla libertà, il solo passepartout per fuggire dai conflitti armati in Africa, dalle persecuzioni in Asia, per evadere dalla violenza del potere e da feroci dittature. Paura, angoscia, disagio e rabbia muovono le persone in tutte le direzioni possibili, alla ricerca di pace al di là del confine, senza spesso riuscirci.

      La frontiera è transito ma la frontiera italo-francese non è un passaggio universale, costituisce un passaggio unilaterale. Per le persone migranti, per le persone che non possono superare una certa linea, quella del colore, il confine non è solamente un luogo fisico, né simbolico. Il confine è gerarchia e posizionamento, un dispositivo di filtraggio che non solo contiene ma respinge la vita altra, la vita che non conta, la vita “non identificabile” perché invisibile o forse troppo visibile, scomoda, fastidiosa, dunque ghettizzata, segmentata e razzializzata in base al luogo di origine, identità culturale, religiosa, sessuale. Un luogo che appare enormemente contraddittorio, ma che in realtà è segnato da una coerenza altamente spietata e inflessibile: quella armata dalla Fortezza Europea.

      Il confine italo-francese è l’ultima frontiera che separa le persone migranti sul territorio italiano dall’esistenza sperata altrove, lontano dai marginali frantumi della sopravvivenza, quella che da anni diventa normalità per tutti. Non solo una barriera ma un dispositivo di controllo sofisticato e organizzato da cui si declinano molteplici politiche violente e mortifere intensificate ed agite dalla polizia transalpina.

      Se è vero, infatti, che non tutti i luoghi di frontiera sono uguali, e che a marcare la differenza è soprattutto il territorio tracciato dalle cartografie globali, esse ritrovano la propria connessione e similitudine nella logica necropolitica che le delinea.

      Ventimiglia è un luogo di transizione sempre più sorvegliato, militarizzato ed esternalizzato sui territori internazionali come ogni territorio frontaliero, e applicare un metodo al confine, citando l’analisi di Mezzadra, ci permette di conoscerlo per ciò che realmente è, mostrando il funzionamento globale del meccanismo di confine nel quadro specifico dell’area Ventimiglia-Menton.

      E come ogni terra di mezzo, il confine agisce come campo di forza in cui sono molteplici i dispositivi in gioco. Il territorio francese immediatamente adiacente, come Casteller, uno dei luoghi oltrefrontiera, ne costituisce la sua prolungazione.

      La Francia ha un controllo diretto e ormai costante della mobilità dall’Italia, anche e soprattutto per scoraggiare i tentativi dal monte e sul litorale.

      Un doppio confine che agisce separato proprio per permettere il monitoraggio su ogni persona transitante in cui, certamente, la linea del colore, è la principale arma per scoraggiare i soggetti non desiderati.

      Solo lo scorso marzo 2023 il nuovo prefetto di Imperia, Valerio Massimo Romeo, ha presieduto a Ventimiglia una riunione del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica con l’obiettivo di adottare iniziative volte a gestire lo stazionamento delle persone migranti in alcune aree del centro cittadino. Nessuna tutela per le persone, ma disposizioni di una “Forza” dell’ordine che progressivamente viene liberata e legittimata sulle persone migranti, in transito verso la Francia o bloccate al margine della città.

      A pochi metri dal giardino in cui lo scorso 30 aprile si è tenuta l’assemblea contro la progressiva corporazione poliziale sempre più compattamente schierata su questo fronte, contro le tende dei migranti. Sotto un viadotto si riunisce l’angoscia e lo sconforto di chi ogni giorno subisce la brutale paura delle retate e l’orrore degli sgomberi. Le tendopoli erano e rappresentano una chiara conseguenza del degrado sociale in cui le persone che vivono il confine vengono rilegate, senza poter andare oltrefrontiera.

      Vite negate, storie dimenticate, corpi neri e indesiderati, “corpi del dolore” impiegando le parole di Achille Mbembe. Lo scenario è un film dell’orrore, ma senza tempi di suspense, perché qui è già tutto sotto gli occhi di tutti. Proprio come sul fronte di guerra, vigilata ininterrottamente da tanta, troppa, polizia, è un terrore annunciato.

      Ma anche il nulla va raso al suolo e alle prime luci del passato 30 maggio, nel primo giorno del suo mandato, il nuovo sindaco munito di un ingente schieramento di forze armate, ha autorizzato la circoscrizione e l’invasione di quel luogo, sgomberando le persone – afgani, somali, eritrei, tunisini, sudanesi – camuffando un’operazione di cleaning per legittimare una vera e propria operazione militare contro chi non ha nulla, chi non conta nulla. Le ruspe hanno distrutto tutto, l’abuso del potere ha violato ogni diritto alla vita di questa gente. L’alternativa non esiste. Reprimere o punire è l’unica missione pensata, sancita con l’ordinanza anti-bivacco che prevede il DASPO per chi si accampa, e l’arresto per chi lo vìola 1.

      Chi ha potuto si è messo in marcia ma sono sempre meno coloro che tentano l’attraversamento. Le persone vengono fermate dalla polizia francese, identificate e rimandate in Italia. Fino a quando l’ultima frontiera lo diventa per davvero.

      Il 4 giugno, il corpo di Said, un ragazzo somalo di 29 anni che quella realtà la viveva ormai da troppo tempo, è stato rinvenuto sulla spiaggia di Bordighera.

      Persecuzione, segregazione, violenza fisica e psicologica hanno spinto Said a cercare la morte.

      Lo avevo incontrato nell’ultima assemblea indetta dalle solidali locali, contro gli sgomberi e la violenza della polizia che da tempo lo stavano logorando. Non riusciva a parlare dal tremore che i traumi lasciavano sul suo corpo. Riusciva solo a esprimere il proprio timore, la paura di passare la frontiera, paura di non passarla, paura di andare ma anche di restare. Timore di essere lasciato solo come di fatti lo era. Senza un posto dove stare, dopo l’ultimo e violento sgombero di ciò che restava di una tenda, Said, ha chiuso quegli occhi dolci, probabilmente trovando respiro solo nell’apnea del mare 2.

      Dinanzi all’atroce notizia di questa ennesima morte di frontiera, passata indisturbata, la collera ci guida e ci protegge da tutto il malessere che nutriamo con loro.

      Oltre alla geografia di dispositivi confinari, ve n’è un’altra che dal basso si alimenta per emergere e resistere. Il confine ci è entrato dentro, lo portiamo nell’esposizione estrema alla violenza che indirettamente viviamo e patiamo perdendo un amico, un fratello, una sorella. Ha invaso la nostra vita in ogni suo aspetto così fortemente che ha spostato i confini delle nostre soggettività per avvicinarci a quella delle persone che la frontiera la patiscono con la vita.

      Said non ce l’ha raccontata la violenza, ce l’ha dimostrata, ce l’ha sbattuta davanti agli occhi, picchiata nel cuore. Forse Said ha trovato ora la sua pace, ma noi non riusciamo a darcela pensando a quanto si poteva fare e non è stato fatto. La collera non impedirà che altre vite vengano spezzate, ma scongiura ogni indifferenza e rassegnazione. Continueremo a stringere il rapporto che dai confini del mondo si lega alle memorie. La memoria ha un ruolo strategico nell’oltrepassare il confine e per combatterlo. Agisce anch’essa costruendo una rete di forze che non lascia sol* chi ha memoria delle storie dimenticate.

      Le morti di frontiera sono memorie che non faranno forse la storia ma troveranno nel ricordo di chi racconta la libertà. Oltre il volto violento dell’Europa e la guerra che combatte dall’interno, oltre la guerra che fa morti, c’è un grido che solca il cammino: Said, Moussa, Ali, Seid … Non sono suicidi, sono morti di frontiera!

      Siamo arrivat* tardi, Fratello, ma non ce ne andremo più.

      https://www.meltingpot.org/2023/06/ventimiglia-la-memoria-dal-confine-per-said-e-tutte-le-morti-dellultima-

  • Attention : selon les dernières nouvelles reçues oralement par mes contacts à la frontière, personne ne serait décédé. Le corps n’a jamais été trouvé, malgré les recherches. Probablement le migrant qui a signalé le cadavre n’a vu que des habits.

    TRAGEDIA, MIGRANTE MUORE SULLE MONTAGNE TRA LA VALSUSA E LA FRANCIA, ALTRI 9 RECUPERATI DAI SOCCORRITORI

    Tragedia sulle montagne tra la Valsusa e il confine francese. Mercoledì 31 maggio un migrante è morto mentre stava per raggiungere Briançon, appena dopo aver attraversato il confine con la Valsusa: i soccorritori stanno cercando di recuperare la salma, sul posto stanno operando i carabinieri, vigili del fuoco, soccorso alpino della guardia di finanza, croce rossa di Susa, con il supporto dell’elicottero della Gendarmerie francese. Il corpo potrebbe essere proprio al confine o già in territorio francese, le operazioni di recupero sono in corso dal primo pomeriggio. Ma è stata una giornata davvero difficile per quanto riguarda le attività di soccorso. Dalla mattinata sono stati rintracciati e soccorsi 9 migranti che tentavano di attraversare il confine a Cesana e Claviere: 6 persone sono state recuperate dai vigili del fuoco di Oulx e Susa, mentre altre 3 dalla croce rossa di Susa. Ora sono tutti al rifugio Massi di Oulx. Altri 6 migranti invece sono stati respinti dalle forze dell’ordine francesi, mentre stavano arrivando a Monginevro. Infine, un migrante è stato recuperato a Sagnalonga e ricoverato per ipotermia all’ospedale di Susa.

    https://www.valsusaoggi.it/tragedia-migrante-muore-sulle-montagne-tra-la-valsusa-e-la-francia-altri

    #décès #mort #mourir_aux_frontières #frontière_sud-alpine #asile #migrations #réfugiés #Italie #France #Val_de_Suse #Hautes-Alpes

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    ajouté au fil de discussion sur les morts à la frontière des Hautes-Alpes :
    https://seenthis.net/messages/800822

    lui-même ajouté à la métaliste sur les morts aux frontières alpines :
    https://seenthis.net/messages/758646

    • Alta Valsusa: morto un migrante, soccorsi altri nove. Sul posto Carabinieri, Vigili del Fuoco e Croce Rossa

      Oggi, mercoledì 31 maggio, un migrante è morto mentre stava per raggiungere Briançon dall’Italia. Il gruppo di soccorritori sta recuperando la salma con il supporto dell’elicottero della Gendarmerie francese. Secondo le prime informazioni il corpo sarebbe in territorio francese. La vittima faceva parte di un gruppo numeroso di persone in transito sulle montagne dell’alta Valsusa verso la vicina valle francese. Si sono registrati, solo oggi, sei persone recuperate dai Vigili del Fuoco di Oulx e Susa e altre tre dalla Croce Rossa di Susa. Un altro gruppo è invece stato respinto dalle forze dell’ordine francesi al confine. Tutti i feriti sono ora alloggiati, e curati, nel rifugio per migranti ad Oulx.

      https://www.lagendanews.com/alta-valsusa-morto-un-migrante-soccorsi-altri-nove-sul-posto-carabinier

    • Soccorsi 10 migranti dispersi in alta Val Susa: e uno del gruppo sarebbe stato trovato morto in territorio francese

      Nell’arco di tre settimane è la terza volta che volontari e vigili del fuoco sono mobilitati per operazioni del genere

