2018 - Il Fatto Quotidiano

/2018

  • Terrorismo, l’Ue punta centinaia di milioni sulla biometria. Tra pressioni delle #lobby e dubbi degli esperti

    L’inchiesta integrale su #Fq_MillenniuM: una giornalista ha seguito passo dopo passo le attività dell’Associazione europea per il biometrico, scoprendo conflitti d’interesse e manovre per convincere il Parlamento ad approvare il progetto. Si prevedono fra l’altro algoritmi in grado di «leggere» i movimenti del volto, stile macchine della verità, per controllare gli extracomunitari in ingresso nell’Unione. Lo scetticismo degli addetti ai lavori. Giannini (Antiterrorismo): «Rischiamo di essere sommersi di dati inutili»


    https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/12/22/terrorismo-lue-punta-centinaia-di-milioni-sulla-biometria-tra-pressioni-delle-lobby-e-dubbi-degli-esperti/4851028
    #terrorisme #surveillance #biométrie #technologie #UE #EU #Europe #algorithmes #surveillance_de_masse #anti-terrorisme
    ping @fil

  • Migranti, la grande espulsione. Quarantamila fuori dai centri

    In vigore il decreto sicurezza. Senza lavoro 15mila operatori. Mattarella difende patto Onu

    I migranti sotto protezione umanitaria dovranno lasciare anche i centri di prima accoglienza. Tutti, anche famiglie con bambini. La comunicazione arriva dalle Prefetture. Prime espulsioni in tutta Italia.
    Rischiano 40mila persone, 15mila operatori perderanno il lavoro.

    Fuori dagli Sprar, come prevede la legge Salvini, ma anche fuori dai Cas e dai Cara, secondo una “conseguenziale” interpretazione data dai prefetti di tutta Italia che, da qualche giorno, hanno cominciato a riunire i gestori dei centri comunicando loro che i titolari di protezione umanitaria dovranno lasciare anche le strutture di prima accoglienza. Tutti, comprese donne e famiglie con bambini. Già ieri 26 persone sono state invitate a lasciare immediatamente il Cara di Isola Capo Rizzuto in Calabria: tra loro una donna incinta e un bambino di cinque mesi, subito presi in carico dalla Croce Rossa.

    Tutti migranti regolari, tutti con documenti di identità e permesso di protezione umanitaria, tutti destinati alla strada come altri 40mila, questa la stima fatta dalle associazioni di settore, interessati dai provvedimenti dei prefetti che, chi con data perentoria chi con maggiore elasticità a difesa delle situazioni più vulnerabili, hanno
    così allargato a dismisura la portata della legge Salvini, di fatto privando di qualsiasi tipo di accoglienza i titolari di protezione umanitaria.

    E proprio nel giorno in cui da Verona il presidente della Repubblica richiamava ad un senso di comune responsabilità nell’affrontare il problema dell’immigrazione «un fenomeno che non è più di carattere emergenziale ma strutturale e quindi costituisce una delle grandi sfide che si presentano all’Unione europea e a tutto il mondo ed è un’esigenza che richiama alla responsabilità comune».

    Mattarella, facendo appello all’Unione europea ad «assumere questo fenomeno che non va ignorato ma affrontato» ha implicitamente invitato il governo italiano (che non intende sottoscriverlo) a leggere il Global Compact delle Nazioni Unite «prima di formulare un giudizio perché non si esprimono opinioni e giudizi per sentito dire».

    https://www.meltingpot.org/Migranti-la-grande-espulsione-Quarantamila-fuori-dai-centri.html

    #chômage #Decreto_Salvini #Italie #SDF #sans-abri #asile #migrations #réfugiés

    • Dl Sicurezza, 24 migranti cacciati dal Cara di Isola Capo Rizzuto e portati in stazione: “Non hanno un posto dove andare”

      La prefettura di Crotone ha deciso di far uscire il gruppo per applicare il provvedimento appena approvato dal Parlamento. Gli stranieri sono in possesso del permesso di soggiorno umanitario e pur avendo diritto di stare in Italia, non possono beneficiare del diritto d’accoglienza nel sistema Sprar o restare nel sistema di prima accoglienza

      Ventiquattro migranti hanno dovuto lasciare il Cara di Isola Capo Rizzuto, a seguito di un provvedimento emesso dalla prefettura di Crotone in ottemperanza al decreto Sicurezza approvato nei giorni scorsi in Parlamento. Gli stranieri sono in possesso del permesso di soggiorno umanitario e pur avendo diritto di stare in Italia, non possono beneficiare del diritto d’accoglienza nel sistema Sprar o restare nel sistema di prima accoglienza. Il gruppo, nonostante la protesta organizzata nel pomeriggio per chiedere di non lasciare il centro, è stato fatto salire su un pullman e accompagnato alla stazione ferroviaria di Crotone.

      Lì c’erano ad attenderli i volontari delle associazioni che si occupano di assistenza e che si stanno adoperando per trovare per loro una sistemazione temporanea per la prossima notte. I rifugiati allontanati dal Cara, infatti, non hanno un luogo dove andare e per evitare che passino la notte all’addiaccio, è intervenuta la rete delle associazioni solidali di Crotone. L’accoglienza, però, secondo quanto hanno spiegato queste ultime, potrà essere garantita solo per pochi giorni, dopodiché dovranno tornare in strada. Nella stazione ferroviaria di Crotone, ci sono i volontari di Legacoop Calabria, che stanno fornendo loro assistenza. Secondo Pino De Lucia, responsabile immigrazione di Legacoop Calabria, “i costi per eventuali casi speciali che riguardano migranti minori, malati e disabili, sono a carico dei Comuni ospitanti, con notevole aggravio per le casse degli enti locali”. Tra le persone destinatarie del provvedimento c’è anche una giovanissima coppia, lei nigeriana, lui ghanese, con una bambina di cinque mesi, che sarà ospitata, assieme ad un’altra donna, a Crotone a cura della Croce Rossa e della Caritas, con vitto e alloggio assicurato per una ventina di giorni.

      Il Cara di #Isola_di_Capo_Rizzuto era finito al centro delle polemiche a maggio 2017, dopo l’arresto per ‘ndrangheta di 68 persone. Secondo quanto rivelato nelle indagini, dei 100 milioni di euro stanziati negli ultimi 10 anni per i migranti, 32 andavano alla ‘ndrangheta. Secondo i pm la cosca Arena, era riuscita ad aggiudicarsi gli appalti indetti dalla prefettura di Crotone per le forniture dei servizi di ristorazione al centro di accoglienza di Isola Capo Rizzuto e di Lampedusa. Le indagini rivelarono anche che venivano dato cibo per maiali ai migranti.

      https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/11/30/dl-sicurezza-24-migranti-cacciati-da-cara-di-isola-capo-rizzuto-e-portati-in-stazione-non-hanno-un-posto-dove-andare/4804833/amp/?__twitter_impression=true

    • I primi effetti del decreto (in)sicurezza

      I primi effetti del decreto (in)sicurezza confermano, purtroppo, quanto in molti stiamo denunciando da settembre, da quando la bozza del decreto ha iniziato a circolare.
      Sono già diverse decine le persone, alcuni bambini piccolissimi, costretti a stare per strada perché impossibilitate ad accedere alle strutture di seconda accoglienza (sono di ieri le prime circolari emanate da diverse Prefetture).
      Se il Presidente della Repubblica firmerà la legge licenziata dalla camera, la situazione, nel medio e lungo periodo, peggiorerà sempre più. Migliaia di persone saranno costrette all’esclusione e alla marginalità sociale in nome della demagogia e del populismo.

      A pagare il prezzo più alto saranno i più deboli, come al solito d’altronde, costretti a vivere sempre più ai margini, lontano dagli occhi dei più, nelle baraccopoli che affollano le periferie dalle nostre città e delle nostre campagne, come quella nella piana di Gioia Tauro dove ieri sera è morta un’altra persona, in quei «ghetti» utili a chi domanda lavoro da sfruttare per incrementare i propri profitti, quelli attarversati della violenza che, in quei luoghi, colpisce soprattutto le donne, le più invisibili tra gli invisibili.
      Chi guadagnerà in tutto ciò? Solo sciacalli e criminali:
      – i politicanti che proveranno a tradurre in consenso la frustrazione della gente che vede il proprio nemico in chi è affamato e non in chi affama;
      – gli enti gestori e il considerevole indotto economico creato da quei luoghi di detenzione amministrativa chiamati centri per il riconoscimento e il rimpatrio in cui le persone saranno recluse fino a 180 giorni senza aver commesso alcun reato per essere poi rilasciate in condizione di irregolarità sul territorio;
      – le aziende senza scrupoli che sfrutteranno il lavoro privato di diritti degli uomini e delle donne colpite dagli effetti del decreto (in)sicurezza;
      – le organizzazioni criminali che gestiscono la tratta della prostituzione e il traffico di stupefacenti;
      – chi potrà acquistare, o meglio riacquistare, i beni sequestrati alle organizzazioni mafiose.

      Ognuno di noi deve decidere da che parte stare, sono sicuro che la maggioranza delle persone per bene, di chi crede nell’eguaglianza, nei diritti umani, non starà con le mani in mano.
      Noi continueremo a resistere, disubbidiremo e ci organizzeremo per contrastare la barbarie, come già stiamo facendo, e lo faremo sempre meglio.
      Touche pas à mon pote, non toccare il mio amico! Non toccate i nostri fratelli, non toccate le nostre sorelle!

      https://migr-azioni.blogspot.com/2018/12/i-primi-effetti-del-decreto-insicurezza.html?m=1

    • Dl sicurezza, in 24 allontanati da Cara

      Prima notte fuori dal Centro accoglienza richiedenti asilo di #Isola_Capo_Rizzuto, tra disagi e preoccupazione, per i 24 migranti in possesso di permesso umanitario allontanati in ottemperanza al Decreto Sicurezza. Solo una parte di loro è riuscita a trovare un tetto a Crotone dove sono stati accompagnati: una giovanissima coppia di origine africana con la loro bambina di cinque mesi, ospitati da Croce rossa e Caritas per una ventina di giorni e quattro donne, vittime di tratta, accolte provvisoriamente dalla cooperativa l’Agorà. Gli altri componenti del primo gruppo - altri ne usciranno lunedì per un totale stimato in 200 che dovranno lasciare la struttura entro la prossima settimana - si sono dovuti accontentare di soluzioni di fortuna probabilmente all’interno della baraccopoli sorta in corrispondenza del cavalcavia nord della città di Crotone. In base a quanto stabilisce il Dl Sicurezza, i migranti destinatari dei provvedimenti, pur avendo diritto a stare in Italia, non possono beneficiare del diritto all’accoglienza nel sistema Sprar. Né possono restare nel sistema di prima accoglienza. Da ieri sera, nella città calabrese meta di numerosi sbarchi di migranti, le associazioni che si occupano di accoglienza e assistenza si sono attivate per trovare soluzioni alla problematica.

      http://www.ansa.it/calabria/notizie/2018/11/30/dl-sicurezza-in-24-allontanati-da-cara_6f548eae-48de-46a0-bc22-d0bfb015180f.htm

    • Migranti, trattenute a #Malpensa senza assistenza

      Due donne, una cubana e una senegalese, sono bloccate all’area arrivi dell’aeroporto, rispettivamente da 96 e da 51 ore. Erano di rientro da un periodo di vacanze nel loro Paese d’origine e al controllo documenti hanno scoperto che i loro permessi di soggiorno sono stati revocati. Negato finora negato il permesso di incontrare un avvocato.

      Stavano tornando in Italia dove un periodo di vacanze nel loro Paese. Ma agli arrivi dell’aeroporto di Malpensa hanno scoperto che il loro permesso di soggiorno era stato revocato. E ora sono bloccate in aeroporto, nell’area dei controlli dei documenti, senza poter incontrare qualcuno che possa dare loro assistenza legale. E’ quanto sta avvenendo a due donne straniere, una cubana e una senegalese, accomunate ora dal fatto di vivere in un limbo. La donna cubana è trattenuta a Malpensa da 96 ore, mentre quella senegalese, che è anche in stato di gravidanza, da 51 ore. Da questa mattina in aeroporto è presente Giulia Vicini, avvocata dell’Associazione studi giuridici dell’immigrazione (Asgi): “Il problema è che non mi permettono di incontrare le due donne –spiega-. Non mi fanno accedere nell’area dove sono trattenute, con la motivazione che si tratterebbe di territorio internazionale, non sottoposto alla giurisdizione nazionale”. L’avvocata contesta questa motivazione. “E’ come se dicessero che in aeroporto c’è una zona che non è Italia. Il fatto stesso che siano trattenute lì significa che ci sono funzionari della polizia e quindi stanno esercitando la giurisdizione”. Per cercare di sbloccare al più presto la situazione (il volo di ritorno per la donna senegalese partirà in serata) ha mandato due mail pec al Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale. “Il problema di fondo è che se non incontrano un avvocato queste due donne non possono firmare il mandato per presentare il ricorso. Viene loro negato il diritto di fare ricorso”.

      Alla signora senegalese il permesso di soggiorno sarebbe stato revocato per insufficienza del reddito. La donna cubana ha ottenuto la cittadinanza italiana, ma deve ancora fare il giuramento e le è stato revocato il permesso di soggiorno perché non è più convivente con il marito, dal quale si sarebbe separata. “Si tratta di revoche contestabili perché si basano su interpretazioni secondo noi errate delle norme in materia”, sottolinea l’avvocata Giulia Vicini. Ma, comunque, al di là degli aspetti giuridici delle revoche dei permessi di soggiorno, il problema ora è che sono trattenute a Malpensa senza poter ricevere assistenza.

      Il caso delle due donne ricorda quello della famiglia marocchina di cui si è occupato Redattore sociale: padre, madre e quattro figli, in Italia da oltre un decennio. Al ritorno da un periodo di vacanza, la donna ha scoperto che il suo permesso di soggiorno era stato revocato. Lei, con tre dei figli, ha dovuto fare ritorno in Marocco, lui è rimasto in Italia con la più piccola. Hanno fatto ricorso e, dopo più di un anno, hanno ottenuto il permesso di rientrare in Italia e vivere di nuovo tutti insieme.

      http://www.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/609515/Migranti-trattenute-a-Malpensa-senza-assistenza
      #aéroport #limbe

      –---------

      Aggiornamento del collega Dario Paladini: la donna senegalese è stata rimpatriata nella serata di ieri, la donna cubana ancora in aeroporto #Milano #Malpensa

      https://twitter.com/EleonoraCamilli/status/1069164388765102080

      Aggiornamento/2 Anche la signora cubana è stata rimpatriata. Ieri sera sul tardi. E senza aver potuto parlare con un avvocato. (Dario Paladini)

      https://twitter.com/EleonoraCamilli/status/1069332199625973760

    • Decreto sicurezza. È caos accoglienza. Scoppia il caso #Mineo

      Famiglie e bambini verranno allontanati a giorni. Il vescovo eri: «Abbandonare i cani è reato. Lasciare persone per strada ’è legge’. Se serve apriremo le chiese per dare un tetto»

      Ieri sarebbe dovuto toccare a una mamma con la sua bambina colpita da broncopolmonite. Ma la cacciata dei migranti dal Cara di Mineo, il più grande d’Italia, è stata posticipata di qualche giorno. Le istituzioni non si occuperanno di dare un tetto alle famiglie con bambini escluse dal sistema di protezione, ma il vescovo di Caltagirone non ci sta, e ha già trovato 40 posti letto. Se non bastassero, «apriremo anche le chiese per alloggiare queste persone», annuncia monsignor Calogero Peri. Entro l’11 dicembre quasi 90 persone su 1.800 verranno accompagnate fuori dalla struttura. Poi ne seguiranno altri secondo una tabella di marcia non ancora precisata.

      A pochi giorni dal Natale, l’Italia mostra il suo volto peggiore. Verranno allontanati anche bambini da 1 a 12 anni, molti dei quali nati proprio in Sicilia durante la permanenza dei genitori nel Centro per richiedenti asilo. L’ultima volta il cappuccino Peri ne ha battezzati 11 e il rito dell’amministrazione dei Sacramenti non di rado si tiene nella cattedrale di Caltagirone, coinvolgendo così tutta la diocesi. Ma adesso questi bambini figli di migranti non solo dovranno trovarsi un tetto, ma saranno costretti ad abbandonare la scuola dell’obbligo, almeno fino a quando non raggiungeranno un’altra città italiana dove riorganizzare un futuro sempre più in salita. Nessuno dei cacciati potrà tornare nei Paesi d’origine e, dovendo vivere in “clandestinità”, non è neanche certo che i bambini continueranno gli studi da qualche altra parte.

      E pensare che il Cara «fu fortemente voluto da Forza Italia e dalla Lega Nord, rispettivamente nella persona di Silvio Berlusconi, presidente del consiglio, e di Roberto Maroni, ministro dell’Interno», ricorda Calogero Peri. Una decisione che fu imposta «contro le alternative proposte dai sindaci del territorio». Nei giorni scorsi il ministro Salvini ha provato a rassicurare: «Sembrava a leggere i giornali che io buttassi fuori la notte della vigilia di Natale donne incinte, bambine e anziani: chi è nello Sprar arriva alla fine del percorso Sprar, se uno ha ancora un anno sta lì un anno». Affermazione che elude la situazione di tutte le altre strutture di permanenza, come i Centri per richiedenti asilo. Proprio come a Mineo. Quello del presule siciliano è però un richiamo alle coscienze: «In Italia, specialmente prima delle vacanze estive, passa una bella pubblicità: non è civiltà abbandonare i cani per strada e chi lo fa è punito dalla legge. Invece, abbandonare per strada i migranti o, se sembra troppo forte, “accompagnarli” e lasciarli per strada, è “sicurezza”, è legge». I timori sono diffusi in tutta la Penisola. In Lombardia la cooperativa Aeris, con oltre 300 migranti ospitati in circa 150 appartamenti tra Milano, Monza e Lecco, prevede che già solo in questo mese di dicembre rimarranno senza tetto una trentina di migranti con la protezione umanitaria, visto che il decreto Salvini ha loro sbarrato l’accesso ai progetti di accoglienza dello Sprar, il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati. E nei prossimi mesi saranno almeno dai 20 ai 30 gli operatori (soprattutto mediatori culturali) che perderanno il lavoro.

      Il “Progetto Arca”, che attualmente accoglie 500 migranti a Milano, stima che nei prossimi mesi almeno un terzo sarà costretto ad arrangiarsi. Contemporaneamente i mediatori ai quali non verrà rinnovato il contratto a progetto sono una settantina. E la Caritas Ambrosiana prevede che almeno mezzo migliaio di stranieri finiranno a ingrossare le fila dei senzatetto. «Non ci interessa fare i bed & breakfast dei migranti – spiega Alberto Sinigallia, presidente di Progetto Arca – . Oggi prendiamo dai 27 ai 29 euro al giorno per persona ospitata. Con i nuovi bandi delle prefetture non ci sarà più obbligo di garantire neanche corsi di lingua, l’assistenza medica e i percorsi di integrazione. Il prezzo più basso servirà solo per offrire vitto e alloggio. Ma non è la nostra mission». Il decreto sicurezza finirà per rendere più difficile anche i controlli sui malintenzionati. Trasformare i centri d’accoglienza in dormitori senza alcun progetto farà la fortuna di stranieri come i tre richiedenti asilo nigeriani arrestati ieri a Lucca per spaccio di droga e che fino a qualche tempo fa stavano in una struttura per migranti controllata a vista dalla Croce rossa. Le “mele marce” certo non mancano. Ieri la Guardia di finanza di Ferrara ha perquisito 16 strutture attive nell’accoglienza dei migranti.

      Secondo gli investigatori vi sarebbero stati abusi sulla rendicontazione dei servizi erogati, con conseguente danno alle casse pubbliche. L’unica alternativa sembrano essere proprio quegli Sprar che il governo non ha voluto incentivare. Al contrario la Regione Campania chiede all’esecutivo 10 milioni per sostenere le attività di integrazione dei migranti. «Il nostro obiettivo principale – spiega Franco Roberti, assessore regionale alla Sicurezza – è sostenere le attività degli Sprar in tutte le province della Campania».

      https://www.avvenire.it/attualita/pagine/caos-accoglienza-scoppia-il-caso-mineo

    • New Italian law adds to unofficial clampdown on aid to asylum seekers. “Hundreds have already been expelled from reception centres”

      Tens of thousands of vulnerable asylum seekers have lost their right to two-year residency permits and integration services in Italy after new legislation championed by the populist government’s right-wing Interior Minister Matteo Salvini was signed into law this week.

      But over the past two years thousands have already had government services to which they were entitled cut or curtailed, according to interviews with asylum seekers and legal experts over several months, as well as government responses to dozens of freedom of information requests.

      One in every three asylum seekers who arrived in more than half of Italy’s local government prefectures over the past two years has either left or been evicted from their government-run accommodation, according to information IRIN obtained from local governments.

      A request for comment on these findings to the Italian interior ministry went unanswered at time of publication.

      Aid groups warn that the new law will compound an existing crisis in Italy, which is struggling to cope with providing basic services to some 180,000 refugees and asylum seekers awaiting decisions and an estimated 500,000 undocumented migrants – many of whom have already fallen out of the reception system.

      In addition to granting five-year residence permits to refugees and to asylum seekers who meet “subsidiary protection” criteria, Italy has for the past 20 years granted two-year residency permits to a wider group of migrants on comparatively flexible “humanitarian protection” grounds – broadly interpreted as those who aren’t refugees but who can’t be sent home either.

      The controversial new Decree-Law on Immigration and Security, signed by President Sergio Matterella on Monday, scraps “humanitarian protection” altogether and introduces new “special permits” for a much narrower group that comprises: victims of domestic violence, trafficking, and severe exploitation; those with serious health issues; those fleeing natural disasters; and those who commit acts of civic valour.

      –------------------------

      The Decree-Law on Immigration and Security in brief
      “Humanitarian protection” residency permits – granted to one in four asylum seekers last year – abolished
      Asylum seekers lose access to integration services until their application is granted
      Network of reception centres drastically downsized
      Withdrawal of refugee status made easier
      Maximum detention time in “repatriation centres” doubled to six months
      Fast-track expulsions for “socially dangerous” migrants

      –-------------------------

      In 2017, 20,166 people – around 25 percent of the total who sought asylum – were granted “humanitarian protection”. Those who lose their permits also lose their right to work and their right to stay in the best facilities that have services to help them integrate into Italian society.

      Only 25,000 places are available in Italy’s longer-term, government-run reception system, known by its Italian acronym SPRAR, which typically provides high standards of care. This means that more than 150,000 people waiting for decisions on their asylum applications, or 80 percent of the total, are housed in more than 9,000 supposedly temporary accommodation facilities, known by the acronym CAS. These are for the most part managed by commercial entities with no track record in providing housing and services for asylum seekers, and have been associated with corruption and substandard living conditions.

      Some asylum seekers formerly granted “humanitarian protection” are already being forced out of the SPRAR facilities, meaning they also lose out on integration measures such as language classes and work skills courses.

      "Hundreds have already been expelled from reception centres throughout Italy, and left homeless at a moment’s notice,” Oliviero Forti, head of the migration division for Caritas in Italy, told IRIN. “In some places, like Crotone, our charity shelters have been overwhelmed over the weekend. Some very vulnerable individuals, such as pregnant women or persons with psychiatric conditions, are being put on the street without any support measure and, incredibly, government-managed facilities are calling upon Caritas for help.”
      An attempt to reduce arrivals

      Italy overtook Greece in 2016 as the main European entry point for migrants and asylum seekers, receiving 320,000 people in the past two years – the vast majority entering on small, overcrowded vessels operated by smugglers across the Mediterranean from North Africa, or after being rescued en route.

      Salvini, also deputy prime minister, leads the far-right League Party and campaigned on a strongly anti-immigration platform during the March general election. Shortly after taking office in June as part of a fractious ruling coalition with the populist and anti-EU Five Star Movement, Salvini closed the country’s ports to migrant rescue ships.

      Migrants who arrive in Italy by boat typically spend their first two days in initial arrival facilities known as “hotspots”, mostly concentrated in Sicily, where identification procedures take place. Those who are prima facie determined to have a legitimate basis to claim asylum are entitled to a place in the SPRAR system, even if the majority don’t get one.

      These are small facilities evenly distributed across the country, organised by the Interior Ministry and managed by humanitarian organisations with experience working with migrant populations. They are known for providing a high standard of basic services as well as vocational training and psychological counselling. The 25,000 available placements have typically been reserved for the most vulnerable cases, such as minors who are victims of trafficking.

      Under Salvini’s new law, only people who are granted a visa – a process that can take several years — may be placed in SPRAR facilities, not asylum seekers. Migrants and asylum seekers will be sent to a CAS.

      Médecins Sans Frontières warned in a statement that the new law will have a “dramatic impact on the life and health of thousands of people”. MSF said that “over the years it operated inside CAS”, its workers found that prolonged stays in the centres “deteriorates migrants’ mental health” and “hampers their chances of integrating successfully into society”.

      The coalition government promised that Salvini’s new law would result in half a million deportations. Past deportation rates suggest it will be difficult to keep that promise, analysts say. What does seem likely, they say, is that larger numbers of asylum seekers will be detained for longer periods. Salvini’s law doubles to six months the time new arrivals can be held in “repatriation” centres while their identities and nationalities are being confirmed.

      Added to the 30-day detention period many face in hotspot facilities, this means asylum seekers can now be detained for up to seven months without having committed any crime.

      Another measure within the new legislation suspends refugee protections for those considered “socially dangerous” or who are convicted of crimes, even in the first of Italy’s three-stage conviction process.
      Already in crisis

      Based on IRIN’s analysis of responses to freedom of information requests received from 53 of Italy’s 103 prefectures (the others did not reply), the Italian reception system is unable to retain its guests, partly due to a lack of integration opportunities and medical care. More than 28,000 residents have left the temporary facilities over the last 24 months, either because local governments withdrew their right to assistance for alleged violations of certain rules or because the migrants and asylum seekers decided to leave of their own accord.

      Interviews with legal experts, social workers, dozens of migrants, and analysis of the withdrawal orders shows a pattern of widespread violations of migrants’ legal rights in the reception centres, with local authorities sometimes complicit in the abuses.

      The CAS centres – for the most part private-sector hotels and apartments identified and approved by local government – are in theory just one link in a complex and poorly regulated chain of migrant accommodations. But because the SPRAR centres are full to capacity, they have taken on a spill-over function.

      A migrant can be entitled to remain in Italy as an asylum seeker or refugee, but can still lose, with a “withdrawal order”, all institutional support, such as accommodation, training, medical care etc. Under EU law that is legally binding in Italy, withdrawal orders should only be issued as a last resort, to punish violent conduct or severe abuse of the reception benefits.

      Dozens of interviews with former and current CAS residents – as well as withdrawal orders and communications between reception centre managers and government officials seen by IRIN – reveal that this regulation is frequently abused, sometimes to retaliate against residents who protest their treatment within the facilities. Minor infringements such as returning to centres late are routinely penalised, sometimes retroactively, with criteria that vary massively from one prefecture to another – including, sometimes, withdrawal notices.

      The abuse of withdrawal orders “infringes both EU and Italian law, depriving migrants of basic human rights,” said Dario Belluccio, a lawyer and the director of ASGI, a leading association of immigration law scholars.

      Those who receive a withdrawal notice – the number could spike under Salvini’s new law, with more asylum seekers being deemed “socially dangerous” or found guilty of minor infractions – instantly lose their place in a residence centre, a €75 monthly allowance, and virtually all institutional support.

      Those who leave the centres often move to migrant shanty towns, which tend to lack water and electricity and where severe labour exploitation and sex trafficking thrive.

      Helped by the unsatisfactory conditions in the reception system, the shanty towns have grown in size over the past few years. In these communities, migrants often find it difficult to obtain basic services such as healthcare as well as the legal assistance needed to follow up on asylum applications.
      No permit, no job, no home

      Even without a withdrawal order, more asylum seekers and migrants may soon find themselves without access to shelter or services provided by the government. That’s already the case for Becky*, a Nigerian woman in her 20s who was trafficked to Italy for sex work. A social worker familiar with her case, who spoke to IRIN on condition of anonymity for security concerns, said that shortly after arriving in Italy two years ago Becky was forced by her trafficker to leave the reception facility in which she was placed to move to a large shanty town in the province of Foggia.

      When local anti-trafficking authorities became aware of Becky’s case after questions were raised during her asylum interview earlier this year, they offered her a place in a protection facility. But such facilities demand that residents give up their mobile phones to ensure that traffickers can’t track them. Residents are limited to one weekly call to a family member while trafficking allegations are being investigated.

      “It is not an easy choice to make, and she didn’t take up that opportunity,” said the social worker.

      Days before the new immigration law was passed by parliament last month, Becky was issued a humanitarian residence permit by the local asylum commission. But under the new law, authorities are no longer able to distribute the permits, even after they have been granted. “It is not a matter of will, it is literally a matter of police no longer having a button on their computers to print a humanitarian permit,” the social worker noted.

      Without documents, Becky can’t look for a job or new accommodation. So she remains in the shanty town, exactly where her trafficker placed her two years ago.

      https://www.irinnews.org/news-feature/2018/12/07/new-italian-law-adds-unofficial-clampdown-aid-asylum-seekers

    • Vulnerable migrants made homeless after Italy passes ’Salvini decree’

      Decree named after leader of far-right party abolishes humanitarian protection for those not eligible for refugee status.

      Dozens of migrants, including victims of sex trafficking and a child with mental health problems, have been removed from so-called “welcome centres” in Italy as the populist government’s hardline immigration measures kick in.

      The “Salvini decree” – named after Matteo Salvini, interior minister and leader of the far-right League – won a vote in parliament last week and was formally endorsed by the president Sergio Mattarella on Monday.

      The main element of the bill, which abolishes humanitarian protection for those not eligible for refugee status but who cannot be sent home, was however retroactively applied by the interior ministry’s representative in Crotone, a province in the southern Calabria region, where last Friday 24 people were forced to leave a centre in the town of Isola Capo Rizzuto.

      The evictions are not only affecting those whose request for protection on humanitarian grounds is pending approval, but also those in possession of permits to stay, despite the law stipulating that their status should be maintained.

      The majority of migrants who have arrived in Italy in recent years have been granted humanitarian protection, with some 100,000 people estimated to hold the permit, which is valid for two years and enables them to work.

      Among those stranded in Isola Capo Rizzuto were a young couple with a five-month-old daughter, two victims of sex trafficking and a boy suffering from mental health problems.

      “When the police came to tell us that we couldn’t stay there anymore, I couldn’t believe my ears,” Blessing, a 31-year-old victim of sex trafficking from Nigeria, told the Guardian. “They took all of our belongings and escorted us out. There was a young girl in our group. This is outrageous. I have a legal permit to stay. And soon I may not have a roof over my head. I’m really frightened.”

      Blessing found temporary shelter in a Red Cross charity facility in Crotone while the rest have also been accommodated with the help of other charities and the town hall.

      “What happened here is crazy,” said Francesco Parisi, president of Crotone’s Red Cross. “You can’t just leave vulnerable people on the street. This is a violation of human rights. We are going to take care of these people now, but I hope things will change.”

      Alessia Romana, a social policies councillor in Crotone, said the local authority was trying to manage the situation.

      “The council has a moral obligation but also the juridical obligation to take care of these people,” she said. “Up until now, the system in #Crotone worked well. We managed to give reception and there wasn’t any trouble; migrants and locals co-existed.”

      A similar measure was applied in Potenza, a city in the southern region of Basilicata, with the interior ministry prefect there announcing last week that “humanitarian protection holders” must be “invited to leave” welcome centres.

      Once humanitarian protection permits are received, people are supposed to leave centres on the first rung of the migrant reception system and move to an accommodation in which they can benefit from integration programmes. But slow-moving bureaucracy and limited space means that those with permits end up staying in the first-rung centres for longer.

      A dozen or so others have been asked to leave a welcome centre in #Caserta, Campania, according to Italian press reports, while hundreds are expected to be evicted from Cara di Mineo, Europe’s second largest migrant reception centre, in the coming days.

      The number is likely to rise as the bill, which Salvini has described as a “gift to Italians”, takes effect. The loss of protection will also mean hundreds of people suddenly becoming “illegal” immigrants, with Italy’s national statistics office estimating that the decree will make 130,000 migrants illegal by 2020.

      “What we have been witnessing recently leads us to believe that there will be negative effects not only on vulnerable people, but also on Italian society generally as people enter into a formally illegal status,” said Carlotta Sami, spokeswoman for the UN refugee agency in southern Europe.

      “We fail to understand why, at this precise moment, even those individuals with legal protection have been told to leave. The decree is not retroactive, so why are they telling them to leave? Sending families away, women and children, pregnant women. It seems cruel.”

      Cities including Bologna, Turin and Rome, the latter two of which are managed by the Five Star Movement, the League’s coalition partner, have refused to implement the measures, arguing they will increase homelessness and risk social unrest.

      “We are really worried about a bill that is meant to manage immigration and increase security for citizens, but will instead create social marginality and destroy integration, while also creating social risks and the potential for radicalisation,” said Valeria Carlini, a spokesperson for the Italian Council for Refugees.

      https://www.theguardian.com/world/2018/dec/07/vulnerable-migrants-made-homeless-after-italy-passes-salvini-decree

    • Migranti: le conseguenze del decreto Salvini e il nuovo “sistema parcheggio”

      Dall’entrata in vigore del provvedimento su immigrazione e asilo, decine di persone sono state espulse dai centri di accoglienza e mandate per strada, nonostante vi siano posti liberi e già finanziati. “È illegittimo. Ci troviamo di fronte a un danno per i cittadini stranieri che hanno un titolo di protezione e a una beffa per il contribuente”, denuncia Gianfranco Schiavone, vicepresidente di Asgi

      “Quello che sta avvenendo in queste settimane nel nome del decreto Salvini è gravissimo. Non solo le persone finiscono in mezzo alla strada nonostante vi siano nello SPRAR posti liberi (e quindi già finanziati), ma l’intero sistema di protezione e accoglienza è stato spezzato”. Gianfranco Schiavone, vicepresidente dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi, www.asgi.it), osserva con preoccupazione gli effetti del provvedimento convertito nella legge 132/2018 (in vigore dal 4 dicembre 2018). Alcuni provvedimenti hanno preso la forma di circolari prefettizie che “invitano” i gestori dei centri di accoglienza straordinaria (CAS) a far uscire dalle strutture le persone in possesso di un permesso di soggiorno per protezione umanitaria, abrogato di fatto dalla legge. È accaduto a Potenza, a metà novembre, dove il dirigente dell’area Immigrazione ha “ricordato” anche ai gestori che il (fu) Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) verrà riservato a titolari di protezione internazionale e minori stranieri non accompagnati. E basta.

      Per comprendere natura e legittimità di iniziative come quelle della prefettura di Potenza, Schiavone suggerisce di partire dal nuovo quadro disegnato dalla norma.
      GS Il decreto Salvini convertito in legge ha operato un cambiamento molto profondo del sistema nazionale pubblico. Il precedente infatti era imperniato sulla logica del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) come sistema unico sia per i richiedenti e sia per i titolari di protezione internazionale o umanitaria. Solo in caso di temporanea indisponibilità di posti nel sistema di accoglienza territoriale SPRAR e solo per il tempo strettamente necessario al trasferimento, il richiedente ospitato in un centro governativo di prima accoglienza restava ospitato in tale centro (ovvero in quelli di cui all’art. 11 del d.lgs 142/2015). La norma era pertanto chiara nel disporre che lo SPRAR fosse l’unico sistema di seconda accoglienza per tutti i richiedenti asilo che vi dovevano essere trasferiti nel più breve tempo possibile, dovendosi considerare l’accoglienza straordinaria in strutture temporanee una misura eventuale e limitata al tempo strettamente necessario al trasferimento del richiedente nelle strutture del sistema di accoglienza territoriale.

      Questa la teoria. E la pratica?
      GS Il sistema delineato dalla norma come straordinario e provvisorio nella prassi era diventato ordinario, a causa di carenze della norma ma anche per l’aumento inaspettato degli arrivi avvenuto nel 2015, 2016 e 2017. È evidente che il sistema straordinario avesse assunto grandissime dimensioni ma si trattava pur sempre di un sistema secondario e “di passaggio”. Questa situazione è stata completamente ribaltata dal decreto ora convertito in legge.

      Perché?
      GS Si torna a un sistema unico ma in una forma che non è mai esistita in Italia. Sin da quando è stato istituito un programma pubblico di protezione, questo è stato per così dire bicefalo, cioè imperniato su strutture statali e centri SPRAR, articolati grazie al coinvolgimento degli enti locali. Fino al 2015 ha governato una generale confusione, mentre tra 2015 e 2018 il previsto superamento dei CAS è rimasto in larga parte solo sulla carta. Ma, con un pizzico di ironia, oggi diremo che per fortuna il sistema almeno era bicefalo nel senso che conteneva anche spinte positive. Nella logica del Sistema di protezione c’era l’idea della gestione dell’arrivo dei richiedenti, della loro accoglienza e integrazione dentro la rete di servizi del territorio e organizzato dagli enti locali che si occupano di servizi socio-sanitari, come prassi normale per un Paese democratico.

      Che fine ha fatto quell’impostazione, pur rimasta sulla carta?
      GS È stata cancellata. Il legislatore ha previsto che non potranno più accedere allo SPRAR i richiedenti asilo, i titolari di permesso di soggiorno per motivi umanitari e i titolari di permesso di soggiorno per casi speciali (regime transitorio) rilasciato in seguito alla decisione sulla protezione umanitaria adottata dalla Commissione territoriale prima del 5 ottobre 2018, data di entrata in vigore del decreto Salvini, e infine esclude anche i titolari di permesso di soggiorno per protezione speciale, il nuovo status giuridico che in modo limitatissimo ha sostituito la protezione umanitaria. È un arretramento netto sia perché crea un esercito di nuovi esclusi sia perché indica come unica soluzione quella dei centri a diretta gestione statale. Lì non vi è nessun tipo di radicamento e collegamento con il territorio, al quale invece vengono sottratte funzioni operative e gestionali che gli sono proprie ovvero la gestione. Il sistema dunque mira di nuovo a concepire la presenza dei richiedenti asilo come un fatto di ordine pubblico, comunque straordinario, temporaneo, che prima o poi finirà. Non è scritto esplicitamente ma nella logica del legislatore la situazione è percepita come temporanea. Il che è semplicemente antistorico.

      I sostenitori della gestione statale diretta delle misure di accoglienza per i richiedenti asilo sostengono che sia la regola anche altrove.
      GS Molti altri Paesi europei hanno un ruolo diretto nella gestione del fenomeno, è vero. Ma si tratta di sistemi molto diversi dal nostro. In quei Paesi la ripartizione di competenze e funzioni tra stato centrale e poteri locali è molto diversa dal caso italiano. Nel nostro ordinamento, le funzioni amministrative oggi svolte impropriamente dallo Stato competono alle autonomie locali. Alla luce degli artt. 118 e 199 della Costituzione non si comprende infatti perché solo nel caso dell’accoglienza ordinaria di richiedenti asilo il sistema non sia gestito con strumenti ordinari in capo agli enti locali, tramite finanziamento statale. Le Prefettura non hanno e non devono avere un’organizzazione funzionale tale da diventare nuovi uffici sociali che svolgono compiti che spettano invece agli enti del territorio. Questo meccanismo è totalmente anomalo e in controtendenza rispetto a quello che è stato fatto negli ultimi anni.

      Perché il sistema è stato “spezzato”?
      GS Perché per i richiedenti asilo, inseriti in centri straordinari, l’accoglienza è minima, di bassa soglia, con servizi essenziali come vitto, alloggio, un minimo affiancamento legale e linguistico. Ma non sono affatto previste misure di integrazione sociale, di efficace apprendimento della lingua, di riqualificazione professionale. Un’accoglienza cioè che non si occupa di che cosa le persone facciano tutto il giorno, azzerando l’interazione con il territorio. Lo possiamo definire perciò come un gigantesco “sistema parcheggio” che ha costi economici e sociali altissimi.

      La propaganda dice che sarà più economico.
      GS Da un punto di vista strettamente monetario è vero, perché i servizi sono abbattuti al minimo ma è uno sguardo miope. Le ricadute si misurano su una scala più ampia: un buon sistema di accoglienza alimenta l’economia locale con un numero congruo di operatori qualificati e insegnanti. Spezzandolo, invece, vengono meno campi professionali e di sviluppo a favore di una mera guardiania richiesta alle strutture.

      Il risparmio è un’illusione?
      GS I costi di gestione dell’accoglienza, pur inizialmente ridotti saranno destinati a esplodere una volta che le persone saranno uscite dalle strutture. Per il semplice fatto che assomiglieranno a quelle appena entrate, con la differenza che quelle in uscita con poche risorse e pochi percorsi avviati saranno costrette ad avviarli dopo. È un enorme allungamento dei tempi che produce costi e un impatto molto più duro sul territorio.

      Dove dovranno essere “avviati” quei percorsi?
      GS Nell’ormai ex SPRAR, costretto a fare programmi di inserimento da zero in tempi ristretti. È un cortocircuito micidiale che produrrà persone regolarmente soggiornanti ma prive di strumenti e con drammatico impatto sui servizi sociali e quindi sui costi. Ecco perché qualunque analisi economica seria ci dice che il guadagno annunciato è in realtà un gigantesco sperpero di risorse.

      Veniamo alla circolare di Potenza. Sostiene che i titolari di protezione umanitaria presenti nelle suddette strutture debbano essere “invitati” a lasciare i centri di accoglienza e che da inizio dicembre non verranno più corrisposte somme per la relativa accoglienza. Inoltre afferma che la nuova legge escluderebbe “la possibilità di trasferimenti negli SPRAR in assenza di permesso di soggiorno per status di rifugiato o per protezione sussidiaria”. È una lettura corretta?
      GS Poco fa elencavo chi per legge non potrà più accedere allo SPRAR. Al di là di ogni considerazione sulla legittimità di quella previsione, è evidente non può applicarsi a chi sia già titolare di un permesso di soggiorno per motivi umanitari a seguito di domanda presentata prima del 5 ottobre 2018 (e relativo permesso rilasciato prima del 5 ottobre 2018) o a coloro che otterranno un permesso per “casi speciali” in quanto la loro domanda è stata esaminata con la normativa previgente ma il permesso di soggiorno è stato rilasciato dopo il 5 ottobre 2018.

      Perché?
      GS Secondo l’ASGI, coloro che avevano presentato domanda di protezione internazionale prima dell’entrata in vigore del decreto Salvini avrebbero avuto pieno diritto di accedere allo SPRAR. Ma c’era mancanza di posti disponibili. Dunque solo un fatto contingente (cioè le persistenti deficienze organizzative della pubblica amministrazione), non da loro dipendente, ha impedito che nei confronti di parte dei richiedenti asilo la norma trovasse piena e corretta applicazione. Ma ciò non significa che queste persone non abbiano diritto di accedere allo SPRAR oggi o, comunque, che alle stesse non debba essere garantito, pur dentro una struttura diversa, il godimento di diritti identici a quelli di chi era già accolto o trasferito in un centro afferente allo SPRAR.

      Tradotto: il diritto all’accesso nel sistema è sorto al momento della presentazione della domanda di protezione.
      GS Esatto. Quando cioè la norma prevedeva il passaggio allo SPRAR nel minor tempo possibile. Dunque il nuovo “regime” dovrebbe essere applicato solo alle domande presentate dopo il 5 ottobre, i cui esiti ancora non ci sono.

      Accade il contrario, però.
      GS Ciò che sta avvenendo non dovrebbe in alcun modo avvenire tanto più che abbiamo persino un sistema di protezione sottodimensionato, con posti liberi nel sistema SPRAR. Significa che abbiamo persone in strada nonostante posti liberi e finanziati. Quindi ci troviamo di fronte a un danno per i cittadini stranieri che hanno un titolo di protezione e a una beffa per il contribuente, forse anche simpatizzante della nuova norma, che immagina maggior rigore o controllo e invece misurerà un peggioramento della qualità, dei servizi nonché l’aumento della spesa.

      Il ministero dell’Interno sostiene però che anche in precedenza i migranti uscissero dai centri di accoglienza straordinaria.
      GS Manca un piccolo dettaglio: uscivano dai CAS e per legge entravano nello SPRAR.

      Quali scenari si profilano?
      GS È necessario che gli interessati, i richiedenti e i beneficiari, sostenuti da enti che non vogliano essere solamente enti gestori ma anche enti di tutela, avviino una serie di ricorsi mirati a rivendicare la corretta attuazione della legge, con la cessazione immediata di allontanamenti illegittimi dai centri. I quali avvengono sempre in modo informale e totalmente scorretto, con l’ente pubblico che si libera della responsabilità di comunicare un provvedimento che non esiste neppure e demanda lo sgradevole compito all’ente gestore. E così il migrante si ritrova per la strada senza nemmeno un provvedimento da impugnare ma solo un rifiuto dell’ingresso nello SPRAR fatto in forma orale da un operatore sociale o figure assimilabili.

      https://altreconomia.it/conseguenze-decreto-salvini

    • Italie : des migrants hébergés en centre d’accueil jetés à la rue après le « décret Salvini »

      Suite à l’adoption d’un décret-loi durcissant l’immigration en Italie, vingt-quatre migrants bénéficiant d’un « titre de séjour humanitaire » ont été expulsés d’un centre d’accueil en Calabre, dans le sud de l’Italie. Ce statut ne permet plus d’accéder à un centre d’hébergement. Les associations s’alarment et cherchent des solutions d’urgence.

      En Calabre, dans le sud de l’Italie, le décret anti-immigration de Matteo Salvini, adopté le 28 novembre, a été rapidement appliqué. Deux jours après, 24 migrants ont été expulsés de leur centre d’accueil (CARA d’Isola Capo Rizzuto) à la demande de la préfecture de Crotone, en Italie du sud. Ils ne bénéficiaient plus d’un droit au logement conformément au décret-loi. Pourquoi ? Parce que, selon la nouvelle loi, leur « titre de séjour humanitaire » n’existe plus et ne leur donne plus accès à un toit.

      Le décret du Premier ministre italien supprime en effet le « titre de séjour humanitaire », valable deux ans. Il est désormais remplacé par d’autres permis comme celui de « protection spéciale », d’une durée d’un an, ou « catastrophe naturelle dans le pays d’origine », d’une durée de six mois.

      >> À lire : « Que contient le décret anti-immigration adopté en Italie ? »

      La protection humanitaire était généralement accordée aux personnes qui n’étaient pas éligibles au statut de réfugié mais qui ne pouvaient pas être renvoyées chez elles pour des raisons de sécurité - cela concernait par exemple les homosexuels fuyant des pays aux lois répressives à l’encontre de leur communauté. Au total en 2017, 25 % des demandeurs d’asile en Italie ont reçu un permis de séjour humanitaire, soit plus de 20 000 personnes.

      « Ils se retrouvent sans solution »

      Avec la nouvelle loi, les centres d’accueil sont désormais réservés aux seuls personnes ayant le statut de réfugié et aux mineurs non accompagnés. Autrement dit, les migrants anciennement sous protection humanitaire ne pourront plus y avoir accès, même avec leur nouveau statut.

      « Ces 24 personnes ont reçu un titre de séjour régulier en Italie, mais leur prise en charge dans la première phase d’accueil (CARA) a expiré. Ils se retrouvent donc sans solution », précise à InfoMigrants le père Rino Le Pera, directeur du réseau Caritas dans la province de Crotone.

      Parmi les expulsés, il déplore la présence « d’une famille avec une petite fille de 6 mois (voir photo ci-dessous), d’une jeune femme victime d’exploitation sexuelle, d’une autre ayant subi des violences physiques et d’un homme souffrant de problèmes de santé mentale ».

      « Ce qui se passe ici est fou », dénonce de son côté Franceso Parisi, président de la Croix-Rouge à Crotone, interrogé par le quotidien britannique The Guardian. « Vous ne pouvez pas laisser des personnes vulnérables à la rue. C’est une violation des droits de l’Homme ».

      Prévenus à l’avance de l’expulsion, Caritas et la Croix-Rouge italienne ont réussi à se rendre au CARA d’Isola Capo Rizzuto pour proposer une solution d’hébergement à la famille concernée ainsi qu’aux deux femmes victimes de violences. Quatre migrants ont également été accueillis par une coopérative locale. « Pour ce qui est des autres, nous pensons qu’ils ont pu reprendre la route, ou rejoindre le camp de fortune situé au nord de Crotone, où près d’une centaine de personnes vivent dans des conditions extrêmement précaires sous des tentes », assure le père Rino Le Pera qui s’étonne de la « vitesse » à laquelle les autorités ont mis en oeuvre les nouvelles mesures.

      Les prêtres disposés à « ouvrir les portes des églises »

      « Nous essayons de nous préparer car d’autres expulsions devraient arriver, mais nous ne savons pas quand ce sera, ni combien de personnes exactement vont être concernées », poursuit-il. À Crotone, Caritas a déjà préparé un dortoir pouvant accueillir 20 personnes, une solution « qui ne sera sûrement pas suffisante » concède son directeur.

      Selon l’agence de presse italienne ANSA, environ 200 personnes devraient à leur tour être expulsées du centre d’Isola Capo Rizzuto. À Potenza, dans la région de la Basilicate, le préfet a annoncé au début du mois que les « détenteurs d’une protection humanitaire » devaient être « invités à quitter » les centres d’accueil, rapporte le Guardian. La presse italienne indique encore qu’une dizaine de migrants a reçu l’ordre de quitter leur centre d’accueil à Caserta, en Campagnie. Dans les prochains jours, des centaines de personnes devraient également quitter le CARA de Mineo, en Sicile, le deuxième plus grand centre d’accueil pour migrants en Europe.

      Face à cette situation alarmante, les prêtres italiens ont déclaré la semaine dernière être disposés à « ouvrir les portes des églises de chaque paroisse » aux personnes expulsées des centres d’accueil.

      http://www.infomigrants.net/fr/post/13814/italie-des-migrants-heberges-en-centre-d-accueil-jetes-a-la-rue-apres-

    • Migranti, riforma accoglienza: «In 120 mila destinati a diventare irregolari»

      Fotografa le conseguenze della riforma dell’accoglienza il nuovo report di Oxfam. «Oltre 12 mila migranti con permesso di soggiorno rischiano di restare in strada nelle prossime settimane». L’impatto sui bilanci comunali sarà di 280 milioni euro annui (stima Anci). Le testimonianze.

      Oltre 12 mila migranti vulnerabili, in regola con il permesso di soggiorno, rischiano di restare in strada nelle prossime settimane, mentre nei prossimi 2 anni circa 120 mila persone sono destinate a scivolare nell’irregolarità, tra permessi per motivi umanitari non rinnovati (circa 32.750), non rilasciati (27.300), e pratiche arretrate che saranno esaminate dalle Commissioni Territoriali secondo le nuove disposizioni di legge (70 mila). Fotografia le conseguenze della riforma del sistema di accoglienza il report I sommersi e i salvati della protezione umanitaria, diffuso oggi da Oxfam, in occasione della Giornata internazionale dei diritti dei migranti, attraverso le testimonianze di chi da un giorno all’altro si sta vedendo negare il diritto all’accoglienza e all’integrazione.

      A subire le conseguenze più gravi sono neo-maggiorenni, madri con bimbi piccoli, persone in fuga dall’orrore di guerre, persecuzioni e torture che saranno semplicemente tagliate fuori dal sistema di accoglienza, sottolineano gli osservatoi. «Con un futuro di fronte che, nella migliore delle ipotesi, si presenta pieno di incognite e un percorso di integrazione lasciato a metà. Vittime quasi sempre due volte della disumanità delle politiche migratorie adottate dall’Italia e dall’Europa: prima con l’accordo Italia – Libia e adesso con le politiche introdotte dal Governo». “Su 18mila permessi per protezione umanitaria concessi da gennaio a settembre nel nostro paese, solo una minoranza potrà continuare a seguire un percorso di integrazione virtuoso all’interno dei centri Sprar – ha detto Giulia Capitani, policy advisor per la crisi migratoria di Oxfam Italia - Le Prefetture di tutta Italia nei giorni scorsi hanno inviato agli enti gestori dei Centri di Accoglienza Straordinaria disposizioni per la cessazione immediata dell’accoglienza dei titolari di protezione umanitaria. Migranti vulnerabili sono stati semplicemente gettati in strada, in pieno inverno, senza nessun riguardo per la loro condizione e in totale assenza di soluzioni alternative. Una situazione incredibile da tutti i punti di vista. Ne è riprova la notizia, di queste ore, di una parziale e frettolosa retromarcia del Governo che ha dato “indicazioni verbali” ai Prefetti di sospendere momentaneamente le revoche dell’accoglienza e di attendere una circolare ministeriale in proposito”.

      Oxfam ricorda inoltre che non si stanno interrompendo gli arrivi nel nostro paese, anche in inverno: «Oltre 2 mila da inizio ottobre ad oggi. Persone che, in un sistema di accoglienza che privilegia la gestione puramente emergenziale, andranno ad aggravare la situazione». “Il paradosso è che la nuova legge non aumenterà la sicurezza, né produrrà un risparmio per le casse dello Stato. - sottolinea Alessandro Bechini, direttore dei programmi in Italia di Oxfam - Buttando in strada migliaia di persone si pongono le basi per un drammatico incremento del conflitto sociale, della marginalità, del risentimento, della povertà. Si darà nuova linfa al lavoro nero e alla criminalità organizzata, che avrà gioco facile nel reclutare i più disperati. Allo stesso tempo l’aumento del disagio avrà un enorme impatto sui bilanci comunali, stimato da Anci in ben 280 milioni euro annui. Ebbene di fronte a tutto questo chiediamo con forza di riconsiderare l’approccio definito nella riforma, che di fatto nega i diritti delle persone più deboli, tradendo lo spirito della nostra Costituzione, della Dichiarazione universale dei diritti umani, per la quale si sono accese migliaia di fiaccole in tutta Italia solo qualche giorno fa”.

      Il rapporto raccoglie diverse videotestimonianze. Come quella di Ibrahim Salifu, richiedente asilo accolto da Oxfam in un Centro di accoglienza straordinaria (Cas). Ricorda gli abusi subiti per 7 anni nell’inferno libico: “Quando sono arrivato in Libia sono stato rapito e portato in prigione. Lì le persone ogni giorno vengono picchiate e molti sono stati uccisi davanti ai miei occhi solo perché chiedevano di essere pagati per il lavoro che avevano svolto”. Per i traumi e gli abusi fisici e psicologici di cui è stato vittima, a Ibrahim è stata da poco riconosciuta la protezione umanitaria, ma dopo il 5 ottobre ossia dopo l’entrata in vigore del Decreto immigrazione e sicurezza, da poco convertito in legge: «Rischia nel prossimo futuro di ritrovarsi per strada, perché non potrà più entrare in un Centro di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar), dove avrebbe dovuto concludere il suo percorso di integrazione».
      https://www.youtube.com/watch?v=sbFu4tltStg

      E’ inmvece la storia di un’accoglienza forse ancora possibile quella di Beauty Isimhenmhen. “Non mi aspettavo di sopravvivere, né che la mia bambina si salvasse. Per questo l’ho chiamata Miracle…che vuole dire miracolo”. La mamma di 25 anni costretta a fuggire dalle persecuzioni in Nigeria mentre era incinta, ricorda la paura di non farcela, durante il suo viaggio verso l’Italia e l’Europa. La tragedia del suo passaggio obbligato in Libia, durante cui ha perso il marito ed è rimasta sola. Arrivata in Italia al nono mese di gravidanza è riuscita a salvare sua figlia appena in tempo. Oggi sta imparando un lavoro, la lingua, ma famiglie come la sua hanno ancora la possibilità di essere accolte nei centri Sprar, solo perché hanno ottenuto il trasferimento dal Cas in cui si trovavano prima del 5 ottobre, data in cui è entrato in vigore il Decreto immigrazione e sicurezza.

      https://www.youtube.com/watch?v=IUvakCk1w24

      “È un’assurda lotteria dell’accoglienza, che la nuova legge ha aggravato a dismisura. Non si tiene più conto della condizione dei richiedenti asilo, del loro percorso di integrazione. – sottolinea Bechini – Ci sono capitati casi di persone in grande difficoltà – famiglie con bambini piccoli, vittime di torture, ragazzi e ragazze appena maggiorenni - a cui dopo il riconoscimento dello stato di protezione umanitaria è stata revocata la possibilità di entrare nei centri SPRAR, il giorno stesso dell’entrata in vigore del Decreto. Cosa facciamo con queste persone? Le buttiamo per strada? Per noi operatori del settore è una decisione impossibile da prendere”.

      http://www.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/612325/Migranti-riforma-accoglienza-In-120-mila-destinati-a-diventare-irre

    • En supprimant les « titres de séjour humanitaires », Salvini contraint des réfugiés à retourner dans l’illégalité

      Depuis l’adoption du décret-loi durcissant la politique migratoire en Italie, des milliers de migrants devraient perdre leur statut de "protection humanitaire", qui leur permettait de rester légalement en Italie. Des milliers de personnes légales risquent de se retrouver à nouveau sans-papiers, sans travail.

      Le ministre de l’Intérieur et vice-Premier ministre Matteo Salvini, également à la tête de la Ligue (extrême droite) a fait adopter fin novembre, un décret-loi dont la principale mesure est d’abolir les permis de séjour humanitaires. Ce statut était jusque-là accordé aux personnes vulnérables, familles ou femmes seules avec enfants, victimes de traumatismes pendant leur périple vers l’Italie.

      Les conséquences sont graves, s’alarment les ONG d’aide aux migrants. Depuis 2008, plus de 120 000 personnes en ont bénéficié. "Et 40 000 personnes depuis deux ans", rappelle Marine de Haas de la Cimade. Ce statut était valable deux ans et renouvelable.

      Comment la suppression de ces titres de séjour va-t-elle fonctionner ? "C’est au moment de renouveler leur permis humanitaire que les migrants vont perdre leur ‘régularité’ », rappelle Marine de Haas. Les primo-arrivants, eux, n’en bénéficieront plus. "En perdant ce statut légal, beaucoup vont perdre leur logement" et leur accès au marché du travail.

      Ces dernières années et jusqu’en août, les commissions d’asile ont accordé en moyenne le permis humanitaire à 25% des demandeurs. Suite à des consignes de fermeté de Matteo Salvini, elles ont anticipé la fin des permis humanitaires, qui sont passés à 17% en septembre, 13% en octobre et 5% seulement en novembre.

      Expulsion des personnes en situation irrégulière

      Conséquence direct de la perte de ce statut : l’expulsion des centres d’accueil. Le 30 novembre, 24 migrants ont en effet été expulsés de leur structure d’hébergement d’urgence (CARA d’Isola Capo Rizzuto) à la demande de la préfecture de Crotone. "Les personnes qui avaient ce statut humanitaire perdent le droit d’aller dans les centres d’accueil. Elles repassent en situation irrégulière", explique Marine de Haas.

      >> À relire : "En Italie, des migrants hébergés en centre d’accueil jetés à la rue après le ’décret Salvini’"

      Matteo Salvini considère que ces personnes ne sont pas des ‘réfugiés’, "qu’elles doivent être expulsées", précise de son côté Eleonora Camilli, journaliste italienne, spécialiste de l’immigration, contactée par InfoMigrants.

      Pour rester légalement en Italie, les migrants devraient convertir leur "statut humanitaire" en d’autres titres de séjour (séjour pour motif de travail par exemple), une procédure particulièrement complexe. "Ils peuvent aussi demander l’asile, mais vu le contexte politique, peu de dossiers ont de chances d’aboutir", précise Eleonora Camilli, la journaliste italienne.

      La Cimade dénonce "l’hypocrisie" de Matteo Salvini

      La Cimade et la journaliste italienne sont sceptiques face aux résultats de cette politique migratoire. "Les personnes en situation irrégulière ne vont pas être toutes renvoyées" précise encore Eleonora Camilli. "L’Italie n’a pas toujours d’accords de rapatriement avec des pays tiers". En effet, l’Italie dispose d’accords bilatéraux avec 24 pays non-européens pour rapatrier les migrants, mais beaucoup refusent de les reconnaître comme leur concitoyens et refusent de les ré-accepter sur leur territoire. Conséquence : l’Italie n’a procédé qu’à 6 514 reconduites à la frontière en 2017 et il n’est pas garanti que ce chiffre soit atteint cette année.

      Les associations craignent donc une hausse de la clandestinité sur le sol italien. Beaucoup de migrants installés depuis plusieurs mois voire plusieurs années resteront sans doute en Italie, sans papiers. "Nous dénonçons l’hypocrisie de cette politique qui ‘invisibilise’ les migrants, qui les pousse à retourner dans la clandestinité, qui les pousse à se précariser durement", ajoute Marine de Haas.

      >> À relire : "Le bon temps pour les clandestins est fini", affirme Matteo Salvini

      Des associations françaises, comme Tous migrants, redoutent, elles, un pic de départ vers les pays limitrophes de l’Italie. "On s’attend à des arrivées prochaines via les Alpes", a expliqué Michel Rousseau, porte-parole de l’association de Briançon, ville non loin de la frontière italienne. Un avis partagé par Rafael Flichman, de la Cimade. "Des personnes avec un titre humanitaire qui expire dans quelques jours ou quelques mois peuvent décider de partir et de prendre la route vers la France".

      Au total, entre les permis actuels qui ne seront pas renouvelés et ceux qui ne seront plus accordés, le chiffre de "100 000 clandestins en plus est une estimation basse", explique Valeria Carlini, porte-parole du Conseil italien pour les réfugiés (CIR).


      http://www.infomigrants.net/fr/post/13986/en-supprimant-les-titres-de-sejour-humanitaires-salvini-contraint-des-

    • Cambiamenti del “decreto sicurezza e immigrazione”

      Quali sono i cambiamenti principali del decreto sicurezza? Cosa cambierà nel mondo dell’accoglienza? Quali saranno le conseguenze? Le risposte nella nuova infografica di Carta di Roma.

      Approvato in via definitiva alle fine di novembre, il cosiddetto “decreto sicurezza” produce e produrrà i suoi effetti su tutta la filiera dell’immigrazione in Italia: dall’identificazione all’accoglienza, dalle procedure per la protezione internazionale all’integrazione. Nell’infografica che pubblichiamo oggi abbiamo riassunto alcuni punti fondamentali.

      Fine dell’“umanitaria”

      Senza addentrasi troppo nell’analisi della norma, alcuni punti importanti si possono segnalare. Fino all’autunno 2018 l’Italia poteva riconoscere 3 tipi di protezione a chi ne facesse richieste: status di rifugiato, protezione sussidiaria e umanitaria (qui ne abbiamo dato una sintetica descrizione). Distribuite così a fine novembre: 6467 status di rifugiato, 3888 protezione sussidiaria e 19841 protezione umanitaria. Oggi, la situazione è cambiata.

      Chi ha presentato domanda di protezione internazionale DOPO il 5 ottobre ha due esiti possibili davanti a sé: 1. Se viene riconosciuto il rischio di persecuzione, e gli altri requisiti per lo status di rifugiato, oppure tortura, trattamento inumano e degradante, pena di morte o rischi legati a violenza generalizzata, allora riceverà il permesso per protezione internazionale. 2. E chi godeva della protezione umanitaria in quella fatidica data? Da una parte potrà convertire il permesso in uno per lavoro, altrimenti dovrà tornare davanti a una commissione territoriale per venire valutato secondo la nuova norma. 3. Può ottenere un permesso per casi speciali, per esempio per calamità naturali, per valore civile, per cure mediche, ecc.

      Aumentano gli irregolari?

      Secondo molti osservatori, il cambiamento della normativa avrà l’effetto di aumentare il numero degli irregolari presenti in Italia. Secondo le stime di Matteo Villa, analista dell’Ispi, in due anni e mezzo questi potrebbero crescere fino a quasi 140mila, tra i cosiddetti “diniegati” – coloro che in virtù della nuova legge non hanno ricevuto alcun tipo di protezione – e coloro che non hanno ottenuto il rinnovo in virtù delle modifiche alla norma. In totale 137mila migranti che dal giugno 2018 al dicembre 2020 sarebbero a spasso in Italia in attesa di un rimpatrio che di fatto è impraticabile senza gli accordi necessari con i paesi di provenienza.

      «Il rischio di un’esplosione del numero degli irregolari è concreto, tuttavia io invito a essere molto cauti con le stime» nota Francesco Di Pietro, avvocato e membro dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione. «La situazione è in evoluzione, leggiamo sui giornali di questi giorni di “stop alle espulsioni” e le cronache riportano i casi di famiglie lasciate per strada che devono essere tutelate e dovranno in qualche modo poter rientrare in qualche programma di protezione». È il caso dei migranti del Cara di Mineo o di Crotone e di molte famiglie ospitate in varie regioni italiane che sarebbero dovute uscire dalle strutture di accoglienza e che, per ora, hanno visto bloccato il provvedimento.

      C’è un altro aspetto che dovrebbe calmierare, almeno parzialmente, l’aumento di irregolari. Coloro che hanno in mano il permesso umanitario hanno diritto a convertire quel permesso in uno di lavoro. «Tuttavia – nota Di Pietro – il rischio molto concreto con la nuova normativa è che si possa creare un mercato di permessi di lavoro fittizi, finte occupazioni che garantirebbero la permanenza nel nostro paese».

      Cambiano gli Sprar

      Il sistema Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) è stato in questi anni un fiore all’occhiello dell’accoglienza in Italia. Nel luglio 2018 aveva 35.881 posti assegnati (dai 25 in Valle d’Aosta agli oltre 4mila del Lazio e ai quasi 5mila della Sicilia) in 654 comuni italiani pari a 877 progetti in corso. Con la nuova norma firmata Salvini le cose cambiano. Con la scomparsa della protezione umanitaria, gli ospiti dei piccoli centri di accoglienza saranno solo i titolari di protezione internazionale (quindi asilo e sussidiaria) e i minori non accompagnati. Quindi niente più richiedenti asilo che rimarranno nei Cara e nei Cas fino alla decisione.

      https://www.cartadiroma.org/news/in-evidenza/cambiamenti-del-decreto-sicurezza-e-immigrazione/amp/?__twitter_impression=true

    • No way back: New law adds pressure on asylum seekers in Italy

      Over the last five years, some two million migrants and refugees have made it from the north coast of Africa by sea to the perceived promise and safety of Europe. Almost 650,000 people have survived the longest, most dangerous crossing via the central Mediterranean to Italy.
      Saidykhan fled difficult conditions in his home country in 2016, hoping to find a better life in Italy. But things have not been easy. The recent repeal of two-year “humanitarian protection” status for a broad class of asylum seekers leaves people like him even more vulnerable.
      From 2015 to 2017, almost 26,000 Gambians sought asylum in Italy. Under the old law, those who didn’t immediately qualify for asylum could still stay in Italy for a certain period and receive some social benefits. But the rules were tightened late last year to include only victims of human trafficking, domestic violence, and other very specific criteria.

      Prominent Italians, including the mayors of Milan and Naples, have publicly opposed the new measures on ethical grounds, while the governors of Tuscany and Piedmont have said they will challenge them in court.

      But dozens of migrants and asylum seekers have already been evicted from state-organised housing, and thousands more remain concerned. Unwilling to return home and unable to build a future in Italy, they fear they may end up on the street with no access to services or support.

      https://www.irinnews.org/video/2019/01/08/no-way-back-new-law-adds-pressure-asylum-seekers-italy

    • En supprimant les « titres de séjour humanitaires », Salvini contraint des réfugiés à retourner dans l’illégalité

      Depuis l’adoption du décret-loi durcissant la politique migratoire en Italie, des milliers de migrants devraient perdre leur statut de "protection humanitaire", qui leur permettait de rester légalement en Italie. Des milliers de personnes légales risquent de se retrouver à nouveau sans-papiers, sans travail.

      Le ministre de l’Intérieur et vice-Premier ministre Matteo Salvini, également à la tête de la Ligue (extrême droite) a fait adopter fin novembre, un décret-loi dont la principale mesure est d’abolir les permis de séjour humanitaires. Ce statut était jusque-là accordé aux personnes vulnérables, familles ou femmes seules avec enfants, victimes de traumatismes pendant leur périple vers l’Italie.

      Les conséquences sont graves, s’alarment les ONG d’aide aux migrants. Depuis 2008, plus de 120 000 personnes en ont bénéficié. "Et 40 000 personnes depuis deux ans", rappelle Marine de Haas de la Cimade. Ce statut était valable deux ans et renouvelable.

      Comment la suppression de ces titres de séjour va-t-elle fonctionner ? "C’est au moment de renouveler leur permis humanitaire que les migrants vont perdre leur ‘régularité’ », rappelle Marine de Haas. Les primo-arrivants, eux, n’en bénéficieront plus. "En perdant ce statut légal, beaucoup vont perdre leur logement" et leur accès au marché du travail.

      Ces dernières années et jusqu’en août, les commissions d’asile ont accordé en moyenne le permis humanitaire à 25% des demandeurs. Suite à des consignes de fermeté de Matteo Salvini, elles ont anticipé la fin des permis humanitaires, qui sont passés à 17% en septembre, 13% en octobre et 5% seulement en novembre.

      Expulsion des personnes en situation irrégulière

      Conséquence direct de la perte de ce statut : l’expulsion des centres d’accueil. Le 30 novembre, 24 migrants ont en effet été expulsés de leur structure d’hébergement d’urgence (CARA d’Isola Capo Rizzuto) à la demande de la préfecture de Crotone. "Les personnes qui avaient ce statut humanitaire perdent le droit d’aller dans les centres d’accueil. Elles repassent en situation irrégulière", explique Marine de Haas.

      >> À relire : "En Italie, des migrants hébergés en centre d’accueil jetés à la rue après le ’décret Salvini’"

      Matteo Salvini considère que ces personnes ne sont pas des ‘réfugiés’, "qu’elles doivent être expulsées", précise de son côté Eleonora Camilli, journaliste italienne, spécialiste de l’immigration, contactée par InfoMigrants.

      Pour rester légalement en Italie, les migrants devraient convertir leur "statut humanitaire" en d’autres titres de séjour (séjour pour motif de travail par exemple), une procédure particulièrement complexe. "Ils peuvent aussi demander l’asile, mais vu le contexte politique, peu de dossiers ont de chances d’aboutir", précise Eleonora Camilli, la journaliste italienne.

      La Cimade dénonce "l’hypocrisie" de Matteo Salvini

      La Cimade et la journaliste italienne sont sceptiques face aux résultats de cette politique migratoire. "Les personnes en situation irrégulière ne vont pas être toutes renvoyées" précise encore Eleonora Camilli. "L’Italie n’a pas toujours d’accords de rapatriement avec des pays tiers". En effet, l’Italie dispose d’accords bilatéraux avec 24 pays non-européens pour rapatrier les migrants, mais beaucoup refusent de les reconnaître comme leur concitoyens et refusent de les ré-accepter sur leur territoire. Conséquence : l’Italie n’a procédé qu’à 6 514 reconduites à la frontière en 2017 et il n’est pas garanti que ce chiffre soit atteint cette année.

      Les associations craignent donc une hausse de la clandestinité sur le sol italien. Beaucoup de migrants installés depuis plusieurs mois voire plusieurs années resteront sans doute en Italie, sans papiers. "Nous dénonçons l’hypocrisie de cette politique qui ‘invisibilise’ les migrants, qui les pousse à retourner dans la clandestinité, qui les pousse à se précariser durement", ajoute Marine de Haas.

      >> À relire : "Le bon temps pour les clandestins est fini", affirme Matteo Salvini

      Des associations françaises, comme Tous migrants, redoutent, elles, un pic de départ vers les pays limitrophes de l’Italie. "On s’attend à des arrivées prochaines via les Alpes", a expliqué Michel Rousseau, porte-parole de l’association de Briançon, ville non loin de la frontière italienne. Un avis partagé par Rafael Flichman, de la Cimade. "Des personnes avec un titre humanitaire qui expire dans quelques jours ou quelques mois peuvent décider de partir et de prendre la route vers la France".

      Au total, entre les permis actuels qui ne seront pas renouvelés et ceux qui ne seront plus accordés, le chiffre de "100 000 clandestins en plus est une estimation basse", explique Valeria Carlini, porte-parole du Conseil italien pour les réfugiés (CIR).

      http://www.infomigrants.net/fr/post/13986/en-supprimant-les-titres-de-sejour-humanitaires-salvini-contraint-des-

    • GDB: Profughi, a #Brescia 1300 “in strada” e 250 giovani licenziati

      “Insieme a queste persone alle quali non verrà riconosciuta alcuna forma di protezione – il permesso umanitario, prima dell’entrata in vigore della legge, veniva rilasciato al 40% circa dei richiedenti – rimarranno senza lavoro anche 250 operatori dei Cas e degli Sprar. Italiani giovani e qualificati.
      Le 118 persone che vengono espulse in questi giorni dai Centri di accoglienza straordinaria sono in possesso di un permesso di soggiorno umanitario, che può essere convertito in permesso di soggiorno per lavoro. E proprio in questi giorni, come funghi, sono spuntati sedicenti datori di lavoro che, in ambio di denaro – dai 400 ai mille euro – stipulano falsi contratti di lavoro. La questura, tuttavia, per convertire il permesso, verifica che esista un contratto reale e, non trovandolo, ovviamente non procede alla conversione. Per i migranti, la beffa è doppia.
      Per “attenuare l’impatto sociale della legge sicurezza” alcuni rappresentanti delle realtà che nella nostra provincia in questi anni si sono occupati di accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati, sia nell’ambito dei progetti Sprar sia nella gestione dei Cas stanno valutando un coordinamento tra società civile ed enti locali.”

      http://www.adl-zavidovici.eu/profughi-brescia-strada

    • Italy evicts more than 500 people from refugee centre

      Move is first major eviction since rightwing government enacted hardline migration law.
      A further 75 were removed on Wednesday, with the remaining 430 to be evicted before the centre’s closure on 31 January.


      https://www.theguardian.com/world/2019/jan/23/italy-evicts-more-than-500-people-refugee-centre-near-rome

      #Castelnuovo_di_Porto

    • Uncertain future for refugees after Italy shuts asylum centre

      Funding cuts led to imminent closure of Italy’s second-largest centre for asylum seekers amid local protests.

      The eviction of refugees from Italy’s second-largest centre for asylum seekers has continued for a second day amid protests from locals and opposition politicians over the way the transfers are being carried out.

      The reception centre is located in Castelnuovo di Porto, a town near Rome, and the vast majority of the 540 people there are asylum seekers, including women and children.

      The centre, chosen by the pope in 2016 for the traditional Holy Thursday mass, in which the pontiff performs a foot-washing ceremony, is due to close by the end of the month following funding cuts.

      The evictions began on Tuesday when 30 people were taken away and another 75, including 10 women, were seen getting on buses on Wednesday without any knowledge of where they were headed.

      According to UN’s refugee agency, UNHCR, at least 10 people who hold “humanitarian protection” permits will be left without a roof over their heads.

      The recently passed “Salvini law” cracks down on asylum rights by abolishing such permits - issued to people who did not qualify for refugee status but were deemed as vulnerable - and barring those who hold them from receiving aid.

      The law is set to leave thousands of people undocumented and without rights in the next two years.

      Other centres across Italy are set to close in the coming months as well, including Italy’s largest in Mineo, Sicily.

      Observers have criticised the way the government decided to carry out the transfers by sending in the police and the army with barely 48 hours of notice, and without prior coordination with the local authorities or the cooperative running the centre.

      The transfers to other areas of the country will inevitably disrupt the lives of asylum seekers, some of whom have lived in Castelnuovo for over a year.

      They will also affect asylum applications that must be reviewed by local commissions.

      “Fourteen children will have to interrupt their school year,” UNHCR’s spokesperson for southern Europe, Carlotta Sami, told Al Jazeera.

      “There’s no clarity on where they will be taken and what will happen to hundreds of asylum applications that were being examined by the local commission.”

      More than 100 people, who were employed at the centre as language teachers or psychologists, are also set to lose their jobs.

      The centre had been open for over a decade, hosting at one stage up to 1,000 people.

      “The centre had become an integral part of Castelnuovo di Porto,” the town’s mayor, Riccardo Travaglini, told a local newspaper.

      “I’m not saying the centre shouldn’t be closed, but it should have been coordinated. Castelnuovo has been at the forefront of this emergency for 10 years, 8,000 people came through here. Some respect was due to a community that has done much not only for Italy, but for Europe as well.”

      Trade unions have scheduled protests to take place on Thursday. Some locals, including the town’s mayor, took part in a silent march on Tuesday to protest the closure of what many considered a model centre.

      Italy’s interior minister and Deputy Prime Minister Matteo Salvini defended the eviction, arguing that a drop in arrivals had freed places in other centres across the country.

      “It is a question of common sense and good administration that will save Italians six million euros a year, without taking away the rights of anyone,” Salvini told a local radio station.

      “All the guests who have the right to, will be transferred with as much generosity and with as many rights to other structures,” he said in a Facebook Live video.


      https://www.aljazeera.com/news/2019/01/uncertain-future-refugees-italy-shuts-asylum-centre-190123182046502.html

    • Chiusura del C.A.R.A. di Castelnuovo di Porto: il commento del Tavolo asilo

      Con un comunicato ufficiale le organizzazioni che compongono il Tavolo Asilo nazionale esprimono sconcerto e indignazione per la modalità con cui è gestita la chiusura del secondo centro più grande d’Italia.

      Tra i punti evidenziati nella nota stampa, il “brevissimo preavviso” dato agli oltre 300 persone ospiti del centro, tra cui 14 minorenni.

      I primi trasferimenti fuori regione, iniziati il 22 gennaio, non prevedono dei percorsi d’inclusione, scolastici, lavorativi e di formazione già intrapresi. Tra gli ospiti del centro, inoltre, ci sono uomini e donne ai quali, a causa del trasferimento, sarà impedito di proseguire i percorsi di riabilitazione e di cura per le violenze subite in Libia.

      Un altro punto critico legato alla decisione di chiudere il centro di Castelnuovo è legato all’accoglienza: sono circa 150 i titolari di permesso di soggiorno per motivi umanitari ai quali la legge non garantisce alcuna soluzione alternativa e che rischiano di finire nella marginalità, lasciati per strada, tra questi diversi vulnerabili. Spiace costatare che ancora una volta non è tenuto in alcuna considerazione l’interesse delle persone e delle comunità coinvolte.

      “Facciamo appello al Presidente del Consiglio, al Governo e al Parlamento, oltre che alle istituzioni locali – conclude il comunicato – affinché sia garantita a tutte le persone coinvolte una valutazione individuale dei percorsi di integrazione avviati ai fini del trasferimento in strutture nel territorio e non fuori regione; che sia garantita a tutti i minorenni iscritti a scuola la continuità del percorso di istruzione e che nessuno sia lasciato per strada“.

      Amnesty International Italia aderisce al Tavolo asilo nazionale insieme a: A Buon Diritto, ACLI, ActionAid, ARCI, ASGI, Associazione Papa Giovanni XXIII, Casa dei Diritti Sociali, Centro Astalli, CIR, CNCA, Comunità di Sant’Egidio, Emergency, Federazione Chiese Evangeliche in Italia, Intersos, Legambiente, Mèdicins du Monde Missione Italia, Medici per i Diritti Umani, Medici Senza Frontiere, Oxfam Italia, Save the Children, Senza Confine del Tavolo Asilo Nazionale.

      https://www.amnesty.it/chiusura-del-c-r-castelnuovo-porto-commento-del-tavolo-asilo

    • Castelnuovo di Porto, «non difendiamo i grandi centri, ma così è inumano»

      Secondo giorno di trasferimenti. Tensione nella mattinata quando la parlamentare Rossella Muroni ha bloccato uno dei pullman. Il sindaco: «Notizie solo dalla stampa, nessuna comunicazione ufficiale. Noi per primi abbiamo chiesto superamento del Cara ma non accettiamo queste modalità». Il parroco: «Poco dignitoso, si pensa ai soldi e non alle persone»

      ROMA - Lamin ha 24 anni e arriva dal Gambia. Da due anni vive nel Cara di Castelnuovo di Porto, ha frequentato un corso sui materiali edili a basso impatto ambientale e iniziato uno stage in una fabbrica a Roma. Domani un pullman, che lo porterà nelle Marche, interromperà questo percorso: “Non so niente di più, non mi hanno detto niente”, racconta da dietro la rete di recinzione che separa gli ospiti di Castelnuovo di Porto dai giornalisti, arrivati per raccontare il secondo giorno di trasferimenti voluti da Viminale, da uno dei Cara più grandi in Italia. Lamin, saluta gli amici che salgono sul pullman che partirà oggi con destinzaione Ancona, poi torna verso la rete: “Mi dispiace, eravamo diventati amici. E’ tutto molto triste”.

      I trasferimenti sono iniziati ieri e continueranno per tutta la settimana. Stamattina uno dei pullman con 30 persone a bordo è stato fermato dalla parlamentare di Leu, Rossella Muroni: “Voglio sapere dove vanno queste persone, se sono state prese in considerazione le loro esigenze”, ha detto mettendosi davanti il mezzo, poco dopo la partenza. Il pullman è rientrato nel centro, tra gli applausi delle persone presenti. Poi, dopo circa un’ora è ripartito. “Ho chiesto solo di sapere la destinazione delle persone: da quanto ci è stato detto alla cooperativa è stata fatta solo una suddivisione numerica, ma qui ci sono anche casi vulnerabili e famiglie. Non voglio discutere la legittimità dei trasferimenti - spiega - voglio che siano fatti da paese civile, nel rispetto delle persone. Su ogni pullman che parte ci sono delle storie, che vanno rispettate e tenute in considerazione”.

      Il terzo pullman parte intorno alle 12. Il sindaco di Castelnuovo di Porto, Riccardo Travaglini dice di aver appreso della chiusura del centro, gestito dalla cooperativa Auxilium, dagli organi di stampa. “Non siamo stati avvisati ufficialmente né dal prefetto né dal ministero degli Interni - afferma -. Non c’è stato nessun passaggio formale, il ministro Salvini continua a dire che è una scelta che si basa sul risparmio dell’affitto, ma queste persone erano inserite nel tessuto sociale, non si può parlare solo di soldi ma si dovrebbe parlare di valore culturale e sociale, di integrazione. Noi per primi abbiamo detto che il Cara andava superato, non siamo qui a difendere i grandi centri, ma non accettiamo questo tipo di modalità che non tiene conto delle persone - aggiunge -. La scelta non è stata concertata con l’ente locale, noi avevamo fatto anche richiesta per lo Sprar e per un’accoglienza in piccoli numeri”. Anche secondo il parroco della chiesa di Santa Lucia, Josè Manuel Torres, quello che sta succedendo a Castelnuovo di Porto è “poco dignitoso”. “Si tronca un cammino di promozione umane e di integrazione - sottolinea -. Qualcuno di loro aveva iniziato a lavorare, un ragazzo la prossima settimana ha l’esame della patente, un altro mi ha chiesto di portare i documenti al suo avvocato perché non sa dove va a finire. Questo modo brusco non condivisibile, non c’è nessun dialogo. Si parla solo di soldi, non si pensa alle persone”.

      Davanti al centro in presidio anche diversi lavoratori che ora rischiano il posto di lavoro. Gli operatori mercoledì saranno in sit-in sotto il ministero dello Sviluppo economico. Rispetto agli ospiti presenti, per ora i trasferimenti riguardano circa 300 persone sulle 500 presenti. 20 persone in possesso della protezione umanitaria non verranno accolte “finiranno in strada - dicono gli operatori - le faranno uscire quando si saranno spente le telecamere. Delle altre 180 che resteranno nella struttura non sappiamo niente”. Dopo i primi trasferimenti, che hanno riguardato solo gli uomini, nei prossimi giorni verranno spostati anche i nuclei familiari. Le regioni di destinazione sono Albruzzo, Basilicata, Molise, Campania, Marche, Piemonte, Lombardia, Toscana, Umbria ed Emilia Romagna. (Eleonora Camilli)

      http://www.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/616619/Castelnuovo-di-Porto-non-difendiamo-i-grandi-centri-ma-cosi-e-inuma

    • The New Irregulars in Italy

      After the spike in irregular migration to Europe in 2014-2017, many Western European countries have started to restrict the rights they grant to asylum seekers. Sweden tightened its laws already in 2016. In early 2018, France also adopted restrictive asylum laws. And this December, news broke that Denmark is planning to confine rejected asylum seekers to a remote island.

      But what happens when a government lowers the level of protection for asylum seekers, especially if it is unable to increase returns of migrants to their countries of origin? The answer seems straightforward: an increase in undocumented migrants stuck in the country. That is precisely what is probably going to happen in Italy over the next two years.

      Long story short. Between June 2018 and December 2020, the number of irregulars in Italy will increased by at least 140,000. Part of this increase (about 25,000) has already happened over the past months. But much of it is expected to take place between today and end-2020.

      In a “baseline scenario” in which Italy retained its three layers of international protection (refugee status, subsidiary protection, and humanitarian protection), irregulars in Italy would rise by around 60,000. But an October 2018 decree-law (now converted into law) is estimated to add another 70,000 irregular migrants to the baseline scenario, more than doubling the number of new irregulars in Italy. At the current rate, returns of irregular migrants to their countries of origin will only marginally limit such an increase.

      This means that, by 2020, the number of irregular migrants in Italy may exceed 670,000. This is more than double the number of irregular migrants that were estimated to be in Italy just five years ago, which was lower than 300,000. It is also the second highest figure ever, second only to the 750,000 irregulars estimated to be present in the country in 2002.

      For a quick snapshot, see this figure:

      Still here? Great, then you are interested in the longer version. Here you go!

      In early October, the Italian government introduced a decree-law (Decreto-Legge n. 113, 4 October 2018) that was converted into law in early December (Legge n. 132, 1 December 2018). Among other things, the law does away with one of three layers of protection for asylum seekers in Italy.

      Before the decree-law entered into force, the Italian system of protection offered three layers of protection:

      a. Refugee status. Resulting directly from the 1951 Geneva Convention, the status is assigned to asylum seekers who can make the case they have a well-founded fear of being personally persecuted “for reasons of race, religion, nationality, membership of a particular social group or political opinion” (art. 1 of the Convention). To these, two EU Directives have added persecutions for reasons of gender and sexual orientation.

      b. Subsidiary protection. Resulting from EU legislation, it is a second, EU-wide layer of protection. It applies to people who, while not qualifying as refugees, “would face a real risk of suffering serious harm” if they returned to their country of origin. This includes the risk of death penalty or execution, the risk of torture or inhumane treatment, and the risk of threat of life by reasons of indiscriminate violence during an armed conflict.

      c. Humanitarian protection. This is the third layer of protection, legislated at national level. Many EU countries have alternative forms of protection after refugee and subsidiary protection, but they vary widely across Europe. In Italy, “humanitarian protection” is used as a residual category, and this protection was attributed for different and quite discretionary reasons, ranging from health issues to harsh economic conditions in the applicants’ country of origin. The maximum length of the residence permit tied to humanitarian protection is two years.

      The current Italian government has decided to abolish humanitarian protection. The rationale behind this change is that, the government believes, the humanitarian protection layer was too benevolent towards irregular migrants who filed an asylum application. In its place, the government introduced six “special cases” (see table below).

      Despite this seemingly vast range of cases, in practice the new “special cases” will probably be applicable to a very small minority of those who were granted humanitarian protection beforehand. On the one hand, it may take some time before the Italian protection system adjusts to a new context in which one layer of protection is almost entirely missing. On the other hand, provisional data seems to point to a scenario in which “special cases” will be very marginal. In the first two months of application of the decree law, humanitarian protection rates dropped from 25% in the previous months, to 12% in October and to just 5% in November.

      To assess the effect of the disappearance of humanitarian protection in Italy on the presence of irregular foreigners, I made some quick simulations.

      Clearly, I have to make some assumptions:

      1. No new irregular entries or overstays. I assume that, between today and December 2020, nobody else will enter Italy irregularly, either by sea, by land or by air, and will therefore not apply for asylum. Also, I assume that no one entering regularly in Italy will overstay their visa. This is highly unrealistic. To stick to asylum applications, this November around 3,800 people applied for asylum in Italy, and while this is a much lower number than the average 11,000 per month that applied for asylum in 2017, it would still amount to almost another 100,000 new asylum seekers between here and December 2020. However, as sea arrivals have remained very low in Italy since mid-July 2017, the volatility of such estimates would be tricky to incorporate into my simulations. Also, these persons would still need to have their asylum request processed before becoming irregulars, so that they may still be regularly residing in Italy as asylum seekers by end-2020. Ultimately, this assumption will lead me to underestimate the number of irregular migrants in Italy in the near future.

      2. No irregular migrant leaves Italy. This is an unrealistic assumption as well. But, again, it is hard to estimate how many irregular migrants would leave Italy in a two-year timeframe, especially as border countries in Europe continue to find ways to suspend Schengen rules and tightly control their borders. By official accounts, over the past year more migrants have been intercepted crossing from Austria into Italy than in the opposite direction. Despite this, we could say that this could lead to an overestimate of the number of irregular migrants in Italy in the near future.

      3. Protection rates remain the same as in recent past (bar the policy change eliminating humanitarian protection). This is realistic, as protection rates have remained remarkably stable in the past three years.

      4. Return rates do not improve substantially. This is realistic: despite electoral promises of rapidly increasing returns of irregulars to their countries of origin, in the first six months of the Conte government, returns have been 20% lower than during the same period of 2017.

      For this simulation, I first need to split the June 2018 – December 2020 period into two time windows: the first is the past, between June and end-October 2018. In this period, about 26,000 asylum seekers in Italy were denied protection, thus becoming irregulars. Meanwhile, just 2,165 persons were returned to their countries of origin. The result is that irregulars in Italy increased by almost 24,000.

      I can now turn to the present and future, during which humanitarian protection is being eliminated: November 2018 – December 2020. For my baseline scenario, recall that, in the past three years, about 55% of asylum applicants have been denied protection in Italy. In the face of this, as of October 2018, Italy had 107,500 pending asylum applications. This means that just short of 60,000 of these persons will likely become irregulars in the country, even before any policy change. Therefore, this estimate will act as my baseline.

      I can then contrast the baseline with the estimated effects of the policy change. The abolition of humanitarian protection will have two effects:

      a. Asylum seekers whose request is still pending will no more be able to receive a humanitarian protection, and will be at a higher risk of having their application denied, thus becoming irregulars;

      b. Current beneficiaries of humanitarian protection will not be able to renew their protection, thus becoming irregulars.

      With regards to (a), in the months before the start of the current government, about 28% received the humanitarian protection. So, out of the pending 107,500 cases, a bit more than 30,000 would have received a humanitarian protection in the baseline scenario, but will now see their application rejected, becoming irregulars.

      As to (b), it is not possible to know with certainty how many persons are currently benefitting from humanitarian protection. However, given that this protection usually lasted two years, and that it could be renewed, a conservative estimate is to consider as beneficiaries all those persons that were granted humanitarian protection over the past two years. They amount to just short of 40,000. All these persons will not be able to renew their humanitarian protection once it expires, and will therefore become irregulars in Italy within the next two years.

      By adding (a) and (b) together, I arrive at 69,751. Therefore, about 70,000 persons are at risk of becoming irregulars in Italy by end-2020 due to the elimination of humanitarian protection. Compared to my baseline estimate of 60,000 new irregulars by 2020, this is a more than doubling in numbers.

      Finally, to get to the full number of new irregulars in Italy by end-2020, I need to subtract those migrants that will be probably returned to their countries of origin. As stated above, in the first 6 months, returns under the current government have been 20% lower than the same period last year.

      The full picture is summarized here:

      To get a sense of what this means for the total number of irregulars in Italy, take a look at the figure below, which is based on estimates by ISMU. Irregular foreigners in Italy had been declining between 2010-2013, but the increase in sea arrivals and in (rejected) asylum applications have reversed the trend between 2013 and today. ISMU estimates that, on 1 January 2018, irregular foreigners in Italy were around 530,000.

      In the baseline scenario, the number of irregulars in Italy would increase again, to around 600,000 in two years. But the abolition of humanitarian protection will bring it to around 670,000 by 2020. The latter is equivalent to a 26% increase from 2018 numbers.

      In absolute terms, 670,000 is not a totally unprecedented number. Similar figures have been reached or exceeded in 2002, 2006, and 2008. When this happened, however, the Italian governments of the time decided to proceed with mass regularizations: in 2002-2003, about 700,000 foreigners were regularized; in 2006, regularizations hovered at around 350,000; and, in 2009, they numbered 300,000. The rationale behind regularizations is that irregular foreigners can only make it through the day by relying on illegal employment or criminal activities, and are also exposed to much higher levels of marginalization. This is also why irregularity is associated with very high crime rate proxies.

      It is time to ask: when will the next mass regularization in Italy take place?

      https://www.ispionline.it/en/publication/new-irregulars-italy-21813

      #statistiques #chiffres #renvois #expulsions

    • Rome veut définitivement faire disparaître le camp de San Ferdinando en Italie

      Le bidonville de San Ferdinando dans le sud de l’Italie a été démantelé à grands renforts de bulldozers mercredi 6 mars. Près d’un millier de personnes y avaient élu domicile. Le gouvernement veut à tout prix éviter que le campement se reforme comme c’est le cas régulièrement.

      Le campement de San Ferdinando, en Calabre dans l’extrême sud de l’Italie, est connu des autorités depuis des années. Régulièrement démantelé, il se reforme à chaque fois accueillant des migrants dans une extrême précarité dont beaucoup ont un travail saisonnier, parfois au noir, dans les exploitations agricoles de la région.

      Mais cette fois-ci, c’est la bonne, à en croire Matteo Salvini, le ministre italien de l’Intérieur et patron de la Ligue (extrême droite antimigrants). Près d’un millier de migrants ont ainsi été évacués mercredi matin dans le calme et leurs baraquements de fortune détruits par des bulldozers. "Comme promis [...] nous sommes passés des paroles aux actes", a réagi l’homme fort du gouvernement populiste italien précisant que 600 policiers et 18 autocars avaient été dépêchés sur place.

      Bien que Matteo Salvini ait promis le relogement des migrants dans des centres d’accueil, plusieurs d’entre eux interrogés mercredi après le démantèlement par les médias locaux ne semblaient pas savoir où ils seraient conduits et où ils passeraient la nuit. Le Premier ministre s’est contenté de répondre, toujours sur Twitter, qu’il se félicitait de parvenir à “soustraire [ces migrants] de la mafia et de la criminalité en les répartissant dans des structures plus petites et contrôlables, ainsi qu’en accroissant la transparence” de sa politique migratoire.

      Les problèmes sécuritaires étaient très courant dans le bidonville de San Ferdinando. Quatre migrants y ont trouvé la mort, assassinés ou morts dans des incendies accidentels ou volontaires, depuis un an, souligne l’association Médecins pour les droits de l’Homme, présente sur place depuis des années. C’est d’ailleurs la mort d’un Sénégalais de 29 ans, Moussa Ba, qui avait conduit les autorités italiennes à ordonner une nouvelle fois la démolition de ce bidonville.

      Une mesure qui ne répond pas au problème, selon les associations de défense. Médecins pour les droits de l’Homme estime que cette "énième" évacuation a été menée "sans prendre en considération ni les droits individuels de ces travailleurs migrants, ni les engagements pris par les institutions et associations régionales et locales en faveur d’actions à long terme destinées à favoriser (leur) insertion sociale".

      Sur les réseaux sociaux, de nombreux citoyens et militants ont aussi fait part de leur colère estimant que les bulldozers n’allaient rien changer au fait que ces migrants évacués étaient bien souvent exploités par des patrons du secteur agricole. "Se débarrasser du bidonville n’est pas la solution, mais plutôt le moyen le plus simple [pour le gouvernement] d’obtenir des votes. Et dans tout ça, personne ne combat les exploiteurs", dénonce ainsi Angelo, un militant actif sur Twitter, vidéo à l’appui.

      La préfecture de Reggio Calabria a assuré de son côté qu’elle prendrait toutes les mesures nécessaires pour empêcher la reconstruction de ce bidonville, qui certaines années a accueilli jusqu’à 5 000 personnes.

      Attirés par le travail saisonnier, des centaines de migrants ont pris l’habitude depuis des années de s’installer dans cette région agricole de la Calabre. La Coldiretti, principal syndicat agricole italien, a d’ailleurs lancé mardi un appel aux autorités pour qu’ils autorisent rapidement l’entrée de travailleurs étrangers en Italie, en raison de l’avancement de la date de certaines récoltes après des températures inhabituellement élevées.

      https://www.infomigrants.net/fr/post/15573/rome-veut-definitivement-faire-disparaitre-le-camp-de-san-ferdinando-e

    • Il decreto sicurezza fa aumentare i migranti senza fissa dimora, minando la sicurezza di tutti, dei migranti e delle nostre città.

      Nessun supporto per chi aveva un permesso umanitario e ora deve lasciare i Centri. La situazione descritta nel terzo lavoro di monitoraggio dell’Osservatorio dell’associazione Naga, che garantisce assistenza a cittadini stranieri.

      L’impatto maggiore del decreto Salvini sulla sicurezza varato dallo scorso governo legastellato è quello dell’aumento dei senza fissa dimora. Sì, perché attraverso il taglio dei fondi ai progetti dei centri di accoglienza, ovvero passando dai tanto famigerati 35 euro a un massimo di 19- 26 euro, si risparmia tantissimo sugli alloggi. Nessun supporto è previsto per coloro che sono costretti a lasciare i centri, ad esempio le persone che avevano un permesso umanitario e che da un giorno all’altro si ritrovano senza più diritto all’accoglienza e quindi per strada.

      Questo meccanismo è fortemente patogeno: ritrovarsi per strada comporta i rischi e il degrado psico-fisico che ben si conoscono dagli studi sui senza fissa dimora, riscontrati anche tra i migranti nelle stesse condizioni. In generale, le persone che chiedono asilo arrivano in buona salute, fatte salve le conseguenze delle torture e delle privazioni subite durante i vari episodi di prigionia e lavoro forzato a cui sono stati sottoposti lungo il viaggio per arrivare in Italia.

      Ciò è conosciuto come il cosiddetto «healthy migrant effect»: partono le persone più sane, con più probabilità di farcela. Una volta arrivate si scontrano con quello che la ex primo ministro britannica Theresa May chiamò nel 2012 «hostile enviromnent», cioè condizioni che scoraggiano l’integrazione di una data popolazione in un determinato ambiente.

      Da qui le condizioni di alloggio spesso proibitive, i lavori precari, saltuari e senza forme di protezione, la salute che via via si deteriora. Senza contare l’impatto psicologico dato dall’isolamento e dalla mancanza dei legami familiari, le conseguenze fisiche ancora attuali e lo stress delle torture subite e l’incertezza per le lungaggini nell’ottenere un permesso di soggiorno pur non definitivo.

      Allo stato attuale, se un migrante è senza alloggio è un «senza fissa dimora» e dunque non può avere una residenza. Senza certificato di residenza non può trovare un lavoro regolare. Senza un lavoro regolare non può pensare di poter affittare regolarmente una casa, o nemmeno una stanza. È in una situazione senza vie d’uscita descritta dal terzo lavoro di monitoraggio e analisi compiuto dall’Osservatorio del Naga, un’associazione composta da numerosi volontari che garantiscono assistenza sanitaria, legale e sociale gratuita a cittadini stranieri irregolari e non, a rom, sinti, richiedenti asilo, rifugiati e vittime della tortura, oltre a portare avanti attività di formazione, documentazione e lobbying sulle Istituzioni.

      Tale lavoro ha come obiettivo di comprendere i cambiamenti nel sistema di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati con particolare attenzione all’area di Milano in cui il Naga opera dal 1987. E, infatti, proprio a Milano sarebbero almeno 2.608 i senza fissa dimora. I volontari e le volontarie del Naga hanno visitato nel corso della ricerca diverse tipologie di insediamenti informali (strutture coperte abbandonate, spazi all’aperto, palazzine abbandonate e giardini pubblici) per fornire un identikit delle persone fuori dal sistema di accoglienza e restituire una fotografia di queste marginalità.

      Le persone incontrate hanno provenienze diverse e status giuridici eterogenei: da stranieri in attesa o nell’iter di formalizzazione della richiesta di protezione internazionale, a titolari di protezione, a stranieri con permesso di soggiorno in corso di validità, a cittadini italiani.

      Il minimo comune denominatore sembra essere l’instabilità abitativa, la precarietà occupazionale e salariale e la quasi totale assenza di tutele. Per quanto riguarda chi si trova al di fuori dell’accoglienza, il report descrive anche le risposte istituzionali, che si concretizzano prevalentemente in interventi numericamente insufficienti a favore dei senza fissa dimora e nella pratica costante degli sgomberi senza soluzioni alternative e giustificati dalla retorica della sicurezza e del decoro.

      https://www.diritti-umani.org/2019/12/il-decreto-sicurezza-fa-aumentare-i.html?m=1

    • Imposta l’estromissione dal sistema d’accoglienza dei titolari di protezione umanitaria

      Ieri, 19 dicembre, il Servizio Centrale Sipromi ha inviato una circolare agli enti locali titolari dei progetti Sprar in scadenza al 31/12 (MA prorogati al 30/06/2020) per “sollecitare” l’uscita dal sistema di accoglienza entro il 31 dicembre 2019 dei titolari di protezione umanitaria in accoglienza.

      Con una lettera il Centro Immigrazione Asilo Cooperazione onluns di Parma, ente che da 20 anni accoglie persone per i loro diritti e per i loro bisogni, denuncia una situazione ritenuta inaccettabile ed ingiusta.

      “Non possiamo e non vogliamo accettare questa ingiustizia che interrompe percorsi di vita, cura, studio, lavoro, relazione. Per i titolari di protezione umanitaria che sono ancora in accoglienza deve valere il principio per cui un atto amministrativo non può interrompere un percorso di vita”, dicono al CIAC.

      «Infatti - ribadisce la onlus - per i titolari di protezione umanitaria, tra cui donne, bambini, nuclei familiari, possibili vittime di tratta, persone con disagio mentale non è prevista nessuna altra possibilità di accoglienza. Uscendo dello Sprar, per una norma palesemente ingiusta e insensata, sono messi in strada, in pieno inverno, interrompendo tutela, cura, lavoro, formazione appunto».

      Secondo i dati forniti da CIAC solo in Emilia Romagna sono circa 300 le persone che dovrebbero essere fatte uscire dalle strutture di accoglienza a fine anno. Nella sola provincia di Parma più di 20 persone, tra cui 5 nuclei mamma-bambino.

      «Noi - afferma il CIAC - non applicheremo questa direttiva nelle nostre case, sulle persone con le quali abbiamo un patto di tutela e un dovere professionale e morale di accoglienza. Con loro, quale che sia il permesso di soggiorno, abbiamo contratto un patto che ci vincola – esattamente come lo chiediamo a loro - al rispetto del loro progetto individuale di accoglienza. Che questo potesse essere interrotto dall’interpretazione – ribadiamo una interpretazione - di un comma, di un articolo, di una legge palesemente volta a colpire le tutele dei rifugiati non era nelle regole iniziali. E noi i patti li rispettiamo, come dagli accolti ne esigiamo il rispetto».