      Intorno alle 16 dalle squadre di soccorso è rimbalzata la notizia che già in territorio francese, in un canalone che giunge poi al lago dei Sette Colori, sarebbe stato individuato il corpo senza vita di un migrante che probabilmente faceva parte della stessa comitiva dei dieci tratti in salvo oggi sul versante italiano. In queste ore, mentre in Italia era impegnato l’elicottero dei vigili del fuoco, in territorio francese era all’opera un secondo elicottero della gendarmerie, che sta ora cercando di verificare la segnalazione fatta da uno degli uomini tratti in salvo, che ha riferito di aver visto un cadavere nel canalone prima di ripiegare a valle e tornare in Italia dato che in quella direzione era impossibile proseguire per via delle avverse condizioni climatiche. Nel frattempo sul lato italiano del confine le ricerche di altre persone in difficoltà si sono ormai concluse dopo che la Croce rossa ha accompagnato altri sei profughi, trovati alle porte dell’abitato di Claviere, al rifugio Massi di Oulx.
      Le ricerche
      Da stamattina, e ancora per tutto il pomeriggio, squadre di vigili del fuoco effettivi di Susa e volontari di Oulx, Salbertrand e Sauze d’Oulx in collaborazione con le forze dell’ordine e la Croce rossa di Susa sono state impegnate nelle zone di montagna tra Cesana, Claviere e il confine con la Francia per trarre in salvo un gruppo di migranti che nonostante il maltempo ha cercato di valicare le Alpi. Nell’arco di tre settimane è la terza volta che i soccorritori sono mobilitati in seguito ad allarmi lanciati dai migranti in difficoltà, per il maltempo e l’ancora abbondante presenza di neve sui pendii, nel tentare la rotta che dall’Alta Val Susa conduce nel Briançonnais.
      Gli uomini salvati
      Dopo aver trovato in stato di leggera ipotermia un primo disperso in mattinata, recuperato nella neve nella zona di Sagnalonga e portato per accertamenti all’ospedale di Susa dai volontari della Croce rossa, le ricerche sono proseguite a piedi e con l’elicottero per ore. Nel primo pomeriggio altri tre componenti della comitiva sono stati rintracciati, in buone condizioni di salute, mentre scendevano lungo la strada da Claviere a Cesana dopo essere stati respinti dai gendarmi alle porte di Montgenèvre. Altri sei profughi sono stati recuperati poco dopo alle porte dell’abitato di Claviere: avevano probabilmente incontrato le stesse difficoltà del gruppo precedente, e scelto di ripiegare per tentare di riattraversare il confine in un altro momento.
      Numero incerto
      Le ricerche andranno avanti fino al tramonto perché è difficile stabilire il numero esatto di persone che facevano parte del gruppo partito in direzione del confine tra la notte e l’alba di oggi. La scorsa notte al rifugio Massi di Oulx, spesso tappa per uno o due giorni dei migranti che affrontano questi viaggi attraverso l’Italia in direzione del cuore dell’Europa, erano stati accolti 47 tra uomini e donne; ma si sa che altre persone che affrontano questo viaggio dormono in luoghi di fortuna. E’ così impossibile stabilire quanti si siano messi realmente in viaggio da Cesana a Claviere nelle scorse ore. O quanti abbiano preferito fermarsi ancora sul fondovalle in attesa che le condizioni meteo, al momento particolarmente avverse, migliorino.

      https://www.lastampa.it/torino/2023/05/31/news/claviere_soccorso_migranti_confine_francia-12834420

    • Migranti bloccati nella neve al confine, un morto e un uomo assiderato

      La vittima deceduta in un canalone in Francia. Continuano i respingimenti della Gendarmeria transalpina

      Nel pomeriggio di ieri si era diffusa la notizia del ritrovamento del cadavere di un migrante in territorio francese, in un canalone che conduce al #lago_dei_Sette_Colori. Notizia che in serata non era ancora stata confermata dalla Gendarmeria transalpina. La polizia di Frontiera italiana ritiene che la presunta vittima possa far parte del gruppo di dieci migranti che sono stati salvati sul versante italiano.

      Ancora nella serata di ieri le squadre di soccorso stavano verificando la segnalazione di uno dei sopravvissuti, il quale aveva riferito di aver visto con i suoi occhi il cadavere nel canalone prima di tornare in Italia a causa delle avverse condizioni climatiche. Nel frattempo, sul lato italiano del confine, le ricerche di altre persone in difficoltà si sono concluse dopo che sei profughi sono stati accompagnati dalla Croce Rossa al rifugio Massi di Oulx, erano stati individuati alle porte dell’abitato di Claviere. Le operazioni di ricerca sono state condotte da squadre di vigili del fuoco di Susa e volontari di Oulx, Salbertrand e Sauze d’Oulx, in collaborazione con le forze dell’ordine e la Croce Rossa di Susa. Nonostante il cattivo tempo e la presenza di neve sui pendii, i migranti hanno cercato di attraversare le Alpi, e i soccorritori sono stati mobilitati per la terza volta in tre settimane a seguito degli allarmi lanciati dai migranti in difficoltà lungo la rotta che va dall’Alta Val Susa al Briançon. Durante le operazioni di ricerca, un disperso è stato trovato in stato di ipotermia leggera nella zona di Sagnalonga e portato all’ospedale di Susa per accertamenti.

      Successivamente, altre tre persone del gruppo sono state trovate in buone condizioni di salute lungo la strada da Claviere a Cesana, dopo essere state respinte dai gendarmi alle porte di Montgenèvre. Poco dopo, altri sei profughi sono stati recuperati nei pressi di Claviere, probabilmente dopo aver incontrato le stesse difficoltà del gruppo precedente e aver scelto di ritirarsi per tentare di attraversare il confine in un altro momento. È difficile determinare il numero esatto di persone che facevano parte del gruppo che ha cercato di raggiungere il confine tra la notte e l’alba di ieri, quindi le ricerche continueranno anche nella giornata di oggi.

      Al rifugio Massi di Oulx, che spesso ospita migranti in viaggio verso l’Europa centrale, la scorsa notte erano presenti 47 persone, ma si presume che altre, che intraprendono questo viaggio della disperazione o della speranza, dormano in luoghi improvvisati. Pertanto, non è possibile stabilire quanti si siano effettivamente messi in viaggio da Cesana a Claviere nelle ultime ore o quanti abbiano scelto di rimanere in attesa di condizioni meteorologiche migliori nella valle.

      https://torinocronaca.it/news/cronaca/302035/migranti-bloccati-nella-neve-al-confine-un-morto-e-un-uomo-assiderato.

  • Italy : Two migrants killed, one injured in lorry accident on A10

    Yet another tragedy of migration has been reported in Italy, near the border with France. Two foreigners on Saturday morning (April 2) died after being hit by a lorry on the A10 highway between Genoa and Ventimiglia, near Bordighera, in the northwestern region of Liguria. A third person was seriously injured in the accident.

    The umpteenth tragedy of migration has been reported in Italy, near the border with France. The accident took place April 2 on the A10 highway connecting Genoa to the border city of Ventimiglia, in the northwestern region of Liguria.

    Two foreigners were hit and killed by a lorry while a third was seriously injured and taken to the hospital of Santa Corona in Pietra Ligure, in the province of Savona. All three are citizens of Sri Lanka.

    Sources on the ground said the three men were crossing the highway near the service station of Bordighera, in the direction of France, with four others who reportedly fled the scene.

    The lorry’s driver reportedly saw them appear suddenly and was unable to stop the vehicle on time to avoid the impact. The accident occurred at 7 am local time.

    The driver, a 32-year-old Italian man, was in a state of shock after the crash. He was driving to the Principality of Monaco to deliver pizzas and focaccias.
    Investigation on the scene

    The driver told rescuers: “I saw a group of people appear suddenly and saw them on the highway, I couldn’t avoid them”. He tested negative for alcohol use. Road police from Imperia Ovest are investigating the accident.

    The migrants could have been left at the service station by a trafficker or could have climbed down from a truck on which they were hiding, investigative sources said. Police will inspect images from video surveillance cameras at the gas station.

    A reported 23 migrants have died since 2015 while trying to reach France

    The one on Saturday was the umpteenth fatal accident involving migrants who were trying to reach France. Some have died after being hit by a car or lorry while walking on a highway, or by electrocution on the roof of a train. Others have drowned while trying to swim to a French beach or after falling off the Col de Mort, a rocky cliff overlooking the sea along the road leading to the border crossing of Ponte San Luigi, in Ventimiglia.

    According to volunteers who have been assisting migrants for years, a reported 23 foreigners have died in the area since 2015.
    Tragedy sparks new controversy on hosting policy in Ventimiglia

    The accident sparked a new controversy on hosting policies, landings and on the management of migrants in the area of the border Italian city of Ventimiglia, which has been under pressure for years.

    “Allowing immigrants to land in Italy and then abandoning them is unacceptable”, said on Saturday the city’s mayor, Gaetano Scullino (center-right). He expressed sorrow for the accident, saying migrants were “left to their own devices” and describing the lorry’s driver as an “innocent victim of this tragedy.”

    “Migration flows, which also involve those fleeing war, must and can be managed by Europe”, the mayor went on to say, citing as an example the management of Ukrainian refugees. “If immigration is only of an economic type, it is also naïve to accept it passively”, he concluded.

    The whip of the League party in the Liguria regional council, Stefano Mai, accused Interior Minister Luciana Lamorgese. “We have been denouncing for years the presence of migrants who walk on the A10, and the highway often closed to rescue them. The minister does not appear to be aware of this reality. It is necessary to stop landings, to take action on security at the border. Lamorgese must wake up,” he said.
    Bishop of Ventimiglia says France must end discrimination

    The bishop of Ventimiglia and Sanremo, Antonio Suetta, spoke about the accident in a statement released on Monday, April 4.

    “I quote the Holy Father and urge authorities, the French nation, to end as soon as possible such unjust discriminations and conducts, which impact poor and defenseless people as well as other European nations, in particular, in this case, Italy,” said Suetta.

    “I hope that in the political debate and in the electoral campaign leading up to the election of the new president of the French Republic such a humanitarian emergency will find the right attention, careful reflection and concrete perspectives for a solution,” added the bishop.

    He also stressed the need to open a hosting center in Ventimiglia, a project discussed over the past few months, also with the mediation of the interior ministry, but which has not yet been implemented.

    “The first three months of the ongoing year have already forced us to register four deaths”, concluded Suetta. “I also call on Italian authorities to urgently complete a temporary hosting center which had been originally planned for our border area.”

    The four deaths reported so far this year include two migrants who died of electrocution on as many trains bound for France (in February and March) and the pair who died on the A10 on Saturday.

    https://www.infomigrants.net/en/post/39651/italy-two-migrants-killed-one-injured-in-lorry-accident-on-a10

    #Italie #France #frontière_sud-alpine #migrations #réfugiés #frontières #décès #mort #mourir_aux_frontières #Vintimille
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    • La police tue, la frontière aussi

      Le 16 juin 2022, un homme est décédé des suites d’une blessure à la tête causée par un tir policier. A part quelques articles de presse locale (ici ou ici) ce qu’il s’est produit à la frontière franco-italienne le 15 juin 2022 est passé inaperçu. Pourtant, cela s’inscrit dans dans la continuité d’une série d’épisodes récents ayant suscité un vif débat sur l’usage de la violence par la police en cas de refus d’obtempérer par des automobilistes.

      Ce que l on sait :

      Selon le communiqué du procureur de la République de Nice, la PAF aurait reçu de la part de ses homologues italiens le signalement d’une camionnette transportant des personnes en situation irrégulière, circulant entre la vallée de la Roya et Nice, sur l’une des voies de passage bien connues de la zone frontalière. Dans le PV de l’enquête (que nous avons pu consulter), la PAF admet que le contrôle effectué cette nuit là s’est effectué dans le cadre de la réintroduction des contrôles aux frontières intérieures de l’espace Schengen (cf. infra). Repérée en amont, la camionnette aurait refusé d’obtempérer une première fois entre Fanghetto (Italie) et Sospel (Sospel). S’enclenche alors une course-poursuite de 40 kilomètres sur une route de montagne très sinueuse. A Cantaron, dans les hauteurs de Nice la police aurait de nouveau tenté de bloquer la route. C’est là que, le conducteur forçant de nouveau le passage, la police aurait tiré à 4 reprises en justifiant d’une situation de légitime défense. L’une des personnes qui était à l’arrière du camion a alors reçu une balle à la tête.

      Suivie par plusieurs véhicules de police, la camionnette a continué sa fuite jusqu’au quartier des Moulins à Nice. Le conducteur ainsi que 2 personnes assises a l’avant auraient pris la fuite, abandonnant le véhicule. Bloqués à l’arrière, le blessé et 4 autres passagers auraient été retrouvés sur place par la police. Deux impacts de balles au niveau des feux avant et des roues ont été constatés par le procureur, l’un ayant transpercé la carrosserie. Suite à cela le blessé grave (et un autre blessé léger en état de choc) a été transporté à l’hôpital où il a succombé à ses blessures le lendemain. Tandis que celui-ci agonisait à l’hopital, ses compagnons de route ont été arrêtés puis conduits au Centre de Rétention Administrative (CRA) de Nice.

      Reconnaissant entre autres l’absence de prise en charge en terme de santé mentale de personnes traumatisées, le Juge des Libertés et de la Détention (JLD) a ordonne leur libération le 17 juin. Cependant le Procureur s’est acharné en faisant appel de la décision, prolongeant ainsi la double-peine infligée aux victimes, encore sous le choc. Celles-ci risquent désormais un mois de détention suivi d’un éloignement du territoire.

      La frontière tue

      En 2015 la France suspend unilatéralement l’application du Code Frontière Schengen d’abord pour cause formelle de COP21, puis d’antiterrorisme (suite au bataclan). Depuis 2020, le coronavirus est le dernier argument en date venu justifier cela. Le mythe d’une frontière étanche à tous les maux du monde permet de cacher une réalité bien différente. Les habitants du territoire savent très bien que le dispositif cible bien autre chose que le terrorisme ou le Covid. Dans la pratique, il cible les exilé.e.s arrivant d’Italie. C’est d’ailleurs ce qui force ces derniers à trouver d’autres voies de passage plus dangereuses ou coûteuses, et ce qui explique la prolifération des passeurs depuis lors.

      Bien que le code frontières Schengen autorise les Etats-membres à réintroduire des contrôles systématiques à leurs frontières intérieures, cette mesure ne peut en aucun cas dépasser un délai de 2 ans selon ce même code. Or, la France a maintenu ces contrôles de 2015 à aujourd’hui. Le dispositif dans lequel s’inscrit l’opération ayant conduit à la mort de cette personne est donc illégal au regard du droit européen, comme l’a encore rappelé la Cour de Justice de l’Union Européenne (CJUE) le 26 avril dernier.

      Vu que ces contrôles sont illégaux depuis 5 ans, rien d’étonnant à ce que leur illégalité reste indiscuté dans l’opinion publique. De même, rien d’étonnant à ce que le degré de violence dont la PAF ait fait preuve ne soit pas mesuré à l’aune du délit initial dont ils ont été averti dès le début par leur homologues italiens : l’aide à l’entrée et au séjour irrégulier. Pour un délit toute somme « banal », la police a donc fait usage d’armes à feu au moins à quatre reprises.

      Faut-il s’étonner qu’une telle violence à nos frontière ne choque personne ? Ce n’est pas la première fois qu’un exilé meurt des balles de la police à cette frontière. En 1995 déjà, Todor, (https://www.amnesty.org/ar/wp-content/uploads/sites/8/2021/06/eur210041995fr.pdf), un enfant bosniaque, fut tué, toujours à Sospel et dans des conditions similaires. A l’époque, cela avait suscité un vif émoi. Si c’est la seconde fois qu’un.e exilé.e meurt directement des balles de la police, ce sont pas moins de 47 personnes ((https://www.borderforensics.org/investigations/blessing-investigation) qui ont péri en tentant de franchir la frontière franco-italienne depuis 2015. Alors oui, il semble ce qui choquait hier s’est banalisé.

      La police tue

      Ce drame vient, encore une fois, rappeler que la police tue, et qu’elle tue en toute impunité. Les parallèles avec la succession d’affaires récentes impliquant l’usage d’armes à feu face à des refus d’obtempérer est évidente. On pense à l’affaire du pont neuf, le meurtre de Souheil en août dernier dans le 3ème arrondissement de Marseille, celui tout récent de Raiana, ou encore ce qu’il s’est à peine produit dans le même quartier du 18ème arrondissement de Paris.

      Dans tous ces cas, le refus d’obtempérer de la part d’un chauffeur semble avoir été suffisant pour justifier, aux yeux des tireurs, de la justice, de la presse et d’une part de l’opinion publique, l’usage « proportionné » de la force : une salve ininterrompue de tirs à balle réelle. Dans tous ces cas, on ne comprend donc pas bien comment les conducteurs aient pu à la fois « accélerer en direction du véhicule de police » et vouloir « prendre la fuite ». Soit le véhicule de police aurait du être percuté, soit en cas de fuite, la légitime défense ne se justifie pas. En d’autres termes, les témoignages des policiers se contredisent eux-mêmes. Dans tous ces cas, on ne comprend pas bien, vu que le conducteur cherchait à contourner le contrôle, son intérêt à braquer son volant sur les policiers. En revanche, on peut très bien imaginer l’intérêt des forces de l’ordre d’établir une telle version, de sorte à pouvoir plaider la légitime défense.

      Pour revenir à ce qu’il s’est passé dans les Alpes Maritimes : Le communiqué de presse du Procureur nous apprend que deux enquêtes ont été ouvertes. L’une contre les conducteurs/passeurs, pour aide à l’entrée et au séjour irréguliers, refus d’optempérer "aggravé par la mise en danger d’autrui", et tentative d’homicide sur PDAP. L’autre, auprès de l’IGPN, contre les flics meutriers, pour « violences volontaires avec arme par personne dépositaire de l’autorité publique suivie d’une incapacité supérieure à 8 jours ». Nous parlons ici d’un simple passager, décédé d’une blessure à la tête des suites d’un tir policier. Et le Procureur parle d’une ITT de 8 jours. Tentative d’homicide volontaire pour un homme qui de toute vraisemblance a cherché à contourner (et non pas écraser) un barrage de police, violence volontaire ayant entraîné 8 jours d’ITT pour l’homme qui a porté le coup fatal et qui est sorti libre après quelques heures de garde à vue. Deux poids deux mesures.

      via la mailing-list Migreurop, 19.06.2022

    • #Bordighera, sull’A10 è strage di migranti. Il conducente del furgone sotto shock: «Sono sbucati all’improvviso»

      L’autista si è sentito male ed è stato portato in ospedale.

      «Li ho visti, ho visto un gruppo di migranti sbucare all’improvviso». E’ sotto shock il conducente del furgone che stamani, poco prima delle 7, ha travolto un gruppo di stranieri che stavano attraversando la carreggiata sull’Autostrada dei Fiori, all’altezza dell’area di sevizio di Bordighera. Due migranti sono morti sul colpo, mentre un altro, di 32 anni, è rimasto gravemente ferito ed è stato traportato all’ospedale Santa Corona di Pietra Ligure.

      Il conducente del furgone targato Montecarlo è l’italiano Angelo D.V., che stava trasportando pizze e focacce nel Principato di Monaco. L’automobilista si è sentito male poco dopo l’accaduto: troppo forte lo shock per quanto accaduto.

      Gli agenti della sottosezione della polizia stradale di Imperia Ovest stanno ancora ricostruendo l’accaduto e soprattutto identificando le vittime, ma da quanto si apprende le tre persone coinvolte sarebbero tutti uomini di nazionalità cingalese. Sembra che il gruppo fosse composto da sette migranti, quattro dei quali sarebbero riusciti a mettersi in salvo e ad attraversare la carreggiata, probabilmente nel tentativo scavalcare la recinzione che divide l’Autofiori da Montenero, per poi raggiungere l’Aurelia.

      Non è ancora chiaro come i migranti siano arrivati nell’area di servizio: forse qualcuno li ha accompagnati fino a quel punto per poi lasciarli. Per ricostruire l’esatta dinamica di quanto accaduto, la polizia acquisirà le immagini delle telecamere presenti. A coordinare le indagini è il magistrato della Procura di Imperia Luca Scorza Azzarà.

      Al confine con l’Italia ormai gli stranieri morti sull’autostrada o in ferrovia sono decine. Una lunghissima scia di sangue, che sembra non avere fine. Solo il 2 marzo scorso, un migrante è morto folgorato nel tentativo di raggiungere la Francia, nascosto sul tettuccio di un treno regionale partito da Ventimiglia. Ma le tragedie sono tante, troppe.

      https://www.riviera24.it/2022/04/bordighera-sulla10-e-strage-di-migranti-il-conducente-del-furgone-sotto-sh

    • Migranti morti sulla A10, caccia ai passeur

      Chi ha accompagnato i migranti o indicato loro la strada tra l’Arziglia di Bordighera e l’A10 portandoli a quell’appuntamento con la morte? Chi sono i passeur che «aprono» i sentieri della speranza per passare il confine? E una volta nell’area di servizio cosa sarebbe accaduto? C’era un appuntamento con un camionista compiacente per arrivare in Francia? C’era qualcuno con delle tronchesi pronto ad aprire le porte di un Tir per trasformarlo in un nascondiglio? La polizia stradale, ma non solo, sta cercando di dare risposte chiare in merito alla tragedia avvenuta all’alba di sabato sull’autostrada, con due migranti investiti e uffici e un terzo in coma. Se l’autista, sanremese, del furgone che ha investito i due indiani è indagato per omicidio stradale colposo, non è escluso che esistano altre complicità per quanto avvenuto. E ancora: chi doveva verificare lo stato delle recinzioni dell’A10 ed impedire accessi abusivi? Se è vero che sono mesi e mesi che i sentieri di Montenero vengono utilizzati dai migranti per raggiungere l’autostrada come è possibile che non sia scattato un piano per rinforzare le protezioni e impedire ogni genere di scavalcamento (nell’interesse non solo dell’incolumità dei migranti ma anche degli utenti di galleria e viadotti)?