      L’associazione spiega che non ci sono solo ragioni etiche, professionali e morali, ed elenca i punti sui quali si basa la volontà di non mettere in strada nessuno.

      Il primo è che «i progetti Sprar/siproimi attivi sono prorogati con decreto del ministro dell’Interno del 13/12/19 sino al giugno 2020 e quanto dice la circolare, giuridicamente è quanto meno opinabile: i progetti non possono dirsi cessati al 31/12/19».

      Il secondo è che la circolare «non considera che è appurata la non retroattività della legge 132/18».

      «Per tutte queste ragioni - conclude CIAC onlus - profondamente stupiti che l’ufficio che governa il sistema di protezione assecondi una interpretazione che nega i principi stessi sui quali l’accoglienza integrata e diffusa si regge (individualizzazione dei percorsi, emancipazione dall’accoglienza, patto di accoglienza), affermiamo con grande convinzione che, solleciti o non solleciti, a fronte di una crescente marginalità sui territori, a fronte di tanti posti vuoti nel sistema che per quella stessa legge che il Servizio Centrale Siproimi cita e che non possono dare sollievo, accoglienza e integrazione a chi in tutta Italia ne avrebbe bisogno».

      http://www.vita.it/it/article/2019/12/20/imposta-lestromissione-dal-sistema-daccoglienza-dei-titolari-di-protez/153674

    • Rapporto “La sicurezza dell’esclusione - Centri d’Italia 2019”

      Le prevedibili conseguenze della legge sicurezza: maggiore irregolarità e smantellamento del sistema d’accoglienza.

      https://www.meltingpot.org/local/cache-vignettes/L440xH542/arton24796-6a3c1.png?1578654230

      Aumento consistente del numero di cittadini stranieri irregolari e difficoltà nell’applicazione dei nuovi bandi per la gestione dei centri da parte delle Prefetture. È il quadro che emerge dal rapporto “La sicurezza dell’esclusione – Centri d’Italia 2019”, realizzato da Action Aid e Openpolis che offre una prima valutazione dell’impatto delle politiche migratorie del primo Governo Conte.

      Gran parte del lavoro di analisi, suddiviso in due parti, si sofferma sulle conseguenze che la legge sicurezza immigrazione sta producendo sul sistema d’accoglienza nel suo complesso, denunciando nel contempo quanto sia difficile raccogliere le informazioni necessarie per monitorare il sistema dell’accoglienza e le sue evoluzioni per un’assenza quasi totale di trasparenza.
      Indicazioni sul disfacimento complessivo di un sistema e delle tutele dei richiedenti asilo che già molti attivisti, enti del terzo settore e operatori coinvolti nel sistema d’accoglienza avevano ampiamente previsto e che i movimenti avevano cercato di contrastare con mobilitazioni territoriali e di carattere nazionale. Ma nonostante un ampio fermento sociale la legge Salvini è ancora lì a far danni, e, a oggi, la sua abrogazione non è tra le priorità del governo 5stelle-PD.

      «La soppressione della protezione umanitaria, la forma di protezione maggiormente diffusa per chi fino al decreto sicurezza chiedeva asilo in Italia, - si legge nella prima parte dell’inchiesta - espande sempre più la macchia degli stranieri irregolari, che diventa un’emergenza reale con i conseguenti costi umani, sociali e di illegalità diffusa. Un’emergenza per la quale, in assenza di un meccanismo di regolarizzazione, la soluzione dei rimpatri appare nel caso più ottimistico un’illusione».
      Secondo le stime del rapporto sono 40.000 le persone che si sono ritrovate irregolari nel 2019 a causa della soppressione della protezione umanitaria. E queste cifre sono inevitabilmente destinate ad aumentare nel 2020 poiché la legge ha generato una perversa stretta anche nelle procedure e nei responsi delle Commissioni territoriali, sempre più restìe a concedere una forma di protezione. Del resto i rimpatri, che non sono mai stati una reale soluzione ma un altro strumento di propaganda politica, sono stati nel 2018 circa 5.615. A questo ritmo si stima che per rimpatriare i 680mila cittadini stranieri irregolari servirebbero oltre 100 anni, senza contare il costo economico di una tale contestabile operazione.

      Il rapporto si sofferma ampiamente anche sulle conseguenze delle nuove regole delle gare di appalto per la gestione dei centri. Regole «volute per razionalizzare il sistema e tagliare i costi e i servizi di inclusione, si scontrano con la difficoltà, anche di natura politica, dei gestori di farvi fronte e delle prefetture di applicarle. Diversi i bandi deserti, quelli ripetuti o che non riescono a coprire il fabbisogno dei posti nei centri». E’ di fatto un ritorno alla logica dei grandi centri di parcheggio per richiedenti asilo, perlopiù dislocati in periferia, e il totale abbandono di un’idea di accoglienza diffusa non solo funzionale alla distribuzione dei richiedenti asilo su tutto il territorio nazionale, ma soprattutto ad una loro inclusione sociale e una reciproca conoscenza con le comunità locali.
      «Un affare - continua l’inchiesta - che attrae i gestori a carattere industriale, grandi soggetti privati anche esteri in grado di realizzare economie di scala, e allontana i piccoli con vocazione sociale e personale qualificato». E - aggiungiamo noi - è anche un modello che attrae il malaffare e la criminalità organizzata, la quale è tranquillamente in grado di fare profitto nonostante la fetta di guadagno si sia a prima vista ridotta.

      Una totale assenza di programmazione. Il sistema di accoglienza sembra gestito giorno per giorno senza nessuna programmazione strategica.

      Nella seconda parte di «La sicurezza dell’esclusione – Centri d’Italia 2019» viene ulteriormente analizzato l’impatto dei nuovi capitolati di gara collegati al decreto sicurezza sul funzionamento della macchina dell’accoglienza. Sistema che al 31 dicembre 2019 accoglie in totale 91.424 persone, delle quali 66.958 con richiesta di protezione internazionale sono accolte nei CAS e 24.388, già riconosciute come titolari di protezione internazionale o protezione umanitaria, nei progetti ex SPRAR, rinominati dal decreto sicurezza SIPROIMI. Su questi ultimi, inoltre, si è abbattuta la scure della circolare del ministero dell’interno di Natale, che prevede la loro uscita forzata o tutt’al più il trasferimento in servizi di bassa soglia. Persone vulnerabili e famiglie che da un giorno all’altro si ritroveranno senza alloggio e assistenza, costretti a rivolgersi ai servizi sociali territoriali, senza trovare poi grandi risposte, o immediatamente a ingrossare le file dei senza tetto.
      Nella carrellata di numeri va infine ricordato che tra le conseguenze della legge ci sono anche i 5.000 posti di lavoro persi. Ma al governo Conte bis tutto ciò non sembra destare così grande preoccupazione.

      https://www.meltingpot.org/Rapporto-La-sicurezza-dell-esclusione-Centri-d-Italia-2019.html
      #rapport #Stefano_Bleggi

    • Les lois anti-migrants de Salvini sont toujours d’actualité en Italie

      Fin 2018, l’ancien ministre de l’Intérieur et chef de la Ligue, Matteo Salvini, a fait adopter des mesures anti-migrants très restrictives, parmi lesquelles l’abolition de la protection humanitaire qui représentait 28% des permis de séjour délivrés aux demandeurs d’asile. Ces mesures n’ont pas été modifiées par la coalition formée du Mouvement Cinq étoiles et du Parti démocrate, au pouvoir depuis cinq mois. Et c’est maintenant que leurs effets commencent à être visibles. Quelle est la situation actuelle des migrants qui ne peuvent plus bénéficier du permis de séjour humanitaire ?

      C’est une situation qui risque de devenir explosive. Les organisations non gouvernementales estiment à 70 000 le nombre demandeurs d’asile qui vont rejoindre les rangs des clandestins, soit environ 600 000 personnes. C’est en effet maintenant que l’on voit les effets des mesures sécuritaires adoptées il y a plus d’un an. Jusqu’alors, le permis de séjour humanitaire était délivré pour une durée de deux ans, renouvelable. Désormais, s’il arrive à échéance, cela implique le retour à la rue et à l’irrégularité, pour deux raisons : les migrants adultes doivent quitter les centres d’accueil institutionnels et ils n’ont plus accès au travail légal, car un employeur qui embauche, ou maintient à son poste, une personne qui n’a pas de papiers en règle risque des sanctions pénales.

      Concrètement, cela signifie donc que ceux qui avaient un contrat de travail en bonne et due forme doivent être licenciés ?

      On peut citer à titre d’exemple le cas d’une entreprise de Parme, en Émilie-Romagne, spécialisée dans la logistique, la Number 1 Logistics qui emploie 4 000 salariés. En 2017, elle avait recruté 120 personnes provenant du Ghana, du Nigéria, du Sénégal et du Venezuela et titulaires d’un permis de séjour humanitaire. L’entreprise les a formées, leur a offert un contrat de travail régulier avec une paie de 1 200 euros par mois, qui correspond à ce que perçoit un ouvrier non spécialisé. Mais elles ont dû être licenciées comme l’a récemment déploré le patron de Number 1 Logistics, lors d’une réunion de la Commission parlementaire chargée des affaires constitutionnelles.

      Un cas tristement exemplaire. Le nouveau gouvernement, formé il y a cinq mois, envisage-t-il d’abroger ou de modifier les décrets sécuritaires de Matteo Salvini ?

      En fait, les divergences entre le Mouvement Cinq étoiles et le Parti démocrate sur un dossier aussi important que celui des migrants cristallisent la situation. Certes, on en est plus à l’époque du Salvini tout puissant et des ports fermés. Mais concernant les politiques d’intégration, on ne note encore aucun changement. Cela dit, la ministre de l’Intérieur, Lucia Lamorgese, une technicienne soutenue par le centre gauche, a annoncé qu’elle voulait assouplir les conditions de régularisation, notamment pour les demandeurs d’asile obtenant un contrat de travail. Un projet en ce sens devrait être présenté devant le Parlement, après les élections régionales du 26 janvier en Émilie-Romagne et en Calabre.

      https://www.infomigrants.net/fr/post/22186/les-lois-anti-migrants-de-salvini-sont-toujours-d-actualite-en-italie?

    • La sicurezza dell’esclusione

      Aumento consistente del numero di stranieri irregolari e difficoltà nell’applicazione dei nuovi bandi per la gestione dei centri da parte delle Prefetture. È il quadro che emerge dal rapporto “La sicurezza dell’esclusione – Centri d’Italia 2019”, che abbiamo realizzato con openpolis e che offre una prima valutazione dell’impatto delle politiche migratorie del primo Governo Conte.

      https://www.actionaid.it/app/uploads/2020/05/CentridItalia_2019.pdf

      Pour télécharger le #rapport:
      La sicurezza dell’esclusione


      https://www.actionaid.it/app/uploads/2020/05/CentridItalia_2019.pdf

    • Migranti, così i decreti Salvini hanno fatto scivolare 140 mila persone nell’irregolarità

      Anticipazione del Dossier statistico 2020. Per la prima volta dopo anni diminuiscono di ben 100 mila unità gli stranieri extra Ue regolarmente soggiornanti in Italia. Effetto in particolare del primo decreto sicurezza, oltre che della perdurante mancanza di programmazione degli ingressi stabili

      https://www.redattoresociale.it/article/notiziario/migranti_cosi_i_decreti_salvini_hanno_fatto_scivolare_140mila_perso

  • Fil de discussion sur les résistances au #Decreto_Salvini

    Une #carte :


    http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2019/01/04/-sicurezza-salvini-legge-stato-firmata-da-mattarella-_04c71304-ad4c-4b71-9287-0

    Décompte : 157 communes qui s’opposent plus ou moins ouvertement au décret salvini.

    La région #Sicile, par contre, a décidé de ne pas faire recours :
    Sicurezza, Musumeci non segue Orlando. « La Sicilia non farà ricorso alla Consulta »
    https://www.lasicilia.it/news/politica/213400/sicurezza-musumeci-non-segue-orlando-la-sicilia-non-fara-ricorso-alla-cons

    Et une #carte, que je vais essayer de mettre à jour régulièrement :


    http://u.osmfr.org/m/279671
    En rouge : les maires qui disent NON
    En orange : des oppositions citoyennes et de la société civile
    #cartographie #visualisation

    Des maires italiens se lèvent contre les mesures anti-migrants de Salvini

    Plus d’une centaine de maires italiens font front contre la loi 132 sur la sécurité, tant voulue par le ministre de l’intérieur, Matteo Salvini. Ils dénoncent les mesures qui concernent les migrants, inconstitutionnelles selon eux.

    https://www.mediapart.fr/journal/international/120119/des-maires-italiens-se-levent-contre-les-mesures-anti-migrants-de-salvini

    #villes-refuge #ville-refuge

    • ANCHE IL COMUNE DI BRINDISI CHIEDE LA SOSPENSIONE DEL DECRETO SALVINI

      È appena passato in Consiglio Comunale l’ordine del giorno presentato dai gruppi di maggioranza: Brindisi Bene Comune, PD, Ora tocca a noi e Liberi e Uguali riguardo l’impatto sui territori del decreto Legge 4 ottobre 2018, n.113 in materia di immigrazione e sicurezza.
      Insieme alla giunta mi impegno a chiedere al Ministro dell’interno Matteo Salvini ed al Governo di sospendere, in via transitoria fino a conclusione dell’iter parlamentare, gli effetti dell’applicazione del Decreto Legge n.113/2018 e ad aprire un confronto con la Città di Brindisi e con la sua Provincia, oltre che in generale le città italiane, al fine di valutare le ricadute concrete di tale Decreto sull’impatto in termini economici, sociali e sulla sicurezza dei territorio.
      Mettere in discussione il modello di accoglienza degli SPRAR significa compromettere la dignità degli immigrati e la sicurezza dei cittadini e delle cittadine.
      Paradossalmente il Decreto Salvini alimenta e genera insicurezza.

      https://www.facebook.com/riccardo.rossi.90475/posts/10215191533634416
      #Brindisi

    • Il Comune di #Senigallia ha respinto il decreto Salvini

      «Stravolge il senso dell’accoglienza, non ne sentivamo proprio il bisogno».

      Il Comune di Senigallia, così come tanti Comuni grandi e piccoli, ha respinto il cosiddetto decreto “Salvini”. Di questo decreto non se ne sentiva proprio il bisogno!

      Il nostro Comune dal 2007 fa parte del Network dei primi 100 Comuni europei per le buone pratiche di accoglienza e integrazione riconosciuto dal Consiglio d’Europa. Pratiche attuate non per “buonismo” ma nell’interesse di tutti, anche del migrante.

      Senigallia aveva aderito al progetto SPRAR (gestito dalla Caritas non dalla ‘ndrangheta o da mafia capitale!) che prevedeva fino ad un massimo di 55 migranti, attualmente ne accogliamo 36. Aver accettato questa quota ci ha garantito di non dover accogliere altri migranti quando la prefettura si trova in emergenza.

      Il decreto stravolge in peggio il sistema dell’accoglienza. Fino ad ora esisteva un sistema di prima accoglienza e seconda accoglienza. La prima formata dai CAS, i Centri di accoglienza straordinaria dove si procede all’identificazione del migrante, si esamina la domanda di asilo, si valuta lo stato di salute e la sussistenza di eventuali condizioni di vulnerabilità , come aver subito stupro, violenza, stato di gravidanza e presenza di un nucleo famigliare. La seconda lo SPRAR, sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, si attiva una volta esaurita la prima fase e punta non solo al mantenimento delle condizione essenziali di vita ma si preoccupa di facilitare l’integrazione in attesa della valutazione delle Commissioni territoriali provinciali. Il decreto toglie ogni riferimento alla seconda accoglienza per i richiedenti asilo, riduce drasticamente la possibilità di accedere allo status di rifugiato e prevede i Centri di permanenza per il rimpatrio (CPR) dove possono essere avviati (reclusi) per 6 mesi tutti gli altri, anche persone che hanno subito violenza, stupro e dove sono separati i mariti dalle mogli e dai figli.

      Una vergogna di cui presto o tardi, ma inevitabilmente, verrà chiesto conto a tutti, anche a coloro che non si sono opposti!

      E veniamo alla parte che riguarda la sicurezza. Siamo d’accordo con Salvini, la qualità di una democrazia si misura nella sicurezza che infonde ed assicura ai propri cittadini. E gli italiani non si sentono affatto sicuri, tanto che tutta una serie di patologie legate a stress o ansia e depressione sono in drammatico aumento. In tutte le indagini sociologiche risulta che le persone non si sentono al sicuro per la mancanza di lavoro, di discontinuità del reddito, per il timore di perderlo, per una pensione o uno stipendio che non è sufficiente a pagare l’affitto o il mutuo o a mantenere i figli all’Università o a pagare gli esami medici o ad acquistare le medicine.

      Però Salvini e la sua imponente macchina comunicativa ci sta distogliendo dai veri obiettivi, dai responsabili del nostro disagio e sta riuscendo a convincerci che la nostra sicurezza dipende dall’emergenza migranti (che non c’è e non c’è mai stata!), reati predatori e incolumità personale e decoro urbano e quindi serve polso di ferro contro gli ultimi arrivati e più pistole per tutti per la legittima difesa. Bisognerebbe ricordare che la Norvegia, paese multietnico, dove si investe di più nel welfare, è il paese d’Europa dove la percezione di sicurezza è più elevata e la polizia è disarmata!

      http://www.senigallianotizie.it/1327473188/il-comune-di-senigallia-ha-respinto-il-decreto-salvini

    • A.A.A. COMUNICATO STAMPA SUL DECRETO SICUREZZA DELLE FAMIGLIE ACCOGLIENTI dei RAGAZZI RIFUGIATI

      “Dovrete espellere anche noi”

      Come famiglie che hanno un ragazzo africano o asiatico con loro siamo indignate e offese dal fatto che il governo abbia posto la fiducia sul Decreto n. 113/2018, bugiardamente definito “Decreto sicurezza” quando in realtà aumenterà il numero di migranti in situazione irregolare e creerà maggiore insicurezza nelle nostre città.
      Si tratta di un decreto che non avrebbe mai dovuto nascere, poiché non esisteva alcun motivo di “urgenza” per regolare una materia complessa e variegata com’è l’immigrazione: si tratta di un vizio di legittimità costituzionale che non viene sanato dalla conversione in legge attraverso i voti della Camera e del Senato. Inoltre il decreto è palesemente incostituzionale perché disomogeneo al suo interno, senza parlare della violazione degli obblighi internazionali dell’Italia e dell’articolo 10 della Costituzione dovuta all’abolizione del permesso di soggiorno per motivi umanitari.
      Queste ragioni sono state ignorate dai 336 deputati che hanno votato “sì” alla fiducia ieri, un voto che non aveva altra ragione se non quella di impedire un dibattito parlamentare dal quale sarebbero emerse le crepe all’interno della maggioranza, all’interno della quale è stato effettuato uno scambio tra temi che interessavano il Movimento 5 stelle (la riforma della prescrizione) e materie che interessavano alla Lega (il decreto 113/2018). Uno scandaloso mercimonio su misure che ledono i fondamentali diritti delle persone.
      Come famiglie accoglienti vi vogliamo dire solo questo: la nostra battaglia non finisce qui. Non metterete in pericolo la vita e la felicità di ragazzi che parlano italiano, lavorano, studiano, vogliono vivere e amare nel nostro paese. Questo decreto è ignobile e noi lo combatteremo in tutte le sedi, dalla Corte Costituzionale fino alla Corte Europea di Strasburgo.
      Se vorrete cacciare questi preziosi giovani dovrete farlo espellendo anche noi.

      Famiglie Accoglienti di Bologna
      famiglie.accoglienti.bologna@gmail.com

      con Diego Rufillo Passini Stefania Andreotti Giovanni Sean Panettiere Sara Forni Marina Amaduzzi Alessandro Alvisi Ilaria Venturi Francesca Paron Dina Galli Pietro Andriotto Giacomo Rondelli Angelo Dattilo Benito Fusco Anna Salfi Paolo Brighenti Gianni Brandani Fabio Brandani Benedetto Brandani Giacomo Brandani Giovanni Genova

      Reçu d’une amie via whatsapp

    • Migranti, il borgo di #Sutera contro il dl Salvini: ‘Nessuno per strada. Pagheremo l’accoglienza con il bilancio comunale’

      «Anche il Comune ha tratto beneficio dal progetto Sprar», spiega il sindaco. «Sei ragazzi sono stati assunti dall’associazione che lo gestisce». Ora i 15 migranti che non hanno ottenuto lo status di rifugiati ma attendono la decisione della Commissione territoriale dovrebbero essere espulsi dal sistema di protezione

      https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/12/11/migranti-il-borgo-di-sutera-contro-il-dl-salvini-nessuno-per-strad

    • #Leoluca_Orlando sospende il decreto Salvini. Il ministro: «Pensi ai problemi di Palermo»

      L’ira del leader leghista: "Il sindaco sinistro pensa a fare «disobbedienza» sugli immigrati"

      https://www.huffingtonpost.it/2019/01/02/leoluca-orlando-sospende-il-decreto-salvini-il-ministro-pensi-ai-prob
      #Palerme

      –----------------

      Leoluca Orlando sur twitter: «La sospensione dell’applicazione della l. 132/18 per quanto riguarda le competenze del sindaco non è un atto di disobbedienza civile né di obiezione di coscienza, ma la semplice applicazione dei diritti costituzionali che sono garantiti a tutti coloro che vivono nel nostro paese»
      https://twitter.com/LeolucaOrlando1/status/1080525653768843264

      #désobéissance_civile #droits_constitutionnels

    • I sindaci contro il decreto sicurezza: #Orlando, #De_Magistris, #Nardella, #Pizzarotti, #Falcomatà, #Pascucci, #Alessandrini. Disobbedienza umanitaria dei sindaci.

      L’annuncio del primo cittadino di Palermo - che sospende il provvedimento bandiera del vicepremier leghista - scuote la politica. E apre una riflessione anche tra i primi cittadini. Nardella: «Non ci pieghiamo al ricatto del dl Salvini». Pizzarotti: «Con le nuove norme difficoltà nell’avere documenti». Falcomatà: «Chiediamo un incontro al Viminale». Il ministro dell’Interno: «Legge firmata da Mattarella»

      Ha aperto una breccia, il sindaco di Palermo. Leoluca Orlando ha annunciato la sospensione, nella sua città, degli effetti del decreto sicurezza. In particolare - ma non solo - per quanto riguarda l’impossibilità di iscriversi all’anagrafe alla scadenza del permesso di soggiorno per motivi umanitari (con l’esclusione quindi da una serie di servizi sociali). «È disumano e criminogeno», dice Orlando. E poi rincara la dose: «Puzza di razziale». Orlando ha toccato un tasto dolente. Innescando reazioni politiche. E il consenso di altri sindaci. Per questo Salvini gli risponde in modo durissimo.

      De Magistris: "Noi obbediamo alla Costituzione"Il sindaco di #Napoli, Luigi de Magistris, rivendica di aver fatto subito la scelta di sospendere il decreto. Fin dall’approvazione del provvedimento: «Ho schierato la mia città dalla parte dei diritti - dice a Repubblica - noi applichiamo le leggi ordinarie solo se rispettano la Costituzione repubblicana. È obbedienza alla Carta e non disobbedienza civile. L’iscrizione all’anagrafe è fondamentale, consente alle persone di avere diritti. Sono in ballo interessi primari della persona: l’assistenza, l’asilo. Ci muoviamo in questa direzione anche per il sistema Sprar che è un’esperienza da tutelare mentre questo governo punta a riaprire centri affollati, depositi di persone che rischiano di trasformarsi in vere e proprie bombe umane».
      #Naples

      L’Anci: «Servono correttivi» Il primo cittadino di #Reggio_Calabria, Giuseppe #Falcomatà, è amareggiato: «Come sindaci avevamo rilevato queste problematiche fin da ottobre - dice a Repubblica - e non c’è stata alcuna concertazione e condivisione. Nella nostra città mai applicheremo norme che vanno contro i principi costituzionali e di accoglienza. A questo punto auspichiamo che il Viminale voglia incontrare l’Anci».

      In realtà sono molti gli aspetti del decreto contestati: «Ci dicono di sgomberare gli irregolari e non ci dicono dove collocarli», spiega Falcomatà. Ma i problemi non riguardano solo la gestione dei migranti: «Un aspetto che mi inquieta molto è anche la possibilità di vendere beni sequestrati alla mafia senza alcuna selezione. In questo modo il mafioso rischia, attraverso un prestanome, di rientrare in possesso del bene confiscato».

      Federico #Pizzarotti, primo cittadino di #Parma, è preoccupato: «Da subito abbiamo segnalato che questo decreto, per come è scritto, crea solo problemi, difficoltà nell’avere documenti e quindi nell’inserirsi in un percorso regolare, anche per ottenere un lavoro. Queste persone ovviamente non scompaiono con il decreto sicurezza, ma restano sul territorio, con difficoltà dal punto di vista del riconoscimento. Cercheremo di capire come si muovono gli altri Comuni, di coordinarci. Certo non basta una lettera di un sindaco per modificare il funzionamento dell’anagrafe e sospendere una legge dello Stato».
      #Parme

      Si schiera anche il sindaco di #Firenze, Dario #Nardella: «Firenze non si piegherà al ricatto contenuto nel decreto sicurezza che espelle migranti richiedenti asilo e senza rimpatriarli li getta in mezzo alle strade. Ci rimboccheremo le maniche perché Firenze è città della legalità e dell’accoglienza, e quindi in modo legale troveremo una soluzione per questi migranti, fino a quando non sarà lo Stato in via definitiva a trovare quella più appropriata».
      #Florence

      Alessio #Pascucci, sindaco di #Cerveteri, è anche coordinatore nazionale di Italia in Comune e denuncia: «Ai Comuni ora toccherà sobbarcarsi 280 milioni di euro di costi per la gestione del decreto, in termini di servizi sociali e sanitari rivolti ai soggetti vulnerabili. Chiediamo lo stralcio della parte relativa allo Sprar. E serve un tavolo di concertazione con l’Anci». E il presidente dell’Anci, Antonio Decaro, sindaco di Bari: «A questo punto è necessario un tavolo a livello ministeriale per introdurre i correttivi. La norma così com’è non tutela i diritti della persona».

      E il sindaco di #Pescara, Marco #Alessandrini: «Quella di Palermo è una scelta da studiare, su cui rifletterò. Ma questa è una situazione in cui noi sindaci ci troviamo a causa delle scelte criminogene, sul piano dei diritti, fatte da Matteo Salvini. Per me valgono le parole di Mattarella. La questione della sicurezza - e della convivenza - si declina attraverso diritti e doveri. E ricordo che a Pescara, come in molte altre città d’Italia, il primo nato dell’anno è figlio di una famiglia di migranti».

      Pd: «I sindaci reagiscono per tutelare le città»
      Il Pd si schiera con la mobilitazione dei sindaci. «Gli effetti del decreto Salvini purtroppo sono evidenti - dice a Repubblica Maurizio Martina - più insicurezza per tutti e meno gestione delle situazioni più delicate. Capisco i sindaci che per difendere i loro cittadini reagiscono a tutela delle città». Più tardi aggiunge: «Bisogna lavorare alla raccolta firme per un referendum abrogativo».

      Nicola #Zingaretti, altro candidato in corsa per la segreteria dem: «Mi sento vicino al sindaco Orlando al suo impegno contro l’odio e capisco la sua fatica per porre rimedio a norme confuse scritte solo per l’ossessione di fare propaganda e che spesso producono caos, più diffidenza e insicurezza per tutti. Tutto sulle spalle dei territori e degli amminisitratori locali. Dall’odio non è mai nata la sicurezza e il benessere per le persone, ma solo macerie per i furbi e i piu forti».

      https://www.diritti-umani.org/2019/01/i-sindaci-contro-il-decreto-sicurezza.html?spref=fb

    • Salvini: «Via i sindaci contrari al decreto sicurezza». Ma il sindaco di Milano #Beppe_Sala: così non va

      Sempre più aspro lo scontro tra sindaci e governo sul decreto sicurezza. Il vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini replica al sindaco di Palermo Leoluca Orlando e agli altri sindaci «dissidenti» sul decreto sicurezza. «Se c’è una legge, si rispetta. E se c’è qualche sindaco che non è d’accordo, si dimetta: dimettetevi ragazzi miei, siamo in democrazia e governano gli italiani, non qualche professorone o intellettualone o cantante o giornalista», attacca Salvini. In diretta su Facebook, dal rifugio sulla neve dove è in vacanza, il ministro dell’Interno si rivolge a «quei poveretti di sindaci di Palermo, Pescara, Napoli, Firenze, Reggio Calabria, che invece di preoccuparsi dei milioni di italiani in difficoltà per la casa, per il lavoro, per le liste d’attesa negli ospedali, per i reati che si moltiplicano, si preoccupano di dare documenti e diritti agli immigrati irregolari»: «Dico a questi sindaci che è finita la pacchia, che ne risponderanno ai loro cittadini, che gli pagano lo stipendio, ai loro figli, agli italiani che verranno, perché noi abbiamo accolto fin troppo in passato. Se pensano di intimidire qualcuno- sottolinea Salvini- hanno trovato il governo e il ministro sbagliato». Nonostante le «intromissioni» divertite della figlia piccola, Salvini mantiene toni durissimi nei confronti di «Orlando, de Magistris, Nardella, gli assessori di Milano, di Bologna»: «Non si molla di un millimetro», conclude brandendo un bombardino, la bevanda «energetica» degli sciatori.

      Milano

      Il riferimento all’assessore di Milano non è casuale. Perché il capoluogo lombardo si è unito ufficialmente al fronte della disobbedienza al decreto sicurezza lanciato mercoledì dal sindaco di Palermo, Leoluca Orlando. Beppe Sala infatti ha scritto su Facebook: «Ministro Salvini, ci ascolti e riveda il decreto sicurezza, così non va!». «Da settimane noi sindaci avevamo richiesto, anche attraverso l’Anci, di ascoltar la nostra opinione su alcuni punti critici, per esempio ampliando i casi speciali e garantendo la stessa tutela della protezione internazionale ai nuclei familiari vulnerabili, anche attraverso lo Sprar, oggi escluso dal decreto sicurezza per i richiedenti asilo» prosegue il sindaco. «Occorre inoltre valutare l’impatto sociale ed economico del decreto per le nostre città: più persone saranno per strada senza vitto e alloggio, più saranno i casi di cui noi Sindaci dovremo prenderci cura», ricorda Sala.

      Già mercoledì con un tweet (https://mobile.twitter.com/pfmajorino/status/1080478300735184896) aveva ribadito le intenzioni dell’amministrazione l’assessore al Welfare, Pierfrancesco Majorino. «Non abbiamo nessuna intenzione - ha detto in accordo con #Sala - di togliere l’iscrizione anagrafica ai richiedenti asilo che l’hanno già fatta, legge o non legge». Non solo il Comune, ha aggiunto Majorino, in queste settimane sta accogliendo nei centri per senzatetto «italiani e stranieri, senza porci il problema se siano regolari o meno: meglio averli nei centri che saperli per strada».

      https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/19_gennaio_03/majorino-pronti-disobbedire-decreto-sicurezza-ma-sala-tace-8d306c74-

      #Milan

    • Nardella contro Salvini: «Non ci pieghiamo al ricatto del decreto sicurezza»

      Nardella contro Salvini: «Non ci pieghiamo al ricatto del decreto sicurezza»

      Un gruppo di primi cittadini, guidati dal sindaco di Palermo Leoluca Orlando, si è schierato apertamente contro il ministro degli interni Matteo Salvini decidendo di non applicare il decreto sicurezza. In prima fila anche il sindaco Dario Nardella.

      «Firenze non si piegherà al ricatto contenuto nel decreto sicurezza che espelle migranti richiedenti asilo e senza rimpatriarli li getta in mezzo alle strade - ha detto Nardella al quotidiano la Repubblica -. Ci rimboccheremo le maniche perché Firenze è città della legalità e dell’accoglienza, e quindi in modo legale troveremo una soluzione per questi migranti, fino a quando non sarà lo Stato in via definitiva a trovare quella più appropriata».

      Nardella ha incontrato poco prima di Natale il ministro degli Interni con il quale si era reso disponibile per l’apertura di un centro per i rimpatri in città. «Il governo non sta facendo i rimpatri che aveva promesso di fare. Come Comune ci prenderemo l’impegno di non lasciare nessuno in mezzo alla strada, anche se questo comporterà per noi un sacrificio in termini di risorse economiche - ha aggiunto Nardella - Ma non possiamo permetterci di assistere a questo scempio umanitario: espellere persone dai centri di accoglienza, sulla base del nuovo decreto, lasciandoli in mezzo alla strada. Il fatto grave del decreto è che individua un problema ma non trova una soluzione».

      In sostanza i sindaci hanno ordinato ai dirigenti dell’anagrafe di continuare a iscrivere nel registro dei residenti i migranti con regolare permesso di soggiorno presenti solo per motivi umanitari (secondo il decreto tali persone non dovrebbe vedersi rinnovato il permesso).


      http://www.firenzetoday.it/cronaca/nardella-salvini-decreto-sicurezza.html

    • #Siracusa, il sindaco Italia a fianco dei «disobbedienti» al Decreto Sicurezza

      Il primo cittadino auspica che il Governo ascolti i sindaci e le forze politiche che hanno evidenziato le conseguenze di questo dispositivo

      Il sindaco di Siracusa, #Francesco_Italia, al fianco dei sindaci disobbedienti verso il Decreto sicurezza.

      “Ritengo che l’articolo di legge di conversione del cosiddetto «decreto sicurezza» - dichiara il primo cittadino - negando la possibilità di iscriversi all’anagrafe e di ottenere la residenza ai possessori di permesso di soggiorno, presenti evidenti profili di illegittimità costituzionale, si ponga in contrasto con i principi comunitari e sia deprecabile da un punto di vista etico e morale".

      Da qui il suo schierarsi apertamente con i sindaci dissidente in nome dei principi costituzionali di Uguaglianza.

      "L’applicazione di questa norma - continua Italia - equivale ad un ritorno all’indietro di decenni in termini di accoglienza in quanto, senza la concessione della residenza, i comuni non potranno rilasciare al migrante la carta di identità, negandogli di conseguenza l’accesso ai servizi sanitari e ai centri per l’impiego. Il nostro paese, profondamente legato ad una tradizione umanitaria e cristiana, - aggiunge - non può far prendere il sopravvento a sentimenti di discriminazione e di paura. Mi auguro che il Governo ascolti la voce dei Sindaci e di tutte quelle forze politiche che hanno evidenziato le conseguenze in termini di sicurezza e di incertezza derivanti dalla applicazione immediata di un tale dispositivo”.

      http://www.siracusapost.it/sites/default/files/styles/articolo/public/media/italia.PNG?itok=aDvofEes
      http://www.siracusapost.it/1.71902/nota-cronaca/sicilia-siracusa-provincia-siracusa/104/siracusa-il-sindaco-italia-fianco-dei

    • Palermo, capitale dell’accoglienza: la grande lezione della Sicilia a tutta l’Italia

      Nei quartieri più poveri volontari e Comune integrano 25 mila stranieri, Ballarò rivive con Moltivolti e con i commercianti bengalesi che denunciano gli estortori della mafia. Un modello alternativo. E ora Orlando annuncia la sospensione del decreto Salvini.

      «Di questo cambiamento culturale dobbiamo ringraziare soprattutto i migranti», afferma il sindaco, «Palermo, città migrante, per cento anni ha rifiutato i migranti: le uniche migranti erano distinte signore tedesche, rumene, austriache, francesi che avevano cura di noi bambini della Palermo aristocratica. Oggi Palermo grazie all’arrivo e all’accoglienza dei migranti ha recuperato la propria armonia perduta: davanti alle moschee passeggiano musulmani, la comunità ebraica realizza una sinagoga e, qua e là, a decine sorgono templi hindu e buddisti. Oggi grazie alla presenza di migliaia di cosiddetti migranti, i palermitani scoprono il valore dell’essere persona e difendono i diritti umani, i loro diritti umani. Una ragazza disabile in sedia a rotelle, palermitana, mi ha detto: “Grazie Sindaco, da quando accogliamo i migranti io mi sento più eguale, più normale, meno diversa”. E se cominciassimo a puntare in alto? Ad accettare che i migranti ci aiutino a recuperare il ruolo del merito? Non più a chi appartieni? Ma finalmente chi sei? Chi hai deciso di essere, cosa sai fare? Don Pino Puglisi, il mio carissimo amico Pino, non combatteva la mafia con le armi e con le denunce, chiedeva venisse rispettato il diritto dei bambini del quartiere di avere una scuola, una scuola degna di questo nome e non più una scuola collocata in appartamenti di proprietà di mafiosi lautamente ricompensati con canoni di affitto gonfiati. A Palermo difendiamo l’unica razza: quella umana. Non ci sono migranti a Palermo: chi vive a Palermo è palermitano. E chi distingue gli esseri umani secondo le razze prepara Dachau e Auschwitz».

      http://espresso.repubblica.it/attualita/2019/01/02/news/palermo-accoglienza-orlando-salvini-1.330083?ref=twhe&twitter_ca

    • À Palerme et à Naples, les maires refusent d’appliquer le “décret Salvini”

      D’après la nouvelle loi promue par le ministre d’extrême droite, les demandeurs d’asile ne pourront plus s’inscrire sur les registres de l’état civil et donc posséder un domicile légal. Une mesure anticonstitutionnelle et inhumaine, estiment certains maires italiens, qui ont fait savoir qu’ils ne l’appliqueraient pas.

      https://www.courrierinternational.com/article/palerme-et-naples-les-maires-refusent-dappliquer-le-decret-sa

    • #Caltanissetta, sindaco #Ruvolo: “Sono vicino a Leoluca Orlando, decreto sicurezza non coerente con la storia italiana”

      Il sindaco di Caltanissetta, Giovanni Ruvolo, tramite un post su facebook, si schiera a favore di Leoluca Orlando nella diatriba sul decreto Sicurezza: “Tempo fa ci eravamo espressi mostrando forti perplessità sul cosiddetto decreto Salvini, sperando che il buon senso consentisse al parlamento di produrre una legge più equilibrata e rispettosa dei diritti di chi vive nel territorio italiano. Purtroppo così non è stato. La mia sensibilità verso questi argomenti mi pone, ovviamente, in linea con quella politicamente espressa dal sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, per la tutela dei diritti delle persone che vivono in Italia, nei confronti di chi lavora, studia o è titolare di un permesso di soggiorno dopo aver fatto richiesta di asilo.
      Reputo il decreto Sicurezza, soprattutto in alcune parti, non coerente con la storia italiana che ha fatto dell’accoglienza un valore. Sul piano amministrativo ho dato mandato agli uffici competenti di approfondire la questione sotto il profilo giuridico per assumere le decisioni conseguenti. Valuteremo, come primo passo, l’opportunità di mettere per iscritto le motivazioni del diniego all’iscrizione all’anagrafe che scaturiscono dall’applicazione dell’articolo 13 del decreto Sicurezza. In questo modo i richiedenti asilo avranno la possibilità di sollevare la questione costituzionale nell’ambito di eventuali ricorsi al giudice ordinario”.


      https://www.ilfattonisseno.it/2019/01/caltanissetta-sindaco-ruvolo-sono-vicino-a-leoluca-orlando-decreto-si

    • „Il Comune dice no al decreto Salvini: «Favorirà l’illegalità sul territorio»“
      Il Comune dice no al decreto Salvini

      „Il Consiglio comunale di Torino ha detto no al decreto Salvini. Su iniziativa di Elide Tisi (Pd), prima firmataria, è stato infatti approvato - con trenta voti favorevoli e due contrari - un Ordine del giorno in materia di «Immigrazione e sicurezza». L’atto del Consiglio invita la Giunta di Palazzo Civico a chiedere al Ministero dell’Interno e al Governo di sospendere “in via transitoria fino alla conclusione dell’iter parlamentare” gli effetti dell’applicazione del Decreto Legge Salvini e ad aprire un confronto con Torino e le altre grandi città, per valutare le ricadute concrete del provvedimento in termini economici, sociali e di sicurezza dei territori.“

      http://www.torinotoday.it/politica/comune-no-decreto-salvini.html

    • Ecco i comuni che sospendono il decreto sicurezza (contro Salvini)

      È molto più di una polemica quella sollevata dal primo cittadino di Palermo Leoluca Orlando sul decreto sicurezza. Questione giuridica e ideologica che ha scatenato una fronda di sindaci ribelli, difensori dello Sprar, da Luigi de Magistris (Napoli) a Dario Nardella (Firenze), da Chiara Appendino (Torino) a Virginio Merola (Bologna). Anche Virginia Raggi, sindaca di Roma, ha chiesto al governo di mitigare gli effetti del decreto. E alla protesta si unisce la voce del sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà che chiede «un tavolo di confronto con il Viminale per capire se esistano le condizioni di dialogo per rivedere alcune parti di questo decreto sicurezza che ha evidenti ricadute negative sui territori. Effetto di un provvedimento mai concertato e condiviso con i sindaci». Altri comuni stanno valutando l’impatto della sospensione: per il primo cittadino di Parma Federico Pizzarotti «il tema va affrontato».

      Il parere (contrario) dei costituzionalisti
      I sindaci che dicono no al decreto sicurezza proclamano di fatto un atto di disobbedienza contro la legge 132/2018. Oppure, di obbedienza costituzionale: dipende dai punti di vista. È un attacco politico? Per Nardella è resistenza a uno “scempio umanitario”. Per Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale, «il sindaco non può disapplicare la legge». Dello stesso parere altri illustri costituzionalisti. Il ministro dell’Interno Matteo Salvini avverte i primi cittadini: «Ne risponderanno personalmente, legalmente, penalmente e civilmente perché è una legge dello Stato che mette ordine e mette regole». «Ho fatto un atto istituzionale, da sindaco. Perché ritengo che questo decreto realizza una violazione dei diritti umani. La vogliamo smettere di dire che chi rispetta i diritti umani è eversivo?», dichiara Orlando.

      La proposta dell’Anci, un tavolo ministeriale per correttivi
      E a sostegno di questi sindaci, che governano territori in cui l’accoglienza ha funzionato, avviando gli immigrati all’autonomia e in molti casi alla piena integrazione, ora Antonio Decaro, presidente dell’Anci (Associazione nazionale dei Comuni italiani) propone «un tavolo di confronto in sede ministeriale per definire le modalità di attuazione e i necessari correttivi a una norma che così com’è non tutela i diritti delle persone». C’è poi chi si spinge fino all’ipotesi di un referendum abrogativo. Come Maurizio Martina (Pd) che afferma: «Quel decreto porta solo più insicurezza sulla pelle di tutti i cittadini. È giusto contrastarlo per difendere le città dalla follia della propaganda».

      La disposizione del sindaco Orlando
      Orlando è passato ai fatti prima di Natale: con una disposizione indirizzata ai dirigenti del Comune, ha ordinato di sospendere l’applicazione della legge, dando mandato «di approfondire tutti i profili giuridici anagrafici derivanti dall’applicazione della legge 132/2018». «Nelle more di tale approfondimento - ha scritto il sindaco - impartisco la disposizione di sospendere, per gli stranieri eventualmente coinvolti dalla controversa applicazione della legge 132/2018, qualunque procedura che possa intaccare i diritti fondamentali della persona in particolare, ma non esclusivo, riferimento alle procedure di iscrizione della residenza».

      Il sistema Palermo
      Per capire la posizione netta assunta dal sindaco di Palermo è necessario conoscere il sistema per l’integrazione della sua città: «Accoglienza diffusa, organizzata d’intesa con Prefettura e Questura, in collaborazione con associazioni e università, suddivisa tra Cas, Sprar e piccole comunità», spiega Giuseppe Mattina, da 18 mesi assessore comunale alla Cittadinanza Sociale. Nel dettaglio: 40 comunità per minori non accompagnati, 12 Cas (Centri di accoglienza straordinaria, ma con numeri contenuti), 6 Sprar (di cui uno dedicato a soggetti vulnerabili). In totale, poco più di 1700 i beneficiari e circa 5500 gli operatori attivi nei progetti. «Qua è saltato un sistema organizzato, che garantiva davvero la sicurezza del territorio e a tutti gli stessi diritti», spiega Mattina. Tanti i siciliani coinvolti in attività di volontariato: «Un approccio che dimostra un processo culturale profondo. A Palermo non c’è scuola, ad esempio, che non sia partecipe di progetti di integrazione. Questa è cultura dell’accoglienza e dell’uguaglianza».

      “Ragazzi Harraga”
      Ma a riflettere lo spirito umanitario del capoluogo siciliano è soprattutto il progetto “Ragazzi Harraga”, iniziativa di inclusione sociale per minori migranti non accompagnati, gestita dal Centro italiano aiuti all’infanzia di Palermo, nata con il bando Never Alone: una rete di nove fondazioni per favorire l’autonomia e l’inclusione dei giovani migranti soli sul territorio italiano, garantendo il pieno rispetto dei loro diritti. Che si inserisce nel programma europeo EPim – European Programme on Integration and Migration - per promuovere gli stessi obiettivi anche in Grecia, Germania e Belgio.

      Le “imprese accoglienti” per l’inclusione lavorativa
      In Italia ne hanno beneficiato in più di 300. Settanta giovani hanno frequentato tirocini e laboratori e più di 20 sono stati assunti da imprese “accoglienti”, una cinquantina di attività, dall’abbigliamento alla ristorazione, impegnate a realizzare un modello di inclusione lavorativa. «Harraga è un termine arabo che indica i ragazzi che bruciano le frontiere, che attraversano i deserti e il mare, che durante il loro viaggio vengono più volte venduti e rapiti. Impiegano almeno 4 anni per arrivare in Italia, partono bambini e arrivano adolescenti. E nel loro peregrinare imparano le lingue dei posti in cui hanno vissuto e tanti mestieri. Noi qui lavoriamo per valorizzare le loro competenze, anche quelle informali. Molti frequentano la scuola, prendono la licenza media, poi quella superiore, alcuni anche la laurea. Sono brillanti, volenterosi e capaci», spiega Alessandra Sciurba, filosofa del diritto prestata alla causa umanitaria, che coordina il progetto dei Ragazzi Harraga. Said (dal Camerun), Amoud (dal Gambia) e Rita (dalla Nigeria), con una storia difficile di immigrazione alle spalle, oggi si occupano dell’inserimento abitativo dei migranti soli neomaggiorenni. Sostengono il pagamento di affitti e bollette con i proventi di una foresteria organizzata nel complesso di Santa Chiara, quartiere Ballarò, che ospita turisti solidali.

      Echi del modello Riace
      Sono echi del modello Riace, il borgo dell’accoglienza calabrese che in 20 anni di attività ha risollevato l’economia del posto e rigenerato il tessuto sociale attraverso un nuovo sistema di integrazione: un’esperienza spazzata via da un’inchiesta giudiziaria - di cui si attendono sviluppi - che ha sospeso dalle sue funzioni il sindaco Mimmo Lucano, vietandogli la dimora a Riace. Così il piccolo centro della Locride è tornato un paese fantasma. Intanto Lucano colleziona cittadinanze onorarie nei comuni d’Italia. Gli ultimi (dopo Milano, Firenze, Bologna, Scicli), i municipi di #Oriolo, #Capranica e #Sutri, con il sindaco Vittorio Sgarbi.

      https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2019-01-03/ecco-comuni-che-sospendono-decreto-sicurezza-contro-salvini-144932.shtm

      #Roma:

      Anche Virginia Raggi, sindaca di Roma, ha chiesto al governo di mitigare gli effetti del decreto.

    • Decreto Sicurezza? #Gori: «Produce irregolarità e insicurezza»

      Il sindaco di Bergamo: «Condannerà molti immigrati a vivere di espedienti, con una crescita dei reati. Condivido la richiesta di convocare urgentemente un incontro tra ministero e sindaci»


      https://bergamo.corriere.it/notizie/cronaca/19_gennaio_03/decreto-sicurezza-gori-produce-irregolarita-insicurezza-330f1474-0f
      #Bergamo

    • 1. Leoluca Orlando (Palermo)
      2. Luigi De Magistris (Napoli)
      3. Dario Nardella (Firenze)
      4. Federico Pizzarotti (Parma)
      5. Giuseppe Falcomatà (Città Metropolitana Reggio Calabria)
      6. Alessio Pascucci (Cerveteri, RO)
      7. Elisabetta Serra (Vaie, TO)
      8. Marco Alessandrini (Pescara)
      9. Vincenzo Giannone (Scicli, RG)
      10. Virginio Merola (Bologna)
      11. Francesco Italia (Siracusa)
      12. Nicola Sanna (Sassari)
      13. Vittorio Sgarbi (Oriolo, Capranica e Sutri,CS)
      14. Orlando Pocci (Velletri, RO)
      15. Giorgio Gori (Bergamo)
      16. Giuseppe Sala (Milano)
      17. Valeria Mancinelli (Ancona)
      18. Francesco Martines (Palmanova,UD)
      19. Paolo Erba (Malegno, BS)
      20. Giovanni Ruvolo (Caltanissetta)
      21. Giorgio Monti (Mezzago, MB)
      22. Mario Bruno (Alghero, SS)
      23. Davide Drei (Forlì)
      24. Sergio Giordani (Padova)
      25. Rösch (Merano)
      26. Alessandro Tambellini ( Lucca)

      Questi sono i sindaci contro il decreto sicurezza.
      E in fase di aggiornamento.

      https://www.facebook.com/chiara.marchetti.3979/posts/10219235983558361?comment_id=10219236567412957&notif_id=1546706224581648&n

    • Anche #Castelbuono sfida il ministro Salvini: “Non applicheremo il decreto sicurezza”

      “Apprezziamo la scelta del Sindaco di Palermo e di altri Sindaci d’Italia di sospendere l’applicazione della Legge 132/2018 meglio conosciuta come decreto sicurezza, iniziativa che il Comune di Castelbuono ha già avviato a partire dallo scorso 29 novembre con l’approvazione da parte del Consiglio comunale di un ordine del giorno per esprimere il proprio giudizio negativo sulle misure contenute nella legge e chiederne la sospensione su tutto il territorio comunale, suscitando anche la reazione di alcuni esponenti della Lega”. Lo ha detto il capogruppo di maggioranza Andrea Prestianni.

      “La decisione del principale organo collegiale locale rappresenta la massima espressione democratica, in un ordimento costituzionale democratico come il nostro; conseguentemente l’Amministrazione comunale e il Sindaco Mario Cicero chiede ai propri uffici di approfondire i profili giuridici derivanti dall’applicazione della sopra citata legge, con particolare riferimento ai rischi di violazione dei diritti umani, come garantiti dal diritto internazionale e dalla nostra Costituzione, e nelle more sospenderne l’applicazione – dice il capogruppo – Noi non applicheremo mai nessuna legge in contrasto con i princìpi espressi dalla nostra Costituzione. Abbiamo contestato e contestiamo quella legge ritenendo che lo smantellamento del sistema Sprar e la cancellazione della “protezione umanitaria” avrebbe aumentato significativamente il numero di persone in condizione di marginalità e clandestinità nelle città e nei territori. Oggi anche gli studi dell’Ispi sui dati del Ministero dell’Interno confermano quelle previsioni”.

      Secondo Prestianni, appare chiara la volontà del governo di non risolvere i problemi, ma al contrario alimentare il clima di discriminazione, razzismo, tensione sociale e ostilità nei confronti dei migranti e tra cittadini stessi, al fine di raccogliere il massimo consenso elettorale possibile alle prossime elezioni europee. “Ci auguriamo che tanti altri Sindaci d’Italia seguano l’esempio di quelle città e comuni, come Castelbuono e Palermo, che si sono già espressi contro il decreto Salvini, e che possa allargarsi sempre di più il fronte di realtà istituzionali, politiche e sociali che difendono i valori della solidarietà, della fratellanza e della pace”.

      https://www.madoniepress.it/2019/01/04/anche-castelbuono-sfida-il-ministro-salvini-non-applicheremo-il-decreto

    • Decreto sicurezza, anche la Regione si oppone a Salvini: «600 mila euro per seconda accoglienza»

      Decreto sicurezza, anche la Regione si oppone a Salvini: «600 mila euro per seconda accoglienza»
      „Non solo i sindaci in campo contro il decreto Sicurezza in tema di migranti. Anche la Regione Lazio di Nicola Zingaretti si è schierata contro la legge che abolisce di fatto il permesso di soggiorno per motivi umanitari (mantenendo solo alcune categorie) e rivede radicalmente il sistema dell’accoglienza, aprendo le porte degli Sprar (che si chiameranno Siproimi solo ai titolari di protezione internazionale escludendo quanti sono in attesa. “

      https://www.romatoday.it/politica/decreto-sicurezza-regione-lazio.html

    • Rivolta contro il decreto sicurezza, il sindaco di #Alghero: «Salvini non ci spaventa»

      La rivolta dei sindaci di centrosinistra al decreto Salvini si estende a macchia di leopardo e arriva anche in Sardegna. #Mario_Bruno, sindaco di Alghero, si schiera con il primo cittadino di Palermo, Leoluca Orlando, e gli altri sindaci che lo hanno seguito, pubblicando su Facebook un post inequivocabile: «Salvini non ci spaventa. A volte bisogna andare controcorrente, per non appoggiare una pericolosa deriva razzista».

      Al centro della ribellione c’è, ancora una volta, la questione migranti e in particolare lo stop ai certificati di residenza voluto dal ministro dell’Interno Salvini. Il sindaco di Alghero spiega: "Lo abbiamo già scritto al presidente Conte: pronti a sospendere gli effetti nei nostri comuni se non ci sarà un confronto nel merito con i sindaci, con chi vive i problemi da vicino. Siamo abituati a risponderne. Da tutti i punti di vista. Per tutti i nostri concittadini. Faremo ciò che è giusto tenendo conto innanzitutto della nostra coscienza e della nostra umanità, come facciamo ogni giorno.

      https://www.youtg.net/v3/dal-mondo/13408-rivolta-contro-il-decreto-sicurezza-il-sindaco-di-alghero-salvini-non-c

    • Il consiglio chiede lo stop al decreto Salvini con il sì di Bindocci (M5S)

      È passata anche con il voto favorevole del capogruppo del Movimento 5 Stelle in consiglio comunale, Massimiliano Bindocci, la mozione presentata dalla maggioranza di centrosinistra che impegna il sindaco e la giunta di Lucca a chiedere al ministro dell’interno e al governo di sospendere fino alla conclusione dell’iter parlamentare gli effetti dell’applicazione del cosiddetto «decreto Salvini», per aprire un tavolo di confronto tra governo, regioni ed enti locali sulle ricadute territoriali del provvedimento.

      https://www.lagazzettadilucca.it/politica/2018/11/il-consiglio-chiede-lo-stop-al-decreto-salvini-con-il-si-di-bindoc

    • #Pocci: «Velletri modello di integrazione. No al decreto Salvini»

      #Orlando_Pocci, Sindaco di Velletri, ha preso una dura posizione sul decreto sicurezza: «Alla luce di quanto sta accadendo dopo l’approvazione del cosiddetto decreto Salvini sulla sicurezza, che di fatto ha creato dei nemici inesistenti come “il clandestino”, esprimo preoccupazione e condivido l’appello lanciato da più parti sulla necessità di aprire un tavolo di confronto tra il Governo e l’ANCI.

      https://www.ilmamilio.it/c/comuni/12538-pocci-%C2%ABvelletri-modello-di-integrazione-no-al-decreto-salvini%C

    • Decreto Salvini: 4 sindaci irpini si alleano con De Magistris

      «Come sindaci impegnati sul fronte dell’accoglienza e della integrazione di comunità mediante Sprar abbiamo in più riprese espresso netta contrarietà rispetto al decreto Salvini. Penalizzando i modelli positivi di integrazione e rendendo di fatto impossibile regolarizzare le posizioni dei migranti cui è già stato riconosciuto lo status di rifugiati più che sicurezza si produce illegalità.»

      E’ quanto affermano in una nota congiunta quattro sindaci irpini #Angelina_Spinelli di #Santa_Paolina, #Giuseppe_Lombardi di #Petruro_Irpino, #Virgilio_Donnarumma di #Torrioni e #Roberto_Del_Grosso di #Roccabascerana

      https://www.ottopagine.it/av/attualita/173691/decreto-salvini-4-sindaci-irpini-si-alleano-con-de-magistris.shtml

    • Dl Sicurezza, i sindaci dell’#Empolese_Valdelsa: «Sosteniamo il ricorso della Regione»

      Il decreto Sicurezza deve fare i conti con molti sindaci. In parecchi in Toscana hanno dichiarato di temere le conseguenze sociali del dl e pensano a frenarne lì’attuazione. Tra questi anche i primi cittadini degli undici comuni dell’Empolese Valdelsa (#Capraia e #Limite, #Castelfiorentino, #Cerreto_Guidi, #Certaldo, #Empoli, #Fucecchio, #Gambassi_Terme, #Montaione, #Montelupo_Fiorentino, #Montespertoli, #Vinci), che hanno diramato la seguente nota congiunta.

      https://www.gonews.it/2019/01/04/decreto-dl-sicurezza-sindaci-empolese-valdelsa

    • #Rimini. Anche #Gnassi contro il decreto Salvini

      Dopo altri sindaci del Pd anche quello di Rimini interviene sul decreto sicurezza: “Tutto il problema dell’immigrazione – sostiene Andrea Gnassi – si scaricherà sulle strade delle città, senza più alcun tipo di programma o progetto di integrazione e gestione”. A innescare la protesta collettiva, sfociata poi in un duro scontro con il ministro dell’Interno Salvini, è stata la decisione del sindaco di Palermo Leoluca Orlando, di sospendere l’applicazione del decreto proprio nella parte che riguarda i migranti. “Senza progetti di attività sociali varati dai comuni come, ad esempio, quello di volontariato riminese, ribattezzato ‘Civivo’, per Gnassi siamo di fronte ad “una vera bomba che rischia di esplodere nelle comunità locali, altro che sicurezza. Credo – osserva – che il percorso di revisione di questo provvedimento debba adesso passare prima di ogni cosa per un tavolo di confronto tra Anci e Ministero. Bisogna apportare i necessari provvedimenti e – conclude il primo cittadino riminese – gli obbligatori emendamenti affinché tutto questo non si scarichi drammaticamente sulle città”.

      http://giornaledirimini.com/rimini-anche-gnassi-contro-il-decreto-salvini

    • I sindaci di #Lipari, #San_Piero_Patti e #Castel_di_Lucio “no al decreto Salvini ma senza scontri istituzionali”

      “Sulla legittimità del decreto sicurezza sarà la Corte costituzionale a pronunciarsi. Di certo il decreto Salvini non deve aggravare situazioni di disagio e marginalità nelle nostre città”.

      Così, in una nota, tre sindaci della provincia di Messina, Marco Giorgianni, primo cittadino di Lipari, Salvino Fiore di San Piero Patti e Pippo Nobile di Castel di Lucio.
      I tre amministratori chiedono l’avvio di “una fase di dialogo istituzionale volta all’introduzione dei necessari correttivi al decreto”.

      http://www.messinaora.it/notizia/2019/01/05/sindaci-lipari-san-piero-patti-castel-lucio-no-al-decreto-salvini-senza-scontri-istituzionali/113601

    • Sicurezza: Oliverio, ricorso a Consulta

      «Assieme alle altre Regioni che in questi giorni hanno annunciato un’analoga iniziativa, evidenziando le nostre stesse preoccupazioni, ci rivolgeremo alla Corte Costituzionale per chiedere l’annullamento della normativa al fine di stoppare una legge che viola diversi trattati internazionali sui diritti umani e i principi fondanti la nostra Costituzione». Lo afferma, in una dichiarazione, il presidente della Regione Calabria, #Mario_Oliverio, in relazione al Decreto sicurezza del Governo.
      «Avevo già espresso, in occasione del dibattito parlamentare circa l’approvazione del Decreto Sicurezza - aggiunge Oliverio - tutte le mie perplessità rispetto ad un provvedimento fortemente discriminatorio nei confronti di persone, immigrati regolari, che non potranno godere di diritti fondamentali. Oggi, gli atti di disobbedienza annunciati e praticati da diversi sindaci italiani confermano le mie preoccupazioni ed hanno il mio pieno sostegno».

      http://www.ansa.it/calabria/notizie/2019/01/05/sicurezza-oliverio-ricorso-a-consulta_df5c4b6c-3361-48cd-bc61-777e0132d730.html

    • Immigration en Italie : les maires de gauche entrent en fronde contre Matteo Salvini

      Plusieurs élus refusent d’appliquer un décret pour limiter les droits des migrants voulu par le ministre de l’intérieur d’extrême droite.

      « Je ne lâcherai pas d’un millimètre ! ». Sous son Tweet affichant sa détermination de fer, Matteo Salvini a posté, jeudi 3 janvier, un photomontage de quatre élus du Parti démocrate (gauche), affublés du slogan " les clandestins d’abord ". Une formule qui prend le contre-pied de son slogan politique (" Les Italiens d’abord "), résumant toute l’intensité du bras de fer qui commence en Italie autour du décret sur l’immigration voulu par le ministre de l’intérieur d’extrême droite.

      Figure emblématique de cette fronde, Leoluca Orlando, maire de Palerme, a annoncé en premier suspendre le décret dans sa commune. Les employés de l’état civil de la capitale sicilienne ont reçu la consigne de poursuivre l’inscription de tout migrant disposant d’un permis de séjour en règle. Depuis des mois, M. Orlando vante sa ville cosmopolite comme symbole d’ouverture, et de résistance à la politique de fermeture des ports bruyamment revendiquée par le ministre de l’intérieur. Après, tout, le nom grec de la cité ne signifie-t-il pas " refuge idéal " ?

      " Traîtres " Si la bataille est dans les symboles, elle est aussi sur le terrain juridique. Pour le maire de Palerme, la nouvelle loi viole les droits humains pourtant garantis par la Constitution italienne. " Il s’agit de mesures inhumaines et criminogènes, a fustigé l’édile, parce qu’elles transforment en illégaux des personnes qui se trouvent légitimement sur notre territoire. " Le maire de centre-gauche s’est dit prêt à aller jusqu’à la Cour constitutionnelle pour faire annuler le décret.

      L’une des principales mesures du décret est l’abrogation des permis de séjour humanitaires de deux ans qui permettaient un accès à l’emploi et aux services sociaux. Pour bien des maires, ces permis garantissaient la stabilité du tissu social de leur commune. Ils permettaient notamment l’accès au service sanitaire national, passage obligé pour bénéficier des offres de soin élémentaires, comme le médecin de famille.

      " Il faut évaluer l’impact social et économique du décret sur nos villes, déjà pénalisées par les coupes de la loi budgétaire ", s’inquiète Beppe Sala, le maire démocrate de Milan, qui craint de voir de plus en plus de sans-abri dans les rues, dont la prise en charge pèsera sur le budget municipal.

      La révolte semble faire tache d’huile. D’autres élus de grandes métropoles ont vite emboîté le pas du maire de Palerme, à Naples, à Florence ou à Parme. La fronde est alimentée par Matteo Salvini lui-même, qui n’a pas hésité à les qualifier de " traîtres ", les menaçant d’en répondre devant la justice. La loi, signée par le président de la République, est faite pour être appliquée, a rappelé le dirigeant de la Ligue.

      Le décret sur l’immigration prévoit également un démantèlement du réseau Sprar, le système de protection des demandeurs d’asile et des réfugiés, fruit d’un accord passé en 2002 entre les communes et le ministère de l’intérieur. Il s’adressait aux citoyens étrangers possédant un permis de séjour, leur permettant de bénéficier de cours de langue ou d’accéder à un logement.

      "C’est du fascisme" Avec la loi Salvini, les structures bénéficiant des compétences du Sprar ne seront désormais ouvertes qu’aux mineurs non accompagnés ou aux réfugiés de guerre. Les autres migrants doivent être transférés dans des centres d’hébergement que certains qualifient de centres de rétention. Une véritable bombe sociale, qui scandalise de nombreux élus locaux.

      " Cette loi nous rappelle des années sombres ", déplore Gennaro Capparelli, le maire d’#Acquaformosa, en Calabre, qui a longtemps été présentée comme un modèle d’intégration. Grâce aux migrants, ce village d’un peu plus de mille âmes a échappé à la désertification. Des emplois ont été créés et l’école n’a pas fermé. Mais, dans quelques mois, #Gennaro_Capparelli ne bénéficiera plus des fonds nécessaires du Sprar. " Jamais je n’aurais pensé qu’un ministre en arrive là, c’est du fascisme ", dit-il.

      Dans cette confrontation avec le gouvernement, certains élus plaident pour le dialogue, comme le maire démocrate de Bari, Antonio Decaro, qui préside l’Association nationale des communes italiennes. Il a demandé une réunion d’urgence au ministère de l’intérieur. Pour l’heure, Matteo Salvini n’a pas donné suite.

      https://www.lemonde.fr/international/article/2019/01/04/immigration-en-italie-les-maires-de-gauche-entrent-en-fronde-contre-matteo-s

    • Decreto Salvini, sindaca del Pd chiede la sospensione della legge a #Sestri_Levante

      Sicurezza e immigrazione. Anche la sindaca del Pd #Valentina_Ghio si schiera con i colleghi di sinistra ed estrema sinistra, come il palermitano Leoluca Orlando e il napoletano Luigi De Magistris, contro il Decreto Salvini, convertito in legge dal Parlamento e promulgato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella.


      https://www.ligurianotizie.it/decreto-salvini-sindaca-del-pd-chiede-la-sospensione-della-legge-a-sestri-levante/2019/01/05/324426

    • Il sindaco Bellelli contro il decreto Salvini: «A Carpi tra 50 e 100 le persone che potranno scivolare nell’illegalità»

      „Anche il primo cittadino di Carpi si espone nei confronti delle misure sull’immigrazione al centro della polemica di queste ore, sperando in un intervento della Corte Costituzionale“


      https://www.modenatoday.it/politica/sindaco-bellelli-carpi-decreto-salvini-4-gennaio-2019.html

    • Il sindaco di #Montepulciano contro il decreto sicurezza di Salvini

      “Esprimo anzitutto la contrarietà dell’amministrazione comunale di Montepulciano e del suo sindaco al decreto sicurezza.

      Nel nostro territorio non viviamo un’emergenza-immigrazione ma il provvedimento, così come è, non può funzionare né sotto un profilo etico né sotto quello del trattamento umano.


      https://www.antennaradioesse.it/il-sindaco-di-montepulciano-contro-il-decreto-sicurezza-di-salvini

    • Anche Ioculano e #Scajola contro il decreto Sicurezza: «Salvini sbaglia»

      «Ritengo che le leggi vadano rispettate, quindi non posso essere d’accordo con i colleghi che non lo fanno. Detto questo, non condivido il Decreto sicurezza, sul quale sono peraltro mancati confronto e discussione». #Claudio_Scajola, sindaco di #Imperia e già ministro dell’Interno, il ruolo oggi di Salvini, distingue il livello istituzionale da quello politico. Ma quando entra nel merito del provvedimento, è durissimo: «C’è un aspetto, quello con cui si danno diritti diversi alle persone, che ritengo incostituzionale e anche inquietante. Mi ricorda un germe pericolosissimo, nella disparità di trattamento, di cui abbiamo già visto una triste esperienza nella nostra storia». Chiaro il riferimento alle legge razziali del fascismo.

      http://www.ilsecoloxix.it/p/imperia/2019/01/04/ADO5yeUD-sicurezza_ioculano_scajola.shtml

    • #Ventimiglia: decreto sicurezza, Ioculano “Alla scadenza dei primi programmi Sprar ci sarà gente in mezzo ad una strada”

      “E’ un decreto di facciata perché non si può ignorare il fatto che, sul nostro territorio, ci siano decine di migliaia di persone e di queste, volente o nolente, te ne devi fare carico.” A dirlo è il Sindaco di Ventimiglia Enrico Ioculano molto critico nei confronti del decreto sicurezza del Governo nei confronti del quali hanno espresso il proprio disappunto molti sindaci, primo fra tutti quello di Palermo, Leoluca Orlando.

      http://www.sanremonews.it/2019/01/03/leggi-notizia/argomenti/politica-1/articolo/ventimiglia-migranti-e-decreto-sicurezza-ioculano-alla-scadenza-dei-prim

    • Il Sindaco di #Sanremo sul decreto sicurezza: «Da tempo Sindaci ed Amministratori hanno espresso forti critiche»

      “Anzitutto va registrato il fatto che l’Anci aveva già espresso da tempo un parere negativo al decreto e che molti Sindaci ed Amministratori sia di centrodestra che di centrosinistra stanno esprimendo forti critiche in questi giorni”.

      Sono le parole del Sindaco di Sanremo, Alberto Biancheri, che collimano con quelle dei colleghi Scajola (#Imperia) e Ioculano (Ventimiglia). “Sul decreto – prosegue - oltre ai dubbi di incostituzionalità sollevati da più parti, nutro molte perplessità che possa risolvere qualcosa in termini di sicurezza pubblica, temo invece che possano acuirsi alcuni problemi sociali nel tempo. Mi rifaccio pienamente alle parole del nostro Presidente della Repubblica Sergio Mattarella quando dice che ‘la sicurezza la si realizza se è garantita la difesa dei valori della convivenza’. E’ necessario allora che siano rispettato i diritti umani di tutti ma anche che tutti rispettino la legge. E per chi non si attiene alle leggi che regolano la nostra democrazia serve pugno duro, carcere e garanzia della pena per chi commette reati, espulsioni immediate per criminali extracomunitari: questo è quello che intendo io per sicurezza e questo è quello che mi chiedono i miei cittadini”.

      http://www.sanremonews.it/2019/01/03/leggi-notizia/argomenti/cronaca/articolo/il-sindaco-di-sanremo-sul-decreto-sicurezza-da-tempo-sindaci-ed-amminist

    • #Enrico_Pusceddu Sindaco di #Samassi

      Ho letto con attenzione il Decreto Sicurezza e seguo lo svilupparsi della situazione che in questi giorni vede alcuni colleghi sindaci opporsi all’applicazione della Legge.
      Anche io ho maturato una posizione chiara sull’argomento.

      Il compito del Sindaco è quello di tutelare le persone presenti nel territorio di sua competenza. Questo dobbiamo fare nel rispetto dell’articolo 2 della Costituzione che “riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo”. Per cui se una Legge dello Stato nell’applicazione di alcuni suoi articoli contrasta con i principi prioritari e fondamentali della Costituzione è nostro dovere intervenire attuando tutte le disposizioni che consentano alle persone presenti nel nostro territorio di non veder mai violati i propri diritti.

      Lo farò seguendo i consigli del leader leghista Matteo Salvini, oggi Ministro dell’Interno, che ancora l’11 maggio 2016 dichiarava a Radio Padania che “La disobbedienza alle leggi sbagliate è una virtù” a proposito della Legge sulle Unioni civili per cui ancora lui chiedeva “a tutti i sindaci e amministratori locali di disubbidire a quella che è una legge sbagliata”.

      Essendo quindi un Amministratore “virtuoso” e considerando il cosiddetto Decreto Sicurezza inapplicabile, accoglierò l’invito di Matteo Salvini e disubbidirò a “una legge sbagliata”.
      In attesa che il legislatore o la Corte Costituzionale vi ponga rimedio mi assumerò la responsabilità di sospenderne l’applicazione nella parte in cui, essendo di mia competenza l’attuazione, si paleseranno violazioni dei diritti umani. Una volta chiarito dal legislatore come garantire i servizi basilari alle donne e agli uomini presenti nel mio territorio sarò ben lieto di revocarne, per quanto di mia competenza, la sospensione.

      Facendolo non mi riterrò un traditore o un nemico degli italiani secondo le affermazioni del nostro Ministro dell’interno che dice: “Chi aiuta i clandestini odia gli italiani, ne risponderà davanti alla legge e alla storia”.
      Intanto noi Sindaci, a differenza di altri, di fronte alla legge, alla storia, al giudizio dei cittadini o dei delinquenti che attentano alla nostra vita (in Sardegna ce ne sono tanti ma il Ministro dell’Interno pare non curarsene) ci siamo tutti i giorni senza nessun tipo di attenuante o di immunità parlamentare.
      Ancor meno mi sentirò un fuorilegge che aiuta i clandestini. Primo perché lo status di clandestino in Italia è curiosamente variabile, si può diventarlo anche per colpa di Leggi che dall’oggi al domani trasformano in “clandestini noti” anche coloro che hanno i documenti in mano o che attendono da mesi o anni che gli uffici preposti diano risposta alle loro richieste. Secondo perché i clandestini non sono per forza di cose delinquenti. Terzo perché ritengo che anche il “peggiore” dei clandestini sia prima di tutto una donna o un uomo a cui riconoscere dei diritti inviolabili.

      Infine, nel caso in cui il Ministro dell’Interno, rinnegando le sue stesse incitazioni alla disobbedienza, volesse intraprendere iniziative ispettive o sanzionatorie nei confronti del mio operato, le accetterò serenamente e nel pieno rispetto delle reciproche competenze e ruoli istituzionali (non sarà peggio dei mille problemi e responsabilità a cui ogni giorno i sindaci devono far fronte) coscienti che non è solo una fascia tricolore, un titolo di ministro della Repubblica o un insieme di like su un post che danno senso e dignità all’essere umani.

      https://www.facebook.com/enricopusceddu.sindacosamassi/posts/2179161155670668

    • Decreto sicurezza, anche il sindaco di #Mezzago contrario: «È obbedienza costituzionale»

      C’è anche il sindaco di Mezzago #Giorgio_Monti tra le voci che si oppongono al decreto sicurezza del ministro Salvini. Una “disobbedienza civile” lanciata dal sindaco di Palermo e accolta da Napoli, Milano, Bergamo, Firenze. Salvini: “Io non mollo”.

      https://www.ilcittadinomb.it/stories/Cronaca/decreto-sicurezza-anche-il-sindaco-di-mezzago-contrario-e-obbedienza-c

    • Decreto Salvini, la sfida di 60 sindaci e consiglieri comunali pugliesi: «Odg per chiedere lo stop»

      «Il sistema elaborato da Salvini - commenta il sindaco di #Bitonto (Bari), Michele Abbaticchio - è fallimentare. Con le chiusure di Cas e Sprar si tolgono vite umane dal circuito ’sano’ dell’accoglienza per immetterle in strada. Non occorre essere degli esperti per comprendere come gli effetti del provvedimento sarebbero addirittura opposti a quelli prefissati». «A voler essere sospettosi - aggiunge - verrebbe da pensare che questo incremento generalizzato di insicurezza e panico che si diffonderebbe nelle città sia una trovata utile per futuri fini elettorali».

      «Ci spieghi Salvini - afferma il sindaco di #Acquaviva_delle_Fonti (Bari), Davide Carlucci - come dovrebbe condurre questo provvedimento a una maggiore sicurezza nelle città se l’attuale Governo non ha stipulato nemmeno un accordo con i Paesi di provenienza dei migranti per il loro rimpatrio». «Per non parlare poi - conclude - dell’aspetto più prettamente ’umano’, che siamo certi non sarà stato preso in considerazione dal ministro, ovvero l’abbandono in strada di giovanissimi».

      https://bari.repubblica.it/cronaca/2018/11/02/news/sessanta_amministratori_contro_salvini-210585624

      J’ai envoyé un message au groupe FB du parti pour savoir qui étaient les 60 maires... voici la réponse:

      Salve Cristina, innanzitutto la ringraziamo per il suo lavoro. Quanto all’articolo, si spiega che il partito avrebbe, per mezzo dei suoi amministratori (con i quali copriamo, appunto, oltre 60 comuni pugliesi), provveduto a farsi portavoce del messaggio. Nello specifico, cioè, di presentare una mozione con la quale si chiedeva la revisione del decreto. Naturalmente, non in tutti la mozione ha avuto seguito. Anzi, abbiamo purtroppo notizie già di comuni dove non è stata approvata, poi, dalla maggioranza del consiglio. In altri casi, purtroppo, la discussione è stata rimandata. Quello che indicavamo nel pezzo era la volontà di produrre un documento da presentare in tutti i comuni dove abbiamo un referente (che non sempre è il sindaco ma può essere un assessore o un consigliere di maggioranza o minoranza) e questo effettivamente è stato fatto. Se ha altre richieste, non esiti a contattarci.

    • #Martines, #Palmanova: “Con il Decreto Sicurezza, aumenteranno gli immigrati irregolari”

      ”L’ANCI ha sempre avuto nel suo DNA il compito di dialogare con i Governi a livello nazionale e regionale per definire o discutere norme la cui applicazione interessa i comuni e quindi i sindaci. Ciò è stato fatto e si continua a fare nella costruzione delle varie finanziarie regionali o nella emanazione di leggi che riguardano gli assetti degli enti locali” commenta #Francesco_Martines, Sindaco di Palmanova e Componente Esecutivo di ANCI Friuli Venezia Giulia. E continua: “Nel caso della “legge sicurezza”, a suo tempo l’ANCI stessa aveva espresso perplessità e le preoccupazioni in merito ad alcune incongruenze costituzionali e sui percorsi applicativi. Ora alcuni sindaci, e io sono uno di quelli, rilevano legittimamente che la sua applicazione comporterebbe anche l’incremento e non la soluzione di problemi di carattere sociale, tra cui l’aumento considerevole nel tempo del numero degli irregolari.

      https://www.triesteallnews.it/2019/01/05/martines-palmanova-con-il-decreto-sicurezza-aumenteranno-gli-immigrat

    • Non solo sinistra, anche i sindaci M5S criticano il decreto Salvini

      No, non ci sono solo i sindaci di sinistra a criticare il decreto Salvini su immigrazione e sicurezza. A giudicare negativamente la legge, proprio come Leoluca Orlando, Luigi De Magistris, Dario Nardella ed altri, ci sono anche diversi primi cittadini M5S, su tutti il livornese #Filippo_Nogarin, che è anche vicepresidente dell’Anci. Ne parla oggi il Corriere della Sera (articolo di Marco Gasparetti), che ha raccolto pareri e dichiarazioni degli amministratori pentastellati che esprimono dissenso. Con Nogarin ci sono anche #Francesco_De_Pasquale, sindaco di #Carrara, #Andrea_Zuccalà, primo cittadino di #Pomezia, #Mario_Savarese, di #Ardea.

      https://www.giornalettismo.com/archives/2689502/sindaci-m5s-decreto-salvini

    • #Belluno, sindaco boccia decreto Salvini: «Italia più insicura»

      «Il Decreto Salvini sull’immigrazione non renderà l’Italia un Paese più sicuro, ma al contrario rischia di gettare in mano alla delinquenza organizzata migliaia di persone. È un provvedimento calato sul territorio da chi sta seduto dietro un banco o una scrivania a Roma e, per una decisione “di pancia”, scarica così le future emergenze sociali sui sindaci e sui suoi cittadini». Il sindaco di Belluno, Jacopo Massaro, ribadisce la bocciatura al decreto in materia di immigrazione e sicurezza, bocciatura già illustrata pochi giorni fa.


      https://www.vvox.it/2018/09/25/belluno-sindaco-boccia-decreto-salvini-italia-piu-insicura

      #Jacopo_Massaro

    • Decreto sicurezza, De Vecchis: “#Fiumicino si schiera coi clandestini, contro i cittadini”

      Fiumicino – “Spiace prendere atto che il sindaco di Fiumicino, condividendo la presa di posizione strumentale di Leoluca Orlando e di alcuni sindaci di sinistra (leggi qui), abbia deciso di schierarsi dalla parte dei clandestini contro i cittadini”. Lo dichiara William De Vecchis, Senatore della Lega.

      https://www.ilfaroonline.it/2019/01/03/decreto-sicurezza-de-vecchis-fiumicino-si-schiera-coi-clandestini-cittadini/254936

    • #Alessandra_Buzzo, sindaca di #Santo_Stefano_di_Cadore (BL)

      Lettera aperta al ministro ?
      Sono un sindaco ministro Salvini di un piccolo comune di montagna, ci siamo incontrati alcune volte e non le ho mai nascosto il mio pensiero.
      Le battaglie per il mio territorio le ho fatte tutte, la sanità, la viabilità, il lavoro, la scuola ecc.sempre in prima linea, sempre esponendomi, non curandomi delle conseguenza perché se si crede nella bontà di quello che si fa il coraggio è d’obbligo, anzi è scontato.
      Più volte sono stata pugnalata alle spalle ma poco importa perché la consapevolezza di agire con coerenza per garantire i diritti dei propri cittadini, per cercare di costruire futuro per chi vive la montagna, mi ha dato molta forza!
      L’ultima volta che ci siamo incontrati in occasione dell’alluvione dell’ottobre scorso, le ho ricordato il referendum per l’autonomia bellunese, la necessità di una fiscalità particolare per questi territori, i progetti ed i sogni di questa area interna ecc...
      Oggi non posso tacere e mi unisco come posso ai sindaci “disobbedienti” fosse solo per dirle che lei è fra i responsabili se non il responsabile dell’abbruttimento etico e morale che sta avvolgendo la nostra bella Italia.
      Fin da bambina mi sono sempre schierata a fianco degli ultimi, sognavo di cambiare il mondo e continuo testardamente a farlo.
      Non si fanno differenze fra persone, fra colore della pelle, orientamento sessuale, religioso, il dolore è dolore, la gioia è gioia, le speranze sono speranze i sogni sono sogni, per tutti indistintamente, così come naturalmente doveri e responsabilità anche se non tutti partono dalle stesse condizioni ed opportunità, non si può restare indifferenti di fronte alle sofferenze e difficoltà delle persone, non ci si gira dall’altra parte, non si cercano capi espiatori ma si trovano “umane” soluzioni.
      Non so se veramente si sente in pace con la propria coscienza e se lo è non so proprio come fa o che coscienza strana è la sua.
      Le chiedo gentilmente perché la gentilezza è una virtù, di rilassarsi, il consenso lo può ottenere senza seminare odio, facendo semplicemente il proprio dovere.
      Fra i vari doveri che tutti noi abbiamo le ricordo quello di insegnare ai propri figli amore, rispetto, solidarietà, condivisione, giustizia sociale ecc....con il proprio esempio.
      Naturalmente anche questa volta mi preparo a ricevere commenti poco carini se non insulti ma come dicevo: sono coraggiosa e dico quello che penso e che il cuore mi indica ❤️

      Ps. Non mi dica il solito:”se li porti a casa sua” perche già fatto anche quello

      https://www.facebook.com/alessandra.buzzo.3/posts/10212446447985764?hc_location=ufi

    • "Espulsi per il decreto Sicurezza": i #presepi del #Salento protestano contro il governo

      «Espulsi ai sensi del decreto Sicurezza». Recita così un cartello davanti alla Natività, per far capire che oggi «il Bambin Gesù non potrebbe restare nella grotta perché verrebbe immediatamente espulso». Tocca i tanti presepi allestiti nelle piazze del Salento la campagna #sicuridiessereumani, promossa da Arci Lecce: richiedenti asilo, organizzazioni e diocesi, Comuni, ospiti di Cas e Sprar e cittadini hanno voluto manifestare la loro contrarietà alle politiche del governo adottate nei confronti degli stranieri. La Natività è allora sottoposta a sgombero, i re Magi che arrivano nellla chiesa Santissima Maria Assunta di Cavallino restano increduli perché nella grotta non c’è più nessuno, mentre nei presepi viventi di Galatina, Acquarica di Lecce, Diso, Lequile, Caprarica, Trepuzzi, Alessano, Castiglione d’Otranto, Campi Salentina, Sogliano, Tricase, Castrignano De’ Greci, Patù e Lecce si srotolano striscioni che ripetono gli slogan ’Ogni uomo è mio fratello’ e ’Sicuri di essere umani’. L’intera campagna, promossa dal coordinamento leccese contro il decreto Sicurezza, si chiuderà il 6 gennaio a Lecce con un corteo che si concluderà in piazza Duomo, dove è allestito il presepe

      https://bari.repubblica.it/cronaca/2018/12/23/foto/presepi_solidali-214972984/amp

    • Decreto Salvini, scintille fra De Marchi, Dara e Palazzi

      Palazzi dal canto suo si dice rispettoso delle leggi, e non aderirebbe al cartello Orlando, pur asserendo che il decreto Salvini «è sbagliato, e produrrà illegalità e lesioni a diritti fondamentali; ma io non chiederò ai funzionari del Comune di non applicarlo». Tuttavia, prosegue, «a Mantova non smetteremo mai di assistere chi ha bisogno», e solleva il caso dei minori stranieri non accompagnati, da cui in applicazione del decreto «avremo più insicurezza, perché rendere illegali coloro che oggi hanno la residenza rende sostanzialmente impossibili gli accertamenti».

      https://vocedimantova.it/cronaca/decreto-salvini-scintille-fra-de-marchi-dara-e-palazzi
      #Mantova

    • "Al fianco di Leoluca Orlando". Lettera dei sindaci della provincia

      Un gruppo di sindaci del Palermitano si è schierato ufficialmente con il primo cittadino di Palermo, Leoluca Orlando, nello scontro con il ministro dell’Interno Matteo Salvinin sull’applicazione del decreto Sicurezza. Si tratta di #Franco_Ribaudo di #Marineo, #Ciccio_Nicolosi di #Corleone, #Franco_Agnello di #Villafrati, #Epifanio_Mastropaolo di #Godrano, #Massimo_Diano di #Santa_Cristina_Gela, #Rosario_Petta di #Piana_degli_Albanesi, #Piero_Aldeghieri di #Campofelice_di_Fitalia, che fanno parte del «Centro polifunzionale per l’inclusione degli immigrati della #Valle_dell'Eleuterio_di_Marineo».

      https://livesicilia.it/2019/01/03/al-fianco-di-leoluca-orlando-lettera-dei-sindaci-della-provincia_1024679

    • #Monterotondo:
      Contro il decreto Salvini per la tutela dei migranti e della sicurezza del territorio

      Il Vicesindaco reggente Antonino Lupi si schiera al fianco del Sindaco di Palermo Leoluca Orlando.

      In armonia con gli orientamenti del Consiglio Comunale, fortemente contrari al Decreto Sicurezza, il Vicesindaco Reggente Antonino Lupi:

      esprime pieno sostegno ideale all’iniziativa promossa dal Sindaco di Palermo Leoluca Orlando contro l’applicazione di alcune norme fortemente discriminatorie verso i migranti, in particolare contro quelle che impediscono l’iscrizione anagrafica di richiedenti asilo pur in possesso di regolare permesso di soggiorno;

      auspica che la conseguente azione, avviata ai diversi livelli istituzionali, possa far si che la Corte Costituzionale si esprima, nel più breve tempo possibile, sulla costituzionalità di norme che, oltre a risultare lesive di diritti umani tutelati dalle convenzioni internazionali, appaiono violare valori e principi fondanti della nostra Costituzione;

      si unisce alla richiesta rivolta all’ANCI ed al suo Presidente Antonio Decaro di avviare un serrato confronto con il Governo Centrale per l’esame e la risoluzione dei numerosi problemi che si stanno generando sui territori a seguito dell’applicazione di alcune delle norme contenute nel Decreto Salvini e per la revisione dei contenuti del decreto stesso.

      “Forte dell’esperienza pluriennale che ha visto il nostro Comune impegnato in progetti di accoglienza, di integrazione e di autonomia di tanti migranti inseriti nei progetti SPRAR, ritengo che il Decreto Salvini che, a parole, vorrebbe garantire sicurezza, finirà con il generare rottura della coesione sociale, insicurezza, illegalità e criminalità nei territori.

      L’uscita di tante persone da percorsi legali, controllati e monitorati, (come quelle dei progetti SPRAR ma anche quelli dei CARA come quello di Castelnuovo di Porto che accoglie oggi più di 400 persone), – prosegue il Vicesindaco Reggente Antonino Lupi – vorrà dire renderle senza volto (senza iscrizione anagrafica e relativa residenza), senza prospettive, senza speranze: tante persone disperate continueranno a vivere, a vagare nei nostri territori, saranno facile preda del malaffare.

      Il Governo ha colpevolmente ignorato il pensiero degli Enti Locali, delle organizzazioni del Terzo Settore, del Sindacato, della stessa Conferenza Episcopale Italiana, in merito ad un tema così complesso come quello dell’immigrazione.

      Il Governo, forse alla ricerca del facile consenso sulle politiche contro l’accoglienza dei migranti che caratterizzano tutti i governi di destra in Europa e nel resto del mondo, non ha saputo valutare gli effetti che le nuove norme generano sui territori e che rischiano di far saltare quel delicato equilibrio tra Stato Centrale e Enti Locali: al Governo gli onori e i successi elettorali, ai Sindaci gli oneri economici e sociali di scelte che, anziché risolvere i vecchi problemi, ne generano di nuovi, difficili da prevedere e da affrontare.”

      http://www.comune.monterotondo.rm.it/comunicati-stampa/contro-il-decreto-salvini-per-la-tutela-dei-migranti-e-della-

    • Decreto Salvini, da sinistra pressioni sui sindaci ma nessuno segue la linea Orlando. E Giacomelli: «La Regione faccia da guida ai Comuni»
      #Prato:

      #Biffoni frena: «Chiedo il rispetto delle regole anche quando non ci piacciono, va fatta una battaglia politica per cambiare il decreto a beneficio dei cittadini».

      Il sindaco di #Poggio e presidente della Provincia Francesco Puggelli critica in più di un aspetto questa legge voluta dal ministro Salvini: «Si chiama sicurezza ma di sicurezza ha ben poco e le norme che contiene generanno il caos. Mi aspettavo qualche strumento per combattere la microcriminalità e per impedire a persone arrestate in flagranza di reato, come il caso dei marocchini di Poggio, di essere rimessi in libertà dopo poche ore; mi aspettavo più soldi per la videosorveglianza che attendiamo da tempo. E’ una legge piena di norme discriminatorie e quindi anticostituzionali. Lotterò per cambiarla».

      #Edoardo_Prestanti, sindaco di #Carmignano, definisce il decreto «un abominio che non risolve nessun problema ma anzi ne crea di nuovi perchè apre la porta a persone per strada senza diritti. Siamo pronti al ricorso alla Consulta».

      Sulla stessa lunghezza d’onda il primo cittadino di #Montemurlo, #Mauro_Lorenzini: «Chiederò al Consiglio comunale di prendere una posizione politica in merito per imboccare la strada del ricorso alla Corte Costituzionale. Noi sindaci non possiamo violare la legge ma possiamo combattere per modificarla. Questo decreto crea più problemi di quanti ne risolva soprattutto in fatto di sicurezza e salute».

      Stessa posizione per i sindaci di #Vaiano e di #Vernio, #Primo_Bosi e #Giovanni_Morganti: «I nostri territori non sono toccati dal fenomeno come le grandi città - dicono - ma lotteremo nelle forme previste dalla legge per cambiare questo decreto che riteniamo ingiusto».

      Più sfumata la posizione del sindaco di Cantagallo, Guglielmo Bongiorno che si limita a dire: «Ho giurato sulla Costituzione che parla chiaro su accoglienza e discriminazione». Nessun chiarimento se applicherà o meno il decreto Salvini anche se in un piccolo Comune come il suo, in alta Val di Bisenzio, l’eventuale disobbedienza è un esercizio molto teorico.

      http://www.notiziediprato.it/news/decreto-salvini-da-sinistra-pressioni-sui-sindaci-ma-nessuno-segue-la

    • Da #Salerno diffida a Salvini. Appello al sindaco alla disobbedienza civile

      Un presidio, una diffida nei confronti di Conte, Salvini e Toninelli, e un invito alla disobbedienza civile al sindaco di Salerno, #Vincenzo_Napoli. Da Salerno si leva il grido di solidarietà e umanità verso i 49 migranti a bordo della Sea Watch e della Sea Eye, in mare ormai da 15 giorni, impossibilitata a sbarcare sulle coste italiane a causa della presa di posizione del vicepremier della Lega. Lunedì mattina, alle 11, su iniziativa di Antonio Nigro e del collettivo Move to resist, sarà presentata, presso la prefettura di Salerno, regolare diffida nei confronti del presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte, il ministro dell’Interno Matteo Salvini e il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli.

      https://napoli.repubblica.it/cronaca/2019/01/06/news/da_salerno_diffida_a_salvini_-215979824

    • Cori, con la presentazione del corto ‘Non Calpestare’, l’amministrazione ricorda l’anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e stigmatizza il decreto sicurezza

      “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”. Questo è il primo articolo della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, un codice etico di importanza storica fondamentale: è stato il primo documento a sancire universalmente i diritti che spettano all’essere umano. ‘Non Calpestare’, il cortometraggio diretto nell’anno appena passato da Angelo Bianchi con i testi del collettivo letterario Cardiopoetica, che è stato presentato al Teatro Comunale ‘Luigi Pistilli’ di Cori, vuole essere proprio un contributo al 70° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani che “oggi più che mai – commenta il Sindaco Mauro De Lillis – manifesta la sua importanza nel nostro Paese: il cosiddetto decreto sicurezza da poco divenuto legge calpesta, infatti, sia i principi costituzionali sia i valori presenti nella Dichiarazione Universale. Esso mette in discussione anni di politiche tese all’accoglienza diffusa e all’integrazione, che sicuramente presentavano aspetti critici ma nel complesso realizzavano una forma di governo dell’immigrazione che stava dando buoni risultati. Ora noi Sindaci non abbiamo più la possibilità di garantire assistenza sociale e sanitaria ai richiedenti asilo. Non possiamo più garantire i diritti basilari assicurati agli altri cittadini. Una vergogna per l’Italia. Occorre – conclude il primo cittadino – un sussulto di responsabilità, di sensibilità e un forte atto di denuncia verso questo provvedimento. Credo che l’iniziativa di ieri possa aiutarci in tal senso, sollecitando una riflessione profonda e una seria presa di coscienza da parte di tutti”. Intanto, Mauro de Lillis di concerto con i colleghi Sindaci e con l’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani) sta valutando i passi da compiere per accertare davanti a un giudice la costituzionalità della norma.


      http://www.mondoreale.it/2019/01/cori-con-la-presentazione-del-corto-non-calpestare-lamministrazione-ricor

    • #Salve, sindaco contro decreto Salvini, la Lega replica

      Il sindaco di Salve (Le) è intervenuto ieri sulle pagine della Gazzetta del Mezzogiorno unendosi al coro dei sindaci contro il decreto sicurezza di Matteo Salvini:

      «In una lettera scritta dalla prigione di Birmingham nell’aprile 1963, il reverendo Martin Luther King si chiede come sia possibile rispettare alcune leggi e disobbedire a delle altre. Trova la risposta nel fatto che possono darsi due tipi di leggi: giuste ed ingiuste. Il reverendo King afferma dunque di essere il primo ad avvertire la responsabilità legale e morale di obbedire alle leggi giuste, ma di sentire al tempo stesso la responsabilità morale di disobbedire alle leggi “ingiuste”.


      https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/lecce/1098267/salve-sindaco-contro-decreto-salvini-la-lega-replica.html

      #Francesco_Villanova

    • Tra i sindaci in trincea contro il decreto Salvini

      A #Francesco_Maragno, sindaco di centrodestra di #Montesilvano, il dl Salvini non piace. “I latini – dice Maragno al Foglio – dicevano dura lex sed lex: è una legge dello stato e come tale va rispettata. Noi, finora, abbiamo applicato la legge Bossi-Fini per eliminare i rischi della presenza di immigrati lasciati a se stessi – come avviene con i Cas, Centri di accoglienza straordinaria – concentrandoci sulla valorizzazione degli Sprar”.

      Maragno condivide la protesta dei sindaci? “Condivido la preoccupazione su un aspetto di primaria importanza e su cui tanti colleghi sindaci, come me, si sono impegnati in prima persona per governare l’emergenza immigrati, venendo in soccorso del governo su una problematica che non rientra minimamente tra le competenze dei comuni. L’abbiamo fatto per spirito di solidarietà nei confronti del governo in difficoltà e ci saremmo aspettati, da parte di quest’ultimo, di essere presi in considerazione nel confezionamento della normativa cosa che, purtroppo, non è avvenuta con la conversione in legge”.

      https://www.ilfoglio.it/politica/2019/01/04/news/tra-i-sindaci-in-trincea-contro-il-decreto-salvini-231422

    • Valsusa, i sindaci in marcia contro il decreto Sicurezza

      Abituata da anni a scendere in piazza per manifestare il proprio dissenso, la Val Susa si prepara a imboccare la strada della manifestazione di protesta anche contro il decreto Sicurezza. O, meglio, contro gli effetti della norma varata dal governo Lega-Cinque Stelle su indicazione del partito di Matteo Salvini: il rischio, diconno, è di gettare nell’illegalità chi ha un regolare permesso di soggiorno e i tagli ai fondi per l’accoglienza, che potrebbero far saltare il progetto di integrazione di profughi e richiedenti asilo avviato oltre due anni fa sul territorio.

      L’ipotesi

      Per ora nulla è deciso, ma si fa largo l’ipotesi della marcia di Valle ad Avigliana il 26 gennaio, con sindaci e cittadini dietro gli striscioni per invocare il rispetto dei diritti umani e di chi fugge da guerre, fame e miseria. In settimana la questione sarà discussa dai primi cittadini, che cercheranno di conciliare le diverse anime sul delicato tema immigrazione: riportato di attualità a livello locale dall’annuncio del sindaco di Susa, Sandro Plano, che venerdì ha «bocciato» il provvedimento del governo, rassicurando però (anche a nome dei colleghi) che in Val Susa la legge verrà rispettata confidando nella sua bocciatura per incostituzionalità.

      Le parole del presidente dell’Unione dei Comuni, all’indomani di un primo confronto interno, sono suonate «affrettate» ad alcuni colleghi di Plano. Tanto che ha subito preso a circolare un ordine del giorno per sollecitare azioni più incisive. La prima a intervenire è Emanuela Sarti, responsabile del turismo in Unione montana: «Troppa fretta. E’ un tema su cui occorre un confronto serio» commenta la sindaca di Condove su Facebook a poche ore dalle dichiarazioni di Plano.

      Altri primi cittadini, da Fabrizio Borgesa (Chiusa San Michele) a Susanna Preacco (Sant’Antonino), intervengono sulla questione sposando le parole del sindaco di Firenze, Dario Nardella - tra i «disobbedienti» alla legge - e invitando ad approfondire il dibattito. Pure la consigliera regionale Stefania Batzella sprona i sindaci ad azioni concrete. E sempre Emanuela Sarti rilancia l’ipotesi di impugnare la legge: «La Regione sta valutando il ricorso alla Corte Costituzionale. Questa è la strada». La manifestazione di Valle potrebbe trovare un punto di contatto tra i «moderati» e chi è pronto ad alzare i toni. Nel frattempo, Vaie ha votato in Consiglio un ordine del giorno di netta contrarietà al Decreto Salvini.


      https://www.lastampa.it/2019/01/06/cronaca/valsusa-i-sindaciin-marcia-contro-il-decreto-sicurezza-prRl78guk2xs6ON8EgXVPM/pagina.html

      #Valsusa e tutti i suoi comuni (#Almese, #Avigliana, #Borgone_Susa, #Bruzolo, #Bussoleno, #Caprie, #Caselette, #Chianocco, #Chiusa_di_San_Michele, #Condove, #Mattie, #Mompantero, #Novalesa, #San_Didero, #San_Giorio_di_Susa, #Sant’Ambrogio_di_Torino, #Sant’Antonino_di_Susa, #Susa, #Vaie, #Venaus, #Villar_Dora, #Villar_Focchiardo)

    • #Piacenza:
      Decreto Salvini, #Giardino (Misto) “Illogiche alcune norme sull’immigrazione”

      «Alcune norme – non tutte – di tale decreto appaiono anche a me illogiche e incomprensibili. Si tratta delle disposizioni in materia di abolizione della protezione umanitaria, di restrizione del sistema di accoglienza, di esclusione dal registro anagrafico dei richiedenti asilo e di revoca della cittadinanza. Il resto del decreto presenta una sua organicità, ma su questi aspetti credo sia opportuno, anzi inevitabile intervenire con una correzione di rotta.»

      https://www.piacenzasera.it/2019/01/decreto-salvini-giardino-gruppo-misto-illogiche-alcune-norme-sullimmigrazione/279449

    • Decreto sicurezza: la Lombardia tra sindaci “ribelli” e sindaci “difensori”

      Polmiche a #Crema, dove il sindaco di Centrosinistra #Stefania_Bonaldi ha espresso il proprio dissenso in maniera chiara, anche attraverso la propria pagina Facebook, ed è stata invitata a dimettersi dalla leghista Gobbato.

      Ci ha messo la faccia anche il sindaco di #Cremona, #Gianluca_Galimberti, che ha dichiarato: “Il decreto produrrà nella nostra città più insicurezza, mettendo in difficoltà i Comuni che si troveranno ad affrontare da soli un fenomeno che andava gestito diversamente e congiuntamente, ma la sospensione degli obblighi di legge di un provvedimento approvato dal Parlamento non è nel potere di un sindaco e non è la soluzione adottabile dai Comuni.”E’ proprio dalla Bassa, per ciò che concerne la situazione lombarda, che stanno arrivando al momento le resistenze maggiori.

      https://giornaledimonza.it/politica/decreto-sicurezza-la-lombardia-tra-sindaci-ribelli-e-sindaci-difenso

    • SISTEMA SPRAR: DUBBI DEL CONSIGLIERE VIAN SUL DECRETO SALVINI E SULLE RIPERCUSSIONI AL COMUNE DI SAN DONÀ

      È stata presentata ieri dal Consigliere Vian l’interrogazione sul sistema Sprar, in contrasto con il Decreto Salvini e in ottica di eventuali ripercussioni al comune di San Donà di Piave.

      Nel testo letto ieri in Consiglio comunale, si fa riferimento alla situazione dello stesso comune: sono circa 60 i richiedenti asilo o i titolari di una qualche forma di protezione inseriti nei progetti SPRAR e CAS con il modello virtuoso dell’accoglienza diffusa. Secondo Vian, con l’applicazione del Decreto Salvini, quello che alcune amministrazioni (come San Donà) hanno raggiunto in termini di inclusione e autonomia delle persone accolte, verrebbe cancellato.

      “Le nuove norme non faranno altro che rafforzare la retorica di chi considera il fenomeno migratorio come straordinario ed emergenziale, quando invece è strutturale, alimentando un sistema non solo dannoso per i migranti e i territori, ma spesso anche poco trasparente in termini di gestione economica e finanziaria delle risorse pubbliche”, sostiene il Consigliere dem. “Non dobbiamo sottovalutare inoltre la presenza nei CAS di persone con vulnerabilità, attualmente titolari di permesso di soggiorno per motivi umanitari o di permessi speciali, come quello per motivi di salute, introdotti dal Decreto, che si vedono sfumare la possibilità di entrare nella rete SPRAR, finendo letteralmente per strada“. Questa la preoccupazione numero uno di Vian, il quale prosegue: “Tale Decreto prevede lo smantellamento di fatto della rete SPRAR e ciò si tradurrà nell’aumento delle persone ospitate nei grossi centri di accoglienza, hub e hotspot: strutture spesso sovraffollate che non riescono a garantire ai migranti l’assistenza sanitaria e legale né un percorso di inserimento e integrazione, incrementando quindi la loro marginalizzazione e il rischio di coinvolgimento degli stessi in attività illecite”. Dal circolo PD interviene anche la segretaria Sandre: “Non possiamo fare altro che pensare che questo sia l’obiettivo del ministro degli interni, per alimentare l’astio nei confronti di chi è costretto a cercare una vita migliore nel nostro continente, e ottenere consenso politico sulla spaccatura che questo tema crea tra i cittadini.”

      http://www.piavetv.net/2018/11/sistema-sprar-dubbi-del-consigliere-vian-sul-decreto-salvini-e-sulle-riperc
      #San_Donà_di_Piave

      v. anche:
      https://www.facebook.com/gruppoconsiliarepdsd/videos/269710063693456

    • I Sindaci della Rete dei Piccoli Comuni del #Welcome della provincia di Benevento e di Avellino che sottoscrivono il presente comunicato si schierano in solidarietà al dolore, alla fatica ed al grido di speranza delle popolazioni migranti; manifestano il proprio desiderio di trovare una soluzione concreta tra il corretto esercizio del dovere di accoglienza dello Stato Italiano sancito dalla Carta Costituzionale, i diritti civili riconosciuti dall’ordinamento giuridico e le risorse del welfare disponibili per i Comuni, si dichiarano apertamente contrari alle norme del cosiddetto “Decreto Sicurezza”, oggi legge 113/2018.
      Ci uniamo alle preoccupazioni espresse dal Sindaco di Bari, Antonio De caro, Presidente Anci:
      “Se ai migranti presenti nelle nostre città non possiamo garantire i diritti basilari assicurati agli altri cittadini, né, ovviamente, abbiamo alcun potere di rimpatriarli, come dovremmo comportarci noi sindaci? Inoltre da quando si è deciso di chiudere i centri Sprar, che distribuendo su tutto il territorio nazionale il flusso migratorio assicuravano un’accoglienza diffusa, anticamera di una necessaria integrazione, alcune città hanno visto un aumento considerevole di stranieri nei centri Cas e Cara, a gestione ministeriale". «Si è interrotto, così - aggiunge - un percorso virtuoso di accoglienza e integrazione e si è favorito l’aumento di tensioni sociali nelle comunità di riferimento».
      I nostri Piccoli Comuni del #Welcome avevano partecipato alle sedute della Commissione immigrazione ANCI riunite ad hoc per proporre emendamenti al Decreto nella sua fase di conversione in Parlamento, ma le osservazioni di noi Sindaci non sono state recepite in nulla dal testo legislativo approvato. Come dichiarato dal presidente della Commissione, Matteo Biffoni, a nome di tutti noi: “I Sindaci erano già allora consapevoli che applicare quelle norme avrebbe significato far diventare formalmente ‘invisibili’ persone che sui territori vivono e che in futuro torneranno a rivolgersi ai Comuni”.
      Per queste ragioni manifestiamo il nostro aperto dissenso all’applicazione della legge 113/2018 e ne chiediamo urgentemente una attenta revisione.
      Inoltre facciamo appello al Governo Italiano di voler accogliere i 49 profughi che si trovano tuttora a bordo di navi nel Mediterraneo dichiarando l’ospitalità immediata presso i nostri SPRAR, dove gli attuali posti liberi superano complessivamente quel numero.

      I SINDACI
      Domenico Canonico, #Baselice
      Vito Fusco, #Castelpoto
      Carlo Grillo, #Chianche
      Giuseppe Addabbo, #Molinara
      Giuseppe Lombardi, #Petruro_Irpino
      Roberto Del Grosso, #Roccabascerana
      Carmine Agostinelli, #San_Bartolomeo_in_Galdo
      Angelina Spinelli, #Santa_Paolina

      https://www.facebook.com/danibiella/posts/1280776618741066?comment_id=1281293568689371&notif_id=1547050269865860&not

    • Il sindaco di #Gaiola Biolè critico sul «Decreto sicurezza»: «Piena adesione alla manifestazione di sabato 27 ottobre»

      «In particolare per scongiurare le inedite e disastrose conseguenze sul sistema Sprar - cui come Comune abbiamo aderito - derivanti dalla applicazione del cosiddetto ’Decreto Sicurezza’»


      http://www.targatocn.it/2018/10/26/mobile/leggi-notizia/argomenti/attualita/articolo/il-sindaco-di-gaiola-biole-critico-sul-decreto-sicurezza-piena-adesione-al

      #Fabrizio_Biolè

    • Il sindaco di #Gaiola Biolè critico sul «Decreto sicurezza»: «Piena adesione alla manifestazione di sabato 27 ottobre»

      «In particolare per scongiurare le inedite e disastrose conseguenze sul sistema Sprar - cui come Comune abbiamo aderito - derivanti dalla applicazione del cosiddetto ’Decreto Sicurezza’»


      http://www.targatocn.it/2018/10/26/mobile/leggi-notizia/argomenti/attualita/articolo/il-sindaco-di-gaiola-biole-critico-sul-decreto-sicurezza-piena-adesione-al

      #Fabrizio_Biolè

    • Il sindaco di #Gaiola Biolè critico sul «Decreto sicurezza»: «Piena adesione alla manifestazione di sabato 27 ottobre»

      «In particolare per scongiurare le inedite e disastrose conseguenze sul sistema Sprar - cui come Comune abbiamo aderito - derivanti dalla applicazione del cosiddetto ’Decreto Sicurezza’»


      http://www.targatocn.it/2018/10/26/mobile/leggi-notizia/argomenti/attualita/articolo/il-sindaco-di-gaiola-biole-critico-sul-decreto-sicurezza-piena-adesione-al

      #Fabrizio_Biolè

    • Il sindaco di #Gaiola Biolè critico sul «Decreto sicurezza»: «Piena adesione alla manifestazione di sabato 27 ottobre»

      «In particolare per scongiurare le inedite e disastrose conseguenze sul sistema Sprar - cui come Comune abbiamo aderito - derivanti dalla applicazione del cosiddetto ’Decreto Sicurezza’»


      http://www.targatocn.it/2018/10/26/mobile/leggi-notizia/argomenti/attualita/articolo/il-sindaco-di-gaiola-biole-critico-sul-decreto-sicurezza-piena-adesione-al

      #Fabrizio_Biolè

    • Il sindaco di #Gaiola Biolè critico sul «Decreto sicurezza»: «Piena adesione alla manifestazione di sabato 27 ottobre»

      «In particolare per scongiurare le inedite e disastrose conseguenze sul sistema Sprar - cui come Comune abbiamo aderito - derivanti dalla applicazione del cosiddetto ’Decreto Sicurezza’»


      http://www.targatocn.it/2018/10/26/mobile/leggi-notizia/argomenti/attualita/articolo/il-sindaco-di-gaiola-biole-critico-sul-decreto-sicurezza-piena-adesione-al

      #Fabrizio_Biolè

    • Zona del Cuoio, i sindaci contro il Dl Sicurezza: «Slogan facili contro gli stranieri»

      Il decreto sicurezza fa discutere, e molto, anche in Toscana. Dopo le dichiarazioni di Dario Nardella, sono arrivate quelle dei sindaci dell’Unione dell’Empolese Valdelsa, a cui si aggiunge ora il coro dei primi cittadini della Zona del Cuoio, ovvero Santa Croce sull’Arno, Castelfranco di Sotto, Montopoli in Val d’Arno e San Miniato. Di seguito la nota congiunta a firma Giulia Deidda, Gabriele Toti, Giovanni Capecchi e Vittorio Gabbanini. Un provvedimento bandiera. Perfetto dal proprio punto di vista della propaganda. Parla alla pancia delle persone, slogan facile contro lo straniero e non creerà più sicurezza ma l’esatto opposto. E’ così che appare il “decreto sicurezza”, chiamato in questo modo anche se è legge dello stato, convertito dal Parlamento. Insomma una operazione perfetta per la campagna elettorale permanente. Che non risolve i problemi, ma questo è un dettaglio trascurabile. Condividiamo le critiche che sono state fatte da molte colleghi sindaci sugli effetti che si determinano col decreto sicurezza, perché colpendo sull’aspetto relativo ai diritti, va a incidere pesantemente anche sulla convivenza tra le persone. Mandare in una situazione di irregolarità molti migranti, senza attivare altri tipi di percorsi, è evidentemente il modo più veloce per creare le condizioni perché possano delinquere. Sono convinto che quando si creano delle situazioni di rottura di questa tipo, con molti sindaci che protestano in maniera pesante, la via maestra sarebbe quella di organizzare un incontro, per un dialogo necessario tra il governo e chi amministra le comunità a livello locale. Quindi vedo positivamente la apertura del presidente del consiglio, ammesso che poi abbia la forza di portarla avanti, e non debba subire il veto di qualche alleato di maggioranza. In questo contesto di forte scontro, condividiamo altresì la posizione della regione Toscana di ricorrere alla Corte Costituzionale, per la verifica delle parti della normativa che ne risultano in contrasto. In particolare l’articolo 13, che stabilisce come l’immigrato con permesso di soggiorno abbia diritto solo al domicilio e non alla residenza. Sembra un dettaglio ma è sostanziale, perché non consente di prestare l’assistenza sanitaria, né l’iscrizione a scuola dei figli, o l’iscrizione nelle liste di collocamento e nelle liste di mobilità. In questo percorso di ascolto una parte va dedicata al coinvolgimento dei volontari e delle associazioni che si occupano in ambito umanitario e di supporto.

      https://www.gonews.it/2019/01/06/dl-sicurezza-zona-cuoio-sindaci-decreto

    • Italia in Comune Puglia ‘schiera’ 60 amministratori contro il decreto Salvini

      Sindaci, assessori, consiglieri di Italia in Comune Puglia uniti per dire ‘no’ al decreto Salvini su immigrazione.

      Italia in Comune Puglia scende in campo contro il decreto Salvini. E lo fa con il suo fronte di oltre sessanta amministratori comunali, tra sindaci, consiglieri e assessori comunali, che si sono detti pronti a farsi portavoce di una mozione per chiedere la sospensione degli effetti del provvedimento in materia di immigrazione e sicurezza, sulla scorta di quanto avvenuto già in alcuni comuni del nord Italia.

      Il decreto del Ministero dell’Interno prevede, infatti, 23 mila migranti in meno nel circuito dell’ accoglienza, la revoca di circa 1500 permessi di protezione umanitaria e la chiusura di decine di Cas e Sprar. Tuttavia, le stime ANCI sono raccapriccianti per i Comuni: 280 milioni di euro di costi amministrativi che ricadrebbero su Servizi sociali e sanitari territoriali.

      Ma non è una questione solo di costi, avvertono dal partito: “Il sistema elaborato da Salvini è fallimentare. Con le chiusure di CAS e Sprar, si tolgono vite umane dal circuito ‘sano’ dell’accoglienza per immetterle in strada. Non occorre essere degli esperti per comprendere come gli effetti del provvedimento sarebbero addirittura opposti a quelli prefissati, ovvero aumento di clandestinità, casi di emarginazione sociale e, quindi, anche di delinquenza. A voler essere sospettosi, verrebbe addirittura da pensare che questo incremento generalizzato di insicurezza e panico che si diffonderebbe nelle città sia una trovata utile per futuri fini elettorali”, ha commentato Michele Abbaticchio, sindaco del comune di Bitonto.

      “Ci spieghi Salvini come dovrebbe condurre questo provvedimento a una maggiore sicurezza nelle città se l’attuale Governo non ha stipulato nemmeno un accordo con i Paesi di provenienza dei migranti per il loro rimpatrio. Se questi soggetti vengono sbattuti fuori dai centri di accoglienza e non vengono rimpatriati, dove finiranno, se non sulle nostre strade? Per non parlare, poi, dell’ aspetto più prettamente ‘umano’ della questione, che siamo certi non sarà stato preso in considerazione dal Ministro, ovvero l’abbandono in strada di giovanissimi che vengono tristemente condannati a un futuro di precarietà, stenti e espedienti”, le parole di un altro sindaco del partito, Davide Carlucci che amministra Acquaviva delle Fonti.

      Per tali ragioni, i sindaci, gli assessori e i consiglieri comunali già iscritti al partito hanno deciso di ‘fare squadra’ e, ora, si sono detti pronti a presentare nei rispettivi comuni amministrati un ordine del giorno in cui chiederanno al Governo di sospendere gli effetti del decreto legge e di rivalutare, magari a seguito di confronto con i territori, le ricadute concrete dell’atto sia in termini economici che sociali e di sicurezza, e alla Regione Puglia di condividere i loro intenti.

      “Al Sud, sarebbe la prima risposta a questo provvedimento lontano dalla realtà e da una stima degli effetti reali”, hanno concluso i referenti.

      https://www.acquavivapartecipa.it/italia-in-comune-puglia-schiera-60-amministratori-contro-il-decre

    • Ufficio anagrafe a Palermo, Orlando ai dipendenti: «I documenti li firmo io». Salta la seduta in consiglio

      Il sindaco di #Palermo Leoluca Orlando, oggi a Roma per alcuni incontri istituzionali, ha partecipato nel pomeriggio ad un incontro con la Stampa Estera in Italia, nel corso del quale fra l’altro ha confermato che «a tutela dei dipendenti comunali dell’Ufficio anagrafe» sarà lui a sottoscrivere i documenti di iscrizione anagrafica legati a permessi di soggiorno per protezione umanitaria".

      Avendo appreso dall’Assessore alle politiche di cittadinanza che già una pratica di questa tipologia è in fase istruttoria da alcuni giorni, il Sindaco ha affermato di sperare «che l’iter si concluda quanto prima». Per ovvii motivi di tutela della privacy, si legge in una nota diffusa dall’ufficio stampa del Comune, non saranno diffusi dati di alcun tipo relativi alla pratica in corso, né ad altre analoghe il cui iter istruttorio dovesse essere avviato nei prossimi giorni

      Intanto tre ufficiali d’anagrafe del Comune di Palermo hanno spedito una lettera al capo area Maurizio Pedicone per chiedere chiarimenti sulla sospensiva delle procedure previste dal decreto sicurezza che lo stesso Pedicone aveva fatto pervenire all’ufficio lo scorso 3 gennaio, dopo aver ricevuto, il giorno precedente, la disposizione del sindaco Leoluca Orlando che invita a sospendere alcune norme della legge sicurezza che impedisce ai richiedenti asilo di ottenere la residenza.

      I tre dipendenti, «gli unici presenti», si legge in calce alla lettera scritta il 7 gennaio, fanno riferimento alle responsabilità degli ufficiali d’anagrafe e scrivono che compete esclusivamente alla Consulta stabilire la legittimità costituzionale della legge. «L’ufficiale d’anagrafe è obbligato ad operare secondo i principi di legalità fissati dagli art. 97 e 98 della Costituzione».

      I tre firmatari osservano che l’inosservanza dei principi di legge non può certamente essere disposta con un ordine di servizio, «strumento privo di validità sufficiente a esimere l’operatore dal proprio obbligo giuridico di osservanza del dettato normativo e non inidoneo a esonerarlo dalle proprie personali responsabilità». «Sono necessari chiarimenti idonei a superare le evidenziate criticità delle disposizioni impartite a questo ufficio e ai singoli ufficiali d’anagrafe materialmente chiamati ad applicarle», conclude la lettera.

      Manca il dirigente dell’area servizi al cittadino Maurizio Pedicone e salta la seduta del Consiglio comunale di Palermo che avrebbe dovuto trattare la questione legata alla disposizione del sindaco Leoluca Orlando con la quale si chiede all’ufficio di continuare a rilasciare ai cittadini richiedenti asilo i certificati anagrafici.

      Duro il commento del consigliere di opposizione Fabrizio Ferrandelli: «Dopo aver voluto questa seduta alla presenza del sindaco, dell’assessore Nicotri, del capo dell’ufficio legale e del dirigente dell’anagrafe per individuare un atto amministrativo chiaro ed efficace che abbia il supporto di quella parte di Consiglio che come me intende garantire i diritti umani, sorprende l’assenza del sindaco e del dottore Pedicone». «Mi auguro che domani il confronto si possa fare per superare le criticità di una posizione che altrimenti rischia di restare senza efficacia e strumentale», conclude Ferrandelli. La seduta è stata aggiornata a domani alle ore 11.

      Per Sabrina Figuccia, dell’Udc, «il dirigente dell’ufficio anagrafe diserta il consiglio comunale, forse per il troppo imbarazzo causato dal Sindaco negli ultimi giorni, che ben si guarda dall’affrontare il tema in aula». "A questo punto - aggiunge - immagino che il Sindaco intenda occupare una stanza in viale Lazio, presso l’ufficio anagrafe, visto che il tema della residenza gli sta così a cuore e che ha dichiarato di volere firmare di suo pugno gli atti. Predisponga gli atti, lavori le pratiche e infine le firmi, assumendosene tutte le responsabilità. Così forse sarà ricordato come il miglior sindaco di sempre».

      «L’amministrazione comunale di Palermo è ormai allo sbando anche sulla vicenda del decreto sicurezza, tanto che oggi sia il sindaco Orlando che il capo dell’ufficio anagrafe, Maurizio Pedicone, hanno preferito disertare la seduta in consiglio comunale per chiarire i contorni oscuri di una questione che sta spostando l’attenzione dell’opinione pubblica rispetto ai reali, drammatici problemi della città». Lo dichiarano Igor Gelarda, capogruppo della Lega in consiglio comunale a Palermo, e il consigliere dello stesso gruppo Elio Ficarra che chiedono le dimissioni di Orlando.

      http://palermo.gds.it/2019/01/09/orlando-firma-sicurezza-tre-ufficiali-dellanagrafe-di-palermo-chiedono-c
      #Palerme

    • #Pozzallo

      Peraltro, una voce critica arriva anche da sinistra. Il sindaco di Pozzallo #Roberto_Ammatuna è stato eletto con una lista civica, ma viene dal Pd anche se «da un anno e mezzo non faccio parte dell’organizzazione. Siamo una città di accoglienza, non condivido il decreto Salvini. Va bene la sostanza della battaglia di Orlando, ma non sono d’accordo con il metodo, come non condividevo i sindaci di destra che rifiutavano di celebrare le unioni di fatto. Meglio usare altri strumenti, come il referendum. La sacralità delle istituzioni viene prima di tutto».

      https://www.lastampa.it/2019/01/03/italia/quei-sindaci-contro-orlando-il-primo-cittadino-non-pu-esercitare-la-disobbedienza-civile-fY2VUkK958OK8NUZNppNKJ/pagina.html

    • Des maires italiens se lèvent contre les mesures anti-migrants de Salvini

      Plus d’une centaine de maires italiens font front contre la loi 132 sur la sécurité, tant voulue par le ministre de l’intérieur, Matteo Salvini. Ils dénoncent les mesures qui concernent les migrants, inconstitutionnelles selon eux.
      Palerme, de notre correspondante.- « Je fais du droit, pas de la musique, donc je sais très bien ce à quoi je m’expose. » Sur le parvis de sa mairie, Leoluca Orlando ne bouge pas d’un pouce : hors de question d’appliquer la loi sécurité approuvée à la fin du mois de novembre par l’Assemblée italienne. Face à lui, Piazza Pretoria, une marée de parapluies desquels fusent applaudissements nourris et cris de soutien. « Ce sont des choix difficiles mais en tant que maire, mon devoir est d’envoyer un message clair, et c’est celui du respect des droits de l’homme », poursuit-il entre deux acouphènes d’une sono mal réglée.

      Il faut dire que le rassemblement de soutien au maire de Palerme a été organisé à la hâte, après une attaque en règle du ministre de l’intérieur, Matteo Salvini, à l’origine du texte de loi. Le 21 décembre dernier, le maire de la ville, Leoluca Orlando, demande à ses employés municipaux de ne pas appliquer la nouvelle loi sur la sécurité, estimant que les mesures à l’encontre des migrants « violent les droits humains et la Constitution italienne ». Mais ce n’est que début janvier que la nouvelle devient publique, provoquant la colère du ministre de l’intérieur qui, comme à son habitude, riposte sur Facebook : « Avec tous les problèmes que connaît Palerme, c’est sur la question des immigrés que ce sinistre maire pense à être désobéissant. »

      En quelques heures, ce qui aurait pu n’être que l’une des nombreuses joutes qui émaillent régulièrement le débat public italien a pris une ampleur nationale. Et plusieurs maires ont embrayé le pas de Leoluca Orlando : Luigi De Magistris, à Naples, Dario Nardella à Florence, Beppe Sala à Milan et avec eux, une centaine d’autres maires, du nord au sud du pays. « Ces maires allègent un peu le sentiment de honte qu’on ressent dernièrement avec la politique du gouvernement, notamment sur les questions liées aux migrants », glisse Anita Riotta, une Palermitaine qui n’est d’ordinaire pas une adepte des manifestations. « On espère qu’en repartant des territoires et des institutions locales, on pourra de nouveau défendre les personnes les plus fragiles », poursuit la quinquagénaire.

      En réalité, le pouvoir des maires est limité pour s’opposer de manière concrète à cette loi. Contenant plusieurs chevaux de bataille idéologiques défendus par Matteo Salvini lors de sa campagne avec la Ligue, la loi 132 s’attaque à l’un des grands chantiers du ministère de l’intérieur : la sécurité. Pêle-mêle, le texte englobe plusieurs mesures sur la mafia, le terrorisme, les biens occupés illégalement et, in fine, l’immigration. C’est ce dernier chapitre qui se retrouve aujourd’hui au cœur des polémiques. Il prévoit entre autres un allongement de la durée de détention des migrants avant leur expulsion, une modification de la liste des pays sûrs, une augmentation des fonds alloués aux expulsions, la déchéance de nationalité en cas de délits liés au terrorisme, mais surtout une remise en cause profonde du système d’accueil italien avec l’abrogation de la protection humanitaire.

      La brèche, pour les édiles locaux, c’est l’inscription à l’« anagrafe », un terme qui désigne dans l’administration italienne un bureau d’enregistrement municipal, donc qui relève de la compétence des maires. Selon l’article 13 de la loi, le permis de séjour dont disposent les demandeurs d’asile ne garantira plus l’inscription à l’« anagrafe ». Or, défendent les maires, c’est en s’inscrivant à ce bureau que les citoyens peuvent obtenir la résidence dans la ville et bénéficier ainsi des services de santé, de l’école ou de l’aide à la recherche d’emploi, par exemple.

      « Cette loi est inhumaine et criminogène », tonne Leoluca Orlando au micro, largement applaudi sous la pluie battante, Piazza Pretoria. En réalité, une loi de 2015 a modifié les conditions nécessaires à l’accès de ces services et un demandeur d’asile peut, en théorie, en bénéficier sans la résidence. Dans les faits, de nombreuses administrations n’ont pas pris en compte ce changement législatif et le risque que les demandeurs d’asile se retrouvent privés de nombreux droits élémentaires est réel.

      Surtout, retranchés derrière l’article 13, les maires rebelles dénoncent un ensemble de mesures anti-migrants dont la plus spectaculaire est la suppression pure et simple de la protection humanitaire, celle la plus fréquemment attribuée aux migrants présents en Italie au terme de leur demande d’asile. En 2017, en Italie, sur un total de 130 000 demandes d’asile, plus de la moitié ont été refusées, 8 % des demandeurs ont reçu le statut de réfugié, contre 25 % pour la protection humanitaire. S’opposer à cette loi, « c’est du bon sens, pas de la bien-pensance », tranche le maire de Florence, Dario Nardella.

      Sur les marches de marbre de la fontaine de la place, à l’écart de l’agitation de la manifestation, Ismael Cissé et Diabaté Toumani suivent chacun des mots de Leoluca Orlando. À peine son discours terminé, ils se mettent à chanter avec quelques amis les louanges de la ville qui les a accueillis. « Ce n’est pas en restant à la maison que les problèmes se résolvent », sourit Diabaté Toumani avant d’ajouter, « avec cette nouvelle loi, on a l’impression d’être des criminels, des bandits et bien sûr nous sommes inquiets ». À son arrivée en Italie, il a reçu la protection humanitaire, tout comme Ismael Cissé, 17 ans et majeur dans quelques semaines : « J’ai quitté la Côte d’Ivoire il y a cinq ans, à cause des violences dans le pays, je suis en Italie depuis un an et quatre mois. Ce n’est pas parce qu’il n’y a pas la guerre dans notre pays qu’on mérite moins d’être là. »

      En présentant son projet de loi, Matteo Salvini avait défendu « les vrais réfugiés », épargnés selon lui par les mesures prévues par le texte de loi. « Il serait temps d’abolir cette distinction entre migrant économique et réfugié, réplique Leoluca Orlando. Ce sont des personnes et ils doivent être traités comme des humains. » Jusqu’à cette loi, un demandeur d’asile pouvait recevoir le statut de réfugié, la protection internationale ou, le cas échéant, et selon des critères allant de raisons de santé à des conditions de vie d’une pauvreté extrême dans le pays d’origine, la protection humanitaire, introduite en Italie en 1998.

      Le risque pour Diabaté Toumani, Ismael Cissé et les dizaines de milliers d’autres migrants bénéficiant actuellement de la protection humanitaire, c’est d’être exclus d’une partie des centres d’accueil, les Sprar, et surtout de ne pas pouvoir renouveler leur titre de séjour – d’une durée de six mois à deux ans – lorsqu’il arrivera à échéance. « C’est comme si on nous arrachait nos papiers », résume Diabaté Toumani. « Cette loi n’aura pas comme effet plus de sécurité, on va devenir des hommes sans empreintes, sans papiers, personne ne nous retrouvera jamais », déplore Ismael Cissé, qui souhaiterait poursuivre ses études en Italie. Selon les projections réalisées par le chercheur Matteo Vila, de l’Institut pour les études de politique internationale, d’ici décembre 2020, près de 140 000 migrants seront illégalement sur le territoire italien, soit plus du double des prévisions antérieures à l’adoption de la loi.

      https://www.mediapart.fr/journal/international/120119/des-maires-italiens-se-levent-contre-les-mesures-anti-migrants-de-salvini?

    • Decreto sicurezza, cresce il fronte delle Regioni contro: con le Marche i ricorsi sono otto

      La Regione #Marche è stata l’ultima a rompere gli indugi: nei giorni scorsi la Giunta, guidata da Luca Ceriscioli (Pd), ha deliberato il ricorso alla Corte Costituzionale per il decreto sicurezza. «Noi riteniamo che il Decreto Sicurezza violi numerosi punti della Carta Costituzionale - ha detto il governatore Luca Ceriscioli - e quindi abbiamo fatto ricorso, come credo abbiano fatto altre Regioni».

      https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2019-01-25/decreto-sicurezza-cresce-fronte-regioni-contro-le-marche-ricorsi-sono-o

    • La Regione impugna il decreto sicurezza: «Viola Costituzione e Statuto della #Sardegna»

      L’avevano annunciato, lo hanno fatto: la Regione presenta ricorso alla Corte Costituzionale contro il decreto Sicurezza (convertito in Legge n. 132) voluto dal ministro dell’Interno Matteo Salvini. Lo ha deciso oggi la Giunta approvando una delibera proposta dal presidente Francesco Pigliaru in cui si contesta la presunta violazione di importanti precetti costituzionali e dello Statuto della Sardegna e viene rilevata anche «la violazione di diritti dei cittadini, costituzionalmente riconosciuti».

      “In stretto coordinamento con altre regioni italiane, rafforzati dal nostro Statuto di Autonomia - dichiara il presidente Francesco Pigliaru - abbiamo scelto la strada del ricorso. Il decreto Sicurezza nasce da presupposti errati e sta danneggiando seriamente un sistema di accoglienza dei richiedenti asilo faticosamente costruito in questi anni grazie alla proficua sinergia di Regione, Comuni e Prefetture. Restiamo dell’idea che sia possibile attuare un processo di inclusione e integrazione in modo equilibrato e in un quadro di regole che non sono certamente quelle imposte con il recente decreto”.

      L’assessore degli Affari generali Filippo Spanu, con delega ai flussi migratori, ribadisce che “la Sardegna sin dall’inizio si sta muovendo in raccordo con altre Regioni, Umbria, Toscana e Piemonte in primis, perché siamo convinti che il decreto poi diventato legge genera insicurezza e crea gravi problemi ai Comuni chiamati a gestire le conseguenze provocate dalla sua applicazione. La decisione di oggi – chiarisce Spanu – è in piena sintonia con i principi umanitari di accoglienza e solidarietà che la Sardegna ha sempre messo in pratica”. Spanu ricorda infine che "con il ricorso viene data una veste nuova e più solida alle tante critiche arrivate dai sindaci, perché la ribellione a una legge ingiusta passa prima di tutto per gli strumenti Costituzionali. È quindi assolutamente improprio parlare di illegalità delle proteste, ma nel ricorso si trovano le risposte alle gravi preoccupazioni esposte dai primi cittadini, delle quali la Regione si fa completamente carico”.

      Ecco le motivazioni del ricorso. La violazione della Costituzione parte, in primo luogo, dall’art. 28 che concerne attribuzioni di diretta spettanza regionale, poiché l’ordinamento degli enti locali è materia di competenza regionale esclusiva per la Regione Autonoma della Sardegna in virtù dell’art. 3, comma 1, lett. b), dello Statuto. Il Decreto, infatti, prevede poteri straordinari in capo al Prefetto, per il Commissariamento degli Enti Locali, violando, quindi gravemente l’Autonomia Regionale Sarda. Tali poteri risultano inoltre avulsi dal contesto dello stesso Decreto Sicurezza, e generici nelle motivazioni. Il ricorso evidenzia inoltre la grave lesione dei diritti di autonomia, nello stabilire norme (art. 1,12 e 13 appunto) che, riformando i criteri della protezione umanitaria e delle conseguenti tutele legate all’assistenza, all’integrazione ed al riconoscimento anagrafico, violano gravemente diritti costituzionalmente garantiti dei cittadini stranieri, incidendo impropriamente nella normativa regionale legata in particolare all’assistenza, all’istruzione, al lavoro. Nello specifico, benché l’art. 117, comma 2, lett. b) e h), della Costituzione, ricomprenda la materia “immigrazione” e la materia “ordine pubblico e sicurezza” tra quelle assegnate alla competenza esclusiva dello Stato, la stessa Costituzione, all’art. 118, comma 3, riconosce esplicitamente l’esistenza di un profondo legame fra queste materie e quelle di competenza concorrente, affidate (anche) alla cura delle Regioni, dove recita: “La legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle materie di cui alle lettere b) e h) del secondo comma dell’articolo 117 […]”. Ciò equivale a dare atto dell’intreccio di competenze fra queste due materie e quelle di competenza regionale. Nel caso della Regione Autonoma della Sardegna sono coinvolte le competenze statutarie sia di tipo esclusivo (“polizia locale urbana e rurale” ex art. 3, comma 1 dello Statuto) che concorrente; competenze che, concretamente, la Regione Sardegna ha puntualmente esercitato.

      https://www.youtg.net/v3/top-news/14059-la-regione-impugna-il-decreto-sicurezza-viola-costituzione-e-statuto-de

    • Migranti, la sfida del sindaco di Mugnano: sospeso il decreto sicurezza di Salvini

      Decreto Sicurezza, il sindaco di #Mugnano #Luigi_Sarnataro ha firmato la richiesta di sospensione dell’articolo 13. La richiesta è stata inoltrata ai responsabili dell’ufficio Anagrafe, per permettere così ai richiedenti asilo di usufruire di un servizio anagrafico temporaneo. Il primo cittadino ha accolto l’istanza formulata dagli attivisti locali di Potere al Popolo: «Riteniamo - dicono - necessario intraprendere un percorso di discussione sulle ripercussioni economiche, sociali e di sicurezza che il Decreto avrà sui nostri territori».

      La mossa del primo cittadino ha scatenato reazioni immediate: il circolo locale di Fratelli d’Italie e il coordinatore provinciale del partito della Meloni, Nello Savoia, hanno annunciato di essere pronti a «denunciare Sarnataro per la mancata applicazione del decreto».

      https://www.ilmattino.it/napoli/cronaca/migranti_sfida_sindaco_mugnano_sospeso_decreto_sicurezza_salvini-4272975.h

    • La Toscana fa partire il ricorso contro il decreto Salvini, ecco i Comuni che aderiscono

      La Toscana ieri ha notificato il ricorso contro la legge Salvini: un ricorso alla Consulta contro il decreto del governo, poi convertito in legge. La Regione non è da sola, però, visto che farà da capofila ad oltre 60 comuni che hanno sottoscritto l’iniziativa lanciata dal governatore Enrico Rossi.

      Tra questi #Firenze, due capoluoghi di provincia come #Prato e #Lucca, ma anche altri municipi importanti come #Cortona, #Empoli, #Fiesole, #Pontassieve, #Scandicci, #Sesto_Fiorentino, #Campi_Bisenzio, #Bagno_a_Ripoli e #Calenzano.

      «E’ evidente - sottolinea il presidente della #Toscana, Enrico Rossi - come con questo decreto si ostacoli il soddisfacimento di un nucleo di diritti fondamentali e universali che appartengono alla persona e già ribaditi da più sentenze».

      Con la nuova norma, aggiunge l’assessore alla Presidenza e all’Immigrazione Vittorio Bugli, «si ledono e si incide anche sulle competenze regionali e dei Comuni, limitando la possibilità di continuare ad erogare servizi in campo sociale, sanitario, e che riguardano anche l’istruzione e la formazione professionale erogata in tutti questi anni. Per questo ricorriamo».

      https://www.lanazione.it/cronaca/regione-toscana-ricorso-salvini-1.4420433

    • Migranti, a Parma fronte dei sindaci contro la prefettura e il decreto Salvini

      Uno schieramento trasversale di sindaci per chiedere alla prefettura di Parma di rivedere radicalmente i contenuti del nuovo bando di accoglienza dei migranti.

      Parole chiare, spedite all’indirizzo del prefetto Giuseppe Forlani, che evidenziano un giudizio «fortemente critico» di fronte a «un’operazione verticale che rischia di esasperare nuovamente gli animi e di rinfocolare un clima non più sostenibile».

      I sindaci di #Collecchio, #Fidenza, #Langhirano, #Medesano, #Montechiarugolo, #Noceto, #Parma e #Salsomaggiore, che rappresentano 314.875 cittadini del territorio, individuano nel bando alcune «novità impattanti» così riassunte: «Si riapre la stagione delle grandi concentrazioni alberghiere (con più di 12 persone per unità), il bando sarà dedicato solo ai Comuni che hanno una popolazione superiore ai 10mila abitanti e l’arrivo sul territorio di altre 300 persone che si andrebbero a sommare alle poco meno di mille già presenti nelle varie strutture diffuse in provincia».

      https://parma.repubblica.it/cronaca/2019/02/25/news/migranti_a_parma_fronte_dei_sindaci_contro_il_nuovo_bando_della_pre

    • Maires, magistrats, intellectuels, ils sont entrés en résistance contre Matteo Salvini

      #Luigi_de_Magistris, le maire de Naples, a été le premier à s’opposer aux décisions du très xénophobe ministre de l’Intérieur. D’autres édiles ont suivi ainsi que des magistrats et des intellectuels. Jusqu’où ira la fronde ?

      Le maire de #Naples a fait un rêve. Dans la baie qui s’étale sous ses fenêtres, au pied du Vésuve, une kyrielle de voiliers se dirigent vers le port. « Comme sur une gouache du XVIIIe siècle », commente-t-il. Sauf qu’ils sont tous chargés de migrants. Et lui, Luigi #de_Magistris, 51 ans, premier citoyen de « la capitale du Sud », va à leur rencontre, debout sur une barque, pour leur dire « Benvenuti ! ».

      Mais, dans l’Italie de Matteo Salvini, ce rêve n’est pas près de se réaliser. Car le très xénophobe ministre de l’Intérieur, patron de la Ligue, est entré en guerre contre les migrants. Fermeture des centres d’accueil, interdiction aux bateaux de sauvetage d’accoster, réduction drastique des aides aux réfugiés... Le message est clair : il ne veut plus voir un seul migrant arriver sur la péninsule.

      Alors le maire adoré du popolino ("petit peuple") napolitain, qui exhibe dans son bureau tous les cadeaux de ses administrés, ce « populiste progressiste », comme il se définit lui-même, sorte de miroir inversé de Salvini, s’est retroussé les manches : lui, le « Giggino » (Petit Louis) comme on le surnomme, l’édile à la mâchoire de boxeur, est entré en résistance.

      Le porte-drapeau des « maires résistants »

      C’est fin janvier, lorsque Matteo Salvini a bloqué le navire « Sea-Watch » au large de Naples, pendant cinq jours avec 47 migrants à bord, que Luigi de Magistris a décidé de le défier. Au nom du « droit de la mer », il leur a offert l’hospitalité. Les Napolitains ont aussitôt répondu à l’appel : ils ont envoyé 5.831 e-mails de soutien en 24 heures et 12.951 offres d’aide (logements, propositions de cours gratuits et 100.000 euros de donations). « Qui donc ira faire un procès au maire de Naples et à 10.000 citoyens ? », fanfaronne « Giggino ». Le 26 janvier, ils étaient même un millier de volontaires au théâtre Augusteo pour dire leur rejet du décret-loi anti-immigration de Salvini. Il y avait là Manfredi, 53 ans, qui « offre son samedi pour donner des cours d’italien », Giulia, 73 ans, qui « ouvre sa maison de campagne », et Lorenzo, 17 ans, qui « fera tout pour casser la propagande Salvini ».

      Matteo Salvini : comment le leader populiste hypnotise les Italiens

      Luigi de Magistris venait de tirer le pays de sa torpeur face à la menace Salvini. Depuis cet acte de bravoure, il a été rejoint par des édiles du centre et du sud de la Botte, Sicile, Calabre, Toscane, Ombrie, tous révulsés par la politique migratoire de Matteo Salvini. Voilà « Giggino » devenu le porte-drapeau des « maires résistants ». Il n’y voit là rien de moins qu’"une bataille de civilisation" :

      « Contre la haine, la xénophobie, le racisme, nous opposons la solidarité, la valorisation des différences, la justice sociale ».

      A #Palerme, le maire #Leoluca_Orlando, 71 ans, a inscrit à l’état civil quatre migrants, au nez et à la barbe de Salvini qui avait retiré ce pouvoir aux municipalités. Détenteurs d’un permis de séjour humanitaire, les réfugiés avaient vu leurs droits considérablement restreints par le décret-loi sur l’immigration : impossible désormais d’avoir un boulot déclaré et un logement. « Cette inscription à l’état civil est-elle illégale ? Non ! s’insurge le maire. Je me contente de respecter la Constitution, qui exige la régularisation des habitants. » Depuis, 200 autres migrants se sont inscrits sur la liste d’attente.

      Migrants : « Il faut supprimer le permis de séjour comme on a supprimé la peine de mort »

      A #Castelnuovo_di_Porto, près de Rome, le maire Enrico #Travaglini, 40 ans, a quant à lui offert - suprême provocation - couvert et logis chez lui à Mouna, une jeune Somalienne. En cadenassant le centre d’accueil de la petite ville, Salvini l’avait mise à la rue. C’est là tout le paradoxe de sa politique. En fermant les centres d’accueil, il accroît le nombre de clandestins.

      Une mutinerie qui fait ricaner le premier flic d’Italie

      Après les maires, c’est la société civile qui a rejoint les rebelles. D’habitude, l’#écrivain #Sandro_Veronesi, 59 ans, déteste faire parler de lui autrement que pour ses romans. Mais les bateaux bloqués et les invectives racistes du ministre ("Pour les migrants, la fête est finie" ; « Les ONG ? Des complices des trafiquants ») l’ont fait sortir de sa réserve. L’écrivain s’est alors jeté à corps perdu dans la bataille anti-Salvini. A la terrasse d’un café romain, il nous raconte avec passion comment il a mis sur pied un collectif d’artistes et d’intellectuels pour financer l’achat d’un ancien remorqueur, le « Mare Iono ». Objectif : « Secourir des embarcations chargées d’immigrés et y monter à notre tour, par solidarité, et en nous exposant physiquement », raconte-t-il. Lorsqu’ils ont affrété leur bateau, Salvini s’est contenté d’un tweet ironique : « Bon voyage ! »

      Ottima idea : buon viaggio ! ???? https://t.co/4RS5FW32vW

      –- Matteo Salvini (@matteosalvinimi) 9 juillet 2018

      Cette mutinerie fait bien ricaner le premier flic d’Italie. Rien ne lui fait peur, il se sent invincible. Mais jusqu’à quand ? Lorsque des magistrats ont à leur tour fait entendre leur voix, il a pour la première fois serré les dents. Lui qui avait accusé le navire humanitaire « Sea-Watch » d’avoir enfreint la loi s’est vu désavoué par le procureur de Catane (Sicile), Carmelo Zuccaro : non, l’équipage n’a commis aucun délit ; il pourra même reprendre la mer.

      C’est également de Catane qu’est venu l’orage suivant. Cette fois, les magistrats voulaient traîner Salvini devant le tribunal des ministres (l’autorité compétente pour les membres du gouvernement) pour « non-assistance à personne en danger ». Une première ! En cause : l’affaire du bateau « Diciotti », bloqué plusieurs jours en août dernier au large de l’Italie avec 177 migrants à bord. « Dois-je continuer à remplir mes devoirs de ministre ou demander à tel ou tel tribunal de décider de la politique migratoire ? », a enragé Salvini, toujours sur Twitter, évidemment.

      « Le meilleur opposant à Salvini, c’est lui-même »

      Mais la fronde ne faiblit pas. Peut-être est-elle même en train de porter ses fruits. Le 11 février, une fiction télé signée #Andrea_Camilleri, le célèbre auteur sicilien ("Commissaire Montalbano"), a rassemblé 11 millions de téléspectateurs, soit 44,9% de parts d’audience. Pour toile de fond : un port, un bateau chargé de migrants et le célèbre commissaire qui leur ouvre grand les bras.

      Il fallait bien que tout cela finisse par sortir l’opposition politique de son coma. Carlo Calenda, 45 ans, ex-ministre du Parti démocrate, a compris qu’il était temps de se saisir de ce soulèvement civil. Son mouvement Siamo Europei ("Nous sommes européens") rassemble déjà 150.000 adhérents, des associations, des entrepreneurs, des intellectuels, le Parti démocrate... L’idée est de présenter une liste « anti-souverainiste » aux européennes. Mais ce technocrate sans charisme qui nous reçoit dans un appartement bourgeois, avec tableaux de maître et moulures, à deux pas de la fontaine de Trevi, pourra-t-il rivaliser avec l’animal politique qui occupe le ministère de l’Intérieur ?

      « Le populisme n’est pas tombé comme une météorite sur l’Italie »

      « Le meilleur opposant à Salvini, c’est lui-même », philosophe #Claudio_Cerasa, le jeune directeur du quotidien « Il Foglio ». « Regardez, il a déjà ressoudé une partie de la société autour de valeurs non négociables et plongé le pays dans la récession économique », s’amuse-t-il.

      « Européens, vous remercierez un jour l’Italie parce qu’elle aura démontré, la première, que le populisme, ça ne marche pas. »

      Pourvu que cela ne prenne pas trop de temps.

      https://www.nouvelobs.com/monde/20190228.OBS0967/maires-magistrats-intellectuels-ils-sont-entres-en-resistance-contre-matt

    • Decreto sicurezza. L’accoglienza creativa dei Comuni per superare la norma sui migranti

      Nessuna illegalità, ma lettura attenta delle leggi in vigore, partendo dal Testo unico sull’immigrazione e l’orientamento giurisprudenziale
      Prendete il caso del Consiglio comunale di Jesi, in provincia di Ancona, che nei giorni scorsi si è confrontato sul punto che desta maggiore preoccupazione: l’impossibilità di iscrizione all’anagrafe per i richiedenti asilo con permesso di soggiorno umanitario.

      «La mancata iscrizione comporta la perdita di alcuni diritti fondamentali – ricorda Tommaso Cioncolini, consigliere di maggioranza della lista JesInsieme, che ha lavorato alla proposta – dall’accesso all’assistenza sanitaria ordinaria alla ricerca di un lavoro, fino all’apertura di un semplice conto corrente».

      Il sindaco della città, Massimo Bacci, ha sempre ribadito che non intendeva fare «disobbidienza civile» e che voleva applicare la legge. «Studiando attentamente la questione – prosegue Cioncolini – ci siamo accorti che la legge non stravolge quello che c’è nel Testo unico sull’immigrazione. Quella legge infatti non vieta l’iscrizione, ma non riconosce il permesso di soggiorno come titolo valido per la registrazione.

      In questo senso, il Testo unico sull’immigrazione e l’orientamento giurisprudenziale ammettono che dopo tre mesi di dimora abituale l’ente sia obbligato a riconoscere l’iscrizione. Su questo, per non vanificare lo spirito di accoglienza e le iniziative a sostegno degli ultimi, abbiamo elaborato una risoluzione, che è già stata votata ed è passata. Il Comune si impegna in questa direzione, che può essere una soluzione di sistema, oltre che un esempio pilota per altre città. In quei primi tre mesi il migrante non viene così comunque abbandonato, perché si trova ancora nel progetto di accoglienza. Così si va in aiuto al migrante percorrendo una strada di sistema, garantendo i diritti a chi altrimenti ne verrebbe privato».

      https://www.avvenire.it/attualita/pagine/accoglienza-creativa-dei-comuni

    • Comune di #Padova procede all’iscrizione dei richiedenti asilo: «Questione di sicurezza, già due giudici hanno condannato comuni che non lo fanno»

      „«La mia scelta non è dettata da elementi ideologici ma piuttosto dal buon senso e dal mio dovere di tutelare sempre l’ente coi suoi collaboratori e dirigenti da condotte stigmatizabili in sede giudiziaria, nonché da pesanti rischi risarcitori a carico dell’ente pubblico rispetto alla negazione di un diritto di rango Costituzionale»“

      Comune di Padova procede all’iscrizione dei richiedenti asilo: «Questione di sicurezza, già due giudici hanno condannato comuni che non lo fanno»

      Nel mese di Aprile è giunta presso gli Uffici Anagrafici del Comune di Padova la prima richiesta di iscrizione anagrafica da parte di persona titolare di permesso di soggiorno per richiesta d’asilo avente dimora stabile e regolare nel nostro territorio Comunale da ormai diversi mesi. Già nel mese di ottobre e con l’obiettivo dichiarato di attenersi alle norme, il Sindaco Sergio Giordani, le assessore competenti Benciolini e Nalin, l’avvocatura civica e tutti gli uffici competenti, hanno iniziato ad analizzare e seguire gli elementi introdotti dal cosiddetto “Decreto Sicurezza”, monitorandone gli sviluppi, anche in collegamento con ANCI nazionale e con numerose amministrazioni locali. Parimenti un accurato approfondimento è stato svolto in collaborazione con il Centro di Ateneo per i Diritti Umani “Antonio Papisca” in virtù del protocollo vigente, nonché con numerose e autorevoli realtà locali competenti in materia.

      Normativa vigente

      Sulla base di queste interlocuzioni e di pareri legali specificamente richiesti, è emerso come la normativa vigente possa e debba essere applicata in forma letterale e in senso costituzionalmente conforme. Soprattutto, a riprova di ciò, sono giunte le recenti pronunce dell’autorità giudiziaria ordinaria dei tribunali di Bologna e Firenze. Tali pronunce hanno infatti ordinato ai comuni convenuti che l’avevano diniegata di procedere con l’immediata iscrizione anagrafica dei ricorrenti richiedenti asilo, vedendo quindi tali enti soccombenti in sede giudiziaria. Allo stesso tempo e a fronte di tali pronunce di tribunali ordinari che hanno condannato i Comuni, non sono stati reperiti pronunciamenti di segno contrario da parte del Giudice Ordinario chiamato a esprimersi sull’applicazione della norma e questo rende possibile per non dire probabile che anche in considerazione della rilevanza degli interessi e dei diritti coinvolti la violazione degli stessi potrebbe determinare serie responsabilità risarcitorie in capo al Comune di Padova e ai suoi uffici.
      Silenzio assenso

      Intercorrendo lunedì 17 giugno l’ultimo giorno utile da un punto di vista amministrativo per rispondere all’istanza prima di entrare nel “Silenzio-assenso”, per le ragioni riportate in precedenza, per la necessaria prudenza che si deve in presenza di pronunciamenti di Giudici Ordinari e per tutti gli elementi dettagliatamente riportati nell’atto amministrativo allegato, il Sindaco Sergio Giordani ha avocato a sé la pratica in oggetto scegliendo di accogliere, sulla base dell’interpretazione oggi resa dalla magistratura ordinaria, la richiesta di iscrizione anagrafica della persona prima citata. Ciò significa che se giungeranno pronunciamenti di segno nuovo e di superiore gerarchia giuridica o normativa il Comune di Padova potrà sempre sospendere tale atto agendo con lo strumento dell’autotutela.
      Giordani

      Dichiara il Sindaco Sergio Giordani: «Nel valutare quali scelte assumere su questa pratica, per me che ho sempre dichiarato di voler agire nel rispetto della legge era impossibile far finta di non vedere che già due Giudici Ordinari hanno condannato importanti Comuni Italiani a procedere immediatamente all’iscrizione anagrafica. La mia scelta non è dettata da elementi ideologici ma piuttosto dal buon senso e dal mio dovere di tutelare sempre l’ente coi suoi collaboratori e dirigenti da condotte stigmatizzabili in sede giudiziaria, nonché da pesanti rischi risarcitori a carico dell’ente pubblico rispetto alla negazione di un diritto di rango Costituzionale. Buttarla in politica non paga e non mi interessa, ad oggi i fatti giuridici sono sufficientemente chiari e se ne interverranno di nuovi mi adeguerò con gli strumenti che riconosce e prevede il diritto amministrativo. Queste pratiche non sono molte, probabilmente si conteranno sulle dita di una mano per un grande Comune come il nostro, tuttavia in queste settimane ai Sindaci di tutta Italia cominciano a venire sottoposte tali istanze e sono certo che molti colleghi si comporteranno come ho fatto io sulla scorta delle pronunce dei giudici già intercorse. Siamo arrivati a questo risultato dopo un grande lavoro di squadra favorito dal rigoroso lavoro delle assessore e mio nonché con il supporto di tutti gli uffici competenti, che ringrazio, forti della consapevolezza di agire nel solco costituzionale di fronte ad una norma non chiara che ha lasciato le amministrazioni e i territori nell’incertezza, così come ha avuto modo di sottolineare diverse volte anche la stessa ANCI nazionale. Tutto ciò premesso va detto che in ogni caso l’iscrizione anagrafica è uno strumento che innanzitutto tutela la sicurezza dei cittadini e della nostra comunità. Il ruolo cruciale dell’anagrafe è infatti quello di conoscere chi c’è nel nostro territorio e dove si trova, poter quindi avere sotto controllo e monitorare tutte le situazioni, e permettere di intervenire per evitare rischi, anche alla salute pubblica, rispetto a soggetti che diversamente sarebbero fantasmi sconosciuti alla pubblica amministrazione. Insomma, sono assolutamente sicuro che questa scelta sia quella giusta non solo su base normativa e costituzionale, ma anche nell’interesse della nostra comunità, della sicurezza, del decoro urbano e della salute pubblica. Io sono tenuto a comportarmi da Sindaco, la politica viene dopo i miei concittadini, tutti».

      http://www.padovaoggi.it/politica/padova-iscrizione-richiedenti-asilo-questione-sicurezza-giudici-condannat
      #Padoue

    • Decreto sicurezza, bocciati i super poteri dei prefetti: «Non possono sostituirsi ai sindaci»

      La Consulta ha però dichiarato inammissibili i ricorsi di Calabria, Emilia Romagna, Marche, Toscana e Umbria, che avevano impugnato numerose disposizioni del provvedimento, approvato dal governo lo scorso ottobre, lamentando la violazione diretta o indiretta delle loro competenze

      La Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibili i ricorsi contro il decreto sicurezza presentati dalle Regioni Calabria, Emilia Romagna, Marche, Toscana e Umbria, che ne hanno impugnato numerose disposizioni lamentando la violazione diretta o indiretta delle loro competenze. La Corte ha ritenuto che le nuove regole su permessi di soggiorno, iscrizione all’anagrafe dei richiedenti asilo e Sprar sono state adottate nell’ambito delle competenze riservate in via esclusiva allo Stato.

      In particolare, la Corte Costituzionale, nel dichiarare inammissibili i ricorsi delle Regioni sulle politiche migratorie, ha ritenuto che con il decreto sicurezza voluto dal ministro dell’Interno, Matteo Salvini, e diventato legge a dicembre 2018, non ha avuto incidenza diretta o indiretta sulle competenze regionali. Ma la Corte non ha compiuto alcuna valutazione sulla legittimità costituzionale dei contenuti delle norme impugnate.

      Ma la Consulta ha ritenuto, allo stesso tempo, che sia stata violata l’autonomia costituzionalmente garantita a comuni e province. Pertanto, ha accolto le censure sull’articolo 28 che prevede un potere sostitutivo del prefetto nell’attività di tali enti.

      https://www.repubblica.it/politica/2019/06/20/news/decreto_sicurezza_per_la_consulta_inammissibili_i_ricorsi_delle_regioni-229262618/?ref=RHPPLF-BH-I229260461-C8-P1-S1.8-T1
      #cour_constitutionnelle #justice

    • Sindaco del Torinese disobbedisce al decreto Sicurezza: «Iscrivo lo stesso un migrante all’anagrafe»

      La mossa di #Nicola_De_Ruggiero, primo cittadino di #Rivalta: «Garantisco un diritto a un cittadino, mi auguro di non essere il solo»

      Rivalta, comune di 20 mila abitanti dell’area metropolitana di Torino, ha iscritto all’anagrafe comunale un richiedente asilo nonostante il divieto del decreto Sicurezza che dispone che chi non è ancora titolare di un permesso di asilo non può avere una carta di identità.

      Il primo cittadino Nicola De Ruggiero ha provveduto a firmare il documento di persona. «So di commettere una violazione del decreto e per questo mi sono preso io la responsabilità senza delegare, questa volta, le impiegate dell’anagrafe - spiega il primo cittadino - La mia è in parte una provocazione ma anche una necessità perché questo signore ha trovato un lavoro ma gli servono i documenti per iniziare». Ousseynou Fall, 40 anni, quattro figli rimasti in Senegal è in Italia da due anni, da sei mesi ospite dal centro di accoglienza straordinaria di Strada del Dojrone. «Dopo aver firmato l’atto l’ho inviato con una lettera al prefetto che prenderà i dovuti provvedimenti se lo riterrà necessario», spiega ancora il sindaco.

      «Mi auguro che questo mio gesto non sia isolato e che altri primi cittadini, in Italia, accolgano le istanze di iscrizione all’anagrafe di migranti e richiedenti asilo, in modo che si possa portare il problema all’attenzione del nuovo governo, perché l’esecutivo ponga rimedio a una situazione potenzialmente lesiva e discriminatoria», commenta Nicola De Ruggiero.

      Ousseynou inizierà a lavorare come magazziniere a Torino con la cooperativa Le Soleil. «Noi abbiamo 40 ospiti, sono convinto che sia molto meglio che queste persone partecipino alla vita della città lavorando - dice - La salute e la possibilità di lavorare sono diritti che vanno garantiti».

      «Il Viminale deve impugnare il provvedimento con il quale il sindaco di Rivalta ha iscritto un rifugiato all’anagrafe nonostante il divieto del Decreto Legge sicurezza», ha dichiarato Augusta Montaruli, deputata di Fratelli d’Italia, che prosegue: «Il decreto continua a essere legge dello Stato e pertanto il ministro dell’interno ha il dovere di far rispettare quella legge. Ci aspettiamo che non vi siano indugi e tentennamenti che rischierebbero di portare l’anarchia negli uffici demografici di tutta Italia. Non vogliamo che si crei un pericoloso precedente. Prefetto e Ministro si attivino perché nessuna iscrizione avvenga».

      https://torino.repubblica.it/cronaca/2019/09/30/news/sindaco_del_torinese_disobbedisce_al_decreto_sicurezza_iscrivo_lo_stesso_un_migrante_all_anagrafe_-237315448/?ref=fbpr

    • #Pisa: l’iscrizione anagrafica torna ad essere un diritto di tutte e tutti. Accolto il ricorso contro il diniego del Comune

      Anche a Pisa il Tribunale ha riconosciuto, con una recente ordinanza, il pieno diritto dei richiedenti asilo all’iscrizione anagrafica. La Legge “Sicurezza”, che provava a negare tale diritto, subisce così un’ennesima battuta d’arresto anche nel nostro territorio, dopo che molti altri giudici in tutta Italia si erano già espressi a favore dei richiedenti asilo ricorrenti.
      L’ordinanza del Tribunale di Pisa riconosce non solo la residenza al richiedente che ha fatto ricorso, difeso dall’avvocata Silvia Davini, ma anche tutti quei diritti il cui esercizio è connesso con la residenza sul territorio, come le cure continuative, l’assistenza sociale e l’iscrizione ai centri per l’impiego.

      Già a marzo scorso, dopo una mozione portata in Consiglio comunale e bocciata dalla maggioranza, la coalizione Diritti in Comune aveva diffidato, allegando il parere legale del’Avvocato Andrea Callaioli, il Sindaco e l’amministrazione comunale dal procedere ad una lettura restrittiva della Legge Salvini, sollecitandola a iscrivere all’anagrafe i richiedenti asilo, anche sulla scia di una giurisprudenza univoca e chiara in materia.

      La Giunta leghista ha tenuto un comportamento in aperta violazione delle leggi e in spregio della Costituzione, negando per tutti questi mesi un diritto fondamentale a uomini e donne, colpevoli semplicemente di aver cercato rifugio da condizioni di vita insostenibili. La decisione del Tribunale di Pisa, che intima al sindaco di iscrivere all’anagrafe il richiedente asilo ricorrente, chiarisce ancora una volta e speriamo definitivamente la questione.

      Il sindaco deve ora rispettare la legge. Per questo chiediamo che invii subito una direttiva al dirigente dell’ufficio anagrafe in cui dia disposizione di accogliere tutte le richieste presenti e future di iscrizione anagrafica da parte di richiedenti asilo. In questo modo eviterà anche ulteriori ricorsi e soprattutto l’addebito di possibili spese legali per sé e l’amministrazione comunale, ossia per la collettività.

      Conclude l’avvocata Davini: «Il provvedimento del Tribunale di Pisa accoglie in pieno le argomentazioni sviluppate nel ricorso e già accolte in analoghi ricorsi da numerosi Tribunali in tutta la penisola. Il giudice ha messo in evidenza l’inconsistenza delle difese del Comune in quanto basate su una errata interpretazione delle norme giuridiche di riferimento, in altri termini, il divieto di iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo non sussiste a livello normativo e quindi le domande di iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo devono essere accolte dal Comune in quanto si tratta di soggetti regolarmente soggiornanti sul territorio italiano. Mentre in alcuni Comuni si è autorizzata l’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo alla luce delle ordinanza che si sono succedute dal maggio scorso sulla materia, per tutti cito il Comune di Padova, la nostra amministrazione ha continuato a negare l’iscrizione anagrafica privando così i richiedenti asilo dell’accesso a prestazioni essenziali in materia di lavoro, sanità e altri servizi essenziali. Anche sotto questo profilo il Tribunale ha riconosciuto la sussistenza di un pregiudizio ingiustificato nei confronti dei richiedenti asilo che secondo l’interpretazione del Comune sarebbero in possesso di un titolo regolare di soggiorno ma privi dei diritti connessi a tale status. Siamo pronti a continuare la battaglia in sede giudiziaria forti del precedente favorevole pur auspicando un riesame da parte del Comune dei dinieghi recenti».

      https://www.meltingpot.org/Pisa-l-iscrizione-anagrafica-torna-ad-essere-un-diritto-di.html

    • IL TRIBUNALE DI CATANIA DICE SÌ ALL’ISCRIZIONE ANAGRAFICA DEI RICHIEDENTI ASILO

      Il Tribunale di Catania ha accolto il ricorso di una richiedente asilo alla quale era stata rigettata la richiesta di iscrizione anagrafica, ordinando al Comune di Catania di procedere all’inserimento della ricorrente nei registri della popolazione residente.

      La richiedente asilo si era inizialmente rivolta allo sportello legale del Centro Astalli di Catania, associazione di volontariato da anni impegnata sul territorio per l’assistenza agli immigrati, per ricevere supporto ai fini della presentazione della domanda di riconoscimento della protezione internazionale presso la competente Questura.

      I volontari del Centro hanno proceduto con l’accompagnamento della richiedente presso gli uffici della Questura e, dopo la formalizzazione della richiesta, si sono attivati per reperire un alloggio idoneo alla richiedente asilo. È stata così inserita in una struttura ospitante, ove ha iniziato a dimorare dal gennaio del 2019. Durante la permanenza sul territorio, ha intrapreso un fattivo percorso di inserimento sociale, comprendente corsi di alfabetizzazione della lingua italiana e progetti di tirocinio formativo. Il percorso di integrazione ha, tuttavia, subito una battuta d’arresto a causa dell’impossibilità di richiedere l’iscrizione anagrafica presso il Comune ove aveva, da più di tre mesi, stabilito la sua dimora.

      Alla luce di tali avvenimenti e tenuto conto delle prime pronunce della giurisprudenza di merito in tema di residenza anagrafica dei richiedenti asilo dopo l’introduzione del cd. Decreto Sicurezza, gli avvocati del Centro Astalli si sono attivati per prestare assistenza alla richiedente.

      Dopo la formale presentazione della richiesta di iscrizione anagrafica nel giugno 2019, il Comune di Catania ha opposto un netto rifiuto, ritenendo che la nuova normativa precludesse ai richiedenti asilo l’iscrizione nelle liste della popolazione residente. Non condividendo tale interpretazione, gli avvocati hanno informato la richiedente della possibilità di adire le vie legali. È stato, pertanto, presentato tempestivo ricorso al Tribunale di Catania, il quale ha pienamente aderito all’interpretazione condivisa dalla giurisprudenza di merito maggioritaria, ritenendo che nessun divieto esplicito di iscrizione anagrafica del richiedente asilo sia stato introdotto dal Decreto Sicurezza, ma che sia stato esclusivamente eliminato il regime speciale di iscrizione anagrafica che era stato sancito dalla Legge n. 46/17.

      Secondo la lettura offerta dal Tribunale di Catania, quindi, l’iscrizione anagrafica del richiedente asilo resta regolata dal regime ordinario: sarà pertanto necessaria una dichiarazione da parte dell’interessato alla quale seguiranno gli accertamenti disposti dall’ufficio in ordine, in particolare, al requisito della dimora abituale. In merito a tale ultimo requisito viene ribadito che la dimora dello straniero si considera abituale anche in caso di documentata ospitalità da più di tre mesi presso un centro di accoglienza.

      Tale interpretazione del Tribunale di Catania offre indubbiamente una lettura della norma coerente con il quadro normativo costituzionale e comunitario. Agli stranieri presenti sul territorio devono essere riconosciuti i diritti fondamentali della persona umana previsti dalle norme del diritto interno, dalle convenzioni internazionali e dai principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti. Vietare l’iscrizione anagrafica ad un richiedente asilo comporterebbe un’inaccettabile ed ingiustificata discriminazione dei cittadini extracomunitari i quali, pur essendo regolarmente presenti sul territorio italiano, subirebbero una grave limitazione nel godimento dei diritti fondamentali della persona.

      https://www.facebook.com/CentroAstalliCatania/posts/3126983087387066

    • #Modena: via libera all’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo

      Il sindaco di Modena #Gian_Carlo_Muzzarelli ha firmato oggi martedì 3 dicembre il provvedimento che consente l’iscrizione nei registri anagrafici di tutti i cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale che, avendone diritto, lo richiedono.

      L’ordinanza del sindaco è stata adottata in seguito al provvedimento giudiziale del Tribunale ordinario di Bologna Sezione Protezione Internazionale Civile, depositato il 28 novembre, con cui si ordina al Comune di Modena di iscrivere al registro dell’anagrafe della popolazione residente un richiedente protezione internazionale in accoglimento totale del ricorso da questi presentato.

      “Lo avevamo annunciato pochi giorni fa in occasione dell’apertura del Festival delle Migrazioni e lo abbiamo fatto – ha sottolineato il sindaco Gian Carlo Muzzarelli – Non appena ci sono state le condizioni per garantire un diritto, nel rispetto della legge e attenti ad evitare problemi agli operatori dell’Anagrafe, a Modena torniamo ad iscrivere all’anagrafe i richiedenti asilo che lo richiedono. Innanzitutto per una questione di dignità, ma anche per non relegare le persone in una sorta di non luogo giuridico da cui possono trarre vantaggio solo il lavoro nero e la criminalità; noi vogliamo invece che i diritti vadano di pari passo coi i doveri”.

      Otterranno quindi subito l’iscrizione anagrafica alcuni richiedenti protezione internazionale la cui richiesta era in corso di valutazione. L’ordinanza del sindaco dispone, infatti, di adottare in autotutela gli atti utili alla cessazione del contendere per evitare le conseguenze dei ricorsi (costi, eventuali risarcimenti e conseguente danno erariale). Mentre dovrà ripresentare la domanda quella cinquantina di stranieri richiedenti protezione internazionale che negli ultimi mesi, sulla base dei contenuti del decreto sicurezza del precedente governo, avevano ottenuto risposta negativa.

      La disposizione del Comune sottolinea che l’ordinanza del Tribunale, sentita l’Avvocatura civica comunale, fornisce, con motivazione ampia ed approfondita, un’interpretazione costituzionalmente orientata, valevole nei confronti dell’Ente in quanto parte in causa, delle modifiche introdotte dal Decreto 133 del 2018, convertito in Decreto Sicurezza, e coerente con l’ordinamento interno in materia di iscrizione anagrafica. Inoltre, unitamente a precedenti pronunce di diverse corti di merito (Firenze, Bologna, Ancona, Ferrara, Parma, Genova, Parto, Lecce, Cagliari, Salerno, Roma) costituisce un riferimento giurisprudenziale significativo all’amministrazione comunale e in particolare all’Ufficio Anagrafe.

      https://www.bologna2000.com/2019/12/03/modena-via-libera-alliscrizione-anagrafica-dei-richiedenti-asilo

    • Migranti, anche a Bologna prorogati i percorsi ex Sprar

      Il Comune di Bologna tra i primi a chiedere al Viminale un passo indietro sui decreti sicurezza. Una lettera del primo cittadino, poi una visita a Roma, fino all’ok della ministra Lamorgese. Nel capoluogo emiliano-romagnolo quasi 700 persone avrebbero rischiato di trovarsi per strada

      https://www.redattoresociale.it/article/notiziario/migranti_anche_a_bologna_prorogati_i_percorsi_ex_sprar

      #Bologne #Bologna

  • Arrestato il sindaco di Riace #Domenico_Lucano per favoreggiamento dell’immigrazione

    Il primo cittadino Domenico Lucano è agli arresti domiciliari. L’accusa anche di fraudolento affidamento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti.

    #Mimmo_Lucano, sindaco di Riace, simbolo dell’accoglienza e dell’integrazione,è stato arrestato e posto ai domiciliari, su provvedimento della procura di Locri. L’accusa per l’uomo che la rivista Fortune, nel 2016, aveva inserito tra le 50 personalità più influenti al mondo, è favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e fraudolento affidamento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti. I finanzieri del Gruppo di Locri hanno anche imposto il divieto di dimora a Riace per Tesfahun Lemlem compagna di Lucano. L’inchiesta denominata «Xenia» avrebbe accertato una serie di illeciti nella gestione dei finanziamenti erogati dal Ministero dell’Interno e dalla Prefettura di Reggio Calabria al Comune di Riace per l’accoglienza dei rifugiati e dei richiedenti asilo politico.

    https://www.corriere.it/cronache/18_ottobre_02/favoreggiamento-dell-immigrazione-arrestato-sindaco-riace-76957bc8-c604-11e

    Je n’y crois pas!

    #Riace #Italie #solidarité #asile #migrations #réfugiés #délit_de_solidarité #assignation_à_résidence

    • Pro-refugee Italian mayor arrested for ’aiding illegal migration’

      Domenico Lucano, mayor of Riace, is praised by locals and migrant rights campaigners.

      The mayor of an Italian town that has won praise and TV publicity for integrating thousands of refugees has been placed under house arrest on suspicion of abetting illegal migration.

      Riace mayor Domenico Lucano – hailed in 2016 by Fortune magazine as one of the world’s 50 greatest leaders – is also accused of fraudulently awarding contracts for waste disposal as well as organising “marriages of convenience” between local men and foreign women.

      His partner, Tesfahun Lemlem, faces the same charges and has had her residency blocked.

      The investigation against Lucano began more than a year ago, although more serious allegations of embezzlement and fraud were dropped.

      His arrest comes a week after Italy’s far-right interior minister, Matteo Salvini, announced a series of anti-immigration measures that included slashing funds for migrant reception and integration.

      It also follows the suspension by the public broadcaster, Rai, of a TV show about Riace, which had been lauded as an exemplary model for integration.

      Salvini shared news of Lucano’s arrest on Twitter, alongside a comment that also made a dig at the anti-mafia author, Roberto Saviano, a staunch critic of his policies. “Damn, who knows what Saviano and all the other do-gooders who want to fill Italy with immigrants will say now,” the far-right League leader wrote.

      The Guardian was unable to reach Lucano for comment. His migrant integration project began more than a decade ago as a way to repopulate and revive the economy of the Calabrian town whose population by 2004 had dwindled to 500 from about 3,000 before the second world war.

      Thousands of migrants are estimated to have passed through since then, with about 500 making up today’s population of 1,500.

      Gioacchino Criaco, a writer from Calabria who knows Lucano well, said he foresaw the mayor’s arrest even before the investigation began. “He showed how it was possible to do concrete things with limited means,” Criaco said.

      “Efficiency and humanity are not welcomed in a cynical system. This is a system that only takes consensus from politics of fear. In this respect, examples of virtuousness must be eradicated.”

      Criaco said Lucano was an honest man but that the “rules on the reception and management of migrants are too tangled, and often administrators can find themselves caught in a dilemma between a humanitarian choice and a legal one”.

      Salvini has cracked down on immigration since becoming interior minister in June, closing off the sea ports and pledging to “end the gravy train” for those working in the migrant reception business.

      Lucano received a show of support on his Facebook page, with Riace locals calling on each other to rally together in solidarity.

      Sergio Bontempelli, a migrant rights campaigner with the Association of Rights and Borders, said that Riace had become too well known as an example of good integration and had been under attack for years. He said other integration projects undertaken by hundreds of people in other Italian towns were now at risk.

      https://www.theguardian.com/world/2018/oct/02/pro-refugee-italian-mayor-arrested-suspicion-aiding-illegal-migration-d

      #IoStoConRiace #RiaceNonSiArresta

    • Un maire trop généreux envers les migrants arrêté

      L’arrestation du maire de Riace, dont le modèle d’intégration des migrants est salué de par le monde, provoque un coup de tonnerre en l’Italie.
      Le maire de Riace, présenté comme un modèle d’intégration des migrants dans le sud de l’Italie, a été arrêté mardi, au moment où le gouvernement populiste remet en question le système d’accueil dans des petites structures qui profite à nombre de communes.

      Domenico (dit Mimmo) Lucano, 60 ans, est soupçonné d’aide à l’immigration clandestine pour avoir favorisé des mariages de convenance afin d’aider des femmes déboutées du droit d’asile à rester en Italie.

      Maire depuis 2004, proche de la gauche, il est aussi accusé de s’être passé d’appel d’offres pour attribuer la gestion des ordures de son village de Calabre de 1800 habitants à des coopératives liées aux migrants.

      Le communiqué du parquet cite des conversations téléphoniques de M. Lucano où il promet de faire une carte d’identité à une personne dont le permis de séjour n’est plus valable, expliquant que la loi qui l’interdit est « stupide », et dans un autre cas de marier les yeux fermés une Nigériane sans papiers.

      Son arrestation a provoqué un coup de tonnerre en Italie, tant le « modèle » de Riace a été salué à travers le monde : depuis les années 2000, grâce à des fonds italiens et européens, ce village qui se dépeuplait a repris vie grâce à l’accueil de centaines de demandeurs d’asile.

      Ils ont réinvesti les maisons abandonnées, rouvert les ateliers d’artisanat local, permettant d’attirer des touristes et de maintenir l’école ouverte... M. Lucano a été cité parmi les 100 personnalités les plus influentes par le magazine « Fortune » en 2016 et a inspiré un docu-fiction de Wim Wenders. Même si son projet battait de l’aile depuis quelques mois faute de fonds publics bloqués par les autorités. Toute la journée, le hashtag #Riace a été en tête des thèmes les plus commentés sur les réseaux sociaux. Et militants et syndicats ont appelé à une manifestation samedi dans le village sous le slogan « On n’arrête pas Riace ».

      L’écrivain antimafia Roberto Saviano, qui avait lancé cet été un appel pour défendre le « modèle Riace », a dénoncé « un premier acte vers la transformation définitive de l’Italie en Etat autoritaire ». « Vous paraît-il possible que le problème de la Calabre, terre de trafic de drogue et de corruption criminelle, soit l’immigration ? », a ajouté l’auteur de Gomorra, en soulignant que la justice n’avait relevé aucun enrichissement personnel du maire.

      – « Un système qui fonctionne » -

      « Les villes européennes doivent réagir ! Barcelone avec Riace ! », a lancé Ada Colau, maire de la cité catalane, qui était cet été à Riace. Mais le ministre de l’Intérieur, Matteo Salvini (extrême droite), a dénoncé « les fausses bonnes consciences qui voudraient remplir l’Italie d’immigrés ». Et le blog du Mouvement 5 étoiles (M5S, antisystème) a enfoncé le clou : « Pas un centime pour Riace (...). Le gouvernement du changement a déclaré la guerre au business de l’immigration ».

      Cette arrestation arrive aussi une semaine après la présentation du « décret-loi Salvini », qui prévoit de regrouper les demandeurs d’asile dans des grands centres d’accueil et de limiter les petites structures inspirées de Riace et prônées par l’ancien gouvernement de centre gauche.

      Ces petites unités reçoivent actuellement 35 euros par personne accueillie et par jour, qui reviennent essentiellement à l’économie de la commune via les loyers, les emplois créés, l’argent de poche dépensé sur place... M. Salvini veut limiter la somme à 20 euros par jour et interdire les titres de séjour humanitaires, ce qui devrait faire chuter de 60% le nombre de personnes éligibles à ces programmes d’intégration, au grand dam des maires concernés.

      « Etrangers considérés comme une valeur »

      Ainsi à Montesilvano, station balnéaire de 55 000 habitants sur la côte Adriatique, le maire Francesco Maragno (centre droit) a obtenu l’an dernier la fermeture de deux grands centres d’accueil hébergeant 500 personnes — « deux ghettos où les gens étaient traités comme des numéros » — contre la création de ces petites structures directement gérées par la commune.

      Les demandeurs d’asile ont été engagés dans l’animation d’une plage pour personnes handicapées ou la rénovation des cimetières. « Les citoyens ont commencé à considérer les étrangers non comme un problème mais comme une valeur », salue-t-il. A Prato, près de Florence, le maire Matteo Biffoni (gauche) s’insurge : « On a un système qui fonctionne et on essaie de le faire s’écrouler. »


      https://www.tdg.ch/monde/maire-genereux-migrants-arrete/story/13713687

    • Roberto Saviano:

      Mimmo Lucano è agli arresti domiciliari.
      La motivazione è favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. La verità è che nelle azioni di Mimmo Lucano non c’è mai finalità di lucro, ma disobbedienza civile.
      Disobbedienza civile: questa è l’unica arma che abbiamo per difendere non solo i diritti degli immigrati, ma i diritti di tutti. Perché tutti abbiamo il diritto di vivere una condizione di pace sociale, tutti abbiamo il diritto di vivere senza cercare colpevoli, e se il Ministro della Mala Vita, Matteo Salvini, ha subito individuato in Mimmo Lucano un nemico da abbattere, il Pd non ha mai compreso che se davvero voleva ripartire da qualche parte per ritrovare un barlume di credibilità (ora è troppo tardi), avrebbe dovuto farlo da Riace, da Mimmo Lucano. E invece Mimmo è solo, e la Bossi-Fini è ancora lì a inchiodare, a bloccare chiunque decida di accogliere e di salvare vite. Legge-obbrobrio, frutto del peggiore berlusconismo, ma che nessun governo ha osato cambiare.
      Mimmo Lucano lotta contro una legge iniqua, e lotta da solo. Una legge che vede dalla stessa parte - e silenziosamente coesi - tutti: quelli che io oggi considero i nemici politici della democrazia, ma anche i governi che hanno preceduto questo: tutti a vario titolo responsabili diretti di questi infausti tempi.

      Vi sembra possibile che il problema della Calabria, terra di narcotraffico e corruzione criminale, sia l’immigrazione? Mimmo Lucano è stato arrestato anche per “fraudolento affidamento diretto della raccolta rifiuti” eppure mai si legge negli atti della Procura di Locri che abbia agito per guadagno personale, anzi, si sottolinea il contrario. Mi domando di quanti amministratori si possa dire lo stesso.
      E proprio oggi che il dramma principale dovrebbe essere l’analisi di un Def catastrofico, il problema del Paese deve necessariamente essere l’immigrazione, deve essere Mimmo Lucano, che invece ci stava mostrando la soluzione, ovvero come rendere virtuose accoglienza e integrazione. Il razzismo usato come arma di distrazione di massa.

      Questo governo, attraverso questa inchiesta giudiziaria, da cui Mimmo saprà difendersi in ogni sua parte, compie il primo atto verso la trasformazione definitiva dell’Italia da democrazia a stato autoritario. Con il placet di tutte le forze politiche.

      https://www.facebook.com/RobertoSavianoFanpage/posts/10155905861136864

      –-> «Il razzismo usato come arma di distrazione di massa.»
      #racisme #xénophobie

    • La guerra contro Riace

      C’è un comune noto in tutto il mondo per l’accoglienza diffusa dei migranti tra le case del borgo, un paese destinato a morire rinato con le sue botteghe di nuovo abitate, i consigli comunali in piazza, ma anche con i sentieri attrezzati e le fattorie didattiche al posto delle discariche. Nello stesso territorio, la provincia di Reggio Calabria, terra di passaggio e di mescolanze culturali da sempre e da sempre terra di migrazioni, c’è un altro comune conosciuto invece per la tendopoli allestita dal Ministero dell’Interno con recinzione e pass, una distesa sterminata di vecchie tende e baracche senza servizi igienici, acqua potabile ed elettricità ma con tanto di numero civico: un non-luogo destinato ad “accogliere” migliaia di migranti sfruttati nelle campagne della ‘Ndrangheta, dove lo scorso inverno duecento baracche hanno preso fuoco e una donna, Beckie Moses è morta arsa viva. Il primo comune è Riace, l’altro San Ferdinando. Nella piazzetta di Riace, in cui il sindaco Mimmo Lucano negli ultimi mesi ha incontrato migliaia di persone provenienti da tutta Italia per sostenere la straordinaria storia di accoglienza del borgo, ha spesso ripetuto che “non esiste legalità senza giustizia”. Abbiamo ricevuto questo reportage dalla Calabria qualche giorno fa, lo pubblichiamo nel giorno in cui Mimmo Lucano, definito dal ministro dell’Interno “uno zero”, è stato arrestato per un’inchiesta della procura di Locri.


      https://comune-info.net/2018/10/la-guerra-contro-riace

    • Hier matin à l’aube, ils ont arrêté Mimmo Lucano, maire de Riace

      Hier matin à l’aube, la police italienne a arrêté Mimmo Lucano, maire de Riace, sur ordre du procureur de #Locri (Calabre).

      Domenico Lucano dit Mimmo a été arrêté hier matin sur ordre du procureur de Locri. Il est accusé d’ « aide à l’immigration clandestine ». Depuis deux ans Riace est dans l’œil du cyclone xénophobe qui s’abat sur l’Europe. Son maire et ses habitants n’arrangent pas les affaires de ceux qui entendent accéder ou se maintenir au pouvoir en répandant la peur et le mensonge raciste. D’ailleurs, Matteo Salvini, ministre de l’intérieur d’extrême droite du gouvernement ligue/5 étoiles, multiplie les déclarations belliqueuses à leur encontre. Une obsession qui a vraisemblablement conduit à l’arrestation de Mimmo Lucano, maire de Riace, petit village de Calabre au bord de la mer Ionienne.

      L’histoire contemporaine de Riace commence en 1998 quand un navire de 300 migrants kurdes s’échoue sur ses côtes. Mimmo, qui n’est pas encore maire à l’époque, convainc son prédécesseur d’accueillir les réfugiés. Les habitants du village ont vu partir tant d’enfants sur les routes de l’exile. Ils savent ce qu’émigrer veut dire faute d’un avenir possible sur leur terre natale. Beaucoup regardent la mer avec défiance. Quand rendra-t-elle ce qu’elle a pris ? Le village se meurt même si l’été certains reviennent d’Allemagne, d’Angleterre, des Etats-Unis sur cette terre vaincue d’abord par les prétentions hégémoniques du Nord, ensuite par la mondialisation capitaliste. Alors ce jour de 1998, la mer rendait au village une partie des vies qu’elle lui avait volées.

      Je suis allée à Riace pour la première fois en novembre 2017. Alors que nous approchions du village, j’étais frappée par la lumière vive et chaude à cette époque de l’année qui rendait le bleu de la mer si intense. Le paysage alentours déroulait toutes les nuances de jaune possibles. Le village est divisé en deux. La partie basse, Riace marina, et la partie haute juchée sur un monticule de terre blondie par le soleil. Le centre est là. Nous arrivons à l’heure du déjeuner accompagnés par le secrétaire de Rifondazione comunista pour la Calabre et d’une chercheuse en sociologie qui a fait de Riace un de ses terrains d’études. Sur la route, nous croisons plusieurs panneaux qui annoncent "Riace, village de l’accueil". Nous débarquons sur la place principale devant une grande porte symbolique en fer forgé ; une grande porte, grande ouverte. La place est animée et nous ne pouvons pas ne pas remarquer la présence nombreuse d’hommes et de femmes visiblement d’ailleurs. Des enfants jouent en contre bas. Ils ont toutes les couleurs, toutes les formes de nez, d’yeux, toutes les textures de cheveux possibles. Ils jouent comme tous les enfants. Ils courent comme tous les enfants. Ils crient, en italien, comme tous les enfants qui grandissent ici, en Italie. Sur la place, nous rencontrons un journaliste allemand. Depuis que Wim Wenders a fait un film sur Riace qu’il a qualifié de seule utopie en acte en Europe, le village reçoit un certain intérêt. Le lendemain, j’y ferai la connaissance d’une française de Calais venue voir ce que le discours dominant dissimule en prétendant que c’est impossible : une communauté politique fondée sur le droit à la vie, le droit à l’avenir, pour tous. Mimmo nous attend. Nous le retrouvons dans sa mairie affairé à régler les affaires courantes, chemise bleu à manches courtes, jean et chaussures bateau. C’est son troisième mandat. La première fois les gens l’ont élu en connaissance de cause. C’est lui qui avait convaincu l’ancien maire d’accueillir les 300 naufragés Kurdes. Les deux autres fois aussi. Car l’histoire de son engagement est aussi celui de toute une communauté. Sauf, bien sûr, les collaborateurs de toujours. Une minorité qui se rétracte ou reflue en fonction des intérêts du pouvoir dominant.

      À notre arrivée un vendeur de légumes nous lance en découvrant ses dents cariées d’un large sourire : « notre maire est un homme bien, il veut le bien du village mais certains voudraient le voir cuir dans un chaudron ». Mimmo est inquiet. Le procureur de Calabre l’a mis en examen pour abus de biens sociaux. En Italie, n’importe quelle commune peut donner sa disponibilité à accueillir des migrants auprès du SPRAR, le système national d’accueil des réfugiés. La plupart ne le font qu’à travers des structures d’accueil déléguées à des associations ou gérées plus ou moins honnêtement par des privés. Ces structures reçoivent 35€ par jour et par migrant pendant six mois pour subvenir à leurs besoins élémentaires ; logement et nourriture, en attendant que leur sort soit réglé (quand il l’est) par l’administration. Riace reçoit cet argent. Mais les délais sont longs et ces structures ou collectivités doivent emprunter aux banques en attendant les versements de l’Etat. Une solution que Domenico Lucano a toujours refusée. Pourquoi les banques devraient gagner de l’argent sur l’accueil des réfugiés ? Alors Riace bat sa propre monnaie, garantie par l’argent que l’Etat s’est engagé à donner. Sur ces 35€, la mairie prélève ce que lui coûte l’hébergement des hommes, des femmes et des enfants accueillis. À Riace, les volets des maisons laissées vacantes par les émigrants ont été rouverts par les immigrants. Le reste de l’argent leur est donné directement. Pourquoi devrions-nous décider pour eux ce qu’ils veulent en faire ? Acheter des pâtes plutôt que du riz, leur fournir de quoi manger et empocher le reste en sur-facturant comme ces structures trop nombreuses qui sont devenues de véritables instruments de spéculation sur le dos des migrants et de l’Etat. Aussi Mimmo ne demande pas à ses hôtes de fournir les justificatifs de tout ce qu’ils achètent. Et le procureur lui demande des comptes. Pourtant, il sait que les billets qui circulent, à l’effigie de Gandhi, Nelson Mandela, Che Guevara, Antonio Gramsci, Martin Luther King ou Peppino Impastato, journaliste sicilien assassiné par la mafia, ne peuvent s’échanger qu’ici. Il sait que les rideaux décatis des échoppes aux couleurs brulées par le soleil à force de rester baissés ont été repeints, que les terrasses des cafés ont ajouté des tables, que les rues du villages résonnent d’une effervescence nouvelle et que même les corps des vieux, assis sur la place, se sont redressés, gagnés par elle. Et qu’importe d’où viennent ces enfants qui courent, rient, crient autour d’eux pourvu qu’ils soient là. Qu’importe, puisqu’ils sont là et que la vie a repris.

      Mais le procureur s’en moque comme il se moque qu’alentours les mafias prospèrent en louant les bras au plus bas coût possible de milliers de migrants humiliés. Le premier rapport, commandé par lui, soupçonnait Mimmo de s’être enrichi avec l’argent du SPRAR. Un deuxième, demandé par la défense l’a contredit et proposé Riace comme modèle de l’accueil mais aussi de ce qu’il faudrait faire pour sauver ces terres que la modernité éreinte. N’empêche, Mimmo est inquiet. Il sait que Riace est menacé.

      Riace Riace
      Nous sommes retournés à Riace cet été avec un ami sicilien, immigré en France il y a plus de 20 ans et une vingtaine de ses étudiants. Enthousiasmé par la politique d’accueil intelligente et humaine menée par Mimmo Lucano, il les a convaincus de l’accompagner. D’autant qu’ils participent tous d’une manière ou d’une autre d’une histoire de migration. Ce fut un moment d’une grande intensité. Les récits des migrants de Riace, arrivés d’Afghanistan, du Soudan, d’Irak, du Congo, d’Erythrée, du Kurdistan, de Syrie, du Cameroun, du Sénégal, … ont fait ressurgir les histoires de ces grands parents arrivés de Pologne avant la première guerre mondiale, ou d’Italie dans les années 20 dont ils fuyaient le régime fasciste à pied à travers les Alpes, du Maroc ou d’Algérie pour venir travailler dans les usines en France après la deuxième guerre. Il y eut des larmes et beaucoup de sourires, beaucoup de compassion et de chaleur humaine. De la colère aussi et de l’incompréhension devant les attaques répétées des autorités italiennes ces deux dernières années qui semblent s’être données pour objectif de faire disparaitre le modèle Riace et dont le dernier coup vient d’être porté. Car, depuis 20 ans, les habitants de Riace et son maire Domenico Lucano opposent au venin xénophobe un démenti cinglant en nous rappelant l’extraordinaire plasticité des sociétés humaines et en faisant la démonstration que l’accueil est un mouvement réciproque qui profitent aussi bien à ceux qui sont accueillis qu’à ceux qui accueillent.


      https://blogs.mediapart.fr/benedicte-monville/blog/031018/hier-matin-laube-ils-ont-arrete-mimmo-lucano-maire-de-riace

    • Manifestazione Riace, «Bella ciao» per il sindaco arrestato: Lucano saluta dalla finestra

      Migliaia di manifestanti si sono recati sotto la casa del sindaco di Riace Mimmo Lucano per manifestare la vicinanza dopo la decisione del suo arresto. Hanno cantato Bella ciao e lui, commosso, ha risposto salutando dalla finestra della sua abitazione, con un pugno chiuso

      https://video.repubblica.it/dossier/immigrati-2015/manifestazione-riace-bella-ciao-per-il-sindaco-arrestato-lucano-saluta-dalla-finestra/316145/316774?ref=fbpr

    • In Italy’s ‘hospitality town’, migrants fight to save mayor who gave them a new home

      Domenico Lucano revitalised his community by welcoming foreigners. He has been detained by the state … and supporters fear a political motive

      In 2009, shortly after his re-election as mayor and several years after he embarked on a policy of welcoming migrants as a means of reversing depopulation in his town, Domenico Lucano was shot at through the window of a restaurant where he was eating with friends. As if to ram home their opposition to his plans, the local mafia also poisoned two of his dogs.

      Unperturbed, Lucano responded by installing a billboard at the entrance of the town, saying: “Riace – a town of hospitality.” The sign remains today, as does one on the main square that lists the 20 countries people have come from – Eritrea, Somalia, Nigeria, Pakistan, to name a few.

      Riace, a tiny hilltop town in Italy’s southern Calabria region, has become famous for its much-lauded model of integration, which began in the late 1990s and continues to this day. But last week, Lucano, the man credited with changing the lives of Italians and foreigners through an initiative that breathed new life into a dying economy, was put under house arrest for allegedly abetting illegal immigration. On Saturday, lending their support to a man dismissed by far-right politician Matteo Salvini as worth “zero”, hundreds of people turned out in support of the mayor and his leadership. Invariably described as altruistic and honest, they struggle to comprehend how Lucano, 60, can have his liberty stripped from him while people belonging to the mafia, a scourge of Italy’s south, roam free.

      “Mafiosi kill, yet a mayor who does good is arrested? It doesn’t make any sense,” said Elisabetta, who asked for her surname not to be used.

      The main accusation against Lucano, known locally as “Mimmo”, is that he organised “marriages of convenience” after it emerged that he helped arrange a wedding between a Nigerian woman and Italian man so that the woman, who had been forced into prostitution in Naples, could live and work in Italy legally.

      “They arrested him for humanitarian acts,” his brother, Giuseppe, told the Observer. “For hours he was interviewed by the prosecutor – he has absolutely nothing to hide. He’s feeling confident and combative, but is a little angry.

      “There was only one [marriage], not several,” added Giuseppe. “He did it to save the woman’s life.”

      Lucano is also alleged to have flouted the public tender process by awarding waste collection contracts to two cooperatives that were set up to assist migrants in their search for work. The investigation against him began over a year ago, although the more serious allegations of embezzlement and fraud were dropped.

      Lucano said in a statement last week: “I never earned anything, nor did I take money from anyone. Public money in Riace was only used for projects relating to migrants and to ease suffering, for job opportunities, integration and to give a better life to asylum seekers.”

      People who know him well attest to his generosity, saying that any money won through prizes was given away.

      “Mimmo helped refugees and Italians,” said Yasmine, who arrived from Pakistan with her family two years ago. “But maybe others took advantage of his goodness.”

      Lucano’s integration strategy helped to reignite the economy in an impoverished region long neglected by the government: Riace’s one bar reopened, as did a handful of shops, while the system helped generate jobs for locals – as teachers, translators or cultural mediators.

      “It brought me prospects,” says Angela Cristodolu, who teaches migrants needlework. “There was nothing before.”

      Houses in the town’s “Global Village” were turned into artisanal shops, with migrants working alongside locals to make and sell products including ceramics, hats and chocolate.

      The model is meant to be sustained by a government funding system, but little money has filtered down since 2016, prompting several protests by Lucano, the most recent being a hunger strike in August. “We are reaching the point of no return,” he said at the time. “If the funds do not come, 165 refugees will end up on the street, 80 workers will lose their jobs and everything will collapse under a pile of rubble.”

      However, his defiance, which included a call against “every form of racism, fascism and discrimination”, irked Matteo Salvini, the leader of the far-right League, who became interior minister in early June as part of a coalition government with the anti-establishment Five Star Movement. The minister has insulted Lucano and his integration method.

      Lucano’s arrest came a week after Salvini unveiled a series of anti-immigration measures that included slashing funds for migrant reception and integration, leading many to suspect a political motive. The arrest also followed the suspension by the public broadcaster, Rai, of a TV show about Riace’s exemplary integration model.

      Salvini welcomed news of Lucano’s arrest, writing on Twitter, “who knows what all the other do-gooders who want to fill Italy with immigrants will say now”.

      As humanitarian deeds jar with the minister, there are now fears that the government will clamp down on dozens of other towns that have adopted similar initiatives. Nearby Camini faced a similar fate to Riace before it started to integrate migrants – a plan that boosted its current population to around 800, including 150 foreigners, enabled derelict homes to be restored and for the school and post office to reopen. As in Riace, friendships have been forged between locals and foreigners.

      “Projects such as these for towns like ours have created opportunities for all,” said Camini’s mayor, Giuseppe Alfarano.

      “I suggest the politicians come and see this small reality to understand what can work. And if Salvini wants to close everything down, then fine, but he must come up with an alternative plan for these towns to move forward.”

      https://www.theguardian.com/world/2018/oct/07/migrants-fight-save-riace-mayor-who-gave-them-home?CMP=share_btn_tw

    • Migranti, il Viminale cancella il modello Riace: saranno tutti trasferiti

      Il ministero dell’Interno muove accuse e contestazioni sul sistema di accoglienza in un documento di 20 pagine e comunica al comune calabrese e al prefetto la decisione di allontanare dal paese tutti gli stranieri ospitati. Il sindaco sospeso Lucano: «Vogliono soltanto distruggerci».

      Riace deve chiudere. Il ministero dell’Interno lo ha messo nero su bianco con una deliberazione del 9 ottobre scorso del suo dipartimento Immigrazione che ordina la chiusura di tutti i progetti e il trasferimento di tutti i migranti. Una doccia fredda per Riace, arrivata pochi giorni prima dell’udienza di fronte al tribunale del Riesame che dovrà decidere l’eventuale liberazione di Mimmo Lucano, sindaco del borgo sospeso da martedì 2 ottobre, quando è finito ai domiciliari per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e abuso d’ufficio, e a poco meno di una settimana dalla manifestazione in suo sostegno che ha portato nel paese calabrese alcune migliaia di persone. «Chi sbaglia, paga. Non si possono tollerare irregolarità nell’uso di fondi pubblici, nemmeno se c’è la scusa di spenderli per gli immigrati», ha commentato il vicepremier Salvini.

      Lucano, il primo cittadino di Riace ai domiciliari, ha reagito così alla circolare ministeriale: «Vogliono soltanto distruggerci. Nei nostri confronti è in atto ormai un vero e proprio tiro incrociato. I nostri legali, comunque, stanno già predisponendo un ricorso al Tar contro la decisione del Viminale». Prende posizione anche il presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio: «È una decisione assurda ed ingiustificata. Mi auguro che dietro tale decisione non si celi l’obiettivo di cancellare una esperienza di accoglienza, estremamente positiva, il cui riconoscimento ed apprezzamento è largamente riconosciuto anche a livello internazionale. Chiedo al ministro dell’Interno di rivedere questa decisione».

      Al centro delle contestazioni del ministero ci sono da una parte, quegli strumenti che hanno fatto di Riace un modello di riferimento nel mondo, i bonus e le borse lavoro, dall’altra l’accoglienza dei lungopermanenti, cioè quei richiedenti asilo in condizioni di vulnerabilità che vengono ospitati anche oltre il termine previsto dal progetto Sprar. Sono troppi, secondo il ministero che per questo ha assegnato a Riace punti di penalità che da soli varrebbero la chiusura del progetto. Quella gente - donne con figli a carico, anziani, malati - per il Viminale avrebbe dovuto essere messa alla porta.

      Nelle 21 pagine di relazione, che poco o nulla entra nel merito delle controdeduzioni fornite dall’amministrazione del piccolo borgo calabrese, si fa un lungo elenco di «mancanze» che vanno dalle case in cui sono ospitati i migranti - che a Riace sono quelle che gli antichi residenti hanno abbandonato quando hanno lasciato il paese - al mancato aggiornamento della «banca dati». Ma di fatto quello che viene bocciato sembra essere il modello di accoglienza diffusa che a Riace è stato forgiato. Adesso la palla passa al Tar, di fronte al quale l’amministrazione sembra intenzionata a fare ricorso.

      «È quello che noi abbiamo consigliato perché questa relazione rende evidente la mancanza di volontà di interlocuzione da parte del ministero - dice Gianfranco Schiavone, vicepresidente dell’Asgi, l’associazione studi giuridici sull’immigrazione che sta supportando Lucano e la sua amministrazione - Quello che colpisce è la totale sproporzione fra il provvedimento e la realtà del progetto. Nel paese divenuto simbolo mondiale dell’accoglienza sembra quasi che i migranti siano stati abbandonati a se stessi, in un contesto come quello italiano dove in più di una realtà i servizi di accoglienza non vengono erogati. Non si è compreso né lo spirito, né la specificità territoriale del progetto. In questo provvedimento Riace sparisce».


      https://www.repubblica.it/cronaca/2018/10/13/news/migranti_viminale_cancella_modello_riace-208879662

    • Salvini ordina la deportazione di massa: via tutti i migranti da Riace

      Il ministro della Paura ha ordinato la chiusura di tutti i progetti aperti nella cittadina calabrese. Entro 60 giorni saranno tutti trasferiti,

      Una vergogna. Una deportazione con metodi che ricordano altre epoche non per combattere l’illegalità ma per mettersi di traverso a qualsiasi politica di integrazione.
      Adesso con una delibera datata 9 ottobre, il ministero dell’Interno ha ordinato la chiusura di tutti i progetti legati all’immigrazione portati avanti a Riace. Tutti i migranti entro 60 giorni saranno trasferiti. Non si sa dove. Magari in mezzo alla strade.
      Quella che era considerata una città modello per l’integrazione viene quindi smantellata anche dopo l’arresto del sindaco (sospeso) Mimmo Lucano, in carcere con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
      Evidentissimo l’intento del ministro razzista di rendere tutti clandestini, creare un esercito di disperati per poter cavalcare l’odio che tanto gli sta fruttando in termini elettorali.
      Ma la società civile si ribellerà. Gli ordini ingiusti non vanno eseguiti.

      Quanto ai maggiordomi grillini, dicevano che la loro presenza doveva salvare il paese dal fascismo. Loro sono diventati complici della peggiore politica xenofoba di estrema destra. Con buona pace di San Francesco.

      Già nei mesi scorsi proprio il ministero aveva messo in dubbio, registrando anomalie, la gestione dei migranti posta in essere da Lucano. Nel nuovo provvedimento sono contestate altre 34 irregolarità che vanno dai bonus alle borse di lavoro fino all’eccessivo uso dei permessi dei lungopermanenti, quei migranti che richiedono asilo e sono in condizioni di vulnerabilità.

      In generale i progetti Sprar vengono rinnovati ogni tre anni: nel caso di Riace si parla del triennio 2017-2019, ma già dall’estate scorsa il Viminale aveva bloccato alcuni pagamenti per anomalie nella documentazione presentata dall’amministrazione locale. Nel 2018 il comune di Riace non ha ricevuto fondi e il 30 luglio scorso il sindaco era stato avvisato della revoca dei finanziamenti, diventata ufficiale all’inizio di questa settimana. Lo rendono noto fonti del Viminale.

      Il comune prepara il ricorso - A essere messa in discussione è tutto il «modello Riace», quell’accoglienza diffusa che aveva rianimato un paese morente. L’uso delle case vuote per ospitare gli stranieri e il mancato aggiornamento delle banche dati sono stati tra gli elementi più contestati dal Viminale. Ma il comune non ha intenzione di piegarsi e già prepara il ricorso al Tar che potrebbe sospendere la delibera.


      https://www.globalist.it/news/2018/10/13/salvini-ordina-la-deportazione-di-massa-via-tutti-i-migranti-da-riace-2032

    • Dopo Saviano arriva pure l’#Onu in soccorso del sindaco di Riace: “una guida per tanti”

      La notizia dell’arresto del sindaco di Riace, Mimmo Lucano, scavalca i confini nazionali e preoccupa l’Onu. Proprio così. Dopo il sermone difensivo di Saviano che ha parlato di “peccato di umanità” e la provocazione di Beppe Fiorello («allora arrestateci tutti»), adesso per il primo cittadino calabrese finito ai domiciliari con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina arriva l’interessamento dell‘Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati.


      http://www.secoloditalia.it/2018/10/dopo-saviano-arriva-pure-lonu-in-soccorso-del-sindaco-di-riace-una-guida-per-tanti/.W7Uhm_wTqrw.facebook

    • Matteo Salvini orders removal of refugees from Riace

      Italy’s far-right interior minister, Matteo Salvini, has ordered hundreds of refugees to be moved out of Riace, a small town in Calabria celebrated around the world as a model of integration.

      The decision, which follows the house arrest earlier this month of the town’s mayor, Domenico Lucano, effectively shuts down a project that also provided work for Italians.

      Salvini wrote on Twitter: “Who makes mistakes, pays. We cannot tolerate irregularities in the use of public funds, even if there’s an excuse to spend them on immigrants.”

      A circular sent to the town on Saturday listed “funding irregularities”, including discrepancies between the amount of money provided by the government’s “Sprar” system for refugee reception and the amount spent on the services cited when applications for assistance were made, as reasons for the minister’s decision. The circular also said that migrants overstayed the time limit permitted by the Sprar system and that conditions were unhygienic. It is unclear where they will be transferred.

      Lucano, who won prizes for an integration project that began in the late 1990s, said in a statement that the ministry is “out to destroy us” and that he would appeal against the decision. Mario Oliverio, the president of Calabria, said the move was “absurd and unjustified”. “I hope the objective behind the decision isn’t to stop a reception project that has been extremely positive, appreciated and recognised internationally,” Oliverio added.

      Lucano was placed under house arrest for allegedly encouraging illegal immigration. The main accusation against him is that he organised “marriages of convenience” after it emerged that he helped arrange a wedding between a Nigerian woman and Italian man so that the woman, who had been forced into prostitution in Naples, could live and work in Italy legally. His partner, Tesfahun Lemlem, faces the same charges and has had her residency blocked.

      He is also alleged to have flouted the public tender process by awarding waste collection contracts to two co-operatives that were set up to assist migrants in their search for work. The investigation against him began over a year ago, although the more serious allegations of embezzlement and fraud were dropped.