      Ieri la polizia è riuscita a dare un nome ad una delle vittime. Si tratta di un indiano di 36 anni che era già stato identificato in Italia (probabilmente al suo ingresso). Sono state le impronte digitali a portare alla sua scheda. Niente, invece, è emerso dal database del Ministero dell’Interno in merito alle impronte dell’altra vittima, rimasta completamente sfigurata nell’impatto (a questo proposito gli investigatori estenderanno le verifiche a livello internazionale). Non sono invece ancora state rilevate le impronte dell’indiano che si trova ricoverato in prognosi riservata e in coma in Rianimazione. I poliziotti lo potranno fare (anche per il rispetto dei protocolli Covid) solo se le sue condizioni miglioreranno e se verrà trasferito in un reparto ospedaliero di sub-intensiva.

      Nel frattempo le indagini si starebbero orientando lungo due piste, legate entrambe a canali informativi riservati. La prima è quella che porta agli altri componenti della «comitiva» che sabato mattina ha risalito Montenero verso l’autostrada (sicuramente non erano solo tre i migranti diretti sull’A10). La seconda interessa invece la «rete di illegalità» e di speculazioni che ruota intorno al fenomeno del popolo migrante e della sua odissea nel tentare di passare il confine con la Francia (con sistematici respingimenti da parte delle autorità transalpine). Si cercano anche testimoni che possano aver notato il gruppo di stranieri sull’Aurelia o in qualche luogo dove potrebbero aver passato la notte prima di raggiungere l’A10 e quel drammatico appuntamento con il destino a decine di migliaia di chilometri da casa.

      https://www.lastampa.it/imperia-sanremo/2022/04/04/news/migranti_morti_sulla_a10_caccia_ai_passeur-2916354

  • 13.06.2017 Stava pulendo le scarpe e poi è sparito. Migrante minorenne morto in mare a Ventimiglia

    Ora le accuse di Intersos: la tragedia “per una perdurante e vergognosa condizione di degrado” e per “la negazione dell’accoglienza”

    Forse stava pulendo le sue scarpe nella zona della foce, quando è finito in acqua. Un migrante sudanese che avrebbe 16 anni disperso per alcune ore nel pomeriggio, martedì 13 giugno, alla foce del fiume Roja, a Ventimiglia, è stato trovato morto in serata. Hanno lavorato alle ricerche in mare la capitaneria di porto, 118, carabinieri e polizia. Il giovane è stato visto affogare. C’è una ragazza che ha detto di essere la sorella del ragazzo.

    Sembra che il ragazzo si sia avvicinato all’acqua per lavare le scarpe sul bagnasciuga, una sarebbe finita in mare e lui avrebbe cercato di recuperarla. È scomparso in un punto della confluenza segnato da correnti forti. E ora arrivano le accuse da parte di Daniela Zitarosa, assistente legale del progetto Intersos a Ventimiglia: «È una morte che fa rabbia e di fronte alla quale lo Stato non può chiudere gli occhi».

    Il riferimento è «alla condizione di inaccettabile degrado del campo sorto sotto il ponte sulle rive del fiume Roja: 250 persone, un terzo delle quali monitorate da Intersos come minori non accompagnati, vivono da mesi senza accesso all’acqua e ai servizi igienici, in condizioni di estremo disagio e vulnerabilità». E da Intersos attaccano: la drammatica storia di oggi «nasce da una perdurante e vergognosa condizione di degrado, deliberatamente alimentata nel territorio di Ventimiglia da una politica di militarizzazione e negazione dell’accoglienza».

    https://www.lastampa.it/imperia-sanremo/2017/06/13/news/stava-pulendo-le-scarpe-e-poi-e-sparito-migrante-minorenne-morto-in-mare-a-

    –-> événement qui date de 2017, sauvegardé ici pour des raisons d’archivage

    #Vintimille #asile #migrations #réfugiés #morts #mourir_aux_frontières #frontière_sud-alpine #France #Italie

    –—

    ajouté au fil de discussion sur les morts à la frontière de Vintimille :
    https://seenthis.net/messages/784767

    lui-même ajouté à la métaliste sur les morts aux frontières alpines :
    https://seenthis.net/messages/758646

  • Migranti dall’Afghanistan tentano di arrivare in Francia ma cadono nel #lago_di_Rochemolles, uno è grave al Cto

    Stavano cercando di superare il confine ma a causa della scarsa visiblità sono finiti in acqua, un pastore li ha aiutati

    In fuga dall’Afghanistan hanno tentato di raggiungere la Francia ma sono precipitati in un torrente che si immette nel lago di Rochemolles e uno è in gravi condizioni al Cto di Torino. È successo la notte scorsa, in alta Val di Susa. I due uomini, entrambi sulla trentina di nazionalità afghana, dopo il lungo tragitto dall’Afghanistan al Piemonte, hanno visto dalle cartine, forse online, che indicavano il confine con la Francia molto vicino così hanno provato a oltrepassarlo approfittando della notte. A causa della scarsa visibilità però sono caduti nel torrente #Sommeiller, che finisce nel lago di Rochemolles. Uno dei due è riuscito a riemergere e ha chiesto aiuto raggiungendo un rifugio vicino. Lì c’era un pastore che è riuscito a recuperare l’altro ragazzo. Era cosciente, è stato subito portato all’ospedale di Susa ma al mattino le sue condizioni sono peggiorate ed è stato trasportato al Cto di Torino. Ha riportato un grave trauma cranico, è in sala operatoria e la prognosi è riservata. Si è anche fratturato il polso e una costola. L’altro ragazzo, 37 anni, invece, è stato dimesso e preso in carico dal centro polifunzionale della Croce Rossa a Bussoleno.

    «Da un mese e mezzo i numeri degli arrivi di persone che provano a oltrepassare il confine sono tornati a essere importanti - spiega Michele Belmondo, delegato alle attività di emergenza della Croce Rossa - Molti di loro arrivano dall’Afghanistan e sono soprattutto famiglie. Impiegano mesi ad arrivare qui». Ieri notte, ad esempio, il Polo di Bussoleno ha accolto diverse persone, altre 40 erano nel rifugio di Oulx, e in serata trenta persone sono state respinte al confine. «Ogni sera parliamo di almeno 70 o 80 persone che hanno bisogno di accoglienza perché circolano in zona nel tentativo di andare oltre in confine italiano».

    https://torino.repubblica.it/cronaca/2021/09/17/news/due_migranti_dall_afghanistan_tentano_di_arrivare_in_francia_ma_ca

    #Rochemolles #réfugiés #asile #migrations #réfugiés_afghans #Italie #frontière_sud-alpine #France #frontières #lac

    –—

    J’ajoute à la métaliste des personnes décédées dans les Alpes... même si dans ce cas un des deux migrants est encore en vie et espérons il pourra être sauvé, mais c’est pour aussi répertorié les accidents graves suite à quoi la vie des personnes est en péril.

    Donc : ajouté au fil de discussion sur les morts à la frontière des Hautes-Alpes :
    https://seenthis.net/messages/800822

    lui-même ajouté à la métaliste sur les morts aux frontières alpines :
    https://seenthis.net/messages/758646

    • Due afghani precipitano nel lago di Rochemolles, erano in fuga verso la Francia

      Sono scivolati nel bacino artificiale nella notte. Uno è in prognosi riservata al Cto di Torino

      Intorno alle 2 di stanotte, due uomini di nazionalità afghana sono precipitati nel lago artificiale di Rochemolles, a Bardonecchia, mentre tentavano di attraversare il confine con la Francia.

      Dopo essere riusciti ad uscire autonomamente dalla diga, verso le 5,30 i due hanno raggiunto a piedi un rifugio alpino, dove uno di loro, di 36 anni, ha iniziato a sentirsi male. I due afghani sono quindi stati portati all’ospedale di Susa e sottoposti ad accertamenti.

      Al 36enne è stata diagnosticata una frattura al polso e un’emorragia cerebrale dovuta a trauma cranico. L’uomo è quindi stato intubato e trasportato in elisoccorso al Cto di Torino dove è stato operato al cervello.

      Il secondo afghano è invece tuttora ricoverato all’ospedale di Susa, ma le sue condizioni risultano buone. L’uomo sarebbe rimasto pressoché illeso dopo la caduta nella diga.

      https://www.lastampa.it/torino/2021/09/16/news/due-afghani-precipitano-nel-lago-di-rochemolles-erano-in-fuga-verso-la-fran

  • Arrestato #Emilio_Scalzo, a Bussoleno, #Val_Susa

    Un mandato di cattura internazionale a cui la polizia italiana dà seguito con una celerità che raramente si vede per reati amministrativi che coinvolgono multinazionali o evasioni fiscali di milioni di euro. Emilio è stato dunque arrestato oggi, a #Bussoleno in modalità sceriffo nei western, con tanto di manette, per strada. L’accusa ? Aver manifestato al confine contro una legge, che impedisce a chi lo desidera di recarsi in un paese diverso dal proprio per cercare un lavoro o per sfuggire ad un regime violento come quello in Afghanistan, una legge che fa si che la ricca Europa non conceda visti a chi arriva da paesi poveri mentre permette la libera cirocolazioni di denaro, spesso illegale, merci e cittadini ricchi. Lo accusano di aver picchiato un gendarme francese..Molto più probabilmente avrà risposto a qualche provocazione della polizia francese che voleva impedire la manifestazione e li avrà mandati a quel paese. Ma lui è più facile da accusare, è grande e grosso, genoroso, è un uomo che non si tira indietro e spesso difende gli altri. E’ uno che parla e che probabilmente si vuole colpire perchè è uno in vista.. Giusto la settimana scorsa in appello altri attivisti di Briancon sono stati considerati innocenti da un’accusa di favoreggiamento all’immigrazione clandestina. Colpire chi difende il diritto a migrare e aiuta chi rischia di morire di freddo in montagna ( dove lo Stato è assente e quando è presente lo fa per chiudere fuori dalla fortezza Europa i più poveri ) non è giustizia, è abuso di potere. Vergognatevi...

    https://www.facebook.com/davide.rostan/posts/10159916292221654

    #criminalisation_de_la_solidarité #asile #migrations #Italie #Val_de_Suse #frontières #solidarité #Emilio

    • Nouvelle datant de 2020 :
      Mandato d’arresto europeo per Emilio Scalzo, storico attivista no Tav

      Avrebbe aggredito un gendarme in Francia, durante un corteo contro le frontiere

      Emilio Scalzo, 66 anni, storico attivista No Tav, è stato arrestato oggi dai carabinieri a Bussoleno (Torino). I militari hanno eseguito un mandato d’arresto europeo per dei fatti avvenuti in Francia, durante un corteo contro le frontiere, in cui Scalzo avrebbe aggredito un gendarme.

      Il movimento No Tav ha organizzato un presidio di protesta alle 18.30 questa sera a San Didero.

      L’episodio risale al maggio scorso, durante un corteo promosso dal movimento anarchico iniziato a Claviere, in Valle di Susa, e arrivato in territorio francese, dove ci furono violenti scontri tra antagonisti e forze dell’ordine.

      https://www.lastampa.it/torino/2021/09/15/news/mandato-d-arresto-europeo-per-emilio-scalzo-storico-attivista-no-tav-1.4070

      –-> si je comprends bien, il a donc été effectivement arrêté ces jours-ci, en septembre 2021

    • Sull’estradizione di Emilio: ultimi aggiornamenti

      Ieri 3 dicembre si è scritta una delle pagine più infami della storia di Emilio.