      Salvini, who has pledged to slash funds for all migrant reception and integration services, welcomed the news of his arrest, writing on Twitter: “Let’s see what all the other do-gooders who want to fill Italy with immigrants will say now.”

      Lucano’s arrest also followed the suspension by the public broadcaster, Rai, of a TV show about Riace.

      Salvini immediately took aim at Lucano after becoming interior minister in early June, describing the mayor as a man worth “zero”.

      Lucano’s integration strategy helped to reignite the economy of the town: Riace’s one bar reopened, as did a handful of shops, while the system helped generate jobs for locals – as teachers, translators or cultural mediators.

      Houses in the town’s “Global Village” were turned into artisanal shops, with migrants working alongside locals to make and sell products including ceramics, hats and chocolate.

      Lucano had been protesting since 2016 after funds to sustain the project stopped coming from the government.

      Thousands of migrants have passed through Riace since the project began, with about 500 migrants in the current population of roughly 2,300.


      https://www.theguardian.com/world/2018/oct/14/matteo-salvini-orders-removal-of-refugees-from-riace

    • Migranti, il Viminale cancella Riace, l’esperto: «Irregolarità modeste, decisione spropositata»

      «Le irregolarità sono solo modeste e solo formali e non riguardano la qualità del progetto. Chiuderlo è una decisione spropositata». Gianfranco Schiavone, vicepresidente Asgi (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione), commenta ai microfoni di Radio Capital la decisione del Viminale di chiudere il progetto Riace. «Si contesta al comune di aver tenuto le persone troppo a lungo, ma lo ha fatto perché erano soggetti vulnerabili. Aiutare le persone per il ministero è un’irregolarità»

      https://video.repubblica.it/dossier/immigrati-2015/migranti-il-viminale-cancella-riace-l-esperto-irregolarita-modeste-decisione-spropositata/316807/317437?videorepmobile=1

    • Deportati da Riace. Il Viminale trasferisce i migranti e revoca i fondi. Salvini: «Chi sbaglia paga». Lucano: «Vogliono solo distruggerci»

      Una pietra tombale sul modello Riace. Diverse le violazioni contestate dal Ministero al progetto Sprar del Comune, «gravi anomalie» dai bonus agli alloggi


      https://www.huffingtonpost.it/2018/10/13/il-viminale-di-salvini-abbatte-il-modello-riace_a_23559927

    • Riace, Mimmo Lucano: «Il nostro modello sopravviverà»

      Il sindaco Mimmo Lucano, sospeso dall’incarico da quando è finito ai domiciliari per favoreggiamento dell’immigrazione, parla all’indomani della circolare con cui il Viminale ha cancellato i progetti che hanno fatto del borgo «il paese dell’accoglienza» e ordinato il trasferimento di tutti i rifugiati. «E’ necessario ritrovare l’entusiasmo ma il modello Riace sopravviverà, nessuno sarà obbligato ad andarsene. Metteremo a sistema tutte le strutture che abbiamo costruito – il frantoio, la fattoria didattica, l’albergo solidale - a prescindere dai finanziamenti Sprar». Traduzione, Riace potrebbe sopravvivere a prescindere dal ministero che vuole cancellarla.

      https://video.repubblica.it/dossier/immigrati-2015/riace-mimmo-lucano-il-nostro-modello-sopravvivera/316857/317486

    • Italie : le gouvernement met fin à un exemple emblématique d’intégration des migrants

      Le ministère italien de l’Intérieur a ordonné samedi le transfert vers des centres d’hébergement de migrants accueilli à Riace, un village présenté comme un modèle d’intégration, après l’arrestation de son maire soupçonné d’aide aux clandestins via des mariages blancs.

      Proche de la gauche, Domenico Lucano, qui accueillait depuis les années 2000 des migrants dans son village de Calabre (sud) qui se dépeuplait, dans le but de relancer le développement et les emplois, a été arrêté début octobre.

      Assigné à résidence, il est soupçonné d’aide à l’immigration clandestine pour avoir favorisé des « mariages de convenance » afin d’aider des femmes déboutées du droit d’asile à rester en Italie.

      Il est aussi accusé de s’être passé d’appel d’offres pour attribuer la gestion des ordures de son village de 1.800 habitants à des coopératives liées aux migrants.

      Le ministre de l’Intérieur Matteo Salvini (extrême droite) s’était réjoui de son arrestation, dénonçant « les fausses bonnes consciences qui voudraient remplir l’Italie d’immigrés ».

      Et le blog du Mouvement 5 étoiles (M5S), parti antisystème membre de la coalition au pouvoir, y voyait le signe que « le gouvernement du changement a déclaré la guerre au business de l’immigration ».

      Les partisans de Domenico Lucano voyaient dans l’exemple de Riace, financé depuis les années 2000 par des fonds européens et italiens, un moyen de faire revivre des villages dépeuplés tout en donnant un logement à des centaines de demandeurs d’asile.

      Matteo Salvini veut limiter les projets inspirés par l’exemple de Riace et regrouper les demandeurs d’asile dans des centres d’accueil plus grands.

      Le transfert des migrants de Riace vers d’autres centres va commencer la semaine prochaine, selon le ministère, qui enquête sur des « irrégularités évidentes » dans le système d’accueil des migrants depuis 2016.

      L’Etat italien octroie 35 euros par jour pour chaque migrant accueilli, pour couvrir ses frais de logement, nourriture, des cours de langue et de l’argent de poche.

      Le gouvernement italien a demandé le détail de la ventilation des dépenses au maire, qui affirme que ses avocats se préparent à faire appel contre le ministère.

      « Comment est-il possible de détruire le +modèle de Riace+ qui a été décrit par d’innombrables hommes politiques, intellectuels et artistes comme une expérience extraordinaire ? Il veulent nous détruire », a déclaré le maire.

      M. Lucano a été cité parmi les 100 personnalités les plus influentes par le magazine Fortune en 2016 et a inspiré un docu-fiction de Wim Wenders.

      Intransigeant sur l’immigration, M. Salvini a gagné en popularité ces derniers mois : donné par les sondages à moins de 10% avant les législatives de mars, il a remporté environ 17% des suffrages et se trouve maintenant en tête des intentions de votes avec plus de 30%.


      https://www.courrierinternational.com/depeche/italie-le-gouvernement-met-fin-un-exemple-emblematique-dinteg

    • Salvini veut vider la ville de Riace de ses migrants et mettre fin à son modèle d’accueil

      Le ministère de l’Intérieur dirigé par le chef de la ligue d’extrême droite, Matteo Salvini, a pris la décision samedi 13 octobre de vider la ville de Riace des quelque 200 migrants encore insérés dans le Programme national de protection des demandeurs d’asile et réfugiés. Le maire de cette commune calabraise, Domenico Lucano, a été arrêté et suspendu de ses fonctions depuis le 2 octobre pour soupçons d’aide à l’immigration illégale, notamment par le biais de mariages blancs.

      En décidant de vider Riace de tous les candidats à l’asile, le ministère de l’Intérieur met fin à ce que l’on appelle le « modèle Riace » : un exemple d’accueil et d’intégration des migrants qui a fait le tour du monde et inspiré d’autres maires de villages, lesquels ont aussi pu renaître grâce à leur repeuplement.

      Grâce à ce modèle, des écoles et ateliers artisanaux ont rouvert et de nouveaux emplois ont été créés, parmi d’autres politiques d’inclusion concrètes pour briser le mur de la peur de l’étranger, qu’il soit Afghan, Erythréen ou Nigérian.

      Matteo Salvini, vice-président du Conseil et ministre de l’Intérieur, n’a jamais supporté l’ancien communiste Domenico Lucano, élu maire de Riace pour la première fois en 2004. ll justifie la décision-choc en évoquant « de nombreuses irrégularités » dans la gestion des fonds publics destinés à la prise en charge des migrants à Riace. « Ceux qui commettent des erreurs doivent en payer les conséquences », a-t-il déclaré d’un ton lapidaire.

      Les avocats du maire de 60 ans ont déposé un recours pour sa remise en liberté devant le « tribunal du Réexamen », équivalent italien du juge des libertés, qui rendra sa décision le 16 octobre.

      http://www.infomigrants.net/fr/post/12657/salvini-veut-vider-la-ville-de-riace-de-ses-migrants-et-mettre-fin-a-s

      #modèle_riace

    • 2 - Le maire de Riace (Calabre - Italie) arrêté pour délit de Solidarité

      Avec Shu Aiello
      Shu Aiello est la corélisatrice du film « Un paese di Clabria », dont on avait parlé en février 2017 (réécouter ici consacré à Riace, un village accueillant de Calabre.
      Aujourd’hui, Mimmo Lucano, maire de Riace village, qui résiste et innove, est accusé d’avoir « favorisé l’immigration clandestine » et est aux arrêts domiciliaires depuis le 2 octobre.

      http://radioresf.toile-libre.org/sons/2018-10-10%20RESF%20sur%20FPP%20487/2018-10-10%20RESF%20sur%20FPP%20487%20-%2002%20Mimmo%20Lucarn

    • Riace : le village des migrants démantélé. Le maire de Naples : « Une déportation »

      Moins de deux semaines après l’arrestation du maire Domenico Lucano, la décision du ministère de l’Intérieur pour « irrégularités manifestes » dans la gestion des fonds publics.

      Le gouvernement italien a décidé de transférer tous les migrants inclus dans le système d’accueil de la ville calabraise de Riace, la cité considéré comme un exemple positif d’intégration entre migrants et citoyens italiens, mais qui a récemment fait la une de l’actualité nationale pour l’arrestation du maire, Domenico Lucano.

      La disposition est contenue dans une circulaire du 9 Octobre diffusé par le Département des libertés civiles et de l’immigration du ministère de l’Intérieur (PDF). Cette disposition établit le transfert des demandeurs de protection internationale de Riace à d’autres installations dans les 60 jours et le retour de tous les fonds en raison de « irrégularités évidentes » dans la gestion des fonds publics affectés à la réception. La décision, qui n’a été rendue publique qu’hier soir, a déjà fait l’objet de nombreuses critiques, d’autant plus que le modèle d’accueil de Riace a souvent été décrit comme efficace et positif. Toutefois, les fonds réservés à Riace avaient déjà été suspendus il y a plusieurs mois, précisément en raison de certaines irrégularités constatées par les inspecteurs du ministère de l’intérieur.

      L’ordre de transfert des migrants est arrivé une semaine après l’arrestation du maire de Riace, Domenico Lucano, le « maire insoumis » qui avait inventé ce modèle d’accueil des migrants. Lucano a été accusé d’aide et de complicité à l’immigration clandestine et d’illicite dans l’attribution directe du service de collecte des déchets. Lucano a été également accusé d’organiser des « mariages de complaisance » entre citoyens italiens et femmes étrangères afin de permettre à celles-ci de rester sur le sol italien.

      Le maire de Naples, Luigi de Magistris, qui a toujours soutenu l’action du marie calabrais et a fait de Naples une « ville d’accueil pour les migrants » en invitant tous les maires du Sud de l’Italie à désobéir à la fermeture des ports décidée par le ministre de l’intérieur Salvini a dit à la presse : « La déportation des migrants de Riace est un acte violent et inhumain. Au lieu de chasser les mafieux ou de déporter les victimes des trafiquants de la mort. C’est une honte ! ». Oui, c’est une honte pour l’Italie et pour toute l’Europe.


      https://blogs.mediapart.fr/marco-cesario/blog/141018/riace-le-village-des-migrants-demantele-le-maire-de-naples-une-depor

    • Riace, Lucano a de Magistris: “Accetto il tuo invito e non faccio un passo indietro”. “Non mollare, vinceremo insieme”

      “Accetto con il cuore l’invito del sindaco de Magistris a venire a Napoli. Mi trovo in una condizione che non avrei mai immaginato. Ma non faccio un passo indietro“. Sono le parole del sindaco di Riace, Mimmo Lucano, nel corso della trasmissione Barba e Capelli, su Radio Crc, dove è ospite anche il primo cittadino di Napoli, Luigi de Magistris. Lucano aggiunge: “Oltre a dimostrare la mia innocenza personale, credo che questa vicenda, in un momento storico particolare, possa dare un contributo ad un’idea di politica che va in direzione opposta rispetto a ciò che sta accadendo in questo Paese”.

      Totale il sostegno di de Magistris al sindaco di Riace: “Lo sto dicendo da mesi: innanzitutto, a Mimmo bisogna volere bene. E’ una persona con un grande cuore, oltre a essere un grande sindaco di un Comune che lui ha reso gioioso di fronte alla desertificazione dell’emigrazione. Il problema di Riace non è l’immigrazione, anzi l’immigrazione è stata la risorsa di Riace insieme ai calabresi perbene. Il problema era stato rappresentato dall’emigrazione, dallo spopolamento. Lui viene colpito, e mi riferisco in generale, per l’umanità che ha dimostrato in questi anni. Solo chi non conosce Riace non sa che cosa è accaduto nel paese in questi anni”.

      E sottolinea: “Mimmo Lucano ha messo in campo una rivoluzione in una terra in cui si contano a decine le persone delle istituzioni compromesse gravemente con la ‘ndrangheta. E socialmente pericoloso diventa questa persona perbene. Non possiamo fare altro che stare vicino a Mimmo Lucano, lottare, far diventare Riace una delle roccaforti della resistenza del nostro Paese per l’attuazione dei valori costituzionali. Lo dico con rispetto nei confronti della magistratura” – continua – “immagino quanto questo provvedimento di divieto di dimora a uno che ama la sua terra, di cui è sindaco, è un dolore davvero profondo, che è stato inflitto a una persona onesta. E l’onestà non sempre coincide coi vincoli normativi che questo Paese ha dato in questi anni per impedire alla giustizia di trionfare. Io starò sempre dalla parte di Mimmo. Io penso che questa lotta la vinceremo, ne sono assolutamente convinto”.
      Poi aggiunge: “Penso alle parole sprezzanti di Salvini, quando ha detto che Lucano non è un eroe. Salvini, come altri governanti del passato, si dovrebbero interrogare del fatto che in questo Paese le persone normali le fanno passare per sovversive e socialmente pericolose. E quindi normano, fanno legalità formale, reprimono, opprimono. Stanno creando un Paese in cui prevalgono i sentimenti del rancore, della paura, dell’indifferenza, della violenza, dell’odio. Ma un Paese così dove va? Va a sbattere“.

      De Magistris racconta di essere stato a Riace per un dibattito pubblico il 4 agosto scorso: “Ho visto un paese gioioso, con un frastuono tutto giovanile di bambini calabresi e di bambini africani che giocavano insieme a pallone. Questo è il Sud che noi vogliamo. Lasciamo a Salvini la comunità dell’odio e del rancore, che non ci porterà da nessuna parte. Noi possiamo dire che ci siamo schierati subito dalla parte di Mimmo e sottolineo “subito”, perché gli indifferenti sono i complici del male. Quindi, Mimmo, non mollare, perché questa lotta insieme la vinceremo“

      https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/10/18/riace-lucano-a-de-magistris-accetto-il-tuo-invito-e-non-faccio-un-passo-indietro-non-mollare-vinceremo-insieme/4702939
      #Naples

    • Francia, nasce #Radio_Riace_International

      È nata in Francia Radio Riace International, una piattaforma europea aperta, di podcast e streaming per diffondere nel mondo il modello di accoglienza, integrazione e reciprocità di Riace.

      L’iniziativa, tutta francese, è frutto di un gruppo di giornalisti e artisti riunitosi intorno a Marc Jacquin, direttore dell’Associazione, senza scopo di lucro, Phonurgia Nova, con sede ad Arles (Francia) dove il 20 ottobre 2018 alle h. 12.00 è stata lanciata la web radio RRI – Radio Riace International.

      Due ore di trasmissione in francese, inglese e italiano che attraverso la traduzione di testi italiani, rapporti, interviste descrivono il modello Riace, ovvero sia il progetto Città Futura di Domenico Lucano: dalla storia delle vecchie abitazioni abbandonate dagli italiani, costretti a lasciare il proprio Paese esattamente come i migranti che sono giunti in Italia negli ultimi decenni che a quelle case hanno ridato la vita, con l’aiuto di tutti. “Le persone si sono salvate a vicenda: gli abitanti di Riace hanno salvato i migranti e i migranti stanno salvando il paese calabrese” disse il premio Nobel per la pace, Dr. Günter Blobel, quando nel 2017 consegnò a Domenico Lucano il premio Dresden Peace Prize.

      In una nota diramata da TeleRama France, Marc Jacquin (nella foto in alto) ha informato che la web radio trasmetterà “fino a quando Riace non sarà confermata nei suoi diritti democratici”. Il Modello “va sostenuto collettivamente” sostiene Jacquin “perché lontano dalle teorie astratte sull’integrazione, ci offre una realtà esemplare di solidarietà che dura da trent’anni … perché non applicare questo modello nelle nostre campagne?”

      Radio Riace International ha ricevuto una sponsorizzazione dall’ex ministro della Cultura francese, Jack Lang ( nella foto sopra), che ha partecipato all’inaugurazione dell’emittente web rilasciandole un’intervista. Altre importanti istituzioni e personalità d’oltralpe si mostrano molto interessate all’iniziativa.

      http://www.abbanews.eu/mondi-e-orizzonti/radio-riace-international

      Archive :
      http://mixlr.com/radioriaceinternational/showreel

    • Milano, Mimmo Lucano si commuove: «Un’altra umanità è possibile». E il pubblico intona #Bella_Ciao

      «Perché c’è così tanto interesse a non parlare della vicenda? La risposta è semplice, questo messaggio non deve essere divulgato perché dimostra che un’altra umanità è possibile». Così Mimmo Lucano, ex sindaco di Riace, ha parlato nel corso dell’incontro «Da Riace a Lodi, solidarietà e diritti», tenutosi a Palazzo Marino, a Milano. Al termine del discorso l’ex primo cittadino calabrese si è commosso e il pubblico ha intonato spontaneamente il canto di «Bella Ciao»

      https://video.repubblica.it/edizione/milano/milano-mimmo-lucano-si-commuove-un-altra-umanita-e-possibile-e-il-pubblico-intona-bella-ciao/318395/319022?ref=fbpr

    • Lucano, le maire italien qui accueillait les réfugiés, condamné à l’exil

      Le maire Domenico Lucano n’est plus assigné à domicile, mais il lui est désormais interdit de résider à Riace. Le sort de Lucano – et de son village, connu comme un modèle de l’accueil des réfugiés – suscite de vives réactions en Italie, dans une société très divisée autour de la question de l’immigration.

      “Il est resté à Riace aussi longtemps qu’il a pu, puis il a refermé la porte de sa maison derrière lui et il est parti, raconte La Repubblica. Vers 6 heures du matin ce 17 octobre, Mimmo Lucano, le maire ‘exilé’ sur décision d’une cour d’appel, a quitté Riace.”


      https://www.courrierinternational.com/article/lucano-le-maire-italien-qui-accueillait-les-refugies-condamne
      #confino

    • En Italie, le maire de Riace s’est transformé en une figure de l’opposition à Salvini

      Alors que la gauche partisane italienne est à bout de souffle, Domenico Lucano, le maire de Riace, arrêté à l’automne pour aide à l’immigration clandestine, est en train de devenir une figure de ralliement pour les opposants à la politique de Matteo Salvini. Récit d’une ascension, de maire banni à homme politique courtisé.

      Palerme (Italie), correspondance – La salle Alessi du palais Marino bruisse d’impatience. Plusieurs centaines de personnes se serrent sous les plafonds du salon de la mairie de Milan pour assister à l’événement « De Riace à Lodi, solidarité et droits » organisé par le groupe « Milano in commune ». Dehors, près de deux cents personnes ont fait la queue pendant des heures sans réussir à rentrer.

      « Mimmo, Milan est avec toi », crie la foule. « Mimmo », ce surnom est désormais celui de l’homme que tous attendent ce soir de fin octobre : Domenico Lucano, ancien maire de Riace, suspendu de ses fonctions. Arrêté le 2 octobre pour aide à l’immigration clandestine et attribution frauduleuse du marché de ramassage des ordures, le maire calabrais est devenu en un mois un symbole qui dépasse largement les frontières de sa Calabre natale, dans le sud du pays.

      Costume bleu marine et chemise blanche, Domenico tient le micro d’une main, l’autre lui servant à ponctuer chacune de ses phrases de grands gestes : « Je n’aurais jamais imaginé qu’un jour une grande ville comme Milan m’accueillerait, je n’ai jamais eu comme objectif de devenir aussi célèbre, comme ça, à l’improviste, mais il y a une faim d’humanité. » Tonnerre d’applaudissements. « Riace nous montre qu’une autre humanité est possible », conclut Domenico Lucano. La salle se lève, applaudit, encore. Un homme brandit un journal sur lequel s’étale ce titre en grosses lettres : « Unis et solidaires contre le gouvernement ». Une voix entonne « Bella Ciao » avant que tout le monde ne reprenne en chœur.

      La scène a de quoi surprendre, mais elle est symbolique de l’aura qu’a soudainement acquise celui qui est devenu l’un des maires les plus célèbres du pays. En Italie, pas une semaine sans qu’une conférence, un sit-in ou un rassemblement ne soit organisé en soutien au maire. La société civile se mobilise, tous azimuts, quitte à brouiller parfois le message. L’association Recosol, le Réseau des communes solidaires, appelle les communes italiennes à faire du maire déchu leur citoyen d’honneur dans le cadre d’une campagne intitulée « 10, 100, 1000 Riace ».

      À Marsala en Sicile, à Santa Maria del Cedro en Calabre, à Milan en Lombardie, à Piombino en Toscane, des pétitions sont lancées pour répondre favorablement à l’initiative de Recosol. À Sutri, dans le Latium, le très controversé maire Vittorio Sgarbi – élu au Parlement italien sur la liste de Forza Nuova en mars 2018 et sans groupe politique depuis le 4 octobre – est l’un des premiers à proclamer Domenico Lucano citoyen d’honneur de sa ville. La cérémonie officielle aura lieu en décembre.

      La ville de Ferrara qui avait suspendu tous ses jumelages vient de faire une exception en en créant un avec Riace, après une proposition du « groupe anti-discrimination » de la ville pour « accueillir Mimmo et Riace chez nous ». Fin octobre, encore, les Giovani Democratici, le mouvement de jeunesse du Parti démocrate (PD, sociaux-démocrates) organisent un sit-in sur l’une des places centrales de Rome en l’honneur du maire calabrais. Des artistes de BD, des illustrateurs organisent un recueil de dessins.

      « N’en faisons pas un martyr », commente sobrement le ministre de l’intérieur Matteo Salvini face à l’engouement croissant suscité par le maire de Riace. Un ton bien moins tranché que celui avec lequel il n’hésitait pas à qualifier Domenico Lucano de « zéro » au début de son mandat. Car les hashtags lancés dans la foulée de son arrestation – « Riace ne s’arrête pas » ou « Je suis Riace » – ne s’évanouissent pas au bout de quelques jours, comme c’est souvent le cas. C’est même plutôt le contraire : le mouvement de solidarité avec Riace et son maire déchu semble avoir réveillé une partie des Italiens.

      « Cette histoire a eu le mérite de libérer toutes ces énergies qui étaient là, mais n’avaient pas forcément été déployées par le passé », reconnaît Giulia Galera. La jeune femme fait partie des organisateurs de « Solidarity Poetry Riace », un événement organisé dimanche 4 novembre en soutien au modèle Riace. Aux quatre coins de l’Italie, mais aussi à Paris et dans plusieurs villes d’Espagne, une poésie d’Erri de Luca est lue, le moment est filmé puis posté sur les réseaux sociaux.

      « C’est une toute petite contribution, symbolique pour montrer notre solidarité », commente Giulia Galera. Chercheuse au sein d’Euricse, un institut de recherche européen sur les coopératives et les entreprises sociales, la jeune femme décrit un « moment historique préoccupant sur les questions migratoires » qui l’a poussée à l’action.

      Si le phénomène s’ancre dans le temps et du nord au sud du pays, c’est aussi parce qu’il n’est pas qu’une réaction épidermique au nouveau gouvernement. Le modèle Riace représente tout une partie de l’opinion publique déçue par les politiques du PD sur une question aussi cruciale que l’immigration. « D’un côté, on a plusieurs gouvernements successifs qui nous ont martelé que ce n’était pas un phénomène structurel, qu’il fallait y répondre au coup par coup, qui pratiquaient une politique de l’autruche », rappelle Francesco Pallante, professeur de droit constitutionnel à l’université de Turin.

      À cette politique de l’urgence, le modèle Riace oppose un modèle durable destiné à la fois à accueillir les migrants, mais aussi à faire revivre un territoire en déclin. « C’est l’exemple qu’on peut transformer en mieux notre société », commente Giulia Galera. La figure même de Domenico Lucano n’est probablement pas étrangère à l’adhésion qu’il suscite. Simple, au verbe franc, il stupéfait les téléspectateurs lorsque, interrogé sur un plateau de télévision, il explique avoir dormi dans sa voiture, sous le panneau de sa commune, lorsqu’il a été contrait à quitter sa ville, le 17 octobre.

      « Et puis de l’autre côté, poursuit le professeur d’université, il faut admettre que le gouvernement de Paolo Gentiloni [PD, au pouvoir de 2016 à 2018 – ndlr] a mené une politique dure sur l’immigration, avec le ministre de l’intérieur Marco Minniti et que Matteo Salvini porte à l’extrême les conséquences de politiques déjà amorcées – moins brutalement – ou héritées du vide laissé par ceux qui n’ont jamais nettement pris position. »

      En février dernier – avant l’arrivée au pouvoir de la Ligue de Salvini –, l’Italie a par exemple signé un mémorandum d’entente avec le premier ministre du gouvernement d’unité nationale libyen Fayez al-Sarraj afin de contenir les départs de migrants. Huit mois plus tôt, en juin 2017, le Sénat se penchait sur la nouvelle loi de citoyenneté votée en 2015 au Parlement avec l’introduction du jus soli pour les enfants de parents immigrés, sous certaines conditions.

      Ce cheval de bataille pour le PD, qui a enflammé le débat politique, s’est soldé par un échec : le texte a été rejeté au Sénat en décembre 2017 sans même avoir été examiné, car le nombre de sénateurs présents n’était pas suffisant. Parmi les absents, 29 des 89 sénateurs du PD. « Domenico Lucano est aussi devenu un symbole parce qu’au sein des grands partis, personne n’a assumé un discours politique différent des autres », résume Francesco Pallante, également membre de l’association Justice et Liberté.

      Dans les rangs des partis de gauche, pas grand monde n’a échappé au phénomène Lucano. Parmi les premiers poids lourds de la politique italienne à manifester leur soutien au modèle Riace, Enrico Rossi, président de la région Toscane et membre du parti Article 1er Mouvement démocrate et progressiste, né d’une scission avec le PD l’année dernière. Dans la presse, les rumeurs les plus incongrues circulent : le PD aurait proposé à Domenico Lucano de devenir le porte-parole du parti dans le sud du pays pour la campagne des européennes du mois de mai.

      L’hypothèse semble peu probable si l’on se rappelle que le PD avait été le premier à attaquer violemment le modèle Riace et à bloquer les fonds dévolus au système d’accueil de la ville en août 2017. Une chose est sûre : plus personne ne semble douter de la carrure politique du maire calabrais en cette période préélectorale. Le maire de Palerme Leoluca Orlando, ouvertement pro-migrants, l’a invité dans sa ville dès qu’il s’est retrouvé contraint à l’exil à la mi-octobre.

      Mais l’ouverture pourrait bien venir de Naples. Le maire de la ville, Luigi de Magistris, a fait une invitation similaire sur Twitter à Domenico Lucano, lançant surtout sur son site personnel un appel à soutenir le modèle d’accueil promu par Riace. Après avoir été député européen de 2009 à 2011, Luigi de Magistris a créé l’année dernière son propre parti Démocratie et Autonomie (demA), grâce auquel il souhaite construire un « front populaire démocratique » face au gouvernement, allié avec l’ex-ministre des finances grec Yanis Varoufakis.

      Domenico Lucano, lui, reste stoïque face à cet emballement médiatique et politique. « Moi qui dis tout le temps des bêtises, ils ont réussi à me rendre important, s’amuse le maire dans un entretien au quotidien La Repubblica. Ils auraient aimé effacer l’histoire de Riace et la faire disparaître à l’intérieur de sa géographie, au fin fond des montagnes calabraises. Mais c’est l’inverse. Tout le monde comprend que Riace n’a jamais été aussi vivante. »


      https://www.mediapart.fr/journal/international/181118/en-italie-le-maire-de-riace-s-est-transforme-en-une-figure-de-l-opposition

    • Riace, chiusa inchiesta su sindaco Lucano. Contestata anche associazione per delinquere

      Mimmo ​Lucano era stato posto agli arresti domiciliari il 2 ottobre scorso, poi revocati e sostituiti dal divieto di dimora a Riace, con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ed illeciti nell’affidamento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti. ​Nell’avviso di conclusione indagini, tuttavia, gli vengono contestati reati più gravi.
      La Procura di Locri ha chiuso le indagini nei confronti del sindaco sospeso di Riace Mimmo Lucano ed altre 30 persone nell’inchiesta su presunte irregolarità nella gestione dell’accoglienza dei migranti nel comune di Locri. Lo scrive la Gazzetta del Sud. La Procura avrebbe contestato a Lucano anche associazione per delinquere, truffa, falso, concorso in corruzione, abuso d’ufficio e malversazione. Lucano era stato posto agli arresti domiciliari il 2 ottobre scorso, poi revocati e sostituiti dal divieto di dimora a Riace, con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ed illeciti nell’affidamento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti. Nell’avviso di conclusione indagini, tuttavia, gli vengono contestati reati più gravi per i quali il gip non aveva accolto la richiesta d’arresto: associazione per delinquere, truffa, falso, concorso in corruzione, abuso d’ufficio e malversazione.

      http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Riace-chiusa-inchiesta-su-sindaco-Lucano-Contestata-anche-associazione-per-d

    • Riace addio, il Natale triste del borgo simbolo dell’accoglienza: senza migranti e con il sindaco ’esiliato’

      Per vent’anni è stato il borgo simbolo dell’accoglienza, il luogo in cui culture e nazionalità diverse riuscivano a vivere fianco a fianco, l’esempio pratico di una via inclusiva all’immigrazione: il cosiddetto «modello Riace». Oggi, pochi mesi dopo l’arresto del sindaco Domenico Lucano, la chiusura del progetto Sprar e il trasferimento dei migranti in altre strutture sparse in tutta Italia, il panorama è completamente cambiato. Riace è tornato ad essere un semplice paesino spopolato del Sud, come tanti altri. Con case, botteghe e scuole chiuse, poca gente in giro e tanto silenzio a fare da cornice a un Natale triste

      https://video.repubblica.it/cronaca/riace-addio-il-natale-triste-del-borgo-simbolo-dell-accoglienza-senza-migranti-e-con-il-sindaco-esiliato/323222/323843?videorepmobile=1
      #ghost-town #géographie_du_vide #silence #vide

    • Riace rinasce senza fondi pubblici grazie a una fondazione

      Riace non muore. È solo momentaneamente sospesa. Chiusa a seguito di una bufera giudiziaria che ha travolto il sindaco Mimmo Lucano - accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di corruzione - e ha azzerato 20 anni di accoglienza nel centro della Locride. Ma non ha cancellato il senso di quell’esperienza: Riace lancia uno sprar oltre lo sprar, senza fondi di ministero e prefettura. “È stato il vento” è il nome della fondazione che farà ripartire i progetti di inclusione nel borgo dell’accoglienza, a cominciare da febbraio.

      “È stato il vento”
      Presentata oggi a Caulonia, per consentire la partecipazione di Lucano, che ha divieto di dimora a Riace, l’iniziativa rimette in moto un processo di integrazione e di buone pratiche che negli anni passati ha fatto scuola in Europa. E che ha attirato su di sé l’attenzione di mezzo mondo. Intorno a Lucano e al suo modello si è stretta una vasta comunità internazionale. Il sindaco, sospeso dall’incarico, ha ottenuto cittadinanze onorarie dal Nord al Sud d’Italia. Ora il modello Riace è oggetto di una ricerca condotta da un gruppo di studenti del Dams di Bologna che in questi giorni ha visitato il borgo e il villaggio globale, gli orti e il frantoio. L’idea dei docenti è di insediare a Riace un laboratorio di antropologia culturale.

      Riaprono le botteghe

      «Con la fondazione ripartiremo dalle botteghe, quella del cioccolato, del vetro, della ceramica, dei tessuti. I prodotti saranno distribuiti nel circuito di Atromercato, centrale di importazione del commercio equo e solidale», spiega Chiara Sasso, coordinatrice di Recosol, la rete dei comuni solidali. «E punteremo sul turismo responsabile, con la comunità internazionale Longo Mai, da sempre impegnata in forme alternative di ospitalità». Hannes Reiser, uno dei fondatori della comunità, è molto vicino a Lucano. Per essere operativi da subito, è stato già costituito un comitato al quale hanno aderito, a titolo personale, insieme a Chiara Sasso, Emilio Sirianni (Magistratura democratica), Livio Pepino (Gruppo Abele), Alex Zanotelli (missionario comboniano), Felicetta Parisi (pediatra impegnata in iniziative di solidarietà al rione Sanità di Napoli), Barbara Vecchio (Longo Mai), Peppino Lavorato (ex sindaco di Rosarno) e Gianfranco Schiavone (Associazione studi giuridici sull’immigrazione).

      Un milione di euro per l’accoglienza

      Proprio Schiavone, che è stato uno degli ideatori dello Sprar, guarda con ottimismo ai nuovi progetti per Riace. Anche grazie all’iniziativa della Regione Calabria che ha finanziato con 1 milione di euro la legge del 2009 sull’ “accoglienza dei richiedenti asilo, dei rifugiati e lo sviluppo sociale, economico e culturale delle comunità locali”. Ispirata proprio al modello Riace, voluta dall’allora governatore Agazio Loiero, è stata finanziata per la prima volta dal presidente della Regione Calabria Mario Oliverio. «È un passaggio importante – precisa Schiavone – perché consentirà a tutti i comuni con caratteristiche sociodemografiche adeguate di sostenere progetti di accoglienza».

      Il nuovo “volo” di Wenders a Riace
      In una regione, la Calabria, che già conta ben 136 comuni inseriti nella rete del sistema nazionale di protezione: 3.726 i beneficiari, che rappresentano il 10% di quelli nazionali. E che dell’accoglienza ne ha fatto una vocazione: a Crotone, due giorni fa, un gruppo di cittadini si è buttato in mare per soccorrere 51 curdi. L’Unhcr, agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, ha elogiato la comunità calabrese. È stato come 20 anni fa a Riace, quando un veliero carico di curdi riversò sulla riva 800 naufraghi. Subito accorse Wim Wenders, con le sue telecamere, per girare il cortometraggio “Il volo”. E ora torna, per un sequel con Lucano e Papa Francesco.

      https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2019-01-12/riace-rinasce-senza-fondi-pubblici-grazie-una-fondazione-155203.shtml?u

    • #Cassazione su Mimmo Lucano: “Nessuna frode negli appalti. Non favorì matrimoni”. Annullato divieto di dimora a Riace

      Riace: Cassazione, non risultano “frodi” negli appalti concessi da Mimmo Lucano. Non favorì matrimoni di comodo, cercò solo di aiutare. Annullato con rinvio al Tribunale il divieto di dimora a Riace. Saranno i giudici a decidere.

      Mancano gli indizi di comportamento fraudolento da parte del sindaco di Riace Mimmo Lucano per l’assegnazione di alcuni servizi, come la raccolta dei rifiuti, a due cooperative di Riace.

      Le delibere e gli atti di affidamento infatti, sono stati adottati con “collegialità e con i prescritti pareri di regolarità tecnica e contabile da parte dei rispettivi responsabili del servizio interessato”.

      È la Cassazione a metterlo nero su bianco nelle motivazioni depositate oggi 2 Aprile 2019 in relazione all’udienza che lo scorso 26 febbraio si è conclusa con l’annullamento con rinvio del divieto di dimora a Riace, la cittadina calabrese divenuta nel mondo simbolo di accoglienza dei migranti.

      La Cassazione sottolinea inoltre che non sono provate le “opacità” che avrebbero compromesso l’azione di Mimmo Lucano per l’affidamento di questi servizi. È infatti la legge che consente “l’affidamento diretto di appalti” in favore di cooperative sociali “finalizzate all’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate” a condizione però che gli importi del servizio siano “inferiori alla soglia comunitaria”.
      Secondo i giudici mancano indizi di comportamenti fraudolenti nell’affidamento degli appalti a Riace. E anche sui matrimoni di comodo non ci sono prove concrete. Caduto così l’impianto accusatorio.
      Lucano “ha solo cercato di aiutare la compagna”.

      La Cassazione evidenzia inoltre elementi di “gravità indiziaria” per il fatto che Lucano si sia adoperato per la permanenza in Italia della sua compagna Lemlem Tesfahun, ma invita altresì a tenere conto della “relazione affettiva” che lega Domenico Lucano e Lemlem Tesfahun. Oltre al fatto che lo stesso Lucano è incensurato.

      Per la Cassazione dunque Mimmo Lucano ha cercato di aiutare solo Lemlem Tesfahun “tenuto conto del fatto” che il richiamo a “presunti matrimoni di comodo” che sarebbero stati “favoriti” dal sindaco Lucano, tra immigrati e concittadini, “poggia sulle incerte basi di un quadro di riferimento fattuale non solo sfornito di significativi e precisi elementi di riscontro ma, addirittura, escluso da qualsiasi contestazione formalmente elevata in sede cautelare”.

      https://www.politicaeattualita.it/2019/04/02/cassazione-su-mimmo-lucano-nessuna-frode-negli-appalti-non-favori
      #justice

  • Roma, la musica degli artisti di strada vietata in centro: “Ora le piazze sono vuote, presentiamo ricorso al Tar”

    Alcune delle piazze più famose del centro storico di Roma off limits per la musica degli artisti di strada: è il contenuto di una delibera approvata dal Municipio I della Capitale il 1 agosto scorso e contro la quale i musicisti passano all’azione, raccogliendo fondi per presentare ricorso al Tar. “Servono intorno ai 5mila euro per le spese legali”, spiega Italo Cassa, marionettista del movimento Strada Libera Tutti, mentre al centro sociale Forte Prenestino si alterano sul palco gli artisti romani “per portare la loro arte e la loro gioia, certi che il pubblico sarà solidale con loro”. Le vie e le piazze proibite da delibera sono tra le più famose e frequentate del centro di Roma: Piazza di Santa Maria in Trastevere, Piazza di Sant’Egidio, Piazza della Rotonda, Via dei Pastini, Via delle Muratte, Via del Corso (nel tratto compreso tra Largo dei Lombardi e San Carlo e quello tra Via di Gesù e Maria e Via di San Giacomo), area Piazza della Madonna dei Monti “ivi compresi i tratti facenti parte della stessa area pedonale (via degli Zingari e via dell’Angeletto)” e Via della Pace. “Ora le piazze sono vuote, mentre gli artisti si concentrano nelle altre dove il divieto non c’è con tutti i problemi che ne conseguono”, dice il violoncellista Massimo Di Vita.

    https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/09/17/roma-la-musica-degli-artisti-di-strada-vietata-in-centro-ora-le-piazze-sono-vuote-presentiamo-ricorso-al-tar/4630561
    #Rome #musique #musique_de_rue #art #espace_public #villes #urban_matter #géographie_urbaine #interdiction #Italie

  • Revue de presse de Claire Rodier sur l’affaire #Diciotti (via la mailing-list Migreurop), que je compile sur ce fil de discussion.

    Cette compilation est à mettre en lien avec les autres compilations et les autres documents en lien avec la question #ONG #sauvetage #Méditerranée #asile #migrations #réfugiés #mourir_en_mer #sauvetages #sauvetage

    Pour voir les compilations annexes :
    https://seenthis.net/messages/706177

    cc @isskein

    ps. je n’ai suivi que partiellement ce nouvel épisode tragique car j’étais en Asie du Sud-Est et pas toujours connectée lors des événements

    • Chronique reçu de Camille Richard via la mailing-list Migreurop, le 20.09.2018

      Août 2018
      L’Arci et le cabinet légal Giuliano de Syracuse ont présenté un recours au Tribunal civil de Catane et au Tribunal administratif régional sicilien de Catane : un recours d’urgence (art 200 du Code de Procédure Civile) pour la protection immédiate des droits primaires des 150 migrants détenus illégitimement sur le bateau de la Garde côtière italienne Diciotti ; et devant le tribunal administratif, un recours avec une demande conservatoire d’un pourvoi de la mesure du ministre de l’Intérieur illégitimement adoptée.
      L’Arci a également demandé l’application immédiate des lignes directrices de l’OIM, dont le non-respect constitue une violation grave du droit international, notamment l’article 3 de la Charte européenne des droits de l’Homme (traitements inhumains et dégradants).
      Le recours a également été transmis -pour information- à la Questura, à la Préfecture et à la Garde côtière.
      Avec cette action, l’Arci insiste sur le fait qu’il n’y aucune trace écrite de la mesure et que celle-ci a d’autres objectifs, au vu des négociations avec l’UE et la campagne électorale sans relâche de Matteo Salvini.
      https://www.arci.it/larci-presenta-un-ricorso-contro-il-governo-per-il-trattenimento-illegittimo-de

      Septembre 2018
      Tribunal des ministres1, Palerme : L’enquête est née du fait qu’un ordre formel n’a été donné pour le blocus du navire Diciotti ou pour le débarquement, après 10 jours, des migrants secourus dans les eaux territoriales maltaises.
      Le tribunal, présidé par Fabio Pilato, a commencé à se réunir de manière informelle pour fixer les lignes du procès contre Salvini. L’examen du dossier, qui a débuté le 8 septembre, sera bref : le cas doit être clos dans les 90 jours. La première question concerne la compétence territoriale.
      Il s’agit d’abord de déterminer le lieu d’où serait partie la conduite illicite présumée de Salvini : les eaux territoriales de Lampedusa, où les migrants ont été secourus, ou le port de Catane où la Diciotti est restée pendant des jours dans l’attente du débarquement. Dans le premier cas, l’enquête resterait dans les mains de la magistrature de Palerme, à qui le dossier fut transmis par Agrigente (qui a compétence pour l’enquête mais ne peut être le siège du tribunal des ministres). Dans l’autre cas, la compétence reviendrait à la magistrature de Catane.
      Afin de déterminer le lieu de l’infraction, il faut reconstruire la « chaîne de commandement » à l’aide des nombreux témoins, dont quelques uns ont déjà été écoutés (le commandant de la Diciotti, le capitaine Massimo Kothmeir). Seront prochainement écoutés le chef de cabinet Matteo Piantedosi (qui n’est plus considéré comme suspect mais comme témoin), les commandants de la capitainerie de Porto Empedocle et de Catane, le responsable du bureau maritime de Lampedusa, le chef de Département des libertés civiles, Gerarda Pantalone, et son vice-président Bruno Corda.
      Dans le cas où le Tribunal décide de procéder, il sera nécessaire d’obtenir l’autorisation de la part du Sénat pour prendre des mesures contre le Premier ministre. À ce jour, il ne reste qu’un chef d’accusation contre Salvini : la séquestration de personnes, aggravée.
      https://www.avvenire.it/attualita/pagine/salvini-riceve-comunicazione-atti-indagine-diciotti
      https://www.corriere.it/politica/18_settembre_08/indagini-sequestro-persona-tribunale-ministri-cd4a9ea0-b2d9-11e8-af77-790d0

      Les réactions de Matteo Salvini
      "Mi sono semplicemente detto sorpreso che una procura siciliana, con tutti i problemi di mafia che ci sono in Sicilia, stia dedicando settimane di tempo a indagare me, ministro delll’interno, che ho fatto quello che ho sempre detto che avrei fatto e cioè bloccare le navi. È una decisione politica.’’
      « Je me suis simplement dit surpris qu’une magistrature sicilienne, avec tous les problèmes de mafia qui existent en Sicile, soit en train de dédier plusieurs semaines à enquêter sur moi, ministre de l’Intérieur, alors que j’ai fait ce que j’avais toujours dit que je ferais, c’est-à-dire bloquer les bâteaux. C’est une décision politique ».
      Matteo Salvini parle d’un complot politique (aussi pour la récente séquestration des fonds de son parti). Le premier ministre se concentre aujourd’hui sur les politiques de lutte contre l’immigration clandestine et a confirmé que d’ici l’automne, il conclura une série d’accords avec les pays africains et asiatiques pour les rapatriements et les expulsions.
      https://www.avvenire.it/attualita/pagine/salvini-riceve-comunicazione-atti-indagine-diciotti

      La Cour des Comptes ouvre une enquête sur les « coûts supplémentaires » du blocus naval pour lequel le ministre Matteo Salvini est suspecté.
      https://www.avvenire.it/attualita/pagine/diciotti-inchiesta-per-danno-erariale
      « Prendre ’en otage’ pendant 10 jours 177 demandeurs d’asile sur la Diciotti a coûté au moins 5 fois plus que de les accueillir dans un CAS -Centre extraordinaire d’accueil » (Avvenire, 29 août). Selon les premiers calculs, seulement pour la Diciotti, les caisses publiques devront débourser au moins 200,000 euros non prévus. Auxquels s’ajoutent les dépenses qui ont servi à couvrir l’accompagnement de l’Aquarius par la Garde côtière jusqu’en Espagne.
      La Cour des Comptes a ouvert un dossier d’enquête pour « préjudice financier » sur trois faits principaux : l’accompagnement de l’Aquarius jusqu’à Valence le 17 juin dernier ; le cas Diciotti du 13 juillet quand le gouvernement à envoyer le navire de la Garde côtière à Trapani ; et le cas Diciotti du mois d’août et la séquestration des migrants que l’embarcation (qui aurait coûté 10,000€ par jour).

      1 Le Tribunal est composé de trois magistrats choisis par tirage au sort tous les deux ans. À ce jour, le président est Fabio Pilato (ex- juge des tutelles du Tribunal de Palerme), avec deux autres juges : Filippo Serio (Commission de Révision) et Giuseppe Sidoti.

    • Diciotti, scontri al #sit-in di Catania: feriti un agente e un dimostrante

      In centinaia alla protesta per chiedere lo sbarco dei migranti. Tensioni fra manifestanti e polizia.

      In centinaia al presidio antirazzista sul molo due del porto di Catania, a pochi metri dalla nave Diciotti della Guardia costiera da giorni bloccata dal governo gialloverde con circa 130 migranti a bordo dopo lo sbarco di 17 persone per motivi sanitari. Ci sono le bandiere di Legambiente, dell’Arci, di Potere al popolo, della Cgil. Ci sono i volontari dei Briganti di Librino. Ci sono gli scout dell’Agesci. Ci sono i collettivi antirazzisti e i componenti dei centri sociali. La parola chiave è “Facciamoli scendere”.

      C’è stato un contatto tra forze dell’ordine e manifestanti che hanno tentato di forzare l’accesso al molo di Levante dove è ormeggiata la nave. Una decina di giovani con salvagenti e tavolette si sono lanciati a mare nel tentativo di raggiungere il pattugliatore della Guardia Costiera gridando ’libertà, libertà’. C’è stato uno scontro con le forze dell’ordine per evitare lo ’sfondamento’, e un poliziotto è rimasto ferito. L’agente è stato soccorso dai suoi colleghi e portato in un cellulare della polizia per le prime cure. Ferito anche un militante.

      In rappresentanza del Pd anche Antonio Rubino e l’ex deputato Giovanni Panepinto che avevano una bandiera dem. Quando è stata esposta i ragazzi di Potere al popolo hanno urlato e protestato creando un po’ di tensione, poi rientrata. Sul molo già centinaia di persone. Fra gli altri c’è il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, accompagnato dall’assessora Giovanna Marano: «Palermo e la Sicilia . dicono - sono in prima fila per ribadire che la cultura dell’accoglienza e la cultura della solidarietà rappresentano la vera cultura del popolo italiano. Una cultura e una prassi per altro sancite dalla nostra Costituzione e dalle leggi, cui il governo nazionale pensa di poter derogare a colpi di tweet e dirette Facebook mettendo a rischio la tenuta democratica del Paese».

      La manifestazione si è incrociata con il momento dello sbarco dei migranti scesi dalla nave Diciotti per motivi sanitari. Intanto la Sicilia si mobilita: i vescovi si dicono pronti allo sciopero della fame, mentre diversi militanti stanno inviando migliaia di e-mail al ministero degli Interni e a quello dei Trasporti per chiedere lo sbarco dei migranti. Si è intanto conclusa l’audizione di due funzionari del Viminale condotta dai pm di Agrigento.

      http://palermo.repubblica.it/cronaca/2018/08/25/news/scout_sinistra_volontari_ambientalisti_diciotti_a_catania_comincia_il_sit-in-204901986/?refresh_ce
      #Catane #résistance

    • Migrants : l’UE ne propose aucune solution pour les passagers du « Diciotti »

      Malgré la menace du gouvernement italien de suspendre sa participation au budget communautaire, aucun accord n’a été trouvé pour les 150 migrants bloqués à Catane.

      Bruxelles n’a pas cédé devant l’ultimatum formulé par Luigi Di Maio, le chef de file du Mouvement 5 étoiles (M5S, populiste) et vice-président du conseil italien : l’Union européenne (UE) n’a pas pris de décision, vendredi 24 août, sur l’accueil des 150 migrants toujours bloqués à bord du Diciotti et, plus généralement, sur la redistribution, en Europe, des candidats à l’asile.

      Jeudi, M. Di Maio avait pris le relais du ministre de l’intérieur et dirigeant de la Ligue (extrême droite), Matteo Salvini, en indiquant que, faute d’accord vendredi, son pays pourrait suspendre sa contribution au budget européen dès le début 2019. Soit 20 milliards d’euros, selon M. Di Maio. Aucun pays membre de l’UE n’a, jusqu’alors, refusé d’acquitter sa participation au budget communautaire.

      Une réunion de diplomates et d’experts avait été convoquée vendredi, à Bruxelles, par la Commission. Il s’agissait, au départ, de reparler de l’ensemble du dossier migratoire mais difficile, évidemment, de gommer la polémique actuelle avec Rome sur le Diciotti.

      Le navire des garde-côtes italien a secouru, dans la nuit du 15 au 16 août, 190 migrants. Treize d’entre eux ont été débarqués pour des raisons sanitaires à Lampedusa, puis le navire a accosté, le 20 août, à Catane, en Sicile. Depuis, les mineurs ont pu descendre mais le gouvernement italien exige que les autres rescapés soient envoyés ailleurs en Europe avant de les laisser débarquer.

      « Fixer des principes »

      Les menaces « ne servent à rien et ne mènent nulle part », a répliqué à M. Di Maio, vendredi midi, un porte-parole de la Commission. « Les commentaires peu constructifs n’aident pas et ne nous rapprochent pas d’une solution », a-t-il insisté. Bruxelles ne manque pas d’ajouter que si elle est désormais un contributeur net au budget européen – elle paie plus qu’elle reçoit en retour –, l’Italie perçoit quand même 10 milliards à 12 milliards par an en moyenne via des fonds structurels, d’investissements, d’aides à la recherche… Au total, elle a aussi reçu 650 millions pour la gestion des migrants arrivés sur son territoire – soit quelque 700 000 personnes depuis 2014.

      Selon l’un des participants, les représentants italiens à la discussion de vendredi n’ont pas réitéré la menace de M. Di Maio. « Mais elle planait », indique-t-il. Pas question, en tout cas, pour les autres pays présents (France, Allemagne, Espagne, Autriche, Grèce, Malte et les pays du Benelux) de donner l’impression de céder au chantage, tout en reconnaissant l’urgence d’une solution humanitaire.

      « Il s’agissait de tirer les leçons de ce qui s’est déroulé cet été et, surtout, de fixer des principes, des mécanismes durables pour l’accueil des bateaux, la répartition des migrants et le problème de leurs mouvements secondaires », souligne un diplomate. La recherche d’une garantie de solidarité entre les Etats membres, la question de l’aide financière à apporter aux pays d’accueil et celle des lieux de débarquement – en principe, le « port sûr le plus proche » selon le droit maritime international – sont d’autres thèmes de débats qui se poursuivront en septembre.

      Et le Diciotti ? « Pas le sujet du jour »,tranche l’un des participants. Il s’agissait pour les pays présents d’obtenir un engagement clair de l’Italie, « une définition de ses principes et une orientation quant à ce qu’elle fera à l’avenir ». « On ne se voit pas avoir une discussion bateau après bateau », insiste une autre source.

      La Commission affirme, de son côté, rester en contact avec Rome et d’autres capitales pour régler le sort des occupants du Diciotti. Vendredi, elle devait convenir qu’il restait incertain. En juillet, 450 migrants étaient restés trois jours à bord du même bateau, jusqu’à ce que l’Italie accepte leur débarquement, après avoir obtenu que d’autres pays européens en accueillent une partie.

      « Cotiser est un devoir légal »

      Dans une interview au Corriere della Sera, M. Salvini a ébauché à sa manière une solution à l’impasse. Elle consisterait en « un bel avion qui arrive d’une des capitales européennes à l’aéroport de Catane. Les Européens peuvent montrer qu’ils ont un grand cœur en embarquant tous les aspirants réfugiés. Nous avons joué notre rôle avec les jeunes », a-t-il déclaré. Annonçant une prochaine rencontre avec le premier ministre Viktor Orban, à Milan, il évoquait une modification des traités et des conventions qui régissent l’asile.

      Face à son allié, le M5S paraît divisé. Mais M. di Maio apporte son soutien à M. Salvini, qui a réagi vendredi soir à la non-décision de Bruxelles en déclarant « aujourd’hui, l’UE nous a encore prouvé qu’elle n’est qu’une entité abstraite ».

      A propos du Diciotti, M. Salvini a lancé : « Nous fournirons toute l’assistance nécessaire à bord du navire. Mais personne ne débarque. Un seul pays ne peut pas gérer tout ce qui se passe. Et un continent comme l’Afrique ne peut pas continuer de se vider. Avec 5 millions d’Italiens en état de pauvreté absolue, dont 1,2 million d’enfants, je pense d’abord aux Italiens. »

      Sur Facebook, M. Di Maio ne voulait pas rester en reste : « L’UE a décidé de nous tourner le dos, de se moquer des principes de solidarité et de responsabilité. (…) On ne va plus se laisser marcher dessus. » Et de confirmer sa menace d’un gel de la contribution italienne au budget européen.

      Sur Facebook toujours, le premier ministre Giuseppe Conte évoque « une belle occasion » perdue selon lui par l’Europe, qui aurait dû démontrer sa solidarité. Seul le ministre des affaires étrangères, Enzo Moavero, a fait entendre une autre petite musique. « Cotiser [au budget européen] est un devoir légal », a-t-il tenté de rappeler.

      https://abonnes.lemonde.fr/europe/article/2018/08/24/l-italie-pose-un-ultimatum-pour-trouver-une-solution-aux-migrants-du ?

    • L’Italie pose un ultimatum pour trouver une solution aux migrants du « Diciotti »

      Une réunion de la Commission européenne doit se tenir vendredi pour répartir dans plusieurs pays les migrants bloqués dans le port de Catane depuis lundi.
      LE MONDE | 24.08.2018 à 10h41 • Mis à jour le 24.08.2018 à 10h45

      Dix jours après avoir recueilli 190 migrants en mer, cinq jours après avoir pu accoster dans le port de Catane, en Sicile, le Diciotti, navire des gardes-côtes italiens, fait toujours l’objet d’un bras de fer entre l’Italie et les autres pays européens.
      Jeudi 23 août, le vice-président du conseil italien, Luigi Di Maio, a lancé un ultimatum à la Commission européenne, qui a annoncé travailler sur une solution similaire à celle trouvée la semaine dernière avec Malte pour les passagers de l’Aquarius. Il a sommé Bruxelles de trouver une solution vendredi, dans le cadre de la réunion du groupe PSDC (Politique de sécurité et de défense commune) de la Commission européenne. Faute de quoi son Mouvement 5 Etoiles, au pouvoir dans le cadre d’une coalition avec la Ligue, d’extrême droite, est prêt à suspendre la contribution italienne au budget de l’UE à compter de l’année prochaine.
      « Si rien ne sort de la réunion de la Commission européenne demain sur la répartition des migrants à bord du Diciotti, le Mouvement 5 Etoiles et moi-même ne serons plus disposés à verser chaque année 20 milliards d’euros à l’UE », a-t-il dit dans une vidéo postée jeudi soir sur Facebook.
      27 mineurs débarqués

      Mercredi, le ministre de l’intérieur italien, Matteo Salvini, avait confirmé qu’il n’autoriserait pas le débarquement des 177 migrants restant à bord. « Je ne donne aucune autorisation au débarquement. Si le président de la République veut le faire qu’il le fasse ; si le président du conseil [Giuseppe Conte, chef du gouvernement] veut le faire qu’il le fasse. Mais ils le feront sans l’accord du vice-premier ministre et du ministre de l’intérieur », a-t-il écrit sur Facebook.
      Plus tard, il a toutefois dû céder en ce qui concerne les mineurs non accompagnés, et 27 migrants, âgés de 14 à 16 ans, ont débarqué tard dans la nuit. Certains portaient encore les traces de leur séjour en Libye. « Un d’entre eux ne voit plus très bien, il a les pupilles dilatées, parce qu’il m’a raconté avoir été détenu dans le noir pendant un an », a raconté Nathalie Leiba, psychologue auprès de l’ONG Médecins sans frontières, qui a pu venir en aide à certains de ces jeunes migrants.
      Mais les adultes, eux, sont toujours bloqués à bord. La Libye a exclu de recueillir les passagers. Mohamed Siala, ministre des affaires étrangères du gouvernement d’union nationale (GNA), a estimé, mercredi, que ce retour serait une « mesure injuste et illégale » car la Libye compte déjà « plus de 700 000 migrants ».
      Le procureur sicilien d’Agrigente a ouvert une enquête pour « séquestration de personnes », mais le gouvernement italien fait la sourde oreille.

      https://abonnes.lemonde.fr/europe/article/2018/08/23/vent-de-fronde-parmi-les-gardes-cotes-italiens_5345376_3214.html ?

    • Vent de fronde parmi les gardes-côtes italiens contre la politique « zéro migrants » de Salvini

      Le ministre de l’intérieur, Matteo Salvini, prend pour cible les activités de sauvetage de migrants en Méditerranée.
      LE MONDE | 23.08.2018 à 11h51 • Mis à jour le 24.08.2018 à 10h22 | Par Margherita Nasi (Catane (Sicile), envoyée spéciale)

      C’est une institution centenaire et intrépide. Depuis 1865, la garde côtière italienne veille à l’application de la loi en mer, suivant le slogan : « Omnia vincit animus » (« le courage est toujours vainqueur »). Il faut de la témérité, en effet, pour lutter contre les trafics illicites et pratiquer des sauvetages en mer. Il en faut tout autant pour dénoncer la politique « zéro migrants » du ministre italien de l’intérieur, Matteo Salvini.
      Le 19 août, l’organisme est sorti de sa réserve pour dénoncer le traitement que le chef de la Ligue (ex-Ligue du Nord) impose au navire Diciotti. Le patrouilleur des gardes-côtes était coincé depuis plusieurs jours au large de Lampedusa, après avoir recueilli 177 migrants sur une embarcation qui prenait l’eau. M. Salvini a refusé de laisser accoster les marins italiens, intervenus sur un bateau relevant selon lui des autorités maltaises. Dans un entretien au Corriere della Sera, le lieutenant Antonello Ciavarelli s’est alarmé d’une situation « incompréhensible et même gênante ».
      Lire aussi : A Catane, les migrants du « Diciotti » patientent dans un silence irréel
      Le 20 août, le navire a finalement pu entrer dans le port de Catane, en Sicile. Mais ses passagers n’ont pas le droit de débarquer : M. Salvini menace même de les ramener en Libye si l’Union européenne n’accepte pas de prendre en charge les migrants. Escalade, le 22 août : entre un Tweet où il s’émeut du sort des centaines de milliers de bêtes égorgées par les musulmans pendant l’Aïd, et un autre où il promet la fermeture d’un camp de migrants, le très droitier ministre s’en prend aux gardes-côtes. « Le PD [Parti démocrate] et la gauche ont fait en sorte que le pays soit envahi par plus de 700 000 immigrés, et je serais “gênant” ?, fait-il mine de s’interroger. C’est du délire. Je ne lâche pas, les amis, je continue. »
      « Le phénomène migratoire a tellement augmenté que je considère que ce n’est plus du secours en mer ce que nous faisons », considère un garde-côtes qui souhaite ne pas être cité nommément
      Depuis, la direction des gardes-côtes italiens se refuse à tout commentaire. Dans leur bureau de Catane, on nous fait lanterner, puis on nous accompagne dans le bureau d’un responsable qui préfère ne pas être cité nommément. « On a reçu des ordres, on ne doit pas parler, et puis le Diciotti n’est pas sous notre responsabilité, on ne fait que fournir de l’assistance logistique. C’est le quartier général qui s’en occupe, indique le hiérarque. Le phénomène migratoire a tellement augmenté que je considère que ce n’est plus du secours en mer ce que nous faisons. J’espère qu’avec cette histoire, l’Europe va comprendre que l’immigration, c’est plus complexe que ce que l’on croit, et finira peut-être par remercier Salvini. »
      Pourtant, un vent de fronde souffle bien parmi les gardes-côtes italiens. Antonello Ciavarelli s’en fait le porte-voix : « Beaucoup de collègues m’écrivent pour exprimer leur malaise. On nous attaque sur les réseaux sociaux, on demande la destitution du commandant général, l’amiral Giovanni Pettorino. Le Diciotti est comparé au navire d’une ONG, notre action à celle des passeurs de clandestins. Ce sont des attaques injustes », témoigne le lieutenant au Corriere della Sera.
      M. Ciavarelli s’inquiète des conséquences de la politique de Matteo Salvini : « Pour l’heure, les 177 migrants sont sains et saufs et les collègues à bord m’écrivent sur WhatsApp pour me dire que tout va bien. Mais si ces mêmes personnes comprennent que nous voulons les ramener en Libye, ou les transborder dans un autre bateau direction la Libye, ils seraient prêts à tout, même au suicide (…). L’équipage reste serein, car il sait qu’il fait son travail dans le respect de la Constitution. »
      Problème légal et éthique

      Des propos en accord avec ceux du défenseur italien des droits des personnes détenues, Mauro Palma, qui estime que « la permanence prolongée des migrants à bord du bateau – ils doivent dormir sur le pont, ils sont exposés aux conditions météorologiques et sont en situation de surpopulation et de promiscuité – pourrait se révéler être un traitement inhumain et dégradant, violant la Constitution ». Le procureur d’Agrigente a évoqué le cas des 29 mineurs présents sur le navire, estimant qu’ils « avaient le droit d’être débarqués » en vertu des conventions internationales et de la loi italienne sur les mineurs non accompagnés. M. Salvini a déclaré qu’il ne s’y opposait pas pour les mineurs.
      Pour les gardes-côtes, le problème n’est pas seulement légal, il est d’abord éthique. « C’est obligation juridique, mais aussi morale : tous les marins, même lorsque les conventions n’existaient pas encore, ont secouru ceux qui se trouvaient en difficulté. On n’a jamais laissé personne seul en mer », déclarait déjà, le 26 juin, le patron des gardes-côtes italiens, l’amiral Giovanni Pettorino.
      « Si vraiment on ne veut plus sauver les gens, il faut changer les règles, et je veux voir si la personne qui s’en charge dormira bien la nuit. Et puis si c’est un bateau de croisière qui est en détresse, qu’est-ce qu’on fait ? Cela reviendrait à dire que toutes les vies n’ont pas la même valeur », s’emporte Vittorio Alessandro. Ce garde-côtes à la retraite déplore l’inefficacité de la stratégie de Matteo Salvini.
      Selon une enquête menée par la plate-forme indépendante EUobserver, l’Italie aurait déboursé sur fonds européens au moins 200 000 euros pour escorter en juin l’Aquarius et ses 600 passagers jusqu’à Valence, en Espagne, après lui avoir interdit d’accoster. « Une somme faramineuse pour un résultat ridicule ! On joue avec la souffrance des personnes pour obtenir sur le moment la répartition de quelques migrants. Depuis, je n’ai pas l’impression que les autres pays européens aient montré plus de disponibilité pour accueillir des migrants. »

      https://www.lemonde.fr/europe/article/2018/08/23/vent-de-fronde-parmi-les-gardes-cotes-italiens_5345376_3214.html

    • La « prise d’otage » du Diciotti dénoncée, 29 mineurs autorisés à débarquer

      29 mineurs non accompagnés ont été autorisés à quitter le Diciotti dans le port de Catane la nuit dernière. Et c’est par un message sur les réseaux sociaux que le ministre italien de l’Intérieur Matteo Salvini a finalement donné son feu vert à leur débarquement. Message qui disait ceci : « Il y à bord du Diciotti 29 enfants ? Ils peuvent descendre, maintenant, même si Bruxelles dort... »
      Le navire des gardes-côtes italiens est arrivé lundi en Sicile, avec interdiction du gouvernement de débarquer ses 177 migrants sauvés des eaux méditerranéennes.
      Rome dit espérer qu’une solution soit trouvée au plus vite, après son accrochage avec Malte et ses menaces de renvoyer les migrants en Libye.
      Le premier ministre lui même Giuseppe Conte s’est plaint sur Facebook qu’aucun Etat européen n’ait proposé son aide... La commission européenne a répondu qu’elle était toujours en négociation avec les Etats-membres pour résoudre cette question. 177 pour une population européenne de 500 millions, ce doit être possible, mais le bras de fer se poursuit...
      Et de plus en plus de voix s’élèvent pour dénoncer cette « prise d’otages », l’ONU qui rappelle que le droit d’asile est un « droit fondamental, pas un crime », mais aussi l’écrivain antimafia Roberto Saviano qui estime que « c’est un cas grave et illégal de séquestration de personnes ».
      Trois juridictions siciliennes ont d’ailleurs ouvert une enquête sur le Diciotti pour associations de malfaiteurs visant le trafic d’êtres humains et pour séquestration de personnes.
      En charge de cette dernière enquête, le procureur d’Agrigente était monté mercredi à bord du Diciotti. Il avait alors évoqué le cas des 29 mineurs présents sur le navire estimant qu’ils « avaient le droit d’être débarqués » en vertu des conventions internationales et de la loi italienne sur les mineurs non accompagnés.

      http://fr.euronews.com/2018/08/23/la-prise-d-otage-du-diciotti-denoncee-29-mineurs-autorises-a-debarquer

    • A Catane, les migrants du « Diciotti » patientent dans un silence irréel

      Une flottille de voiliers traverse le port de Catane, en Sicile. A en croire les cris du moniteur et la trajectoire zigzagante des Optimist, il s’agit de débutants. Avec nonchalance, ils dépassent le navire amarré, estampillé « Guardia Costiera ». Puis, prennent le large, narguant le grand bateau blanc, bloqué à quai.

      De fait, le Diciotti, patrouilleur des gardes-côtes italiens, est au cœur d’un imbroglio international depuis qu’il a sauvé 177 migrants qui se trouvaient sur une embarcation en Méditerranée, entre Malte et l’île italienne de Lampedusa, mi-août. Coincé cinq jours au large de Lampedusa, le navire a enfin pu accoster à Catane, le 20 août au soir. Mais ses passagers n’ont toujours pas le droit de débarquer.

      Le ministre de l’intérieur italien, Matteo Salvini, résume ainsi les termes du chantage qu’il leur fait subir : « Soit l’Europe commence à agir sérieusement en défendant ses frontières et en répartissant les migrants, soit on les ramène dans les ports où ils sont partis, tweetait-il le 21 août. L’Italie a déjà joué son rôle, quand c’est trop, c’est trop. »
      « Creuses promesses »

      Saisie, la Commission européenne a assuré s’activer pour obtenir une répartition entre plusieurs pays, mais aucune solution n’était encore en vue mercredi 22 août au matin. Le chef de la Ligue (extrême droite) accuse dans le même temps Malte d’avoir « accompagné » l’embarcation des migrants « vers les eaux italiennes », au lieu de les sauver. « Avec ces gouvernants italiens, on ne peut plus avancer », contre-attaque le premier ministre maltais, Joseph Muscat. « Ces crises requièrent des actions concrètes et du sang froid, pas de creuses promesses et de la propagande », a-t-il écrit à la Commission européenne, d’après le quotidien italien La Stampa.

      A mille lieues de ce tapage, c’est dans un silence presque irréel que patiente le Diciotti. Sur le pont, les passagers s’abritent du soleil sous une grande bâche. Combinaisons blanches et masques de la même couleur, des hommes s’activent à leurs côtés ; ce sont probablement des membres de la guardia costiera, eux aussi interdits de descente. Impossible d’en avoir le cœur net, car l’accès au bateau est bloqué par deux voitures et quatre camionnettes – une de la police, deux des carabiniers, une des gardes-côtes. Elles sont aussi statiques que leurs occupants sont mutiques. De temps en temps, un hélicoptère survole les lieux.

      A l’entrée du port, des associations protestent contre le blocage du Diciotti : Welcome to Europe, Réseau antiraciste catanais, Città Felice, Ragnatela… Beaucoup de noms mais bien peu de monde en ce 21 août : une poignée de personnes, regroupées derrière deux maigres bannières, manifestent leur soutien aux migrants. « On est là depuis hier soir, on se relaie, et on ne lâche pas tant que la situation ne se sera pas débloquée », prévient le militant Giusi Milazzo.

      Climat xénophobe

      « Catane a toujours été une ville ouverte. Mais depuis l’été 2015, la ville héberge le siège italien de Frontex [l’agence européenne de gardes-frontières] et tout a changé, regrette Adolfo Di Stefano, le leader du Réseau antiraciste catanais. Avant, on pouvait accueillir les migrants à la sortie du bateau, on leur distribuait le règlement de Dublin [sur l’accueil des demandeurs d’asile]. Maintenant, on ne peut pas s’en approcher. »

      Le militant a du mal à comprendre les raisons du climat xénophobe qui s’est installé dans sa ville, dont le maire (Forza Italia, centre droit), élu en mai, a reçu l’onction de M. Salvini : « C’est de ce même port que partaient, au XXe siècle, les émigrés siciliens. Et aujourd’hui encore, les jeunes continuent de s’en aller. Ils sont 250 000 à avoir quitté le pays l’année dernière, contre 119 000 migrants qui sont arrivés. Ce n’est pas comme si on manquait de place. »

      En mai 2017, M. Di Stefano s’est interposé lorsque les activistes d’extrême droite de Generazione Identitaria ont tenté de bloquer l’Aquarius, le navire de sauvetage de l’ONG SOS Méditerranée. Cela lui a valu insultes et menaces, mais aussi quelques marques de sollicitude. « Les canotiers nous ont prêté des canoës, assure-t-il. Un bar du coin nous faisait des prix d’amis. »
      « L’Europe doit assumer »

      A Catane comme dans le reste du pays, la solidarité est cependant devenue une denrée rare. Depuis la société d’aviron du port, installé sur un rameur, Francesco surveille les militants avec méfiance. « J’en ai fait, des opérations en mer, j’en ai sauvé des gens, j’ai même vu beaucoup de morts. En fait, depuis 2017, je ne fais que ça, déplore ce fonctionnaire de la marine militaire. On fait des sacrifices, on est mal payés, on garde ces gens chez nous, alors qu’il n’y a pas de travail pour nos enfants. L’Europe doit assumer ses responsabilités. »

      Dans la minuscule pièce qui fait office de bureau pour la coopérative d’assistance aux bateaux, Giacomo Molini déroule les pages Facebook de Matteo Salvini et du ministre italien des transports, Danilo Toninelli. « Depuis que Salvini est là, on a de moins en moins de débarquements, et vous savez pourquoi ? Parce qu’il a raison : il faut avoir une poigne de fer avec les migrants », selon cet ancien pêcheur.

      « Il y a une propagande tellement forte sur les réseaux sociaux autour des débarquements que les Siciliens oublient les vrais problèmes : la Mafia, une santé publique déficiente, des autoroutes dans un état minable », se désole Lorenzo Urciullo, plus connu sous le nom de Colapesce. Début août, ce chanteur basé à Catane a participé à la campagne « Solo in Cartolina » (« en carte postale seulement ») : 10 000 cartes postales montrant des naufragés en détresse ont été envoyées à Matteo Salvini. Manière de répondre au ministre de l’intérieur qui, à la suite de la crise de l’Aquarius, avait affirmé : « Cet été, les ONG ne verront l’Italie qu’en carte postale. »


      https://www.lemonde.fr/europe/article/2018/08/22/a-catane-177-migrants-retenus-a-bord-du-diciotti_5344916_3214.html ?

    • Italie : des garde-côtes et 177 migrants bloqués depuis jeudi au large de Lampedusa

      Un navire des garde-côtes italiens est bloqué depuis jeudi 16 août au large de Lampedusa avec à bord 177 migrants secourus entre Malte et l’île italienne, alors qu’aucun pays ne souhaite les accueillir.

      Le ministre italien de l’intérieur, Matteo Salvini (extrême droite), avait critiqué l’initiative des garde-côtes italiens, qui sont intervenus sur un bateau relevant selon lui des autorités maltaises. L’embarcation avec au départ 190 migrants à bord est en effet passée mercredi par la zone de recherches et de secours (SAR) maltaise, mais selon La Valette, les personnes à bord ont refusé toute aide et poursuivi leur route vers Lampedusa.

      Ils ont ensuite été pris en charge dans la nuit de mercredi à jeudi par le navire Diciotti des garde-côtes italiens, qui ont évacué en urgence 13 personnes vers l’hôpital de Lampedusa mais attendent depuis jeudi soir au large de l’île italienne l’autorisation de débarquer les autres. Selon des médias italiens, le ministre des affaires étrangères, Enzo Moavero, a entamé des discussions avec d’autres pays européens pour trouver une solution.

      « Les partenaires européens comptent laisser l’Italie seule »

      Alors que M. Salvini refuse toujours que le bateau accoste en Italie, les services de son ministère ont choisi jeudi soir de faire planer la menace d’une nouvelle volte-face sur le dossier de l’Aquarius qui est arrivé le 15 août à Malte avec à son bord 141 migrants. Ces derniers ont ensuite été répartis entre la France, l’Allemagne, l’Italie, le Luxembourg, le Portugal et l’Espagne, grâce à un accord entre ces pays.

      Lire aussi : Entre deux Tweet xénophobes, Salvini accueille des migrants

      « Les partenaires européens comptent laisser l’Italie seule en lui imposant un bateau avec 170 personnes. Si c’est vraiment leurs intentions, Rome remettra en question la possibilité de participer à la redistribution des personnes qui étaient à bord de l’Aquarius, comme l’a annoncé Malte au cours des dernières heures », assure le ministère dans un communiqué

      En juillet, le Diciotti, envoyé surveiller de loin 450 migrants entassés sur une barque de pêche entre Lampedusa et Malte, les avait déjà recueillis alors que le gouvernement leur demandait d’attendre que Malte s’en charge.

      « Nous sommes des marins, des marins italiens. Nous avons 2 000 ans de civilité derrière nous et ces choses-là, nous les faisons », avait déclaré quelques jours plus tard le commandant des garde-côtes, l’amiral Giovanni Pettorino. Les 450 migrants étaient restés trois jours à bord du Diciotti, jusqu’à ce que M. Salvini les laisse débarquer en Sicile après avoir obtenu que d’autres Etats européens en accueillent une partie.

      https://www.lemonde.fr/europe/article/2018/08/18/italie-des-garde-cotes-et-177-migrants-bloques-depuis-jeudi-au-large-de-lamp

    • Les migrants du « Diciotti », bateau bloqué cinq jours à Catane, enfin autorisés à débarquer

      Les 150 migrants qui se trouvaient à bord du Diciotti, un bateau des garde-côtes italiens bloqué depuis cinq jours dans le port sicilien de Catane, avaient tous quitté le navire dimanche 26 août au matin, une solution ayant été trouvée la veille pour leur prise en charge.

      Le ministre de l’intérieur italien, Matteo Salvini, avait annoncé, samedi 25 août, que les migrants qui étaient encore bloqués à bord du navire Diciotti depuis son arrivée lundi à Catane, en Sicile, seraient autorisés à débarquer « dans les prochaines heures ». « Une grande partie sera hébergée par l’Eglise italienne, par les évêques qui ont ouvert leurs portes, leur cœur et leur portefeuille », a-t-il déclaré au cours d’une réunion politique dans le nord de l’Italie.

      Le Diciotti, un navire des gardes-côtes italiens, avait procédé à une opération de sauvetage il y a une dizaine de jours. Dans un premier temps, les autorités sanitaires du port de Catane avaient autorisé le débarquement pour raison de santé de seize personnes – onze femmes et cinq hommes – auxquelles s’était ajouté un sixième homme, malade lui aussi, portant le total à dix-sept personnes. Plusieurs médecins et inspecteurs du ministère de la santé étaient montés à bord dans la matinée pour contrôler l’état de santé des rescapés.
      « Ils ne nous arrêteront pas »

      De son côté, la cour de justice de Palerme s’est saisie d’une enquête visant notamment M. Salvini pour « séquestration de personnes, arrestations illégales et abus de pouvoir » dans cette affaire, ont annoncé, samedi soir, les médias italiens. Le chef de cabinet du ministre, Matteo Piantedosi, est également visé.

      Comme la Constitution italienne interdit aux tribunaux habituels de se charger de ce type d’affaire, l’enquête a été transmise à un « tribunal des ministres », chargé depuis la cour de Palerme de traiter de potentiels délits commis par des membres du gouvernement sur la juridiction sicilienne.

      « Ils ne nous arrêteront pas. C’est une honte », a immédiatement réagi M. Salvini, par ailleurs chef de file du parti d’extrême droite La Ligue, depuis la ville de Pinzolo, où il tenait une réunion politique. « Ils peuvent m’arrêter moi, mais pas la volonté de 60 millions d’Italiens », a ajouté le ministre.
      Nombreuses critiques

      Luigi Patronaggio, le procureur du parquet d’Agrigente, avait d’abord ouvert, vendredi, une enquête de justice, cherchant à comprendre la chaîne de commandement ayant mené à l’interdiction du débarquement des 150 migrants secourus par les gardes-côtes.

      M. Salvini, tenant d’une ligne dure envers les migrants, avait réagi le jour même à l’annonce de cette première enquête, demandant au magistrat de l’interroger directement. « Il devrait m’interroger moi et non pas demander des éclaircissements à des fonctionnaires qui exécutent les directives données par le responsable, c’est-à-dire moi », avait déclaré le ministre.

      De nombreuses critiques, venant de tous bords, pleuvent depuis des jours sur M. Salvini. L’une des plus dures a été formulée par l’archevêque d’Agrigente, le cardinal Francesco Montenegro : « Parfois, il m’arrive de penser que s’il s’était agi d’animaux, on les aurait mieux traités », a-t-il déclaré samedi au quotidien La Stampa.
      « La solidarité européenne est importante »

      Depuis Genève, le Haut-Commissariat de l’ONU pour les réfugiés (HCR) a lancé, samedi, « un appel aux Etats membres de l’Union européenne [UE] pour qu’ils offrent d’urgence des places de réinstallation » aux migrants du Diciotti, exhortant Rome « à autoriser [leur] débarquement immédiat ».

      Le seul soutien de l’UE est venu samedi soir de l’Irlande, qui, par la voix de son ministre des affaires étrangères Simon Coveney, a offert de prendre en charge 20 à 25 migrants. « La solidarité européenne est importante », a souligné le chef de la diplomatie irlandaise.

      L’Albanie, un pays qui n’appartient pas à l’UE, a donné son accord pour en accueillir vingt. En début de soirée, le ministère des affaires étrangères italien, Enzo Moavero Milanesi, a remercié sur Twitter « l’Albanie pour sa décision d’accueillir vingt réfugiés du Diciotti, un signal de grande solidarité et de grande amitié ».

      Après avoir menacé, vendredi, l’UE « de payer moins » pour le budget communautaire en raison de l’absence de solidarité, ce dernier est revenu à la charge samedi en promettant que « l’Italie ne votera pas lorsqu’il faudra l’unanimité pour adopter le budget ».


      https://www.lemonde.fr/europe/article/2018/08/25/italie-douze-migrants-du-diciotti-autorises-a-debarquer-en-sicile-pour-raiso

    • Pour compléter la compilation, voici les liens envoyés par Sara Prestianni, toujours via la mailing-list Migreurop :
      – La Procure de Agrigento met sous enquête le Ministre Salvini et son chef de cabinet pour séquestration de personne, abus d’office et arrestation illegale dans le cas Diciotti. Les actes ont été transférés à la Procure de Palerme puisque puisse les envoyer au tribunal des ministres.
      en ENG -> https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/08/24/diciotti-il-report-della-guardia-costiera-una-nave-fantasma-maltese-ha-portato-il-barcone-verso-la-zona-sar-italiana/4578569

      – ici la reconstruction des operation de sauvetage et des tensions Malte/Italie sur le cas Diciotti : https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/08/24/diciotti-il-report-della-guardia-costiera-una-nave-fantasma-maltese-ha-portato-il-barcone-verso-la-zona-sar-italiana/4578569

      – Salvini annonce que les migrants seront “redistribué” entre Albanie, Irlande et plus de 100 seront pris en charge par la CEI (l’Eglise Catholique)
      https://www.corriere.it/politica/18_agosto_25/diciotti-salvini-se-ue-non-risolve-veto-bilancio-farnesina-l-albania-pronta
      Cette solution sonne surreale : tant le fait d’envoyer des erytréens en Albanie mais aussi pour la CEI qui, de fait se trouve en territoire italien ….
      Du moment que il se trouvent sur un bateau italien - donc en territoire italien - et surtout ceux qui seront pris en charge par l’église italiennes les réfugiés de la Diciotti ont le droit de demander l’asile en Italie et c’est l’Italie qui doit être responsable pour leur accueil.
      La menace de l’autre VicePresident du Conseil Di Maio pour la réponse negative de l’UE dans la redistribution des migrants de la Diciotti vue comme un chantage est celle de ne pas voter le bilan UE ...

      – Mardi prochain Salvini rencontre Orban à Milano. Ambiguïté pour une rencontre qui a été annoncé comme politique mais pas institutionnel mais qui surement se focalisera sur une alliance italo/hongrois sur la migration.
      La société civile italienne - qui a démontré sa capacité de mobilisation hier au port de Catane - a annoncé une manifestation pour mardi à Milano.
      http://www.adnkronos.com/fatti/politica/2018/08/25/salvini-orban-non-incontro-istituzionale_WalFIXn1NA6IzNX33puN9O.html

    • Salvini indagato per la «Diciotti», spunta sentenza Ue su caso simile

      La Corte europea dei diritti dell’uomo, due anni fa, si è pronunciata condannando l’Italia per il trattenimento illegale di tre migranti tunisini: la Procura di Agrigento ha allegato il verdetto agli atti dell’inchiesta sul leader della Lega trasmessi ai colleghi di Palermo.

      Le leggi italiane sul trattenimento dei migranti irregolari sono imprecise. E l’ambiguità legislativa che ne deriva «ha dato luogo a numerose situazioni di privazione della libertà». Il giudizio è netto e arriva dalla Corte europea dei diritti dell’uomo che, due anni fa, si è pronunciata, condannando l’Italia, per il trattenimento illegale di tre migranti tunisini, prima nel centro di accoglienza di Lampedusa, poi a bordo di due navi. Un caso che, per i magistrati agrigentini, sarebbe una «fotocopia» di quello della nave Diciotti costato al ministro dell’Interno Matteo Salvini e al suo capo di gabinetto Matteo Piantedosi le accuse di sequestro di persona, sequestro di persona a scopo di coazione, abuso d’ufficio, omissione di atti d’ufficio e arresto illegale.

      Tanto la vicenda somiglia a quella dei profughi soccorsi dalla Guardia costiera il 16 agosto e costretti a restare per giorni a bordo della Diciotti, che la Procura di Agrigento ha allegato il verdetto Cedu agli atti dell’inchiesta sul leader della Lega trasmessi ai colleghi di Palermo. Il provvedimento della Corte di Strasburgo, emesso il 15 dicembre del 2016, è dunque ora a disposizione dei pm del capoluogo - il fascicolo è intestato al procuratore Francesco Lo Voi e all’aggiunto Marzia Sabella - che, con le loro deduzioni dovranno inviare le carte al Tribunale dei ministri visto il coinvolgimento di un esponente dell’esecutivo. I magistrati possono anche modificare i reati ipotizzati.

      La sentenza di Strasburgo, che nasce dal ricorso di tre tunisini soccorsi nel 2011 nel Canale di Sicilia, rimasti giorni nel Cpa di Lampedusa e poi, in attesa del rimpatrio, trattenuti sulle navi Audacia e Vincent, sembra «sposare» l’ipotesi, tra quelle formulate dai magistrati di Agrigento, del sequestro di persona, e non del sequestro di persona a scopo di coazione. Quest’ultima infatti, pure attualmente contestata agli indagati, richiederebbe un dolo specifico al momento non riscontrabile.

      «Il trattenimento in un Centro di accoglienza - dicono i giudici della Cedu che hanno riconosciuto ai tre tunisini 10 mila euro di risarcimento per la violazione dell’articolo 5 della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo - sfugge al controllo dell’autorità giudiziaria, il che, anche nell’ambito di una crisi migratoria, non può conciliarsi con lo scopo della norma che prevede che nessuno sia privato della sua libertà in maniera arbitraria». «Le considerazioni sopra esposte - spiegano - bastano alla Corte per concludere che la privazione della libertà dei ricorrenti non soddisfaceva il principio generale della certezza del diritto e contrastava con lo scopo di proteggere l’individuo dall’arbitrarietà».

      Secondo la Cedu, «i ricorrenti non solo sono stati privati della libertà in assenza di base giuridica chiara ed accessibile, ma non hanno nemmeno potuto beneficiare delle garanzie fondamentali dell’habeas corpus, enunciate, ad esempio, nell’articolo 13 della Costituzione italiana che prevede che la restrizione della libertà personale deve fondarsi su un atto motivato dell’autorità giudiziaria, e le misure provvisorie adottate, in casi eccezionali di necessità e urgenza, dall’autorità di pubblica sicurezza, devono essere convalidate dall’autorità giudiziaria entro un termine di 48 ore».

      https://www.lasicilia.it/news/cronaca/185808/salvini-indagato-per-la-diciotti-spunta-sentenza-ue-su-caso-simile.html

    • Cei, migranti Diciotti nel centro di Ariccia/ Ultime notizie, don Maffeis “Non sia la soluzione al problema"

      Il centro #Auxilia della #CEI di #Ariccia accoglie 100 migranti Diciotti/ Ultime notizie: “Non guardiamo altrove", aveva confessato il numero uno della Conferenza Episcopale Italiana, Bassetti.

      Sono stati accolti nel centro Cei di Ariccia, cento dei migranti che fino a pochi giorni fa erano sulla nave Diciotti. A riguardo ha parlato don Ivan Maffeis, sottosegretario Cei e direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali, che all’agenzia dei vescovi italiani, la Sir, ha fatto capire di come questa sia una soluzione solo “tampone”: «Questa è una risposta di supplenza – ammette Maffeis - non è ‘la risposta’. La risposta di un Paese democratico matura attraverso ben altri processi. La Chiesa italiana – ha comunque fatto sapere Maffeis - è disposta a prendere tutti quelli che hanno necessità». Il dirigente della Cei ha poi voluto sottolineare come la Chiesa italiana accolga già oltre 26mila persone nelle sue strutture, e che a breve i migranti presenti nel centro di Ariccia verranno smistati nelle diocesi di Torino, Brescia, Bologna, Agrigento, Cassano all’Jonio, Rossano Calabro, e probabilmente altre se ne aggiungeranno. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
      IL CENTRO CEI DI ARICCIA NE ACCOGLIE 100

      Ben cento dei migranti presenti fino a poche ore fa sulla nave Diciotti della Guardia Costiera italiana, sono stati accolti dalla Chiesa e precisamente dal centro Auxilia delle CEI presente ad Ariccia, in provincia di Roma. Dopo che il governo italiano ha autorizzato lo sbarco, anche il Vaticano è voluto intervenire, ospitando parte dei profughi soccorsi dal pattugliatore. A breve verranno poi smistati presso le diocesi che hanno dato la loro disponibilità, dal nord al sud della nostra penisola. Una scelta decisamente condivisibile quella della chiesa, alla luce anche della nota di poco più di un mese fa, diffusa dal numero uno della Conferenza Episcopale Italiana, il cardinale Gualtiero Bassetti, che sul tema dell’immigrazione aveva spiegato: «Rispetto a quanto accade non intendiamo volgere lo sguardo altrove, né far nostre parole sprezzanti e atteggiamenti aggressivi. Non possiamo lasciare che inquietudini e paure condizionino le nostre scelte, determino le nostre risposte, alimentino un clima di diffidenza e disprezzo, di rabbia e rifiuto». (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
      IL COMMENTO DEL VESCOVO RASPANTI

      Vicepresidente per il Sud della Conferenza episcopale Italiana, il vescovo di Acireale Antonino Raspanti è intervenuto ai microfoni di Avvenire per commentare il caso della Nave Diciotti, con la Cei che ospiterà 100 migranti a Rocca di Papa. Ecco le sue paroole: “Non c’è dubbio che la situazione sia complessa. Ma bisogna avere il coraggio di entrare nella complessità se vogliamo capire cosa sta accadendo davvero e quali principi siano in discussione. Non servono toni divisivi, ma capacità di ascolto e dialogo”. Il vescovo di Acireale ha poi analizzato il dibattito degli ultimi giorni: «Quello dell’immigrazione è un problema complesso che non si può affrontare con risposte banali e frasi fatte. È complesso sia all’interno, cioè in nel nostro amato Paese, come pure in Europa, perché richiede la capacità di soccorrere, di accogliere, ma anche di ascoltare i cittadini quando esprimono disagio. Occorre farlo con sapienza, perché non prevalga la reazione ideologica, aggressiva, che in fondo finisce (magari in modo non voluto) per alimentare divisioni. Ma è un problema complesso soprattutto all’esterno, penso in particolare all’Africa, da dove centinaia di migliaia di persone fuggono da conflitti, carestie, da un contesto nel quale la violenza e il sopruso, per interessi politici ed economici, sembrano talvolta non lasciare speranza. Si tratta di persone che provengono o attraversano “Paesi polveriera”, come sono la Libia, il Niger, il Sudan ed altri. Senza guardare alla globalità della questione, temo che finiremo per peggiorare le cose», invitando a «non strumentalizzare la vita umana». (Aggiornamento di Massimo Balsamo)
      UNHCR: «MA LA PROSSIMA VOLTA?»

      Il caso della Diciotti è ufficialmente chiuso: sia sul fronte politico, con la Procura di Agrigento che a passato gli atti al Tribunale dei Ministri dopo aver iscritto nel registro degli indagati il ministro Salvini; sia sul fronte sociale, con i migranti ripartiti tra la Cei (quasi tutti) l’Albania e l’Irlanda. L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) Filippo Grandi commenta soddisfatto per la fine dell’emergenza a bordo della nave Diciotti, ma si chiede cosa potrà accadere la prossima volta, con la prossima nave. «L’agenzia Onu elogia i Paesi e le organizzazioni che hanno dimostrato solidarietà offrendo di accogliere coloro che erano rimasti a bordo, ma allo stesso tempo l’Unhcr continua ad incoraggiare la messa in atto di accordi prestabiliti e prevedibili per la gestione delle persone soccorse in mare nella regione mediterranea, e sollecita gli Stati ad accelerare gli sforzi per mettere in atto tali accordi». Solo nel 2018, spiega ancora l’agenzia Onu, sono morte più di 1600 persone nel Mediterraneo nel tentativo di raggiungere le coste Ue: «La vita di rifugiati e richiedenti asilo è messa in pericolo mentre gli Stati sono impegnati in discussioni politiche per trovare soluzioni a lungo termine. La situazione della nave Diciotti è ora risolta, ma cosa succederà la prossima volta? Abbiamo bisogno di un approccio europeo collaborativo e prevedibile nei confronti delle persone soccorse in mare», conclude Grandi.
      PAPA FRANCESCO: “SARANNO INTEGRATI A ROCCA DI PAPA”

      Da alcune ore si è concluso l’incubo per i migranti a bordo della nave Diciotti, dopo giorni di attesa. Nella notte tra il 25 ed il 26 agosto sono finalmente sbarcati a Catania dopo essere rimasti cinque giorni a bordo dell’imbarcazione della Guardia costiera, ormeggiata al molo etneo. Dopo un estenuante braccio di ferro politico, però, la situazione si è finalmente sbloccata. Sono 143 i migranti condotti nell’hotspot di Messina e in attesa ora di essere trasferiti nelle strutture messe a disposizione dalla Chiesa. Gli altri, in un numero nettamente inferiore, saranno invece equamente distribuiti tra Albania e Irlanda. I migranti della Diciotti accolti dalla Chiesa saranno comunque «integrati»: lo ha fatto sapere Papa Francesco, nel corso della conferenza stampa che si è tenuta nelle passate ore sul volo di ritorno da Dublino. Bergoglio si è rivolto poi con una battuta ai giornalisti e, come riferisce RaiNews, ha aggiunto: «Io non ho messo lo zampino, lo zampino lo mette il diavolo». Quindi ha chiarito che il merito di ciò che è stato fatto con il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, va attribuito a padre Aldo Buonaiuto e alla Conferenza Episcopale. Il Papa ha poi specificato quale sarà il destino dei migranti, i quali saranno accolti a Rocca di Papa presso «Mondo Migliore», Centro di Accoglienza Straordinaria (Cas), a sud della Capitale e che in passato era un centro congressi gestito dai padri oblati. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
      CHIESA SFIDA IL GOVERNO

      La Conferenza Episcopale Italiana ieri sera, nel pieno del caos per la vicenda dei migranti sulla nave Diciotti della Guardia Costiera (qui tutti i dettagli dei 137 migranti sbarcati nella notte a Catania), ha preso una decisione molto importante e dal forte significativo umanitario, prima di tutto, e poi anche politico. «La Chiesa italiana garantirà l’accoglienza a un centinaio di migranti della nave Diciotti. L’accordo con il Viminale è stato raggiunto per porre fine alle sofferenze di queste persone, in mare da giorni»: poco prima era stato lo stesso Ministro Salvini, che nelle scorse ore è stato indagato proprio per la gestione del caso Diciotti (arresto illegale, sequestro di persona e abuso di ufficio, ndr) aveva spiegato dal palco della Lega a Pinzolo «Gli immigrati a bordo della Diciotti sbarcheranno tutti nelle prossime ore», annuncia al suo arrivo alla festa della Lega a Pinzolo. E «gran parte saranno ospitati dalla Chiesa italiana, dai vescovi, che ringrazio». 100 di quei rifugiati verranno dunque accolti all’interno delle varie Diocesi italiane, mentre 20 andranno in Albania e gli ultimi 20 in Irlanda (dove ora è impegnato proprio Papa Francesco per il Meeting delle Famiglie).
      LA “SPINTA” DI PAPA FRANCESCO

      «Non si può fare politica sulla pelle dei poveri», ha spiegato a Sky Tg24 lo stesso Maffeis, quando poco prima il Presidente Bassetti aveva rilanciato il dover di accogliere persone disagiate e da tempo in mare dopo «gli orrori della guerra e della fame. L’Europa e l’Italia non possono essere lasciate sole nel gestire un’emergenza umanitaria del genere, ma detto questo quando si vedono persone in difficoltà come quelle sulla nave Diciotti il primo dovere è l’accoglienza». Secondo alcuni osservatori, una spinta decisa per l’accoglienza della Cei ai migranti - in aperta sfida al Governo gialloverde - potrebbe essere arrivata proprio da Dublino: secondo De Marchis su Repubblica, «Il Vaticano era pronto anche ad allestire un campo profughi. Nel suo territorio, a Santa Maria di Galeria, pochi chilometri da Roma, dove ci sono le antenne radio dismesse di Radio Vaticana. Poi, in una riunione convocata d’urgenza venerdì nella Santa Sede si è deciso che la collocazione degli immigrati della Diciotti sarebbe toccata alla Conferenza episcopale italiana, cioè ai vescovi e alle strutture delle diocesi sul territorio italiano». Il Papa ha dato il suo consenso e l’iter è scattato: risultato, ora i migranti sono tutti sbarcati e il “caso mediatico” per il momento almeno è terminato.

      http://www.ilsussidiario.net/News/Cronaca/2018/8/26/Cei-accoglie-100-migranti-della-Diciotti-Chiesa-sfida-il-Governo-non-si-fa-politica-sulla-pelle-dei-poveri-/836222

    • Diciotti, 50 migranti irreperibili. Tensione Chiesa-Governo, la Caritas: non sono detenuti

      Sono una cinquantina i migranti della Diciotti che si sono resi irreperibili. Alcuni casi sono stati segnalati già alle prefetture di competenza. Diversi si sono allontanati dal centro di Rocca di Papa individuato dalla Cei prima di partire verso le diocesi ospitanti, altri hanno fatto perdere le loro tracce una volta arrivati nei vari centri Caritas.

      Il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha commentato: «Più di 50 degli immigrati sbarcati dalla Diciotti erano così ’bisognosi’ di avere protezione, vitto e alloggio, che hanno deciso di allontanarsi e sparire! Ma come, non li avevo sequestrati? È l’ennesima conferma che non tutti quelli che arrivano in Italia sono ’scheletrini che scappano dalla guerra e dalla fame’. Lavorerò ancora di più per cambiare leggi sbagliate e azzerare gli arrivi».

      Nel dettaglio, a quanto si apprende da fonti del Viminale, 6 si sono allontanati il primo giorno di trasferimento, cioè venerdì 31. A questi si aggiungono 2 eritrei destinati alla Diocesi di Firenze che sono si sono allontanati in data 2 settembre; altri 19 il cui allontanamento è stato riscontrato il 3 settembre, e 13 il cui allontanamento è stato riscontrato ieri ed erano destinati a varie Diocesi.

      A Bologna, per esempio, aspettavano oggi due giovani eritrei che non sono mai arrivati. A Frosinone erano invece già arrivati, ospiti della Caritas locale, e poi hanno scelto di non presentarsi più al centro di accoglienza. Il conto non sarebbe definitivo.

      Caritas Italiana conferma l’accaduto, ma ci tiene a sottolineare che «è stato allontanamento volontario, non una fuga. Si fugge da uno stato di detenzione e non è questo il caso, nessuno vuole rimanere in Italia, si sa», dice il direttore don Francesco Soddu.

      «Queste persone - spiega il sacerdote che in queste ore ha gestito per la Cei l’accoglienza - davanti ad una situazione di affidamento, o prima o dopo avrebbero potuto scegliere di allontanarsi volontariamente» perché la struttura che li accoglie non ha il compito di trattenerli. I migranti, ovunque verranno trovati, in Italia o anche all’estero, «potranno chiedere asilo - dice don Soddu - ricominciando quella procedura che era stata avviata nelle nostre strutture».

      I migranti che si sono allontanati si erano limitati a «manifestare l’interesse per formalizzare la domanda d’asilo», fanno sapere dal Viminale.

      Tutte le persone in questione erano state identificate con rilievi fotodattiloscopici e inserite in un sistema digitale europeo. Controlli anche sulla nazionalità di chi si è allontanato: almeno in 6 provengono dalle Isole Comore.

      Per la cronaca, oggi al centro Mondo Migliore di Rocca di Papa c’era stata una grande festa proprio per i migranti della Diciotti, soprattutto per quelli in partenza verso le varie strutture Caritas. A portare la benedizione di Papa Francesco era stato il cardinale Konrad Krajewski, elemosiniere del pontefice, che si è fermato a pranzo portando per tutti gli ospiti presenti dei gelati.

      http://gds.it/2018/09/05/diciotti-50-migranti-irreperibili-tensione-chiesa-governo-la-caritas-non-sono-de
      #disparitions

    • Italie : Matteo #Salvini sous #enquête_judiciaire pour « #abus_de_pouvoir »

      La décision du parquet d’Agrigente est intervenue au moment où la situation des migrants du « Diciotti » trouvait une issue, notamment à cause des pressions du Mouvement des Cinq Etoiles.

      « C’est une honte. Ils peuvent m’arrêter mais ils n’arrêteront pas le changement. » En meeting samedi soir dans le nord de l’Italie, le leader de l’extrême droite Matteo Salvini a durement réagi à sa mise sous enquête par le parquet d’Agrigente. Pour avoir interdit pendant près d’une semaine à une centaine de migrants de débarquer dans le port de Catane alors qu’ils se trouvaient à bord du Diciotti, un navire des gardes-côtes italiens qui les avaient recueillis à proximité de Lampedusa, le ministre de l’Intérieur a en effet appris samedi qu’il était suspecté de « séquestration de personnes, arrestations illégales et abus de pouvoir ».

      En clair, Matteo Salvini et son chef de cabinet sont accusés d’avoir outrepassé leurs attributions et violé la loi. Les normes sur l’immigration prévoient en particulier qu’aucune décision ne peut être prise à l’encontre d’une personne avant que celle-ci n’ait été identifiée et mise dans les conditions de pouvoir déposer éventuellement une demande d’asile ou de protection humanitaire. Or sur le Diciotti figuraient de nombreux Erythréens ainsi que des Syriens, tous jugés de manière expéditive comme des « illégaux » par Matteo Salvini.

      Concrètement, la procédure judiciaire a peu de chances. L’éventuel renvoi devant la justice du ministre nécessite en effet son improbable levée de l’immunité parlementaire au Sénat. « Matteo Salvini ne cherchait que cela […] : se retrouver sous enquête est ce qu’il désirait », s’inquiète l’éditorialiste du quotidien La Stampa.
      « Matteo, ça suffit, trouve une solution »

      Ce qui est sûr, c’est que l’autorisation donnée par le ministre de l’Intérieur pour faire finalement débarquer dans la nuit de samedi à dimanche les migrants du Diciotti est passée au second plan. C’est un appel téléphonique du vice-premier ministre, Luigi Di Maio, du Mouvement des Cinq Etoiles (M5S), à son homologue de la Ligue qui aurait permis de débloquer la situation : « Matteo, ça suffit, trouve une solution. Je ne tiens plus mes troupes. »

      Si Luigi Di Maio soutient pleinement la ligne dure de Matteo Salvini, une partie des responsables des M5S, dont le président de la Chambre des députés, Roberto Fico, critiquent la politique intransigeante du leader d’extrême droite. Après l’annonce de la part de l’Albanie (rejointe par l’Irlande) que Tirana était prêt à accueillir 20 migrants du bateau, Salvini a donc donné son feu vert glissant au passage : « Je remercie le gouvernement albanais qui s’est montré plus sérieux que le gouvernement français. »

      Les autres passagers du Diciotti seront hébergés par l’Eglise catholique. Selon la presse italienne, le pape aurait même été disposé à les accueillir sur le territoire du Vatican mais ils seront finalement repartis dans les différents diocèses italiens. « L’Eglise ouvrira les portes, le cœur et le portefeuille », a résumé Matteo Salvini qui continue de défier l’UE : « C’est l’Europe qui a besoin de l’Italie et non l’inverse. »

      Le gouvernement de Giuseppe Conte menace toujours de ne pas verser sa contribution au budget de la Commission si elle n’obtient pas des concessions notamment sur la question migratoire. « Je pense que les hommes politiques de votre pays devraient comprendre que vous n’êtes pas seuls en ce moment, que l’Europe cherche à vous aider », a répliqué dans les colonnes du Corriere della Sera le commissaire européen à la Migration, Dimitris Avramópoulos. Et de mettre en garde : « Qui attaque l’UE se tire une balle dans le pied. »

      http://www.liberation.fr/planete/2018/08/26/italie-matteo-salvini-sous-enquete-judiciaire-pour-abus-de-pouvoir_167459

    • Processo penale e stato di diritto dopo i soccorsi in mare

      1.Le reazioni all’atto di accusa dei giudici di Agrigento sul caso del blocco in mare e del trattenimento prolungato dei naufraghi soccorsi il 16 agosto scorso dalla nave Diciotti della Guardia costiera italiana fanno chiaramente comprendere i rischi che corre lo stato di diritto nel nostro paese. Non ci riferiamo soltanto alle reazioni spesso scomposte dei media a supporto dell’azione del ministro dell’interno, ma anche a pareri giuridici apparentemente neutrali, riportati dai soliti giornali “bene informati”, magari a firma di qualche autorevole giurista, che tendono a colpire alle fondamenta l’impianto accusatorio del Procuratore di Agrigento che venerdì 31 agosto ha trasmesso il fascicolo d’indagine al Tribunale dei Ministri a Palermo. In arrivo ad Agrigento anche una ispezione decisa dal ministro della Giustizia, silente di fronte agli attacchi che sta subendo la magistratura inquirente, attacchi di cui si occuperà il Consiglio superiore della magistratura nella prossima seduta del 5 settembre, su richiesta di tutte le componenti. E potrebbe essere rimosso anche il capo della Guardia costiera, “reo” di avere consentito troppi soccorsi in acque internazionali.

      Da ultimo il Messaggero pubblica un sondaggio per confermare il supporto popolare a Salvini, senza neppure un accenno critico alla possibilità che il ministro, o altri, possano avere violato leggi e regolamenti. L’indipendenza della magistratura, dunque uno dei valori di base del patto costituzionale, alla mercè dei sondaggisti. Una domanda secca da quale parte schierarsi. La maggioranza degli italiani sembrerebbe scegliere la parte di chi fa ogni giorno una politica basata sull’odio e sugli abusi contro i migranti. Un altro passo verso il “fascismo democratico”, al quale sta contribuendo un apparato mediatico, la Bestia, in grado di controllare ed orientare la comunicazione sui social.

      Nelle posizioni più tecniche a difesa del ministero del’interno, si contesta alla Procura di Agrigento di avere voluto influire sulla linea politica del governo in carica nella attuazione di quello che, sui media è stato definito come “blocco dei porti”, ma che in realtà non è stato mai deciso formalmente da nessun ministro, risultando piuttosto effetto di decisioni trasmesse oralmente a mezzo facebook da Salvini, e da una precisa omissione nella indicazione di un porto di sbarco da parte del ministero dell’interno e del ministero delle infrastrutture. Come è precisato anche nei report periodici della guardia costiera, l’indicazione del porto di sbarco avviene da tempo su indicazione del ministero dell’interno in cordinamento con la Centrale operativa della stessa Guardia costiera (IMRCC).

      Chi oggi contesta che i verbali sull’inchiesta Diciotti sarebbero stati pubblicati impropriamente, circostanza che rimane tutta da dimostrare, potrebbe ricordare a sè, ad ai suoi lettori, che lo scorso anno le relazioni degli agenti infiltrati a bordo della nave Vos Hestia di Save the Children, che poi costituirono i principali testimoni di accusa nell’indagine che portò al sequestro della nave Juventa, ed a successive imputazioni individuali, furono “passate” con mesi di anticipo proprio a Matteo Salvini che le utilizzò per la sua campagna elettorale contro le ONG, rendendo noti elementi di indagine prima che la Procura di Trapani adottasse i provvedimenti di sequestro. Allora nessuno sollevò eccezioni per quella attività di indagine sotto copertura con informazioni riservate trasmesse ai politici, che contro le ONG era una prassi in corso da tempo. Mentre oggi, sia pure in presenza di una grande discrezione da parte delle autorità inquirenti, si cerca di scerditarle battendo sul tasto della pubblicità che sarebbe stata data agli atti di indagine relativi a responsabilità ministeriali. Evidentemente gli obblighi di riservatezza sono valutati in modo diverso a seconda degli imputati.

      Nessuno si interroga su quanto abbiano “influito sulla gestione politica dei controlli di frontiera” le diverse iniziative della magistratura che lo scorso anno mettevano sotto indagine le ONG e diversi operatori umanitari, che avevano salvato la vita a decine di miglliaia di vite di migranti fuggiti dalla Libia e che si trovavano sulle prime pagine dei giornali, prima ancora che negli atti giudiziari, indicati come complici dei trafficanti, taxi del mare, speculatori senza scrupoli su una situazione di bisogno. I magistrati che hanno fatto scattare la criminalizzazione della soldarietà sono stati portati come esempio da certa politica, quella stessa politica che oggi si indigna per accertanenti doverosi che altri magistrati stanno facendo sulla correttezza delle procedure seguite nel caso della nave Diciotti. Il principio di eguaglianza davanti alla legge dovrebbe essere il primo fondamento di uno stato di diritto.

      2 .I fatti a base delle accuse sul trattenimento indebito dei naufraghi sulla Diciotti non sono stati divulgati dalla Procura agrigentina ma sono documentati in due relazioni “informative” inviate alla stessa Procura dal Garante nazionale per i diritti delle persone private della libertà personale, Mauro Palma, che ha inviato a bordo della nave una delegazione che ha accertato una prima parte dei fatti poi contestati al ministro Salvini. I risultati delle attività di indagine del Garante sono noti e consultabili on line, e su questi si è basata la successiva diffusione di notizie che si è poi attenuta scrupolosamente ai comunicati ufficiali emessi nel rispetto delle regole processuali dalla Procura di Agrigento. Altre visite di parlamentari ed organizzazioni umanitarie che hanno assistito le persone subito dopo lo sbarco, hanno confermato il trattenimento illegittimo a bordo della Diciotti e le pessime condizioni igieniche ed ambientali nelle quali i naufraghi, malgrado il prodigarsi degli uomini della Guardia costiera, sono stati costretti per quasi dieci giorni, per effetto della mancata autorizzazione allo sbarco.

      Come hanno ammesso in diverse occasioni i ministri dell’interno e delle infrastrutture,la libertà personale dei naufraghi soccorsi dalla nave Diciotti e trattenuti a bordo per quasi dieci gioni è stata limitata, anche sotto sorveglianza armata, in attesa che l’Unione Europea adottasse provvedimenti relativi alla loro successiva rilocazione in altri paesi UE, e non per ragioni attinenti alla loro condizione personale, anche perchè trovandosi già su nave italiana dopo una azione di soccorso, era doveroso il loro sbarco dopo i primi esami medici e le procedure di preidentificazione già svolti a bordo della nave.
      Per la Cassazione ( Sez. VI, sent. n. 23423 del 26.03.2010) “il delitto di sequestro di persona consumato da un pubblico ufficiale con abuso di poteri inerenti alle sue funzioni e quello di arresto illegale hanno in comune l’elemento materiale (consistente nella privazione della libertà di un soggetto), ma si differenziano per l’elemento soggettivo, che nel primo caso richiede la volontà dell’agente di tenere la persona offesa nella sfera del suo dominio, mentre nel secondo caso è diretto comunque a mettere la persona offesa a disposizione dell’autorità competente, sia pure privandola della libertà in maniera illegale. (Fattispecie in cui la S. C. ha escluso il meno grave reato di cui all’art. 606 cod. pen., ravvisando quello di sequestro di persona nell’indebito trattenimento di una persona, per alcune ore, presso un posto di polizia ferroviaria).

      Secondo la Cassazione Penale (sez V, sent. 25.07.2017, n. 36885) I pubblici ufficiali che trattengono una persona in caserma con la finalità di raccogliere le loro deposizioni rispondono di sequestro di persona aggravato dall’abuso di potere (art. 605, co. 2, n. 2, c.p.) e non di arresto illegale (art. 606 c.p.).

      Come ha rilevato l’Unione delle Camere penali in una lettera al Presidente della Repubblica, in base all’art.289 ter del Codice Penale, “chiunque, fuori dei casi indicati negli articoli 289-bis e 630, sequestra una persona o la tiene in suo potere minacciando di ucciderla, di ferirla o di continuare a tenerla sequestrata al fine di costringere un terzo, sia questi uno Stato, una organizzazione internazionale tra più governi, una persona fisica o giuridica o una collettività di persone fisiche, a compiere un qualsiasi atto o ad astenersene, subordinando la liberazione della persona sequestrata a tale azione od omissione, è punito con la reclusione da venticinque a trenta anni”. L‘Unione delle Camere Penali ha anche osservato che nell’ultimo caso della nave Diciotti “si tratta di una violazione dei più elementari principi costituzionali e della normativa internazionale in materia di Diritti dell’Uomo, sia per la prolungata privazione di fatto della libertà personale delle persone forzatamente trattenute (art. 13 Cost., art. 5 CEDU), sia per le condizioni in cui la detenzione si esplica, costringendole a stazionare promiscuamente sul ponte della nave in condizioni assolutamente non dignitose (art. 3 CEDU)”.

      Se poi si contesta alla Procura di Agrigento di avere ricostruito una decisione riferibile al ministro dell’interno in assenza di un “atto formale e scritto”, si omette di considerare la rilevanza penale che possono assumere i provvedimenti amministrativi adottati attraverso gli ordini verbali, soprattutto se comunicati con mezzi informali, o in assenza dei provvedimenti formali ( indicazione di un porto di sbarco) che si dovevano adottare con la massima tempestività, come previsto dalla Procedura operativa standard (S.O.P.) adottata dal ministero dell’interno a partire dal dicembre 2015, a seguito di due decisioni del Consiglio europeo del settembre dello stesso anno (decisione 1523 del 14 settembre 2015 e 1601 del 22 settembre 2015) . Si dovrebbe poi considerare l’ipotesi che altri soggetti, funzionari, militari o in ipotesi altri ministri, abbiano concorso nei medesimi reati fin qui contestati dalla Procura di Agrigento, alla stregua dell’art. 110 del Codice penale. In queste circostanze anche la comunicazione verbale o a mezzo social media potrebbe assumere rilevanza.

      Non appare configurabile alcuna scriminante come quella che deriverebbe dall’art. 51 del Codice Penale, avere agito in adempimento di un dovere, “imposto da una norma giuridica o da un ordine legitimo di una autorità”. Appare ben strano che da una parte si escluda l’imputabilità del ministro per l’assenza di un provvedimento formale, e da un’altra parte si invochi in suo favore una causa di giustificazione che si basa proprio sulla ricorrenza di un “ordine legittimo di una autorità”. Le norme giuridiche vigenti imponevano ben altro nel caso delle persone soccorse dalla nave Diciotti, e nello stesso caso non vi è traccia di “ordini legittimi dell’autorità”. Si può invece dubitare proprio della legittimità degli ordini impartiti, anche in modo informale, dalle diverse autorità che hanno prima ritardato l’indicazione del porto di attracco e poi lo sbarco a terra dei naufraghi. Ma su questo saranno gli accertamenti della magistratura a fare chiarezza.

      Al termine della procedura operativa (S.O.P.) stabilita per i richiedenti asilo dopo lo sbarco in porto, il richiedente ammesso alla successiva fase di formalizzazione della richiesta ed alle misure di prima accoglienza, riacquista la sua libertà personale, circostanza che nel caso dei naufraghi soccorsi dalla nave Diciotti è stata differita di almeno una settimana. Una settimana di ingiusta privazione della libertà personale, anche nei confronti di donne già sottoposte in Libia a gravi abusi, e di minori non accompagnati, come tali non respingibili in frontiera e tutti aventi diritto quanto meno ad un permesso di soggiorno per minore età. Periodo di tempo che è decorso da quando la nave Diciotti è stata bloccata davanti all’isola di Lampedusa per diversi giorni, senza ricevere la indicazione di un porto di sbarco in Italia, ma con la minaccia addirittura, esternata dallo stesso ministro dell’interno, di procedere ad un respingimento collettivo verso la Libia, qualora l’Unione Europea, o il gruppo di stati dell’Unione, definito come “volenterosi”, non avesse ceduto sulla richiesta di una immediata redistribuzione dei naufraghi, dopo lo sbarco, in diversi paesi europei. Salvini, ha sfidato ancora una volta l’Europa minacciando, come ha riferito l’agenzia di stampa Ansa, di rimandare nuovamente in Libia le persone tratte in salvo dalla Diciotti, al suo quarto giorno di permanenza in rada davanti a Lampedusa. “O l’Europa decide seriamente di aiutare l’Italia in concreto, a partire ad esempio dai 180 immigrati a bordo della nave Diciotti, oppure saremo costretti a fare quello che stroncherà definitivamente il business degli scafisti. E cioè riaccompagnare in un porto libico le persone recuperate in mare”, “ha tuonato senza mezzi termini Salvini” ben prima che la nave arrivasse a Catania. Il reato di illecito trattenimento e di sequestro di persona che si potrebbe configurare in questa ipotesi è quindi caratterizzato dalla “continuità territoriale”. La competenza investigativa, dunque, rimane radicata alla procura che per prima ha aperto il fascicolo.

      Il ministro dell’interno, dopo la trasmissione del fasciclo di indagine al Tribunale dei ministri,, ha poi rinnovato il proposito di procedere nella stessa direzione, ove si dovessero verificare in futuro casi analoghi, magari con qualche respingimento collettivo, in violazione dell’art. 19 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e dell’art. 4 del Quarto Protocollo allegato alla CEDU, già oggetto di una condanna dell’Italia da parte della Corte europea dei diritti dell’Uomo, nel 2012, sul caso Hirsi.

      Le Procedure operative standard previste dopo lo sbarco in porto a seguito di azioni di salvataggio (SAR) non sono state mai recepite integralmente in un provvedimento di legge, ma vengono richiamate dall’art.10 ter del T.U. n.286 del 1998 come modificato nel 2017. Secondo questa norma “Lo straniero rintracciato in occasione dell’attraversamento irregolare della frontiera interna o esterna ovvero giunto nel territorio nazionale a seguito di operazioni di salvataggio in mare e’ condotto per le esigenze di soccorso e di prima assistenza presso appositi punti di crisi allestiti nell’ambito delle strutture di cui al decreto-legge 30 ottobre 1995, n. 451, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 1995, n. 563, e delle strutture di cui all’articolo 9 del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142. Presso i medesimi punti di crisi sono altresi’ effettuate le operazioni di rilevamento fotodattiloscopico e segnaletico, anche ai fini di cui agli articoli 9 e 14 del regolamento UE n. 603/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 ed e’ assicurata l’informazione sulla procedura di protezione internazionale, sul programma di ricollocazione in altri Stati membri dell’Unione europea e sulla possibilita’ di ricorso al rimpatrio volontario assistito. 2. Le operazioni di rilevamento fotodattiloscopico e segnaletico sono eseguite, in adempimento degli obblighi di cui agli articoli 9 e 14 del regolamento UE n. 603/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013, anche nei confronti degli stranieri rintracciati in posizione di irregolarita’ sul territorio nazionale. 3. Il rifiuto reiterato dello straniero di sottoporsi ai rilievi di cui ai commi 1 e 2 configura rischio di fuga ai fini del trattenimento nei centri di cui all’articolo 14. Il trattenimento e’ disposto caso per caso, con provvedimento del questore, e conserva la sua efficacia per una durata massima di trenta giorni dalla sua adozione, salvo che non cessino prima le esigenze per le quali e’ stato disposto. Si applicano le disposizioni di cui al medesimo articolo 14, commi 2, 3 e 4. Se il trattenimento e’ disposto nei confronti di un richiedente protezione internazionale, come definita dall’articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, e’ competente alla convalida il Tribunale sede della sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea. 4. L’interessato e’ informato delle conseguenze del rifiuto di sottoporsi ai rilievi di cui ai commi 1 e 2.”

      Se si intendeva adottare una diversa procedura operativa per impedire lo sbarco dei migranti fino ad una decisione dell’Unione europea favorevole alle richieste del governo, in difformità al passato, si sarebbe dovuta adottare almeno una circolare ed adottare un provvedimento formale coerente con gli indirizzi impartiti dall’Unione Europea e con gli obblighi di soccorso in mare sanciti da Convenzioni internazionali che l’Italia ha ratificato, e che dunque non sono derogabili per effetto di un ordine verbale.

      3. Secondo quanto previsto dalla Convenzione di Amburgo – SAR del 1979 , gli obblighi degli Stati parti non si limitano al salvataggio delle persone in pericolo in mare, ma comprendono anche lo sbarco delle stesse in un “luogo sicuro” (place of safety), come conferma la definizione di soccorso: “[a]n operation to retrieve persons in distress, provide for their initial medical or other needs, and deliver them to a place of safety”. Appare, dunque, evidente che, una volta soccorse, le persone tratte in salvo, compresi i migranti irregolari, debbano essere trasportate e sbarcate in un porto qualificabile come “place of safety”. Questi obblighi riguardano le autorità nazionali di coordinamento e tutte le navi private o militari che battono bandiera dello stato e anche quelle straniere che sono coinvolte nelle operazioni di ricerca e salvataggio, siano operazioni delle ONG o missioni militari come Themis di Frontex o Sophia di Eunavfor Med.

      Nel 2004, l’urgente necessità di individuare un luogo sicuro in cui condurre le pesone soccorse in mare ha indotto il Comitato per la sicurezza marittima dell’IMO a chiarire le procedure esistenti ai fini della sua determinazione. Ciò è avvenuto attraverso l’adozione di due risoluzioni di emendamento, rispettivamente, alla Convenzione SAR e alla Convenzione SOLAS, entrate in vigore nel 2006 per tutti gli Stati parte alle medesime Convenzioni con la sola eccezione di Malta, aventi quali obbiettivi quello di garantire agli individui in pericolo l’assistenza necessaria e di minimizzare le possibili conseguenze negative per l’imbarcazione che presti soccorso. Si tratta di norme che si applicano innanzitutto alle navi private che sono coinvolte in attività SAR ( ricerca e salvataggio) ma gli standard operativi stabiliti a loro riguardo devono trovare applicazione a maggior ragione ai soccorsi operati da mezzi appartenenti alla Guardia costiera italiana.

      Occorre ricordare che al punto 3.1.9 (emendato) della Convenzione SAR del 1979 si dispone:

      «Le Parti devono assicurare il coordinamento e la cooperazione necessari affinché i capitani delle navi che prestano assistenza imbarcando persone in pericolo in mare siano dispensati dai loro obblighi e si discostino il meno possibile dalla rotta prevista, senza che il fatto di dispensarli da tali obblighi comprometta ulteriormente la salvaguardia della vita umana in mare. La Parte responsabile della zona di ricerca e salvataggio in cui viene prestata assistenza si assume in primo luogo la responsabilità di vigilare affinché siano assicurati il coordinamento e la cooperazione suddetti, affinché i sopravvissuti cui è stato prestato soccorso vengano sbarcati dalla nave che li ha raccolti e condotti in luogo sicuro, tenuto conto della situazione particolare e delle direttive elaborate dall’Organizzazione (Marittima Internazionale). In questi casi, le Parti interessate devono adottare le disposizioni necessarie affinché lo sbarco in questione abbia luogo nel più breve tempo ragionevolmente possibile.”

      In termini sostanzialmente analoghi, sempre con riferimento alle navi private, l’emendato art. 4.1.1 della Convenzione SOLAS dispone che:
      “Contracting Governments shall co-ordinate and co-operate to ensure that masters of ships providing assistance by embarking persons in distress at sea are released from their obligations with minimum further deviation from the ships’ intended voyage, provided that releasing the master of the ship from the obligations under the current regulation does not further endanger the safety of life at sea. The Contracting Government responsible for the search and rescue region in which such assistance is rendered shall exercise primary responsibility for ensuring such coordination and co-operation occurs, so that survivors assisted are disembarked from the assisting ship and delivered to a place of safety, taking into account the particular circumstances of the case and guidelines developed by the Organisation. In these cases, the relevant Contracting Governments shall arrange for such disembarkation to be effective as soon as reasonably practicable”.

      Con l’entrata in vigore del suddetto emendamento, lo Stato responsabile della zona SAR risulta gravato di un più incisivo obbligo di risultato, e non solo di un obbligo di cooperazione e di condotta.Obbligo di risultato che va garantito innanzitutto attraverso l’impiego tempestivo dei mezzi della guardia costiera, cui spetta il compito di coordinamento degli interventi SAR. Nel caso di navi della guardia costiera la rapidità dello sbarco in un porto sicuro non è indicata espressamente dalle Convenzioni internazionali in quanto rientra nelle finalità istituzionali e nei compiti attuativi demandati ai mezzi del Corpo delle Capitanerie di porto nell’espletamento delle attività di ricerca e salvataggio /SAR).

      La Convenzione SAR 1979 trova rispondenza negli articoli del Codice della navigazione, ma soprattutto nella specifica normativa interna d’implementazione costituita dal D.P.R. 28 settembre 1994 n. 662. L’autorità responsabile per l’applicazione della Convenzione è il Ministro dei trasporti mentre l’organizzazione centrale e periferica è affidata al Comando generale del Corpo delle Capitanerie di porto ed ad relative strutture periferiche. Non si vede quali possano essere le competenze del ministero dell’interno nello svolgimento e nel coordinamento delle operazioni di ricerca e salvataggio. Va dunque trovata la fonte degli ordini impartiti alla nave Diciotti nei dieci giorni intercorsi tra il soccorso dei naufraghi 17 miglia a sud di Lampedusa il 16 agosto e lo sbarco degli ultimi rimasti a bordo fino al 26 agosto.

      Il citato decreto 662/94 conferisce alle attuali 15 Direzioni Marittime ed all’Autorità Marittima dello Stretto (Messina) le funzioni di Centri Secondari di soccorso marittimo (M.R.S.C. – Maritime Rescue Sub Center) che assicurano il coordinamento delle operazioni marittime di ricerca e salvataggio, ciascuna nella propria giurisdizione, secondo le direttive specifiche o le deleghe del Centro Nazionale di coordinamento (I.M.R.C.C.).

      In base all’art. 2 del decreto, “l’autorita’ nazionale responsabile dell’esecuzione della convenzione e’ il Ministro dei trasporti e della navigazione”. In base all’art. 5 del decreto, “Il centro nazionale di coordinamento di soccorso marittimo (I.M.R.C.C.), i centri secondari di soccorso marittimo (M.R.S.C.) e le unita’ costiere di guardia (U.C.G.), secondo le rispettive competenze, coordinano o impiegano le unita’ di soccorso. L’I.M.R.C.C. e gli M.R.S.C. richiedono agli alti comandi competenti della Marina militare e dell’Aeronautica militare, in caso di necessita’, il concorso dei mezzi navali ed aerei appartenenti a tali amministrazioni dello Stato. Parimenti le U.C.G. richiedono alle altre amministrazioni dello Stato o a privati il concorso di mezzi navali ed aerei, ritenuti idonei per partecipare alle operazioni di soccorso marittimo secondo le procedure e le modalita’ previste dal decreto del Ministro della marina mercantile 1 giugno 1978,pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 174 del 27 giugno 1979.

      4. Quanto alla mancanza di un arresto illegale che non si sarebbe verificato a bordo della nave Diciotti, perchè… mancherebbe un provvedimento di arresto, altra contestazione opposta alla Procura di Agrigento, si ignora che l’art. 5 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo, alla quale si è attribuita rilevanza immediata anche nell’ordinamento interno, prescrive che la limitazione della libertà personale in vista dell’espulsione o del respingimento si debba verificare sulla base di una previsione di legge, in conformità a quanto previsto dalla legge. E dunque non per effetto di una decisione informale o di una mera prassi fattuale, che limita la libertà della persona sottraendola peraltro alla tutela giurisdizionale, alla concreta possibilità di ricorrrere al giudice per impugnare il provvedimento limitativo della libertà personale. Ammettere che si possa limitare di fatto la libertà personale in assenza di un provvedimento amministrativo e di una specifica previsione di legge, equivale a riconoscere che nel nostro ordinamento esistono soggetti sottratti a qualsiasi giurisdizione, sia pure temporaneamente, esttamente quello che vieta l’art. 13 della Costituzione italiana.

      Come ha osservato il Sindacato Nazionale Forense, “la libertà personale tutelata dalla norma penale di cui all’art. 605 c.p. è un diritto costituzionalmente garantito dall’art. 13 della Carta Costituzionale, a tenore del quale non è ammessa alcuna forma di restrizione della libertà personale se non per atto motivato dell’Autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge. E’ evidente come la decisione dei Ministri Salvini e Toninelli nulla abbia a che vedere con un provvedimento dell’autorità giudiziaria ed, ancora una volta, il governo italiano mostra sprezzante il suo spregio per quell’assetto costituzionale che regge il nostro Stato di diritto, la fonte delle garanzie e dei diritti di tutti, che impedisce abusi e soprusi da parte di chiunque si vesta d’autorità per impedire l’esercizio di diritti fondamentali.”

      Il trattenimento del migrante irregolare è un istituto compatibile con quanto previsto dalla CEDU, poiché integra una delle ipotesi tassative che consentono una compressione del diritto alla libertà riconosciuto all’art. 5 CEDU. Nell’intento di evitare un ricorso abusivo alla detenzione dei migranti da parte degli Stati membri, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha elaborato alcuni parametri per valutare la legittimità di una misura detentiva. In ossequio al principio di legalità, la Corte di Strasburgo ha innanzi tutto richiesto che qualsiasi privazione della libertà abbia un fondamento giuridico nella normativa interna dello Stato, la quale deve fornire “adequate legal protection in domestic law against arbitrary interferences by public authorities with the rights safeguarded by the Convention”. Il principio di “regolarità” richiede, invece, che la privazione di libertà sia conforme allo scopo previsto e che via sia un nesso tra la motivazione di quest’ultima e il luogo e le condizioni della detenzione stessa. La legge italiana non prevede alcuna limitazione della libertà personale a bordo di navi militari dopo le operazioni di salvataggio in mare, una colta che siano esaurite le esigenze connesse al compimento delle attività SAR.

      Come ha affermato la Corte Europea dei diritti dell’Uomo nel caso Khlaifia,per il trattenimento irregolare nel Cpsa di Lampedusa, a prescindere dalla denominazione attribuita a una determinata misura al fine di valutarne la compatibilità con l’art. 5 CEDU, occorre esaminare il contenuto della stessa, la situazione concreta nel suo complesso e tenere conto di un insieme di criteri specifici del suo caso particolare come il genere, la durata, gli effetti e le modalità di esecuzione della misura considerata. Per un commento alla sentenza si veda GILIBERTO, La pronuncia della Grande Camera della Corte EDU sui trattenimenti (e i conseguenti respingimenti) a Lampedusa nel 2011, in Diritto penale contemporaneo, pubblicato il 23 dicembre 2016, disponibile al sito www.penalecontemporaneo.it/d/5123-la-pronu

      Il prolungato trattenimento a bordo della nave Diciotti con limitazione della libertà personale delle persone sottoposte peraltro a sorveglianza armata ha costituito di fatto un temporaneo respingimento in frontiera, paragonabile a quelli adottati nelle zone di transito degli aeroporti. Si ricorda al riguardo che in base all’articolo”19 § 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la Criminalità organizzata transnazionale per combattere il traffico illecito di migranti per via terrestre, aerea e marittima («Protocollo di Palermo) ,”Nessuna disposizione del presente Protocollo pregiudica gli altri diritti, obblighi e responsabilità degli Stati e degli individui derivanti dal diritto internazionale, compreso il diritto internazionale umanitario e il diritto internazionale relativo ai diritti dell’uomo e, in particolare, laddove applicabili, la Convenzione del 1951 e il Protocollo del 1967 relativi allo status dei Rifugiati e il principio di non respingimento ivi enunciato.” Le esigenze di contrasto dell’immigrazione irregolare non possono dunque prevalere sul rispetto dei diritti fondamentali della persona migrante, a maggior ragione dopo una operazione di salvataggio e nei confronti di persone duramente provate dalla loro permanenza in Libia.

      Particolarmente rilevante risulta il caso Medvedyev deciso nel 2008 dalla Corte europea dei diritti dell’Uomo. La Corte di Strasburgo decidendo in merito a quanto previsto all’art. 5, par. 1, CEDU, ha precisato che:

      “(…) where the ‘lawfulness’ of detention is in issue, including the question whether ‘a procedure prescribed by law’ has been followed, the Convention refers essentially to national law but also, where appropriate, to other applicable legal standards, including those which have their source in international law. In all cases it establishes the obligation to conform to the substantive and procedural rules of the laws concerned, but it also requires that any deprivation of liberty be compatible with the purpose of Article 5, namely, to protect the individual from arbitrariness (…)”. Aggiungendo poi che ” “(…) where deprivation of liberty is concerned it is particularly important that the general principle of legal certainty be satisfied. It is therefore essential that the conditions for deprivation of liberty under domestic and/or international law be clearly defined and that the law itself be foreseeable in its application, so that it meets the standard of “lawfulness” set by the Convention, a standard which requires that all law be sufficiently precise to avoid all risk of arbitrariness (…)

      In ogni caso andrebbe rispettato l’art. 13 del Regolamento 562 del 2006 (Codice Frontiere Schengen), norma direttamente precettiva in Italia, laddove si prescrive che “il respingimento può essere disposto solo con un provvedimento motivato che ne indichi le ragioni precise. Il provvedimento è adottato da un’autorità competente secondo la legislazione nazionale ed è d’applicazione immediata… le persone respinte hanno il diritto di presentare ricorso. I ricorsi sono disciplinati conformemente alla legislazione nazionale. Al cittadino di paese terzo sono altresì consegnate indicazioni scritte riguardanti punti di contatto in grado di fornire informazioni su rappresentanti competenti ad agire per conto del cittadino di paese terzo a norma della legislazione nazionale”.

      5. L’Habeas Corpus costituisce la base dello stato di diritto ed il suo riconoscimento non può essere piegato alle finalità politiche del governo. Successe già nel secolo scorso e succede oggi in tanti paesi del mondo governati da regimi dittatoriali, non può sucedere in Italia e la magistratura deve vigilare sul rigoroso rispetto di questo principio, sia riguardo icittadini, sia anche riguardo i cittadini stranieri, quale che sia la loro condizione giuridica (regolare o irregolare) se si trovano nel territorio dello stato ( art. 2 del Testo Unico n.286/98 sull’immigrazione).

      I difensori del ministro Salvini dimenticano poi che se è vero che l’attracco in porto può essere negato per ragioni di ordine pubblico questa decisione può essere adottata dal ministro delle infrastrutture e non dal ministro dell’interno, e che in ogni caso queste ragioni di ordine pubblico dovrebbero essere contenute in un provvedimento formale e motivato, e non ricollegarsi di certo ad una trattativa in corso con l’Unione europea sulla ricollocazione dei naufraghi in altri paesi. In base all’ art. 83 (Divieto di transito e di sosta) del Codice della Navigazione è infatti il Ministro dei trasporti e della navigazione e non il ministro dell’interno che puo’ “limitare o vietare il transito e la sosta di navi mercantili nel mare territoriale, per motivi di ordine pubblico, di sicurezza della navigazione e, di concerto con il Ministro dell’ambiente, per motivi di protezione dell’ambiente marino, determinando le zone alle quali il divieto si estende”.

      Non è competenza del ministro dell’interno dunque decidere se uno sbarco sia “compatibile con l’ordine pubblico”, soprattutto nel caso in cui lo sbarco debba avvenire da una nave della Guardia costiera dopo una azione di soccorso in mare. Se lo stesso ministro dell’interno ravvisasse una ragione ostativa allo sbarco, ad esempio la presenza di presunti terroristi a bordo, dovrebbe adottare un provvedimento formale da trasmettere al Ministro delle infrastrutture per l’adozione del divieto di cui all’art. 83 della navigazione. Una nave della Guardia costiera italiana, come qualunque altra nave che abbia operato un soccorso, non può essere bloccata in alto mare, come è avvenuto al largo di Lampedusa, o utilizzata come nave prigione dopo l’attracco in porto, quando ormai ha cessato di essere quello che le Convenzioni internazionali definiscono “place of safety temporaneo”.

      Lo stato responsabile ha dunque l’onere di indicare un porto di sbarco sicuro (POS). Nella sentenza pronunciata dal Tribunale di Agrigento il 7 ottobre 2009 relativa al caso Cap Anamur, il collegio giudicante ha ritenuto di specificare che tale “peso” non si riferisce unicamente alle incombenze legate alla somministrazione del vitto e dell’assistenza medica, ma, soprattutto, va rapportato alla necessità di garantire ai naufraghi “il diritto universalmente riconosciuto di essere condotti sulla terraferma!”

      Se il ministro delle infrastrutture o il ministro dell’interno potrebbero anche avere un livello più elevato di discrezionalità nell’ammettere in porto una nave privata dopo una azione di soccorso, questa soglia di discrezionalità si riduce drasticamente quando a bordo della nave si trovano persone non respingibili, già identificate, e in molti casi vulnerabili, come donne in stato di gravidanza e minori non accompagnati- Oppure persone che, con qualunque mezzo, anche a gesti, manifestino la volontà di richiedere protezione, esattamente come si è verificato a bordo della Dicotti e come può essere confermato dalle numerose delegazioni che hanno avuto modo di salire sulla nave attraccata nel porto di Catania o che hanno visitato i migranti a Messina dopo lo sbarco.

      L’unico limite incontrato dalla discrezionalità statale nell’ammissione in porto di una nave privata è rappresentato dalla presenza tra i migranti irregolari soccorsi in mare di rifugiati o richiedenti asilo: lo Stato interveniente e lo Stato costiero devono, infatti, rispettare il principio di non refoulement anche nell’individuazione del luogo ove le operazioni di soccorso in mare possono essere considerate terminate. Appare evidente che nel caso di un soccorso operato da una nave della Guardia costiera, quali che siano le circostanze iniziali dell’intervento, una volta che la nave si trovi all’interno delle acque territoriali, addirittura in porto, nessuna discrezionalità può essere rimessa al ministro dell’interno o al ministro delle infrastrutture per impedire lo sbarco delle persone a terra. Ferma restando l’adozione delle possibili misure di internamento o di allontanamento forzato, se non di ammissione alle procedure di protezione ed al sistema di accoglienza, di competenza del ministero dell’interno nell’ambito del cd. approccio Hotspot e secondon quanto previsto dall’art.10 comma terzo del Testo Unico sull’immigrazione.

      Se il ministro dell’interno non ha adottato alcun provvedimento per ordine di chi ed a che titolo i migranti soccorsi dalla Diciotti sono stati trattenuti per dieci giorni a bordo della nave, mentre potevano essere sbarcati a Lampedusa dai primi due mezzi più piccoli della guardia costiera che li aveva soccorsi a sud dell’isola ? Se il ministero dell’interno ha imposto con un qualsiasi provvedimento anche verbale il blocco della Diciotti, e poi il trattenimento dei migranti a bordo della nave attraccata nel porto di Catania, per quello che è stato definito come uno “scalo tecnico”, come poteva e sulla base di quale norma ordinare tale blocco invadendo la competenza di un’altro ministro ? Una volta sbarcati a terra i migranti della Diciotti attraverso la procedura Hotspot e secondo quanto previsto dall’art. 10 del Testo Unico sull’immigrazione, avrebbero potuto essere ammessi alla procedura di asilo, ricollocati in altri paesi, oppure espulsi o respinti, come avvenuto in altre decine di migliaia di casi fino al mese di giugno di quest’anno, in conformità a leggi nazionali e Regolamenti europei.Perchè si è voluto attendere dieci giorni per lo sbarco ? Era legittima l’esigenza che questa attesa potesse incidere sulle richieste di burden sharing avanzate dall’Italia, i vista di un vertice a Buxelles peraltro privo di alcuna effettiva capacità deliberativa, non trattandosi di un Consiglio Europeo.

      La ricorrenza di un “abuso d’ufficio” o di una “omissione in atti d’ufficio” al di là della considerazione sulla valenza di questo reato che non ne elide la rilevanza penale, non può essere esclusa a priori per il ministro dell’interno, o per altri ministri, all’interno della catena di comando che si doveva occupate dell’attracco in porto e dello sbarco, in nome della discrezionalità che presiede alla indicazione ministeriale di un place of safety alle navi dopo il compimento di attività di salvataggio. Tale discrezionalità può essere esercitata per scegliere il porto di sbarco d’intesa con le prefetture per individuare le soluzioni più idonee di prima accoglienza. Ma non può tradursi nella mancata indicazione di un porto di sbarco ( insita nella indicazione di un porto come “scalo tecnico”) o peggio nell’indebito trattenimento a tempo indeterninato di migranti a bordo. E ricordiamo che in questo caso non si trattava di una nave delle tanto vituperate ONG, ma della nave di punta della nostra Guardia costiera, una nave che fino a due mesi fa ha salvato migliaia di persone soccorse in acque internazionali, sbarcandoie sollecitamente in Italia, come prescritto dal diritto interno e dal diritto internazionale.

      Ricordiamo anche la richiesta di sbarco formulata dalla Procura dei minori di Catania in favore dei minori non accompagnati indebiatamente trattenuti per nove giorni assieme agli adulti a bordo della nave Diciotti. Un trattenimento indebito a fronte dell’art.19 del Testo Unico sull’immigrazione, che non può essere cancellato dallo sbarco avvenuto il 25 agosto scorso solo a seguito della richiesta della magistratura.

      Inutile dire che appare del tutto improprio attribuire alla Procura di Agrigento una richiesta di dimissioni del ministro che non è stata mai formalizzata, essendo rimasta la stessa Procura nel solco della procedura prevista per i cosiddetti reati ministeriali, con la trasmissione degli atti al Tribunale dei ministri del distretto di Palermo. Per quanto esposto sembra dunque del tutto infondata, anche se ne è chiaro l’intento di delegittimazione dell’operato dei procuratori agrigentini, l’accusa finale che questi avrebbero voluto intervenire su politiche migratorie avallate dal suo elettorato. Come se il ministro dell’interno dovesse rispondere al suo elettorato soltanto e non rispettare strettamente il principio di legalità ed il giuramento sulla Costituzione reso nelle mani del Presidente della Repubblica al momento dell’assunzione fomale del suo incarico. Il consenso popolare non può creare zone franche sottratte al controllo di legalità della magistratura.

      L’accusa-ammonimento finale rivolta al Procuratore di Agrigento di eccessivo “protagonismo” appare del tutto inifluente sugli argomenti giuridici a fondamento delle contestazioni relative al blocco della Diciotti ed al trattenimento illegitimo dei 177 naufraghi che erano rimasti a bordo dopo le prime evacuazioni. Quando le responsabilità possono essere tanto elevate e quando i politici creano la bolla mediatica è difficile che i magistrati possano lavorare con la dovuta discrezione. Certo la stessa accusa di protagonismo non era stata rivolta nei confronti di altri magistrati che lo scorso anno, campeggiavano nelle prime pagine dei giornali nelle inchieste contro le Organizzazoni non governative che salvavano vite in mare, con procedimenti che oggi sono stati archiviati, o fortemente ridimensionati, se non ancora privi di un qualunque sbocco processuale.

      Eppure sembra proprio che il colpo finale all’impianto accusatorio della Procura di Agrigento possa essere dato dagli specialisti delle questioni di competenza territoriale per la possibilità, che qualcuno già sta ventilando, che l’inchiesta possa essere trasferita da Agrigento a Catania, o a Palermo. Su queste scelte,e sulle successive fasi dei procedimenti, non meno che sui comportamenti delle autorità di governo nei confronti della magistratura, si misurerà quanto rimane ancora dello stato di diritto nel nostro paese.

      https://www.a-dif.org/2018/09/02/processo-penale-e-stato-di-diritto

    • Prima di parlare ascoltate John

      La guerra. La fuga. E un anno sotto terra, a desiderare la morte. Una storia come tante. Ma da conoscere, per restare umani.

      Rocca di Papa, centro di accoglienza Mondo Migliore. Massimiliano Coccia e Andrea Billau, giornalisti di Radio Radicale, intervistano John, profugo eritreo di 22 anni. John era sulla Diciotti, la nave della Guardia costiera italiana che per giorni è stata in mare, ostaggio del governo italiano che ha usato il suo carico umano per ricattare l’Europa. Alla fine di questa dolorosa vicenda, i migranti della Diciotti, in larga parte eritrei, sono stati accolti dalla Chiesa italiana, sul suolo italiano. Sono in Italia: li abbiamo dunque accolti.

      La conversazione tra Massimiliano Coccia e John ( si può ascoltare sul sito di Radio Radicale, e consiglio di farlo ) è semplice e permette di capire tanto. John in Eritrea studiava, ma non aveva ancora terminato la scuola quando viene prelevato per fare il servizio militare che, però, non aveva fine. Così John decide di lasciare l’Eritrea, dove sa di non avere un futuro. Dall’Eritrea alla Libia ha dovuto pagare la traversata del Sudan. Il viaggio è costato diciassettemila dollari che non erano i risparmi della famiglia, ma frutto di una colletta tra parenti e amici: si investe su una persona giovane per provare a farle avere un futuro altrove e per avere qualcuno che possa aiutare chi resta in patria. Arrivato in Libia, John viene preso subito in consegna da trafficanti che pretendono da lui 5 mila dollari senza però farlo partire per l’Europa: lo rinchiudono invece sotto terra, dove rimarrà per un anno. È stato il periodo più nero della sua vita. Sedici ragazze hanno partorito in quelle condizioni, sotto terra. E io penso all’espressione “venire alla luce”: John ha visto sedici bambini “venire alla luce” sotto terra, nel posto più lontano dalla luce che si possa immaginare. Nuove vite al buio di una detenzione illegale, forzata e inumana.

      I trafficanti estorcevano continuamente denaro e per spaventare usavano scariche elettriche. John non riesce a trovare le parole per descrivere l’inferno vissuto. Erano tutti libici gli aguzzini, senza divise, tutti armati. Armati anche quando portavano via le donne per violentarle senza che nessuno potesse reagire. C’erano più di quattrocento persone in quella condizione: quattrocento persone da torturare, a cui estorcere denaro. Quattrocento persone disperate e spaventate. Quattrocento persone che subivano senza poter reagire. Per uscire dal bunker si pagava: migliaia di dollari per pochi minuti di aria, mai di libertà. Venti minuti. Non di più. Da quella situazione nessuno pensava di poter uscire vivo. Non c’era cibo, non c’era acqua, non c’era luce e con le torture inferte l’unica speranza era che la fine (anche la morte) arrivasse prima possibile. Arriva la svolta: altri 2.500 euro per partire. Chi può pagare viene separato da chi non ha i soldi, per essere poi riuniti tutti e rivenduti a un nuovo trafficante che chiede altri millecinquecento euro perché inizi davvero il viaggio in mare. Gli spostamenti avvenivano tutti di notte perché i migranti non dovevano essere visibili, eppure al porto non c’era nessuno: né polizia, né Guardia costiera libica. Solo trafficanti.

      Quando comincia il viaggio in mare - dice John - sai che quel viaggio è l’ultimo: o arrivi vivo o resti in mare. Morirai magari in mare, ma ci provi. Il tempo durante la navigazione non è buono, il motore dell’imbarcazione si spegne, poi si riaccende. Poi si avvicina una barca che li rifornisce di acqua e cibo. Giunti nei pressi di Lampedusa, vengono presi in carico dalla Diciotti e lì, nonostante quello che noi abbiamo vissuto dalla terra ferma, nonostante l’indignazione e la rabbia per il “sequestro forzato”, per i migranti finisce l’inferno e ricomincia la speranza. Sulla Diciotti, racconta John, stavano benissimo. Il personale era pieno di umanità, c’era da mangiare e il comandante «è stato come un padre». Quando John è partito dall’Eritrea non credeva di avere scelta, ma non aveva idea dell’inferno libico. Ora vuole solo ricominciare ovunque ci sia pace ed è pieno di gratitudine, gratitudine verso l’Italia e gli abitanti di Catania. Dalla Diciotti guardando a terra, guardando il nostro Paese (mentre scrivo sono pieno di orgoglio) John vedeva persone che erano lì per loro, per difendere i loro diritti e per accoglierli. Dalla Diciotti guardava l’Italia e riusciva a leggere, distintamente, una parola semplice, una parola universale: WELCOME!


      http://espresso.repubblica.it/opinioni/l-antitaliano/2018/09/06/news/prima-di-parlare-ascoltate-john-1.326674?refresh_ce

    • L’Arci presenta un ricorso contro il governo per il trattenimento illegittimo dei 150 migranti della Diciotti

      In assenza di senso dello Stato da parte di chi governa, la legge, la magistratura con la sua autonomia, sono gli unici strumenti per salvaguardare la nostra Costituzione e la dignità dell’Italia

      Oggi l’Arci presenterà un ricorso in via cautelare al Tribunale Civile di Catania ed al TAR Catania, a tutela dei diritti dei 150 migranti, prevalentemente eritrei, privati senza titolo della libertà personale, contro i provvedimenti del governo per il loro trattenimento illegittimo.

      L’Arci ha avviato, con lo Studio Legale Giuliano di Siracusa, le azioni avanti il Tribunale Civile di Catania ed il TAR Sicilia Sez. di Catania: avanti il primo un ricorso d’urgenza (ex.art 700 del Codice di procedura Civile) per la immediata tutela dei diritti primari dei 150 migranti detenuti illegittimamente sulla nave della nostra Guardia Costiera “Diciotti”; ed avanti il TAR Sicilia Sez. Catania un ricorso con domanda cautelare di impugnativa del provvedimento del Ministro degli Interni illegittimamente adottato.

      L’Arci inoltre rivendicherà l’applicazione immediata delle linee guida IMO sul soccorso in mare, la cui inottemperanza da parte del Ministro Salvini comporta una gravissima violazione del diritto internazionale e invocherà la violazione dell’art. 3 della Convenzione CEDU contro i trattamenti inumani e degradanti.

      Il ricorso, inviato per conoscenza anche alla Questura, alla Prefettura e alla Guardia Costiera, è mirato a ripristinare la legalità violata con un provvedimento, di cui peraltro non c’è traccia scritta, usato con altri scopi, nelle trattative con l’UE e nella campagna elettorale senza sosta a cui il nuovo governo, e il Ministro Salvini, sottopongono il nostro Paese.

      Il conflitto aperto con l’UE, la vicinanza riaffermata con Orban e con il gruppo di Visegrad, è una evidente prova del contrasto aperto tra gli interessi dell’Italia (che dalla linea razzista e isolazionista del gruppo di Visegrad non può che trarne svantaggi) e la linea seguita dal nostro Ministro dell’Interno Salvini.

      In assenza di senso dello Stato da parte di chi governa, la legge, la magistratura con la sua autonomia, sono gli unici strumenti per salvaguardare la nostra Costituzione e la dignità dell’Italia.

      Oltre alle azioni giudiziarie possibili, l’Arci intende, con tutti i soggetti della società civile impegnati con noi in questo ambito, mobilitare tutte le sue forze per impedire che il governo trascini il nostro Paese verso il baratro.

      Le leggi e la Costituzione non possono essere piegate agli interessi di parte. Quando si viola la nostra Costituzione la democrazia muore e con essa le garanzie che valgono per tutte e tutti, non solo per chi decide di garantirle il governo di turno.

      Noi continueremo a mobilitarci per difendere la democrazia, la libertà e i diritti umani: insieme all’Arci Sicilia, abbiamo aderito e parteciperemo al presidio convocato dai Comitati di base di Catania, che si svolgerà domani al porto a partire dalle ore 17.

      https://www.arci.it/larci-presenta-un-ricorso-contro-il-governo-per-il-trattenimento-illegittimo-de

    • Pour la première fois, l’Aquarius refuse d’obéir aux ordres des garde-côtes libyens

      Jeudi 20 septembre, l’Aquarius a refusé de transborder sur le bateau des garde-côtes libyens des migrants secourus par le navire humanitaire quelques heures plus tôt. Hors de question de renvoyer des naufragés dans un pays qui ne garantit pas leur sécurité, se justifient les militants.

      Pour la première fois depuis leur présence en Méditerranée, les membres du navire humanitaire Aquarius, affrété par SOS Méditerranée, ont refusé d’obéir aux ordres des garde-côtes libyens : ces derniers leur avaient demandé, le 20 septembre, de transborder sur leur bateau libyen des migrants que l’ONG avait secourus.

      « Conformément à la Convention SAR [zone de recherche et de sauvetage, ndlr], nous ne pouvons ni ne devons transférer des personnes secourues aux garde-côtes libyens », écrit l’Aquarius, dans un email envoyé aux autorités portuaires libyennes.

      L’ONG SOS Méditerranée répète inlassablement le même credo depuis des mois. « La Libye ne peut être considérée comme un port sûr. Nous ne ramènerons jamais les migrants secourus en Libye », a encore déclaré l’ONG, joint par InfoMigrants.

      Que s’est-il passé ? Dans la matinée du 20 septembre, l’Aquarius repère, au large des côtes libyennes, une embarcation en difficulté avec 11 personnes à bord. L’équipage suit alors la procédure officielle et contacte le centre de contrôle maritime libyen (JRCC). Depuis la mi-juin, les opérations de sauvetage dans la zone de détresse de la Méditerranée appelée « SAR zone », ne sont en effet plus gérées par le MRCC italien, sorte de tour de contrôle maritime chargée de coordonner les actions de secours en mer. Ces missions sont désormais gérées par Tripoli.

      Les autorités libyennes ne répondent pas. Sans réponse, l’Aquarius avertit alors les autorités italiennes que le navire s’apprête à procéder au sauvetage. Une fois les migrants en sécurité à bord, les humanitaires reçoivent finalement un email du JRCC libyen. « En tant qu’autorités libyennes, nous assurons la coordination des secours. Nous allons dépêcher un navire afin de récupérer les migrants », écrivent les autorités portuaires. « Nous vous ordonnons de vous diriger vers Zaouïa [ville côtière libyenne, NDLR] pour un rendez-vous avec la patrouille libyenne ».

      « Que l’Aquarius aille où il veut, mais pas en Italie »

      L’Aquarius refuse catégoriquement le transfert. « Nous avons toutes les raisons de croire qu’aucun des ports libyens ne constitue un lieu de sécurité pour les rescapés », fait savoir l’équipage du navire humanitaire aux autorités libyennes, italiennes et maltaises. « Nous avons également toutes les raisons de croire qu’une opération de transfert mettrait en danger la sécurité des personnes secourues et de mon équipage en raison de risque de panique ». La Libye a dit prendre note du refus de l’Aquarius.

      Sur Twitter, le ministre italien de l’Intérieur, Matteo Salvini, a déjà pris les devants. Il estime que l’Aquarius" a refusé de collaborer avec les garde-côtes libyens". « Maintenant il erre en Méditerranée. Je le dis et je le répète : qu’il aille où il veut mais pas en Italie, les ports sont fermés », a ajouté le ministre.

      Actuellement, le navire humanitaire reste dans la zone de sauvetage et ne cherche pas un port de débarquement. « Nous avons encore de la place à bord et nous savons que nous allons devoir procéder à d’autres sauvetages dans les jours qui viennent », précise à InfoMigrants Julie Bégin, porte-parole de SOS Méditerranée.

      Reste à savoir où seront débarqués les rescapés. « Nous ne savons pas, nous verrons au moment voulu », conclut-elle.

      Depuis plusieurs mois, les autorités italiennes et maltaises refusent d’ouvrir leurs ports aux navires humanitaires. Des refus qui ont entraîné des dissensions au sein de l’Union européenne – toujours aussi déchirée sur la politique à adopter pour faire face à l’afflux de migrants.

      http://www.infomigrants.net/fr/post/12168/pour-la-premiere-fois-l-aquarius-refuse-d-obeir-aux-ordres-des-garde-c

    • Aquarius. Le Panama annonce qu’il retire son pavillon au navire humanitaire
      https://www.ouest-france.fr/monde/migrants/aquarius-le-panama-annonce-qu-il-retire-son-pavillon-au-navire-humanita

      « L’administration maritime panaméenne a entamé une procédure d’annulation officielle de l’immatriculation du navire Aquarius 2, ex-Aquarius […] après la réception de rapports internationaux indiquant que le navire ne respecte pas les procédures juridiques internationales concernant les migrants et les réfugiés pris en charge sur les côtes de la mer Méditerranée », indiquent les autorités dans un communiqué diffusé sur leur site.

      Selon le Panama, la principale plainte émane des autorités italiennes, selon lesquelles « le capitaine du navire a refusé de renvoyer des migrants et réfugiés pris en charge vers leur lieu d’origine ». Elle rappelle également que le navire s’est déjà vu retirer son pavillon par Gibraltar. Or, selon le communiqué, « l’exécution d’actes portant atteinte aux intérêts nationaux constitue une cause de radiation d’office de l’immatriculation des navires ».

    • Migranti. Inchiesta Diciotti, la Procura chiede l’archiviazione per Salvini

      La Procura di Catania ha formulato una richiesta di archiviazione nei confronti del ministro degli Interni per la vicenda del presunto «sequestro» di migranti a bordo della nave Diciotti.

      «Adesso prendo il caffè, infilo la giacca, spengo la tele, e da persona libera e non più indagata torno al mio lavoro. Grazie, grazie, grazie». Lo ha detto Matteo Salvini dopo aver dato lettura in diretta Facebook della lettera che lo informava della richiesta di archiviazione della procura di Catania per i fatti della nave Diciotti. «Il procuratore di Catania #Zuccaro chiede l’archiviazione. Gioia, soddisfazione. Ma il procuratore di Agrigento perché ha indagato? Quanto è costata l’inchiesta per un reato che non esisteva? Quanti uomini sono stati impiegati? Sono innocente, potevo e dovevo bloccare gli immigrati. È una buona notizia per me, i gufi dei centri sociali saranno abbacchiati. Richiesta motivata di archiviazione».

      In realtà non è debba ancora la parola «fine» sulla vicenda. Infatti il Tribunale dei ministri etneo (composto da tre giudici sorteggiati tra i magistrati del Distretto della Corte d’appello) ha ancora 90 giorni di tempo per decidere se accogliere o meno la richiesta di archiviazione del procuratore Carmelo Zuccaro. Il ministro era stato indagato per vari reati, tra cui quello di sequestro di persona, per aver trattenuto la nave militare Diciotti alcuni di giorni attraccata al porto di Catania senza far sbarcare i 150 migranti a bordo. La vicenda si era poi sbloccata quando altri Stati dell’Unione europea, tra cui Irlanda e Albania e la Chiesa italiana, hanno dato disponibilità a partecipare alla redistribuzione dei rifugiati.

      https://www.avvenire.it/attualita/pagine/18

    • Italie. #Salvini bientôt jugé pour #séquestration ?

      En août, le ministre de l’Intérieur italien avait refusé à 177 migrants de débarquer dans le port de Catane, en Sicile, les bloquant pendant six jours. Un tribunal de Palerme a recommandé, à la surprise générale, que Matteo Salvini soit jugé pour séquestration.


      https://www.courrierinternational.com/article/italie-salvini-bientot-juge-pour-sequestration

    • Caso Diciotti, ecco l’atto d’accusa del tribunale: “Il ministro Salvini ha agito fuori dalla legge”

      Per i giudici sono state violate norme internazionali e nazionali. «L’obbligo di salvare la vita in mare costituisce un preciso dovere degli Stati e prevale su tutte le norme finalizzate al contrasto dell’immigrazione irregolare»

      https://palermo.repubblica.it/cronaca/2019/01/24/news/caso_diciotti_ecco_l_atto_d_accusa_del_tribunale_il_ministro_salv

    • La richiesta di autorizzazione a procedere nel caso Diciotti

      Domanda di autorizzazione a procedere per il delitto di sequestro di persona aggravato a carico del Ministro dell’interno in carica, nonché leader di uno dei due partiti che governano il Paese con ampio sostegno popolare. Il provvedimento che qui si annota non può lasciare indifferenti: sta succedendo qualcosa di eccezionale quando un Tribunale della Repubblica chiede che il Ministro dell’interno venga processato per un reato che prevede la pena della reclusione da tre a quindici anni.

      E la situazione è ancora più anomala, se si considera che il fatto per cui la magistratura chiede ad una Camera di procedere (in questo caso il Senato, essendo il Ministro dell’interno anche senatore della Repubblica) non è un episodio corruttivo o comunque legato a fatti che l’indagato nega o sono discutibili. In questo caso il reato che si contesta risulta integrato da una condotta, la chiusura dei porti ai migranti provenienti dalla Libia, che il Ministro dell’interno continua tuttora a rivendicare come parte fondamentale del proprio programma politico e di governo. Il contrasto all’ingresso di stranieri irregolari in Italia viene attuato con la strategia dei “porti chiusi”, che riscuote, stando ai sondaggi, un larghissimo consenso nel corpo elettorale.

      Con questo provvedimento, i magistrati di Catania affermano che il Ministro, diretto responsabile della concreta attuazione di tale strategia politica, deve rispondere del gravissimo reato di sequestro di persona a carico di 177 migranti, e chiedono al Senato, secondo la procedura prevista per i reati ministeriale dalla legge cost. n. 1/1989, l’autorizzazione a procedere a suo carico. Il Tribunale di Catania sta esorbitando dalle proprie competenze, come afferma il Ministro parlando di «toghe di sinistra che invadono il campo della politica»? Avrebbe dovuto il Tribunale accogliere la richiesta della procura etnea di archiviare il procedimento, in quanto il principio di separazione dei poteri vieterebbe alla magistratura penale di valutare la legittimità di atti politici esplicitamente rivendicati dalle più alte autorità di governo? A noi pare che le 50 pagine che mettiamo qui a disposizione del lettore forniscano una risposta convincente del contrario, e cioè che la decisione presa dai giudici di Catania è corretta, e per quanto dirompente è l’unica risposta appropriata rispetto alla gravità dei fatti avvenuti, sotto gli occhi di tutti, la scorsa estate a Catania.

      Di seguito forniremo al lettore niente più che una “guida alla lettura” dell’articolato percorso argomentativo seguito dai giudici siciliani, per svolgere poi alcune riflessioni riguardo ai prossimi esiti cui può dare luogo la vicenda.

      Le motivazioni della richiesta di autorizzazione a procedere

      Gli eventi sono noti, e possono essere qui riassunti in termini molto sintetici. Il 14 agosto 2018 veniva segnalata un’imbarcazione con a bordo diverse decine di soggetti di varie nazionalità (in prevalenza eritrea e somala), proveniente dalla Libia, che versava in una situazione molto precaria. Nei giorni successivi all’avvistamento, insorgeva una controversia tra le autorità italiane e maltesi circa la responsabilità per il soccorso dei naufraghi, sino a che il precipitare della situazione induceva le motovedette della Guardia costiera italiana ad intervenire, trasferendo poi i 177 stranieri soccorsi sulla motonave Diciotti. Dopo tre giorni di stazionamento nei pressi di Lampedusa, dovuto al fatto che tra le autorità italiane e maltesi perdurava il contrasto circa l’individuazione del Paese responsabile dell’indicazione del Pos (place of safety), il 20 agosto la Diciotti riceveva l’autorizzazione ad entrare nel porto di Catania, ma non a sbarcare i migranti della nave. Il Ministro degli interni rifiutava, infatti, il rilascio del Pos (e quindi l’autorizzazione allo sbarco), sino a che non si fosse sbloccata la trattativa a livello europeo su quali Paesi fossero disponibili ad accogliere i migranti presenti sulla nave. In considerazione delle difficili condizioni in cui i migranti versavano, costretti a vivere da diversi giorni su un’imbarcazione inadatta ad accogliere un numero così elevato di ospiti, il 22 agosto, a seguito di esplicita richiesta del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minori di Catania, veniva autorizzato lo sbarco dei minori non accompagnati, mentre solo il 25 agosto venivano sbarcati tutti gli altri.

      Il Tribunale, che ripercorre giorno per giorno le vicende appena descritte, distingue due fasi temporali. La prima, dal 15/16 agosto, quando i migranti vengono tratti a bordo dalla Diciotti, sino all’ingresso nel porto di Catania del 20 agosto; e la seconda, da tale data sino al 25 agosto, durante la quale i migranti vengono trattenuti sulla Diciotti senza poter sbarcare.

      Per quanto riguarda la prima fase, il Tribunale etneo esclude la sussistenza di condotte costituenti reato da parte del Ministro, richiamandosi integralmente alle motivazioni sul punto del Tribunale dei ministri di Palermo, che peraltro non vengono neppure curiosamente riassunte, e che non sono note a chi scrive. Ci limitiamo qui a ricordare che la Procura di Agrigento aveva aperto il procedimento a carico del Ministro, trasferendo gli atti al competente Tribunale dei ministri di Palermo, sul presupposto che fosse penalmente rilevante già lo stazionamento forzato nelle acque di Lampedusa, mentre proprio una diversa valutazione di questa prima fase della vicenda aveva indotto i giudici palermitani a trasferire gli atti ai colleghi catanesi, reputando che solo in relazione al trattenimento nel porto etneo si potesse configurare un fatto penalmente illecito.

      Riguardo allora ai cinque giorni (dal 20 al 25 agosto) in cui gli stranieri sono stati bloccati sulla Diciotti nel porto di Catania, il Tribunale ritiene che sussistano gli estremi della fattispecie di cui all’art. 605, comma 3 (sequestro di persona aggravato dall’abuso della qualità di pubblico ufficiale e della minore età di alcune delle vittime).

      Il quadro probatorio su cui il Tribunale fonda le proprie conclusioni è ampio, visto in particolare che nella fase istruttoria condotta dal medesimo Tribunale è stata assunta la testimonianza di tutti i membri apicali della catena decisionale che ha condotto alla chiusura per 5 giorni del porto di Catania ai migranti della Diciotti: il Questore, il Prefetto e il Comandante della Capitaneria di porto di Catania, e il capo di gabinetto del Ministero dell’interno e il suo vice.

      Prima di analizzare i singoli elementi costitutivi del reato, la sentenza si impegna in una ricostruzione del «quadro normativo di riferimento del procedimento di sbarco e delle competenze amministrative» ad esso relative, con l’obiettivo di «chiarire quali siano i doveri degli Stati, le relative competenze e i limiti di discrezionalità esistenti nella gestione del fenomeno del soccorso in mare» (p. 6).

      La premessa da cui prende le mosse il Tribunale nella sua analisi del quadro sovranazionale è che «l’obbligo di salvare la vita in mare costituisce un preciso dovere degli Stati e prevale su tutte le norme e gli accordi bilaterali finalizzati al contrasto dell’immigrazione irregolare. Le Convenzione internazionali in materia, cui l’Italia ha aderito, costituiscono un limite alla potestà legislativa dello Stato e, in base agli artt. 10, 11 e 117 Cost., non possono costituire oggetto di deroga da parte di valutazioni discrezionali dell’autorità politica, assumendo un rango gerarchico superiore rispetto alla disciplina interna» (p. 7).

      Il provvedimento ricostruisce allora la normativa di riferimento, con particolare riferimento alla Convenzione Solas del 1974 e alla Convenzione Sar del 1979, così come emendate nel 2006. Un’analisi del concreto piano operativo predisposto dalle autorità italiane, in conformità agli obblighi internazionali in materia di soccorso in mare, mostra secondo il Tribunale come «ove l’attività di soccorso in mare sia stata effettuata materialmente da unità navali della Guardia costiere italiana, la richiesta di assegnazione del POS debba essere presentata da MRCC Roma (Maritime Rescue Coordination Center) al Centro nazionale di coordinamento (NCC), che poi provvederà all’inoltro della stessa al competente Dipartimento per le libertà civili e per l’immigrazione del Ministero dell’interno, competente all’indicazione del POS ove operare lo sbarco» (p. 12).

      Molto importante è poi il passaggio in cui il Tribunale ricostruisce i caratteri essenziali del procedimento delineato per i reati ministeriali dalla legge cost. n. 1/1989, ove è necessario tenere distinta la «valutazione di tipo tecnico-giuridico» demandata al Tribunale, che deve decidere della sussistenza del reato secondo i canoni della legislazione penale comune, e la valutazione politica che l’art. 9 della legge affida al Parlamento quando prevede che l’assemblea della Camera di appartenenza «può, a maggioranza assoluta dei suoi componenti, negare l’autorizzazione a procedere ove reputi, con valutazione insindacabile, che l’inquisito abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell’esercizio della funzione di Governo». Proprio tenendo a mente la peculiare scansione procedimentale prevista per i reati ministeriali, il Tribunale esclude di dover valutare i connotati politici della decisione di impedire lo sbarco dei migranti, richiamando puntualmente in senso conforme una decisione delle Sezioni unite della Cassazione, per cui «il carattere politico del reato, il movente che ha determinato il soggetto a delinquere, nonché il rapporto che può sussistere tra il reato commesso e l’interesse pubblico della funzione esercitata, proprio in conseguenza di quanto disposto dalla l. cost. n. 1/1989, sono criteri idonei a giustificare la concessione o negazione dell’autorizzazione a procedere da parte della Camera o del Senato, ma non sono certamente qualificabili come condizioni per la configurabilità dei reati ministeriali» (Cass., Sez. unite, n. 14/1994, citata a p. 14).

      Venendo ad analizzare la sussistenza degli elementi costitutivi del reato contestato, il Tribunale prende ovviamente le mosse dall’elemento oggettivo, e dedica particolare attenzione ad individuare il momento a partire dal quale gli uffici competenti del Ministero dell’interno avevano il dovere giuridico di assegnare un Pos ai migranti, e dunque la loro permanenza sulla Diciotti deve ritenersi illegittima. I giudici catanesi ripercorrono le concitate vicende dei giorni successivi all’avvistamento dell’imbarcazione e la controversia insorta tra autorità italiane e maltesi su chi fosse tenuto secondo la normativa internazionale a prestare soccorso (in un passaggio il Tribunale arriva a definire «moralmente censurabile» il comportamento della autorità maltesi). Una volta tuttavia constatata l’indisponibilità di Malta ad indicare un Pos per i migranti, ed una volta autorizzata la Diciotti a dirigersi verso le coste siciliane, le autorità italiane avevano assunto di fatto e di diritto la gestione dei soccorsi, e avevano secondo la normativa internazionale il dovere di indicare nel più breve tempo possibile un Pos ove i naufraghi potessero sbarcare. Per queste ragioni, conclude sul punto il Tribunale, «l’omessa indicazione del POS da parte del Dipartimento per le libertà civili e per l’immigrazione, dietro precise direttive del MdI, ha determinato, dopo che alle ore 23.49 del 20 agosto l’unità navale Diciotti raggiungeva l’ormeggio presso il porto di Catania (così creando le condizioni oggettive per operare lo sbarco), una situazione di costrizione a bordo delle persone soccorse fino alle prime ore del 26 agosto (quando veniva avviata la procedura di sbarco a seguito dell’indicazione del POS nella tarda serata del 25 agosto dal competente Dipartimento, dietro nulla osta del Ministro), con conseguente apprezzabile limitazione della libertà di movimento dei migranti, integrante l’elemento oggettivo del reato contestato. Non vi è dubbio, invero, che la protratta presenza dei migranti per cinque giorni a bordo di una nave ormeggiata sotto il sole in piena estate dopo avere già affrontato un estenuante viaggio durato diversi giorni, la necessità di dormire sul ponte della nave, le condizioni di salute precaria di numerosi migranti, la presenza a bordo di donne e bambini, costituiscono circostanze che manifestano le condizioni di assoluto disagio psico-fisico sofferte dai migranti a causa di una situazione di “costrizione” a bordo non voluta e subita, sì da potersi qualificare come “apprezzabile”, e dunque, penalmente rilevante, l’arco temporale di privazione della libertà personale sofferto» (p. 24).

      Quanto all’elemento soggettivo del reato, il Tribunale ricorda anzitutto come l’art. 605 cp delinei una fattispecie a dolo generico, per la cui integrazione è sufficiente la consapevolezza di infliggere alla persona offesa una illegittima privazione della libertà personale, mentre risultano irrilevanti gli scopi ulteriori perseguiti dall’agente. Nel medesimo paragrafo del provvedimento in materia di elemento soggettivo il Tribunale affronta poi tre questioni attinenti a ben vedere non già all’elemento psicologico del reato, bensì alle diverse questioni (di natura in realtà oggettiva) della riferibilità del divieto di sbarco ad una condotta personale del Ministro, e della presenza di cause giustificazione: la «questione della riconducibilità dell’omessa indicazione del POS e del correlato divieto di sbarco ad una precisa direttiva del MdI», la questione dell’«accertamento del carattere illegittimo della privazione dell’altrui libertà, in quanto adottata contra legem», e infine la questione dell’«assenza di cause di giustificazione con valenza scriminante ex art. 51 c.p.».

      Nulla quaestio circa il primo profilo, relativo al personale e diretto coinvolgimento del Ministro degli interni nella decisione di non far sbarcare i migranti. Oltre al fatto che il Ministro in numerose occasioni pubbliche ha esplicitato come la decisione di non fare sbarcare i porti fosse a lui direttamente ascrivibile, tutti i vertici amministrativi sentiti in fase istruttoria hanno confermato il continuo e diretto coinvolgimento del Ministro nella gestione della vicenda, ed in particolare hanno chiarito come la mancata indicazione del Pos nei giorni in cui la Diciotti si trovava a Catania fosse unicamente ascrivibile alle chiare indicazioni in tal senso provenienti dal Ministro stesso.

      Nella motivazione segue poi un paragrafo intitolato «La consapevolezza della “illegittimità” della restrizione dell’altrui libertà», ove peraltro il Tribunale torna ad argomentare intorno alla questione della legittimità (oggettiva) del rifiuto di sbarco alla luce della normativa internazionale (ribadendo come il contenzioso con Malta circa la responsabilità per i soccorsi non può valere a giustificare il rifiuto di sbarcare i migranti una volta che questi erano arrivati in Italia, dietro indicazione della stessa autorità italiana), piuttosto che interrogarsi circa la consapevolezza da parte del Ministro di tale normativa. Tale consapevolezza, considerato il ruolo apicale nella catena decisionale rivestito dall’imputato e l’importanza della questione, viene in sostanza ritenuta implicita dal Tribunale. In effetti, ragionando altrimenti si tratterebbe di ritenere scusante l’eventuale ignoranza da parte del Ministro della normativa nazionale e sovranazionale relativa alle materie oggetto delle sue specifiche competenze istituzionali. Un’ipotesi che peraltro non trova alcun riscontro nell’istruttoria dibattimentale, ove al contrario è emerso come i collaboratori diretti del Ministro gli avessero riferito la richiesta di Pos della Diciotti ed il Ministro avesse opposto un deciso e consapevole rifiuto all’adempimento del dovere di sbarcare i migranti. Probabilmente sarebbe stato preferibile se il Tribunale avesse più chiaramente motivato le ragioni per cui riteneva con ragionevole certezza che il Ministro conoscesse i doveri internazionali connessi alle attività di salvataggio; ma non ci sembra che in effetti vi siano elementi per sostenere l’ignoranza incolpevole della disciplina normativa da parte del Ministro, che peraltro non ha mai sostenuto tale linea difensiva nelle accese reazioni social conseguenti alla richiesta di autorizzazione.

      L’ultimo profilo analizzato dal Tribunale in ordine agli elementi costitutivi del reato riguarda la configurabilità della scriminante di cui all’art. 51 cp. Il provvedimento in esame ne esclude gli estremi, in quanto il Ministro non ha agito in adempimento del suo dovere istituzionale di garantire l’ordine e la sicurezza pubblica: «Lo sbarco di 177 cittadini stranieri non regolari non poteva costituire un problema cogente di “ordine pubblico” per diverse ragioni, ed in particolare: a) in concomitanza con il “caso Diciotti”, si era assistito ad altri numerosi sbarchi dove i migranti soccorsi non avevano ricevuto lo stesso trattamento; b) nessuno dei soggetti ascoltati da questo Tribunale ha riferito (come avvenuto invece per altri sbarchi) di informazioni sulla possibile presenza, tra i soggetti soccorsi, di “persone pericolose” per la sicurezza e l’ordine pubblico nazionale» (p. 40).

      La sola ragione per cui per cinque giorni è stato impedito lo sbarco degli stranieri dalla Diciotti è stata secondo il Tribunale la volontà politica del Ministro di fornire un’immagine di fermezza nella trattativa in corso in sede europea circa i criteri per la ripartizione dei migranti che fuggono dalla Libia: «La decisione del Ministro non è stata adottata per problemi di ordine pubblico in senso stretto, bensì per la volontà meramente politica – “estranea” alla procedura amministrativa prescritta dalla normativa per il rilascio del POS – di affrontare il problema della gestione dei flussi migratori invocando, in base al principio di solidarietà, la ripartizione dei migranti a livello europeo tra tutti gli Stati membri» (ibidem).

      Il Tribunale ricorda le sentenze della Corte costituzionale (n. 105/2001) e della Corte Edu (Khlaifia, 2016) che hanno affermato l’applicabilità delle garanzie sul rispetto della libertà personale anche agli stranieri in situazione di ingresso o soggiorno irregolari, e conclude che l’estraneità della decisione di impedire lo sbarco a finalità proprie dell’ufficio ricoperto dall’inquisito, che era mosso da finalità politiche estranee ai suoi doveri istituzionali, impedisce il riconoscimento della scriminante di cui all’art. 51 cp.

      L’ultimo passaggio della motivazione riguarda proprio il rilievo giuridico da attribuire alla natura politica dell’atto contestato al Ministro; l’argomento della natura politica dell’atto, che alla luce del principio della separazione dei poteri ne avrebbe impedito la sindacabilità da parte dell’autorità giudiziaria, aveva condotto la Procura di Catania a chiedere l’archiviazione del procedimento, e il tema viene affrontato con particolare acribia dal Tribunale. I giudici catanesi affermano la necessità di distinguere tra «atto politico», insindacabile tout court dal giudice penale, e «atto amministrativo adottato sulla scorta di valutazioni politiche», che non si sottrae al vaglio di legalità del giudice penale. In ogni caso,

      «il dogma dell’intangibilità dell’atto politico è oggi presidiato da precisi contrappesi, caratterizzati dal “principio supremo di legalità”, dalla Carta costituzionale e dal rispetto dei diritti inviolabili in essa indicati, tra i quali spicca in primo luogo il diritto alla libertà personale. Segnatamente, a seguito dell’entrata in vigore della Costituzione repubblicana, i cui artt. 24 e 113 sanciscono l’indefettibilità ed effettività della tutela giurisdizionale, non è giuridicamente tollerabile l’esistenza di una particolare categoria di atti dell’esecutivo in relazione ai quali il sindacato giurisdizionale a tutela dei diritti individuali possa essere limitato o addirittura escluso» (p. 44).

      L’atto politico insindacabile dal potere giudiziario è solo quello che «afferisce a questioni di carattere generale che non presentino un’immediata e diretta capacità lesiva nei confronti delle sfere soggettive individuali» (il Tribunale cita a titolo esemplificativo l’adozione di decreti leggi e di decreti legislativi, o la stipula di un’intesa con una confessione religiosa ex art. 8, comma 3 Cost.). Nel caso di specie, il rifiuto del POS configura un atto amministrativo che, mosso da motivazioni politiche, è andato tuttavia pesantemente ad incidere sui diritti degli stranieri, in violazione della normativa interna e sovranazionale, e non può per questa ragione essere sottratto al controllo giurisdizionale.

      «L’atto del Ministro Sen. Matteo Salvini costituisce un atto amministrativo che, perseguendo finalità politiche ultronee rispetto a quelle prescritte dalla normativa di riferimento, ha determinato plurime violazioni di norme internazionali e nazionali, che hanno comportato l’intrinseca illegittimità dell’atto amministrativo censurata da questo Tribunale (…). Va dunque sgomberato il campo da un possibile equivoco e ribadito come questo Tribunale intenda censurare non già un atto politico dell’Esecutivo, bensì lo strumentale ed illegittimo utilizzo di una potestà ammnistrativa di cui era titolare il Dipartimento delle libertà civili e dell’immigrazione, che costituisce articolazione del Ministero dell’interno presieduto dal Sen. Matteo Salvini» (p. 47).

      Quali siano e quale rilievo abbiano le motivazioni politiche dell’agire del Ministro, sono argomenti che dovrà tenere in considerazione il Senato per decidere se concedere o meno l’autorizzazione a procedere. Il Tribunale si arresta alla constatazione che nell’esercizio delle sue funzioni il Ministro, con la decisione di impedire lo sbarco dei migranti della Diciotti, ha realizzato un fatto tipico di reato, non coperto da alcuna causa di giustificazione; i senatori decideranno se il Ministro abbia agito «per il perseguimento di un preminente interesse pubblico», e se dunque per tale reato l’autorità giudiziaria possa o meno procedere.

      La correttezza della decisione del Tribunale di Catania e gli scenari prossimi-venturi

      Le articolate argomentazioni appena sintetizzate ci paiono convincenti, e risultano anche, se studiate con attenzione, capaci di rispondere a molte delle critiche mosse alla decisione dal diretto interessato e da molti dei suoi sostenitori.

      Il primo punto consiste nella conformità o meno alla normativa interna ed internazionale della scelta di negare l’autorizzazione allo sbarco quando i migranti a bordo della Diciotti si trovavano nel porto di Catania. Il provvedimento qui annotato ha mostrato in modo molto chiaro come il problema della responsabilità di Malta nel non adempiere al proprio obbligo di soccorso proprio nulla abbia a che vedere con la questione dello sbarco a Catania, che è l’unico frammento della vicenda ritenuto dal Tribunale di rilievo penale.

      Una volta che l’Italia aveva assunto la concreta gestione del soccorso e aveva accettato, di fronte all’ostinato silenzio delle autorità maltesi, di accogliere la Diciotti a Catania, era evidente che gli stranieri dovessero sbarcare a Catania. Il problema della distribuzione dei migranti anche in altri Paesi europei si sarebbe posto in un momento successivo; ma non serve essere esperti di diritto internazionale del mare per capire che i migranti presenti da giorni in condizioni precarie su una nave militare italiana ancorata in un porto italiano dovevano essere immediatamente sbarcati e soccorsi in territorio italiano. Invocare la responsabilità di Malta per negare il dovere di fornire un POS una volta che i naufraghi erano arrivati a Catania, significa semplicemente sviare il discorso, sovrapponendo il problema della distribuzione dei flussi migratori a livello europeo e dell’incapacità di Malta di far fronte ai propri obblighi in materia Sar, al dovere di fornire un luogo di sbarco sicuro a coloro che in un modo o nell’altro erano comunque stati soccorsi da una nave italiana, e si trovavano in un porto italiano.

      Insomma, la controversia con Malta o il problema della distribuzione dei migranti a livello europeo sono irrilevanti al fine di valutare la legittimità del trattenimento per diversi giorni sulla nave Diciotti di soggetti, che avevano secondo la normativa interna ed internazionale il diritto a ricevere al più presto l’indicazione di un luogo sicuro dove poter sbarcare e ricevere assistenza, quale che fosse poi il loro destino e la loro destinazione finale. Il Ministro ha consapevolmente deciso di trattenere senza alcuna base legale i migranti sulla nave Diciotti, per apparire più forte sullo scenario politico internazionale ad avere più peso nelle trattative in corso a livello europeo per una gestione condivisa dei flussi di migranti dalla Libia. Ma è evidente che tale scelta politica sia stata attuata fuori dalla cornice normativa in cui è disciplinata la privazione dello straniero comunque presente nel territorio dello Stato.

      Ammesso allora che la privazione della libertà c’è stata ed è stata illegale, si pone il problema più delicato, e che nel dibattito pubblico ha assunto un peso determinante. Il Tribunale ha travalicato le proprie competenze? I giudici di Catania si sono arrogati il potere di sindacare le scelte politiche assunte dal Governo con il consenso degli elettori, violando in questo modo il principio della separazione dei poteri? Anche in questo caso, le motivazioni del provvedimento indicano le ragioni per cui la richiesta di autorizzazione non comporta alcuna ingerenza del potere giudiziario nelle prerogative politiche dell’esecutivo.

      È sufficiente, per giungere a tale conclusione, prendere in considerazione l’insieme della procedura delineata dalla legge costituzionale del 1989 riguardo all’accertamento dei cd. reati ministeriali, da intendere ai sensi dell’art. 96 Cost. come quei reati commessi dal Presidente del Consiglio e dai ministri nell’esercizio delle loro funzioni. Come correttamente ricorda il Tribunale, proprio la particolare natura politica degli atti ministeriali ha indotto il legislatore costituzionale a prevedere che la decisione di procedere all’accertamento di eventuali responsabilità penali conseguenti alla loro adozione non spetti solo alla magistratura penale, posto che il Parlamento può negare l’autorizzazione a procedere quando ritenga che le condotte integranti reato fossero volte al perseguimento di un «preminente interesse pubblico». Lo schema è molto chiaro: la magistratura penale accerta secondo i criteri del diritto penale comune se il Ministro abbia commesso un reato nell’esercizio del proprio potere di governo; il Parlamento può assumere la decisione politica di negare l’autorizzazione a procedere, se la commissione del reato era funzionale alla tutela di un più rilevante interesse pubblico.

      Ritenere allora, come ha fatto la Procura di Catania nella richiesta di archiviazione (della quale, peraltro, sono noti a chi scrive solo gli stralci pubblicati sulla stampa, e i brevi cenni contenuti nel provvedimento qui annotato), che la magistratura penale dovesse archiviare il procedimento in ragione delle finalità politiche che avevano mosso la decisione del Ministro, significa confondere le attribuzioni che il sistema costituzionale di accertamento dei reati ministeriali attribuisce rispettivamente al potere giudiziario e al Parlamento. I giudici devono valutare la commissione di un reato; nel caso di specie, valutare se la significativa privazione di libertà degli stranieri sulla Diciotti conseguente alla decisione del Ministro di vietare lo sbarco era stata disposta secondo la legge, configurandosi in caso contrario il delitto di sequestro di persona aggravato. Il Senato dovrà ora decidere se le finalità politiche addotte dal Ministro a giustificazione del proprio operato siano talmente pregnanti da imporre alla magistratura di arrestarsi nel procedimento di accertamento delle responsabilità.

      La separazione dei poteri, per concludere sul punto, non può comportare l’irragionevole conclusione che i membri del Governo sono immuni dalla giurisdizione penale ogniqualvolta esercitino le proprie funzioni politiche, che come ovvio devono invece sempre svolgersi nel quadro della legalità interna ed internazionale. Come tutti i cittadini, anche i Ministri, se nell’esercizio delle loro funzioni commettono dei reati, ne devono rispondere davanti alla giustizia penale, quali che siano i moventi politici che stanno a fondamento delle loro azioni. Il sistema costituzionale, proprio in ossequio al principio della separazione dei poteri, prevede tuttavia che il potere politico possa assumersi, mediante il voto del Parlamento, la responsabilità politica dell’azione del Ministro, che può venire ritenuta non meritevole di essere perseguita in quanto funzionale al raggiungimento di un più alto interesse pubblico. Ecco perché la magistratura non compie alcuna invasione di campo quando, constatata la commissione di un reato ad opera della condotta di un Ministro, non compie direttamente una valutazione circa la rilevanza politica di tale condotta, archiviando la notitia criminis perché connotata da motivi politici, ma correttamente chiede al Parlamento di decidere se dare o meno copertura politica all’operato del Ministro.

      La questione passa ora dunque nelle mani del Senato. Ai sensi dell’art. 9, comma 2, legge. cost. n. 1/1989, prima la Giunta competente per le autorizzazioni a procedere riferisce «con relazione scritta» all’assemblea, «dopo avere sentito i soggetti interessati ove lo ritenga opportuno o se questi lo richiedano»; entro sessanta giorni dalla trasmissione dalla richiesta al Senato (avvenuta il 23 gennaio), l’assemblea, a maggioranza assoluta dei suoi membri può «con valutazione insindacabile» negare l’autorizzazione a procedere quando ritiene che «l’inquisito abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell’esercizio della funzione di Governo».

      Non rimane, dunque, che attendere lo svolgimento dell’attività della Giunta e l’esito della deliberazione che assumerà l’assemblea del Senato. Vogliamo ora in conclusione provare a svolgere qualche cursoria riflessione su due problemi che ci paiono in questo momento centrali: quello dei presupposti e dei limiti del potere discrezionale del Parlamento in ordine alla richiesta di autorizzazione a procedere; e quello dell’eventuale giustiziabilità della decisione del Parlamento di fronte alla Corte costituzionale.

      Quanto alla prima questione, dal testo della norma (di rango costituzionale) che disciplina l’autorizzazione a procedere si evincono in particolare due elementi che ci paiono meritevoli di considerazione.

      In primo luogo, la norma prevede il quorum della maggioranza assoluta dei componenti per negare l’autorizzazione a procedere, mostrando l’attenzione del legislatore costituzionale a bilanciare l’ampio potere discrezionale assegnato al Parlamento con il richiedere che ad assumersi la responsabilità di impedire per ragioni di interesse superiore alla magistratura penale di procedere all’accertamento dei reati sia una maggioranza qualificata dei componenti l’assemblea. Una sorta di favor per il proseguimento dell’azione penale, che conferma la natura eccezionale dei casi in cui il movente politico può rendere lecita la commissione di reati [1].

      Il secondo punto riguarda proprio l’ampiezza del potere discrezionale che la legge costituzionale attribuisce al Parlamento, non solo per la definizione molto ampia dei requisiti che legittimano il diniego dell’autorizzazione, ma in particolare per la precisazione che il Parlamento si esprime «con valutazione insindacabile». È chiara la volontà di sottolineare la natura politica, e non più tecnico-giuridica, del giudizio che il Parlamento è chiamato a svolgere. La sua diretta legittimazione democratica gli consente di dichiarare «insindacabilmente» non perseguibile una condotta che pur potrebbe costituire reato, quando la ritiene funzionale ad un interesse pubblico superiore.

      Nel caso che ci interessa, il problema ci pare presentarsi in questi termini: la tutela dei confini e la gestione dei flussi migratori, invocate dal Ministro a giustificazione della scelta di impedire lo sbarco dei migranti dalla Diciotti, rendono non perseguibile la privazione per 5 giorni della libertà personale di 177 persone, che sono state trattenute in violazione della normativa in materia interna ed internazionale? Ci auguriamo che su questo interrogativo, dai profondi risvolti etici oltre che giuridici, si voglia concentrare il dibattito politico e parlamentare, più che su vacui e inconferenti richiami alla presunzione di innocenza o alla separazione dei poteri. Il Parlamento è libero di fornire a tale domanda la risposta «insindacabile» che politicamente la maggioranza riterrà opportuna, ma almeno è auspicabile che la questione, molto seria, posta dal Tribunale di Catania venga affrontata nel suo reale contenuto, e non ricalcando stereotipi conflittuali tra magistratura e politica, che ottengono il solo risultato di impedire un reale confronto sul merito politico della questione.

      Si tratta, in effetti, di una questione che tocca da vicino i fondamenti stessi del sistema democratico e di tutela dei diritti fondamentali. La questione che al Parlamento è sottoposta porta infatti con sé il problema quanto mai delicato di fissare i limiti entro cui il potere governativo può legittimamente esplicare la propria volontà politica. Proprio la legge costituzionale sui reati ministeriali ci dice che, a differenza che per gli altri cittadini, per i Ministri il limite fissato dalla legge penale non è di per sé sempre invalicabile nell’ambito della loro attività funzionale, perché il Parlamento, con valutazione insindacabile, può ritenere la commissione di un reato ministeriale non perseguibile per ragioni politiche. A bene vedere, è la stessa previsione dell’istituto dell’autorizzazione a procedere a comportare che la legge penale non è di per sé sempre un limite all’azione politica di governo.

      Eppure, è ovvio che in un sistema costituzionale e democratico un limite all’agire politico ci deve essere. Nessuno può avere dubbi che il Parlamento non potrebbe ad esempio, pur invocando il proprio potere discrezionale, negare l’autorizzazione a procedere qualora la magistratura fornisse le prove ad esempio che una decisione di un Ministro ha provocato la morte di più persone. Nel dibattito relativo ai casi di chiusura dei porti, del resto, si considera come implicito, anche da parte dei sostenitori della linea più intransigente, che la vita dei profughi non possa essere messa a rischio dal divieto di sbarcare. La politica quindi, anche quando si esprime con le forme più dure, riconosce l’esistenza di un limite oltre il quale non può spingersi, e nel caso dei migranti nei porti il limite è stato individuato nella tutela della vita umana dei migranti. Ma questo limite, che fissa i termini entro cui neppure la più alta ragion di Stato può condurre a legittimare un fatto lesivo dei diritti fondamentali, può essere davvero nella libera e assoluta disponibilità del potere politico, o il sistema costituzionale e sovranazionale vigente pone dei vincoli alla sua fissazione?

      Nel sistema di tutela convenzionale dei diritti fondamentali, questo limite come noto è fissato in maniera molto netta all’art. 15 Cedu, secondo cui neppure nei casi estremi di urgenza, come «in caso di guerra o in caso di pericolo pubblico che minacci la vita della nazione», lo Stato può derogare alla tutela dei diritti garantiti agli artt. 2 (diritto alla vita), 3 (divieto di tortura e trattamenti inumani e degradanti), 4 § 1 (divieto di schiavitù) e 7 (nullum crimen). Il sistema costituzionale non prevede, come noto, alcuna disposizione relativa alla possibile deroga ai diritti fondamentali determinata da ragioni eccezionali, ma l’indicazione convenzionale ci pare senz’altro da tenere in considerazione anche in prospettiva costituzionale, considerato il rilievo para-costituzionale che le disposizioni convenzionali assumono a livello interno per il tramite dell’art. 117 Cost.

      In questa prospettiva, il problema rispetto al caso della Diciotti sarebbe quello di valutare se il trattenimento dei migranti – sicuramente lesivo del diritto alla libertà personale riconosciuto dall’art. 13 Cost. e dall’art. 5 Cedu – sia altresì in contrasto con il divieto di trattamenti inumani e degradanti di cui all’art. 3 Cedu, cui le autorità italiane si sono convenzionalmente impegnate a non derogare neppure nei casi più estremi di pericolo per la Nazione. La questione non è stata oggetto di particolare attenzione da parte dei giudici catanesi, posto che il reato di sequestro di persona contestato al Ministro era configurabile a prescindere dalle condizioni in cui avveniva il trattenimento. E tuttavia, se si accoglie l’idea che i limiti all’inderogabilità dei diritti convenzionali fissino anche il perimetro entro cui può esercitarsi il potere di governo, proprio l’attenta valutazione delle condizioni in cui versavano i migranti dovrebbe risultare decisiva per decidere se i fatti commessi possano essere legittimamente dichiarati improcedibili da una discrezionale scelta politica del Parlamento.

      Accolta l’idea che sia necessario porre dei limiti non solo politici, ma anche giuridici, all’azione di governo, il successivo problema da risolvere risulta quello della giustiziabilità di tali limiti. Nel sistema convenzionale la risposta è chiara: lo Stato risponde sempre delle violazioni dei diritti inderogabili di cui all’art. 15 Cedu commessi dai suoi rappresentanti, quale che siano le ragioni politiche che ne giustifichino il compimento. In ambito interno, il problema si fa più arduo, anche perché mancano precedenti specifici. Qualora il Parlamento dovesse negare l’autorizzazione a procedere, ritenendo che la privazione di libertà e i trattamenti inumani e degradanti subiti dai migranti della Diciotti siano giustificati dalla necessità politica di tutelare i confini dello Stato, potrebbe il Tribunale di Catania sollevare un conflitto di attribuzione con il Senato di fronte alla Corte costituzionale, adducendo che il Senato ha ecceduto i poteri conferitigli dalla legge costituzionale del 1989?

      Il problema, inedito a quanto ci risulta nella giurisprudenza costituzionale, è stato poco indagato anche dalla dottrina, specie penalistica. Uno dei pochi contributi che prende specifica posizione sul punto ritiene di non escludere la possibilità che la Corte costituzionale censuri l’uso distorto del proprio potere discrezionale da parte del Parlamento, anche se il vaglio della Corte deve stare attento a non sindacare il merito delle scelte politiche attribuite in via esclusiva al Parlamento dalla legge costituzionale del 1989 [2]. A noi pare in effetti che sarebbe disarmonico rispetto al complessivo sistema costituzionale di bilanciamento tra i poteri, prevedere nel caso dei reati ministeriali che il Parlamento possa opporre al potere giudiziario un rifiuto del tutto sottratto al giudizio di legittimità della Corte costituzionale. La legge costituzionale è chiara nel prevedere che il potere dell’organo parlamentare si esercita sulla base di determinati presupposti, il cui rispetto non può essere sottratto al controllo della Corte costituzionale, pena un pericoloso sbilanciamento del sistema costituzionale di check and balance. Qualora dunque la Corte venisse investita della questione, dovrebbe certo astenersi dal valutare nel merito la legittimità politica della decisione del Parlamento, ma non dovrebbe invece astenersi dal valutare se il rifiuto opposto dal Parlamento all’autorità giudiziaria sia conforme al complessivo sistema normativo di valori che l’azione di ogni autorità pubblica, in uno Stato democratico, è tenuta a rispettare; ed in questo senso, lo ripetiamo, il catalogo di cui all’art. 15 Cedu delinea a nostro avviso in modo anche costituzionalmente significativo il perimetro di liceità delle azioni di governo, quale che sia il contesto in cui intervengono o la finalità che perseguono.

      La natura “a caldo” di queste righe non consente di soffermarci più a lungo sulle complesse questioni, penalistiche e costituzionalistiche, che abbiamo appena cercato di evidenziare. Ci permettiamo in conclusione di auspicare che nelle prossime settimane, che vedranno impegnato il Senato nella decisione demandatagli dal Tribunale di Catania, la comunità dei giuristi voglia fornire un contributo significativo al dibattito pubblico che si svilupperà in Senato. Al di là della decisione che il Parlamento sovranamente vorrà assumere, ci pare importante che l’opinione pubblica sia resa consapevole dell’importanza della decisione che il Senato è chiamato a prendere. Si tratta di capire sino a che punto l’attuazione di una pur legittima pretesa politica possa andare ad incidere sui diritti fondamentali delle persone, e su dove di conseguenza sia fissato il limite che in uno Stato democratico non può essere superato dall’azione di governo. Su un tema di tale portata, sarebbe fondamentale avere un’opinione pubblica capace di prendere posizione in modo consapevole. I limiti al potere politico devono trovare affermazione, se necessario, anche di fronte alle Corti supreme, italiane e europee; ma il vero fondamento dei valori affermati nelle Carte dei diritti fondamentali e nella Costituzione sta solo nella condivisione di tale valori da parte dei consociati, e la vicenda della Diciotti può essere una occasione preziosa per condurre il dibattito pubblico a riflettere seriamente sulla pericolosa direzione che sta prendendo, anche nelle ore in cui si scrive, la politica governativa in materia di soccorso e assistenza ai naufraghi provenienti dalla Libia.

      [1] In questo senso cfr. un recente lavoro monografico dedicato al tema dei reati ministeriali: M. Bellacosa, I profili penali del reato ministeriale, 2012, p. 72.

      [2] Così M. Bellacosa, cit., pp. 73 ss.: «Stante la fissazione legislativa di precisi criteri che l’Assemblea deve seguire onde pervenire al diniego di autorizzazione, non pare si possa escludere l’ammissibilità del ricorso proposto dal potere giudiziario avverso il rifiuto di autorizzazione motivato con riferimento ad interessi diversi da quelli indicati dall’art. 9 l. cost. 1/89 o, peggio, fondato solo su motivi di opportunità politica. Invero, considerati i margini ridotti entro i quali le Camere possono disporre il diniego di autorizzazione, la Corte costituzionale dovrebbe potersi spingere a sindacare quelle delibere che appaiano viziate dallo sviamento rispetto alle finalità considerate dalla legge di revisione (…) Rimarrebbe perciò precluso esclusivamente il sindacato sul merito delle valutazioni compiute dalle Assemblee, quando esse abbiano legittimamente individuato l’interesse costituzionalmente rilevante o preminente nella funzione di Governo, che prevale, a loro insindacabile giudizio, sull’interesse tutelato dalla norma incriminatrice violata dal ministro inquisito».

      http://questionegiustizia.it/articolo/la-richiesta-di-autorizzazione-a-procedere-nel-caso-diciotti_29-0

    • Gli eritrei della Diciotti: un po’ di storia per Salvini e i “portavoce” 5S

      Il Ministro del’Interno leghista li ha definiti “irregolari”. Mauro Coltorti, portavoce 5S, ha affermato che in Eritrea e in Etiopia “non si muore di fame e non si vive male”. Dietro la propaganda del governo, però, ci sono guerre, torture, leva a tempo indeterminato e affari di “imprenditori” italiani. Compreso qualche ex esponente leghista.

      https://www.dinamopress.it/news/gli-eritrei-della-diciotti-un-po-storia-salvini-portavoce-5s
      #réfugiés_érythréens #Erythrée #réfugiés_éthiopiens #Ethiopie

    • Il caso Diciotti tra Italia e Malta

      A Bruxelles il 24 agosto non si parlò del contenzioso tra Italia e Malta sul caso Diciotti. Lo rivela a Report un diplomatico presente alla riunione. In vista del dibattito in Senato sulle accuse al ministro dell’Interno Salvini, torna alla ribalta anche il caso dei minorenni bloccati a bordo della Sea Watch

      http://www.rainews.it/dl/rainews/media/Il-caso-Diciotti-tra-Italia-e-Malta-39a16c1e-eea3-49a0-9674-d58762c6bd56.htm

    • Migrants : le Sénat italien doit se prononcer sur la levée de l’#immunité de #Salvini

      Ce mercredi 20 mars, à 13 heures, les sénateurs italiens voteront pour ou contre la poursuite de la procédure judiciaire lancée contre le ministre de l’intérieur Matteo Salvini. Cela fait suite au « cas #Diciotti » : en août dernier, 177 migrants ont été contraints de rester dix jours à bord du navire qui les avait secourus en Méditerranée.

      https://www.mediapart.fr/journal/international/190319/migrants-le-senat-italien-doit-se-prononcer-sur-la-levee-de-l-immunite-de-
      #levée_de_l'immunité

    • I dubbi sulla capacità della Libia di soccorrere migranti

      Si torna a parlare del caso Diciotti, cioè del caso della nave della guardia costiera italiana bloccata per cinque giorni nel porto di Catania alla fine di agosto del 2018, senza che fosse concessa l’autorizzazione a far scendere l’equipaggio e le 177 persone soccorse qualche giorno prima, nelle acque internazionali tra l’Italia e Malta. Per questa vicenda il ministro dell’interno Matteo Salvini è stato accusato di sequestro di persona aggravato.

      Il senato il 20 marzo dovrà votare sull’autorizzazione a procedere, presentata dal tribunale dei ministri di Catania contro il ministro, mentre il 18 marzo Rai 3 trasmetterà un’inchiesta del giornalista Manuele Bonaccorsi sul caso. Nell’ambito di questo lavoro il giornalista Lorenzo Di Pietro ha intervistato Fred Kennedy, direttore degli affari legali dell’International maritime organization (Imo), che spiega perché anche se per altre organizzazioni delle Nazioni Unite– come l’Agenzia per i rifugiati, l’Unhcr – la Libia non è un paese sicuro in cui riportare i migranti intercettati in mare, Tripoli ha potuto in ogni caso dichiarare una zona di ricerca e soccorso libica nel giugno del 2018.

      In base alla Convenzione internazionale di ricerca e soccorso dell’International maritime organization (Imo) – l’agenzia delle Nazioni Unite per la sicurezza della navigazione – ogni paese membro determina la propria zona di ricerca e soccorso e ne decide l’ampiezza coordinandosi con gli stati confinanti. Anche nel caso della Libia è andata così: l’autorità marittima internazionale non ha valutato in maniera autonoma le capacità di Tripoli di agire nella propria area di competenza.

      https://www.internazionale.it/video/2019/03/18/imo-libia-sar-diciotti

    • Migrants : le Sénat italien doit se prononcer sur la levée de l’immunité de Salvini

      Ce mercredi 20 mars, à 13 heures, les sénateurs italiens voteront pour ou contre la poursuite de la procédure judiciaire lancée contre le ministre de l’intérieur Matteo Salvini. Cela fait suite au « cas Diciotti » : en août dernier, 177 migrants ont été contraints de rester dix jours à bord du navire qui les avait secourus en Méditerranée.

      https://www.mediapart.fr/journal/international/190319/migrants-le-senat-italien-doit-se-prononcer-sur-la-levee-de-l-immunite-de-

  • [RussEurope-en-Exil] La catastrophe de Gènes, l’Union européennes et la crise de sous-investissement que connaît l’Italie, par Jacques Sapir
    https://www.les-crises.fr/russeurope-en-exil-la-catastrophe-de-genes-lunion-europeennes-et-la-crise

    La catastrophe de Gènes, l’effondrement du pont Morandi, a bouleversé l’Italie et, au-delà, a choqué profondément la population française. L’écroulement d’une infrastructure de cette sorte pose d’innombrables questions. Tout d’abord, comment une telle catastrophe est-elle possible ? Des dizaines de millions d’automobilistes empruntent tous les ans ces grands ouvrages d’art. Comment se fait-il que l’entretien […]

    • . . . . .
      La concession de l’autoroute Milan-Gènes a été accordée en 2007 au groupe #Benetton soit sous le gouvernement de #Silvio_Berlusconi. Cette privatisation s’est faite dans des conditions discutables. Ainsi, le contrat de concession ne fut jamais rendu public et il est même couvert par le secret d’Etat[2].

      Symbole donc de cette mise en concession des infrastructures autoroutières, la situation du #pont_Morandi est complexe. La société concessionnaire (jusqu’en 2038) est #Autostrade Per l’Italia une société qui est la propriété à 88% du consortium Atlantia[3]. Ce consortium détient près de 50% du réseau autoroutier de l’Italie, et de nombreuses autres #infrastructures (dont les aéroports de #Nice et de #Cannes en France). Ce consortium a lui-même une structure de propriété assez complexe.

      Graphique 1

      Près de 45,5% des actions sont sur les marchés financiers. Sur les 54,5% restant, le principal actionnaire est #Sintonia (Edizione) qui appartient à la famille Benetton. Cette dernière est donc bien la responsable en dernier ressort.
      Par ailleurs, Atlantia a acquis des sociétés en #France, en #Pologne, au #Brésil et en #Inde, ainsi que, récemment, en #Espagne. Elle a ainsi acquise le groupe espagnol #Abertis qui a nommé comme l’un de ses directeurs en novembre 2016 M. Enrico Letta, qui fut le Président du Conseil italien en 2013-2014[4].