      Sveglia presto nel carcere di Torino, trasferimento, estradizione. Parole confuse che arrivano per competenza agli avvocati che informano i familiari.

      E’ dunque arrivato il richiamo del coloniale impero francese che voleva dentro le sue gabbie Emilio. Tragitto veloce verso Briancon e lì subito identificazione e “presa in possesso” del detenuto.

      Come nei più macabri noir si corre verso Gap dove in poche ora incontra l’avvocato, si presenta al giudice istruttore e a seguire di fronte ad un collegio giudicante. Sarà a fine serata decisa la detenzione in carcere.

      Sono passate neanche 12 ore dalla partenza e la Francia ha “bruciato” quello che in Italia avviene normalmente in 21 giorni.

      Arresto, colloquio con avvocato, interrogatorio di garanzia, eventuale conferma dell’arresto e a seguire ricorso al tribunale delle libertà di fronte ad un collegio giudicante.

      Stessa schifezza sia in Italia che in Francia se pensiamo alla figura di Emilio, a ciò di cui è accusato e al suo prodigarsi nel soccorso a questa umanità in fuga e in transito sulle nostre montagne.

      Stridono però i tempi oltre il confine. In 12 ore si è impacchettato il tutto.

      Una “farsa” recitata anche male di una decisione già presa da tempo, dal giorno in cui venne attivato con tanto livore e cattiveria il mandato di cattura europeo.

      Ora Emilio è stato trasferito a Aix Luynes vicino Marsiglia, a 300 km da casa nel 3° carcere per importanza di Francia. La scelta della prigione aggiunge certezza a quanto detto prima.

      Questa è la giustizia, che niente ha a che vedere con i Giusti e che oggi più che mai, con loro si scontra.

      Emilio Libero! No all’estradizione!

      Libertà per i/le No Tav!

      https://www.notav.info/post/sullestradizione-di-emilio-ultimi-aggiornamenti

    • Répression sans frontières contre un activiste solidaire

      Figure de la lutte « No Tav » et de l’accueil des exilé·es sur le versant italien des Alpes, Emilio Scalzo a été extradé en France. À 66 ans, cet habitant du val de Suse est accusé d’avoir blessé un gendarme français lors d’une manifestation anti-frontières aux confins des Hautes-Alpes. Lui dit n’avoir fait que se défendre face à une agression gratuite. Il vient de passer deux mois en prison à Aix-en-Provence et n’a toujours pas le droit de quitter les Bouches-du-Rhône.

      Le 15 mai 2021, c’est jour de manifestation entre Clavière (Italie) et Montgenèvre (Hautes-Alpes). Manière, pour les militant·es de l’accueil des exilé·es et de l’ouverture des frontières, de répondre à la récente fermeture de la Casa Cantoniera, un refuge autogéré pour les personnes migrantes en transit à Oulx, petit bourg du val de Suse situé à une vingtaine de kilomètres de la France. Il s’agit surtout de protester plus largement contre la mortifère militarisation de cette frontière montagneuse, que Paris s’échine à fermer aux exilé·es en ne cessant d’y envoyer des renforts policiers et autres drones afin d’en rendre la traversée plus compliquée. Et dangereuse.

      Parmi les manifestant·es, un certain Emilio Scalzo, 66 ans, poissonnier à la retraite. Depuis que son village, Bussoleno, est devenu voie de passage pour les migrant·es cherchant à passer en France, il s’est grandement investi dans l’organisation de l’accueil, quitte à entrer en conflit avec les autorités. La confrontation politique, il en a l’habitude : depuis des années, il est une figure du mouvement « No Tav1 », qui s’oppose à la construction de la ligne ferroviaire à grande vitesse entre Lyon et Turin. À la fin de la biographie qu’elle lui a consacrée, A testa alta (Intra Moenia, 2020), sa camarade de lutte Chiara Sasso liste 27 procédures judiciaires le concernant, notamment pour des actions de blocage des routes d’accès au chantier.

      Mais ce jour-là, l’activiste est fatigué. Il a mal aux genoux et renonce à suivre les plus déterminé·es des manifestant·es, qui continuent d’avancer malgré les gaz lacrymogènes lancés par les forces de l’ordre françaises. Pour se reposer, le sexagénaire s’assoit en retrait, seul. Mais voilà que des gendarmes mobiles arrivent. « Ils m’ont dit en français : “Reculez, reculez !” Je ne comprenais pas ce que ça voulait dire », raconte Emilio en italien. Selon son récit, les militaires jettent alors une grenade lacrymogène dans sa direction. « Ensuite, un des gendarmes est arrivé avec sa matraque, reprend Emilio. Pour me défendre, j’ai ramassé un bout de bois par terre. Quand il a essayé de me frapper au visage, j’ai voulu faire tomber sa matraque, mais je l’ai touché au bras… Maintenant il dit que c’est moi l’agresseur et je me suis retrouvé en prison ! Mais je jure que tout ce que j’ai fait, c’est me défendre. »
      L’artillerie (judiciaire) lourde

      Cette journée du 15 mai, le gendarme rebrousse chemin et Emilio peut rentrer chez lui. Mais une procédure est lancée. Quelques temps plus tard, il est identifié. Le procureur de Gap émet un mandat d’arrêt européen contre lui. En septembre, Emilio est arrêté dans les rues de son village. Emprisonné quelques jours à Turin, il est ensuite assigné à résidence. Début décembre, il est remis aux autorités françaises. Mis en examen pour « violences aggravées » par un juge d’instruction gapençais, il est placé en détention provisoire dans la foulée au centre pénitentiaire de Luynes, à Aix-en-Provence.

      L’acceptation sans anicroche de cette extradition par la justice transalpine pose une question : pour les autorités italiennes, qui espèrent obtenir de la France l’extradition d’anciens activistes des Brigades rouges, ne s’agirait-il pas d’un cadeau préalable appelant à un renvoi d’ascenseur ?

      Me Matteo Bonaglia, l’avocat français d’Emilio, s’indigne en tout cas de la « disproportion » manifeste entre les faits et les procédés coercitifs réservés à son client, qui aurait pu être tout simplement convoqué en audition libre.

      Fin janvier, le juge d’instruction gapençais refuse une première demande de remise en liberté. Me Bonaglia en appelle à la chambre de l’instruction de Grenoble. Début février, celle-ci inflige un double camouflet aux magistrats de Gap. D’abord, le mandat d’arrêt européen émis par le procureur est annulé, « preuve rétroactive qu’il n’était pas nécessaire », dixit Me Bonaglia, pour qui ce genre de procédé n’est censé être utilisé qu’en ultime recours, ou dans des « affaires particulièrement graves ». Ensuite, Emilio est remis en liberté. Gros bémol, cependant : la procédure dans son ensemble se poursuit et le militant reste sous contrôle judiciaire, avec interdiction de quitter le département des Bouches-du-Rhône. Il a aussi l’obligation de pointer une fois par semaine à la gendarmerie de Lançon-de-Provence, commune située à quatre heures de route de son village italien. Son procès ne se tiendra pas avant des mois.

      http://cqfd-journal.org/Repression-sans-frontieres-contre

  • Oulx, sgomberata la #Casa_cantoniera occupata dagli anarchici italiani e francesi

    Lo scorso gennaio un migrante era stato ferito con un’arma da taglio dopo una lite con un altro poi fuggito

    OULX. È in corso dalle prime ore di questa mattina lo sgombero della Casa cantoniera alle porte di Oulx, in #Valle_di_Susa, sulla statale 24, occupata da anarchici francesi e italiani nel dicembre 2018. Digos, carabinieri e vigili del fuoco stanno cercando di abbattere una delle barriere.

    L’occupazione dell’edificio, dopo lo sgombero del seminterrato della parrocchia di Claviere, si inseriva nella contestazione della galassia anarchica contro le frontiere e le politiche immigratorie. La prima tappa era stata un’assemblea a San Didero nel dicembre 2018, dove anarchici e antagonisti della rete «#Briser_les_frontières» avevano annunciato forme di sostegno ai migranti che affrontano il Colle della Scala per raggiungere la Francia. All’inizio c’erano state iniziative di raccolte di indumenti e di contributi alimentari ed economici. Poi era arrivata la propaganda politica e di protesta contro il sistema di accoglienza organizzato dalle amministrazioni locali: una saletta nella stazione ferroviaria di Oulx, i presidi umanitari della Croce Rossa di Susa e delle associazioni di volontariato.

    https://www.lastampa.it/torino/2021/03/23/news/oulx-sgomberata-la-casa-cantoniera-occupata-dagli-anarchici-italiani-e-fran

    #Oulx #chez_Jésoulx #asile #migrations #réfugiés #Italie #Briançonnais #Val_Susa #frontières #destruction #démantèlement #frontière_sud-alpine

    ping @isskein @karine4

    • Migranti, sgombero al presidio in #Val_di_Susa. “Persone fragili finiranno in strada”

      Le forze dell’ordine hanno mandato via gli occupanti dell’ex casa cantoniera diventata un rifugio per i transitanti sulla rotta alpina. Franchi (Rainbow for Africa): “Nostri operatori al lavoro per organizzare assistenza, non ci sono alternative”

      https://www.redattoresociale.it/article/notiziario/migranti_sgombero_al_presidio_di_oulx_rischio_persone_fragili_finis

    • Sgomberato Chez JesOulx

      Brutto risveglio questa mattina alla ex casa cantoniera di Oulx, divenuta, dopo l’occupazione del dicembre 2018, un rifugio autogestito per la gente in viaggio.
      All’alba polizia in antosommossa, digos, vigili del fuoco e Croce Rossa hanno circondato il rifugio.
      Le barricate antisgombero hanno retto per un’ora e mezza. Poi, grazie all’intervento dei vigili del fuoco, le forze dell’ordine sono riuscite ad entrare nella casa, dove dormivano una quarantina di uomini, donne e bambini.
      I solidali sono stati circondati ed isolati all’esterno della casa, la gente in viaggio è stata accompagnata alla tenda della Croce Rossa per un controllo sanitario. Successivamente i migranti sono stati spostati nella struttura dei salesiani di Oulx e in un istituto di suore a Susa.
      Le persone senza documenti sono state portate al commissariato di Bardonecchia.
      I solidali accorsi nel frattempo sono stati tenuti lontani.

      In questo stesso giorno comincia il processo per l’occupazione del primo rifugio autogestito, il sottochiesa occupato di Claviere.

      Questo sgombero è un ulteriore tassello nel processo di criminalizzazione della solidarietà attiva ai migranti. Sappiamo bene che la gente in viaggio continuerà a cercare di bucare la frontiera. Da oggi, senza sostegno, informazioni, scarpe adatte, la lista, già pesante delle vite inghiottite dalla frontiera si allungherà ancora.

      Ne abbiamo parlato con due solidali, Nina e Monica

      https://radioblackout.org/2021/03/sgomberato-chez-jesoulx

  • Eritrea, la ferita del colonialismo e quei figli dimenticati dall’Italia

    Negata la cittadinanza ai discendenti delle donne vittime di una delle pagine più buie del Paese: «Vogliamo ridare dignità alla nostra storia»

    https://www.lastampa.it/topnews/primo-piano/2021/03/14/news/eritrea-la-ferita-del-colonialismo-e-quei-figli-dimenticati-dall-italia-1.4

    #Erythrée #Italie #colonialisme #histoire_coloniale #colonisation #femmes #paternité #citoyenneté #descendants #descendance #enfants #fils
    #paywall

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    ajouté à la métaliste sur l’Italie coloniale:
    https://seenthis.net/messages/871953

  • Pubblicato il dossier di RiVolti ai Balcani

    L’obiettivo: rompere il silenzio sulla rotta balcanica, denunciando quanto sta avvenendo in quei luoghi e lanciando chiaro il messaggio che i soggetti vulnerabili del #game” non sono più soli.