      La confusion des genres est ainsi évidente entre le monde des affaires (la famille Benetton), les banques et l’élite politique italienne. Mais, au-delà de cette collusion, on voit apparaître la responsabilité de l’#UE qui a fait de multiples pressions, directes (au nom de la sacro-sainte #concurrence) ou indirecte (en pressant l’Italie de réduire son déficit) pour que l’on arrive à cette situation où les #autoroutes sont, de fait, en gestion privée, et cela dans des conditions d’#opacité peu communes.
       
      2 – La place d’Autostrade Per l’Italia dans le « système » Atlantia
      Si l’on regarde de plus près les comptes d’Autostrade Per l’Italia on constate que cette société a fait des #profits très importants. Des profits que l’on peut même trouver excessifs. Que l’on en juge :

      Graphique 2
      Bilan d’Autostrade Per l’Italia
      Années 2016 et 2017


      Source : https://www.autostrade.it/documents/10279/4408513/Relazione_finanziaria_annual_ASPI_2017_completa.pdf

      On constate que ce que l’on appelle l’EBIT (soit Earnings Before Interest and Taxes) ou Revenus avant le paiement des intérêts et des impôts représente, en % de recettes pour 2016 pas moins de 49,3% et pour 2017 environ 48,5%. Autrement dit, cette société dégageait une somme d’#argent extrêmement importante qui, une fois les impôts et les intérêts payés, pouvait être supérieur au milliard d’euros, soit près de 25% du chiffre d’affaires d’environ 4 milliards en 2017. Autrement dit, Autostrade Per L’Italia était ce que l’on appelle vulgairement la « machine à #cash » du consortium Atlantia.

      Comment pouvait elle jouer ce rôle ? Quand on regarde le bilan d’API on constate qu’elle dépensait très peu pour l’entretien des autoroutes : en 2017 seulement 85 millions d’euros[5]. Il semble bien, de plus, que les coûts d’entretien soient beaucoup plus élevés dans le secteur privé que dans le secteur public.

      On en arrive à une première conclusion : API a sous-entretenu le réseau dont elle avait la responsabilité, afin de pouvoir payer grassement ses « propriétaires », soit la société Atlantia qui utilisait cet argent pour se livrer à de nouvelles acquisitions à l’international. Compte tenu du fait qu’API appartenait à 88% à Atlantia, la responsabilité de cette politique, qu’il faut bien appeler de catastrophique au vue de la tragédie du pont Morandi, repose en réalité sur Atlantia. Et, cette société appartenant de fait à la famille Benetton, via l’actionnaire majoritaire d’Atlantia qui est la société Sintonia, c’est sur les propriétaires de #Sintonia que doit retomber le blame.
      . . . . . . .

      [2] https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/08/16/ponte-morandi-costi-benefici-e-modalita-della-revoca-ad-autostrade-ma-gli-accordi-siglati-con-i-concessionari-sono-top-secret/4561884

      [3] http://www.atlantia.it/en/operations/italian-motorway-operations

  • Il y a déjà beaucoup de matériel sur seenthis concernant les #ONG en #Méditerranée (v. https://seenthis.net/messages/678296)

    Je me suis dite que cela valait la peine de commencer un nouveau fil, car il y aura encore beaucoup de choses à archiver depuis que le nouveau gouvernement en Italie a été formé...

    Ce fil complète plus particulièrement celui-ci : https://seenthis.net/messages/514535

    #asile #migrations #réfugiés #mourir_en_mer #sauvetage

    cc @isskein

    • Ong, Saviano replica a #Salvini: «Il diritto del mare ha una regola sacra: non si lasciano annegare le persone»

      Lo scrittore e giornalista Roberto Saviano risponde attraverso un video alle parole pronunciate dal leader della Lega e neo ministro Matteo Salvini ("Le Ong? No ai vice scafisti che attraccano nei porti"): «La poca conoscenza che ha il ministro Salvini del diritto del mare lo porta a ignorare un elemento fondamentale: le Ong agiscono sempre coordinate dalla Guardia Costiera italiana, quindi sempre nel rispetto delle regole. Dando dei ’vice scafisti’ a persone che salvano vite in mare, sta dando anche colpa alla Guardia costiera italiana e di questo deve prendersene responsabilità». Infine dice: «Il diritto del mare ha una regola eterna: Non si lasciano persone a mare, non si lasciano annegare. E non sarà Salvini a interrompere questo diritto sacro»

      https://video.repubblica.it/politica/ong-saviano-replica-a-salvini-il-diritto-del-mare-ha-una-regola-sacra-non-si-lasciano-annegare-le-persone/306649/307279?refresh_ce

    • Migranti, Salvini a Malta: «La nave Aquarius non può attraccare in Italia». La replica: «Non spetta a noi»

      La decisione del ministro dell’Interno che ha intimato a Malta di accettare la nave con a bordo 629 migranti che sta entrando nelle acque di competenza de La Valletta. Gino Strada: «Sconcertato nel vedere ministri razzisti o sbirri alla guida del mio Paese»


      https://roma.corriere.it/notizie/cronaca/18_giugno_11/migranti-salvini-la-aquarius-non-potra-approdare-un-porto-italiano-28e
      #Malte

    • #Aquarius, da Napoli a Palermo i sindaci contro Salvini: “I nostri porti sono aperti. È senza cuore e viola le norme”

      #Luigi_De_Magistris e #Leoluca_Orlando danno la loro disponibilità ad accogliere la nave Aquarius con a bordo gli oltre 600 migranti. Il sindaco di #Messina: «La nave è diretta qui, no a diktat: il porto è aperto». #Falcomatà (#Reggio_Calabria): «Disponibili come sempre». Pd: «Rischi umanitari, parli Conte». Boldrini: «Il ministro dell’Interno riporta il Paese ai tempi di sua nonna». Ma Forza Italia sta con il governo

      https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/06/10/aquarius-da-napoli-palermo-sindaci-contro-salvini-nostri-porti-sono-aperti-e-senza-cuore-e-viola-le-norme/4417316
      #Naples #Palerme #port

    • Migranti, Salvini a Malta: «Accolga la nave Aquarius, porti italiani chiusi». La replica: «Non è nostra competenza»

      Messaggio alle autorità maltesi: «Il porto più sicuro è il vostro». La risposta è negativa: «Il soccorso è stato coordinato da Roma». Il premier Conte: «Inviamo motovedette con medici». Alle 22.50 arrivano nuove istruzioni: fermarsi in mezzo al mare a 35 miglia dalla Sicilia


      http://www.repubblica.it/politica/2018/06/10/news/porti_salvini-198644488

    • De Magistris: «Il porto di Napoli pronto ad accogliere i migranti»

      Il sindaco del capoluogo campano risponde così alla decisione del ministro dell’Interno: «Metodo brutale, noi siamo per le vite umane». Con lui, i primi cittadini di Messina, Palermo, Reggio Calabria. Molte le critiche da sinistra. Grasso (Leu) commenta la foto di Salvini: «Olio di ricino su tela»

      http://www.repubblica.it/politica/2018/06/10/news/de_magistris_il_porto_di_napoli_pronto_ad_accogliere_i_migranti_-19866240

    • L’#Espagne va accueillir le navire avec 629 migrants en Méditerranée, le ministre italien Salvini crie victoire et prévient les autres navires

      L’Espagne a accepté d’accueillir le navire transportant les 629 migrants secourus au large de la Libye, dont le sort était l’enjeu d’un bras de fer entre Malte et l’Italie, a annoncé lundi le gouvernement de Pedro Sanchez. « Le président du gouvernement Pedro Sanchez a donné des instructions pour que l’Espagne honore les engagements internationaux en matière de crise humanitaire et a annoncé qu’elle accueillerait dans un port espagnol le navire Aquarius dans lequel se trouvent plus de 600 personnes abandonnées à leur sort en Méditerranée », indique un communiqué de la présidence du gouvernement.

      http://www.lalibre.be/actu/international/l-espagne-va-accueillir-le-navire-avec-629-migrants-en-mediterranee-le-minis

    • Migrants rejetés par l’Italie : l’Espagne propose d’accueillir l’« Aquarius » dans le port de Valence

      Six cent vingt-neuf passagers, dont de nombreux enfants, sont depuis samedi à bord du navire de sauvetage qui ne trouve pas de port pour l’accueillir.

      Un espoir pour les 629 migrants de l’Aquarius ? Le chef du gouvernement espagnol, Pedro Sanchez, a annoncé lundi 11 juin que son pays accueillerait le navire de sauvetage affrété par l’ONG française SOS-Méditerranée qui s’est vu refuser depuis samedi l’accès aux ports italiens et maltais.

      « Il est de notre obligation d’aider à éviter une catastrophe humanitaire et d’offrir un “port sûr” à ces personnes », dit un communiqué de la présidence du gouvernement, précisant que le port de Valence a été choisi comme destination du navire.

      Le premier ministre maltais, qui a lui-même refusé d’accueillir le navire, a remercié sur Twitter son homologue espagnol et proposé de faire parvenir des provisions à l’Aquarius. « Nous devrons nous réunir pour éviter qu’une telle situation se reproduise », écrit-il, ajoutant : « Il s’agit d’un problème européen. »

      Rien n’est pourtant acté du côté de l’association SOS-Méditerranée : « Cette déclaration politique doit encore trouver une traduction opérationnelle, notamment auprès des autorités maritimes », a indiqué au Monde Fabienne Lassalle, directrice adjointe de l’ONG.

      Depuis dimanche, la situation n’a pas évolué au large de Malte, où se trouve l’Aquarius, à quelque 30 milles de la petite île méditerranéenne, malgré les appels en ce sens de l’ONU et de Bruxelles. Sept femmes enceintes, 11 enfants en bas âge et 123 mineurs isolés notamment se trouvent à bord.

      « Impératif humanitaire »

      « Nous demandons à toutes les parties concernées de contribuer à un règlement rapide afin que les personnes à bord du navire Aquarius puissent être débarquées en toute sécurité dès que possible », a déclaré devant la presse le porte-parole de la Commission européenne, Margaritis Schinas, évoquant un « impératif humanitaire ».

      Le même terme a été repris par le Haut-Commissariat pour les réfugiés (HCR) de l’Organisation des Nations unies, qui a décrit la situation comme « un impératif humanitaire urgent ». « Les gens sont en détresse, ils sont à court de provisions et ont besoin d’aide rapidement », affirment les Nations unies. « Les questions plus larges de savoir qui a la responsabilité et comment ces responsabilités doivent être partagées entre Etats devraient être traitées plus tard », ajoute leur communiqué.

      En Europe, Berlin a fait part de sa préoccupation. « Le gouvernement allemand appelle toutes les parties impliquées à assumer leur responsabilité humanitaire », a déclaré le porte-parole du gouvernement allemand, Steffen Seibert.

      https://www.lemonde.fr/europe/article/2018/06/11/la-commission-europeenne-exhorte-malte-et-l-italie-a-trouver-une-solution-po
      #Valence

    • El Gobierno ofrece el puerto de Valencia para acoger a los 629 refugiados a la deriva en el Mediterráneo

      El Gobierno central acepta el ofrecimiento de Valencia como ciudad de acogida de los más de 600 inmigrantes que llevan días deambulando en un barco en el Mediterráneo. El alcalde de València, Joan Ribó, ha ofrecido este lunes la ciudad de para acoger a los refugiados del Aquarius, el barco de rescate de la ONG SOS Mediterráneo con 629 inmigrantes a bordo, entre ellos 123 menores, al que Italia ha cerrado sus puertos.

      https://www.eldiario.es/cv/Ribo-Valencia-refugiados-rescatados-Mediterraneo_0_781122098.html

    • Pedro Sánchez ofrece València como puerto para el ‘Aquarius’

      El Gobierno de España ha ofrecido a la ONU la ciudad de València como “puerto seguro” para el barco ‘Aquarius’, que navega con 629 inmigrantes y refugiados rescatados por MSF y Sos Mediterranée, cuya entrada a Italia ha sido impedida por el nuevo ministro del Interior, Matteo Salvini. La alcaldesa de Barcelona, Ada Colau, también había ofrecido su puerto.

      Pedro Sánchez ha dado instrucciones para que España “cumpla con los compromisos internacionales en materia de crisis humanitarias”, ha destacado el Ejecutivo en un comunicado. “Es nuestra obligación ayudar a evitar una catástrofe humanitaria y ofrecer ‘un puerto seguro’ a estas personas, cumpliendo de esta manera con las obligaciones del Derecho Internacional”, añade. El destino será València previa coordinación con la Generalitat valenciana.


      http://www.lavanguardia.com/local/valencia/20180611/4519741327/valencia-se-ofrece-puerto-aquarius.html

    • Aquarius: Spagna troppo lontana, fa rotta verso l’Italia

      Sos e Msf decidono di non fare rotta verso la Spagna, troppo rischioso. Raggiungere Valencia significa sottoporre i migranti a ore estenuati di viaggio. A bordo c’è ancora cibo e acqua ma non sufficienti per i giorni necessari a raggiungere la Spagna: l’equipaggio ritiene che sia comunque rischioso.

      La nostra corrispondente, Anelise Borges, direttamente dalla nave, ha intervistato in esclusiva per Euronews il coordinatore della ong Sos Mediterranée Italia, Nicola Stalla:

      «Abbiamo informato Spagna e Italia e tutte le autorità marittime in comunicazione con l’Aquarius in queste ore, che le circostanze in cui ci troviamo e con la quantittà ingente di persone a bordo, non ci sarebbero le condizioni di sicurezza per la nave e per l’equipaggio e per tutte le persone che sono a bordo per affrontare quest’altro viaggio e arrivare in spagna»

      Avremmo potuto affrontare questo tipo di viaggio se avessimo avuto meno persone sulla nave in modo tale che potessero essere accomodati e protetti all’interno di uno spazio coperto e non esposti all’aperto sui pontili. Le condizioni atmosferiche peggioreranno nei prossimi giorni infatti"
      La Sos Mediterrannée che opera in parternariato con Medici senza frontiere, reputa insomma troppo lontana la Spagna e non puo accettare la proposta del neo premier Pedro Sànchez.

      http://it.euronews.com/2018/06/11/aquarius-spagna-troppo-lontana-fa-rotta-verso-l-italia

    • L’Aquarius non approderà in Spagna

      La ong SOS Mediterranée ha rifiutato l’offerta del governo spagnolo: il viaggio fino al porto di Valencia sarebbe stato insostenibile per i seicento migranti a bordo della nave

      Lunedì sera la ong SOS Mediterranée ha fatto sapere che la nave Aquarius in arrivo dalla Libia e con circa seicento migranti a bordo non approderà al porto di Valencia, nonostante l’offerta del nuovo governo spagnolo guidato dal socialista Pedro Sánchez. SOS Mediterranée – che si trova ancora tra Malta e Italia dopo che le era stato rifiutato l’approdo dal governo italiano – ha detto che il viaggio per Valencia sarebbe stato troppo lungo, dai tre ai cinque giorni, e avrebbe messo in pericolo la vita delle persone a bordo. La nave, infatti, ha già raggiunto la sua massima capienza e nei prossimi giorni è previsto un peggioramento del tempo. SOS Mediterranée ha ringraziato il governo spagnolo dell’offerta e ha sollecitato quello italiano a trovare una soluzione per le oltre seicento persone che si trovano sulla nave, molte delle quali minori e alcune in condizioni di salute precarie.

      Il governo spagnolo – che da pochi giorni è guidato dal leader socialista Pedro Sánchez – aveva fatto sapere di aver messo a disposizione il porto di Valencia «per evitare una crisi umanitaria». Valencia dista però più di 1.500 chilometri e fin da subito erano emersi dubbi sul fatto che l’equipaggio e le persone soccorse sarebbero state in grado di compiere un viaggio così lungo.

      https://www.ilpost.it/2018/06/11/aquarius-migranti-salvini

    • Commentaire de Sara Prestianni sur FB :

      Valencia è a 700 miglia da dove si trova ora L’Aquarius, a 3-4 giorni di traversata .... non certo il porto più sicuro.

      Inoltre con il far approdare la nave della Marina al porto di Catania, Salvini ribadisce che il suo obbiettivo sono, oltre ai migranti, le ong che praticano salvataggio in mare.

      https://www.facebook.com/prestianni.sara/posts/10216315178380129

      Et réponse d’Alessandro Fioroni :

      infatti mi pare che questo aspetto sia quasi espunto dal dibattito, tra l’altro 4 giorni per andare e 4 per tornare fanno 8, 8 giorni di assenza dalla zona calda. Spero proprio che non si verifichino tragedie

    • Pourquoi le navire humanitaire « Aquarius » n’accosterait pas en France ?

      A la différence de l’Espagne, la France n’a pour l’heure pas fait de proposition à l’ONG SOS Méditerranée pour accueillir son bateau, et rien ne l’y oblige.

      Bonjour,

      Le navire Aquarius, qui secoure les migrants en difficulté en Méditerranée au cours de la traversée vers l’Europe, s’est vu proposer, lundi 11 juin, un port espagnol pour accoster. Habitué des rades italiennes, le bateau affrété par SOS Méditerranée paye cher l’arrivée au pouvoir, de l’autre côté des Alpes, de la coalition Ligue du Nord (extrême droite) - mouvement Cinq Étoiles (anti système).

      Le ministre de l’Intérieur Matteo Salvini (Ligue du Nord) a en effet refusé, pendant le week-end, d’accueillir l’Aquarius, et les plus de 600 migrants rescapés à son bord. Dimanche, Salvini reprochait à Malte de ne pas prendre ses responsabilités, menaçant de ne plus laisser accoster aucun bateau humanitaire dans les ports italiens, si La Valette n’ouvrait pas ses rades à l’Aquarius. Mais les Maltais ont refusé.

      Le Premier ministre socialiste espagnol Pedro Sanchez est alors entré en jeu, proposant le port de Valence au navire. Salvini s’est alors félicité, lors d’une conférence de presse à Milan, ce lundi après-midi, que le bateau débarque « dans un autre port qu’un port italien ». « Victoire », a aussi écrit le droitiste ministre de l’Intérieur italien sur Twitter. Dans la foulée, le Premier ministre maltais annonçait que l’île allait envoyer des ravitaillements à l’Aquarius, pour lui permettre de rallier l’Espagne.
      Querelle de droits

      L’Aquarius est intervenu dans les eaux territoriales libyennes, et a réalisé, selon l’Agence France-Presse, six opérations dans la nuit de samedi à dimanche. Il compte aujourd’hui 629 migrants à son bord. Sur marinetraffic.com, on peut situer le navire, au sud de la Sicile, à l’est de Malte et observer le trajet du bateau jusqu’aux côtes de Libye et en sens inverse.

      « Selon la Convention internationale sur le sauvetage (Search and Rescue, SAR) de 1979, les Etats définissent une zone où ils sont habilités à effectuer des sauvetages », explique à CheckNews Kiara Neri, maître de conférences à Lyon III. Puisque la Libye n’a pas les moyens d’assurer cette mission, la « zone SAR » italienne s’étend jusqu’aux côtes de l’Etat africain. « C’est donc le commandement de Rome qui gère les bateaux humanitaires qui interviennent là-bas », résume la spécialiste du droit international et maritime.

      L’Organisation internationale pour les migrations (OIM), dans une résolution de 2004, rappelle qu’il faut, en vertu des conventions internationales, que « dans un temps raisonnable, un endroit sûr [place of safety] » soit assuré aux personnes assistées en mer. Et ensuite : « La responsabilité de mettre à disposition un endroit sûr, ou de s’assurer qu’un endroit sûr soit mis à disposition, incombe au gouvernement responsable de la zone SAR dans laquelle les survivants ont été sauvés. » En l’occurrence, l’Italie.

      Or, à 19 heures ce lundi, Rome n’a toujours pas donné de consignes à l’Aquarius. « Nous sommes toujours en stand by », se désole Antoine Laurent, responsable des opérations maritimes de SOS Méditerranée, auprès de CheckNews. « On attend d’avoir des nouvelles des Italiens, soit pour nous dire d’accoster quelque part, soit pour nous confirmer qu’on doit aller en Espagne. »

      Sur le papier, toutefois, plusieurs villes, comme Reggio de Calabre, ou Naples, ont offert l’hospitalité, via les réseaux sociaux, à l’Aquarius. « Mais ces propositions ne servent pas si le ministère de l’Intérieur s’y oppose », rappelle Kiara Neri.
      Et la France dans tout ça ?

      Théoriquement, le bateau a le droit de sortir de la zone SAR italienne. Le problème, c’est qu’il n’en a pas les moyens. L’Espagne est à près de trois jours de mer, et le bateau ne dispose de vivres que pour une journée, selon Sophie Beau. La directrice générale de SOS Méditerranée, interrogée par l’AFP, juge la proposition espagnole « encourageante » mais « concrètement, il faut qu’on puisse débarquer au plus vite. »

      Ce manque de nourriture constitue, selon l’ONG, un « impératif humanitaire urgent », qui pourrait contraindre Malte ou l’Italie à laisser accoster l’Aquarius.

      Le bâtiment appartenant à une ONG française, que peut et doit faire Paris ? « Légalement, rien n’oblige la France à proposer quoi que ce soit », observe Kiara Neri. Par ailleurs, « la France n’est pas beaucoup plus près que l’Espagne », remarque Antoine Laurent qui préférerait voir le bateau jeter l’ancre à Malte ou en Sicile.

      Toutefois, selon le responsable de SOS Méditerranée, l’ONG n’a reçu aucune proposition de la part des autorités françaises. Sollicités par CheckNews, les ministères de l’Intérieur et des Affaires étrangères, et la présidence de la République n’ont pas répondu.

      Interrogé à ce sujet par une journaliste de BFM, lors d’une conférence de presse en marge d’une rencontre bilatérale avec la Belgique sur la sécurité et la lutte contre le terrorisme, le Premier ministre Edouard Philippe a botté en touche, évoquant plus largement la politique migratoire française, estimant notamment qu’il faut « traiter avec les pays d’origine de ces migrations […] pour éviter les départs ».

      Cordialement

      http://www.liberation.fr/checknews/2018/06/11/pourquoi-le-navire-humanitaire-aquarius-n-accosterait-pas-en-france_16582

    • UN High Commissioner for Refugees welcomes Spain’s decision to allow Aquarius to dock
      Today’s decision of Prime Minister Pedro Sanchez of Spain to exceptionally allow a rescue ship, Aquarius, to dock in his country is courageous and welcome. It ends what was becoming an increasingly difficult and untenable situation for the crew of the Aquarius and the more than 600 rescued people who were aboard.

      Irrespective of how European countries choose to manage their sea borders, the principle of rescue at sea is one that should never be in doubt. I would welcome opportunity to discuss with concerned governments arrangements for search and rescue operations in the Mediterranean and to avoid any repetition of the situation in which the Aquarius found itself.

      My office stands ready, as always to work with countries of Europe and the Mediterranean to ensure that saving lives and maintaining asylum remains our shared priority.

      http://www.unhcr.org/news/press/2018/6/5b1ea1824/un-high-commissioner-refugees-welcomes-spains-decision-allow-aquarius-dock.ht

    • Refugees in Orbit – again !

      Matteo Salvini, Italy’s new far-right home secretary, tweeted “Vittoria!” after news broke that the 629 persons stranded aboard the M.S. Aquarius would be forced to proceed to the Spanish city of Valencia rather than being allowed to disembark at much closer ports in Sicily. But for whom was it a “victory”?

      Surely not for those seeking asylum who had been stranded at sea for days on an overcrowded search and rescue ship. The ability of ship’s crew of 12 had been strained to the breaking point attempting to meet the medical and survival needs of those rescued on Saturday, including persons with serious chemical burns and others requiring urgent orthopaedic surgery, as Italy and Malta bickered like petulant children about which should step in to save lives.

      And surely not for international law. The longstanding principle that a shipmaster has a duty to rescue persons in distress without regard for their nationality, status, or circumstances is pragmatically viable only when states honour their duty to enable the speedy disembarkation of those rescued – a duty that Italy (and perhaps also Malta) breached in this case.

      But is it a victory for Italy, as the home secretary presumably meant to suggest? There is no doubt that Italy (and to a much greater extent, Greece) has shouldered more than its fair share of refugees arriving to seek protection in Europe. Nor can it be doubted that Europe and the rest of the world have acted too slowly and undependably to share-out what is in principle a common responsibility to protect refugees, thus fueling frustration and even anger. The EU’s absurd “Dublin Regulation” rule that allocates nearly all protection duties to the first country in which a refugee arrives is both unprincipled and cruel. So while nothing can justify Italy’s flagrant breach of the duty to facilitate speedy disembarkation of those rescued, its determination to force a redistribution of responsibility is perhaps more comprehensible.

      In truth, the real villain here is an outmoded system of implementing protection obligations under the UN’s Refugee Convention. Under the status quo, whatever country a refugee reaches is the one and only country that has protection obligations to that refugee. Accidents of geography, rather than any principled metric, determine which states are obliged to carry the burdens for implementing what is in theory a universal duty to protect refugees. That approach has led to some 60% of the world’s refugees being left in the hands of just 10, mostly very poor, countries – with the rest of us giving them only bits of charity and offering resettlement to only about 1% of the refugees they admit. There is therefore a perverse incentive built into the system to turn refugees away – as this week’s horrific events in the Mediterranean make clear.

      The UN’s “global compact” process was supposed to end this prisoner’s dilemma. Yet under the proposal now offered by UNHCR (the UN’s global refugee agency), little will change. The agency suggests only that states agree to attempt to hash out possible voluntary relief to frontline states on a case-by-case basis – leaving those states confronted with the arrival of refugees in the truly horrible bind of choosing between waiting and hoping for solidarity (that may or may not come) and turning refugees away. For the UN to have failed to put forward a plan for binding and immediate sharing of financial burdens and human responsibilities is ethically inexcusable.

      So if Italy is angry, it should turn its anger toward those responsible for its dilemma – the EU for failing to move beyond the manifestly wrong-headed “first country of arrival rule,” and the UN for failing to offer leadership on a serious system to share refugee burdens and responsibilities. But taking out its anger on sick and exhausted refugees as it did this week was not a victory for anyone.

      https://verfassungsblog.de/refugees-in-orbit-again

    • En 1939, l’Amérique ferma sa frontière à un paquebot de 908 réfugiés #juifs

      À l’heure où l’Europe ferme ses frontières aux réfugiés, il est bon de se rappeler cet épisode de 1939 où un bateau de plus de 900 réfugiés juifs fut prié de retourner en Europe, sous le régime nazi.

      Le 13 mai 1939, le #Saint-Louis, paquebot transatlantique allemand, quitte le port de Hambourg. À son bord, 937 passagers. La grande majorité d’entre eux sont des juifs allemands fuyant le Troisième Reich.

      Persécutés–quelques mois auparavant avait lieu la Nuit de Cristal, pogrom où une centaine de juifs furents assassinés–, ils ont réuni l’argent nécessaire pour un visa et un aller simple sur le Saint-Louis dans l’espoir de trouver refuge en Amérique.

      Mais, alors que leur paquebot appareille dans le port de la Havane, les autorités cubaines ne les autorisent pas à débarquer. Hostile envers les juifs, « le pays souffrait en plus d’une dépression économique et beaucoup de Cubains n’appréciaient pas du tout le nombre relativement grand de réfugiés [...], qui étaient perçus comme des concurrents pour les rares emplois », rapporte l’Encyclopédie multimédia de la Shoah. Seuls vingt-neuf d’entre eux sont autorisés à rester sur le sol cubain.

      Quotas de réfugiés

      Après Cuba, le Saint-Louis tente sa chance aux États-Unis. Le bateau navigue si près des côtes de la Floride que les passagers aperçoivent les lumières de Miami. Un câble est envoyé au président Franklin D. Roosevelt, lui demandant de leur accorder l’asile. Il ne reçut jamais de réponse.
      À l’époque, la presse américaine s’est largement fait l’écho de la situation critique des passagers du Saint-Louis. Mais l’Acte d’immigration de 1924, mis en place aux États-Unis, limitait le nombre de réfugiés pouvant être admis chaque année. À l’été 1939, le quota était déjà atteint.

      Les Américains, quoique compatissants vis-à-vis des réfugiés et indignés par la politique du régime nazi, soutiennent ces restrictions à l’immigration. La crise économique de 1929 venait de passer par là, laissant des millions d’Américains au chômage, et l’arrivée d’immigrés était vue comme une menace sur les derniers emplois disponibles.

      Souvenir honteux

      Le Saint-Louis a dû faire demi-tour pour l’Europe, alors sous la botte nazie. Beaucoup de ses passagers furent victimes des camps, comme les membres de cette famille, tous tués à Auschwitz, rapporte le site News :

      Le Saint-Louis a dû faire demi-tour pour l’Europe, alors sous la botte nazie. Beaucoup de ses passagers furent victimes des camps

      Le souvenir honteux du paquebot Saint-Louis, désormais immortalisé dans les musées de l’holocauste à travers le monde, n’est pas sans rappeler la situation critique de l’Europe.

      La Méditerranée est devenue un cimetière marin, avec plus de 30.000 migrants morts depuis 2000 lors du naufrage de leur embarcation, tandis qu’à Calais les réfugiés tentent de forcer l’entrée du tunnel sous la Manche au péril de leur vie. Pendant ce temps, les pays européens hésitent sur la marche à suivre pour gérer cet afflux de migrants et de réfugiés fuyant la guerre dans leur pays.

      Faut-il leur ouvrir toutes grandes les portes de l’Europe ? Faut-il se protéger avec encore plus de barbelés ? L’opinion oscille entre bonne volonté utopique et xénophobie voilée. Il n’existe aucune solution simple, mais conclut le site Project Syndicate, « se rappeler du sort des juifs d’Europe dans les années 1930 devrait au moins nous obliger à ne pas faire preuve d’indifférence envers le sort de ceux qui n’ont nulle part où aller ».


      http://www.slate.fr/story/106249/1939-amerique-refoulait-refugies-juifs
      #histoire #WWII #deuxième_guerre_mondiale #seconde_guerre_mondiale

    • Cronaca di una giornata sull’Aquarius

      Dalla sera del 10 giugno la nave Aquarius di Sos Méditerranée e Medici senza frontiere è ferma a 35 miglia dalle coste italiane, in attesa che le autorità decidano quale è il porto di destinazione, ma la situazione a bordo è sempre più critica. La nave trasporta 629 persone, salvate in diverse operazioni al largo della Libia nel corso del weekend: i viveri basteranno ancora soltanto per poche ore. Nel frattempo il nuovo governo spagnolo, guidato dal socialista Pedro Sánchez, ha dato la sua disponibilità allo sbarco dei migranti nel porto di Valencia, in Spagna, che dista però qualche giorno di navigazione dal punto in cui la nave umanitaria si trova in questo momento.

      L’annuncio è stato accolto con sorpresa da Medici senza frontiere che in un comunicato ha detto di non aver ricevuto ancora comunicazioni ufficiali. “Medici senza frontiere ha appreso dai mezzi d’informazione che il primo ministro spagnolo, Pedro Sánchez, ha offerto Valencia come porto di sbarco per la nave Aquarius. Non abbiamo ancora ricevuto alcuna comunicazione ufficiale in merito da parte dei centri di coordinamento dalla centrale operativa della guardia costiera di Italia o Spagna. La situazione a bordo per le 629 persone soccorse, con diverse di loro che hanno bisogno di assistenza medica, richiede una soluzione urgente”.

      “Le persone a bordo hanno cominciato a chiedere cosa sta succedendo”, racconta Alessandro Porro, uno dei volontari italiani di Sos Méditerranée. “Li abbiamo informati che stiamo aspettando istruzioni per l’indicazione di un porto di sbarco, ma li abbiamo rassicurati sul fatto che non li porteremo in Libia, questa è la loro maggiore preoccupazione”, racconta Porro. A bordo non ci sono casi medici che hanno bisogno di un immediato trasferimento: ci sono sette donne incinte che probabilmente saranno trasportate in Italia con delle motovedette italiane perché non possono sostenere il viaggio verso la Spagna. “Le persone a bordo hanno problemi di disidratazione, di ustioni da carburante e infine c’è un ragazzo che ha bisogno di un intervento chirurgico”, continua Porro. Le motovedette con i presidi medici, che erano state annunciate dal governo italiano, non sono mai arrivate.

      “Avere più di seicento persone a bordo implica che lo spazio a loro disposizione non sia molto, la nave è lunga settanta metri, non è un traghetto. Per ora non ci sono ancora state tensioni, ma la situazione non è facile, ci stiamo facendo aiutare dagli stessi migranti per le pulizie. Solo le donne possono stare sotto coperta, gli uomini e i ragazzi sono sul ponte, all’aperto”, continua Porro che spiega che di solito il tempo di permanenza in queste condizioni è di uno o due giorni. “Non c’è problema né per il carburante né per l’acqua, perché l’Aquarius ha al momento parecchia autonomia e ha un impianto di desalinizzazione dell’acqua marina, ma i viveri finiranno entro poche ore”, conclude Porro.

      https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2018/06/11/cronaca-giornata-aquarius

    • Yesterday, Monday 11th June, at 9pm, more than a thousand of people gathered in front of the port of Palermo to protest against the decision of Salvini, Italian Minister of Internal Affairs, to close Italian ports to boats carrying migrants.

      Hier, lundi 11 juin, à 21h, plus de mille personnes se sont rassemblées devant le port de Palerme pour protester contre la décision de Salvini, Ministre de l’Intérieur italien, de fermer les ports aux bateaux transportant des migrant.e.s.

      Des associations, des civils, des officiels dont le maire, se sont rejoints devant le port, un peu avant 21h. Le cortège s’est ensuite rendu jusqu’à Piazza Massimo, coeur de la ville, en passant devant la Préfecture de Palerme.

      Quelques articles/ photos sur la situation en Italie / et la manifestation (en italien)
      http://palermo.repubblica.it/cronaca/2018/06/12/foto/palermo_in_migliaia_al_porto_per_solidarieta_all_aquarius-198792435/1/#4

      http://siciliainformazioni.com/cettina-vivirito/834435/palermo-reato-di-altruismo-siamo-tutti-colpevoli-al-presidio-ap

      http://www.radiondadurto.org/2018/06/11/nave-aquarius-lega-e-5-stelle-chiudono-i-porti-scoppia-il-caso-diplom

    • Les dirigeants nationalistes corses proposent d’accueillir l’«Aquarius», chassé d’Italie

      Le président du conseil exécutif de Corse Gilles Simeoni a proposé ce mardi d’accueillir sur l’île le navire affrété par l’ONG qui a secouru 629 migrants en Méditerranée, enjeu d’un bras de fer entre l’Italie et Malte, qui refusent de le laisser accoster. « Manque de vivres, mauvaises conditions météo, et port espagnol trop éloigné : face à l’urgence, le conseil exécutif de Corse propose à @SOSMedFrance d’accueillir l’#Aquarius dans un port #corse », a tweeté Gilles Simeoni. L’Espagne avait proposé lundi d’accueillir le navire mais les dirigeants de l’ONG SOS Méditerranée jugent que les conditions de sécurité ne sont pas réunies pour mener le bateau jusqu’à l’Espagne.

      http://www.liberation.fr/direct/element/les-dirigeants-nationalistes-corses-proposent-daccueillir-laquarius-chass

      #Corse

    • Marie-Christine Vergiat : « C’est l’Union européenne qui a créé cette situation »

      L’eurodéputée Marie-Christine Vergiat dénonce la responsabilité de l’Union européenne qui, depuis une demi-douzaine d’années, laisse l’Italie gérer seule l’accueil des migrants pour l’Europe. Avec les dégâts politiques que l’on sait.
      Qui porte la responsabilité du blocage de l’Aquarius depuis dimanche, aux portes de l’Europe ? Si Matteo Salvini, le ministre de l’intérieur italien d’extrême droite, fait du refus de l’accueil des migrants sa marque de fabrique électoraliste, c’est l’Union européenne qui est la principale coupable du drame qui se joue actuellement, estime Marie-Christine Vergiat, députée européenne Front de gauche, membre de la GUE au Parlement de Strasbourg.

      L’Aquarius bloqué pendant deux jours en pleine mer : à qui la faute ?

      Marie-Christine Vergiat : C’est l’Union européenne qui, par absence de solidarité vis-à-vis de l’Italie, a créé cette situation. Avant 2011, et pendant des années, Malte [sollicitée après le refus de l’Italie – ndlr] a dû gérer toute seule l’arrivée des migrants, c’est pourquoi cette fois elle a refusé de prendre en charge l’Aquarius.

      Depuis 2011, date à laquelle les mouvements de population ont commencé à devenir plus importants, on a ensuite laissé l’Italie en première ligne se débrouiller. Aujourd’hui, elle accueille chaque année entre 100 000 et 150 000 personnes sur son territoire. Avec la mise en avant de « Dublin 3 », l’Italie a pris en charge le poids du sauvetage en mer pour toute l’Europe, et elle l’a plutôt bien fait.

      Il faut voir que quand le gouvernement italien a lancé l’opération « Mare Nostrum » pour aller secourir les personnes, elle s’est retrouvée seule. Matteo Renzi a dû trouver 95 millions d’euros d’octobre 2013 à octobre 2014 pour financer l’opération et, quand il a demandé de l’aide, le Conseil européen lui a donné 5 millions d’euros. Quant à la Grèce, elle a été en première ligne en 2015 et 2016, et a accueilli un million de personnes, là encore, seule.

      Comment expliquez-vous qu’il n’y ait jamais eu de répartition concertée des migrants entre les États membres ?

      En 2015, Jean-Claude Juncker, le président de la Commission européenne, a fait ce qu’il a pu : il a demandé à ce que 160 000 personnes soient « délocalisées » depuis l’Italie et la Grèce vers les autres pays européens sur deux ans. Même si cela était très insuffisant puisqu’il y avait 1,4 million de personnes arrivées en Italie et en Grèce sur la même période. Mais le premier réflexe des pays a été de refuser et de fermer leurs frontières. Heureusement qu’en 2015 et 2016, l’Allemagne d’Angela Merkel a accueilli 60 % des réfugiés (parmi eux, deux tiers de Syriens). Mais il faut rappeler que le nombre de réfugiés accueillis en Europe est une goutte d’eau par rapport à ce que vit le Moyen-Orient.

      Et pourtant, si l’on en croit les récentes élections en Italie notamment, le discours de l’extrême droite contre les migrants semble payant politiquement…

      Récemment, la Commission européenne a présenté une étude qui montre que les Européens restent solidaires des réfugiés dans tous les pays d’Europe, excepté en Italie. On peut pousser des cris d’orfraie, ce sentiment anti-immigré ne tombe pas du ciel. C’est facile de commenter alors qu’en France, on n’a jamais ouvert nos ports pour soulager l’Italie ou la Grèce. En réalité, la France a été très peu impactée par la crise migratoire. Le nombre de demandeurs d’asile n’a presque pas augmenté. Entre 2015 et 2016, il est passé de 85 000 à 95 000. Et encore, nous sommes un des pays où le taux d’acceptation des demandes d’asile est le plus bas – entre 35 et 40 % –, ce qui est en dessous de bien des pays européens. Quand on voit ce qui se passe à la frontière franco-italienne, c’est hallucinant : on fait du contrôle au faciès des migrants, au mépris des lois nationales, européennes et internationales… Il y a de quoi avoir honte de nos gouvernements ! En plus, ils se cachent derrière les accords de Dublin pour renvoyer les migrants dans le pays où ils ont accosté, donc très souvent en Italie, alors qu’il n’y a aucune obligation de « dublinage » : si le pays d’arrivée est obligé d’accepter le retour de la personne qui lui a été renvoyée, en revanche, l’autre pays européen n’est absolument pas obligé de la renvoyer là d’où elle vient.

      Où en êtes-vous de la réforme des accords de Dublin ?

      Il y a actuellement un bras de fer entre le Parlement européen et le Conseil européen. Au Parlement, six groupes sur huit, de la droite à la gauche européenne, sont d’accord pour proposer une clé de répartition. Le problème, c’est que le Conseil européen ne veut pas de cette solution et veut durcir Dublin en obligeant au renvoi dans le pays. Et contrairement à ce qu’on peut croire, il n’y a pas que les pays de l’Est qui bloquent. Les gouvernants, à l’exception des pays du Sud, affirment que mettre en place une répartition est trop compliqué pour les migrants et que c’est pour cela qu’ils refusent. Mais le problème, c’est qu’ils ne se donnent pas les moyens de l’accueil…

      Comment faire avancer les choses, puisqu’un blocage politique semble favoriser la flambée des extrêmes droites ?

      Le seul moyen de résister c’est, au lieu de courir derrière l’extrême droite, de faire tout le contraire : de montrer, d’une part, qu’il n’y a pas de « submersion » migratoire et, d’autre part, que si l’accueil est pensé et organisé, tout peut très bien se passer. Ce n’est de toute façon pas en construisant des murs qu’on va empêcher les migrants de venir.

      Cet épisode très médiatique de l’Aquarius bloqué en mer peut-il pousser le Conseil européen à revoir ses positions ?

      Il faut espérer que cette histoire permette de montrer ce qui se passe au Conseil européen. En tout cas, Pedro Sánchez, le nouveau président espagnol, a été courageux d’accepter que les 629 personnes bloquées sur le bateau débarquent en Espagne – même si cela s’explique par le fait que la question migratoire apparaît moins comme un enjeu du débat en Espagne… Aujourd’hui, il faut travailler dans deux directions pour l’opinion publique européenne : d’abord, expliquer que les migrations principales viennent non pas des pays du Sud, mais du Nord et d’Asie (Inde et Chine), et que les premiers migrants en Europe sont ukrainiens – ils arrivent en Pologne pour le travail. Ensuite, rappeler que la grande majorité des migrants arrivent de façon régulière (immigration de travail, pour faire des études, regroupement familial…) et que l’une des manières d’éviter les morts en Méditerranée et de ne pas faire le jeu des passeurs et des trafiquants, c’est d’ouvrir des voies de passage légales.

      https://www.mediapart.fr/journal/international/110618/marie-christine-vergiat-c-est-l-union-europeenne-qui-cree-cette-situation?

    • Un plan de acogida vetado por Rajoy en 2015, clave para la llegada a Valencia de los refugiados del Aquarius

      La Conselleria de Igualdad y Políticas Inclusivas de la Generalitat Valenciana, dirigida por Mónica Oltra, ha desempolvado un plan elaborado hace tres años para acoger a refugiados sirios llegados a las islas griegas que el Gobierno Central nunca autorizó. El martes por la tarde habrá una reunión entre Generalitat, Ayuntamiento de Valencia y ONG para organizar la llegada de los 629 migrantes y refugiados a los que Italia ha negado sus puertos.

      http://www.publico.es/sociedad/plan-acogida-vetado-rajoy-2015-clave-llegada-valencia-refugiados-del-aquariu

    • Message de Sara Prestianni, via la mailing-list Migeurop (12.06.2018):

      Le Gouvernement Italien confirme sa volonté (folle) de ramener les migrants à Valencia bien que à plusieurs reprises Sos Med et autres ont signalé le risque que cela représentait pour les 629 migrants à bord de l’Aquarius de faire autres 3/4 jours de navigation avec la meteo qui semble empirer.
      Les migrants seront obligés à l’énième “trasbordo” - transfert - vers des bateaux de la Marine Militaire Italienne qui devraient les ramener à Valencia.

      La volonté du Gouvernement est clairement celle de criminaliser l’accès aux ports pour les ong qui sauvent vies humaines en mer.
      Hier, sans aucune déclaration officielle du Gouvernement, les 900 migrants interceptés en mer après les 629 qui se trouvent à bord de l’Aquarius,qui se trouvaient à bord de la Marine Militaire Italienne ont été autorisé à entrer dans le port de Catane. Le message de Salvini est claire : plus aucun bateau qui a un pavillon étranger pourra rentrer dans les ports italiennes avec à bord des migrants.
      Par ailleurs Salvini a annoncé une visite rapide en Libye et dans la réunion d’urgence sur le cas “Aquarius” il semblerait que la question de l’externalisation était à l’ordre du jour.

    • Lettera aperta di Gabriele Del Grande al Ministro dell’Interno Matteo Salvini

      Confesso che su una cosa sono d’accordo con Salvini: la rotta libica va chiusa. Basta tragedie in mare, basta dare soldi alle mafie libiche del contrabbando. Sogno anch’io un Mediterraneo a sbarchi zero. Il problema però è capire come ci si arriva. E su questo, avendo alle spalle dieci anni di inchieste sul tema, mi permetto di dare un consiglio al ministro perché mi pare che stia ripetendo gli stessi errori dei suoi predecessori.

      Blocco navale, respingimenti in mare, centri di detenzione in Libia. La ricetta è la stessa da almeno quindici anni. Pisanu, Amato, Maroni, Cancellieri, Alfano, Minniti. Ci hanno provato tutti. E ogni volta è stato un fallimento: miliardi di euro persi e migliaia di morti in mare.
      https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=2105161009497488&id=100000108285082

      Voici, hélas, ce qui est en train de se décider au niveau européen: un nouveau fonds pour la protection des frontières....
      https://seenthis.net/messages/701648

      Questa volta non sarà diverso. Per il semplice fatto che alla base di tutto ci sono due leggi di mercato che invece continuano ad essere ignorate. La prima è che la domanda genera l’offerta. La seconda è che il proibizionismo sostiene le mafie.

      In altre parole, finché qualcuno sarà disposto a pagare per viaggiare dall’Africa all’Europa, qualcuno gli offrirà la possibilità di farlo. E se non saranno le compagnie aeree a farlo, lo farà il contrabbando.

      Viviamo in un mondo globalizzato, dove i lavoratori si spostano da un paese all’altro in cerca di un salario migliore. L’Europa, che da decenni importa manodopera a basso costo in grande quantità, in questi anni ha firmato accordi di libera circolazione con decine di paesi extraeuropei. Che poi sono i paesi da dove provengono la maggior parte dei nostri lavoratori emigrati: Romania, Albania, Ucraina, Polonia, i Balcani, tutto il Sud America. La stessa Europa però, continua a proibire ai lavoratori africani la possibilità di emigrare legalmente sul suo territorio. In altre parole, le ambasciate europee in Africa hanno smesso di rilasciare visti o hanno reso quasi impossibile ottenerne uno.

      Siamo arrivati al punto che l’ultima e unica via praticabile per l’emigrazione dall’Africa all’Europa è quella del contrabbando libico. Le mafie libiche hanno ormai il monopolio della mobilità sud-nord del Mediterraneo centrale. Riescono a spostare fino a centomila passeggeri ogni anno con un fatturato di centinaia di milioni di dollari ma anche con migliaia di morti.

      Eppure non è sempre stato così. Davvero ci siamo dimenticati che gli sbarchi non esistevano prima degli anni Novanta? Vi siete mai chiesti perché? E vi siete mai chiesti perché nel 2018 anziché comprarsi un biglietto aereo una famiglia debba pagare il prezzo della propria morte su una barca sfasciata in mezzo al mare? Il motivo è molto semplice: fino agli anni Novanta era relativamente semplice ottenere un visto nelle ambasciate europee in Africa. In seguito, man mano che l’Europa ha smesso di rilasciare visti, le mafie del contrabbando hanno preso il sopravvento.

      Allora, se davvero Salvini vuole porre fine, come dice, al business delle mafie libiche del contrabbando, riformi i regolamenti dei visti anziché percorrere la strada del suo predecessore. Non invii i nostri servizi segreti in Libia con le valigette di contante per pagare le mafie del contrabbando affinché cambino mestiere e ci facciano da cane da guardia. Non costruisca altre prigioni oltremare con i soldi dei contribuenti italiani. Perché sono i nostri soldi e non vogliamo darli né alle mafie né alle polizie di paesi come la Libia o la Turchia.

      Noi quelle tasse le abbiamo pagate per veder finanziato il welfare! Per aprire gli asili nido che non ci sono. Per costruire le case popolari che non ci sono. Per finanziare la scuola e la sanità che stanno smantellando. Per creare lavoro. E allora sì smetteremo di farci la guerra fra poveri. E allora sì avremo un obiettivo comune per il quale lottare. Perché anche quella è una balla. Che non ci sono soldi per i servizi. I soldi ci sono, ma come vengono spesi? Quanti miliardi abbiamo pagato sottobanco alle milizie libiche colluse con le mafie del contrabbando negli anni passati? Quanti asili nido ci potevamo aprire con quegli stessi denari?

      Salvini non perda tempo. Faccia sbarcare i seicento naufraghi della Acquarius e anziché prendersela con le ONG, chiami la Farnesina e riscrivano insieme i regolamenti per il rilascio dei visti nei paesi africani. Introduca il visto per ricerca di lavoro, il meccanismo dello sponsor, il ricongiungimento familiare. E con l’occasione vada a negoziare in Europa affinché siano visti validi per circolare in tutta la zona UE e cercarsi un lavoro in tutta la UE anziché pesare su un sistema d’accoglienza che fa acqua da tutte le parti.

      Perché io continuo a non capire come mai un ventenne di Lagos o Bamako, debba spendere cinquemila euro per passare il deserto e il mare, essere arrestato in Libia, torturato, venduto, vedere morire i compagni di viaggio e arrivare in Italia magari dopo un anno, traumatizzato e senza più un soldo, quando con un visto sul passaporto avrebbe potuto comprarsi un biglietto aereo da cinquecento euro e spendere il resto dei propri soldi per affittarsi una stanza e cercarsi un lavoro. Esattamente come hanno fatto cinque milioni di lavoratori immigrati in Italia, che guardate bene non sono passati per gli sbarchi e tantomeno per l’accoglienza. Sono arrivati dalla Romania, dall’Albania, dalla Cina, dal Marocco e si sono rimboccati le maniche. Esattamente come hanno fatto cinque milioni di italiani, me compreso, emigrati all’estero in questi decenni. Esattamente come vorrebbero fare i centomila parcheggiati nel limbo dell’accoglienza.

      Centomila persone costrette ad anni di attesa per avere un permesso di soggiorno che già sappiamo non arriverà in almeno un caso su due. Perché almeno in un caso su due abbiamo davanti dei lavoratori e non dei profughi di guerra. Per loro non è previsto l’asilo politico. Ma non è previsto nemmeno il rimpatrio, perché sono troppo numerosi e perché non c’è la collaborazione dei loro paesi di origine. Significa che di qui a un anno almeno cinquantamila persone andranno ad allungare le file dei senza documenti e del mercato nero del lavoro.

      Salvini dia a tutti loro un permesso di soggiorno per motivi umanitari e un titolo di viaggio con cui possano uscire dal limbo dell’accoglienza e andare a firmare un contratto di lavoro, che sia in Italia o in Germania. E dare così un senso ai progetti che hanno seguito finora. Perché l’integrazione la fa il lavoro. E se il lavoro è in Germania, in Danimarca o in Norvegia, non ha senso costringere le persone dentro una mappa per motivi burocratici. Altro che riforma Dublino, noi dobbiamo chiedere la libera circolazione dentro l’Europa dei lavoratori immigrati. Perché non possiamo permetterci di avere cittadini di serie a e di serie b. E guardate che lo dobbiamo soprattutto a noi stessi.

      Perché chiunque di noi abbia dei bambini, sa che cresceranno in una società cosmopolita. Già adesso i loro migliori amici all’asilo sono arabi, cinesi, africani. Sdoganare un discorso razzista è una bomba a orologeria per la società del domani. Perché forse non ce ne siamo accorti, ma siamo già un noi. Il noi e loro è un discorso antiquato. Un discorso che forse suona ancora logico alle orecchie di qualche vecchio nazionalista. Ma che i miei figli non capirebbero mai. Perché io non riuscirei mai a spiegare ai miei bambini che ci sono dei bimbi come loro ripescati in mare dalla nave di una ONG e da due giorni sono bloccati al largo perché nessuno li vuole sbarcare a terra.

      Chissà, forse dovremmo ripartire da lì. Da quel noi e da quelle battaglie comuni. Dopotutto, siamo o non siamo una generazione a cui il mercato ha rubato il futuro e la dignità? Siamo o non siamo una generazione che ha ripreso a emigrare? E allora basta con le guerre tra poveri. Basta con le politiche forti coi deboli e deboli coi forti.

      Legalizzate l’emigrazione Africa –Europa, rilasciate visti validi per la ricerca di lavoro in tutta l’Europa, togliete alle mafie libiche il monopolio della mobilità sud-nord e facciamo tornare il Mediterraneo ad essere un mare di pace anziché una fossa comune. O forse trentamila morti non sono abbastanza?

    • By rejecting a migrant ship, Italian populists are simply following the EU’s lead

      The standoff over a boatload of men, women and children rescued in the Mediterranean encapsulates the morass of Europe’s migration policy so neatly that it is almost redundant to call it a metaphor.

      Some 629 migrants were left adrift in international waters while European Union member states competed to sound more resolute in their refusal of a safe port. It was left to Spain to intervene as supplies began to run out aboard the rescue ship, the Aquarius, one of the handful of charity boats still operating despite their routine harassment by the EU-backed Libyan coastguard. Meanwhile, Italy and Malta sniped at each other on social media, as policy was made in the form of hashtags such as “we’re shutting our ports”. Germany was too busy to comment as its leaders sound off over tougher asylum laws in response to the grisly murder of a teenage girl.

      Watching from the sidelines, the UN refugee agency asked meekly if Europe’s politicians could disembark the people in need aboard the Aquarius first and sort out their differences later.
      The starting point in understanding this mess should be to ask why Italy’s new interior minister, Matteo Salvini, has picked a fight over the Aquarius now.

      Migration policy watchers will be tempted to think that this is a public play to strengthen Italy’s position ahead of an end-of-June deadline to reform parts of the EU’s maddeningly complex asylum system. In this reading, Salvini is seeking an overhaul of the so-called Dublin regulations to ease the burden on frontline states such as Italy and Greece and remove the obligation for new arrivals to seek asylum in their country of first arrival.

      This interpretation would be both reassuring and completely wrong. This is not about the incremental advance of national interests.

      Where European observers had expected Italy to pick a fight with the EU over the single currency, its interior minister has gone straight for migration. Salvini understands, just as Viktor Orbán in Hungary and Sebastian Kurz in Austria do, that the EU has no response. Italy has been left alone to deal with sea arrivals from north Africa and talks over new Dublin regulations will not change this. There is no solidarity on asylum and migration.

      Salvini has blocked the Aquarius because this is the terrain on which he wins regardless of the outcome. As the leader of the far-right Northern League, he has built a campaign around promises of mass deportations of migrants. The fact that his proposals were and are impracticable and illegal did not prevent the League from gaining a 17% share of the vote.

      Salvini’s bombastic claims that African migrants are turning Italy into a giant refugee camp ignore the fact that sea arrivals so far this year have dropped to one-fifth of the level during the same period last year.

      No matter – rhetorical battles over migration allow him to pose as the senior coalition partner and defender of Italy.

      EU migration policy, particularly since the record inflows of 2015, has been built on the idea that controlling sea arrivals would shore up Europe’s political centre. Human rights and international law could be subordinated to the need for control even if this meant co-opting Libyan militias, paying smugglers to act as coastguards or redirecting development aid to corrupt African regimes in return for trapping Africans on the move.

      European voters, the reasoning went, would forgive rights abuses in faraway places in return for harder borders. In its simplest formulation, EU policy-makers framed the choice as one between allowing moderates to talk like Salvini or getting Salvini himself.

      Critics of this policy consensus were dismissed as naive.

      Its arch practitioner was Italy’s previous interior minister Marco Minniti, who delivered a huge reduction in sea arrivals through a series of shady deals in Libya that turned smugglers and traffickers into Europe’s paid gatekeepers.

      Before the votes were counted in Italy the “Minniti plan” had many admirers in Europe’s capitals and on the European commission, the bloc’s executive body. Since the man himself and his party were swept out of power it has become painfully apparent that there is no electoral dividend for centrists who endorse anti-migration populism.

      Over the weekend Minniti and his former government colleagues hit out at Salvini’s refusal of a safe port to the Aquarius and boasted of the balance they had struck between “security” and “reception” – in other words between the deterrence of migration and the humane treatment of those who somehow slipped through. They are still missing the point.

      By treating migration policy as an arena of crisis where human rights and international law could be discarded in the rush to respond to a perceived panic, Minniti and his supporters in Brussels and Berlin were the midwives of Salvinism.

      It has been left to the mayors of southern Italy to defy their own government and publicly offer the Aquarius a safe port. Often the strongest rebuttal to the populists comes not from the tainted centre but from Europeans in the areas most affected by the actual movement of people.

      https://www.theguardian.com/commentisfree/2018/jun/11/italy-migrant-rescue-ship-standoff-aquarius

    • ASGI : Gravi responsabilità dell’Italia nella vicenda Aquarius

      Il comportamento del governo italiano nella vicenda Aquarius è gravissimo e l’intervento della Spagna non solleva l’Italia dalle sue responsabilità. ASGI lancia l’allarme sul possibile imminente ripetersi di episodi analoghi.

      Mentre scriviamo ancora non è definitivamente conclusa la vicenda della nave Aquarius, che ci auguriamo possa trovare felice esito anche grazie all’intervento delle autorità spagnole e, comunque, oltre la gestione che ha avuto da parte del Governo italiano.

      La scelta di solidarietà fatta dal Governo spagnolo di fornire assistenza materiale e giuridica ai naufraghi salvati dalla nave Aquarius, infatti, non deve oscurare la gravi responsabilità del governo italiano nella conduzione complessiva di tutte le operazioni.

      Va infatti ricordato che le operazioni di soccorso sono partite su impulso di un SOS diramato dall’MRCC (Comando generale del Corpo della Capitanerie di Porto) di Roma e che pertanto, in base al diritto internazionale – l’Italia è sempre stato il Paese giuridicamente responsabile del coordinamento dei soccorsi.

      Solo in questo senso possono essere lette le principali Convenzioni internazionali pertinenti in materia e, tra esse:

      – la Convenzione sulla salvaguardia della vita umana in mare (Convenzione SOLAS, firmata a Londra nel 1974 e ratificata dall’Italia con L. 313/1980);
      – la Convenzione internazionale sulla ricerca ed il soccorso in mare (Convenzione SAR, firmata ad Amburgo nel 1979 e ratificata dall’Italia con L. 147/1989, da cui il Regolamento di attuazione D.P.R. 662/1994;
      – la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (Convenzione CNUDM o UNCLOS, adottata a Montegobay nel 1982 e ratificata dall’Italia con L. 689/1994)

      Fino al momento nel quale la Spagna non ha annunciato il suo intervento per ragioni umanitarie il centro di coordinamento dei soccorso italiano, competente e responsabile degli stessi, ha continuato a non indicare alcuna destinazione alla barca Aquarius, rendendosi completamente inadempiente verso precisi obblighi indicati dal diritto internazionale ed interno e ponendo a rischio la vita di centinaia di persone.

      La situazione di pericolo e di estrema difficoltà, in cui si trovavano e si trovano tutt’ora i migranti, oltre ai membri dell’equipaggio, integra senza dubbio una situazione di pericolo che non fa ritenere legittima alcuna limitazione all’approdo in un porto italiano. Nel caso di specie doveva, infatti, immediatamente trovare applicazione l’art. 18, par. 2 della Convenzione UNCLOS, la quale prevede che lo Stato costiero non può invocare una violazione del diritto di passaggio inoffensivo né obbligare la nave straniera a riprendere il largo. Conseguentemente, lo Stato costiero, nel cui mare territoriale, o nelle vicinanze del quale, si trovi una nave in una situazione di pericolo è, infatti, il titolare primario dell’obbligo di portare soccorso ed è responsabile della conclusione del salvataggio. La nave che si trova quindi in una situazione di pericolo implicante una minaccia per la vita delle persone a bordo, qualsiasi sia lo status di questi passeggeri, gode di un “diritto” di accesso al porto.

      Il diniego di accesso ai porti italiani a imbarcazioni che abbiano effettuato il soccorso in mare comporta la violazione degli articoli 2 e 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, applicabile poiché l’Italia, nel coordinare l’azione SAR, esercita funzioni esecutive al di fuori del proprio territorio «conformemente al diritto internazionale» (v. mutatis mutandis, Al-Skeini c. Regno Unito e Jaloud c. Paesi Bassi). Le persone soccorse vertevano infatti in evidente necessità di cure mediche urgenti, nonché di generi di prima necessità (acqua, cibo, medicinali), e tali bisogni non potevano esser soddisfatti in alto mare. Le condizioni alle quali gli stessi sono stati sottoposti determinano l’esposizione di uomini, donne e bambini ad un reale trattamento disumano e degradante ( in violazione dell’art. 3 cedu) e ad un serio rischio per la loro vita (in violazione dell’ art. 2 cedu).

      Sulla nave Aquarius vi erano richiedenti asilo e rifugiati, pertanto la scelta del governo italiano di negare un porto sicuro a queste persone, anche poiché le operazioni di soccorso erano state gestite dalle autorità italiane, avrebbe potuto comportare per lo Stato Italiano la violazione del principio di non refoulment ai sensi dell’art 33 della Convenzione di Ginevra sullo Status dei Rifugiati del 1951 se non si fosse trovato un porto sicuro. Il principio di non refoulment è un principio di diritto internazionale generale, vincolante per tutti gli Stati anche indipendentemente dalla ratifica della Convenzione del 1951; esso stabilisce il divieto di respingimento verso qualsiasi luogo in cui una persona potrebbe trovarsi esposta al rischio di persecuzione e/o di condizione ascrivibile a trattamento disumano e degradante, trattamento nel quale si sono trovati a vivere coloro che erano da giorni in alto mare in assenza di approdo in porto sicuro.
      Sotto il profilo del diritto penale, l’obbligo di prestare soccorso configura una precisa prescrizione giuridica, la quale non può essere disattesa. Si ritiene che la condotta tenuta dall’MRCC di Roma sia stata suscettibile da integrare almeno la fattispecie dell’omissione di soccorso ai sensi dell’art. 593 c.p. A ciò si aggiunga che se dal ritardo dell’ingresso fossero derivate (o dovessero derivare) morte o lesioni in capo alle persone a bordo, ciò integrerebbe fattispecie penali autonome, quali omicidio o lesioni, che sarebbero imputabili a tutta la catena di comando italiana in ragione dell’evidente dovere giuridico di salvaguardia della vita che incombe sul paese che coordina i soccorsi

      Il “braccio di ferro” diplomatico attuato parte del Governo italiano con le Autorità di Malta e con la UE ha messo a rischio la vita di centinaia di persone ed il rispetto di basilari diritti della persona e ciò costituisce un precedente gravissimo nella storia europea.

      Il governo italiano aveva tutti gli strumenti legali e politici per far valere nella fase di discussione e votazione del Regolamento Dublino IV le argomentazioni che ha portato invece sul piano mediatico e dell’uso della forza contro persone in stato di necessità dimostrando l’esplicita volontà di non proporre politiche costruttive rinunciando ad un ruolo centrale nel dibattito europeo. Il governo italiano, invece, ha voluto imporre il solo uso della forza. Sarebbe stato possibile per il Ministro degli Interni in carica recarsi a Bruxelles e discutere della necessità di ripartizione equa dei rifugiati fra gli stati europei facendo valere in modo democratico e legale presso tale sede le priorità individuate dall’esecutivo italiano, senza incorrere nelle violazioni dei diritti umani fondamentali e delle norme cogenti.

      ASGI, nell’auspicare che la specifica vicenda abbia esito rapido e positivo, ha tuttavia il fondato timore che situazioni analoghe possano ripetersi già dalle prossime ore fa appello a tutte le istituzioni e al Parlamento, nonché a tutte le forze democratiche del Paese, affinché l’Italia non si renda più responsabile degli indecorosi eventi che si sono consumati negli ultimi giorni e che il diritto internazionale e quello interno in materia di soccorsi in mare venga scrupolosamente rispettato.

      https://www.asgi.it/asilo-e-protezione-internazionale/aquarius-violazione-diritto-internazionale

    • Migranti, Toninelli: «Non è detto che il posto in cui debbano sbarcare sia un porto. Può essere una nave»

      "Non c’è scritto da nessuna parte che il «place of safety», cioè il luogo in cui devono essere sbarcati e messi in sicurezza i migranti, debba essere un porto. Può essere anche una nave, battente bandiera straniera. Di conseguenza noi chiederemo un’assunzione di responsabilità a quei paesi di cui le navi della Ong battono bandiera". Così il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli, al termine del vertice sull’immigrazione a Palazzo Chigi. Di fronte a chi gli fa notare che però questo significherebbe, nel caso della nave Aquarius che batte bandiera britannica, circumnavigare l’Oceano per arrivare in Inghilterra (contravvenendo dunque al principio del porto sicuro più vicino), Toninelli fa dietrofront: «Noi chiediamo un’assunzione di responsabilità e condivisione delle spese».

      https://video.repubblica.it/dossier/immigrati-2015/migranti-toninelli-non-e-detto-che-il-posto-in-cui-debbano-sbarcare-sia-un-porto-puo-essere-una-nave/307625/308254

    • Aquarius : l’Union européenne et les Etats membres doivent cesser de traiter les migrants comme « des patates chaudes »

      Bruxelles, 13 juin 2018 – Stupéfaits et inquiets de ce moderne Exodus, on voit se profiler à l’horizon le cabotage infini de ce bateau qui passe du statut de sauveteur à celui de fardeau. Le nouveau gouvernement italien, en large partie acquis aux idées xénophobes et racistes de Matéo Salvini, montre ses muscles et refuse de laisser mouiller l’Aquarius dans ses ports. Dont acte, l’AEDH savait ne rien devoir attendre d’un gouvernement dont les partenaires avaient annoncé pendant la campagne électorale qu’il ne respecterait pas les droits de l’Homme.

      Aujourd’hui, le nouveau gouvernement espagnol a annoncé que son pays est prêt à accueillir les « naufragés des droits » dans le port de Valence. L’AEDH salue cet acte et souhaite qu’il fasse exemple pour tous les États membres. Elle recommande que cet accueil se révèle inconditionnel et qu’ayant fait le principal, sauver des vies, le gouvernement de Pedro Sanchez s’illustre en offrant de dignes conditions de séjour. On souhaiterait également que ce nouveau gouvernement mette fin aux opérations de push-back des migrants se présentant aux enceintes de Ceuta et Melilla.

      Et les autres pays concernés par « les affaires de Méditerranée », que font-ils ? Malte refuse d’accueillir mais se donne bonne conscience en envoyant des vivres, la France de Macron se réfugie derrière une interprétation hasardeuse du droit de la mer contre le droit humanitaire pour ne rien faire et attend piteusement 48 h qu’un autre pays se dévoue…

      L’AEDH est au regret de constater que l’Union européenne est à la remorque des Etats membres. Notre association souhaite que le Conseil européen joue enfin son rôle d’orientation de la politique européenne et condamne l’attitude indigne des États membres qui, dominés par la peur, alignent leurs politiques migratoires sur celles prônées par les forces d’extrême droite.

      L’AEDH condamne avec force le refus d’accueillir du gouvernement italien. Mais depuis longtemps elle s’oppose aussi aux refus de la Pologne, de la Hongrie, de la Slovaquie, de la République tchèque d’accueillir des réfugiés. Elle ne peut non plus accepter les faux semblants de bien d’autres gouvernements, qui tout en proclamant qu’ils vont accueillir, imposent des règles tellement restrictives qu’ils organisent de fait la chasse aux migrants et les expulsent. C’est en particulier le cas de la France où l’on retrouve des migrants morts à la fonte des neiges, de la Belgique où la police peut tirer sur des migrants.

      L’AEDH affirme que le refus des Etats membres et de la Commission de procéder à l’abrogation du règlement Dublin est non seulement un manquement grave aux droits des personnes mais une stupidité qui enferme les États-membres situés aux frontières extérieures de l’U.E. dans un dilemme impossible : accueillir des milliers de migrants ou les repousser. C’est à cause du règlement Dublin, que le système d’accueil est devenu purement et simplement un moyen d’externaliser les migrants vers les pays de leur première entrée, en particulier l’Italie et la Grèce. Et si la Méditerranée a tant d’importance, c’est que la route par la Turquie a été bloquée par l’ignoble accord conclu avec ce pays, en fermant pudiquement les yeux sur la politique d’Erdogan qui piétine les droits fondamentaux de tant de citoyens en Turquie.

      L’AEDH considère que l’ensemble des Etats membres sont collectivement responsables du désastre italien. Elle demande à toutes ses associations membres, à tous les citoyens et à toutes les citoyennes de l’UE d’agir pour que l’on change de politique.

      C’est le but de l’ICE lancée depuis quelques semaines : « Nous sommes une Europe accueillante : laissez-nous agir ! ». Signez, faites signer, transmettez, montrez votre appui envers ces enfants, ces femmes, ces hommes qui croyaient avoir enfin pu prendre le bateau de l’espoir, cet Aquarius qui symbolise notre solidarité.

      http://www.aedh.eu/aquarius-lunion-europeenne-et-les-etats-membres-doivent-cesser-de-traiter-les-m

    • Migranti nel Mediterraneo, ong non può fare trasbordo: “Nessun porto assegnato, si rischia nuovo caso Aquarius”

      Una nave della Marina Usa ha salvato 41 persone e recuperato 12 corpi senza vita nel Mediterraneo. Ma l’imbarcazione di Sea Watch, che l’ha raggiunta e a bordo ha cibo e coperte, non può assistere i sopravvissuti. Perché da Roma non sono arrivate istruzioni

      https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/06/13/migranti-salvati-su-nave-militare-usa-ma-la-ong-sea-watch-non-puo-fare-trasbordo-nessun-porto-assegnato-si-rischia-nuovo-caso-aquarius/4426052

    • Aquarius procede a fatica contro il mare in burrasca, ancora a ridosso della Sicilia, a sud di Marsala. La velocita con la quale avanza verso nord-ovest d’ di appena 5 nodi e mezzo. A questa velocità impiegherà almeno 6 giorni per arrivare a Valencia. Salvini sta imponendo un trattamento disumano ai migranti dopo quello che si può definire un respingimento illecito. I migranti erano stati soccorsi da mezzi della Guardia costiera ed erano già entrati in territorio italiano.

      LA AQUARIUS DEVE ENTRARE NEL PORTO DI TRAPANI CHE SI TROVA SULLA SUA ROTTA. ASSIEME ALLA DATTILO CHE LA SCORTA CON ALTRI MIGRANTI A BORDO.
      VALENCIA NON E’ RAGGIUNGIBILE . IL PIANO DI SALVINI E’ DISUMANO.

      VI PREGO DI FARE GIRARE AL MASSIMO QUESTA NOTIZIA. LE AGENZIE DI INFORMAZIONI DANNO SOLO NOTIZIE RASSICURANTI CHE NON CORRISPONDONO ALLA SITUAZIONE REALE DEL MARE.


      https://www.facebook.com/isabelle.saintsaens/posts/10215493114986035?comment_id=10215493417153589&notif_id=1528933312392754&n

    • Autre ONG bloquée dans ses opérations de sauvetage en mer, cette fois-ci c’est #Sea-Watch. Voici leur communiqué du 13 juin 2018 :
      Shipwreck survivors and bodies stuck on US warship due to italian port closure – Sea-Watch 3 last rescue vessel left in Mediterranean.

      41 survivors and 12 deceased in a shipwreck off the Libyan Coast yesterday morning are still stuck on a US warship as Italy closed its ports to rescue vessels. Sea-Watch strongly denounces the fact that once again people in distress at sea are being held in diplomatic limbo. The dispute on migration must not be carried out at the expense of people in need. A surveillance aircraft of the civil rescue fleet is currently operating in the SAR zone to search for further distress cases and bodies of yesterday’s shipwreck. The Sea-Watch 3 is also patrolling the SAR zone in close proximity to the US warship. Meanwhile, we still await instructions as no state has taken responsibility so far. The Sea-Watch 3 is currently the only dedicated rescue asset in the Mediterranean Sea.

      At 12.36 local time, the Sea-Watch office received a request by a US Navy warship to take over 41 survivors and 12 deceased in a shipwreck 20 nautical miles off the Libyan coast. Our vessel Sea-Watch 3 proceeded towards the given position as the only civil rescue asset left in the mediterranean sea at that moment. “It is unacceptable that people who have literally been picked out of the water, who have seen their friends drowning, still do not get a place of safety, this is a damning indictment of the European Union’s policy on immigration. A dispute about the distribution of asylum seekers must not be carried out at the expense of people in maritime distress” says Johannes Bayer, Sea-Watch chairman and head of the current mission of the Sea-Watch 3. “We urge the European governments to find a quick solution for this humiliating tragedy”.

      Meanwhile, Italian Coast Guard asset CP941 is disembarking 932 people and 2 dead bodies in the Sicilian port of Catania today, which shows a double standard upheld by the Italian government.
      NGO vessels have consistently taken responsibility for search and rescue activities in the world’s most dangerous migration route, yet they have become the scapegoat of the Italian government, as it attempts to pressure the rest of the EU to share in the responsibility towards people in distress and in wider migration policy reforms, including that of the Dublin III regulation. Sea-Watch therefore urges the European states to make way for a political solution for this charade; after safe arrival to Italy, there are also many roads that lead from Rome.

      Furthermore, yesterday’s shipwreck shows a deadly lack of rescue capacity at sea, and it is evident that in the absence of safe and legal passage to Europe, such shipwrecks will only continue to occur. “If the Aquarius wasn’t stuck on the way to Valencia, maybe those people could have been rescued” Bayer says. Still there is no knowledge about the real number of drownings as it is likely not all bodies could be retrieved. “We urge the European states to take responsibility and to stop gambling with lives at sea,” Bayer says.

      https://sea-watch.org/en/shipwreck-survivors-and-bodies-stuck-on-us-warship-due-to-italian-port-cl

    • « Aquarius » 2018, « Saint-Louis » 1939 : l’histoire bégaie

      Alors que l’Aquarius a été refoulé par l’Italie, il y a quatre-vingts ans des réfugiés fuyaient le nazisme en embarquant sur un paquebot transatlantique, le « Saint-Louis ».

      Le refus de l’Italie de laisser accoster l’Aquarius n’est que l’expression paroxystique de la politique des Etats européens qui, depuis des années, mettent toute leur énergie à tenir à distance migrants et exilés. Mais cette image d’un vaisseau fantôme nous renvoie aussi quatre-vingts ans en arrière, quand les réfugiés fuyant le nazisme se voyaient systématiquement refuser l’accès à une terre d’asile.

      Entre hier et aujourd’hui, les analogies sont frappantes : la fermeture de plus en plus hermétique des frontières à mesure que la persécution s’aggrave et que les flux d’exilés augmentent ; des réfugiés contraints d’embarquer clandestinement sur des bateaux de fortune avec l’espoir, souvent déçu, qu’on les laissera débarquer quelque part ; en guise de justification, la situation économique et le chômage, d’un côté, l’état de l’opinion dont il ne faut pas attiser les tendances xénophobes et antisémites, de l’autre ; le fantasme, hier, de la troisième colonne – agitateurs communistes, espions nazis –, aujourd’hui de la menace terroriste ; et finalement une diplomatie qui n’hésite pas à pactiser avec les pires dictatures, hier pour tenter de sauver la paix (on sait ce qu’il en est advenu), aujourd’hui pour tenter d’endiguer les flux de réfugiés.
      Réfugiés interdits de débarquer à Cuba

      Visas refusés, frontières closes : les réfugiés sont acculés, en désespoir de cause, à prendre la mer, le plus souvent clandestinement. A la veille de la guerre, des dizaines, des centaines de bateaux, parfois des paquebots de ligne, souvent des bâtiments de fortune ou de contrebande qui ont pris leurs passagers en charge frauduleusement, naviguent sur les océans à la recherche d’un port où ils seront autorisés à débarquer : le Cairo part le 22 avril 1939 de Hambourg pour Alexandrie ; l’Usaramo pour Shanghai ; l’Orbita pour le Panama en juin 1939 ; l’Orinoco, vers Cuba… (1). D’autres restent bloqués pendant des semaines ou des mois dans les ports roumains de la mer Noire ou sur le Danube.

      Même ceux qui ont des papiers d’immigration en règle ne sont pas assurés d’être admis, comme le montre l’histoire cruelle du Saint-Louis. Ce paquebot transatlantique quitte Hambourg le 13 mai 1939 en direction de La Havane. Ses 937 passagers, presque tous des juifs fuyant le Troisième Reich, sont en possession de certificats de débarquement émis par le directeur général de l’Immigration de Cuba. Mais, dans l’intervalle, le président cubain a invalidé ces certificats. On interdit donc aux passagers de débarquer. Le bateau repart, et lorsqu’il passe le long des côtes de Floride une demande est adressée au président des Etats-Unis afin qu’il leur accorde l’asile – elle ne reçoit pas de réponse. Le 6 juin 1939, le Saint-Louis reprend sa route vers l’Europe. In extremis, avant que le bateau ne soit contraint de revenir en Allemagne, le Jewish Joint Commitee réussit à négocier avec les gouvernements européens une répartition des passagers entre la Grande-Bretagne, la France, la Belgique et les Pays-Bas qui n’acceptèrent de les accueillir qu’à condition qu’il ne s’agisse que d’un transit dans l’attente d’une émigration définitive vers une autre destination. Temporairement sauvés, une majorité d’entre eux connaîtra le sort réservé aux juifs dans les pays occupés par l’Allemagne.
      Un gigantesque marché noir

      Les embarquements clandestins se poursuivent une fois la guerre déclenchée, les réfugiés prenant des risques croissants pour tenter de rejoindre clandestinement la Palestine depuis les ports de la mer Noire, à travers le Bosphore, les Dardanelles et la mer Egée. Un gigantesque marché noir s’organise, avec la bénédiction des nazis qui, avant la programmation de la « solution finale », y voient une façon de débarrasser l’Europe de ses juifs. Beaucoup de ces « bateaux cercueils », comme on les a appelés, font naufrage, d’autres sont victimes des mines ou des sous-marins allemands, et les épidémies déciment ceux qui ont réussi à survivre. Décidément, on a l’impression que l’histoire bégaie.

      http://www.liberation.fr/debats/2018/06/13/aquarius-2018-saint-louis-1939-l-histoire-begaie_1658569

    • #Marie-Christine_Vergiat : « C’est l’Union européenne qui a créé cette situation »

      L’eurodéputée Marie-Christine Vergiat dénonce la responsabilité de l’Union européenne qui, depuis une demi-douzaine d’années, laisse l’Italie gérer seule l’accueil des migrants pour l’Europe. Avec les dégâts politiques que l’on sait.

      Qui porte la responsabilité du blocage de l’Aquarius depuis dimanche, aux portes de l’Europe ? Si Matteo Salvini, le ministre de l’intérieur italien d’extrême droite, fait du refus de l’accueil des migrants sa marque de fabrique électoraliste, c’est l’Union européenne qui est la principale coupable du drame qui se joue actuellement, estime Marie-Christine Vergiat, députée européenne Front de gauche, membre de la GUE au Parlement de Strasbourg.

      L’Aquarius bloqué pendant deux jours en pleine mer : à qui la faute ?

      Marie-Christine Vergiat : C’est l’Union européenne qui, par absence de solidarité vis-à-vis de l’Italie, a créé cette situation. Avant 2011, et pendant des années, Malte [sollicitée après le refus de l’Italie – ndlr] a dû gérer toute seule l’arrivée des migrants, c’est pourquoi cette fois elle a refusé de prendre en charge l’Aquarius.

      Depuis 2011, date à laquelle les mouvements de population ont commencé à devenir plus importants, on a ensuite laissé l’Italie en première ligne se débrouiller. Aujourd’hui, elle accueille chaque année entre 100 000 et 150 000 personnes sur son territoire. Avec la mise en avant de « Dublin 3 », l’Italie a pris en charge le poids du sauvetage en mer pour toute l’Europe, et elle l’a plutôt bien fait.

      Il faut voir que quand le gouvernement italien a lancé l’opération « Mare Nostrum » pour aller secourir les personnes, elle s’est retrouvée seule. Matteo Renzi a dû trouver 95 millions d’euros d’octobre 2013 à octobre 2014 pour financer l’opération et, quand il a demandé de l’aide, le Conseil européen lui a donné 5 millions d’euros. Quant à la Grèce, elle a été en première ligne en 2015 et 2016, et a accueilli un million de personnes, là encore, seule.

      Comment expliquez-vous qu’il n’y ait jamais eu de répartition concertée des migrants entre les États membres ?

      En 2015, Jean-Claude Juncker, le président de la Commission européenne, a fait ce qu’il a pu : il a demandé à ce que 160 000 personnes soient « délocalisées » depuis l’Italie et la Grèce vers les autres pays européens sur deux ans. Même si cela était très insuffisant puisqu’il y avait 1,4 million de personnes arrivées en Italie et en Grèce sur la même période. Mais le premier réflexe des pays a été de refuser et de fermer leurs frontières. Heureusement qu’en 2015 et 2016, l’Allemagne d’Angela Merkel a accueilli 60 % des réfugiés (parmi eux, deux tiers de Syriens). Mais il faut rappeler que le nombre de réfugiés accueillis en Europe est une goutte d’eau par rapport à ce que vit le Moyen-Orient.

      Et pourtant, si l’on en croit les récentes élections en Italie notamment, le discours de l’extrême droite contre les migrants semble payant politiquement…

      Récemment, la Commission européenne a présenté une étude qui montre que les Européens restent solidaires des réfugiés dans tous les pays d’Europe, excepté en Italie. On peut pousser des cris d’orfraie, ce sentiment anti-immigré ne tombe pas du ciel. C’est facile de commenter alors qu’en France, on n’a jamais ouvert nos ports pour soulager l’Italie ou la Grèce. En réalité, la France a été très peu impactée par la crise migratoire. Le nombre de demandeurs d’asile n’a presque pas augmenté. Entre 2015 et 2016, il est passé de 85 000 à 95 000. Et encore, nous sommes un des pays où le taux d’acceptation des demandes d’asile est le plus bas – entre 35 et 40 % –, ce qui est en dessous de bien des pays européens. Quand on voit ce qui se passe à la frontière franco-italienne, c’est hallucinant : on fait du contrôle au faciès des migrants, au mépris des lois nationales, européennes et internationales… Il y a de quoi avoir honte de nos gouvernements ! En plus, ils se cachent derrière les accords de Dublin pour renvoyer les migrants dans le pays où ils ont accosté, donc très souvent en Italie, alors qu’il n’y a aucune obligation de « dublinage » : si le pays d’arrivée est obligé d’accepter le retour de la personne qui lui a été renvoyée, en revanche, l’autre pays européen n’est absolument pas obligé de la renvoyer là d’où elle vient.

      Où en êtes-vous de la réforme des accords de Dublin ?

      Il y a actuellement un bras de fer entre le Parlement européen et le Conseil européen. Au Parlement, six groupes sur huit, de la droite à la gauche européenne, sont d’accord pour proposer une clé de répartition. Le problème, c’est que le Conseil européen ne veut pas de cette solution et veut durcir Dublin en obligeant au renvoi dans le pays. Et contrairement à ce qu’on peut croire, il n’y a pas que les pays de l’Est qui bloquent. Les gouvernants, à l’exception des pays du Sud, affirment que mettre en place une répartition est trop compliqué pour les migrants et que c’est pour cela qu’ils refusent. Mais le problème, c’est qu’ils ne se donnent pas les moyens de l’accueil…

      Comment faire avancer les choses, puisqu’un blocage politique semble favoriser la flambée des extrêmes droites ?

      Le seul moyen de résister c’est, au lieu de courir derrière l’extrême droite, de faire tout le contraire : de montrer, d’une part, qu’il n’y a pas de « submersion » migratoire et, d’autre part, que si l’accueil est pensé et organisé, tout peut très bien se passer. Ce n’est de toute façon pas en construisant des murs qu’on va empêcher les migrants de venir.

      Cet épisode très médiatique de l’Aquarius bloqué en mer peut-il pousser le Conseil européen à revoir ses positions ?

      Il faut espérer que cette histoire permette de montrer ce qui se passe au Conseil européen. En tout cas, Pedro Sánchez, le nouveau président espagnol, a été courageux d’accepter que les 629 personnes bloquées sur le bateau débarquent en Espagne – même si cela s’explique par le fait que la question migratoire apparaît moins comme un enjeu du débat en Espagne… Aujourd’hui, il faut travailler dans deux directions pour l’opinion publique européenne : d’abord, expliquer que les migrations principales viennent non pas des pays du Sud, mais du Nord et d’Asie (Inde et Chine), et que les premiers migrants en Europe sont ukrainiens – ils arrivent en Pologne pour le travail. Ensuite, rappeler que la grande majorité des migrants arrivent de façon régulière (immigration de travail, pour faire des études, regroupement familial…) et que l’une des manières d’éviter les morts en Méditerranée et de ne pas faire le jeu des passeurs et des trafiquants, c’est d’ouvrir des voies de passage légales.

      https://www.mediapart.fr/journal/international/110618/marie-christine-vergiat-c-est-l-union-europeenne-qui-cree-cette-situation

    • La nave Usa che ha lasciato i corpi in mare vicina al porto di Augusta

      La Trenton della Us Navy, con a bordo i 40 superstiti del naufragio di martedì, ha abbandonato i cadaveri alla deriva perché non ha celle frigorifere. Ora incrocia al largo del porto siciliano, ma all’Italia non è arrivata nessuna richiesta formale.

      La nave Trenton della sesta flotta della Us Navy, con a bordo i 40 superstiti del naufragio di un gommone avvenuto martedì mattina, è ricomparsa al largo del porto di Augusta. Appare evidente l’intenzione di sbarcare nel porto siciliano i superstiti che ha a bordo ormai da tre giorni, nell’attesa che qualcuno dia indicazioni sul porto più vicino disposto a farli scendere. Tuttavia non risulta alcuna richiesta formale da parte degli Stati Uniti all’Italia che, peraltro, non ha mai assunto alcun coordinamento del soccorso, avvenuto a sole venti miglia dalle coste libiche.

      Perché dunque la nave americana, che ha lasciato andare alla deriva i corpi delle 12 vittime del naufragio, ha fatto rotta verso l’Italia invece di chiedere l’approdo in un altro Paese? Un altro caso spinoso per il governo italiano, che si trova adesso a dover decidere se autorizzare l’ingresso della nave della Us Navy nel porto di Augusta.

      Da tre giorni, ormai, dopo aver invano chiesto di poter trasbordare il suo carico sulla nave della Ong tedesca Sea Watch, la nave vagava in attesa di sapere dove poter sbarcare i vivi. I morti, quelli, vista la complessità della situazione, hanno deciso di abbandonarli in acqua. "Non ci sono salme a bordo della Trenton - ha confermato a «Repubblica» l’ufficio pubbliche relazioni della Us Navy - l’equipaggio continua a prendersi cura delle 40 persone soccorse. Ci stiamo coordinando con i nostri partner internazionali per decidere la destinazione delle persone a bordo".

      Dalla Us Navy spiegano così l’abbandono dei 12 cadaveri le cui operazioni di recupero erano state comunicate via radio dalla Trenton martedi mattina contestualmente alla richiesta di aiuto avanzata alla vicina nave della ong tedesca Sea Watch prima e all’IMRCC di Roma poi. < Abbiamo visto in un primo momento 12 corpi apparentemente senza vita. I soccorritori hanno dato priorità al recupero di coloro che avevano bisogno di aiuto immediato. La barca di salvataggio è poi tornata sul posto per cercare quei corpi, ma non li ha trovati". «Se necessario - si legge in una nota - le navi della US Navy sono in grado di conservare i corpi in depositi refrigerati».
      Un orrore destinato a scatenare un nuovo caso visto che, a impedire un rapido trasferimento dei superstiti e delle salme a terra, è l’impasse provocato dall’ostracismo annunciato dal ministro dell’Interno Matteo Salvini alle navi delle Ong. Martedi, subito dopo il soccorso, dopo aver chiamato le guardie costiere libica e italiana, la nave americana si è rivolta alla Sea watch, comunicando di avere in corso il recupero dei 12 corpi, e ha chiesto la disponibilità al trasbordo. «Corpi non possiamo prenderne, non abbiamo le celle. E i superstiti li prendiamo solo se ci assegnano contestualmente un porto sicuro che non sia più lontano di 36 ore di navigazione».

      Dopo il caso Aquarius, il rischio è che poi, con i migranti a bordo, non venga concesso un porto in Italia e la nave, che non è grande, non potrebbe affrontare una lunga navigazione come quella cui è stata costretta la Aquarius. La richiesta viene reiterata dagli americani alla sala operativa di Roma, ma la risposta è che il soccorso non è stato coordinato da Roma e dunque non spetta a loro indicare il porto. In realtà il soccorso non è stato coordinato da nessuno.

      http://www.repubblica.it/cronaca/2018/06/14/news/la_nave_usa_senza_celle_frigoriferi_alla_deriva_12_corpi-198956762/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P2-S1.8-T1

    • Aquarius, la nave di migranti cambia rotta e si dirige verso la Sardegna

      La decisione dovuta al maltempo. Sos Mediterranee spiega: «Le persone a bordo sono esauste, scioccate e con il mal di mare». Il ministro Salvini ribatte: «Problemi loro. A giorni ci saranno novità sul ruolo delle ong»

      «Dattilo, la nave della Guardia Costiera italiana che guida il nostro convoglio, ha deciso di cambiare rotta», twitta Sos Mediterranee, sottolineando che si tratta di una scelta dovuta al maltempo. «Aquarius proseguirà lungo la costa orientale della Sardegna — aggiunge la ong francese — per ripararsi dal maltempo altrimenti insopportabile per le persone a bordo, esauste, scioccate e con il mal di mare». Il ministro degli Interni Matteo Salvini, però, non cede: non ci sarà nessun attracco sulle coste sarde, Aquarius «arriverà in Spagna». Se le persone a bordo hanno problemi, «sono solo loro — afferma —. La nave prende a bordo sistematicamente 500 persone a tratta: ora ne hanno 100, un quinto di quelle che imbarcano di solito. Non è che adesso possano anche decidere dove cominciare e dove finire la crociera». «A giorni ci saranno novità sul ruolo delle ong», aggiunge. «Verranno messi i puntini sulle i, su chi fa cosa e su chi rispetta la legge e chi non la rispetta», ha aggiunto.

      La situazione sull’Aquarius

      Sull’Aquarius ci sono al momento 52 donne, 10 bambini e 45 uomini, tra cui alcuni trattati per sindrome da annegamento o con gravi ustioni da carburante e acqua salata; gli altri 523 profughi sono stati trasbordati sulle due unità navali italiane che la stanno scortando. Tutti i 629 migranti sono stati trasferiti per sicurezza all’interno delle tre imbarcazioni del convoglio: diversi di loro hanno accusato malori durante la notte per il «vento a 35 nodi e le onde alte 4 metri — comunicano i soccorritori —, abbiamo messo dei corrimano perché è difficile stare in piedi».

      Lo «schermo» alle onde

      Il percorso iniziale per il porto di Valencia prevedeva un passaggio a sud della Sardegna ma, considerato che l’apice della perturbazione è previsto sul lato occidentale, si vogliono utilizzare l’isola come «barriera» al maltempo; e tagliare le Bocche di Bonifacio, sotto la Corsica, per raggiungere quindi la Spagna. L’operazione è destinata ad allungare ulteriormente il viaggio verso la terra ferma della «nave della discordia», che ha innescato una crisi diplomatica tra Italia e Francia e un durissimo scambio di accuse con Malta, oltre all’accorato appello di Papa Francesco. L’approdo, meteo permettendo, potrebbe avvenire a questo punto domenica sera. «Abbiamo distribuito arance, barrette di cereali, cornetti e thè freddo forniti ieri dalla Guardia Costiera Italiana» rende noto il personale di Medici senza frontiere, che gestisce l’emergenza con Sos Mediterranee. Nel frattempo la zona di ricerca e soccorso resta sempre più scoperta e 12 cadaveri sono rimasti in mare». «L’identificazione del porto di sbarco è una decisione nazionale su cui l’Ue non ha competenza - afferma intanto la ministra degli Esteri europea, Federica Mogherini -, però viste le notizie sulle condizioni del mare» nella legge «c’è una chiara indicazione» affinché venga fatto «ogni sforzo per limitare al minimo il tempo di permanenza sulla nave» degli immigrati; da ormai 5 giorni consecutivi in balìa del mare e delle polemiche politiche.

      Madrid prepara l’accoglienza

      Le autorità spagnole, dal canto loro, fanno sapere che esamineranno «caso per caso» la situazione dei 629 richiedenti asilo per decidere, con «colloqui individuali», quali trasferire nei centri di aiuto umanitario e quali nelle strutture di detenzione per stranieri; esattamente come avviene per gli extracomunitari che arrivano attraverso i barconi o le enclavi marocchine di Ceuta e Melilla. Il governo iberico sostiene di essersi comportato semplicemente «come obbliga la Costituzione rispetto ai trattati internazionali e europei». Lo sbarco dei migranti avverrà comunque in maniera scaglionata e lontano dagli occhi dei media.

      https://www.corriere.it/cronache/18_giugno_14/odissea-aquarius-nave-cambia-rotta-la-sardegna-24e4bd94-6fb4-11e8-b9b6-434f

    • Francia prenderà parte migranti Aquarius

      La vicepremier spagnola Carmen Calvo ha annunciato che la Francia collaborerà all’accoglienza dei migranti dell’Aquarius. Lo riporta La Vanguardia. Calvo, responsabile del coordinamento per l’accoglienza, ha accettato la proposta presentata dal governo francese, dopo una conversazione con l’ambasciatore francese in Spagna. Il presidente Pedro Sanchez, riferisce il quotidiano, ha ringraziato il presidente francese Emmanuel Macron, sottolineando che questa è la cooperazione «con cui l’Europa deve rispondere».

      http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/europa/2018/06/16/francia-prendera-parte-migranti-aquarius_53ace0c1-88b9-4511-b1ab-6ab072e084aa.h
      #France

    • Migranti, dirottare le Ong nei porti di bandiera farebbe solo danni

      L’esperto di diritto del mare e di asilo Paleologo a L43: «La proposta di Salvini? Così si rallenta l’obbligo di salvataggio». Il ministro può ridiscutere Dublino, ma «non sulla pelle dei naufraghi».

      Il rallentamento, in alcuni casi fino al blocco, della catena di salvataggio in acque maltesi e libiche, di norma attraverso il coordinamento del comando della guardia costiera italiana, per effetto della chiusura dei nostri porti alle navi delle Ong straniere nel Mediterrano ha contribuito a provocare 12 morti e altre decine di feriti al largo della Libia, in seguito all’’altolà del neo ministro dell’Interno Matteo Salvini alla See Watch 3, «pronta dopo la Aquarius a raccogliere il suo carico umano davanti a Tripoli». Altre decine, centinaia di morti si temono nelle settimane a venire.

      CAMBIARE DUBLINO. Con i respingimenti delle navi straniere, il leader della Lega si aspetta un cambio della prassi e in prospettiva del regolamento di Dublino sui richiedenti asilo: far attraccare le imbarcazioni di Ong battenti bandiera straniera nei luoghi d’origine e non più in Italia, come i mezzi delle Marine di altri Paesi. Peccato che la legge internazionale non possa dargli ragione, né ora né mai: «Guardando alle bandiere», spiega a L43 l’avvocato in prima linea nei soccorsi in mare, componente della Clinica legale per i diritti umani dell’Università di Palermo e consulente del team legale di Open Arms, Fulvio Vassallo Paleologo, «verrebbe meno il salvataggio internazionale, ossia la stessa legge del mare».

      DOMANDA. Salvini ha chiuso i porti alle navi delle Ong straniere che caricano a bordo migranti naufraghi e sottolinea che debbano attraccare nei porti dei loro Paesi e non in Italia. Giuridicamente ha un fondamento la sua rivendicazione?
      RISPOSTA. No, intanto un ministro non può stabilire regole che valgono esclusivamente per le navi delle Ong. Quando richiamano i luoghi di sbarco – da indicare dalle competenti autorità nazionali e nel nostro caso dal comando della guardia costiera di Roma – le convenzioni di diritto del mare non distinguono tra navi umanitarie, navi commerciali o militari.

      D. La See Watch 3, additata da Salvini e bloccata nelle operazione come la Aquarius, è una Ong tedesca ma batte bandiera olandese: dopo i salvataggi potrebbe per esempio rientrare nei porti anche in Olanda, in Germania, o per legge deve attraccare per forza in Italia?
      R. Il criterio dello Stato di bandiera è arbitrario e non garantisce una sollecita conclusione delle operazioni di soccorso in un porto sicuro, che non è necessariamente quello più vicino ma deve trovarsi nello Stato della centrale operativa della guardia costiera che coordina i soccorsi.

      D. Nel caso del trasbordo dei 629 migranti nelle acque tra Malta e l’Italia dell’Aquarius, il coordinamento era della guardia costiera italiana. E inoltre la Aquarius è una nave umanitaria di Sos Mediterranee e Medici senza frontiere: Ong transeuropee o addirittura internazionali.
      R. Non a caso il criterio dello Stato di bandiera non è mai stato applicato in anni di soccorsi nel Mediterraneo perché è sussidiario. Non garantisce lo svolgimento rapido delle procedure di soccorso imposto dalle convenzioni internazionali. Seguirlo, come dice Salvini, segnerebbe la fine dell’obbligo di soccorso internazionale.

      D. La fine della legge universale del mare. Sempre legalmente, con i regolamenti europei e le norme internazionali attuali, si può chiedere alle navi per esempio della Marina francesi, inglesi e tedesche che salvano migranti nel Mediterraneo di dirigersi poi nei propri porti nazionali?
      R. Tutte le navi straniere delle operazioni Ue Frontex ed Eunavfor Med, ossia l’operazione militare Sofia, sono coordinate dalla centrale operativa della guardia costiera italiana, anche quando soccorrono nella zona di ricerca e salvataggio libica Sar, che in realtà esiste solo sulla carta. Di conseguenza devono sbarcare, come sbarcano, solo in porti italiani.

      D. Sulle responsabilità da redistribuire nelle acque territoriali dei Paesi membri dell’Ue, «e non solo all’Italia» ricorda sempre Salvini, la Francia se ne può lavare completamente le mani? La Spagna può fare di più? E Malta può essere pressata almeno dall’Ue a sottoscrivere le normative internazionali vigenti, per sgravare l’Italia anche dagli impegni nelle sue acque?
      R. A meno di una modifica sostanziale del regolamento Dublino, nessun Paese europeo può essere costretto a prendere a suo carico naufraghi soccorsi nelle zone di ricerca e salvataggio libiche o italiane. E il nuovo ministro dell’Interno non può imporre le modifiche con un ricatto sulla pelle di uomini, donne e bambini già duramente provati dalla sofferenza e dagli abusi subiti in Libia.

      D. La visione di Salvini può essere portata avanti politicamente al tavolo per cambiare il regolamento Dublino? È concepibile cioè un’Unione europea dove ogni mezzo di forze militari o Ong di Paesi membri impegnati nel Mediterraneo faccia riferimento, anziché all’Italia, al proprio Stato Ue specifico? Prendendosi a questo punto in carico anche la prima registrazione dei richiedenti asilo?
      R. L’odissea dell’Aquarius sta dimostrando che una redistribuzione dei naufraghi soccorsi in acque internazionali è possibile e lecita solo dopo il loro sbarco in un porto italiano, indicato dal comando centrale della guardia costiera. La scelta di sbarrare dei porti non aiuterà a cambiare il regolamento Dublino, specie se l’Italia farà fronte comune con l’Ungheria di Viktor Orban e l’Austria di Sebastian Kurz. Si avranno soltanto centinaia di morti in più, come conseguenza della cacciata delle Ong.

      https://www.lettera43.it/it/articoli/interviste/2018/06/17/migranti-soccorso-ong-straniere-salvini/221051

    • The Italian interior minister Matteo Salvini (Lega) has announced after negotiations with minister of infrastructure Danilo Toninelli (5 Stars), and the minister of defence Elisabetta Trenta (5 Stars) the retreat of the Italian rescue forces from the international waters of the central Mediterranean Sea. Instead, France, Spain, Greece, Malta, Libya, Tunisia, the EU with the Frontex-Themis operation and the NATO should take on the job. It is important to stress the following: this concerns the ‘death zone’ near the Libyan-Italian off-shore oil station in the central Mediterranean, where in the past three decades the most boat-people have drowned. Salvini’s plans are directed against the “radical crowd that wants to turn Italy into a refugee camp”. All the more important will it be to connect the activities of non-governmental rescuers in the Central Mediterranean with strategies of admit boat-people in Germany, France, and other EU member states.

      Salvini kündigt Abzug der Küstenwache aus internationalen Gewässern an
      Der italienische Innenminister Matteo Salvini (Lega) kündigt

      nach Beratung mit dem Infrastruktur-Minister Danilo Toninelli (5Stelle), und der Verteidigungsministerin Elisabetta Trenta (5Stelle) den Rückzug der italienischen Seenotrettung aus den internationalen Gewässern des zentralen Mittelmeers an. Stattdessen sollten Frankreich, Spanien, Griechenland, Malta, Libyen, Tunesien, die EU mit Frontex-Themis und die Nato diese Arbeit übernehmen.

      Hinzuweisen ist auf folgenden Hintergrund: Es geht um die Todeszone in der Nähe der libysch-italienischen Off-Shore-Petro-Förderanlagen im zentralen Mittelmeer, wo in den vergangenen drei Jahrzehnten die meisten Boat-people ertrunken sind. Salvini richtet dieses Abzugs-Vorhaben gegen die „radikale linke Schickeria, die Italien in ein Flüchtlingslager verwandeln will“.

      Um so dringlicher wird es, die Aktivität der NGO-Seenotrettung im zentralen Mittelmeer mit Strategien der Aufnahme von Bootsflüchtlingen in Deutschland, Frankreich und anderen EU-Ländern zu verbinden.

      http://ffm-online.org/2018/06/18/salvini-kuendigt-abzug-der-kuestenwache-aus-internationalen-gewaessern-a

    • Du « Saint-Louis » à l’« Aquarius » : 80 ans d’abomination envers les réfugiés

      Retour sur la pérégrination tragique du paquebot Saint-Louis, chargé de réfugiés juifs fuyant l’Allemagne nazie au printemps 1939, qui fut partout refoulé. Or voici que récidivent, sous nos yeux, la méprise et le mépris envers ceux qui migrent.

      Si cette histoire vous amuse,
      Nous allons la, la, la recommencer,
      Ohé ! Ohé !

      Ainsi s’achève – sans donc jamais se terminer – une comptine atroce (il y est question d’un mousse tiré à la courte paille échappant de peu à l’anthropophagie), qui semble saturer l’univers politique des adultes après avoir bercé leur enfance : Il était un petit navire. Le da capo suit son cours inexorable ; jusqu’à mimer le bégaiement de l’Histoire, maintenant et toujours.