    Il report “Rotta Balcanica: i migranti senza diritti nel cuore dell’Europa” della neonata rete “RiVolti ai Balcani” è composta da oltre 36 realtà e singoli impegnati nella difesa dei diritti delle persone e dei principi fondamentali sui quali si basano la Costituzione italiana e le norme europee e internazionali.

    Il report è la prima selezione e analisi ragionata delle principali fonti internazionali sulle violenze nei Balcani che viene pubblicata in Italia. Un capitolo esamina la gravissima situazione dei respingimenti alla frontiera italo-slovena.

    http://www.icsufficiorifugiati.org/la-rotta-balcanica-i-migranti-senza-diritti-nel-cuore-delleurop

    #rapport #rivolti_ai_balcani #ICS #Trieste #Italie #frontière_sud-alpine #Slovénie #push-backs #refoulement #refoulements #réfugiés #asile #migrations #Balkans #route_des_balkans #the_game

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    Fil de discussion commencé en 2018 sur les réadmissions entre Italie et Slovénie :
    https://seenthis.net/messages/733273

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    ajouté à la métaliste sur les #refoulements_en_chaîne sur la #route_des_Balkans :
    https://seenthis.net/messages/1009117

    • Riammissioni tra Italia e Slovenia : 32 migranti rimandati di nuovo sulla Rotta

      „Tante sono le persone che il Dipartimento di polizia di #Capodistria ha ricevuto da parte delle autorità italiane. Nel giro di qualche settimana tenteranno nuovamente di passare“

      Continua il fenomeno delle riammissioni di migranti che le autorità italiane riconsegnano alla polizia slovena in base agli accordi firmati tra Roma e Lubiana nel 1996. Nelle ultime 24 ore sono 32 le persone rimandate nel territorio della vicina repubblica. Nel dettaglio, sono 31 cittadini di origine pakistana e una persona proveniente invece dal Marocco. La Rotta balcanica alle spalle di Trieste ha ripreso vigore nelle ultime settimane, con la conferma che arriva dai dati diffusi dal Dipartimento di polizia di Capodistria negli ultimi 10 giorni e dal corposo rintraccio avvenuto due giorni fa nella zona della #val_Rosandra, in comune di #San_Dorligo_della_Valle/Dolina.

      I dati dell’ultimo periodo

      Ai circa 150 migranti rintriaccati dalle autorità slovene negli ultimi giorni, vanno agigunti altri 13 cittadini afghani e quattro nepalesi. Dai campi profughi della Bosnia è iniziata la fase che vede i migranti tentare di passare i confini prima dell’arrivo delle rigide temperature che caratterizzano l’inverno sulla frontiera con la Croazia. Riuscire a farcela prima che cominicino le forti nevicate signfiica non dover aspettare fino a primavera. Nel frattempo, gli addetti ai lavori sono convinti che non passeranno troppe settimane prima che gli stessi migranti riammessi in Slovenia vengano nuovamente rintracciati in territorio italiano.

      https://www.triesteprima.it/cronaca/rotta-balcanica-migranti-slovenia-italia-riammissioni.html

      #accord_de_réadmission #accord_bilatéral #frontières #expulsions #renvois #refoulement #migrations #asile #réfugiés #réadmission

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      ajouté à cette liste sur les accords de réadmission entre pays européens :
      https://seenthis.net/messages/736091

    • "Le riammissioni dei migranti in Slovenia sono illegali", il Tribunale di Roma condanna il Viminale

      Per la prima volta un giudice si pronuncia sulla prassi di riportare indietro i richiedenti asilo in base a un vecchio accordo bilaterale. «Stanno violando la Costituzione e la Carta europea dei diritti fondamentali». L’ordinanza nasce dal ricorso di un 27 enne pakistano

      «La prassi adottata dal ministero dell’Interno in attuazione dell’accordo bilaterale con la Slovenia è illlegittima sotto molteplici profili». Non sono le parole di un’associazione che tutela i diritti dei migranti o di una delle tante ong che denuncia da mesi violenze e soprusi sulla rotta balcanica. Questa volta a dirlo, o meglio, a scriverlo in un’ordinanza a suo modo storica e che farà giurisprudenza, è una giudice della Repubblica. E’ il primo pronunciamento di questo tipo. Un durissimo atto d’accusa che porta l’intestazione del «Tribunale ordinario di Roma - Sezione diritti della persona e immigrazione» e la data del 18 gennaio 2021. Con le riammissioni informali sul confine italo-sloveno, che si tramutano - come documentato di recente anche da Repubblica - in un respingimento a catena fino alla Bosnia, il governo italiano sta violando contemporaneamente la legge italiana, la Costituzione, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e persino lo stesso accordo bilaterale.

      La storia di Mahmood

      L’ordinanza emessa dalla giudice Silvia Albano è l’esito di un procedimento cautelare d’urgenza. Il pakistano Mahmood contro il ministero dell’Interno. Nel ricorso presentato ad ottobre dagli avvocati dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) si chiedeva al Tribunale «di accertare il diritto del signor Mahmood a presentare domanda di protezione internazionale in Italia». La storia di questo 27 enne non è diversa da quella di migliaia di migranti che partecipano al Game, come nei campi profughi della Bosnia è stata beffardamente ribattezzata la pericolosa traversata dei boschi croati e sloveni. A metà del luglio scorso Mahmood raggiunge la frontiera di Trieste dopo il viaggio lungo rotta balcanica durante il quale ha subito violenze e trattamenti inumani, provati da una serie di fotografie che ha messo a disposizione del magistrato. E’ fuggito dal Pakistan «per le persecuzioni a causa del mio orientamento sessuale». Giunto in Italia insieme a un gruppo di connazionali, è rintracciato dagli agenti di frontiera e portato in una stazione di polizia italiana.

      «Minacciato coi bastoni dalla polizia italiana»

      Nel suo ricorso Mahmood sostiene di aver chiesto esplicitamente ai poliziotti l’intenzione di presentare la domanda di protezione internazionale. Richiesta del tutto ignorata. La sua testimonianza, evidentemente ritenuta attendibile dalla giudice Albano, prosegue col racconto di quanto accaduto all’interno e nelle vicinanze della stazione di frontiera. Si legge nell’ordinanza: «Gli erano stati fatti firmare alcuni documenti in italiano, gli erano stati sequestrati i telefoni ed erano stati ammanettati. Poi sono stati caricati su un furgone e portati in una zona collinare e intimati, sotto la minaccia di bastoni, di correre dritti davanti a loro, dando il tempo della conta fino a 5. Dopo circa un chilometro erano stati fermati dagli spari della polizia slovena che li aveva arrestati e caricati su un furgone». Da lì in poi il suo destino del pakistano è segnato: riportato nell’affollato campo bosniaco di Lipa, ha dormito alcune notti in campagna, infine ha trovato rifugio in un rudere a Sarajevo.

      Il Viminale non poteva non sapere

      Secondo il Tribunale di Roma ci sono tre solide ragioni per ritenere illegali le riammissioni in Slovenia. La prima. Avvengono senza che sia rilasciato alcun pezzo di carta legalmente valido. «Il riaccompagnamento forzato - scrive Albano - incide sulla sfera giuridica degli interessati quindi deve essere disposto con un provvedimento amministrativo motivato impugnabile innanzi all’autorità giudiziaria». La seconda attiene al rispetto della Carta dei diritti fondamentali, che impone la necessità di esame individuale delle singole posizioni e vieta espulsioni collettive. E’ uno dei passaggi più significativi dell’ordinanza. «Lo Stato italiano non avrebbe dovuto dare corso ai respingimenti informali. Il ministero era in condizioni di sapere, alla luce dei report delle Ong, delle risoluzioni dell’Alto Commissariato Onu per i rifugiati e delle inchieste dei più importanti organi di stampa internazioanale, che la riammissione in Slovenia avrebbe comportato a sua volta il respingimento in Bosnia nonché che i migranti sarebbero stati soggetti a trattamenti inumani».

      Infine la terza ragione, che sbriciola la posizione ufficiale del Viminale, rappresentata al Parlamento dal sottosegretario Achille Variati durante un question time in cui è stato affermato che le riammissioni si applicano a tutti, anche a chi vuol presentare domanda di asilo. Scrive invece la giudice: «Non si può mai applicare nei confronti di un richiedente asilo senza nemmeno provvedere a raccogliere la sua domanda, con una prassi che viola la normativa interna e sovranazionale e lo stesso contenuto dell’Accordo bilaterale con la Slovenia».

      La condanna

      Per queste tre ragioni, il Viminale è condannato a prendere in esame la domanda di asilo di Mahmood, consentendogli l’immediato ingresso nel territorio italiano, e a pagare le spese legali. E’ la vittoria di Gianfranco Schiavone, componente del direttivo Asgi e presidente del Consorzio italiano di Solidarietà, che da mesi denuncia quanto sta accadendo sul confine italo-sloveno. Nel 2020 le riammissioni informali sono state circa 1.300. E’ la vittoria soprattutto delle due legali che hanno presentato il ricorso e sostenuto la causa, Anna Brambilla e Caterina Bove. «Siamo molto soddisfatte della pronuncia», commenta Brambilla. «Alla luce di questa ordinanza si devono interrompere subito le riammissioni informali in Slovenia perché sia garantito l’accesso al diritto di asilo».

      https://www.repubblica.it/cronaca/2021/01/21/news/viminale_condannato_riammissioni_illegali_respingimenti_slovenia_migranti

      #condamnation #justice

    • I respingimenti italiani in Slovenia sono illegittimi. Condannato il ministero dell’Interno

      Per il Tribunale di Roma le “riammissioni” del Viminale a danno dei migranti hanno esposto consapevolmente le persone, tra cui richiedenti asilo, a “trattamenti inumani e degradanti” lungo la rotta balcanica e a “torture” in Croazia. Il caso di un cittadino pachistano respinto a catena in Bosnia. L’avvocata Caterina Bove, co-autrice del ricorso, ricostruisce la vicenda e spiega perché l’ordinanza è importantissima

      I respingimenti voluti dal ministero dell’Interno italiano e praticati con sempre maggior intensità dalla primavera 2020 al confine con la Slovenia sono “illegittimi”, violano obblighi costituzionali e del diritto internazionale, e hanno esposto consapevolmente i migranti in transito lungo la “rotta balcanica”, inclusi i richiedenti asilo, a “trattamenti inumani e degradanti” oltreché a “vere e proprie torture inflitte dalla polizia croata”.

      A cristallizzarlo, demolendo la prassi governativa delle “riammissioni informali” alla frontiera orientale, è il Tribunale ordinario di Roma (Sezione diritti della persona e immigrazione) con un’ordinanza datata 18 gennaio 2021 e giunta a seguito di un ricorso presentato dalle avvocate Caterina Bove e Anna Brambilla (foro di Trieste e Milano, socie Asgi) nell’interesse di un richiedente asilo originario del Pakistan respinto dall’Italia nell’estate 2020 una volta giunto a Trieste e ritrovatosi a Sarajevo a vivere di stenti.