      Navigation rime avec immigration et les Suisses opposèrent au flot des réfugiés de la Seconde Guerre mondiale une image impitoyable, dont le cinéaste helvète Markus Imhoof a fait un film : La barque est pleine (Das Boot ist voll). Le mot d’ordre apparaît plus que jamais d’actualité en cette fin de printemps 2018.

      Sous nos yeux se déroule l’errance d’un paquebot, dont le nom signifie en latin « qui se rapporte à l’eau » : Aquarius. Le sort réservé à ces migrants par une Europe absorbée dans sa graisse et dans ses ténèbres, rappelle la condition faite aux réfugiés du Saint-Louis par un monde sans lumières, opiniâtre et petit en tout à l’excès. C’était en 1939 : c’était hier et pourtant aujourd’hui.

      Nazifier les personnes et les événements relève certes du lieu commun, dénote une paresse de la pensée, tient du réflexe rhétorique pavlovien. Mais la concordance des temps s’avère parfois indéniable. À preuve, cet épisode du transatlantique allemand qui, le 13 mai 1939 – six mois après la Nuit de cristal –, laisse derrière lui le port de Hambourg dans un mugissement libérateur et des fumées de bon augure, avec à son bord quelque 900 juifs persuadés d’avoir échappé à la souricière hitlérienne.

      Le Saint-Louis fait route vers Cuba. Les voyageurs ont acheté à prix d’or des permis de débarquement : 500 dollars par passager (ce qui ferait aujourd’hui près de 9 000 dollars). Mais le président Federico Laredo Brú a signé entretemps son décret 937, qui invalide tous les engagements précédents de son pays. Ainsi prétend-il mettre fin à un trafic de visas ayant pris des proportions scandaleuses dans une île en crise.

      Le 27 mai, lorsque le paquebot entre dans le port de La Havane, interdiction lui est signifiée de s’approcher du quai, puis ordre lui est donné de regagner les eaux internationales. Surchauffée par l’extrême droite et ses journaux ayant soutenu la croisade de Francisco Franco en Espagne contre les rouges, la population cubaine manifeste (40 000 personnes dans les rues). Ne surtout pas laisser débarquer ces vecteurs du communisme – le messianisme juif étant lié à la révolution et donc à la dissolution de la société occidentale, selon un poncif politico-religieux de l’époque…

      Le navire se dirige alors vers la Floride, jette l’ancre au large de Miami. Attente angoissante. Rien n’y fait : l’Amérique isolationniste et le Département d’État antisémite auquel se fie encore le président Roosevelt, au pouvoir depuis plus de sept ans à Washington, se montrent inflexibles. Le souvenir et les effets de la Grande Dépression sont patents : 83 % des Américains s’opposent à l’allègement des quotas et restrictions de la loi sur l’immigration, selon un sondage du magazine Fortune.

      Les républicains ont réussi une percée lors des élections de mi-mandat, en novembre 1938. Pas question de céder à l’émotion, de créer un appel d’air en passant pour faible : l’Amérique renvoie l’encombrant vaisseau vers l’Europe. Les câbles adressés au président démocrate par certains passagers du Saint-Louis restent sans réponse.

      Gustav Schröder, capitaine au grand cœur du transatlantique, pour ne pas réexpédier ses passagers vers une mort certaine en Allemagne, a bien l’intention de mettre le feu à son navire au large des côtes britanniques, histoire de forcer le gouvernement de Londres à recueillir les passagers. Mais il apprend en mer que Morris Troper, directeur pour l’Europe du « Joint » (American Jewish Joint Distribution Committee), a obtenu – moyennant une caution de 500 000 dollars (près de 9 millions de dollars actuels) – que certaines nations démocratiques européennes, Pays-Bas, France, Grande-Bretagne et Belgique, accueillent la plupart des passagers.

      Après 40 jours et 40 nuits océaniques, le Saint-Louis débarque à Anvers sa cargaison humaine. Les rescapés rejoignent leur pays d’accueil. La guerre puis l’occupation nazie rattraperont certains d’entre eux. Des 288 personnes arrivées en Grande-Bretagne, toutes survécurent, sauf une qui fut tuée lors d’une attaque aérienne en 1940. Des 620 passagers sur le continent, 87 (14 %) purent émigrer avant l’invasion allemande de mai-juin 1940. 532 subirent la conquête nazie. 278 survécurent. 254 périrent, victimes de la Shoah (84 raflés en Belgique, 84 aux Pays-Bas et 86 en France).

      Les survivants se liguèrent après la guerre, pour venir en aide à l’ancien capitaine du Saint-Louis, Gustav Schröder, qui vivait dans la précarité en RFA. Le 11 mars 1993, Yad Vashem devait honorer la mémoire de ce marin allemand antinazi en lui accordant le titre de Juste parmi les nations.
      Scélérats d’État

      Quand montent les périls, des individus clairvoyants et volontaires se posent en vigies des libertés. Les Sentinelles, tel est le titre d’un beau roman tragique de Bruno Tessarech (Grasset, 2009), qui relate comment, à la fin des années 1930, les pseudo démocraties pactisent avec les dictateurs. Elles se vautrent, humainement, moralement et politiquement, face aux tyrans de rencontre : « Nous [les] supplions de résoudre le problème qu’ils ont eux-mêmes créé, manière de leur répéter, au cas où ils ne l’auraient pas encore compris, que nous leur laissons les mains libres », se désole un jeune diplomate français, héros imaginaire et pourtant si incarné de ce récit d’une marche à la guerre durant laquelle les supposés décideurs agissent en somnambules.

      Le livre s’ouvre sur la conférence internationale d’Évian en 1938, qui explique les tribulations tragiques du Saint-Louis l’année suivante. Les trente-deux pays réunis (le Reich nazi n’est pas invité, l’Urss de Staline ne s’y fait pas représenter) s’entendent pour fermer leurs portes et leurs ports aux juifs d’Allemagne. La Suisse estime en avoir assez fait depuis l’Anschluss et ses afflux de juifs autrichiens : Berne va jusqu’à réclamer à Berlin d’apposer la lettre « J », en rouge sur les passeports de ses ressortissants israélites, afin de les mieux repérer !

      Comble de cette époque désespérante : la République dominicaine du dictateur Trujillo s’avère le seul pays à souhaiter recevoir des réfugiés juifs allemands, afin de « blanchir » sa population ! Les victimes du racisme nazi refuseront la proposition raciste du despote des Antilles. Et la presse hitlérienne exulte à la suite de ce lâche fiasco d’Évian, au mois de juillet 1938 : « Juifs à vendre : même à bas prix, personne n’en veut ! » Le Führer se paie le luxe de faire la leçon à ses donneurs de leçon : « Une honte de voir les démocraties dégouliner de pitié pour le peuple juif et rester de marbre quand il s’agit de vraiment venir en aide aux Juifs ! »

      Tous les clignotants de la mémoire et de l’histoire sont au rouge, en 2018, quatre-vingts ans après la conférence d’Évian. Refuser les réfugiés tient lieu de politique commune aux États froids et veules, qui se satisfont des pertes humaines en temps de paix comme dans la guerre. Et tant de citoyens en âge de voter, perdus pour la raison, se fichent aujourd’hui du destin des musulmans comme ils se fichaient jadis du sort des juifs. Fortifiés par de telles masses électorales, les soi-disant responsables des prétendues démocraties se font scélérats d’État. Emmanuel Macron invite à ne « jamais céder à l’émotion ». Angela Merkel, qui passait pour l’ultime digue contre « l’orbanisation » de l’Europe, rend les armes face au premier ministre hongrois Viktor Orbán : « La Hongrie fait le travail pour nous », a-t-elle glissé dimanche 10 juin sur la chaîne de télévision publique allemande ARD.

      Comme à contre-courant, Justin Trudeau, le premier ministre du Canada, s’est repenti, le mois dernier, au sujet du refus de son pays d’accepter de recevoir les passagers errants du Saint-Louis en 1939 : « Ces excuses ne pourront pas ramener ceux dont la vie a été volée ni réparer les vies brisées par cette tragédie. Cependant, nous avons la responsabilité commune de reconnaître cette réalité difficile, d’en tirer des leçons, et de continuer à nous dresser contre l’antisémitisme tous les jours. C’est ainsi que nous donnerons un sens au vœu solennel : “Plus jamais.” »

      Faudra-t-il attendre 2098 pour que des regrets officiels se manifestent à Paris, Rome, Budapest, Londres ou Berlin, au sujet de la disgrâce européenne imposée en 2018 aux réfugiés de l’Aquarius ? Faudra-t-il qu’entretemps une calamité géopolitique – dont cet épisode aura été annonciateur – ait à nouveau ravagé les peuples et les consciences, pour que l’aveuglement laisse place à la solidarité ?

      Une chanson pour finir. Et pour comprendre à quel point nous avons régressé depuis une cinquantaine d’années. En 1967-1968, alors que l’Occident prônait l’ouverture, l’accueil, le brassage, la rencontre et l’hybridation dans le sillage de l’après-guerre et de la décolonisation, triomphait une comédie musicale : Hair. C’est désormais notre Atlantide. Aquarius était son titre phare. Aquarius, en anglais, signifie « verseau », la constellation du porteur d’eau, dont l’ère tant attendue devait advenir : « La paix guidera les planètes/ Et l’amour conduira les étoiles (Then peace will guide the planets/ And love will steer the stars). »

      Regardez, ci-dessous, dans le film de Miloš Forman (Hair, 1979), comment la diversité engendrait alors la richesse, au lieu de provoquer la suspicion. Écoutez ces paroles, aujourd’hui incroyables, annonçant « Harmonie et compréhension (Harmony and understanding), illumination séraphique (Angelic illumination) », avec cet hymne propre à un monde englouti : « Guidé par les forces cosmiques, prends soin de nous, ô verseau (Guided by the cosmic forces/ O care for us/ Aquarius). » C’était hier ; c’était il y a mille ans, hélas !…


      https://www.mediapart.fr/journal/international/150618/du-saint-louis-l-aquarius-80-ans-d-abomination-envers-les-refugies?onglet=

    • EU inaction over Mediterranean migrants is criminal

      Frederic Penard of SOS Mediterranee urges EU member states to adopt immediately an adequate and common response plan to the ongoing crisis in the Med

      The extraordinary support we have received from European civil society since we were first refused a port of safety for the 630 people who were stranded on the Aquarius shows that citizens are wiser than their leaders (Report, 13 June). By showing their attachment to human life and dignity first, they contrast with the European heads of state and governments for whom this intolerable journey should be a wake-up call. To those EU leaders who would like us gone, we repeat that, as a maritime and humanitarian organisation, our only aim is to save and preserve life according to the law of the sea; and to bear witness on behalf of civil society to the ongoing tragedy in the Mediterranean.

      To those who’ve been supportive, we are sincerely thankful. Nevertheless, we have to remind them that as EU member states, they are co-responsible for the situation in the Mediterranean. By contributing to the training and financing of the Libyan coastguard, they are consciously participating in interceptions of boats in distress, which not only result in people being sent back to the Libyan hell, but also gravely jeopardises safe, efficient and professional search and rescue activities in international waters. To those of them who have been indifferent to our repeated calls for more coordinated search and rescue capacity in the central Mediterranean and for a European response to the drama on our common shores, we say that time has come to wake up. We urge all EU states to adopt immediately an adequate and common response plan to this tragedy: a European rescue fleet must be deployed and a EU-shared policy must be found for the safe disembarkation of the rescued people in the nearest port of safety.

      Indifference has resulted in too many deaths; inaction is criminal. As long as there will be people risking their lives at sea, SOS Méditerranée will pursue its mission in the international waters at the doorstep of Europe to search, rescue and testify.
      Frédéric Penard
      Director of operations, SOS Méditerranée


      https://www.theguardian.com/world/2018/jun/17/eu-inaction-over-mediterranean-migrants-is-criminal?CMP=share_btn_tw

    • L’Italie ferme ses port(e)s

      Cette semaine, en effet, ça se passe beaucoup à Rome ! Nous avons tous entendu parler de l’interdiction faite au navire Aquarius de débarquer en Italie les près de 700 migrants secourus par son affréteur l’ONG SOS Méditerranée. Cette décision du gouvernement italien a été inspirée et incarnée par son ministre de l’Intérieur, le très télégénique chef du parti d’extrême-droite : la Ligue. Pas plus tard qu’hier, ce même Matteo Salvini en a rajouté une couche : aucun navire d’ONG n’accostera plus en Italie. Mais c’est fou ça !

      Pourquoi ? Car, qu’il y ait des ONG humanitaires ou qu’il n’y en ait pas, les personnes qui sont déterminées à traverser la Méditerranée pour rejoindre l’Europe le font. De plus, les navires des ONG sont équipés pour faire de l’humanitaire : sur l’Aquarius, il y a des vivres, des équipements médicaux, du personnel médical. Les cargos, les tankers, les chalutiers, lorsqu’ils se déroutent pour sauver les passagers d’une embarcation en détresse, eux, ne sont pas tout armés pour recueillir des personnes migrantes en train de couler.

      Mardi dernier, quelque-part au milieu de la mer Méditerranée. Un navire de la sixième flotte de la marine américaine, l’USS Trenton, se porte au secours de 40 naufragés. Malheureusement, précise le communiqué du 14 juin, concentré sur ce sauvetage, l’équipage n’a pu repêcher les douze cadavres qui flottaient au milieu des vivants. Ben oui : les navires militaires, jusqu’à preuve du contraire, ne sont équipés ni d’hôpital ambulant, ni de cellule de soutien, et encore moins de chambre froide. C’est important, pourtant, de donner au corps une sépulture, et d’identifier les morts.

      Salvini et le gouvernement populiste italien s’en prennent aux ONG. Vont-ils aussi interdire l’accostage dans leurs ports des navires militaires de l’Otan ? De leur propres gardes-côtes ? Vont-ils tomber sur la tête au point de se soustraire aux obligations du droit de la mer qui les oblige, en tant qu’Etat, à porter secours ?

      Avec Salvini, tout est possible... Ce gouvernement, au pouvoir depuis moins d’un mois, a mis dans son programme qu’il expulserait d’Italie les centaines de milliers de ressortissants étrangers déboutés du droit d’asile ou sans permis de séjour. En attendant, ce gouvernement, dont le président, Giuseppe Conte, était reçu par Emmanuel Macron à Paris vendredi, s’en prend aux ONG. Et, contrairement à une autre partie très importante de la société italienne qui se mobilise pour accueillir les personnes migrantes, les électeurs qui ont voté pour les deux partis au pouvoir, la Ligue et le Mouvement Cinq Etoiles, applaudissent des deux mains. S’ils apprécient la dureté et le peu d’humanité de leur gouvernement, c’est non seulement car ils sont souvent en phase avec le caractère xénophobe du programme de ces deux partis, mais c’est aussi car ils en ont marre que, depuis plusieurs années, les autres pays de l’Union européenne, notamment la France qui cadenasse sa frontière avec l’Italie, les laissent seuls face à ces arrivées de personnes migrantes, qui plus est dans ces conditions tragiques.
      Un « axe » qui fait tourner les têtes

      Car il n’y a pas que les Romains, en fait : ils sont nombreux, les dirigeants Européens à être tombés sur la tête cette semaine ! Les ministres de l’intérieur de trois pays, Salvini pour l’Italie, Kickl pour l’Autriche, Seehofer pour l’Allemagne, ont ainsi appelé à la constitution d’un « axe de la volonté ». De la volonté de quoi ? De renvoyer manu militari à la frontière toute personne entrée sans papier sur leur territoire. Les renvoyer où alors ? Dans le pays frontalier qu’elles auraient traversé précédemment ? A la mer ? Le gouvernement autrichien, que dirige Sebastian Kurz chef de l’ÖVP de droite, en coalition avec le FPÖ d’extrême droite, a déjà proposé, la semaine précédente, avec Lars Lokke Rasmussen, son homologue danois, d’ouvrir des centres d’examens des demandes d’asile à l’extérieur de l’UE, pourquoi pas dans les Balkans occidentaux, et d’y amener les demandeurs d’asile. De cette façon, ceux qui seraient déboutés ne seraient déjà plus dans l’UE.

      Il y a donc une ligne de front le long de laquelle s’affrontent deux conceptions du territoire européen : l’hospitalité et la xénophobie. La seconde est maintenant au gouvernement en Italie, en Autriche, au Danemark, en Hongrie, en République tchèque, en Slovaquie, et en Pologne. En France et en Belgique, les politiques publiques mises en œuvre glissent petit à petit de l’hospitalité vers le rejet et la fermeture. Cette semaine, le gouvernement français n’a pas voulu accueillir l’Aquarius, soit disant pour ne pas céder au chantage de Matteo Salvini. Résultat, c’est l’Espagne du tout nouveau gouvernement socialiste de Pedro Sanchez, pourtant bien plus éloignée de la Sicile, qui a proposé un de ses havres à l’Aquarius. En Allemagne, le ministre de l’intérieur, issu du parti qui dirige la Bavière, s’oppose, comme on vient de le voir, à la politique d’hospitalité et d’intégration voulue par sa cheffe de gouvernement.

      Les Européens sont donc divisés entre eux, et cette division passe au sein de chaque état-membre de l’UE. Les chefs d’État et de gouvernement vont se réunir les 28 et 29 juin prochains : ils sont censés se mettre d’accord sur une politique de migration et d’asile européenne. Une de ces deux lignes l’emportera-t-elle ? Un compromis ou une synthèse est-elle possible ? L’UE va-t-elle se briser sur la politique migratoire ? Jusqu’à quel point marchons-nous, nous les Européens, sur la tête ?

      Défié par son propre ministre de l’Intérieur qui prône cet axe des pays européens volontaires pour refouler les migrants, la chancelière d’Allemagne, Angela Merkel et la Commission européenne se battent pour un « dispatching » équilibré des migrants dans tous les pays de l’UE au delà du pays par lequel ces personnes arrivent en Europe. Elles proposent de mettre en place une procédure européenne d’instruction des demandes d’asile, de façon à éviter que l’étude des dossiers incombent uniquement aux pays d’entrée. Au passage, gardons bien en tête le nombre de personnes concernées. Selon Eurostat, citée par Euractiv.fr, le nombre de demandes d’asile est passé en UE de 563 000 en 2014 à environ 1,2 million en 2015 et 2016, au plus fort de la crise. En 2017, 650 000 demandes enregistrées. Si l’Allemagne, qui a suspendu l’application du règlement de Dublin au plus fort de la crise, récupère toujours la majorité des demandes (31% de l’ensemble des demandes en UE), l’Italie (20%) et la Grèce (9%) sont respectivement à la deuxième et quatrième place en raison de leurs situations aux portes de la Méditerranée.
      Ce qui est en cause, c’est donc ce qu’on appelle la convention de Dublin sur l’asile dans l’UE. Les 26 états-membres de l’espace Schengen de libre circulation (dans cet espace, les individus passent d’un pays à l’autre avec une simple carte d’identité et sans obligation de la montrer à la frontière) ont décidé que toute demande d’asile devait forcément être instruite par le pays d’entrée. Deux façons de réformer cette procédure qui n’est plus adaptée se font face : soit, au mépris de l’État de droit et des conventions internationales, on refoule les entrants et on examine leur demande dans des camps extra-territoriaux. C’est ce qui correspond aux propositions des gouvernements où l’extrême-droite est maintenant au pouvoir.

      Cela prolongerait et amplifierait ce que l’UE appelle ses hotspots : des centres installés dans plusieurs pays voisins qui sont sur les routes qui mènent des pays en guerre ou en crise que fuient les migrants vers l’UE, centres vers lesquels ils sont dirigés et retenus par les gouvernement locaux, pour que les fonctionnaires européens y examinent les demandes d’asile. Cette politique consiste, de plus en plus, en une diplomatie du carnet de chèque de moins en moins soucieuse du droit d’asile et des conventions de Genève réputées protéger les personnes en danger. Depuis 2015, la Turquie a ainsi coupé la route à des centaines de milliers de syriens fuyant la guerre civile ; elle les héberge dans des camps humanitaires financés par l’UE. L’Italie et l’UE ont passé des accords de même type avec la Libye pour les personnes fuyant la guerre au Soudan ou en Somalie, notamment. Mais, en Libye, ces personnes vivent un véritable enfer... pour partie financé par les accords avec l’UE.
      Vers un « axe de l’hospitalité » ?

      Les institutions de l’UE prévoient ce qui s’appelle des coopérations renforcées : un groupe de pays membre de l’UE peut mettre en œuvre une politique publique européenne si les autres ne s’y opposent pas. On pourrait imaginer que les pays hospitaliers refusent les propositions des pays actuellement gouvernés par l’extrême-droite de renvoi et d’externalisation ; et qu’ils obtiennent que les gouvernements xénophobes de ces pays ne s’opposent pas aux propositions de mutualisation de l’asile par les gouvernements des pays hospitaliers.

      Ceci ne serait pourtant que du court terme. À long terme, il s’agit de changer de discours et de regard sur la réalité migratoire. Il s’agit d’arrêter de marcher sur la tête, et de retomber sur nos pieds. Et là, cette semaine, ça se passe à Bilbao. Dans la capitale du pays basque espagnol qui est aussi une des plus belles villes d’Espagne, un allemand, Rainer Haas, s’est levé et a dit : « L’Union européenne doit adopter une législation unique sur les migrations ». Mais qui est Rainer Haas ? Il n’est que co-président du Conseil des communes et régions d’Europe (CCRE) et président du Comté de Ludwigsbourg (Allemagne). C’était mercredi dernier, en clôture de la conférence « Égalité, Diversité et Inclusion » organisée par le CCRE.

      Ce conseil regroupe toutes les collectivités locales d’Europe. Il n’a certes pas de pouvoir ni de souveraineté. Mais enfin, sur le terrain, c’est dans les collectivités territoriales que ça se passe. Rainer Haas a souligné l’impact positif de l’intégration des réfugiés et des demandeurs d’asile sur l’économie locale et régionale. « Actuellement, rapporte Euractiv.fr, notre taux de chômage dans la région oscille autour de 3 %, ce qui signifie le plein emploi. C’est le taux de chômage le plus bas depuis de très nombreuses années. ». Sa ville de Ludwigsbourg a intégré 11 000 réfugiés, soit l’équivalent de 2 % de la population locale.

      C’est la fermeture des voies d’accès légales à la migration vers l’Europe qui est à l’origine des trafics de passeurs et des morts en Méditerranée, ce n’est pas le projet migratoire lui même ! Au contraire, ces tragédies et ces crispations prouvent par l’absurde et de façon inhumaine et bien peu urbaine, que rien, même le risque de mourir, n’entame la détermination du petit nombre de personnes qui sont résolues à venir en Europe. Alors que les économistes, les démographes et les employeurs expliquent que l’Europe a rationnellement besoin de la venue de personnes migrantes, on pourrait peut-être mobiliser nos intelligences collectives et les formidables ressources de nos administrations si développées et si ingénieuses pour valoriser ces énergies, cette motivation, ces qualifications... avec lesquels ces candidats à des papiers européens font corps : le leur ! On pourrait peut-être trouver d’autre mode de sélection que la traversée de la Méditerranée au péril de sa vie, non ? Seuls les survivants auraient droit, et encore, à un permis de séjour ?

      Si donner des permis de séjour fait si peur à certains, on pourrait inventer des permis de circuler entre plusieurs pays. La France empêche les demandeurs d’asile de travailler, dans l’espoir de paraître une terre inhospitalière. L’Allemagne au contraire autorise les demandeurs d’asile à travailler peu de temps après le dépôt de la demande, de façon à ce que les gens se sentent bien et utiles le plus vite possible, et mènent une vie normale.... Il n’est pas surprenant qu’elle soit devenue une destination souhaitée par beaucoup.

      A Bilbao, Bart Sommers, maire de Malines en Belgique, a souligné l’impact positif de l’intégration des migrants. « Nous avons 138 nationalités différentes et nous avons plus de musulmans dans notre ville que la Hongrie et la Slovaquie réunies. » "Peut-être que Monsieur Orbán, [premier ministre hongrois depuis 2010 dont l’idéologie illibérale est très anti migrants], pourrait nous rendre visite", a-t-il ajouté.

      Mais ils sont fous ces Européens !


      https://www.explicite.info/articles/1003-leuroscope-de-la-semaine

      #aquarelle #dessins

    • La Spagna accoglie l’Aquarius, ma l’azione delle ong si restringe

      Il sole è già alto nel cielo e l’aria è ferma, il rumore dell’elicottero della polizia spagnola a bassa quota non dà tregua. Dopo otto giorni in mare e 1.300 chilometri percorsi in condizioni non sempre favorevoli per la navigazione, alle 10.25 del 17 giugno la nave umanitaria Aquarius appare all’orizzonte ed entra nel porto di Valencia, scortata da un’imbarcazione della guardia civil, da una della guardia costiera e dalle lance dell’ong Proactiva Open Arms.

      Aquarius sfila con il suo scafo arancione davanti alle televisioni di tutto il mondo schierate sul molo, mentre dal ponte i naufraghi intonano un canto. Sulla banchina gli operatori che aspettavano l’attracco dalle prime luci dell’alba si lasciano andare a un applauso. I medici e gli operatori sanitari spagnoli sono i primi a salire a bordo della nave diventata il simbolo della chiusura verso i migranti del nuovo governo italiano e della crisi politica che rischia di mandare in pezzi l’intera Unione europea.

      Circa un’ora dopo, le 106 persone soccorse al largo della Libia scendono dalla scaletta, tra loro undici bambini e sette donne incinte. L’ultimo a lasciare la nave è Reward, un ragazzo nigeriano, che scherza con i soccorritori. Per salutarlo uno degli operatori prende un’armonica e si mette a suonare. Dopo lunghi giorni di tensione, esplode la gioia. Un agente della guardia civil spagnola schierata allo sbarco non riesce a trattenere il sorriso. “Il momento più difficile è stato quando abbiamo dovuto spiegare ai migranti quello che stava succedendo”, ricorda Alessandro Porro, soccorritore di Sos Méditerranée e operatore della Croce rossa, originario di Asti, in Piemonte. “I migranti temevano di essere rimandati in Libia”.

      La rotta spagnola
      Alle 13.30 attracca la nave Orione della marina militare italiana, nave Dattilo della guardia costiera era sbarcata all’alba. Tutti i 630 migranti respinti il 10 giugno dall’Italia sono finalmente arrivati in un porto sicuro. Più di cento sono portati in ospedale, ma solo sei sono ricoverati. Le operazioni di sbarco vanno avanti per tutto il giorno e si concludono verso le 19.30, quando le autorità spagnole definiscono Valencia “capitale europea della solidarietà” e si dichiarano soddisfatte della buona riuscita del piano di emergenza che hanno chiamato “speranza nel Mediterraneo”.

      “Siamo contenti che questa inutile Odissea sia finita”, commenta la portavoce di Sos Méditerranée Mathilde Auvillain subito dopo lo sbarco dell’Aquarius. “L’accoglienza da parte degli spagnoli è stata molto umana, sono stati condotti prima i controlli medici e poi le identificazioni da parte della polizia”, continua. Il comune di Valencia ha preparato un’accoglienza imponente con la partecipazione di più di 2.300 operatori e funzionari, tra cui 800 volontari della Croce rossa. “Un aspetto che mi sembra molto positivo è il fatto che siano stati coinvolti circa 400 mediatori culturali e questo permetterà ai profughi di essere seguiti con attenzione durante le procedure di registrazione e di identificazione, fondamentali per la richiesta di asilo”, conclude. I migranti riceveranno un permesso umanitario valido per 45 giorni poi dovranno accedere alla procedure di richiesta di asilo ordinaria.

      Ma non tutti condividono la speranza che le sofferenze e gli ostacoli per queste persone siano terminati. Una parte dei migranti appena arrivati sarà trasferita in Francia, perché il governo di Emmanuel Macron ha comunicato la sua disponibilità, ma non vengono diffusi troppi dettagli su questa opzione. Mentre in particolare i migranti di origine algerina e marocchina rischiano di essere rimpatriati. Durante lo sbarco nel porto di Valencia, un gruppo di attivisti protesta davanti alla sala stampa.

      “Nessuno è illegale”, gridano. Denunciano le politiche di respingimento della Spagna nei confronti dei migranti nelle enclave di Ceuta e Melilla in Nordafrica e chiedono la chiusura dei centri di detenzione per il rimpatrio nella penisola iberica. “Molti dei migranti appena arrivati sono algerini e marocchini e dopo questo lungo calvario durato giorni in mare, ora rischiano di finire in un centro di detenzione per 60 giorni”, afferma Iñigo, un attivista della Campagna per la chiusura dei Centri di detenzione (Cie) mentre arrotola lo striscione con la scritta “No Cie” per tornarsene a casa dopo il sit in.

      La Spagna è il paese europeo con più immigrati in relazione alla popolazione (il 10 per cento) e il secondo paese dopo la Germania in termini assoluti con 6 milioni di immigrati. Ma è anche uno dei primi stati europei ad aver investito sulla militarizzazione della frontiera, tanto che le recinzioni di Ceuta e Melilla, costruite negli anni novanta, sono diventate il simbolo della cosiddetta Fortezza Europa.

      Negli ultimi due anni però la Spagna ha registrato a un nuovo aumento degli arrivi via mare in particolare dall’Algeria e dal Marocco. Secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) nei primi sei mesi del 2018, in Spagna sono arrivati più di 14mila migranti, il 50 per cento in più di quelli arrivati nello stesso periodo del 2017, ma più o meno in linea con il numero di persone arrivate in Italia nei primi sei mesi del 2018 attraverso la rotta del Mediterraneo centrale. Solo nel finesettimana appena trascorso, la guardia costiera spagnola ha soccorso 1.290 persone nello stretto di Gibilterra e al largo delle isole Canarie. Nelle operazioni sono stati recuperati quattro cadaveri e 43 persone risultano disperse. I numeri della rotta spagnola sono destinati ad aumentare, secondo Frontex, ma nonostante questo, anche la Spagna è stata accusata dal governo italiano di non “fare la sua parte” sull’immigrazione.

      Un punto di non ritorno?
      Qualche ora dopo l’arrivo a Valencia, il coordinatore delle operazioni della nave Aquarius di Sos Méditerranée Nicola Stalla confessa tutto il suo sconcerto per l’esperienza appena vissuta. Originario di Alassio, in Liguria, e con una lunga esperienza alle spalle da coordinatore della missione, Stalla non avrebbe mai pensato che la Centrale operativa della guardia costiera di Roma avrebbe potuto ordinare alla nave Aquarius di attraccare a Malta, dopo aver coordinato i drammatici soccorsi di sabato notte.

      “Domenica sera ci siamo resi conto che quella decisione da parte di Roma ci avrebbe messo in una condizione di stallo pericolosa”, afferma. “Il nostro timore era quello di esaurire i viveri nel giro di poche ore, mentre Italia e Malta si rimpallavano le responsabilità”, racconta. Per Stalla la lunga traversata dell’Aquarius è la dimostrazione che i porti spagnoli e francesi non possano essere considerati un’alternativa valida a quelli italiani per i migranti soccorsi al largo della Libia.

      Il coordinatore della missione definisce “inumano e irrealistico” pensare che i migranti debbano essere sbarcati in Spagna o in Francia. “I giornalisti che erano a bordo hanno documentato cosa significhi sottoporre queste persone così vulnerabili a un viaggio lungo attraverso il Mediterraneo, un mare tutt’altro che facile per una nave sovraccarica in certe condizioni del meteo”.

      https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2018/06/17/aquarius-valencia-ong

    • @stesummi fait, dans cet article, un lien entre ce qui se passe en Méditerranée, la fermeture des ports, et les discussions sur la réforme du #règlement_Dublin...

      Riformare Dublino ? Campa cavallo

      Nonostante la portata simbolica, giuridica e umana della chiusura dei porti a diverse navi di ONG, Matteo Salvini riuscirà difficilmente ad imporre ai paesi europei una maggior solidarietà nei confronti dell’Italia, ritengono diversi esperti. Il caso Aquarius ha reso ancor più evidente la frattura in seno all’Unione e l’incapacità dei paesi membri di trovare una risposta comune alla sfida del secolo.

      https://www.tvsvizzera.it/tvs/vicenda-aquarius_riformare-dublino--campa-cavallo/44198368
      #Dublin_IV #Dublin

    • Aquarius, una nave ostaggio della politica

      Concesso: l’Italia non può essere lasciata sola dall’Unione Europea a gestire il flusso di immigranti che attraversano il Mediterraneo partendo dall’Africa. Così come non può essere lasciata sola la Grecia, che ospita centinaia di migliaia di persone che la raggiunsero dalla Turchia due anni fa. Su questa sfida si misura la statura morale e politica dell’idea di comunità europea. Che per ora appare bassa. Ma la decisione del ministro degli interni italiano Matteo Salvini di chiudere i porti italiani alla nave Aquarius della ong italo-franco-tedesca Sos Mediterranée con 629 persone a bordo (dando così prova di essere il vero capo del governo, visto che la competenza spettava in realtà ad un altro ministero) è una brutta notizia per chi ha a cuore il diritto e l’impegno umanitario.

      La decisione del governo italiano è un atto illegale, contravviene alla Convenzione internazionale sulla ricerca e il salvataggio marittimo (ratificata dall’Italia nel 1989), la quale impone non solo il salvataggio in mare ma anche il trasferimento in luogo sicuro. Ed essendo stata la Aquarius incaricata dalla guardia costiera di Roma di portare in salvo le 629 persone, raccolte in diverse operazioni al largo della Libia, la chiusura dei porti ordinata da Salvini risulta ancora più assurda, tanto più che i porti restano aperti alle navi militari italiane, una delle quali ha portato oltre 900 migranti a Catania.

      Evidentemente il ministro degli interni e capo della Lega voleva mandare un segnale «forte» anche alle ong che in questi anni si sono prodigate per salvare più vite possibile sul Mediterraneo (essendo le forze messe in piedi dall’Unione europea insufficienti), da lui accusate di favorire l’immigrazione clandestina e di fare affari con i passatori. Ma il messaggio più forte è rivolto all’Unione Europea, che non riesce a riformare l’accordo di Dublino sul primo asilo e mettere d’accordo i suoi Stati membri sulla redistribuzione dei profughi, di cui si fa attualmente carico soprattutto l’Europa meridionale. Una redistribuzione cui si oppongono in particolare gli Stati del Gruppo di Visegrad (Ungheria, Polonia, Cechia e Slovacchia), con l’appoggio dell’Austria, con cui Salvini si sente maggiormente in sintonia.

      Ma è questa la strada per far crescere la solidarietà all’interno dell’Ue? O non è piuttosto un tentativo di minarla dall’interno, scatenando una litigiosità su un tema altamente delicato? Se il presidente francese Macron non è la persona più indicata per dare del «cinico» a Salvini (visto che il suo paese ha più volte chiuso le frontiere ai migranti che volevano raggiungerla dall’Italia), quale altro titolo può essere assegnato ad un ministro che gioca sulla pelle di centinaia di persone per raggiungere i suoi scopi politici ed elettorali?

      http://www.azione.ch/editoriale/dettaglio/articolo/aquarius-una-nave-ostaggio-della-politica.html

    • [L’intervista] #De_Falco, il comandante dei Cinque Stelle: “Salvini si rassegni: i naufraghi in mare vanno salvati”

      Parla l’ufficiale di Marina #Gregorio_De_Falco che la notte del 13 gennaio 2012 ordinò al capitano Schettino della Cosa Concordia di “tornare subito a bordo”. Il senatore 5 Stelle ricorda al ministro dell’Interno che il governo è “un organo collegiale”. Ma riconosce al segretario della Lega di aver ragione su Malta: “Non può continuare a sottrarsi”. Da sue ricerche la nave della Ong Lifeline è olandese. Insensato parlare di “blocco navale”. E assurdo ipotizzare di arretrare le navi rispetto alla zona dei salvataggi. “Le Capitanerie non lo faranno…

      http://notizie.tiscali.it/politica/articoli/intervista-de-falco-fusani

      v. anche:
      L’ex M5s De Falco: «Salverò i migranti. La legge del mare è superiore a quella di Salvini» - L’intervista
      https://www.open.online/primo-piano/2019/04/06/news/de_falco_intervista-187159

    • Corsica offers to take migrant boat

      The speaker of Corsica’s regional parliament, Jean-Guy Talamoni, said Monday that the French island was ready to open its port to the Lifeline, the boat of German NGO Mission Lifeline with some 230 migrants on board. Italy and Malta have refused to let the boat dock on their territory, as has Spain, which accepted the Aquarius, another boat, earlier this month.

      https://euobserver.com/tickers/142192
      #Corse

    • Publié par Fulvio Vassallo sur FB, le 27.06.2018:

      La Lifeline sta attraccando a Malta. Tra poco Muscat -su ordine di Salvini- la sequestrera’.

      I servizi giornalistici confermano che si contesta al comandante, che verrà arrestato, il grave fatto di non avere obbedito agli ordini provenienti dalla Centrale Operativa della Guardia costiera italiana di consegnare i naufraghi alle motovedette libiche, se non portarli direttamente in un porto libico.

      Sotto processo chi ha rispettato le regole delle Convenzioni internazionali, legittimati gli ordini illegittimi di riconsegna ai libici. Ai libici dai quali fuggono persone vittime di abusi e violenze che Salvini definisce soltanto come «retorica». Ma per la Direzione Distrettuale antimafia e per il Tribunale di Ragusa la Libia non offre «porti sicuri di sbarco».

      Questa e’ la fine del diritto internazionale. Ma anche dello stato di diritto in Italia.

      https://www.facebook.com/fulvio.vassallo.3/posts/10156549963911926

    • Pubblicato da Fulvio Vassallo, il 27.06.2018, su FB:

      Provata la prassi adottata dalla Centrale operativa della Guardia Costiera italiana (IMrcc) di Roma che ha ordinato al comandante della Lifeline, prima di riconsegnare i migranti alle motovedette libiche e poi di dirigere direttamente su Tripoli, per una «rendition» dei naufraghi agli agenti delle unità antimmigrazione del governo Serraj. Si tratta di ordini illegittimi, mai impartiti prima, frutto delle direttive informali impartite da Salvini e Toninelli. Più mettono sotto accusa le Ong, piu’ aprono processi contro gli operatori umanitari, piu vengono fuori le magagne della Guardia costiera ( e della Marina) italiana. Siamo solo all’inizio. Verranno fuori tracciati, notam, mappe, registrazioni e testimonianze . Vedremo alla fine chi ha rispettato la legge e le convenzioni internazionali e chi le ha violate. Se da qualche parte esistono ancora giudici indipendenti, come i giudici di Palermo e di Ragusa che hanno scritto nelle loro sentenze che in Libia non esistono «porti sicuri di sbarco».

      https://www.facebook.com/fulvio.vassallo.3/videos/10156550134361926

    • Una zona SAR per la “Libia” che non esiste. Si perfeziona la politica dell’annientamento.

      Sull’onda dei successi delle manovre di criminalizzazione delle ONG avviate lo scorso anno durante il governo Gentiloni-Minniti, dopo le operazioni di “soccorso” in acque internazionali delegate ai guardiacoste di Tripoli, giunge la notizia che l’IMO (Organizzazione delle Nazioni Unite per la navigazione matrittima internazionale) avrebbe inserito nei suoi data base una zona SAR “libica” con la indicazione di una Centrale operativa di coordinamento.

      https://www.a-dif.org/2018/06/28/una-zona-sar-per-la-libia-che-non-esiste-si-perfeziona-la-politica-dellannien

    • La Libia ha dichiarato la sua zona SAR: lo conferma l’IMO

      Tripoli definisce una propria area di ricerca e soccorso riconosciuta dall’Organizzazione Marittima Internazionale. Una svolta che complica ulteriormente la situazione, rendendo ancora più incerto il futuro di chi è intrappolato in Libia e il ruolo delle navi umanitarie. Diverse le domande, prima tra tutte: come si può affidare la responsabilità del soccorso a un Paese che non può essere considerato “Place of Safety”?

      http://www.vita.it/it/article/2018/06/28/la-libia-ha-dichiarato-la-sua-zona-sar-lo-conferma-limo/147392
      #SAR #Libye #it_has_begun #sauvetage #Méditerranée #asile #migrations #réfugiés #zone_SAR

    • Colau ofrece Barcelona como “puerto seguro” para acoger migrantes a la deriva

      La alcaldesa de la capital catalana apela directamente al presidente Pedro Sánchez y la vicepresidenta Carmen Calvo para ayudar a la oenegé Open Arms “a salvar vidas”

      http://www.lavanguardia.com/politica/20180624/45375909848/ada-colau-barcelona-puerto-seguro-migrantes-deriva.html
      #Barcelone

      #Berlin aussi a déclaré vouloir accueillir des demandeurs d’asile de la #Lifeline...
      Berlin will Flüchtlinge aufnehmen
      http://www.taz.de/!5516521

      –-> je vais mettre les infos concernant les villes qui se sont déclarées prêtes à accueil des migrants sur ce fil autour des #villes-refuge : https://seenthis.net/messages/656848

    • Les ONG ne sont pas les complices des passeurs

      Non seulement les opérations de secours en mer sauvent des personnes de la noyade, mais elles œuvrent à leur évacuation en situation de danger immédiat dans leur pays, rappelle MSF.

      La Méditerranée est devenue depuis trois semaines l’arène au sein de laquelle les Etats européens s’adonnent à des jeux politiques sordides aux dépens de la vie de milliers de personnes et mettent en scène la fermeture de leur territoire. Dernier épisode en date, le 26 juin, commentant l’opération de sauvetage du Lifeline, un navire d’une organisation non gouvernementale et son débarquement accordé in extremis par Malte, le président Emmanuel Macron l’accuse d’être « intervenue en contravention de toutes les règles et des garde-côtes libyens » et ainsi d’avoir « fait le jeu des passeurs ». Poursuivant, il regrette qu’« au nom de l’humanitaire », il puisse n’y avoir « plus aucun contrôle ».

      Ainsi, c’est l’ensemble des organisations humanitaires de secours en mer qui se retrouvent qualifiées de complice des trafiquants. Une accusation aussi absurde qu’inacceptable. Les ONG n’agissent en mer que sur instruction du centre de coordination des secours maritimes italien. Emmanuel Macron oublie également, à l’instar de ses homologues européens, que les opérations non-gouvernementales ne secourent qu’une minorité de celles et ceux qui sont sauvés en mer, la plupart l’étant par les garde-côtes italiens et des navires marchands. Plutôt qu’encourager les migrants à prendre la mer dans des conditions périlleuses, nous disent les responsables européens, il s’agit de confier la responsabilité du sauvetage aux garde-côtes libyens, ainsi que celui de la surveillance des côtes pour empêcher les départs. Comme s’en félicite le porte-parole du gouvernement Benjamin Griveaux, « grâce à un investissement que la France et l’Union européenne auprès des autorités libyennes », le rythme des traversées a considérablement ralenti.

      Ce résultat a été obtenu au prix de mesures révoltantes. Car les Européens dans leur ensemble, et la France et l’Italie au premier chef, encouragent l’interception en mer, le refoulement et le maintien en Libye de milliers de personnes qui y ont enduré des mois, et même pour certains des années, de privations, d’extorsion, de torture et d’esclavage. Personne n’ignore plus en effet ces sévices depuis la publication de nombreux rapports, dont ceux issus de notre travail dans le pays, en Libye ainsi que la diffusion CNN de la vidéo d’un marché aux esclaves en octobre dernier. Le président Macron n’hésitait pas lui-même à qualifier de « crimes contre l’Humanité » les faits d’esclavage en Libye en novembre dernier.

      Depuis le début de l’année 2018, ils sont déjà plus de 10 000 à avoir été interceptés et refoulés par les « garde-côtes libyens », bannière regroupant des groupes disparates de militaires et milices en armes. Des garde-côtes que l’Union européenne finance et forme, malgré la porosité de certains de ces groupes avec les trafiquants d’êtres humains comme cela a été largement démontré. Pour rappel, le Conseil de sécurité de l’ONU a sanctionné le 7 juin dernier six personnes, dont quatre Libyens, à la tête de réseaux de trafiquants : parmi eux, un des chefs des garde-côtes de la ville de Zawiya. Pourtant, par un tour de passe-passe tragique, la France se satisfait aujourd’hui, à l’instar de l’Italie, de sa coopération – de sa complicité ? – avec ces autorités aux contours flous et dont on sait qu’elles maltraitent les migrants et organisent elles-mêmes parfois leur passage.

      Une fois reconduites dans les centres de détention, les personnes interceptées seront pour la plupart soumises à un chantage de fait : rester enfermées dans ces cages fétides des mois encore ou bien se résoudre à intégrer le programme de « retours volontaires » dans leur pays d’origine organisé par l’Organisation internationale des migrations. Bien que certains d’entre eux accueillent ces propositions avec soulagement, d’autres ne s’y soumettent que pour échapper au pire. Quelques-uns finiront par bénéficier de la protection du Haut-Commissariat des Nations unies pour les réfugiés, seront envoyés au Niger en attente d’une hypothétique relocalisation dans un pays européen. Mais leur nombre est terriblement faible – un peu moins de deux cents depuis la fin de l’année 2017 – au regard des dizaines de milliers de personnes reconnues demandeuses d’asile en Libye.

      A ce regard, rien ne fonctionne : il n’existe aucun système d’enregistrement digne de ce nom et les activités du HCR dans le pays sont extrêmement contraintes. Enfin, une partie des personnes interceptées se retrouve à nouveau plongée dans des réseaux de criminalité et enfermée dans des prisons sauvages, où elles sont torturées pour obtenir une rançon de leurs proches. Les migrants détenus en Libye aujourd’hui se trouvent d’ailleurs majoritairement dans ces lieux de captivité clandestins, soumis aux pratiques les plus barbares et parfois tués. MSF sait, pour jouer les fournisseurs de sacs à cadavre à une association locale au nord de la Libye, que ce sont des centaines de personnes qui disparaissent ainsi chaque mois.

      Dès lors, la fuite est pour ses personnes une nécessité bien plus qu’un choix. En ce sens, les opérations de secours en mer des ONG répondent autant à sauver les gens d’une noyade certaine que d’œuvrer à l’évacuation de personnes en situation de danger immédiat.

      L’alternative au secours en mer n’est pas, comme feignent de le croire Emmanuel Macron et Matteo Salvini, sa disparition, mais bien plutôt une capacité accrue pour faire sortir les migrants qui le souhaitent de cette situation où ils connaissent l’enfer, et cela sans que le recours aux passeurs soit leur unique possibilité : sortir d’une logique de détention, accorder toute sa place à la demande d’asile en prenant conscience que certains d’entre eux ne pourront être rapatriés, accélérer les processus de relocalisation dans les pays tiers, y compris en Europe. Que penserait Paul Ricoeur, dont se réclame notre président, d’un de ses disciples faisant de l’ambulancier le complice de l’agresseur ?

      http://www.liberation.fr/debats/2018/06/29/les-ong-ne-sont-pas-les-complices-des-passeurs_1662820

    • Migranti: Toninelli, divieto di attracco per la nave ong #Astral

      «In ragione della nota formale che mi giunge dal Ministero dell’Interno e che adduce motivi di ordine pubblico, dispongo il divieto di attracco nei porti italiani per la nave Ong Astral, in piena ottemperanza dell’articolo 83 del Codice della Navigazione». Lo dice in una nota il Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Danilo Toninelli.

      http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2018/06/29/migranti-toninelli-divieto-di-attracco-per-la-nave-ong-astral-_d1b9ba19-7f42-44

      Commentaire de Marta Esperti sur FB:

      Decisione puramente politica, l’Astral non ha nessun migrante a bordo tra l’altro. Inoltre Astral è il nome della nave e non della ONG (#Proactiva_Open_Arms). Un’altra decisione meschina ed irregolare.

    • Updated (3): Another battle between Malta, Italy brewing on yet another ship with migrants

      Another battle of words is brewing between Malta and Italy on yet another group of migrants that has been rescued by a ship belonging to a non-governmental organisation.

      Italian Home Minister Matteo Salvini, on Twitter, wrote that Italy will not be accepting the ship with the migrants which, according to him, is closer to Malta.

      But, in a reply, Home Affairs Minister Michael Farrugia said that Lampedusa, which is Italian territory, is closer to the area where the SAR operation took place. The map shows that Lampedusa is 124.99 nautical miles away from the site, while Malta is 141.02 nautical miles away.


      http://www.independent.com.mt/articles/2018-06-30/local-news/Another-battle-between-Malta-Italy-brewing-on-yet-another-migrant-sh

    • "Avete fatto annegare 100 migranti". Open Arms accusa l’Italia

      La ong #Open_Arms accusa la Guardia costiera italiana e quella libica della morte dei migranti annegati in un naufragio al largo della Libia. «Ieri 100 persone sono morte nel naufragio di una barca di fronte alle coste della Libia», afferma la ong, che ha in queste ore nel Mediterraneo la nave Astral, a bordo della quale si trovano 59 migranti soccorsi oggi.

      Open Arms - prosegue il tweet dell’europarlamentare socialista spagnolo Javi Lopez, che si trova a bordo e che in un filmato si sofferma in un colloquio con Oscar Camps, fondatore della ong spagnola - «avrebbe potuto salvarle ma il suo appello è stato ignorato dalla Guardia costiera italiana e da quella libica».Il gommone naufragato tra ieri e giovedì scorso aveva a bordo almeno 120 migranti. Al naufragio sono sopravvissuti in 16. Tra i morti ci sono almeno tre bambini. «L’evento Sar avvenuto nella giornata di ieri e per il quale risultano dispersi circa 100 migranti è accaduto in acque territoriali libiche e non ha visto in alcun modo il coinvolgimento della Centrale operativa della Guardia costiera di Roma». E’ quanto precisa la stessa Guardia costiera in riferimento alla ricostruzione di Open Arms che ha accusato l’Italia.

      https://www.huffingtonpost.it/2018/06/30/avete-fatto-annegare-100-migranti-open-arms-accusa-litalia_a_23471711

    • Migrants rescue boat allowed to dock in Barcelona

      A Spanish rescue boat which plucked 60 migrants from a patched-up rubber dinghy in the Mediterranean Sea near Libya has been given permission to sail to Barcelona, following another political row between Italy and Malta over where the vessel should dock.

      The boat, Open Arms, run by Spanish aid group Proactiva Open Arms, said it rescued the migrants – including five women, a nine-year-old child and three teenagers – after it spotted a rubber boat patched with duct tape floating in the sea. All the migrants appeared in good health.

      Italy’s right-wing interior minister Matteo Salvini quickly declared that the rescue boat “can forget about arriving in an Italian port”, and claimed it should instead go to Malta, the nearest port.

      Malta swiftly pushed back, with its interior minister contending that the tiny Italian island of Lampedusa, south of Sicily, was closer to the boat.

      http://www.itv.com/news/2018-06-30/migrants-rescue-boat-allowed-to-dock-in-barcelona

    • Dopo l’allontanamento delle ONG è strage quotidiana sulla rotta del Mediterraneo centrale

      Nel giorno in cui il ministro dell’interno e vice-presidente del Consiglio rilancia da Pontida l’ennesimo attacco contro le ONG, che vedranno “solo in cartolina” i porti italiani, e mentre tre navi umanitarie sono bloccate nel porto de La Valletta, per decisione del governo maltese, nelle acque del Mediterraneo Centrale si continua a morire. Si continua a morire nell’indifferenza della maggior parte della popolazione italiana, schierata con chi ha promesso che, chiudendo i porti, e le vie di fuga, ai migranti da soccorrere in mare, le condizioni di vita degli italiani colpiti dalla crisi potranno migliorare. Una tragica illusione. Il vero pericolo per tutti oggi non viene dal mare, ma dalla costituzione di un fronte sovranista ed identitario europeo, che potrebbe cancellare lo stato di diritto e la democrazia rappresentativa. E allora non ci sarà più spazio nè per i diritti umani nè per i diritti sociali. i più forti imporranno le loro leggi ai più deboli.

      Questa volta nessuno potrà accusare le navi umanitarie, come hanno fatto fino a oggi direttori di giornali in Italia ed esponenti della sedicente Guardia costiera libica. Adesso i libici, in assenza delle navi umanitarie, sono costretti ad avvalersi delle navi commerciali in navigazione nelle loro acque, per operazioni di soccorso che da soli non sono in grado di garantire, salvo poi attaccare le ONG. Per le persone “soccorse” in mare da questi mezzi il destino è segnato, lo sbarco avviene a Tripoli, porto più vicino ma non “place of safety“, e dopo poche ore, per coloro che sono trasferiti dal centro di prima accoglienza al porto, ai vari centri di detenzione gestiti dalle milizie, il destino è segnato.

      Si ripetono intanto attacchi scomposti contro gli operatori umanitari, che rilanciano la macchina del fango che da oltre un anno si rivolge contro le ONG, accusate di tutti i possibili reati, per il solo fatto di salvare vite umane in mare. Si vogliono eliminare tutti i testimoni dell’Olocausto nel Mediterraneo. Senza un voto del Parlamento si è cercato di introdurre in via surrettizia il reato di solidarietà, in spregio al principio di legalità, affermato dalla Costituzione italiana.

      Questa striscia di morte, che si allunga giorno dopo giorno, con una cadenza mai vista prima, deriva direttamente dalla eliminazione delle navi umanitarie e dall’arretramento degli assetti militari italiani ed europei che in passato, anche se si verificavano gravi stragi, riuscivano tuttavia a garantire più solleciti interventi di soccorso. Il blocco di tre navi umanitarie a Malta, come il sequestro della Juventa lo scorso anno, potrebbero essere stati causa di una forte riduzione della capacità di soccorso in acque internazionali, tra la Libia e ‘Europa, una capacità di soccorso che gli stati non hanno voluto mantenere negli standards imposti dalle Convenzioni internazionali a ciascun paese responsabile di una zona SAR ( ricerca e soccorso). La presenza delle navi umanitarie è stata bollata come un fattore di attrazione delle partenze, se non come vera e propria complicità con i trafficanti, come ha ripetuto in più occasioni Salvini. Ne vediamo oggi le conseguenze mortali.

      Anche l’UNHCR ha espresso la sua preoccupazione per la diminuzione degli assetti navali in grado di operare interventi di soccorso nelle acque del Mediterraneo centrale. Secondo l’OIM negli ultimi tre giorni sono annegate oltre 200 persone, una serie di stragi ignorate dall’oipinione pubblica italiana e nascoste dai politici concentrati nel rinnovato attacco contro le ONG. La “banalità” della strage quotidiana in mare costituisce la cifra morale del governo Salvini-Di Maio. Con il sommarsi delle vittime, e l’allontanamento dei testimoni, si vuole produrre una totale assuefazione nella popolazione italiana. Per alimentare altro odio ed altra insicurezza, utili per le prossime scadenze elettorali.

      Nelle prime settimane di insediamento del nuovo governo, ed in vista del Consiglio europeo di Bruxelles del 28-29 giugno scorso, il ministero dell’interno ha disposto in modo informale la chiusura dei porti ed il divieto di ingresso nelle acque territoriali, per alcune imbarcazioni delle Organizzazioni non governative che avevano effettuato soccorsi nelle acque internazionali antistanti le coste libiche. Sono state anche ritardate le operazioni di sbarco di centinaia di persone, soccorse da unità militari ( come la nave americana Trenton), o commerciali ( come il cargo Alexander Maersk), che, solo dopo lunghi giorni di attesa, hanno potuto trasbordare i naufraghi che avevamo a bordo e proseguire per la loro rotta. In molti casi si sono trasferite le responsabilità di coordinamento dei soccorsi alle autorità libiche, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti.

      Le ultime vicende delle navi umanitarie Acquarius , Lifeline e Open Arms, dopo il sequestro, lo scorso anno, della nave Juventa, ancora bloccata a Trapani, hanno aperto una nuova fase di tensioni anche a livello internazionale, in particolare con il governo maltese e con le autorità spagnole. Il governo italiano ha chiuso i porti alle poche navi umanitarie ancora impegnate nelle attività di ricerca e salvataggio (SAR) sulla rotta del Mediterraneo centrale, mentre si è rilanciata la criminalizzazione delle Ong, e più in generale di chiunque rispetti il dovere di salvare vite umane in mare, malgrado importanti decisioni della magistratura (di Ragusa e di Palermo) riconoscessero come lecite, anzi doverose, le attività di soccorso umanitario delle stesse Ong sotto inchiesta.

      Da ultimo si è appreso che ci sarebbero motivi “di ordine pubblico” alla base della decisione del ministro dell’Interno Matteo Salvini di vietare l’accesso ai porti italiani alla Open Arms.
Questi motivi, stando a informazioni che non sono state formalizzate in un provvedimento notificato agli interessati, sarebbero costituiti dalle “vicende giudiziarie” in cui è stata coinvolta la nave delle Ong spagnola, dissequestrata con una sentenza del Gip poi confermata dal tribunale di Ragusa, e dalle “manifestazioni”(rischio proteste) che si sono verificate in occasione del sequestro preventivo alla quale era stata sottoposta nel porto di Pozzallo.

      Si configura così come problema di “ordine pubblico” il doveroso espletamento di una operazione SAR che si è svolta nel pieno rispetto della legge e del diritto internazionale, per legittimare un provvedimento, ancora segretato, forse una circolare probabilmente da redigere, del ministro Toninelli, che vieta l’ingresso alle navi delle Ong nelle acque territoriali e nei porti italiani .

      L’allontanamento delle ONG per effetto delle “chiusure” informali dei porti, e la istituzione unilaterale di una zona SAR libica, oltre al blocco imposto alle navi umanitarie dalle autorità maltesi, riducono la presenza dei mezzi di soccorso nel Mediterraneo centrale e hanno già comportato un aumento esponenziale delle vittime.

      La realizzazione del progetto italiano di istituire una zona SAR , completata con una forte pressione sull’IMO a Londra, sta producendo tutti i suoi effetti mortali, considerando che la Guardia costiera “libica” non può coprire tutte le azioni di soccorso che è chiamata ad operare (spesso da assetti italiani), avendo a disposizione soltanto sei motovedette. Si tratta di mezzi ceduti dai precedenti governi italiani, oggi abbastanza logorati malgrado siano stati curati nella manutenzione dai marinai delle unità italiane, di stanza nel porto di Tripoli, nell’ambito della missione NAURAS. Non si sa come e quando arriveranno in Libia le 12 motovedette promesse alla Guardia costiera di Tripoli da Salvini, che doveva fare approvare la sua proposta in Consiglio dei ministri, approvazione che ancora non c’e’ stata. Una iniziativa che potrebbe infuocare ancora di più lo scontro tra le milizie libiche per il controllo dei porti, e del traffico di gas e petrolio.
      La creazione fittizia di una zona SAR libica, che sembra sia stata notificata anche all’IMO, sta legittimando gli interventi più frequenti della Guardia costiera di Tripoli, che arrivano a minacciare anche gli operatori umanitari mentre sono impegnati negli interventi di soccorso in acque internazionali. Interventi di soccorso che sono sempre monitorati dalle autorità militari italiane ed europee, che però non intervengono con la stessa tempestività che permetteva in passato il salvataggio di migliaia di vite.

      Il cerchio si chiude. Adesso arriva anche il supporto europeo alla chiusura contro le ONG, anche se non si traduce in alcun atto dotato di forza normativa vinclante. Tutte le politiche europee sull’immigrazione, anche i respingimenti, avverranno “su base volontaria”. Ma le navi di Frontex ( e di Eunavfor Med) rimangono vincolate agli obblighi di soccorso previsti dai Regolamenti europei n.656 del 2014 e 1624 del 2016. Atti normativi, vincolanti anche per i ministri,che subordinano le azioni contro i trafficanti alla salvaguardia della vita delle vittime, non esternazioni di leader sull’orlo di una crisi di nervi alla fine di un Consiglio europeo estenuante ed inconcludente.

      L’illegalità di scelte politiche e militari che vanno contro il diritto internazionale viene giustificata con lo spauracchio di manifestazioni democratiche di protesta. Non e’ a rischio soltanto la libertà di manifestazione o il diritto a svolgere attività di assistenza e di soccorso umanitario. Il messaggio lanciato dal governo italiano, e ripreso dal governo maltese, è chiaro, riguarda tutti, non solo i migranti. E’ la strategia mortale della dissuasione, rivolta ai migranti ed agli operatori umanitari. Altro che “pacchia”. Per chi si trova costretto a fuggire dalla Libia, senza alternative sicure per salvare la vita, il rischio del naufragio si fa sempre più concreto. Anche se gli “sbarchi” sono drasticamente calati, rispetto allo scorso anno, è in forte aumento il numero delle vittime, morti e dispersi, abbandonati nelle acque del Mediterraneo.

      In questa situazione la magistratura italiana è chiamata a fare rispettare le regole dello stato di diritto e gli impegni assunti dall’Italia con la firma e la ratifica delle Convenzioni internazionali di diritto del mare. Ma è anche importante il contributo della società civile organizzata, delle associazioni, di tutto quel mondo del volontariato che in questi ultimi mesi è stato messo sotto accusa con lo slogan della “lotta al business dell’immigrazione”. Quando erano state proprio le Organizzazioni non governative a denunciare chi faceva affari sulla pelle dei migranti e chi ometteva i controlli, denunce fatte in Parlamento e nel lavoro quotidiano di tanti cittadini solidali. L’attacco contro il sistema di accoglienza è stato utilizzato per delegittimare e bloccare chi portava soccorso in mare, mentre gli stati venivano meno ai loro obblighi di salvataggio. Verranno dalla società civile europea e dagli operatori umanitari le denunce che inchioderanno i responsabili delle stragi per omissione.

      Rispetto alle richieste di soccorso, e persino rispetto alle istanze che si stanno proponendo per avere chiarite le basi normative e i contenuti dei provvedimenti amministrativi, sulla base dei quali si sta interdicendo l’ingresso nelle acque territoriali e nei porti italiani alle navi delle ONG, impegnate in attività SAR nelle acque internazionali a nord delle coste libiche, silenzi e ritardi. Si può riscontrare silenzio e ritardo nell’attività delle pubbliche amministrazioni riconducibili al Ministero delle infrastrutture ( quanto al divieto di ingresso) e dell’interno (quanto alle note di rilevazione ed alla dichiarazione di una situazione di pericolo per l’ordine pubblico). Le decisioni dei ministri, su materie così importanti che incidono sulla vita ( e sulla morte) delle persone, non possono essere comunicate sui social, con messaggi Twitter o attraverso Facebook.

      Se gli avvistamenti iniziali ed il coordinamento “di fatto” (come rilevato dalla magistratura) della Guardia costiera “libica” sono effettuati da parte di autorità militari italiane, in sinergia con gli assetti aero-navali europei delle missioni Themis di Frontex ed Eunavfor MED, le autorità italiane non possono dismettere la loro responsabilità di soccorso.

      In questi casi il ministero dell’interno italiano ha l’obbligo di indicare un porto sicuro (place of safety) di sbarco in Italia, dal momento che la Libia non offre porti sicuri, e che Malta ha negato in diverse occasioni l’attracco a navi commerciali o umanitarie, che avevano operato soccorsi nelle acque del Mediterraneo centrale.

      Contro la scelta di chiudere i porti e di interdire l’ingresso delle navi delle ONG nelle acque territoriali, tanto per sbarcare naufraghi soccorsi in alto mare, quanto per effettuare rifornimenti e cambi di equipaggio, occorre rilanciare una forte iniziativa sul piano sociale, politico e legale. Per affermare il diritto alla vita, un diritto incondizionato, che non può essere piegato a finalità politiche o giudiziarie. Per battere quell’ondata di disinformazione e di rancore sociale che sta disintegrando il tessuto umano della nostra Repubblica, e la stessa Unione Europea, indicando nei migranti e in chi li assiste la ragione di tutti i mali che affliggono i cittadini italiani. Come se si trattasse di nemici interni da eliminare. Di fronte a tutto questo, la resistenza è un dovere.

      https://www.a-dif.org/2018/07/01/dopo-lallontanamento-delle-ong-e-strage-quotidiana-sulla-rotta-del-mediterran

    • Migrants : pour les armateurs, secourir les naufragés est « un devoir absolu »

      Le devoir des navires est de porter assistance aux personnes en situation de détresse en mer, quelles que soient les circonstances, souligne le délégué général d’Armateurs de France Hervé Thomas, alors que l’Italie a bloqué pendant trois jours un cargo danois qui avait secouru des migrants.

      http://www.levif.be/actualite/international/migrants-pour-les-armateurs-secourir-les-naufrages-est-un-devoir-absolu/article-normal-860223.html
      #droit_de_la_mer

    • #Sea-Watch hindered from leaving port while people drown at sea

      +++ Current surge in death toll linked to crack down on sea rescue +++ Sea-Watch fully entitled with Dutch flag, investigations are political campaign against civil rescue fleet +++

      Sea-Watch learned today that its vessel is detained in Malta, without any legal grounds provided by authorities. Since the Sea-Watch 3 is not registered in the sportboat register, as is the case for LIFELINE and SEEFUCHS, but is listed in the royal shipping register as a Dutch seagoing vessel, fully entitled to fly the Dutch flag, the lack of permission to sail from Malta turns out not to be a registration issue, but a political campaign to stop civil rescue at sea.

      While rescue assets are blocked in port, recent days have become the deadliest this year. Yesterday, the UNHCR reported another 63 people missing, while on Friday more than 100 people had drowned, among them babies and children. At the moment there is no suitable rescue asset left in the area of operation, despite the fact that the Sea-Watch 3 is well equipped and ready to sail. Sea-Watch strongly urges the Maltese government to stop hindering rescue workers, as human lives are at acute risk.

      https://sea-watch.org/en/321

    • Terzo naufragio in quattro giorni. I governi uccidono ed i giudici processano la solidarietà.

      Oggi vogliamo soltanto fissare la sequenza dei fatti, le vicende di questa ultima strage, che rischia di essere cancellata dall’indifferenza generale, per restituire una lacrima ed un ricordo a quelli che potrebero essere nostri padri, madri, fratelli, sorelle, figli, nipoti. Che oggi, dopo questo ennesimo naufragio, saranno dispersi in qualche parte del Mediterraneo, senza che le loro famiglie possano avere almeno restituiti i cadaveri. Altre 114 vite cancellate dalle politiche di “lotta ai trafficanti” e di “difesa dei confini” che in Europa ed alle sue frontiere esterne stanno prevalendo persino sul diritto alla vita.

      https://www.a-dif.org/2018/07/02/terzo-naufragio-in-quattro-giorni-i-governi-uccidono-ed-i-giudici-processano-

      v. aussi:
      http://www.repubblica.it/esteri/2018/07/02/news/migranti_unhcr_nuovo_naufragio_in_libia_114_dispersi_in_mare-200669661
      https://www.corriere.it/cronache/18_luglio_02/migranti-altro-naufragio-l-agenzia-onu-ci-sono-114-dispersi-850cef22-7e26-1
      http://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2018/07/02/nuovo-naufragio-in-libia-114-dispersi_79f8cc8a-ea4b-42a9-8be5-19b6c31b0545.html

    • 16/06: Alarm Phone alerted to two boats in the Western Mediterranean – one person died during rescue operation

      Watch The Med Alarm Phone Investigations – 16th of June 2018
      Case name: 2018_06_16-WM264
      Situation: Alarm Phone alerted to two distress cases between Morocco and Spain, one traveller died during the rescue operation.
      Status of WTM Investigation: Concluded
      Place of Incident: Western Mediterranean Sea

      Summary of the Case: On Saturday the 16th of June, the Alarm Phone shift team was alerted to two boats in distress in the Western Mediterranean. Both boats were rescued by the Moroccan navy. However, one traveller drowned during the rescue operation of the second boat.

      At 12.48pm, the Alarm Phone shift team was alerted by a contact person to a boat in distress carrying 51 travellers, amongst them seven women. The boat had left the day before in the early evening from Nador. The contact person had not been able to reach the travellers since the previous evening, and we did also not manage to establish direct contact. At 1.13pm the contact person informed us that the travellers had been intercepted by the Moroccan navy.

      At 09.10pm, the Alarm Phone shift team was alerted by a contact person to a group of 11 travellers, who had left from a beach just south of Tangier two hours earlier. Via the contact person we received the position of the travellers, but from 10.25pm it was not possible for neither us nor the contact person to reach the travellers. At 10.45pm we called the Spanish search and rescue organisation Salvamento Maritimo (SM) and passed on our information. At 11.41 we managed to reach the travellers. They had been rescued by the Moroccan navy and were back in Morocco, but they informed us that one person had drowned. We learned via the contact person that the person had drowned during the rescue operation, and that the Moroccan navy had been unwilling to resuscitate him.
      Four days later we received a testimony from the group of travellers, explaining the events on the night that their friend lost his life. They explained that the Moroccan navy had come towards them, just as a Spanish helicopter had spotted them from above. The navy had approached them quickly, creating big waves which caused the boat to capsize. Most of the travellers managed to cling on to their rubber boat, which had flipped over. They explained how their friend was not able to grab hold of the boat, and how the navy made no effort to help him, but simply watched him drown. Afterwards they allowed the remaining distressed people onto their vessel, and brought them back to Morocco. We send all our condolences to the family and friends of the traveller who passed away, and want to once again point out that the Moroccan navy is not a rescue organisation, but first and foremost a military unit with border management as their main aim.

      http://www.watchthemed.net/index.php/reports/view/923

    • Malta blocks migrant search plane from operating in Mediterranean as EU toughens stance on refugee rescues

      Malta has blocked an aircraft used to search for migrant boats in the Mediterranean from operating out of the country, according to a migrant rescue group.

      Sea Watch, which runs the #Moonbird aircraft, condemned the move, accusing authorities of grounding the plane during the “deadliest days” in the Mediterranean since records began.

      The German NGO said the plane had been involved in the rescue of some 20,000 people since it began operating.


      https://www.independent.co.uk/news/world/europe/malta-blocks-moonbird-plane-mediterranean-refugee-crisis-ngo-sea-watc

    • Libya’s Authorities Rescue 41 Migrants after Shipwreck

      The Libyan Coast Guard rescued 41 migrants after the shipwreck of a pneumatic boat in which 63 other people, declared missing, were also traveling, today reported the government.

      The boat, which sank off the coast of Garabolli, 50 kilometers east of this capital, was carrying 104 people, a figure that can be deduced from the possible victims still to be found, according to the Navy spokesman, Colonel Major Ayoub Gassem.

      The 41 migrants who traveled as passengers survived because of their life vests, which allowed them to resist until they were rescued.

      Gassem lamented the limited resources of the Coast Guard, including only three operational vessels, often immobilized in the port due to lack of fuel, breakdowns and life jackets, in a country through which thousands of Africans try to reach Europe.

      That body of operations rescued only last June more than 4,000 migrants, a thousand of them in a single day.

      http://www.plenglish.com/index.php?o=rn&id=30585&SEO=libyas-authorities-rescue-41-migrants-after-s

    • Aquarius : les étudiantes rousseauistes de l’ULB livrent leur analyse

      En mai dernier, nous avons eu la chance de participer au Concours de procès simulé en droit international Charles-Rousseau, lequel abordait cette année la problématique des migrants interceptés en mer. Le cas pratique mettait en scène deux États mettant en cause la responsabilité d’un troisième État, le Takaramé, devant le Tribunal international du droit de la mer. Il lui était reproché d’avoir manqué à ses obligations en matière de droit de la mer, de droits de l’Homme et de droit des réfugiés. En effet, cet État, dont le port était le plus proche du navire, avait refusé l’accès à ce même port à un navire en situation de détresse à la suite du secours qu’il avait apporté à une centaine de migrants fuyant les persécutions subies dans leur pays d’origine. Ce cas fictif n’est évidemment pas sans rappeler les récents évènements en méditerranée. Pendant plusieurs jours, l’Italie et Malte se sont en effet renvoyées la responsabilité d’accueillir l’Aquarius, un navire ayant recueilli à son bord plusieurs centaines de migrants. Le 10 juin 2018, ce navire de l’ONG SOS Méditerranée avait secouru 629 migrants, parmi lesquels se trouvaient 123 mineurs isolés, 11 enfants en bas âge, et 7 femmes enceintes. L’Italie ayant refusé de les accueillir, le navire s’était retrouvé bloqué à 35 milles marins de l’Italie, et à 27 milles marins de Malte. L’ONG avait pourtant comme pratique, en raison d’un accord passé avec les autorités italiennes, d’accoster et de débarquer les personnes secourues dans les ports italiens. Il semblait donc logique que le navire débarque, comme à son habitude, ces personnes en Italie. Mais logique ne fait pas forcément droit. Il convient donc de s’interroger sur ce que dit le droit international quant au débarquement des migrants secourus en mer. Les conclusions qui suivent s’appuient sur les recherches que nous avons pu effectuer dans le cadre du Concours Charles-Rousseau.

      Dans la suite de la présente analyse, nous démontrerons d’abord que les Etats ne manquent pas de profiter des zones grises du droit de la mer pour oublier leurs obligations envers l’Aquarius. Ensuite, nous insisterons sur l’importance de l’obligation de respecter les droits de l’Homme en mer, qui apparaissait s’imposer tout particulièrement à l’Italie, mais également aux autre États, dans le cas présent.

      1. Les États côtiers de la méditerranée ont vite fait d’oublier les obligations que leur impose la Convention des Nations Unies sur le droit de la mer

      L’obligation pour les Etats de secourir les personnes en détresse en mer est une des plus anciennes règles coutumières en droit de la mer, et est désormais codifiée à l’article 98 de la Convention des Nations Unies sur le droit de la mer. Si ce dernier requiert des Etats qu’ils exigent des navires battant leur pavillon de se porter aussi vite que possible au secours des personnes en détresse en mer, il exige tout autant des États côtiers qu’ils facilitent la création et le fonctionnement d’un service permanent de recherche et de sauvetage adéquat et efficace pour assurer la sécurité maritime. Il nous semble dès lors important d’insister sur un premier point. Si les Conventions SAR et SOLAS précisent et mettent en œuvre cette obligation de coopération par la création de Régions de recherches et de sauvetage, elles ne font pas disparaitre l’obligation principale de coopération qui pèse sur tous les États côtiers. Nous nous étonnons dès lors d’entendre le président français, dont les côtes s’étendent sur plus de 1500km en méditerranée, dénoncer « l’irresponsabilité de l’Italie ». Les États ont beau jeu de se cacher derrière les obligations de l’Italie pour faire oublier les leurs.

      Quoi qu’il en soit, qu’en est-il plus précisément des obligations spécifiques de l’Italie et de Malte, États responsables de la Région de recherche et de sauvetage dans laquelle se trouvait l’Aquarius ? Si la Convention SAR a principalement pour objet de régler le déroulement des opérations de sauvetage et la coopération entre Etats, sa version initiale ne donne aucune indication sur l’endroit dans lequel les navires secourus devraient pouvoir débarquer. Les amendements de 2004 ont tenté, suite à l’affaire du Tampa en Australie, de combler cette lacune en imposant aux Etats de remettre les personnes en « lieu sûr ». Néanmoins, l’on se heurte à un premier problème en ce qui concerne Malte : elle n’a pas ratifié ces amendements, et ce, afin précisément de ne pas être soumise à l’obligation d’accueillir des navires en détresse tels que l’Aquarius. La République maltaise n’est dès lors tenue qu’à l’obligation de coopération en vue du sauvetage du navire et des personnes à son bord.

      Ensuite, en ce qui concerne l’obligation de remettre les personnes secourues en lieu sûr, inscrite à la Règle 33 (1-1) de la Convention SOLAS, ainsi qu’au paragraphe 3.1.9. de la Convention SAR dans sa version amendée, elle n’implique aucune obligation de débarquement sur le territoire de l’État responsable de la Région de recherche et de sauvetage. L’Organisation Maritime Internationale (ci-après l’OMI) définit un lieu sûr comme étant « un endroit où la vie des personnes secourues n’est plus menacée et où leurs besoins fondamentaux (tels que la nourriture, le logement et les besoins médicaux) peuvent être satisfaits ». Le navire ayant prêté assistance peut ainsi être considéré comme un lieu sûr. Néanmoins, un tel navire ne peut être qu’un lieu sûr temporaire, les besoins fondamentaux des quelques 600 personnes secourues ne pouvant être indéfiniment contentés à son bord.

      S’il n’est pas requis de l’Etat côtier qu’il accueille les personnes secourues sur son territoire, les Principes relatifs aux procédures administratives pour le débarquement des personnes secourues en mer de l’OMI précisent que l’État responsable de la Région de recherche et de sauvetage a l’obligation résiduelle d’autoriser le débarquement sur son propre territoire, lorsqu’il n’est pas possible ailleurs. Toutefois, ces principes sont dénués de force juridique, et n’engagent donc les États à aucune obligation véritablement contraignante.

      En l’espèce, l’Italie et Malte n’ont pas coopéré pour trouver un lieu sûr pour ces personnes, mais se sont contentés de refuser qu’elles débarquent sur leurs territoires. Si l’Espagne n’avait pas proposé d’accueillir ce navire, l’Aquarius serait toujours en haute mer sans solution. L’Italie n’était certes pas dans l’obligation d’accepter les personnes sur son territoire, mais elle ne pouvait se contenter de refuser ce navire sans tenter de coopérer avec les autres Etats côtiers. En espèce, c’est l’Espagne qui s’est proposée, palliant de fait les violations de l’Italie.

      On constate donc ici une volonté de l’Italie et de Malte de profiter des zones grises du droit de la mer, en jouant de l’ambiguïté de la notion de « lieu sûr » dans le cas de l’Italie, ou en limitant autant que faire se peut l’étendue de son obligation de secours et sauvetage dans le cas de Malte. Si l’Italie est à blâmer pour avoir totalement nié sa responsabilité envers l’Aquarius, il nous semble qu’elle n’est pas la seule à devoir l’être, l’Europe entière étant concernée par la situation en méditerranée. En faisant la sourde oreille à celle-ci, les États européens oublient toutefois leur obligation de coopération en matière de secours et sauvetage. Ils oublient également les obligations qui leurs incombent en vertu des instruments de protection des droits de la personne, comme nous allons maintenant l’évoquer.

      2. Les considérations élémentaires d’humanité imposaient aux États côtier de se proposer afin d’accueillir les migrants

      Les obligations relatives au droit de la mer ne sont pas les seules à entrer en jeu. Les Etats doivent en effet également respecter les considérations élémentaires d’humanité. Par cette expression, on entend l’ensemble des principes juridiques visant à la protection du respect de la dignité des personnes. La Cour internationale de justice s’est prononcé à plusieurs reprises quant à celles-ci, insistant sur l’importance de leur respect (Détroit de Corfou, Activités militaires et paramilitaires au Nicaragua et contre celui-ci, Licéité de la menace ou de l’emploi d’armes nucléaires, Immunités juridictionnelles de l’État). Le Tribunal international du droit de la mer a également rappelé que ces principes s’appliquent dans le droit de la mer (Affaires du Navire Saïga No. 2, Incident de l’Enrica Lexie, Navire Louisa, Juno Trader). Plus spécifiquement, ces considérations élémentaires d’humanité sont reflétées dans les instruments conventionnels de protection des droits fondamentaux, qu’il s’agisse de la Convention européenne des droits de l’Homme (ci-après la CEDH) ou du Pacte international relatif aux droits civils et politiques (ci-après le PIDCP).

      Afin de déterminer si ces instruments sont applicables au cas d’espèce, il convient toutefois d’abord de déterminer si les États en cause exerçaient bien leur juridiction. En principe, une personne se trouvant sur le territoire d’un État est présumée se trouver sous sa juridiction. Toutefois, l’Aquarius ne se trouvant pas dans la mer territoriale de l’Italie ou de Malte, mais bien en Haute Mer, cette présomption ne joue pas en l’espèce. Toutefois, dans certaines circonstances exceptionnelles, un État peut exercer sa juridiction de manière extraterritoriale. Tel est le cas notamment, comme l’a rappelé la Cour européenne des droits de l’homme dans l’affaire Al-Skeini contre Royaume-Uni, quand des agents étatiques exercent un contrôle effectif sur les personnes victimes de violations de droits de l’Homme. Bien qu’aucun agent de l’État italien ne soit monté à bord de l’Aquarius, le simple fait d’empêcher un navire de se diriger vers son territoire permet d’indiquer que l’Italie exerçait bien juridiction sur le navire et les personnes à son bord. Par ailleurs, l’article 92 de la Convention de Montego Bay précise bien que « les navires naviguent sous le pavillon d’un seul État et sont soumis (…) à sa juridiction exclusive en haute mer ». Ainsi, l’Aquarius battant pavillon anglais, le Royaume-Uni pourrait potentiellement être tenu responsable des violations des droits de l’Homme commises à bord du navire. Le silence et la passivité de cet État dans cette affaire est dès lors interpellant…

      En l’espèce, il existait plusieurs risques de violations des droits fondamentaux. Tout d’abord, les migrants et les membres de l’équipage de l’Aquarius ont été contraint à vivre durant quatre jours à bord du navire dans des conditions déplorables, et à retraverser la mer méditerranéenne en direction de l’Espagne (dont le port le plus proche se situait à 1500 km du navire au moment des faits). Se pose alors la question de savoir si l’Italie, Malte et les autres États européens n’ont pas soumis ces personnes à des traitements inhumains et dégradants. De tels traitements sont prohibés par l’article 3 de la Convention européenne des droits de l’Homme, ainsi que par l’article 7 §1 du Pacte international relatif aux droits civils et politiques. Selon le Comité des droits de l’Homme, le fait qu’un acte relève ou non du champ d’application de l’article 7 du Pacte précité « dépend de toutes les circonstances, par exemple la durée et les modalités du traitement considéré, ses conséquences physiques et mentales ainsi que le sexe, l’âge et l’état de santé de la victime » (affaire Vuolanne contre Finlande). Au vu de la vulnérabilité accrue et de la situation personnelle des personnes se trouvant à bord du navire, et compte tenu de l’état de détresse du navire, le fait de les forcer à vivre ainsi à bord de l’Aquarius durant plusieurs jours, est constitutif de traitements inhumains et dégradants.

      Ensuite, bien qu’au regard du droit de la mer, aucun État n’ait formellement l’obligation de permettre le débarquement de migrants secourus en mer sur son territoire, il se peut qu’au final permettre un tel débarquement soit la seule façon pour un État d’agir conformément à ses obligations prévues en matière de droits de l’Homme. En effet, l’article 33 §1 de la Convention de Genève relative au statut des réfugiés interdit à tout État de refouler des personnes vers un territoire où leur vie ou leur liberté serait menacée. Dans le même sens, l’article 3 de la CEDH interdit aux États membres du Conseil de l’Europe de renvoyer une personne vers un territoire où elle risque d’être soumise à de la torture ou à d’autres mauvais traitements. A contrario, le renvoi de migrants vers un « pays sûr » est autorisé. A ce sujet, nous avons été assez surprises d’apprendre que l’Italie avait indiqué à l’Aquarius de se rendre en Libye, sachant que l’État italien a été condamné en 2012 par la Cour européenne des droits de l’Homme pour avoir violé l’article 3 de la CEDH en ayant refoulé des ressortissants somaliens et érythréens en Libye, lors de l’affaire Hirsi Jamaa.

      Conclusion

      En conclusion, l’actualité européenne concernant le navire Aquarius met en exergue l’intention des États d’exploiter les vides juridiques existants en matière de prise en charge des personnes secourues en mer et témoigne également de l’urgente nécessité que les États membres de l’Union européenne s’accordent afin d’apporter une réponse globale à la migration. Reste que, comme on l’a vu, les États sont liés par leurs obligations découlant des droits de la personne. Ici aussi cependant, les États en procédant à des refoulements en mer, cherchent à contourner celles-ci. Il est en effet plus que difficile pour un migrant refoulé vers la Lybie de pouvoir attraire l’Italie devant la Cour européenne des droits de l’homme.

      Justine Braun
      Marianne Chagnon
      Caroline Delava
      France Laurent

      http://cdi.ulb.ac.be/aquarius-etudiantes-rousseauistes-de-lulb-livrent-analyse/#more-4589

    • "Porti chiusi anche alle navi militari europee", ma Salvini irrita la Difesa: “Non ha nessuna competenza”

      L’affondo del vicepremier dopo lo sbarco a Messina di 106 migranti da una nave irlandese: «Stortura da modificare, porterò la questione al vertice dei ministri dell’Interno Ue». Ma arriva lo stop: «Questa missione europea è gestita da Esteri e Difesa»

      http://www.repubblica.it/cronaca/2018/07/08/news/nave_militare_irlandese_sbarca_a_messina_con_106_migranti-201198516

    • Les #gardes-côtes_libyens interceptent de plus en plus de migrants en Méditerranée

      Est-ce la conséquence d’une raréfaction des secours en Méditerranée ? Pendant le week-end du 14 juillet, un bateau de pêche en bois, avec à son bord 450 personnes, a été secouru dans les eaux internationales, non loin de l’île italienne de Lampedusa. Un mois après la crise de l’Aquarius, le navire que l’Italie – sous la pression de son ministre de l’intérieur d’extrême droite Matteo Salvini – a refusé d’accueillir avec 630 migrants à son bord, les ONG ne peuvent presque plus opérer au large des côtes libyennes, poussant les migrants à tenter des voies toujours plus dangereuses.
      « Ce n’est pas la première fois que ce type d’embarcations tente la traversée depuis la Libye, même si l’on voit plus souvent des petits bateaux pneumatiques, réagit Nicola Stalla, coordinateur des opérations de recherche et sauvetage à bord du navire humanitaire “Aquarius”. En revanche, le fait qu’ils soient parvenus aussi loin est clairement une conséquence du manque de moyens de sauvetage en mer. »

      L’Aquarius est à quai à Marseille, tandis que le Lifeline et le Sea-Watch sont empêchés de repartir de Malte. Seul l’Open-Arms, le bateau affrété par l’ONG catalane Proactiva, navigue actuellement en Méditerranée centrale, de retour de Barcelone où il avait accosté le 4 juillet, avec à son bord soixante migrants que l’Italie avait refusé d’accueillir.

      Le navire secouru ce week-end rappelle le naufrage d’un chalutier aux abords de Lampedusa en 2013, au cours duquel près de 400 personnes s’étaient noyées. La catastrophe avait déclenché l’opération militaire et humanitaire européenne « Mare Nostrum ». « Ces bateaux sont particulièrement dangereux, car le risque de chavirage est très important, ajoute M. Stalla. En fonction de la quantité de carburant et d’eau à bord, le centre de gravité est modifié. Il y a aussi un risque d’asphyxie dans la cale, souvent surchargée. »

      Ping-pong diplomatique

      Transbordées à bord de bateaux italien et britannique, les personnes secourues ce week-end ont accosté lundi en Sicile après un nouveau ping-pong diplomatique entre Rome et La Valette, les deux capitales se renvoyant la responsabilité de leur accueil. La situation s’est débloquée après que cinq pays européens, dont la France, ont accepté de recevoir plus de la moitié de ces migrants, à la demande du gouvernement italien. « On voit se mettre en place un mécanisme de solidarité entre certains pays européens, c’est un début mais c’est très fragile », commente Vincent Cochetel, envoyé spécial du Haut-Commissariat des Nations unies pour les réfugiés (HCR) pour la situation en Méditerranée centrale.

      Conséquence directe du retrait des ONG, la proportion de morts en mer parmi les personnes tentant la traversée entre la Libye et l’Italie a doublé, passant de 1 % à 2,1 % entre les premiers semestres de 2017 et 2018, d’après des chiffres du HCR. Sur l’ensemble de la zone de Méditerranée centrale, 564 personnes ont disparu en juin. Un chiffre légèrement supérieur à celui de juin 2017, alors même que les flux d’arrivées sont sept fois moins importants. « Les noyades se multiplient pendant que les gouvernements européens bloquent les secours humanitaires », ont alerté la semaine dernière SOS-Méditerranée et Médecins sans frontières, les deux ONG qui affrètent l’Aquarius.

      « Ceux qui criminalisent les ONG sont responsables des morts, parce qu’ils omettent délibérément de porter assistance aux personnes », a réagi Axel Steier, cofondateur de Lifeline, dont le bateau a débarqué 234 migrants à Malte, le 27 juin, après que l’Italie lui a également refusé l’accès à ses ports. Depuis, le navire a été saisi, et son capitaine est convoqué devant la justice maltaise le 30 juillet, accusé de ne pas avoir enregistré correctement l’immatriculation de son bateau. Egalement empêché de repartir, le navire de l’ONG allemande Sea Watch est amarré à La Valette. La capitaine, Pia Klemp, explique : « Quand on a décidé de partir le 2 juillet après une opération de maintenance, on a requis une autorisation aux autorités portuaires. Elle nous a été refusée. C’est la première fois ».

      « Le droit maritime est complètement foulé au pied »

      Enfin, le Moonbird, l’avion de reconnaissance géré par Sea Watch et l’ONG suisse Humanitarian Pilots Initiative, est bloqué au sol. « Malte nous interdit d’entrer ou de quitter la région d’information de vol libyenne, donc ça nous empêche de faire nos opérations », constate Tamino Böhm, chef de mission. « Depuis deux mois, il y a moins de capacités de recherche et de sauvetage, résume Vincent Cochetel, du HCR. Or, toutes les bonnes volontés sont nécessaires pour sauver des vies. Les ONG représentaient 40 % des efforts en mer. »

      Dans le même temps, les interceptions d’embarcations par les gardes-côtes libyens ont augmenté de plus de 28 %. Depuis le début de l’année, ce sont 10 466 personnes tentant la traversée qui ont été ramenées en Libye. Dans cet objectif, Rome apporte une aide importante à Tripoli, notamment en fournissant des vedettes aux gardes-côtes. « Si les Libyens réalisent des interceptions dans leurs eaux territoriales, ce n’est pas problématique en soi. Mais dans les eaux internationales, à notre avis, les Libyens peuvent coordonner les sauvetages dans leur zone de secours, mais pas débarquer les personnes chez eux tant qu’ils n’ont pas de lieu sûr. En tout cas, les centres de détention ne correspondent pas à un port sûr », prévient Vincent Cochetel, en référence au droit maritime international, qui considère que les migrants secourus doivent être débarqués dans le port sûr le plus proche. Plusieurs ONG font toutefois état d’opérations menées par les Libyens dans les eaux internationales. En outre, elles témoignent d’un transfert de responsabilité entre Rome et Tripoli en matière de coordination des sauvetages dans les eaux internationales. « Le droit maritime est complètement foulé au pied, s’alarme Sophie Beau. On ne peut pas construire un modèle autour de la Libye, c’est le chaos le plus total. »

      https://abonnes.lemonde.fr/europe/article/2018/07/17/les-gardes-cotes-libyens-interceptent-de-plus-en-plus-de-migrants-en

    • Libyan coastguard left refugees to die in Mediterranean : NGO

      A woman and a child were found dead hours after they were left in their damaged boat by the Libyan coastguard.

      Proactiva Open Arms, which has been rescuing refugees crossing the Mediterranean Sea from North Africa to Europe, says the Libyan coastguard has left at least two refugees to die after abandoning them at sea.

      The Spanish NGO, which carries out search and rescue operations in Mediterranean, posted a video and pictures on Twitter showing how their boat took aboard three people; two women and a child.

      By the time the three were found by Proactiva, one woman and the child had already died.

      According to tweets by Oscar Camps, founder and director of Proactiva, the boat was damaged and abandoned by the Libyan coastguard.

      “Today we’ve found the bodies of a woman and a small child, as well as a woman who was still alive among the wreck of a ship,” Camps said in a video.

      “I want to condemn the lack of assistance in international waters and the merchant ship Triades which abandoned a boat in danger in the middle of the night,” he added.

      “They don’t know how to manage an emergency situation they arrived two days late and abandoned two women and a child in the wreckage of a ship that they themselves destroyed,” Camps said.

      The boat carrying the two bodies and one survivor were found about 120km off the Libyan coast.


      https://www.aljazeera.com/news/2018/07/libyan-coastguard-left-refugees-die-mediterranean-ngo-180717195213059.htm

      #gardes-côtes_libyens

    • Press Release: Migrants rescued in Distress in Maltese Search and Rescue Zone illegally transferred to Tunisian territorial waters

      Over the past four days, the WatchTheMed Alarm Phone has collected information that strongly suggest that a boat carrying 40 migrants from several African countries seeking protection in Europe was illegally transferred into Tunisian territorial waters after having already reached international waters and the Maltese Search and Rescue (SAR) zone. Among the group are eight women, two of whom are pregnant. The wooden boat had left from Libya and was rescued on Friday the 13th of July north of the oil platform Astrat in international waters and in the Maltese SAR zone by the supply vessel Sarost 5. MRCC Tunis as well as the crew of the supply vessel confirmed the position of the migrant boat in the Maltese SAR zone. Both Malta and Italy denied the supply vessel their permission to disembark the migrants in Maltese and Italian harbours.

      The migrants are still in limbo. After rescue, they were provided with some food and brought to the oil platform. Later, the supply vessel took course on Sfax/Tunisia to disembark the people there. The authorities of Sfax, however, refused to allow them to disembark. They were then told to disembark in Zarzis/Tunisia. But since Monday the 16th of July, at 1am, they are also blocked from entering the port there.

      We demand that the people are safely and immediately brought to a safe harbour in Europe. We demand that European coastguards take responsibility for coordinating Search and Rescue operations of boats in situations of distress in their Search and Rescue zones, as legally mandated. We demand a long-term solution that allows those in distress at sea to be swiftly disembarked in European harbours, rather than the case-by-case evaluations that we see currently, which unnecessarily prolong the suffering of those rescued. We also declare our solidarity with the crews of non-governmental and commercial vessels that carry out vital search and rescue operations despite the obstacles that European governments create.


      https://alarmphone.org/en/2018/07/18/press-release-migrants-rescued-in-distress-in-maltese-search-and-rescue-zone-illegally-transferred-to-tunisian-territorial-waters/?post_type_release_type=post

    • #Marc_Gasol, il campione Nba da 20 milioni di dollari all’anno che salva i migranti come volontario

      Il giocatore dei Memphis Grizzlies - fratello dell’ex Laker, Pau, e nazionale spagnolo come lui - era a bordo della nave della Ong catalana che martedì ha denunciato l’inefficienza della Guardia Costiera libica accusandola di aver abbandonato Josephine e una mamma con il figlio piccolo, poi morti, al largo delle coste di Tripoli. Il cestista al El Pais: «Scioccato dalla foto del piccolo Aylan circolata nel 2015. Da allora ho deciso di fare la mia parte»


      https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/07/18/marc-gasol-il-campione-nba-da-20-milioni-di-dollari-allanno-che-salva-i-migranti-come-volontario/4500446

    • #Josephine, l’unica sopravvissuta al naufragio libico: è rimasta 48 ore in acqua attaccata a un pezzo di legno

      Lo sguardo traumatizzato, quasi vitreo, di chi ancora non distingue la vita dalla morte. Così appare l’unica donna sopravvissuta all’ultimo naufragio libico, in cui sono morti una madre e un bambino. Questa donna miracolata si chiama Josephine, viene dal Camerun ed è rimasta due giorni in mare, attaccata ad un pezzo di legno, prima che i volontari della Ong spagnola Open Arms la recuperassero al largo della Libia. A raccontare la sua storia è Annalisa Camilli, una giornalista di ’Internazionale’ che si trova a bordo della nave e ha assistito al salvataggio. A soccorrere la donna è stato Javier Figuera, uno volontario spagnolo di 25 anni: «Quando le ho preso le spalle per girarla - dice - ho sperato con tutto il mio cuore che fosse ancora viva. Dopo avermi preso il braccio non smetteva di toccarmi, di aggrapparsi a me». A quel punto, prosegue Camilli, sono arrivati altri soccorritori e l’hanno trasportata sulla nave, dove ora si trova con sintomi di ipotermia. Accanto a lei gli uomini di Open Arms hanno trovato anche un’altra donna e un bambino di circa 5 anni, che però erano già morti. I loro corpi sono a bordo della nave della Ong. Secondo il medico di bordo - scrive ancora Camilli - «la donna era morta da diverse ore mentre il bimbo era deceduto da poco». Per la Ong quanto avvenuto è «un’omissione di soccorso» da parte della guardia costiera libica - dice il fondatore di Open Arms Oscar Camps - che non è in grado di gestire una situazione d’emergenza e ha abbandonato due donne e un bambino"


      http://www.repubblica.it/esteri/2018/07/17/foto/naufragio_libia_open_arms_mamma_bimbo-202013383/1/?ref=fbpr#1

    • “Abbiamo lasciato in mare solo due morti”. I libici raccontano l’ultimo naufragio – La Stampa

      Parla l’equipaggio della Guardia costiera di Tripoli intervenuto lunedì per soccorrere il barcone alla deriva e fotografato da Open Arms. Resta il mistero sul dramma di Josefa, l’unica sopravvissuta: “Non c’era, non avremmo abbandonato nessuno vivo in acqua”

      Lunedì 16 luglio all’ora di pranzo abbiamo ricevuto una chiamata dal mercantile spagnolo Triades che ci segnalava un’imbarcazione di migranti in difficoltà tra Khoms e Tripoli e ci siamo mossi per intervenire, ne abbiamo tirati a bordo 165, maschi e femmine, tutti. Abbiamo lasciato in mare solo i due corpi senza vita di una donna e un bambino dopo aver provato invano a rianimarli: erano morti e portarli a terra non aveva alcun senso, ma oltre loro non c’era nessun altro in acqua». A raccontare la versione libica dell’ultimo scontro tra Roma, Tripoli e l’Ong Open Arms, quello che da due giorni si consuma intorno alle tragiche immagini del salvataggio della superstite Josefa, è Tofag Scare, colonnello della Guardia Costiera di Misurata che lavora in coordinamento con i colleghi della capitale.

      “L’Italia fa fare a noi il lavoro sporco solo perché non vuole accogliere gli africani”

      Mentre parla con «La Stampa» il suo comando operativo riceve un Sos dalla zona SaR al largo di Khoms, l’ennesimo, ci dice: «Nonostante il nostro equipaggiamento obsoleto, dal 2011 a oggi abbiamo salvato oltre 80 mila persone alla deriva nel Mediterraneo».

      Le ricostruzioni di quanto avvenuto nella notte tra lunedì e martedì coincidono fino a un certo punto, poi divergono lasciando aperte molte domande. Secondo la Open Arms le motovedette di Tripoli avrebbero distrutto il barcone dei migranti e abbandonato in mare quelli riluttanti a salire a bordo, di loro sarebbe sopravvissuta solo Josefa che, ancora sotto choc, dice alla giornalista di «Internazionale» di non ricordare il momento del naufragio ma di essere stata picchiata dai libici al pari dei suoi compagni di cui non sa più nulla. Tripoli, al contrario, afferma di non aver fatto altro che recuperare 165 disperati: la novità è che parla anche di due corpi in mare, cadaveri che, si apprende, «secondo la legge libica vanno identificati prima di essere sepolti o rimandati a casa e dunque in questi casi vengono lasciati al mare».

      “Contro di noi solo accuse infamanti: abbiamo salvato più di 80 mila persone”

      Il colonnello Scare telefona a più riprese ai colleghi in servizio il 16 luglio e raccoglie i tasselli del suo puzzle: «La motovedetta Ras al Jade è andata a soccorrere 165 persone in condizioni penose, affamate, bruciate dal sole, c’era un cattivo odore spaventoso. Dopo averci chiamato, il mercantile Triades è rimasto lì ad attenderci, ma nel frattempo non ha neppure dato da mangiare e da bere a quella gente, ha detto che non era il suo lavoro e che non poteva fare nulla».

      Scare fornisce il verbale della conversazione tra la Guardia Costiera e la Triades con la posizione dell’intervento fatto (37.74147°/ 13.84367°) che, grossomodo, coincide con quella indicata dalla Open Arms. Anche la motovedetta Ras al Jade pare essere la stessa (quella che già in passato aveva incrociato le spade con la Open Arms): possibile che quella notte ci sia stato più di un salvataggio? Che i cadaveri di cui si parla siano diversi? Le fotografie diffuse dalla Open Arms – che domani arriverà a Maiorca – mostrano chiaramente che i due corpi senza vita si trovano sullo stesso relitto su cui è rimasta a galla Josefa. E dai centri dove i migranti soccorsi vengono condotti non escono numeri sugli arrivi di martedì.

      La risposta dal banco degli imputati è decisa e va oltre la testimonianza della giornalista tedesca Nadja Kriewwald, che quella notte era a bordo con i libici e ha raccontato di non aver visto altro che i superstiti accolti sul ponte: «Non avremmo avuto alcuna ragione di abbandonare in acqua delle persone vive: anche se si fossero rifiutate di salire a bordo le avremmo tirare su a forza, lo abbiamo fatto con gli uomini e lo avremmo fatto facilmente con le donne. È una bugia, è propaganda contro di noi. Non c’era nessuno oltre i due morti che, per altro, al nostro arrivo erano già morti. Quello di cui ci accusano è privo di senso».

      Il fastidio che si respira a Misurata e a Tripoli è forte, ma non tanto per l’attacco della Open Arms quanto per la stanchezza di «gestire una grana altrui» e prendere colpi. Lo esprime un membro della Guardia Costiera che però chiede di non pubblicare il suo nome: «L’Italia ci fa fare il lavoro sporco perché non vuole gli africani, ma anche noi non siamo contenti di prenderli qui, le nostre città sono piene fino a scoppiare, i centri per loro non bastano più e sono diventati bombe a orologeria. Certe volte con le motovedette ci spingiamo fin dentro le acque internazionali, dove sarebbe illegale, e io dico che sbagliamo. Lo facciamo perché abbiamo un accordo e l’Italia ci ha promesso delle cose, ma se non arriva nulla ci stiamo solo caricando di problemi e di cattiva reputazione. Quando bruciamo i barconi degli scafisti lo facciamo per metterli fuori uso, non per sadismo. E comunque siete voi a chiederci di bloccare gli africani che vogliono venire in Europa, loro di certo non sognano la Libia».

      La notte di lunedì resta un capitolo aperto che ne ha aperti altri. Un terzo marinaio di Misurata racconta che il numero dei migranti è cresciuto talmente tanto negli ultimi mesi, in concomitanza con il rinnovato impegno di pattugliamento della Guardia Costiera, da aver modificato la situazione sul terreno: «Non c’è neppure più lavoro per loro. Noi li prendiamo in mare ma dopo nessuno li vuole. I siriani adesso hanno cominciato ad andare in aereo in Sudan, dove non hanno bisogno del visto, e poi con 1500 dollari si fanno portare a Tripoli e da qui ad Algeri per avere maggiori chance».

      https://www.nuovaresistenza.org/2018/07/abbiamo-lasciato-in-mare-solo-due-morti-i-libici-raccontano-lultimo

    • L’ammiraglio. Pettorino: prestare aiuto a chiunque rischi di perdere la vita in mare

      Il comandante della Guardia Costiera: c’è un principio non scritto che risiede nell’animo di ogni marinaio: quello di prestare aiuto a chiunque rischi di perdere la propria vita in mare.

      C’è un «principio non scritto che risiede nell’animo di ogni marinaio: quello di prestare aiuto a chiunque rischi di perdere la propria vita in mare». A dirlo non è un esponente delle “magliette rosse”, ma l’ammiraglio Giovanni Pettorino, comandante della Guardia Costiera italiana. Davanti al ministro Danilo Toninelli e al presidente della Camera Roberto Fico l’ufficiale ha scandito il caposaldo di chi va per mare. Parole espresse per ribadire quale sia la spinta interiore che sentono i suoi uomini ogni volta che arriva un Sos.