      Le 13 pagine firmate dalla giudice designata Silvia Albano tolgono ogni alibi al Viminale, che nemmeno si era costituito in giudizio, e riconoscono in capo alle “riammissioni informali” attuate in forza di un accordo bilaterale Italia-Slovenia del 1996 la palese violazione, tra le altre fonti, della Costituzione, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. E non solo quando colpiscono i richiedenti asilo ma tutte le persone giunte al confine italiano.

      Abbiamo chiesto all’avvocata Caterina Bove, co-autrice del ricorso insieme a Brambilla, di spiegarci perché questa ordinanza segna un punto di svolta.

      Avvocata, facciamo un passo indietro e torniamo al luglio 2020. Che cosa è successo a Trieste?
      CB Dopo aver attraversato la “rotta balcanica” con grande sofferenza e aver tentato almeno dieci volte di oltrepassare il confine croato, il nostro assistito, originario del Pakistan, Paese dal quale era fuggito a seguito delle persecuzioni subite a causa del proprio orientamento sessuale e dell’essersi professato ateo, ha raggiunto Trieste nell’estate 2020. Lì, è stato intercettato dalla polizia italiana che lo ha accompagnato in un luogo gestito dalle autorità di frontiera.

      E poi?
      CB Presso quella che noi ipotizziamo si trattasse di una caserma (probabilmente la Fernetti, ndr) il ricorrente ha espresso più volte la volontà di accedere alla procedura di asilo. Invece di indirizzarlo presso le autorità competenti a ricevere la domanda di asilo, è stato fotosegnalato, trattenuto insieme ad altri in maniera informale e senza alcun provvedimento dell’autorità giudiziaria. Gli hanno fatto solo firmare dei documenti scritti in italiano e sequestrato il telefono. Dopodiché lo hanno ammanettato, caricato bruscamente su una camionetta e poi rilasciato su una zona collinare al confine con la Slovenia.

      In Slovenia, scrivete nel ricorso, hanno trascorso una notte senza possibilità di avere accesso ai servizi igienici, cibo o acqua. Quando chiedevano di usare il bagno “gli agenti ridevano e li ignoravano”.
      CB Confermo. Veniamo ora al respingimento a catena in Croazia. Il ricorrente e i suoi compagni vengono scaricati dalla polizia al confine e “accolti” da agenti croati che indossavano magliette blu scuro con pantaloni e stivali neri. I profughi vengono fatti sdraiare a terra e ammanettati dietro la schiena con delle fascette. Vengono presi a calci sulla schiena, colpiti con manganelli avvolti con filo spinato, spruzzati con spray al peperoncino, fatti rincorrere dai cani dopo un conto alla rovescia cadenzato da spari in aria.

      Queste circostanze sono ritenute provate dal Tribunale. In meno di 48 ore dalla riammissione a Trieste il vostro assistito si ritrova in Bosnia.
      CB Il ricorrente ha raggiunto il campo di Lipa, a pochi chilometri da Bihać, che però era saturo. Così ha raggiunto Sarajevo, dove vive attualmente spostandosi tra edifici abbandonati della città. La polizia bosniaca lo sgombera di continuo.

      Come avete fatto a entrare in contatto con lui?
      CB La sua testimonianza è stata prima raccolta dal Border Violence Monitoring Network e poi dal giornalista danese Martin Gottzske per il periodico Informatiòn.

      “La prassi adottata dal ministero dell’Interno in attuazione dell’accordo bilaterale con la Slovenia e anche in danno dell’odierno ricorrente è illegittima sotto molteplici profili”, si legge nell’ordinanza. Possiamo esaminarne alcuni?
      CB Il punto di partenza del giudice è che l’accordo bilaterale firmato nel settembre 1996 non è mai stato ratificato dal Parlamento italiano e ciò comporta che non può prevedere modifiche o derogare alle leggi vigenti in Italia o alle norme dell’Unione europea o derivanti da fonti di diritto internazionale.

      “Sono invece numerose le norme di legge che vengono violate dall’autorità italiana con la prassi dei cosiddetti ‘respingimenti informali in Slovenia’”, continua il Tribunale.
      CB Infatti. La riammissione avviene senza che venga emesso alcun provvedimento amministrativo. Le persone respinte non vengono informate di cosa sta avvenendo nei loro confronti, non ricevono alcun provvedimento amministrativo scritto e motivato e dunque non hanno possibilità di contestare le ragioni della procedura che subiscono, tantomeno di provarla direttamente. Questo viola il loro diritto di difesa e a un ricorso effettivo, diritti tutelati dall’articolo 24 della Costituzione, dall’art. 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

      Dunque è una violazione che non dipende dalla condizione di richiedente asilo.
      CB Esatto, anche qui sta l’importanza del provvedimento e la sua ampia portata. Poi c’è la questione della libertà personale: la persona sottoposta a riammissione si vede ristretta la propria libertà personale senza alcun provvedimento dell’autorità giudiziaria, come invece previsto dall’art. 13 della nostra Costituzione.

      Arriviamo al cuore della decisione. La giudice scrive che “Lo Stato italiano non avrebbe dovuto dare corso ai respingimenti informali in mancanza di garanzie sull’effettivo trattamento che gli stranieri avrebbero ricevuto [in Croazia, ndr] in ordine al rispetto dei loro diritti fondamentali, primi fra tutti il diritto a non subire trattamenti inumani e degradanti e quello di proporre domanda di protezione internazionale”. E aggiunge che il ministero “era in condizioni di sapere” delle “vere e proprie torture inflitte dalla polizia croata”.
      CB È accolta la nostra tesi, fondata su numerosi report, inchieste giornalistiche, denunce circostanziate di autorevoli organizzazioni per i diritti umani.
      La riammissione, anche a prescindere dalla richiesta di asilo, viola l’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo che reca il divieto di trattamenti inumani e degradanti e l’obbligo di non respingimento in caso lo straniero possa correre il rischio di subire tali trattamenti. Ogni Stato è cioè responsabile anche se non impedisce che questi trattamenti avvengano nel luogo dove la persona è stata allontanata.
      In questo senso è un passaggio molto importante perché allarga la portata della decisione a tutte le persone che arrivano in Italia e che vengono rimandate indietro secondo la procedura descritta.
      È noto il meccanismo di riammissione a catena ed è nota la situazione in Croazia.

      La ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, il 13 gennaio 2021, ha ribadito però che Slovenia e Croazia sarebbero “Paesi sicuri”.
      CB Il Tribunale descrive una situazione diversa e ribadisce che la riammissione non può mai essere applicata nei confronti dei richiedenti asilo e di coloro che rischiano di essere sottoposti a trattamenti inumani e degradanti.

      Che cosa succede ora?
      CB Considerato il comportamento illecito delle autorità italiane, il Tribunale fa diretta applicazione dell’art. 10 comma 3 della Costituzione consentendo l’ingresso sul territorio nazionale al ricorrente al fine di presentare la domanda di protezione internazionale, possibilità negatagli al suo arrivo. Non c’è un diritto di accedere al territorio italiano per chiedere asilo “da fuori” però, in base a questa norma come declinata dalla Corte di Cassazione, esiste tale diritto di ingresso se il diritto d’asilo sul territorio è stato negato per un comportamento illecito dell’autorità.
      Quindi il ricorrente dovrà poter fare ingresso il prima possibile per fare domanda di asilo. Spero che possa essergli rilasciato al più presto un visto d’ingresso.

      E per chi è stato respinto in questi mesi? Penso anche ai richiedenti asilo respinti, pratica confermata dal Viminale nell’estate 2020 e recentemente, a parole, “rivista”.
      CB Purtroppo per il passato non sarà facilissimo tutelare le persone respinte attraverso simili ricorsi perché le persone subiscono lungo la rotta la sistematica distruzione dei loro documenti di identità, dei telefonini e delle foto e, anche tenuto conto di come vivono poi in Bosnia, diventa per loro difficile provare quanto subito ma anche provare la propria identità. Per il futuro questa decisione chiarisce l’illegalità delle procedure di riammissione sia nei confronti dei richiedenti asilo sia dei non richiedenti protezione. Deve essere assicurato l’esame individuale delle singole posizioni.

      https://altreconomia.it/i-respingimenti-italiani-in-slovenia-sono-illegittimi-condannato-il-min

    • Tratto dal rapporto “#Doors_Wide_Shut – Quarterly report on push-backs on the Western Balkan Route” (Juin 2021):

      Pushbacks from Italy to Slovenia have been virtually suspended, following the visibility and advocacy pursued by national civil society actors on chain pushbacks and potentially reinforced by the January Court of Rome ruling. However, at least two reports on chain pushbacks from Italy through Slovenia and Croatia to BiH have been recorded in May 2021, by the Border Violence Monitoring Network (BVMN). As irregular movements continue, the question remains whether Italy will ensure access to individual formal procedures for those entering its territory from Slovenia and seeking asylum.

      https://helsinki.hu/en/doors-wide-shut-quarterly-report-on-push-backs-on-the-western-balkan-route
      https://seenthis.net/messages/927293

    • Italian Court Ruling on Chain Pushback

      A new ruling from the Court of Rome has been released, finding in favour of an applicant who was subject to an illegal chain pushback from Italy, via Slovenia and Croatia, to Bosnia-Herzegovina. This important development was brought to the court by Italian legal association ASGI, and supported by the Border Violence Monitoring Network (BVMN), who provided a first hand testimony from the applicant. The court found unequivocal evidence of violations of international law, and acknowledged the applicant’s right to enter Italy immediately, and to full and proper access to the asylum system.

      The pushback, which was recorded by BVMN member Fresh Response in Sarajevo, involved violations from all three EU member states who combined to eject the transit group into Bosnia-Herzegovina. In particular, the court found Italian authorities, who initiated the pushback, to have breached:

      - Access to asylum
      - Obligations on Non-refoulement
      - Application of detention
      - Right to effective remedies

      You can read more about the ruling in the press release below:
      https://www.borderviolence.eu/wp-content/uploads/Decisione-del-Tribunale.pdf

      https://www.borderviolence.eu/italian-court-ruling-on-chain-pushback

  • Il naufragio della Katër i Radës - #Wikiradio del 28/03/2016 - Rai Radio 3 - RaiPlay Radio
    https://www.raiplayradio.it/audio/2016/03/Il-naufragio-della-Kater-iRades---Wikiradio-del-28032016-dbb214b2-6f12-

    Il 28 marzo 1997, in seguito allo speronamento di una nave della Marina Militare Italiana, la motovedetta Katër i Radës naufraga nel canale d’ #Otranto provocando la morte di 81 albanesi
    con #AlessandroLeogrande

    Repertorio
    – Scena dal film “Aprile” di Nanni Moretti (1998)
    – Servizio del GR1 del 30 Marzo 1997
    – Clip da Tre Soldi (Radio3) del 27 Marzo 2012 (Kater I Rades di Ornella Bellucci)
    – Clip da Tre Soldi (Radio3) del 28 Marzo 2012 (Kater I Rades di Ornella Bellucci)
    – Servizio del GR1 del 29 Marzo 1997
    – Dichiarazioni del PM Leonardo Leone De Castris dal GR1 del 29 Marzo 1997
    – Servizio del TGR Puglia del 30 Giugno 2011
    – Clip da Tre Soldi (Radio3) del 29 Marzo 2012 (Kater I Rades di Ornella Bellucci)
    – Servizio del TGR Puglia del 29 Gennaio 2012
    – Clip da Tre Soldi (Radio3) del 28 Marzo 2012 (Kater I Rades di Ornella Bellucci)

    #italie #migration #naufrage #albanie #KaterIRades @cdb_77 #1997 #podcast #harassement

  • Il #18_politico

    Professoressa nell’occhio del ciclone per la volontà di assegnare un “18 politico” agli studenti impegnati nel suo esame al #Campus_Einaudi durante gli scontri.

    La professoressa #Raffaella_Ferrero_Camoletto, del dipartimento di Culture, Politica e Società dell’#Università_di_Torino, finisce nell’occhio del ciclone dopo aver comunicato la sua volontà di assegnare un «18 politico» agli studenti che erano impegnati nel suo esame al Campus Einaudi durante gli scontri dello scorso venerdì. Per il segretario provinciale del Siulp, Eugenio Bravo, la decisione della docente «ha dell’incredibile». «Che sostenere gli esami universitari, mentre è in corso un’occupazione, avrebbe potuto suscitare preoccupazione tra gli studenti, è un dato di fatto» ha affermato Bravo. «In questo Paese - ha aggiunto - le azioni di prevenzione delle forze dell’ordine sono interpretate soprattutto da particolari aree politiche, sempre in senso negativo. Ma che possano quasi diventare il pretesto per superare un esame universitario, è incredibile». La decisione di interrompere gli esami è stata condivisa anche dall’ateneo «in modo da tutelare gli studenti e i docenti che in quel momento si trovavano al Campus» ha confermato il rettore Stefano Geuna, che ha anche manifestato la sua vicinanza «a tutti coloro, ragazzi e professori, che hanno dovuto assistere a quei momenti di violenza».

    https://www.lastampa.it/rubriche/buongiorno-torino/2020/02/19/news/il-18-politico-1.38487844
    #Turin #Italie #université #résistance #18_politique #occupation #examens #examens_universitaires #violence

    • #Foibe, scontro al Campus Einaudi di Torino tra Fuan e antagonisti: 4 fermati – video –

      Tensioni questo pomeriggio al Campus Einaudi di Torino: durante un convegno intitolato “Fascismo, colonialismo e foibe”, organizzato da alcune sezioni dell’#Anpi del Torinese e dal gruppo #No_Tav, alcuni tra i militanti del #Fuan, organizzazione universitaria di estrema destra, ha effettuato un volantinaggio per protestare contro il convegno.

      A quel punto le due fazioni apposte sono passate allo scontro.

      Quattro antagonisti sono stati fermati dalla Digos. Ingenti i danni causati all’aula Borsellino, assegnata al Fuan, che stava tenendo il volantinaggio di protesta. Il parapiglia quando un gruppo di antagonisti ha cercato di superare le forze dell’ordine e di raggiungere gli studenti di destra. Danneggiata un’auto della polizia, accerchiata e presa a calci. Tre poliziotti sono rimasti feriti.

      “Oggi il FUAN, gruppo studentesco fascista, è venuto in università con la scorta che ha blindato completamente la struttura.
      Numerose cariche sono state fatte sul raggruppamento di studenti* che hanno impedito a questi razzisti di distribuire i loro volantini indisturbati – scrive il Collettivo Universitario Autonomo – Torino – Durante la contestazione sono state arrestate 3 persone, (4, ndr) student* di questa università.

      “È inaccettabile, commenta invece il presidente del FUAN Andrea Montalbano, che l’università permetta un convegno di stampo “giustificazionista” sulle foibe: in questo modo la memoria delle migliaia di persone innocenti che persero la vita solo perché italiani è infangata ancora una volta”.

      https://www.quotidianopiemontese.it/2020/02/13/scontro-al-campus-einaudi-di-torino-tra-fuan-e-antagonisti-vide

      #extrême_droite #racisme

  • Gli incendi in Australia hanno svelato un sistema di acquacoltura antico 6600 anni - La Stampa
    https://www.lastampa.it/viaggi/mondo/2020/01/26/news/gli-incendi-in-australia-hanno-svelato-un-sistema-di-acquacoltura-antico-66

    Ora quegli alberi non esistono più. Ma grazie a delle riprese aeree gli archeologi hanno individuato quello che era un antico sistema d’irrigazione creato dagli indigeni, nonché costruzioni in pietra e trappole per le anguille risalenti a 6600 anni fa, il che potrebbe aver rivelato il primo sistema di acquacoltura al mondo, più vecchio delle piramidi egizie.

  • Aerei da pattugliamento e #radar. Ecco il piano segreto anti-sbarchi

    Si delinea la strategia del governo per dare supporto alle Guardie costiere di Libia e Tunisia.
    La Marina militare da sola non riesce a tenere sotto controllo il Mediterraneo e perciò si ricorrerà anche all’Aeronautica. Oltre le navi che già presidiano il mare a sud della Sicilia, saranno schierati aerei-radar, droni e aerei da pattugliamento. L’obiettivo sono i soliti barconi e barchini che partono da Libia e Tunisia. Questo il piano segreto di Matteo Salvini, condiviso dall’intero governo, per frenare le partenze dei clandestini e aiutare in maniera sostanziale le due Guardie costiere, quella libica e quella tunisina, le sole che possono operare nelle rispettive acque territoriali, ma non hanno una tecnologia all’altezza, occorre un salto di qualità. E a questo ci penseranno gli italiani con una rete di osservazione dal mare e dal cielo.

    https://www.lastampa.it/topnews/primo-piano/2019/07/09/news/aerei-da-pattugliamento-e-radar-nbsp-ecco-il-piano-segreto-anti-sbarchi-1.3
    #externalisation #asile #migrations #frontières #réfugiés #avions #miltiarisation_des_frontières #Méditerranée #Italie #Libye #gardes-côtes_libyens #gardes-côtes_tunisiens #Tunisie

    –----

    Ajouté à ces métalistes :
    1. Externalisation des contrôles frontaliers en #Libye :
    https://seenthis.net/messages/765324
    2. L’externalisation en #Tunisie (accords avec l’Italie notamment) :
    https://seenthis.net/messages/731749#message765330

    • Commentaire de Sara Prestianni, reçu par email via la mailing-list Migreurop :

      A completer la proposition des 10 motovedette à offrir à la Libye, circulent aujourd’hui autre propositions qui ont été présenté par la presse comme “le secret contre les débarquements” : remplir le ciel de la Méditerranée avec des avion-radar, drones et avions de patrouilles pour aider les Gardes Cotes Libyens Tunisiens pour que ils puissent rejoindre les migrants en mer avant des ong afin que les migrants soient ramenés en Tunisie et Libye et pas en Italie. L’objectif déclaré est que tout bateau soit bloqué avant que il ne rentre en eaux internationales et encore moins nationales italiens.

      Puisque la Marine ne suffirait pas à “garder sous contrôle la mer Méditerranée” le Gouvernement fait appelle donc appelle aussi à l’aéronautique militaire. Seront mis à disposition les avions Atr42 pour le patrouilles maritimes, les drones Predator, les avions radar G550 CAEW. L’ensemble des moyens aériens devront communiquer aux MRCC de compétence (qui dans la tete du Gouvernement sont celui libyen et tunisien”) pour que ils puissent intervenir.
      Selon le Ministre de l’Interieur Italien, Tunisie et Libye ne sont pas suffisamment équipées, elles n’ont pas de technologie à l’hauteur. Technologie qui sera donc fourni par l’Italie.

      Cela explique la grande satisfaction exprimée par Salvini à l’annonce de l’opération de interception mené par les Gardes Cotes Tunisiennes au large de Kerkennah. Mais dans son discours ne manque pas de les accuser “En Tunisie il y a des institutions libres, je ne comprends pas pourquoi ils ne contrôlent par leur frontières” déclare Salvini, ou encore “Puisque en Tunisie il y a un parlement et un Gouvernement qui reçoivent des milliers de euro par l’Europe, il faut que chacun faisse sa part”

      La Ministre de la Defense, Trenta, a donné son feu vert à ce qui a été définis “augmentation de la capacité de surveillance, repérage et intelligence”

      https://www.lastampa.it/topnews/primo-piano/2019/07/09/news/aerei-da-pattugliamento-e-radar-nbsp-ecco-il-piano-segreto-anti-sbarchi-1.3

      Face à un nombre très faible de arrivé (3000 en 6 mois), le constat du contexte libyen qui ne peut être considéré un port sure, la Tunisie non plus, la seule préoccupation du Gouvernement italien semble être celle de “sécher dans le temps” les ong, qui respectent le droit maritime ramèneraient les migrants dans un port sure (donc européen).

      Semblent bien loin le temps que l’Italie utilisait des forces militaires pour une mission de sauvetage, comme a été le cas pour Mare Nostrum en 2014 ….

    • Libia, festa della Marina: l’Italia consegna dieci nuove #motovedette

      Sabato scorso a Tripoli, nella base di #Sitta. Promesse dall’ex ministro Salvini a luglio scorso, i libici ne prendono possesso proprio nel giorno della scadenza del Memorandum

      La Marina libica ha festeggiato il 57esimo anniversario della sua fondazione prendendo possesso delle dieci nuove piccole motovedette fornite dall’Italia. La cerimonia e’ avvenuta nella base di Abu Sitta a Tripoli sabato scorso, il 2 novembre, proprio il giorno in cui scadeva il contestato Memorandum Italia-Libia che il governo italiano ha scelto di rinnovare per j prossimi tre anni chiedendo delle modifiche a garanzia del rispetto dei diritti umani delle migliaia di migranti intercettati dalla guardia costiera libica e riportati nei centri di detenzione in cui vengono tenuti in condizioni disumane e sottoposti ad ogni tipo di violenze.

      La consegna delle motovedette che va cosi’ ad arricchire la flotta della Guardia costiera fornita e addestrata dall’Italia era stata promessa e annunciata per la fine dell’estate dall’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini in uno degli ultimi comitati nazionale ordine e sicurezza da lui presieduto. Negli ultimi due anni sono stati quasi 40.000 i migranti intercettati e riportati indietro dai libici con interventi nella zona Sar sotto il controllo di Tripoli ma che, dalle indagini dei pm di Agrigento, risulta di fatto gestita dalla Marina italiana. Le foto delle dieci nuove motovedette consegnate durante la cerimonia sono state diffuse dalla Lybian navy e rilanciate dal sito di osservazione Migrant Rescue watch

      Ieri il ministro degli Esteri libico Mohamed Taher Siala ha ricevuto l’ambasciatore italiano Giuseppe Buccino Grimaldi, latore della nota verbale con cui l’Italia ha chiesto l’insediamento del Comitato italo-libico presieduto dai ministri di Interno ed Esteri di entrambi i Paesi, e ha confermato che la Libia esaminera’ gli emendamenti proposti dall’Italia e «decidera’ se approvarli o meno in linea con gli interessi supremi del governo e del popolo libico». Sulle modifiche al Memorandum il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese riferira’ alla Camera mercoledi pomeriggio.

      https://www.repubblica.it/cronaca/2019/11/04/news/libia_festa_della_marina_l_italia_consegna_dieci_nuove_motovedette-240197