      Nel tono e nel lessico di Pettorino non ci sono accenti polemici. Ma quelle affermazioni pesano. E quando il comandante le pronuncia, viene calorosamente interrotto dagli applausi prolungati delle centinaia di divise bianche che lo ascoltano in occasione della cerimonia con cui mercoledì è stata ricordata la fondazione, 153 anni fa, della Guardia costiera. Un atto di fierezza che avrebbe dovuto chiudersi lì. Ma un servitore dello Stato lo riconosci anche quando sa celebrare i signornò. E succede quando l’ammiraglio si sfila le lenti da lettura e con piglio da comandante ricorda un episodio lontano.

      Un fuori programma con cui l’ammiraglio decide di chiudere il saluto alle autorità civili. Che il numero uno della Guardia Costiera stia per dire qualcosa che lascerà il segno lo intuisce chiunque lo conosca. Una citazione inizialmente non contenuta nel testo originario.

      È la rievocazione del leggendario comandante siciliano Salvatore Todaro, che durante la Seconda guerra mondiale affondò una nave militare belga per poi salvarne l’equipaggio. Todaro, come ha ricordato Pettorino, venne «violentemente apostrofato» dall’ammiraglio alleato tedesco Karl Donitz, che irrise l’ufficiale italiano definendolo «don Chisciotte del mare» e minacciando gravi conseguenze per avere tratto in salvo i nemici, mettendo a rischio il suo stesso equipaggio. Il perché di quella disobbedienza lo spiega Pettorino, guardando negli occhi gli esponenti politici sulla tribuna e facendo propria la risposta di Todaro: «Noi siamo marinai, marinai italiani, abbiamo duemila anni di civiltà, e noi queste cose le facciamo».

      Poi l’eroe di guerra «si avviò al congedo restando per sempre nella leggenda e nei cuori di tutti i marinai». A tanti uomini della Guardia Costiera queste parole sono suonate come un incoraggiamento. «In questi ultimi anni, ad invarianza di risorse umane disponibili, il corpo delle capitanerie di porto aveva ricordato prima Pettorino – è stato chiamato a far fronte ad uno sforzo inedito, quello del soccorso prestato, in mare, a migliaia di persone in pericolo di perdersi, operando su un’area ampia oltre la metà della superficie del mar Mediterraneo».

      Un impegno gravoso, «che abbiamo assolto nella piena consapevolezza di ben onorare il giuramento prestato, da ciascuno di noi, di osservare la Costituzione e le leggi». Dimostrando, una volta di più, quali siano quella vocazione e quell’abnegazione che non si può barattare: «Uomini e donne che ogni giorno si impegnano per far sì che altri possano continuare a vivere».


      https://www.avvenire.it/attualita/pagine/pettorino-prestare-aiuto-a-chiunque-rischi-di-perdere-la-vita-in-mare

    • EU-Rettungsmission im Mittelmeer vorerst gestoppt

      Italien weigert sich, aus dem Mittelmeer gerettete Flüchtlinge aufzunehmen - auch nicht im Zuge der EU-Mission „Sophia“.
      Die EU ist ratlos, der Kommandeur hat nach SPIEGEL-Informationen alle Schiffe in den Hafen beordert.

      Die EU-Mission „Sophia“ zur Rettung von Flüchtlingen auf dem Mittelmeer wird vorerst eingestellt. Nach SPIEGEL-Informationen beorderte der Kommandeur der Mission, der italienische Admiral Enrico Credendino, jetzt alle beteiligten Kriegsschiffe zurück in die Häfen.

      Mit der Order ist die Mission faktisch gestoppt, vorerst jedenfalls. Betroffen ist auch ein deutsches Versorgungsschiff. Nach SPIEGEL-Informationen befand sich der Tender „Mosel“ bereits vor dem Befehl von Credendino routinehalber in einem Mittelmeerhafen. Dort sollen das Schiff und die deutschen Soldaten nun erstmal bleiben, heißt es in Berlin.

      Hintergrund für den spontanen Stopp der Mission ist die Weigerung Italiens, von den EU-Militärschiffen gerettete Menschen weiter aufzunehmen. Italien hatte seine Blockadehaltung diese Woche in einem Brief an die EU angekündigt. Kurzfristig anberaumte Beratungen der EU-Partner brachten zunächst keine Lösung.

      Die Operation „Sophia“ ist nach dem Baby einer geretteten Somalierin benannt, das auf einer deutschen Fregatte geboren wurde. Seit 2015 ist die Mission mit einer kleinen Flotte von Kriegsschiffen auf dem Mittelmeer aktiv. So sollen die dort agierenden Schleusernetzwerke aufgeklärt und an ihrem lukrativen Geschäft gehindert werden.

      Seit dem Beginn der Mission konnten die EU-Soldaten, derzeit auf sechs Kriegsschiffen aus Spanien, Italien, Frankreich, Irland, Kroatien und Deutschland unterwegs, 148 mutmaßliche Schleuser festnehmen und mehr als 200 der benutzten Schiffe und Boote zerstören. Die EU sieht die Mission deswegen als Erfolg an.

      Rom verbietet privaten Rettern gerettete Flüchtlinge nach Italien zu bringen

      Regelmäßig werden die EU-Soldaten auf den Schiffen auch zu Seenotrettern. Fast 50.000 Flüchtlinge hat die Mission gerettet, fast die Hälfte davon wurde von deutschen Soldaten aus meist seeuntüchtigen Schiffen und Barkassen auf dem Mittelmeer gezogen. Anschließend wurden die Menschen nach Italien gebracht.

      Genau gegen diesen Automatismus geht Italien jetzt vor, die neue Regierung in Rom fährt einen radikalen Kurs gegen Flüchtlinge und will nicht länger akzeptieren, dass Italien die Hauptlast der ankommenden Menschen trägt. Folglich verbietet Rom privaten Rettern schon länger, gerettete Flüchtlinge nach Italien zu bringen.

      Als Reaktion auf den Brief aus Rom trafen sich die mit der Sicherheitspolitik betrauten EU-Botschafter umgehend zu einer Krisensitzung - eine Einigung konnte nicht erzielt werden. Folglich beorderte der Kommandeur der Mission die Schiffe in die Häfen.

      Auch am Freitag setzten sich die Botschafter erneut zusammen. Dem Vernehmen nach wollte man Italien anbieten, einen Schlüssel zu erstellen, wie die von der EU-Mission geretteten Menschen in ganz Europa verteilt werden können. Bis zum späten Nachmittag war nicht bekannt, ob sich Rom auf den Kompromiss einlässt.

      Ähnliche Angebote der anderen EU-Nationen hatten zumindest die quälenden Odysseen privater Rettungsschiffe in den jüngsten Tagen beendet, die von Italien an der Einfahrt in seine Häfen gehindert worden waren. Auch Deutschland hatte sich zur Aufnahme von kleineren Kontingenten der Geretteten bereit erklärt.

      Kommissionschef Jean-Claude Juncker ließ am Freitag mitteilen, dass er kommende Woche Vorschläge machen will, um die Flüchtlingskrise in Italien zu lindern. Details wurden zunächst nicht bekannt.

      Denkbar ist, dass es um Vorschläge geht, Flüchtlinge, die in Italien an Land gehen, rasch auf Länder zu verteilen, die sich dazu bereit erklären. Zudem soll die Kooperation mit Drittstaaten außerhalb der EU Thema sein.

      In der Debatte der EU-Sicherheitsbotschafter am Mittwoch versuchten die anderen Mitgliedsländer Italien davon zu überzeugen, sich weiter an das gemeinsam beschlossene Mandat zu halten. Italien trüge damit die Hauptlast der Operation „Sophia“, das Mandat läuft noch bis Ende des Jahres.

      Über die künftige Ausgestaltung des Mandats sollte im September ohnehin diskutiert werden. Denkbar ist, dass dies nun vorgezogen wird.

      In einem Schreiben an Italiens Premier Conte betonte Juncker, dass die Mission „Sophia“ eine wesentliche Rolle im Rahmen der europäischen Sicherheits- und Verteidigungspolitik spiele. Conte hatte sich am Donnerstag für eine EU-Kriseneinheit zur Verteilung von aus Seenot geretteten Flüchtlingen ausgesprochen.

      Am Freitagabend endete in Brüssel das Krisentreffen der Botschafter zunächst ohne konkrete Lösung. Einigen konnte man sich nur, den sogenannten Operationsplan für die Mission „Sophia“ in wenigen Wochen neu zu fassen. Darin soll dann auf italienischen Wunsch auch festgelegt werden, wie bei der Mission gerettete Flüchtlinge künftig verteilt werden, nachdem sie an Land gebracht wurden. Diplomaten sagten, Italien habe dies durch seine Blockade-Ankündigung erzwungen. Um den Verteilungsschlüssel dürfte bald heftig gestritten werden.

      http://www.spiegel.de/politik/ausland/mittelmeer-kommandeur-stoppt-eu-rettungsoperation-sophia-a-1219476.html

    • Ora le ong schierano i droni per salvare sempre più migranti

      La mossa dell’Aquarius: «Non ci arrivano più informazioni sui naufragi in atto, dobbiamo aggiustare la nostra strategia». Ed essere sempre più autonome
      Le navi delle ong tornano in mare e questa volta schierano anche i droni, per continuare nella propria ricerca delle imbarcazioni di migranti e salvare sempre più persone.

      Ad annunciare la novità un volontario imbarcato sulla nave Aquarius, che già nelle scorse settimane era stata protagonista della prima grande offensiva politica di Matteo Salvini dopo l’insediamento come ministro dell’Interno. Al momento a Marsiglia, la nave di Sos Mediterranée si attrezza per fronteggiare le mutate condizioni del quadro politico internazionale: «Ci stiamo preparando a diversi scenari, sicuramente avremo più cibo e autonomia di navigazione, perché dovremo stare più a lungo in mare. E avremo anche un drone per la ricerca dei migranti da soccorrere», spiega all’Ansa uno dei volontari.

      Dalla nave denunciano che nel mar Mediterraneo «alle navi di soccorso non arrivano più informazioni sui soccorsi in atto e non sappiamo perché». Per questo la variegata flottiglia delle molte associazioni non governative impiegate in queste missioni umanitarie si sta attrezzando per estendere il raggio d’azione e adeguarsi alla nuova situazione che impone loro di essere sempre più autonome. Il volontario Alessandro Porro ha svelato anche che ci sarebbero stati alcuni incontri fra le diverse organizzazioni proprio per coordinare al meglio gli sforzi.

      «Nell’attuale situazione ci sono naufragi di cui non si sa niente - spiega- Attualmente la mortalità è aumentata al 10%, quindi su 100 migranti che partono, 10 muoiono nel viaggio nel tratto di mare che oggi è il più pericoloso al mondo. Siamo arrabbiati ma ci sosteniamo a vicenda e ognuno di noi fa proposte per migliorare le operazioni di soccorso».

      http://m.ilgiornale.it/news/2018/07/20/ora-le-ong-schierano-i-droni-per-salvare-sempre-piu-migranti/1555943
      #drones

    • Omissione di soccorso come prassi di deterrenza ?

      Dopo l’arrivo delle due imbarcazioni di Open Arms a Palma di Maiorca è stata depositata presso la locale procura una denuncia sui fatti verificati in occasione del ritrovamento in acque internazionali, avvenuto il 17 luglio a circa 80 miglia dalle coste di Homs, di una donna e di due cadaveri sopra il relitto di un gommone alla deriva. Nella conferenza stampa che si è svolta oggi a Palma di Maiorca,sono stati esposti i fatti, secondo la documentazione in possesso dellla Organizzazione consegnata all’autorità giudiziaria spagnola. Le imbarcazioni di Open Arms hanno dovuto fare rotta verso la Spagna per le dichiarazioni del ministro dell’interno che esponevano la superstite al rischio di pressioni dopo lo sbarco a Catania, porto indicato dallo stesso Salvini.

      Il ministro, che su questo naufragio, e sulle conseguenti responsabilità, aveva annunciato prove inconfutabili attraverso “una teste indipendente”, una giornalista della televisione tedesca RTL, piuttosto che rispondere sulla vicenda, esibendo la documentazione in suo possesso, rilancia adesso pesanti accuse sulle fonti di finanziamento della Open Arms e minaccia a sua volta altre denunce su chi ha soltanto rappresentato quanto accaduto. Per il ministro Toninelli l’Italia non sarebbe neppure in grado di documentare i movimenti delle motovedette libiche.

      Alla fine, ancora una volta, tutte le colpe vengono riversate sulla ONG Open Arms che per la Meloni sarebbe addirittura responsabile di tratta e di causata strage. Un rovesciamento completo della narrazione dei fatti che si vuole imporre agli italiani in preda alla paura per la insicurezza che subiscono, una insicurezza che ha cause e responsabili molto diversi da quelli indicati dai politici di governo. Che attaccando le ONG devono solo nascondere i propri fallimenti, sia sul piano interno, che in Europa e nei rapporti con i paesi terzi, a partire dalla clamorosa bocciatura da parte dei libici di tutti i piani proposti da Salvini e Moavero.

      Le versioni inzialmente fornite dalla sedicente Guardia costiera di Tripoli, e quindi dalla giornalista che si trovava a bordo della motovedetta libica, venivano rapidamente modificate, fino all’ammissione che davvero i libici avevano avvistato il gommone poi soccorso da Open Arms, e dopo avere presumibilmente recuperato i vivi, avevano lasciato a bordo del relitto due cadaveri, come sarebbe prassi, per loro stessa ammissione. Saranno le indagini ad accertare se le persone, poi rinvenute cadavere sulle tavole del relitto, siano state abbandonate ancora in vita a seguito di un rifiuto a salire sulla motovedetta. Episodi nei quali la Guardia costiera libica aveva allontanato o minacciato imbarcazioni delle ONG intervenute in soccorso in acque internazionali, spesso sotto il coordinamento iniziale della guardia costiera italiana, si sono ripetute da tempo.

      Viene confermata anche dai libici la presenza, a 80 miglia a nord di Homs, dunque nell’area nella quale poi gli spagnoli hanno trovato il relitto semiaffondato del gommone, con Josepha e due cadaveri, di una nave commerciale, la TRIADES, che dopo lo scambio di vari messaggi radio, si sarebbe allontanata, o sarebbe stata allontanata, dal luogo dell’evento SAR, proseguendo la sua rotta verso il porto di Misurata. Open Arms ha presentato la sua denuncia alla magistratura spagnola contro il comandante della Triades, contro il comandante della motovedetta libica che sarebbe intervenuta sul gommone poi ritrovato distrutto ed alla deriva, e contro eventuali ignoti che dovessero emergere dalle indagini come responsabili del coordinamento dei soccorsi.

      Quanto poi affermato da un esponente daila Guardia costiera di Misurata, negli ultimi comunicati, conferma buona parte della ricostruzione iniziale fornita da Open Arms, e subito smentita da Salvini. Sarà la magistratura spagnola ad accertare le responsabilità relative all’abbandono in mare di due cadaveri, ammesso che il bambino fosse già morto al momento dell’intervento della Guardia costiera libica, e dell’unica sopravvissuta, che quando potrà raccontare la sua versione dei fatti, sarà sentita dalla Procura di Palma di Maiorca. L’obbligio di accertare fatti tanto gravi, se l’abbandono in mare si collega anche ad un rifiuto di salire sulla motovedetta, incombe ai magistrati, chi ha sollevato il velo della censura su queste stragi non ha paura. Anche se altri avrebbero preferito il silenzio.

      Come riferisce la stampa,“Dal Viminale fanno trapelare che l’intenzione non è quella di stare a guardare. Secondo l’agenzia AGI – Roma, 21 lug. – “Non meritano risposta le Ong che insinuano, scappano, minacciano denunce ma non svelano con trasparenza finanziatori e attivita””. E” quanto fanno trapelare fonti del Viminale dopo le denunce di Open Arms a Libia e Italia per omicidio colposo. “La denuncia di Josefa? Qualcuno strumentalizza una vittima per fini politici – proseguono le stesse fonti -. Noi denunceremo chi, con bugie e falsita”, mette in dubbio l”immensa opera di salvataggio e accoglienza svolta dall”Italia”. (AGI)

      Rimane la certezza di una grave anomalia democratica in Italia. Da una parte si ritiene di potere diffamare e calunniare le ONG, ed anche chi li difende, senza dovere mai pagare il conto di accuse che non trovano ancora conferme certe da parte della magistratura, che ha pure archiviato indagini sulle quali si è giocata una ignobile speculazione mediatica. Sembrerebbe ormai scontata la violazione delle regole internazionali di soccorso, anche quando questo inizialmente è gestito dalla Guardia costiera italiana, come è avvenuto a giugno nel caso della nave Aquarius. Un caso che ha occupato per giorni le prime pagine di giornali. Ma tutto questo oggi non sembra interessare più nessuno. Si deve rimanere in silenzio anche su queste vicende ?

      A causa di questa campagna mediatica, già scatenata lo scorso anno, ed adesso rilanciata con toni ancora più minacciosi, si sono ritirate, o sono state bloccate, la maggior parte delle navi umanitarie. A Malta sono ancora sotto sequestro, per “effetto domino” rispetto alle scelte italiane,due navi delle ONG, la Sea Watch e la Lifeline Le accuse di costituire un fattore di attrazione (pull factor) si sono poi estese alle attività di ricerca e salvataggio (SAR) della Guardia costiera italiana, ed addirittura alle attività di contrasto dei trafficanti e dei terroristi della missione Eunavfor Med. Dal 28 giugno si è inventata una zona SAR libica nella quale le autorità italiane declinano la loro competenza ad intervenire, ritendola trasferita sulle autorità di Tripoli che dispongono di sole 4 motovedette d’altura, e di una dozzina di mezzi veloci inadatti a caricare naufraghi a bordo.

      Le sentenze dei tribunali siciliani hanno confermato che la Libia non offre porti sicuri di sbarco e il ruolo di coordinamento nella cosiddetta “SAR libica” affidato nei mesi scorsi alla Marina italiana. Cosa è cambiato, se è cambiato qualcosa, dopo il 28 giugno, quando si è affidata soltanto ai libici una immensa zona SAR che evdentemente non sono in grado di gestire garantendo la salvaguardia della vita umana in mare ?

      Risultato di queste politiche di progressivo ritiro e delle prassi aggressive nei confronti di chiunque soccorre migranti in alto mare, sulla rotta del Mediterraneo centrale, un aumento delle vittime,oltre quattrocento nelle ultime settimane, e probabilmente di tante altre non se ne sa nulla. Come non si sarebbe saputo nulla di Josepha e delle due vittime con le quali era rimasta aggrappata ad una tavola in alto mare, se Open Arms non avesso continuato le sue missioni, pur restando in acque internazionali, ad una distanza assai elevata dalla costa libica, oltre 140 chilometri ( 80 miglia marine). Adesso si profila una guerra totale alle ONG, dopo avere portato a compimento la criminalizzazione della solidarietà. Sembra che la parola ONG sia tra quelle più “odiate” dagli italiani. Le campagne di stampa, agite in maniera scientifica sui social, hanno prodotto più effetti delle sentenze della magistratura. Adesso fa notizia che una ONG abbia denunciato una omissione di soccorso, senza essere invece inquisita per agevolazione di ingresso clandestino.

      Una cappa di silenzio è invece calata sulla vicenda dei 40 migranti bloccati da sei giorni a bordo di un rimorchiatore, il SAROST, fermo davanti alla città tunisina di Zarzis perchè nessuno vuole offrire un porto sicuro di sbarco. Nè la Tunisia, che pure risulta stato di bandiera, nè l’Italia o Malta, che in passato soccorrevano e indicavano un luogo di sbarco sicuro, generalmente in Italia, per le persone soccorse nella zona SAR maltese, la stessa nella quale sono stati soccorsi gli sfortunati naufraghi presi a bordo dal SAROST, rimorchiatore di servizio di una piattaforma petrolifera offshore.

      Il comandante della SAROST ha chiesto lo sbarco in Tunisia, ma nessuno gli ha risposto. Nessuno ha raccolto gli appelli delle ONG perchè si procedesse allo sbarco. Adesso in peroicolo ci sono vite di esseri umani, dopo che l’equipaggio della nave ha ceduto tutto quello che poteva per garantire la sopravvivevanza. Chiediamo che a questo punto almeno la Tunisia garantisca un porto di sbarco e soccorsi per i feriti. Chiediamo che la Croce Rossa, che ha comnciato a fornire qualche aiuto alla SAROST, si impegni attivamente per risolvere questo ennesimo caso, frutto delle politiche di abbandono attuate da parte di Malta e dell’Italia. E tanti altri simili ne verranno nei prossimi mesi, fino alla prossima strage, e poi ancora un’altra. No. Non è possibile alcuna assuefazione, che vorrebbero imporci. Sul rimorchiatore fermo davanti Zarzis, di fatto trasformato in prigione galleggiante, 40 persone rischiano ormai la vita per effetto dell’abbandono imposto da Italia e Malta, e per la mancata disponibilità da parte della Tunisia, ad accettare almeno uno sbarco provvisorio.

      A bordo della SAROST sono ancora in attesa di sbarco in un porto sicuro, che nessuno ha indicato, due donne incinta e un ferito, che sono in acqua da 10 giorni. Persone che lo scorso anno, in una occasione simile, sarebbero state già soccorse da una nave umanitaria, in assenza di mezzi statali, e sbarcati in Italia in un porto sicuro. Ma ormai è l’Italia che non offre più porti sicuri, a fronte delle dichiarazioni del ministro dell’interno e delle prassi imposte alla Guardia costiera, alla Marina, alle autorità di frontiera e richieste persino alla magistratura, come nel caso della richiesta di arresti per i “facinorosi” soccorsi dal rimorchiatore Vos Thalassa e poi sbarcati a Trapani da una nave militare.

      A chi governa è concesso ogni giorno spacciare notizie false, come l’esistenza a Tripoli, di un centro di accoglienza sicuro, o, dopo la visita di Salvini in Libia, come la possibilità di creare campi di raccolta in quel paese, o addirittura in Niger, che sarebbero considerati come ubicati in un “paese terzo sicuro”, dunque nel quale si potrebbero creare vere e proprie “piattaforme di sbarco”, per impedire ai migranti qualsiasi possibilità di fuga verso l’Europa. Ma l’Unione Europea ha già fatto conoscere la sua ferma opposizione a questo progetto dietro il quale si camuffano i respinginenti collettivi vietati dalle Connvezioni internazionali, come dovrebbe sapere il leghista Salvini dopo che la Corte Europea dei diritti dell’Uomo ha condannato l’Italia sul caso Hirsi nel 2012 per i respingimenti collettivi ordinati tre anni prima dal suo predecessore al Viminale, il leghista Roberto Maroni. Le torture e le estorsioni nei centri di detenzione libici sono ormai provate ed ancora attuali, secondo le testimonianze raccolte allo sbarco.

      Si spaccia per contrasto dell’immigrazione, che si definisce “illegale” la pratica degli accordi con le milizie libiche, o con i sindaci delle città che ne sono espressione, apparentemente per rilanciare iniziative civili, di fatto per incentivare l’arresto e la detenzione del maggior numero di persone al fine di impedire la prosecuzione della loro fuga verso il Mediterraneo. Il numero degli immigrati presenti in questi mesi nei centri di detenzione libici è raddoppiato, lo conferma l’ONU. Si richiamano protocolli operativi e Trattati di amicizia stipulati con una Libia che oggi non esiste più’. Sullo sfondo altri accordi con le milizie. Tutto questo senza la minima base legale di un voto parlamentare.Sembra proprio la fine del diritto internazionale, piegato dalla politica della forza muscolare esibita sui social e del fatto compiuto.

      Quando invece giornalisti indipendenti o rappresentanti delle ONG raccontano fatti documentati e facilmente verifiicabili, quando gli avvocati esercitano in pieno il loro ruolo di difensori dei diritti umani, si scatenano le minacce e le ritorsioni, che collegano pezzi di istituzioni, servizi e gruppi delle destre identitarie europee, ben oltre quanto consentirebbero i ruoli istituzionali dei soggetti da cui provengono. Insinuazioni calunniose si rivolgono anche a chi difende gli operatori umanitari ed i migranti.

      Nessuno però riferisce della corruzione diffusa in Libia e della stretta commistione tra il traffico di esseri umani ed il contrabbando di petrolio che dalla Libia raggiunge Malta ed altri paesi europei. Quando i processi contro le ONG si arrestano, o le indagini vengono archiviate, solo uno spazio a fondo pagina, la sentenza di condanna gli italiani la hanno già emessa nei giorni della tempesta mediatica. La fine della presunzione di innocenza e del diritto ad un giusto processo.

      Sono tempi in cui una menzogna ripetuta cento volte sembra valere più della verità, lo sappiamo, e vediamo la marea nera di consenso che si sta aggregando attorno alle posizioni più estreme sul tema immigrazione, che giocano sulla vita delle persone per raccattare consensi elettorali o per aumentare il potere contrattuale con gli altri paesi europei. Si spaccia una emergenza che non esiste, la vera emergenza è l’attacco alla democrazia ed alle garanzie dello stato di diritto, che si gioca proprio sulle questioni del soccorso in mare e della protezione internazionale ( con il ricatto sul Regolamento Dublino). Evidente la saldatura nei fatti tra le estreme destre identitarie e nazionaliste europee e la poltica di Salvini, che aspira ad un asse con Orban in Ungheria e Kurtz in Austria. Due “alleati” sul piano ideologico, ma che in nome del loro nazionalismo hanno già respinto tutte le richieste avanzate dal governo italiano, a partire dai trasferimenti Dublino. Alla fine in Europa i diversi nazionalismi si scontreranno tra loro, ma dalle macerie ne usciremo tutti impoveriti e con una grave lesione dei principi democratici.

      Tutto questo preoccupa ma non spaventa, restiamo al nostro posto, testimoni di un tempo terribile in cui la vita delle persone vale meno della difesa di un confine sull’acqua, un confine che nell’ordine naturale non può esistere. Nell’immaginario collettivo però i confini si stanno moltiplicando proprio per effetto della politica, e non conta se chi si presenta come difensore dell’identità nazionale e del territorio italiano, ricorre poi alla menzogna ed all’odio per costruire altri muri, questa volta all’interno della nostra società. per alimentare un livello di conflittualità sempre più elevato, dal quale ricava evidenti vantaggi in vista delle prossime scadenze elettorali. Ma le ferite inferte oggi ai rapporti internazionali, alla coesione sociale, alla possibilità di convivenza pacifica con gli immigrati tutti, resteranno aperte per anni. E per costruire una finta sicurezza costruiranno sempre più muri, fino a quando saremo tutti reclusi.

      Non arretriamo.Saremo ancora attivi nella difesa degli operatori umanitari e di tutti coloro che saranno accusati di crimine per avere soccorso o prestato assistenza alle persone migranti. Perchè prima che di migranti si tratta di persone, che devono avere riconosciuti gli stessi diritti fondamentali che spettano a qualunque persona, a partire dal diritto alla vita. Perchè i loro diritti sono i nostri diritti.

      https://www.a-dif.org/2018/07/21/omissione-di-soccorso-come-prassi-di-deterrenza

    • Italian coastguards express unease as government closes ports to migrants

      The decision by Italy’s new populist government to close the country’s ports to migrants saved at sea is causing unease within the heart of the Italian coastguard, some staff say, who until recently played a key role in rescue missions.

      Over the last decade the coastguard has coordinated the rescue of hundreds of thousands of migrants off the coast of Libya, in many cases pulling them from the water themselves in treacherous conditions.

      But as of June, they have been ordered to transfer calls for help and reports of boats in distress to the Libyan capital Tripoli.

      Now — despite a culture of traditionally not criticising government policy — a handful of coastguard staff have spoken out.

      In an interview with Italian daily Il Sole 24 Ore last week, a coastguard admiral criticised the government and in particular far-right interior minister Matteo Salvini’s new hardline stance.

      Speaking on condition of anonymity, the admiral recalled that the Italian justice system had deemed Libya was not a “safe place” for rescued people to returned to.

      Many migrants trying to reach Europe are desperate not to go back to Libya as they potentially face abuse and rape in detention centres.

      The admiral also denounced the absence of an official decree or act regarding the decision to close the country’s ports to vessels carrying migrants.

      In recent weeks the policy has left the coastguard powerless as several ships with rescued migrants aboard spent days stranded in the Mediterranean unable to dock in Italy.

      On Wednesday, at an event marking the 153rd anniversary of the Italian Coastguard, admiral Giovanni Pettorino, coastguard commander, evoked the memory of Salvatore Todaro, a submariner who during WW2 took serious risks to rescue the survivors of a ship he had just sunk.

      “In times of war, these things are not done,” a German admiral is said to have told Todaro at the time.

      The coastguard commander concluded his speech given before Italy’s new political authorities, by recalling Todaro’s response: “We are Italian sailors. We have 2000 years of civility behind us and we do these things.”

      – ’Feeling of helplessness’ -

      Speaking anonymously to Catholic daily Avvenire and Radio Radicale, some coastguard officers said the priority to rescue those in danger was demonstrated earlier this month.

      On 13 July the coastguard was sent to keep watch on 450 migrants crammed into a fishing boat, but took part in a later rescue mission even though Rome had told them to let Malta take charge, the officers said.

      Recalling the decision to intervene, the officers spoke of their “feeling of helplessness” which had built up in the weeks prior, as migrants attempted the perilous sea crossing.

      The vast majority of Italy’s around 13,000 coastguard officers work along the country’s 8,000 km of coastline, but the institution says that more than 2,000 of them have had first-hand experience on vessels operating off Libya — where a large number of the migrant tragedies occur.

      “At the moment, the atmosphere among the coastguard corps is not the best,” says Sergio Scandura, a journalist with Radio Radicale.

      The month of June was the deadliest in the Mediterranean in recent years with the International Organisation for Migration (IOM) reporting some 564 deaths or disappearances, despite the fact that overall departures have dropped sharply since the summer of 2017.

      Salvini’s hardline immigration stance appears to, however, be very popular among Italians: according to about half a dozen separate polls, some two-thirds of citizens approve his decision to close ports to rescued migrants.

      His far-right League party — which governs the country as part of a coalition — has also experienced a boom in the polls: the League garnered 17 percent of the vote at the March general election, but opinion polls now suggest support of around 30 percent.

      The new policy has come under fire from the country’s opposition politicians, however, and some of Italy’s prominent Catholic figures have also spoken out.

      After two bodies were discovered in a deflated dinghy off Libya, along with one survivor suffering from shock and hypothermia on Tuesday, the Episcopal Conference of Italy released a statement denouncing a “tragedy which we cannot manage to get used to”.

      “We warn unequivocally that to save our humanity from vulgarity and barbarism, we must protect life. Every life. From the most exposed, humiliated and trampled,” the bishops wrote.

      http://www.digitaljournal.com/news/world/italian-coastguards-express-unease-as-government-closes-ports-to-migrants/article/527517

    • Quale futuro per le operazioni di soccorso in mare svolte dalle ONG ?

      1.Quanto successo nell’ultimo mese, a partire dal blocco dell’attracco della Aquarius in un porto italiano, e poi, a ridosso del Consiglio Europeo del 28 giugno con la istituzione, sulla carta, di una zona SAR libica, e quindi con il seguito di naufragi in acque internazionali, deve indurre ad una riflessione sulle operazioni di ricerca e salvataggio (SAR) svolte dalle Organizzazioni non governative. Operazioni sempre di più spesso oggetto attacchi calunniosi e nel mirino di iniziative giudiziarie, in Italia ed a Malta. Anche se le prime inchieste contro alcune ONG sono state già archiviate.

      Giorno dopo giorno, abbiamo assistito ad una continua escalation del governo italiano contro le ONG, alle quali si è negata ogni possibilità di attracco e di sbarco, con Salvini che si è reso anche protagonista dei tentativi di inasprimento delle prassi adottate dalle missioni europee Frontex ed Eunavfor Med, giungendo a negare, anche dopo stragi gravissime, l’indicazione di un porto sicuro di sbarco a navi militari, persino americane, ed a mezzi della missione europea EUNAVFOR MED ( Sophia). Un tentativo che l’Unione Europea ha respinto, ribadendo gli impegni operativi ed i doveri di soccorso sanciti dalle Convenzioni internazionali e dai Regolamenti europei, che nessun paese membro può violare unilateralmente.

      Analoga risposta negativa è giunta alla proposta di Salvini che intendeva lanciare un piano Marshall per la Libia, allo scopo evidente di rinforzare la cd. Guardia costiera “libica” e di finanziare grandi centri di trattenimento dei migranti in modo da impedire che questi potessero imbarcarsi verso l’Europa. Un progetto già avviato da anni da precedenti governi, al quale si voleva dare adesso maggiore concretezza con un ulteriore fornitura di motovedette al governo Serraj. Ma le promesse italiane si sono rivelate farlocche, le motovedette da regalare ai libici sono pochissime, e sembra che il loro arrivo a Tripoli sia previsto per il mese di ottobre. Sempre che ad ottobre a Tripoli ci sia ancora il governo Serraj. Tutta la politica italiana in questi ultimi due mesi ha nascosto come non si possa parlare più di un processo di riconciliazione in Libia, e dunque di una unica Libia, la vera fake-news che continua ad essere distribuita agli italiani per tranqullizzari sui “successi” conseguiti dai loro governanti.

      Adesso anche la sedicente “Guardia costiera libica” ammette di non avere i mezzi per garantire le attività di ricerca e soccorso in “alto mare”, fino a 85 miglia dalla costa, che sarebbero imposte dalle Convenzioni internazionali, e che si sarebbero dovute verificare prima di concedere l’inserimento della SAR Zone libica nei registri ufficiali dell’Organizzazione marittima della Nazioni Unite (IMO). Chi ha spinto per quella zona SAR libica che ancora oggi non esiste, porta sulla coscienza le centinaia di vittime che i ritardi degli interventi dei libici, e le modalità di ingaggio violento adottate dalle motovedette di Tripoli, hanno prodotto in questo ultimo mese. Una responsabilità che non sarà facile accertare nei tribunali, ma che peserà come una pietra sul destino politico dei protagonisti di queste scelte.

      Di fronte ad un fallimento di così vaste dimensioni, ed alle prime denunce che stanno arrivando, non solo in cartolina, i governanti italiani hanno scelto la linea del totale capovolgimento dei fatti e delle responsabilità, inasprendo i blocchi e lo sbarramento dei porti, ed imposto a Malta un analogo inasprimento, che si sta traducendo anche nel sequestro arbitrario a La Valletta di due navi delle ONG ( Lifeline e Seawatch). Salvini lo aveva promesso, e i maltesi hanno eseguito.

      Le ONG ritornano dunque nel mirino, in nome di un emergenza che non esiste e di una lotta contro ai trafficanti che nessuno però garantisce perchè in Libia non si riesce ad affermare una giurisdizione indipendente dalle milizie che controllano i diversi territori, e gestiscono direttamente rapporti con i trafficanti di persone ( e di petrolio). Dal momento che queste scelte politiche, alle quali corrispondono prassi operative prive di fondamento legale, come la “chiusura dei porti” imposta da Salvini e Toninelli, o gli ordini di “stand by“,già impartiti lo scorso anno, producono e produrranno ancora in futuro centinaia di morti. Perchè cambieranno soltanto le rotte, ma sempre i migranti saranno messi in mare dalla Libia verso l’Europa, occorre chiedersi che ruolo possono giocare ancora le ONG. Per tentare almeno di ridurre il numero delle vittime, e per continuare a denunciare i casi sempre più frequenti di omissione di soccorso in acque internazionali. In attesa che i tribunali internazionali o l’Unione Europea impongano agli stati il pieno rispetto delle Convenzioni internazionali e dei Regolamenti europei che privilegiano la salvaguardia della vita umana in mare ed il diritto di chiedere protezione, rispetto alla difesa dei confini marittimi.

      2.Occorre innanzitutto prendere atto che, come si è evidenziato in queste ultime settimane, sempre più spesso le decisioni amministrative o le direttive emanate dal governo potranno creare i presupposti per l’avvio di azioni penali da parte della magistratura nei confronti di quegli operatori umanitari e di quelle ONG che si atterranno al rispetto delle Convenzioni internazionali e dei Regolamenti europei, nello svolgimento di attività di ricerca e soccorso nelle acque del Mediterraneo Centrale.

      Si verificherà poi, in occasioni sempre più frequenti, che la manipolazione dei dati e la successiva diffusione di fake-news capovolga il senso della narrazione degli eventi di soccorso in mare, fino a fare assumere ai veri responsabili la veste di accusatori ed ai soccorritori la posizione di inquisiti, in modo da eliderne del tutto le possiblità di intervento, sia in mare che nel dibattito pubblico, minandone la credibilità.

      Per contrastare tutto questo e permettere la prosecuzione delle attività di ricerca e salvataggio delle ONG in acque internazionali occorre rafforzare i team legali di esperti che verifichino il rispetto delle regole di Diritto internazionale, e del diritto dei rifugiati, da parte di tutti gli attori chiamati ad intervenire, o che si trovano nelle posizioni più vicine alle aree nelle quali si verificano gli eventi SAR.

      Appare fondamentale in questa prospettiva denunciare la istituzione di una zona SAR libica da parte dell’IMO,su impulso ed avallo delle autorità italiane. Va denuinciata altresì la inefficacia delle attività di ricerca e salvataggio svolta da Malta nella vastissima zona SAR che per ragioni economiche il governo di La Valletta continua ad attribuirsi. Occorre dunque una forte iniziativa a livello di Nazioni Unite e quindi dell’IMO per stabilire con certezza vere zone SAR, individuando le autorità che effettivamente sono in grado di intervenire con effettive capacità di coordinamento e di raccordo con altre autorità SAR. La vita umana in mare non può essere data in appalto per ragioni elettorali o di convenienza politica. Gli accordi bilaterali tra stati in questo campo possono assumere rilievo solo nell’ambito di un riconoscimento internazionale effettivo della capacità di coordinamento dei soccorsi attraverso una Centrale operativa nazionale (MRCC).

      Al fine di garantire la massima trasparenza, contro il rischio di altre e più gravi ricostruzioni farlocche degli interventi SAR da parte dei ministri, e di altre autorità, occorre realizzare sistemi di trasmissione video in tempo reale, accessibili in rete, di tutte le attività di ricerca e soccorso che saranno svolte dalle navi delle ONG, utilizzando anche le rilevazioni radar, quelle satellitari, e la via del monitoraggio aereo con l’uso di droni, per documentare i casi di intervento della Guardia costiera “libica”, che libica non è più, ed eventuali casi di abbandono in mare. Si corre altrimenti il rischio concreto che alla prossima strage, se soltanto una nave delle ONG si trovi nelle vicinanze dell’evento di soccorso, tutte le responsabilità posano essere adossate sugli operatori umanitari. Una certa parte dell’opinione pubblica, ormai incline all’odio senza verificare i fatti, non aspetta altro.

      In un momento in cui le spinte nazionaliste dei governi sovranisti e populisti europei hanno messo tutti contro tutti, occorre negoziare accordi con i singoli stati, anche della sponda sud, come la Tunisia, per garantire possibilità di rifornimento alle singole navi delle ONG che saranno ancora impegnate in attività di ricerca e salvataggio sulla rotta del Mediterraneo Centrale. Vanno inoltre utilizzate le navi più grandi che le ONG saranno in grado di inviare in questa zona come stazione galleggiante di rifornimento e assistenza anche sanitaria, per i casi più urgenti. Ornai è evidente che l’Italia e Malta non garantiscono più “porti sicuri di sbarco” (POS), e le offerte più recenti di attracco altro non sono che un passaggio strumentale al sequestro delle imbarcazioni ed all’incriminazione degli equipaggi.

      Si è visto lo scorso anno come i provvedimenti amministrativi di controllo o di fermo tecnico siano finalizzati alla successiva adozione di inziative penali, con il caso della Juventa, attratta con un ordine della Guardia costiera per il trasbordo di tre migranti a Lampedusa, e poi sequestrata. Un processo ancora in corso, nel quale si dovrà chiarire anche il ruolo degli agenti di sicurezza infiltrati a bordo della nave Vos Hestia di Save The Children, poi finita pure nell’inchiesta. Si è ripetuto ancora quest’anno, in Italia, a Pozzallo, con il sequestro della Open Arms, ed a Malta con il sequestro illegale ( perchè in assenza di provvedimenti giudiziari che lo legittimassero) della nave Sea Watch e della Lifeline, bloccate da settimane per problemi burocratici. Tutti casi nei quali le scelte degli esecutivi e gli ordini di natura amministrativa delle autorità marittime hanno contribuito alla costruzione di una fattispecie penale. E quindi ad una gigantesca operazione mediatica che ha condannato le ONG e tutti i cittadini solidali prima ancora che i processi offrissero almeno qualche effettiva possibilità di difesa e di ribaltamento della narrazione tossica diffusa a reti unificate. Ma la Libia non offre “porti sicuri di sbarco”, dopo i giudici siciliani adesso lo dice anche l’Unione Europea.

      Quanto alla individuazione di porti sicuri di sbarco (POS), che sono garantiti dalle Convenzoni internazionali, prima di ciascuna missione le imbarcazioni delle ONG va garantita la possibilità di rientro in un paese ed in un porto nel quale le persone soccorse possano essere sbarcate in sicurezza, e nel quale gli operatori umanitari non rischino l’apertura di procedimenti penali o il sequestro della nave. Queste attività repressive che si riconducono generalmente al contrasto dell’immigrazione irregolare, come pure il ritardo immotivato nella indicazione di un porto sicuro di sbarco, si ripercuotono direttamente sulla salute psico-fisica dei naufraghi, e possono ridurre notevolmente la capacità operativa delle imbarcazioni delle ONG, mettemndo a rischio anche il diritto alla vita.

      3. Le attività di ricerca e salvataggio ancora svolte da Organizzazioni non governative non si possono collocare al di fuori di una cornice di coordinamento che va comunque garantita con le Autorità SAR nazionali competenti, come previsto dal diritto internazionale del mare. Non si può però continuare a ricorrere ad una negoziazione caso per caso, dopo o addirittura durante l’espletamento delle operazioni di soccorso.

      Retweeted Paolo Biondi (@PaoloBiondi82):

      Oggi Malta ha coordinato il salvataggio di 19 migranti in difficoltà all’interno della Regione di ricerca e soccorso maltese (DDR) circa 50 miglia a sud dell’isola. Rcc Malta è stata informata di questa barca da parte di Mrcc Roma e della guardia costiera libica quando era ancora nella SAR Libica.

      Malta coordinated the rescue of 19 migrants in distress within the Maltese Search and Rescue Region (SRR) some 50NM south of the island. RCC Malta was informed of this boat by MRCC Rome and the Libyan Coast Guard when it was still in Libya SRR

      Bisogna dunque attivare canali di comunicazioni costanti con quelle autorità SAR che possono garantire lo sbarco in un porto sicuro, che come prevedono le Convenzioni internazionali di diritto del mare, non è necessariamente il “porto più vicino”, come qualcuno ha ritenuto in Italia, ma è quel porto nel quale la persona sbarcata ( e potremmo aggiungere adesso, anche i soccorritori) abbiano la piena garanzia che i diritti fondamentali della persona siano rispettati. Occorre che le ONG si raccordino tra loro e stilino loro una “Carta dei soccorsi nel mare Mediterraneo”, sulla quale aggregare consenso in modo da garantire modalità di intervento generalmente condivise. Un documento con prasse operative concordate da verificare con la Guardia costiera italiana che ha una tradizione di soccorso in mare che non può essere smentita da atti di indirizzo politico.

      Ricordiamo bene come l’attacco alle ONG sia patrtito dalle destre identitarie europee e, subito dopo, da Frontex, all’inizio dello scorso anno. Ma il confronto ed il coordinamento sulle operazioni SAR nel Mediterraneo centrale non potrà prescindere dal tentativo di coinvolgimento dell’Agenzia per il controllo delle frontiere esterne (FRONTEX), oggi ridefinita come “Guardia costiera e di frontiera europea” ( in base al Regolamento UE 1624 del 2016) . Sarò anche importante verificare la disponibilità a partecipare ad attività SAR della missione EUNAVFOR MED ( Operazione Sophia), un obbligo ineludibile da garantire nel rigoroso rispetto del proprio mandato operativo, deciso nell’ambito della politica estera comune dell’Unione Europea (PESC). Non sarà un confronto facile, ma nessuno può pensare che ritirando le navi militari, limitandone le attività in operazioni SAR, o costringendo le ONG al ritiro totale, si possa garantire un miglior risultato delle politiche migratorie europee e nazionali, anche a costo di passare sopra le migliaia di morti e dispersi che queste politiche hanno fin qui prodotto.

      Il soccorso in mare è condizionato anche da quello che succede nei paesi della sponda sud del Mediterraneo. Senza una soluzione politica del conflitto in Libia e senza la garanzia di un qualsiasi stato di diritto che sia almeno in parte esente dalla corruzione diffusa che caratterizza quel paese, qualsiasi accordo con le milizie e con le forze che controllano le diverse Guardie costiere, rischia di tradursi ancora una volta con un ulteriore rafforzamento delle organizzazioni criminali. Le minacce, reiterate anche di recente, rivolte dalla Guardia costiera di Tripoli alle Organizzazioni non governative comprendono ormai il rischio di attacchi armati e di sequesto di persona.

      Le navi delle ONG ben dificilmente potranno avventurarsi a meno di 70 miglia (120 chilometri) dalla costa libica. La minaccia di sequestro da parte della Guardia costiera di Tripoli diventa ogni giorno più grave. Un motivo in più che dovrebbe spingere la comunità internazionale, o singoli paesi, questa volta davvero “volenterosi”, ad organizzare missioni internazionali di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale. In acque internazionali che ormai, dopo la creazione di una zona SAR “libica”, sono rimaste nella esclusiva disponibilità di un gruppo di milizie che non garantisce il rispetto dei diritti e dei corpi delle persone, nè durante le azioni di soccorso, nè durante le successive fasi dello sbarco a terra e dell’internamento nei centri di detenzione. Adesso sono ache alcuni esponenti della Guardia costiera di Tripoli, di cui Salvini si fida tanto, che ammettono di non avere i mezzi necessari per salvaguardare la vita umana in mare.

      In questa direzione la società civile organizzata deve andare oltre l’impegno qui profuso, occorre davvero che “si imbarchi” con tutte le proprie capacità organizzative sulle navi delle ONG, che significa garantire un impegno continuo a livello più ampio. Non certo con la presenza fisica, ma con una attività ben documentata di diffusione delle notizie, di accertamento delle fake news, di iniziativa politica e di sostegno economico e legale, che permetta di difendere i valori del soccorso e della solidarietà contro tutti i tentativi di depistaggio e di diffusione di messaggi di odio, di negazione della dignità umana e di subordinazione del diritto alla vita alle esigenze della difesa delle frontiere, se non alla mera propaganda elettorale.

      https://www.a-dif.org/2018/07/22/quale-futuro-per-le-operazioni-di-soccorso-in-mare-svolte-dalle-ong

    • JOSEFA : «SONO ARRIVATI I LIBICI E CI HANNO PICCHIATO»

      Sicuri da morire. L’accusa dell’unica superstite al naufragio. Da Open Arms denuncia per omicidio colposo

      «Denunceremo chi, con bugie e falsità, mette in dubbio l’opera di salvataggio e accoglienza svolta dall’Italia»: il Viminale ieri ha attaccato ancora l’Ong catalana Proactiva open arms, arrivata ieri mattina a Palma di Maiorca con il cadavere della donna e del bambino ritrovati martedì con l’unica superstite, Josefa, aggrappata alle assi del fondo del gommone distrutto a 80 miglia dalla cosa libica, 90 da Lampedusa. La donna camerunese, ricoverata in forte stato di choc e con i postumi dell’ipotermia, dopo essere rimasta due giorni a galleggiare in acqua, ha raccontato: «Sono arrivati i libici, ci hanno picchiato e ci hanno lasciato in mare». Il Viminale insiste: «Qualcuno strumentalizza una vittima per fini politici. Se la Ong ha preferito rifiutare l’approdo per scappare altrove è un problema suo. I porti siciliani erano aperti». Alla Proactiva era stato offerto lo scalo di Catania ma il coordinatore della missione, Riccardo Gatti, aveva chiarito: «Rifiutiamo il porto di sbarco italiano dopo le dichiarazioni del governo (che aveva definito la denuncia dei volontari catalani una fake news ndr) e perché non crediamo che in Italia ci sia un porto sicuro». La scelta di Catania, poi, era risultata sospetta visto che la procura locale sta processando l’Ong tedesca Jugend Rettet per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

      I membri della Proactiva open arms, insieme al campione dell’Nba Marc Gasol, si sono recati ieri al tribunale di Palma per presentare una denuncia per omissione di soccorso e omicidio colposo contro il capitano della Triades, il mercantile che per primo ha individuato i migranti e avvertito Tripoli senza però soccorrerli. «Lo faremo anche contro il capitano del pattugliatore della Guardia costiera libica» che avrebbe volontariamente affondato il gommone mentre a bordo c’erano ancora due donne e un bambino ha spiegato Oscar Camps, fondatore dell’Ong catalana, confermando anche l’intenzione di presentare una denuncia contro la Guardie costiera italiana e Malta perché potrebbero aver commesso il reato di omissione del dovere di assistenza.

      Alla stampa Camps ha poi spiegato che l’Europa lascia alla Libia («un paese senza stato») le operazioni in mare nonostante i sospetti di connivenza della sua Guardia costiera con i trafficanti: «Siamo etichettati come criminali, l’Italia ci accusa di mentire, diffamare e insultare, vuole rimandare in Libia le persone che salviamo. Siamo gli unici testimoni e adesso nessun’altra Ong è attiva nell’area. Siamo stati testimoni della barbarie disumana che vive il Mediterraneo». L’ultima stoccata è per il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, che da mesi ripete «le Ong vedranno i nostri porti in cartolina». Camps ne ha mandata una virtuale via twitter al leader leghista con la dedica «Un abbraccio da Maiorca. Oscar e Josefa». A Palma c’era anche il deputato di Leu, Erasmo Palazzotto, che ha partecipato alla missione: «Chiederò al governo italiano che renda pubblici i dati su ciò che è accaduto nel luogo in cui è stata trovata morta la madre con il bambino per vedere se c’è responsabilità del governo e della guardia costiera nell’omicidio».

      La Marina italiana ieri ha respinto ogni addebito: «Non siamo mai stati coinvolti nel soccorso. Dopo il ritrovamento, all’Ong è stata data piena disponibilità a trasferire la donna, ancora in vita, in Italia, per ricevere assistenza sanitaria, è stata data anche la possibilità di raggiungere direttamente il porto di Catania». Anche il ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, difende l’operato del governo: «Open Arms sbaglia obiettivo. L’Italia è un esempio per umanità ed efficienza nei soccorsi».

      Nessuno però sa spiegare la presenza di una donna viva e due cadaveri tra i relitti del gommone distrutto. Non sa spiegarlo soprattutto la Libia, che martedì aveva negato di averli lasciati in mare, chiamando in causa una troupe di giornalisti tedeschi presenti durante le operazioni. Poi è stata costretta a precisare che i salvataggi lunedì sera erano stati due e quindi venerdì ha parzialmente ammesso di aver provato a rianimare i corpi senza vita ma di non saper spiegare la presenza di Josefa. Una spiegazione arriva però dall’Italia. Il fatto quotidiano, riportando notizie apprese dai nostri militari, spiega: «I migranti non vogliono essere riportati in Libia, per convincerli ad accettare il soccorso è ormai prassi che i libici inizino le operazioni per affondare la barca». È la spiegazione che aveva dato Camps martedì, bollata da Salvini come «fake news».

      https://ilmanifesto.it/josefa-sono-arrivati-i-libici-e-ci-hanno-picchiato

    • Open Arms, a una settimana dalla tragedia Salvini incalzato non dà spiegazioni e loda i libici

      Era il 17 luglio quando la ong spagnola Proactiva Open Arms annunciava di aver recuperato nel Mediterraneo tre corpi - un bambino e una donna morta e un’altra invece ancora in vita - accanto a un relitto abbandonato dalla Guardia Costiera libica dopo un’operazione di recupero di migranti. Il ministro dell’Interno Matteo Salvini aveva negato che i libici avessero abbandonato delle persone in mare, tantomeno affondando il barcone nel quale viaggiavano, e aveva promesso le prove a sostegno della sua tesi. Poco dopo, dal Viminale si segnalava la presenza di una giornalista tedesca a bordo delle motovedette dei libici che avrebbero compiuto il salvataggio oggetto della questione e che avrebbe documentato la correttezza del loro operato.

      Con il passare delle ore, però, è emerso da diverse testimonianze, compresa quella della stessa giornalista, come in realtà l’operazione che avrebbe portato all’abbandono dei corpi sarebbe stata differente da quella documentata dalla troupe televisiva. Come e perché Josefa (la donna superstite) e la madre e il bambino annegati siano finiti in mare rimane dunque una domanda senza risposta.

      A una settimana di distanza dai fatti, siamo tornati a chiedere a Salvini una spiegazione sulla vicenda, senza ottenere una risposta.

      https://video.repubblica.it/dossier/immigrati-2015/open-arms-a-una-settimana-dalla-tragedia-salvini-incalzato-non-da-spiegazioni-e-loda-i-libici/311052/311687

    • Watch: 10 days at sea, the real story of the Aquarius

      For us, journalists, bearing witness is both an instinct and a responsibility.

      The Aquarius deployment came about because I wanted to see for myself how NGOs conducted search and rescue missions in the so-called “world’s deadliest migration route”.

      I had reported on the refugee crisis for years - from the Turkish-Syrian border, but also from Greece, Macedonia, Hungary, Germany, France... I had seen fear and desperation. But also solidarity and hope.

      I wanted to understand what this part of the story was all about. And what impact it had on the whole of the European Union.

      Little did I know I would be reporting on a story that would threaten to split Europe apart.

      10 days at sea: the real story of the Aquarius is about what happened aboard the humanitarian vessel while it found itself at the heart of one of the most serious storms Europe has ever faced.

      http://www.euronews.com/2018/07/16/10-days-at-sea-the-real-story-of-the-aquarius-exclusive

    • Stampa spagnola, Josepha vuole denunciare Libia e Italia

      La donna sopravvissuta e soccorsa da Open Arms, secondo Diario de Mallorca, pensa alle vie legali per l’omissione di soccorso.

      Josepha, la donna del Camerun salvata dalla Ong spagnola Proactiva Open Arms dopo aver trascorso due giorni in mare aggrappata a un pezzo di legno, denuncerà l’Italia per aver rifiutato di sbarcare i cadaveri dei migranti morti nel Mediterraneo nel porto di Catania. Lo scrive il quotidiano Diario de Mallorca. La donna per 48 ore è stata in balia delle onde a largo della Libia, aggrappata a un pezzo di legno. Insieme a lei c’erano i cadaveri di una donna e un bambino.

      Secondo il quotidiano il quotidiano spagnolo, dopo essere sbarcata a Palma - dove è arrivata, insieme ai volontari, da poche ore - denuncerà alle autorità spagnole la guardia costiera della Libia per aver speronato la barca a bordo della quale si trovava. Si rivolgerà alla giustizia spagnola per segnalare anche una presunta omissione dell’Italia. Josefa, che ha raccontato di essere scappata dal Camerun per fuggire dal marito che la picchiava perché non poteva avere figli, riceverà lo status di rifugiata.

      Anche i volontari di Open Arms hanno deciso di denunciare la guardia Costiera libica per omissione di soccorso e di avere intenzione di fare lo stesso con «qualsiasi altra persona che ha preso parte ai fatti con azioni o omissione». A tal proposito, hanno detto, anche la Guardia costiera italiana «avrà qualcosa da dichiarare riguardo ciò che è avvenuto a 80-90 miglia dalle sue coste».

      Dal Viminale rispondono: «Se la Ong spagnola ha preferitorifiutare l’approdo in Italia per scappare altrove, è un problema suo. I porti siciliani erano aperti anche per accogliere i cadaveri a bordo, e per questo alla Ong era stata esclusa l’opzione Lampedusa: l’isola è infatti sprovvista di celle frigorifere per i corpi».

      https://www.huffingtonpost.it/2018/07/21/stampa-spagnola-josepha-vuole-denunciare-libia-e-italia_a_23486787

    • « #Sarost_5 » : une situation dramatique selon les migrants relayés par une ONG

      L’épuisement, la fatigue, le découragement ne font que croître à bord du Sarost 5. Le navire commercial est toujours bloqué devant le port de #Zarzis en #Tunisie, après avoir été refusé par les autorités maltaises et tunisiennes. Cela fait maintenant une semaine que les 14 membres d’équipages et les 40 migrants attendent le débarquement, avec peu de vivres, dans une situation sanitaire de plus en plus compliquée. Aucun des pays proches n’a pour l’instant accepté que le bateau accoste et permette à ces ressortissants africains de débarquer. Pour alerter l’opinion sur leur situation, l’ONG Watch the Med a recueilli des témoignages à bord du Sarost 5.

      http://www.rfi.fr/afrique/20180723-migrants-sarost-5-situation-dramatique-temoignages-relayes-ong-watch-th

    • Secondo il Viminale la versione di Open Arms è una “fake news”, ma ad oggi non ha fornito le prove

      Pochi giorni fa, a circa 80 miglia dalle coste libiche l’associazione non governativa Proactiva Open Arms ha trovato i resti di un’imbarcazione con due cadaveri e una donna ancora viva. L’ipotesi e poi l’accusa della ONG è che la «Guardia costiera libica», nel corso di un’operazione di salvataggio, abbia lasciato volutamente alcune persone in mare perché non volevano ritornare in Libia. Il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, ha definito questa ricostruzione una «fake news» e ha promesso che avrebbe fornito le prove della sua falsità. Al momento, però, queste prove non sono state ancora esibite.

      https://www.valigiablu.it/ong-salvini-fake-news

    • Rejetés par les pays européens, 40 migrants sont bloqués au large de la Tunisie

      Quarante migrants et l’équipage du Sarost 5 sont bloqués devant le port de Zarzis, en Tunisie. Le navire battant pavillon tunisien est arrivé sur place après avoir été refusé par l’Italie, la France et surtout Malte. C’est pourtant ce dernier pays qui est censé secourir ces rescapés, car leur embarcation était située en zone maltaise quand elle a été signalée. Deux femmes enceintes se trouvent à bord.

      www.rfi.fr/europe/20180721-sarost-5-zarzis-malte-italie-france-migrants-bloques-tunisie

    • La Tunisie s’apprête à accueillir les 40 migrants bloqués sur le Sarost 5

      Après deux semaines bloqué en mer, au large de Zarzis, le navire Sarost 5 devrait finalement avoir l’autorisation d’accoster en Tunisie. Le Premier ministre tunisien, Youssef Chahed, a expliqué samedi devant le Parlement que le pays allait lui ouvrir ses ports pour des raisons humanitaires. Quarante migrants dont deux femmes enceintes se trouvent en effet sur le Sarost 5 que ni la France, ni l’Italie, ni Malte n’ont jusqu’ici accepté d’accueillir.

      http://www.rfi.fr/afrique/20180730-tunisie-accueille-quarante-migrants-sarost-5-zarzis-youssef-chahed

    • WatchTheMed Alarm Phone : Press Release on the Sarost 5 Disembarkation Announcement

      July 29, 2018
      Watch the Med Alarm Phone has been in regular contact with crew members as well as rescued people of the Sarost 5 since the first distress call that took place in the Maltese SAR zone on Friday 13.07.18. The 40 rescued people have been at sea for more than two weeks. The rescued people and the crew of the supply vessel Sarost 5 have been stationed off the port of Zarzis since Monday 16.07.18 and have endured unbearable living conditions on board. We are relieved that the Tunisian government will let the people disembark for ‘humanitarian reasons’. However, we remain extremely concerned about the following points:

      The ordeal endured by the crew and passengers of the Sarost 5 is the direct result of EU migration policies, which externalize border controls and condone the closure of ports in Italy and Malta to NGO and private rescue vessels. The case of the Sarost 5 adds to other worrying developments in the Central Mediterranean, such as the increased collaboration between Italy and the Libyan Coast Guard and the failure to give authorizations to rescue vessels to disembark people, leaving them stranded at sea for days.
      The EU has announced its plans to establish regional disembarkation mechanisms in North Africa. The arrival of the Sarost 5 on Tunisian soil does not constitute a precedent for such disembarkation points. The Sarost 5 sails under Tunisian flag and no North African country has agreed to disembarkation points on their territory. We strongly oppose any steps towards such regional disembarkation points.
      The case of the Sarost 5 illustrates the erosion of SAR responsibilities in the central Med. Malta has not abided by its responsibilities to provide a port of safety to the 40 people who were first given supplies at sea by the Caroline III, under Maltese orders and in the Maltese SAR zone. This denial of responsibility not only breaks international maritime law, but also violates the principle of non-refoulment. The People on board the Sarost 5 have declared in video testimonies that they are in need of international protection. Furthermore, the lack of a legal framework to apply for international protection in Tunisia will deprive the people on board the Sarost 5 from their right to an effective remedy. The violation of basic rights of asylum seekers in Tunisia has been documented through the ongoing ordeal faced by the ex-Choucha camp refugees, who are still fighting for legal status and a dignified life in Tunisia. In fact, their struggle continues four years after the closure of the camp. In addition, the rights of LGBTQ people are severely restricted in Tunisia. For the reasons mentioned above, we strongly believe that ports in Tunisia should not be considered as ports of safety.

      Watch the Med Alarm Phone denounces the EU states’ failure to take responsibility and their stark negligence of international human rights, as well as the lack of a public statement from the UNHCR in favour of the people on board the Sarost 5. Watch The Med Alarm Phone will monitor the disembarkation closely and remain in contact with the people from the Sarost 5.

      In light of the Sarost 5 case, we immediately call for:

      – Full and unconditional respect for human rights and the international Maritime law;
      – Immediate disembarkations in ports of safety, which cannot be in Tunisia or Libya, given their non-compliance with international refugee and human rights law;
      – The abolition of the Dublin regulation so that the arrival of migrants can be shared among member states of the EU and that the pressure on southern EU states can be alleviated;
      – The re-opening of Italian and Maltese ports to NGOs and private vessels transporting people rescued at sea, as they are the closest safe ports to the rescue zone

      communiqué de presse reçu via la mailing-list de Migreurop

    • Le Sarost 5 toujours bloqué au large de la Tunisie : situation confuse dans les eaux tunisiennes

      Le week end dernier, de nombreuses informations contradictoires, concernant le sort des 40 migrants bloqués au large de la Tunisie depuis 15 jours, ont circulé. Alors que le navire humanitaire espagnol Open Arms n’était qu’à quelques km du Sarost 5, les autorités tunisiennes ont annoncé leur intention d’accueillir sur leur sol les 40 migrants. Cependant pour l’heure, la situation à bord n’a pas changé.

      Samedi 28 juillet, le Premier ministre tunisien Youssef Chahed a déclaré lors d’une séance plénière au Parlement que « pour des raisons humanitaires », la Tunisie allait finalement « accueillir les 40 migrants » bloqués au large du port tunisien de Zarzis depuis le 16 juillet.

      Lundi 30 juillet en milieu d’après-midi, le Sarost 5 était cependant toujours immobilisé en pleine mer. « Les autorités portuaires tunisiennes n’ont pas encore reçu l’autorisation de Tunis de laisser entrer le bateau », déclare à InfoMigrants Mongi Slim du Croissant rouge tunisien. « On sait que le gouvernement a accepté que notre navire accoste en Tunisie mais depuis cette annonce on est toujours bloqués ! On attend quoi », se plaignait déjà samedi soir à InfoMigrants un des membres d’équipage.

      Pour que le bateau puisse amarrer à Zarzis, il faut que le MRCC tunisien - le centre de contrôle maritime tunisien - donne son autorisation. On ignore encore pourquoi il n’a rien reçu malgré l’annonce du Premier ministre samedi.

      Open Arms au large des côtes tunisiennes

      Tout le week-end, la confusion a régné à bord du Sarost 5. À leur réveil samedi matin, les migrants aperçoivent au loin le navire humanitaire Open Arms qui est immobilisé à quelques milles nautiques de là. L’espoir renaît à bord du bateau. L’ONG espagnole a l’autorisation d’entrer dans les eaux tunisiennes pour offrir une assistance humanitaire et médicale aux membres du Sarost 5. Mais en milieu d’après-midi, Open Arms rebrousse chemin vers Malte pour évacuer d’urgence un de ses sauveteurs.

      Le lendemain, dimanche 29 juillet, le navire humanitaire reprend la route en direction des côtes tunisiennes et se positionne de nouveau à proximité du Sarost 5 – il repart finalement dans les eaux internationales lundi en début d’après-midi, les autorités tunisiennes ne l’autorisant pas à stationner dans leur zone maritime.

      Entre-temps, le gouvernement tunisien a fait part de son intention d’accueillir les 40 migrants. L’ONG espagnole assure que sa présence dans les eaux tunisiennes a permis de débloquer la situation. « Quand la Tunisie a vu qu’une organisation aussi médiatique que la nôtre était devant sa porte - et que nous voulions rencontrer les migrants à bord - ils ont eu peur qu’on montre publiquement que les migrants n’étaient pas bien traités », a déclaré à l’agence de presse espagnole EFE Oscar Camps, le président de l’ONG.

      À bord du Sarost 5, l’incertitude pèse sur les migrants déjà éprouvés moralement et physiquement par plus de deux semaines en mer. « Mon Dieu, quand est-ce que tout cela va s’arrêter. Le gouvernement donne officiellement son accord mais il ne se passe rien. Que nous veut la Tunisie encore ? », s’interroge lundi Samuel*, un migrant qui est en contact régulier avec InfoMigrants.

      La Tunisie, pas un « port sûr » selon les ONG

      Par ailleurs, les ONG s’inquiètent de l’arrivée éventuelle de ces migrants en Tunisie. « Ce pays ne remplit pas les critères pour être qualifiée de ‘port sûr’. Il n’y a pas de cadre légal pour y déposer une demande d’asile », dénonce à InfoMigrants Olivia Santer, porte-parole d’Alarm Phone. « La violation des droits fondamentaux des demandeurs d’asile en Tunisie a été documentée par ce que subissent les anciens migrants du camp de Choucha qui luttent toujours pour un statut légal (..). Quatre ans après la fermeture du camp, leur combat se poursuit toujours », déclare l’ONG dans un communiqué.

      Le Croissant rouge tunisien assure lui que tout est prêt pour gérer au mieux l’arrivée des 40 migrants du Sarost 5. Ces derniers doivent être accueillis par l’ONG au port de Zarzis et seront ensuite envoyés au foyer de Médenine (à l’ouest de Zarzis) où « ils pourront bénéficier de soins médicaux, de distribution de nourriture et de vêtements », selon Mongi Slim du Croissant rouge tunisien.

      Les demandeurs d’asile pourront, toujours selon le croissant rouge tunisien, déposer une demande auprès du Haut-commissariat des Nations-Unies pour les réfugiés (HCR). Sur ce sujet aussi, les informations demeurent floues. L’agence onusienne assure avoir déjà rencontré plusieurs migrants du Sarost 5 lors d’une mission sur le navire, mais les naufragés et l’équipage nient la visite du HCR à bord. « Nous avons demandé plusieurs fois que l’agence onusienne vienne nous voir mais ils ne sont jamais venus », assure Samuel.

      L’ONG Alarm Phone se dit outrée par le HCR qui « n’a pas su se positionner clairement en faveur des droits des rescapés ». « Cela renforce notre inquiétude pour l’avenir de ces 40 migrants », signale Olivia Santer. « Ils devraient être en Europe car ils ont été repérés dans les eaux maltaises. Mais une nouvelle fois, les autorités européennes n’ont pas pris leurs responsabilités et ont renvoyé le problème », souffle-t-elle.

      http://www.infomigrants.net/fr/post/10974/le-sarost-5-toujours-bloque-au-large-de-la-tunisie-situation-confuse-d

    • Rejetés par les pays européens, 40 migrants sont bloqués au large de la Tunisie

      Quarante migrants et l’équipage du Sarost 5 sont bloqués devant le port de Zarzis, en Tunisie. Le navire battant pavillon tunisien est arrivé sur place après avoir été refusé par l’Italie, la France et surtout Malte. C’est pourtant ce dernier pays qui est censé secourir ces rescapés, car leur embarcation était située en zone maltaise quand elle a été signalée. Deux femmes enceintes se trouvent à bord.

      C’est le capitaine du Sarost 5, un navire d’approvisionnement battant pavillon tunisien, qui a appelé les autorités tunisiennes à « intervenir d’urgence » pour lui permettre d’accoster au large de Zarzis, dans le sud du pays.

      Ce navire commercial a secouru 40 migrants, dont huit femmes et notamment deux enceintes. Or, il patiente au large de ce port. Une attente qui « commence à être très longue, au détriment de notre travail », déplore le capitaine, Ali Hajji, interrogé par l’Agence France-Presse.

      « L’équipage du bateau est épuisé moralement et physiquement », explique-t-il à l’AFP. « Nous faisons notre maximum pour apporter notre aide aux migrants, dont certains sont malades, et nous risquons d’être contaminés. »

      Selon une source de l’AFP - un responsable de la garde maritime tunisienne s’exprimant sous couvert d’anonymat -, l’autorisation d’accoster à Zarzis « dépasse » ses équipes. « Nous attendons une décision politique », fait-il remarquer. Mais cette dernière tarde à venir de Tunis pour le moment.

      Les 40 migrants à bord du Sarost 5 n’en sont pas au début de leur calvaire. Ils seraient originaires d’Afrique subsaharienne et d’Egypte, et seraient partis de Libye à bord d’une embarcation pneumatique avant d’être perdus en mer cinq jours.

      Un problème symptomatique de la crise européenne

      Ces personnes ont finalement été repérées, à une date non précisée, par le navire Caroline III, envoyé par un centre de secours maltais. Problème : selon des ONG tunisiennes, quand ce bateau a appelé à l’aide les gardes-côtes d’Italie, de France et de Malte, ces derniers « ont refusé d’accueillir les rescapés ».

      Selon ces ONG, le prétexte des Européens, c’était que « les ports les plus proches étaient situés en Tunisie ». Les migrants ont donc finalement été pris en charge par le Sarost 5. Le Croissant-Rouge a pu les examiner à deux reprises.

      « Huit migrants ont la gale et les deux femmes enceintes risquent de perdre leur bébé », relate Mongi Slim, responsable du Croissant-Rouge à Médenine, une ONG qui continue d’envoyer médicaments et nourriture. « Nous avons demandé aux autorités tunisiennes d’hospitaliser au moins trois personnes », ajoute-t-il.

      La Tunisie fait partie des pays cités pour l’émergence de possibles centres d’accueil de migrants hors Europe souhaités par l’UE. Mais selon M. Slim, les passagers du Sarost 5 « refusent d’être accueillis par la Tunisie et veulent rejoindre l’Europe ».

      Watch The Med-Alarm Phone s’est fait une spécialité de repérer les bateaux à la dérive en Méditerranée, pour les guider vers d’éventuels sauveteurs. Et pour Olivia Santer, militante au sein de ce réseau, la situation du Sarost 5 est symptomatique de la crise de l’accueil européen. Ci-dessous, ses explications sur RFI.

      http://www.rfi.fr/europe/20180721-sarost-5-zarzis-malte-italie-france-migrants-bloques-tunisie

    • Sur la Sarost 5, voici le commentaire de @_kg_, qui m’a été envoyé par email, et qui répond à la question : si la Tunisie acceptait de prendre les migrants sur son territoire...

      - les personnes vont être logés au centre de logement du Croissant Rouge Tunisien (CRT) à Médenine
      – le Conseil Italien des Réfugiés va venir sur place pour categoriser entre « migrant.e.s » et « réfugiés » ; les réfugiés peuvent faire une demande d’asile en Tunisie et sont logés au centre d’UNHCR...t’imagines la situation d’un demandeur d’asile en Tunisie...réinstallation dans un pays tiers = environ 12 personnes/année...un très grand taux des demandeurs d’asile disparait, on ne les retrouve plus...
      – les « migrant.e.s » restent au centre CRT dont ils sont pris en charge au maximum deux mois (cf. Monghi Slim http://www.rfi.fr/afrique/20180730-tunisie-accueille-quarante-migrants-sarost-5-zarzis-youssef-chahed) ; l’OIM vient sur place pour leur proposer le « retour volontaire » dans leur pays d’origine comme seule solution... donc ces « migrant.e.s » sont maintenant bloqués en Tunisie, le nombre monte.
      – Il reste quel projet futur ? Dans la plupart des cas ils/elles quittent le centre de logement pour les grandes villes tunisiennes : travailler pour financer le prochain voyage vers l’Europe ou vers un autre pays...

    • 2018 sind schon mehr als 1500 Flüchtlinge im Mittelmeer ertrunken | NZZ.ch 2018-08-04

      https://www.nzz.ch/international/2018-schon-mehr-als-1500-fluechtlinge-auf-dem-mittelmeer-ertrunken-ld.1408860

      https://nzz-img.s3.amazonaws.com/2018/8/4/4e09c75c-b1d0-4211-bd3f-a77d296b1d19.jpeg

      Nach einer Mitteilung des Uno-Flüchtlingshilfswerks ist die Zahl der Todesfälle gestiegen, obwohl die Gesamtzahl der über das Mittelmeer nach Europa gekommenen Personen zuletzt deutlich zurückgegangen war.

      Mehr als 1500 Flüchtlinge sind nach Angaben der Uno in den ersten sieben Monaten dieses Jahres im Mittelmeer ertrunken. Mehr als die Hälfte von ihnen sei dabei im Juni und Juli ums Leben gekommen, teilte das Uno-Flüchtlingshilfswerk UNHCR am Freitag in Genf mit. Demnach stieg die Zahl der Todesfälle, obwohl die Gesamtzahl der über das Mittelmeer nach Europa gekommenen Personen zuletzt deutlich zurückgegangen war.

      Laut UNHCR gelangten seit Januar ungefähr 60 000 Flüchtlinge nach Europa. In den ersten sieben Monaten des Vorjahres waren es noch etwa doppelt so viele Personen. Spanien löste Italien mittlerweile als wichtigstes Ankunftsland ab. Dort kamen von Januar bis Juli rund 23 500 Menschen an – so viele wie im gesamten Jahr 2017. Italien verzeichnete im Betrachtungszeitraum dagegen rund 18 500 Ankünfte; in Griechenland waren es zirka 16 000 Personen.

      [...]

    • Ong, Open Arms in attesa di un porto in cui sbarcare 87 migranti: “Caldo rovente sul ponte”

      Dopo tre giorni l’ong spagnola attende ancora indicazioni: a bordo di Open Arms ci sono 87 migranti, tra cui 8 minori.

      Terzo giorno a bordo di Open Arms, la temperatura è rovente sul ponte. La paura di essere riportati in Libia si placa. Ci affidano le loro storie terribili, molte provenienti dall’inferno Darfur e dagli abusi ripetuti della Libia. Ancora nessun porto di destinazione". Lo fanno sapere i volontari con un tweet lanciato dalla nave della ong che il 2 agosto ha soccorso 87 migranti, fra cui 8 minori, che erano alla deriva su un gommone al largo della Libia.

      I profughi erano stati salvati dopo che il loro gommone si trovava da due giorni alla deriva in acque internazionali. Secondo il racconto del segeratario di Sinistra italiana Nicola Fratoianni – che si trova a bordo della nave dell’ong per continuare la staffetta di solidarietà iniziata da Riccardo Magi, deputato di +Europa, e proseguita poi dal parlamentare di LeU Erasmo Palazzotto – i migranti sono in condizioni di salute precarie: alcuni di loro hanno sul corpo ustioni provocate dalla miscela di acqua di mare e gasolio.

      La prima segnalazione della presenza in mare del gommone era arrivata lunedì scorso dalla Guardia Costiera libica. Open Arms, una volta completato le operazioni, aveva informato l’Italia la Spagna e la Libia. In quello stesso giorno il ministro degli Interni Matteo Salvini aveva sottolineato l’assoluta chiusura dei porti italiani all’imbarcazione carica di migranti: «La nave spagnola Open Arms ha raccolto a bordo 90 immigrati nelle acque libiche. Visto che venti giorni fa aveva dichiarato che i porti italiani non sono sicuri perché c’è Salvini, sono certo che porteranno questi immigrati ovunque, tranne che in Italia. Buon viaggio», aveva scritto in un tweet il vicepremier leghista.

      https://www.fanpage.it/ong-open-arms-in-attesa-di-un-porto-in-cui-sbarcare-87-migranti-caldo-rovent

    • Aquarius, diario di bordo – giorno 2: “In caso di avvistamento non chiederemo autorizzazione, come prevede la legge”

      Prosegue il nostro viaggio a bordo della nave Aquarius. Il terzo giorno di navigazione è quello della preparazione al soccorso in mare. L’arrivo in zona Sar è previsto per stanotte. “A quel punto cominceranno le guardie notturne. A turno si resterà di vedetta per un’ora e mezzo a testa”. E, in caso di avvistamento di un’imbarcazione in difficoltà, di un naufragio, di persone in mare, “non chiederemo autorizzazione a nessuno per intervenire. Semplicemente lo farà, come richiede la legge”

      Sono le quattro del pomeriggio quando il wi-fi di bordo finalmente si risveglia – almeno per un po’ – e il Gps certifica: da un lato Tripoli, dall’altro Marsala. Il mare sembra avere un altro volto. Il blu è diverso. La stessa consistenza dell’acqua sembra essere cambiata. “Sul colore hai ragione”, dice serio Eduard, logista di Medici senza frontiere. “Il resto è una tua percezione”. Lui è un marinaio. Ha vissuto e lavorato per qualche anno sui pescherecci nella Manica, racconta. “Se hai lavorato in mare in quella zona, vieni considerato affidabile in questo lavoro”, mi spiega. Il suo sguardo a volte molto serio è ora, di fronte a una neofita del mare, comprensivo. “Il tempo, in quest’area, può cambiare da un momento all’altro. Ma non c’è il problema delle correnti. Nella Manica sì”. E giù a spiegare il funzionamento dei nodi, delle navi, del vento, delle correnti, della pesca. I gradi di classificazione di maltempo e tempeste, come reagiscono le imbarcazioni a seconda della loro grandezza. Cosa cambia a seconda del verso in cui dondolano. “Questa è una nave molto stabile”, mi assicura. “Certo che ho avuto paura, e spesso, quando lavoravo nella Manica e il mare era brutto. La paura è sana. Insieme alla rabbia, in quelle occasioni ti fa reagire e ti dà energia”.

      Nella notte la nave Open Arms dell’ong spagnola Proactiva ha soccorso 87 persone, di cui otto minori. Erano alla deriva da due giorni. Se ne parla nel corso della riunione mattutina su nave Aquarius. “In un’ideale staffetta umanitaria, Open Arms vorrebbe forse guadagnare un po’ di tempo ora e attendere il più possibile il nostro arrivo. Altrimenti non resterebbe nessuno a salvare vite”. L’arrivo di Aquarius in zona Sar è previsto per stanotte, al più tardi domani mattina. “A quel punto cominceranno le guardie notturne”, spiega Tanguy, bretone dall’espressione paciosa: uno sguardo che diventa incredibilmente serio quando vuole assicurarsi che tutti abbiano ascoltato e compreso chiaramente. È il “deputy Sar co”, ovvero chi coordina il momento del soccorso in mare e le lance che si avvicineranno a un’eventuale imbarcazione in difficoltà. Nick, invece, è il Search and rescue coordinator: coordina l’operazione dal ponte.

      Il terzo giorno di navigazione è quello della preparazione al momento che dà il senso alla missione: quello del soccorso in mare. Protagonista la squadra Sar di SOS Mediterranée: Nick, Tanguy, Basile, Baptiste, Dragos, Alessandro, Viviana, Hassad, Marc, Jeremie e Theo. Anche il fotografo dell’organizzazione, Guglielmo – 28enne palermitano – è parte attiva: in caso di necessità dovrà lasciare la macchina fotografica e dare una mano mentre è a bordo di uno dei gommoni dell’operazione. Da poppa a prua, il team passa la mattinata a spostare, montare, gonfiare, disporre, verificare. Per poi, dopo pranzo, animare un incontro di “teoria SAR” in cui Tanguy spiega, lavagna, pennarello e modellini di barchetta alla mano, la posizione delle lance in mare: come si muoveranno, chi sarà dove e chi farà cosa.

      Da stanotte “a turno si resterà di vedetta per un’ora e mezzo a testa”. E, in caso di avvistamento di un’imbarcazione in difficoltà, di un naufragio, di persone in mare, “Aquarius non chiederà autorizzazione a nessuno per intervenire. Semplicemente lo farà, come richiede la legge”. Quella dell’autorizzazione al IMRCC (Centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo) di Roma “era una consuetudine non scritta, non un obbligo”, spiegano. Assicurava coordinamento e regolare svolgimento delle operazioni finché tutti gli attori coinvolti parlavano la stessa lingua. Una consuetudine valsa fino a prima della vicenda che a giugno ha portato la nave Aquarius a Valencia. Ora che “il contesto del Mediterraneo Centrale” è cambiato così tanto, “faremo direttamente quello che richiede la legge: fornire immediata assistenza a chi è in pericolo di vita in mare”.

      Il “drill”, il segnale, scatta nel primo pomeriggio: tutti – le equipe di SOS e di MSF e i giornalisti a bordo – indossano casco, giacchetto di salvataggio, pantaloni lunghi, magliette possibilmente con le maniche lunghe: “Durante un soccorso potrebbe capitare di restare in mare, sotto al sole, per ore”, spiega Tanguy. La simulazione vera e propria, con tanto di lance a mare e di persone a bordo nelle rispettive postazioni per assicurare efficienza e sicurezza (“Quella del giornalista sul gommone è una posizione fissa. Non ti devi muovere”, spiega serio il bretone guardandoti dritto negli occhi) è prevista per oggi. Ragioni di sicurezza: ieri Aquarius si trovava su una traiettoria molto trafficata. Mentre il primo giorno di navigazione aveva incrociato solo giovani delfini che giocavano in mare, e qualcuno aveva anche avvistato una balena, ieri, attraversando il Canale di Sicilia, erano tante le navi intorno.

      È poi la volta del team di Medici Senza Frontiere, con un meeting obbligatorio per tutte le persone a bordo: quello sul primo soccorso. David, il medico, spiega insieme alle due infermiere Catherine e Aoife e a una delle ostetriche, Nina, le principali tecniche di rianimazione su adulti e bambini. “Sai come capisci qual è il ritmo giusto per le pressioni del massaggio cardiaco? Cantando ‘Stayin’ Alive’”, dice David, mentre ne dà dimostrazione pratica con apposito manichino. Il trucco per ricordare sembra efficace: provano tutti, vogliono tutti sapere. Perché non si sa mai nella vita, e perché hanno scelto di essere su questa nave.

      Il sole tramonta questa volta quasi alle spalle di Aquarius: la traiettoria sta cambiando, si vira a est. E, guardando il mare, cominciano i racconti. Di soccorsi e naufragi, nel tentare di immaginare cosa voglia dire rimanere stipati su una barca di legno o su un gommone – o direttamente in acqua, naufragati – in solitudine e circondati da nient’altro che il mare nero della notte. “Quando ero su Vos Prudence (la nave SAR MSF che ha operato fino a un annetto fa, ndr), la notte ci capitava di vedere quelli che chiamavamo gli ‘angeli del mare’: pesciolini che saltano e seguono la luce delle barche”, racconta Ben. È uno dei due mediatori culturali e sarà a bordo di una lancia in caso di soccorso: è suo, e solo suo, il primissimo contatto con i migranti, suo il messaggio per spiegare che si tratta di un salvataggio e cosa accadrà alle persone soccorse in mare. “E i delfini spesso vengono accanto alla barca a sfregarsi il muso per pulirsi. Chissà se li vedremo”

      https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/08/04/aquarius-diario-di-bordo-giorno-2-in-caso-di-avvistamento-non-chiederemo-autorizzazione-come-prevede-la-legge/4537889

    • OpenArms: terzo giorno con 87 migranti a bordo, nessun porto aperto

      «Terzo giorno a bordo di OpenArms, la temperatura è rovente sul ponte. La paura di essere riportati in Libia si placa. Ci affidano le loro storie terribili, molte provenienti dall’inferno Darfur e dagli abusi ripetuti della Libia. Ancora nessun porto di destinazione». E’ il tweet lanciato dalla nave della Ong che il 2 agosto ha soccorso 87 migranti, fra cui 8 minori, che erano alla deriva su un gommone al largo della Libia.


      http://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/openarms-terzo-giorno-con-87-migranti-a-bordo-nessun-porto-aperto_3

    • L’inchiesta “madre” Ong-scafisti verso l’archiviazione

      È trascorso circa un anno – era il 13 agosto 2017 – da quando il Fatto pubblicò la notizia che la procura di Catania indagava, con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, sul ruolo delle Ong nel Mediterraneo. Un anno dopo, per quanto risulta al Fatto, quel fascicolo sembra destinato inesorabilmente all’archiviazione. E per molti motivi.

      Il più importante: non è stato trovato alcun riscontro alle accuse. O meglio: nel fascicolo non è potuto confluire nulla, di quel po’ che è stato riscontrato, che sia possibile sostenere in un processo. La vicenda – che il Fatto Quotidiano è in grado di rivelare – è più complessa di quanto possa sembrare. Innanzitutto, le lancette dell’orologio, vanno portate indietro di un anno: l’inchiesta inizia infatti nel 2016.

      È la Marina Militare a sospettare per prima dei collegamenti tra Ong e scafisti nelle operazioni di sbarco e salvataggio. Nessuna informativa ufficiale. Ma notizie che giungono comunque alla procura di Catania e spingono il procuratore Carmelo Zuccaro a delegare delle indagini amplissime: verificare le possibili condotte associative per il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

      Contestualmente – questo è però un percorso parallelo, che nulla ha a che fare con l’inchiesta, ma paradossalmente ne influenza parecchio l’esito – le nostre agenzie di intelligence, attraverso i satelliti militari, captano conversazioni tra scafisti e volontari delle Ong, dimostrando l’esistenza di alcuni contatti che non certificano però alcun reato. Operazione benedetta dall’ex ministro dell’Interno Marco Minniti che ha già avviato la sua strategia per sgomberare il Mediterraneo dalle Ong. E infatti: le Ong finiscono nella bufera. Dal punto di vista giudiziario, nei fatti, oggi però resta in piedi una sola inchiesta: quella di Trapani, che non contesta l’associazione per delinquere, ma comportamenti di singoli volontari specificando che le eventuali violazioni del codice penale erano motivate esclusivamente da fini umanitari.

      Ma torniamo alla primavera del 2017. Non è un caso che, ad aprile il generale Stefano Screpanti, capo del III Reparto Operazioni del Comando generale della GdF, dinanzi alla Commissione Difesa del Senato affermi: “Allo stato attuale delle nostre conoscenze, non ci sono evidenze investigative tali da far emergere collegamenti fra ong e organizzazioni che gestiscono il traffico di migranti”. Non è un caso perché sia lo Sco della Polizia sia gli investigatori della Gdf, già da un anno stanno indagando, proprio su delega della procura di Catania.

      Nelle audizioni Zuccaro si mostra più ottimista, rispetto l’esito dell’inchiesta, spingendosi a dichiarare, alla trasmissione Agorà, che “alcune ong potrebbero essere finanziate dai trafficanti e so di contatti”. I contatti, effettivamente, sono stati riscontrati. Ma è lo stesso Zuccaro a rendersi conto della difficoltà della situazione quando, circa un mese dopo, precisa: “Non siamo più in grado di svolgere indagini di ampio respiro volte a contrastare il traffico di migranti clandestini”. Sarebbe necessario, spiega il procuratore, poter “fare indagini in acque libiche” e utilizzare “intercettazioni delle comunicazioni satellitari”.

      Il punto, infatti, è che gli investigatori stanno utilizzando metodi di indagine “sperimentali” che non pare possibile produrre in giudizio: le intercettazioni via etere – avvenute con strumenti utilizzati in ambito militare – necessitano di essere ulteriormente “blindate” per poter certificare senza ombra di dubbio l’identità degli interlocutori. Se non bastasse, sono state realizzate in acque libiche.

      Difficile considerarle valide sotto il profilo probatorio: per quanto risulta al Fatto di questi (pochi) riscontri nel fascicolo non v’è traccia. La campagna del governo sulle Ong, il codice di condotta richiesto da Minniti, l’ulteriore indagine di Trapani e le polemiche di quei mesi, infine, ottengono l’effetto politico desiderato: gran parte delle Ong in quei mesi lascia il Mediterraneo a ridosso della Libia. Risultato: per la procura di Catania c’è poco da intercettare. Resta qualche indizio. Prove, zero.

      https://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/linchiesta-madre-ong-scafisti-verso-larchiviazione

    • Soccorsi in mare. Un anno dopo cadute le accuse di legami tra Ong e scafisti

      Erano quattro le inchieste a carico delle Ong che salvano migranti. Tutte accusate di essere in combutta con gli scafisti. Ma di indagini ne sopravvivono due: una (Catania) si avvia all’archiviazione; l’altra (Trapani) ha derubricato l’associazione per delinquere all’ipotesi di irregolarità allo scopo di ’commettere’ salvataggi.

      Le procure di Palermo e Ragusa, invece, hanno già archiviato, concludendo che non ci sono stati reati.

      CATANIA Il procuratore Carmelo Zuccaro ipotizzava a carico della Ong Open Arms il reato di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione illegale. Secondo diverse fonti, sarebbe vicina

      RAGUSA A Ragusa il Tribunale del Riesame ha stabilito che la ’disobbedienza’ delle organizzazioni non governative che scelgono di non cooperare con le autorità libiche è motivata dallo «stato di necessità» connaturato al soccorso dei naufraghi.

      TRAPANI Nell’inchiesta sono stati adoperati infiltrati a bordo delle navi delle Ong. Lo scopo? Dimostrare un presunto patto tra scafisti e volontari per raccogliere i migranti in mare. Per proteggere gli equipaggi, sarebbe stato reclutato personale vicino a movimenti identitari.

      PALERMO Le indagini, condotte anche dagli investigatori che avevano segnalato anomalie, non hanno portato ad alcun risultato. I pubblici ministeri hanno chiesto e ottenuto dal gip l’archiviazione di entrambe le inchieste.

      Quasi due anni di indagini (la cui esistenza è stata ufficializzata alla vigilia dell’estate scorsa) e un dispiegamento di forze e risorse senza precedenti – con agenti infiltrati, intercettazioni satellitari, elaborazioni di tracciati radar, informative richieste ai servizi segreti – ad oggi hanno prodotto un unico risultato: l’allontanamento dal Mediterraneo della gran parte delle organizzazioni non governative e l’aumento dei naufragi in rapporto al numero di migranti messi in acqua dai trafficanti.

      Le Ong respinte e quelle bloccate a terra (due le navi sequestrate, di cui una ancora bloccata nel porto di Trapani) non sono state rimpiazzate da dispositivi degli Stati Ue, mentre la comunità internazionale non è stata in grado di stabilizzare la Libia né di fermare i trafficanti di uomini e chiudere i loro lager.

      Due procedimenti sono già stati definitivamente mandati in archivio. A Ragusa il Tribunale del riesame ha stabilito che la ’disobbedienza’ delle organizzazioni non governative che scelgono di non cooperare con le autorità libiche è motivata dallo «stato di necessità» connaturato al soccorso dei naufraghi. Un’ordinanza contro cui la procura non ha avanzato ricorso in Cassazione, di fatto diventando giurisprudenza a cui possono appigliarsi tutti gli operatori che agiscono nel Canale di Sicilia.
      Sempre a Ragusa era stata inizialmente sequestrata (per ordine della procura di Catania, poi spogliata dalla competenza territoriale restituita ai magistrati ragusani) la nave di Proactiva Open Arms. Ma il giudice per le indagini preliminari ne aveva disposto la riconsegna all’equipaggio dell’organizzazione iberica.

      Anche Trapani si avvierebbe a chiudere definitivamente nel cassetto l’inchiesta. Nel porto rimane sotto sequestro la nave dell’organizzazione tedesca Jugend Rettet. Il pool di magistrati aveva tra l’altro inviato un avviso di garanzia al sacerdote eritreo don Mosé Zerai che con la sua agenzia umanitaria

      Habeshia

      raccoglie da anni gli Sos dei migranti e li trasmette alle forze dell’ordine. Un comportamento che a qualche poliziotto era sembrato ’sospetto’.
      Nell’inchiesta vennero anche adoperati infiltrati a bordo delle navi delle Ong. Agli atti ci sono anche le dichiarazioni di alcuni addetti alla sicurezza arruolati da una delle navi umanitarie. Secondo questi ultimi, pur in mancanza di concreti riscontri, doveva esservi una qualche losca intesa tra scafisti e volontari per raccogliere i migranti in mare. Qualche tempo dopo si scoprirà che, prima di venire assunti per proteggere gli equipaggi, i bodyguard avevano avuto a che fare con i movimenti identitari protagonisti della campagna internazionale scatenata contro le organizzazioni umanitarie anche a colpi di false notizie.

      A Palermo, dove erano aperti due fascicoli d’indagine, a lungo hanno investigato i magistrati della Direzione distrettuale antimafia. Non proprio dei tirocinanti. Ma anche qui non è stata rinvenuta alcuna prova di connivenze tra l’Ong Sea Watch e i trafficanti libici.
      Le inchieste, condotte dal procuratore aggiunto Marzia Sabella e dai pm Gery Ferrara e Claudio Camilleri, avevano ad oggetto un procedimento avviato a maggio del 2017 dopo lo sbarco, a Lampedusa, di 220 migranti; l’altro aperto dopo una segnalazione della Guardia di Finanza che ipotizzava delle «incongruenze» nel comportamento della Sea Watch in occasione di un soccorso portato ad aprile del 2017. Le indagini, condotte anche dagli investigatori che avevano segnalato anomalie, non hanno portato ad alcun risultato. I pubblici ministeri hanno chiesto e ottenuto dal gip l’archiviazione di entrambe le inchieste.

      L’esercito di detrattori da tastiera, da mesi fa circolare la leggenda secondo cui i magistrati che archiviano sono, nel migliore dei casi, inquirenti dal cuore tenero oppure, secondo alcune delle bufale più in voga, eterodiretti da una qualche corrente. Il caso di Palermo, però, smentisce platealmente. I pm che hanno indagato e poi chiesto l’archiviazione, sono gli stessi che hanno fatto arrestare il presunto superboss eritreo del traffico di uomini, Mered Medhanie Yedhego. Il ragazzo in carcere si professa innocente e sia le inchieste giornalistiche, come quella che da due anni conduce il Guardian, sia le analisi difensive che l’esame del Dna confermano che si tratterebbe di un clamoroso scambio di persona. Nonostante questo i magistrati inquirenti – autori dell’archiviazione per le Ong – vanno avanti. Segno che non si tratta di giudici che rispondono a inesistenti diktat umanitari.

      Le archiviazioni contrastano e mettono allo scoperto le contraddizioni dell’indagine monstre avviata a Catania dal procuratore Carmelo Zuccaro. La procura etnea, che secondo diverse fonti potrebbe chiedere a giorni l’archiviazione dell’indagine perché gli elementi raccolti non sopravviverebbero all’esame di un tribunale, ipotizzava in particolare a carico della Ong Open Arms il reato di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione illegale. In mancanza di prove incontrovertibili, Zuccaro non ha mai mancato di fare conoscere la sua opinione sull’operato delle organizzazioni non governative. «Fanno parte di un sistema profondamente sbagliato – ha sostenuto –, che affida la porta d’accesso all’Europa a trafficanti che sono criminali senza scrupolo. Questo è l’aspetto sbagliato delle cose che non risponde né a senso di umanità né di solidarietà». Opinione rispettabile e che nell’attuale governo certo trova consensi. Ma giudiziariamente irrilevante.


      https://www.avvenire.it/attualita/pagine/un-anno-dopo-svanisce-il-patto-trafficantiong

    • 34’000 signatures pour que la Suisse donne son pavillon à l’Aquarius

      L’initiateur de la pétition pour que la Suisse accorde son pavillon à l’Aquarius, #Nicolas_Morel, revendique aujourd’hui 34’000 signatures. Il attend une réponse du Conseil fédéral pour fin novembre.

      Dans un entretien mardi à la RTS, ce Lausannois, qui avait à lui seul démarré le mouvement, indique que le résultat est atteint après 6 semaines de récolte.

      Il espère « une réponse du Conseil fédéral d’ici la fin du mois de novembre ». La pétition avait été déposée le 8 octobre, munie de 25’000 signatures.

      Elle faisait suite à une lettre ouverte signée par des personnalités suisses et une interpellation déposée par Ada Marra et deux autres parlementaires au Conseil fédéral il y a deux semaines.
      Une interpellation parlementaire pendante

      « Cette interpellation parlementaire a entraîné plein d’événements. Selon moi, les Suisses sont donc prêts à accorder ce pavillon », estimait en octobre la conseillère nationale vaudoise Ada Marra.

      Mais le combat politique n’est pas encore gagné, car du côté des parlementaires, la question divise. D’un côté il y a l’émotion que la situation d’urgence suscite, et de l’autre, une analyse plus froide. Certains demandent du temps pour une réflexion plus aboutie sur la question.

      D’autres vont jusqu’à dire qu’accorder le pavillon suisse à ce bateau reviendrait à encourager la migration.

      L’Aquarius, bateau de sauvetage des migrants en Méditerranée, est actuellement bloqué au port de Marseille, faute d’un pavillon lui permettant de naviguer.

      https://www.rts.ch/info/suisse/9992576-34-000-signatures-pour-que-la-suisse-donne-son-pavillon-a-l-aquarius.htm

    • Le Conseil fédéral refuse que le navire Aquarius batte pavillon suisse

      Le navire humanitaire Aquarius ne battra pas pavillon suisse. Le Conseil fédéral estime qu’une telle action compromettrait les efforts coordonnés de l’Union européenne dans la résolution de la crise migratoire en mer Méditerranée.

      Les opérations de secours en Méditerranée nécessitent une approche de l’admission des réfugiés coordonnée et fondée sur une répartition équitable, argumente le gouvernement dans sa réponse à plusieurs interpellations du PS, des Verts et du PLR, publiée lundi. Toute action isolée, comme l’attribution d’un pavillon suisse à un navire particulier, compromettrait l’action commune.
      Pas d’exception

      Le Conseil fédéral refuse ainsi d’appliquer la clause d’exception de la loi sur la navigation maritime au navire Aquarius, comme le demandaient les interpellations. Il estime par ailleurs impossible d’établir une stratégie générale pour que la flotte maritime suisse participer aux sauvetages en mer Méditerranée. La Confédération ne peut contraindre cette dernière qu’à approvisionner des pays en cas de grave pénurie.

      Affrété par SOS Méditerranée et Médecins sans frontières, le navire Aquarius a sauvé près de 30’000 migrants tentant de rejoindre l’Europe en deux ans. Il s’est vu retirer son pavillon panaméen fin septembre. Depuis, il mouille en attente dans les eaux du port de Marseille, en France. De nombreuses ONG dénoncent une action politique derrière sa mise aux arrêts.

      https://www.rts.ch/info/suisse/10040572-le-conseil-federal-refuse-que-le-navire-aquarius-batte-pavillon-suisse.

    • L’Aquarius ne battra pas pavillon suisse

      Le navire humanitaire Aquarius ne battra pas pavillon suisse. Le Conseil fédéral estime qu’une telle action compromettrait les efforts coordonnés de l’Union européenne dans la résolution de la crise migratoire en mer Méditerranée.

      Les opérations de secours en Méditerranée nécessitent une approche de l’admission des réfugiés coordonnée et fondée sur une répartition équitable, argumente le gouvernement dans sa réponse à plusieurs interpellations du PS, des Verts et du PLR, publiée lundi. Toute action isolée, comme l’attribution d’un pavillon suisse à un navire particulier, compromettrait l’action commune.

      Le Conseil fédéral refuse ainsi d’appliquer la clause d’exception de la loi sur la navigation maritime au navire Aquarius, comme le demandaient les interpellations. Il estime par ailleurs impossible d’établir une stratégie générale pour que la flotte maritime suisse participe aux sauvetages en mer Méditerranée. La Confédération ne peut contraindre cette dernière qu’à approvisionner des pays en cas de grave pénurie.

      Affreté par SOS Méditerranée et Médecins sans frontières, le navire Aquarius a sauvé près de 30’000 migrants tentant de rejoindre l’Europe en deux ans. Il s’est vu retirer son pavillon panaméen fin septembre. Depuis, il mouille en attente dans les eaux du port de Marseille, en France. De nombreuses ONG dénoncent une action politique derrière sa mise aux arrêts.

      https://www.swissinfo.ch/fre/toute-l-actu-en-bref/l-aquarius-ne-battra-pas-pavillon-suisse/44590636

  • Bonjour à tout·es.

    Craignant qu’un jour, peut-être, qui sait, on ne sait jamais dans la vie, mes commentaires au post de @ninachani vont disparaître car elle décide d’effacer son message... J’ai décidé, aujourd’hui, de copier-coller ici tous les message (yes, je suis folle !) et d’alimenter donc un post qui est le mien et que je peux donc mieux « contrôler ».
    Cela ouvre évidemment le débat (qui probablement est déjà en cours) sur l’archivage et le stockage, les sauvegardes possibles des informations qui circulent sur @seenthis.

    Il s’agit de la longue compilation sur #Briançon et les #réfugiés, que pas mal de seenthisiens suivent.

    J’alimenterais désormais cet argument à partir de ce post.
    A bon entendeur... pour celles et ceux qui aimerait continuer à suivre la situation de cette portion de la #frontière_sud-alpine.

    • « Peut-être qu’au printemps, on retrouvera des corps sous la neige » - Libération

      De 1 500 à 2 000 migrants arrivés d’Italie ont tenté une dangereuse traversée des Alpes depuis trois mois. Traqués par les autorités, ils voient les villageois s’organiser pour leur venir en aide.
      Col de Montgenèvre, à 1 850 mètres d’altitude sur la frontière franco-italienne, samedi soir. Le thermomètre affiche -8 degrés sous abri, il y a près de 80 centimètres de neige fraîche. Joël (1), accompagnateur en montagne, court aux quatre coins de la station de ski située sur le côté français du col. Il croise deux migrants, des jeunes Africains égarés dans une rue, les met au chaud dans son minibus, puis repart. Dans la nuit, un hélicoptère tourne sans discontinuer au-dessus du col : la police de l’air et des frontières ? Depuis des mois, les forces de l’ordre sont à cran sur les cols des Hautes-Alpes. Elles tentent d’intercepter les migrants afin de les reconduire à la frontière où, majeurs ou non, ils sont déposés sur le bord de la route quelles que soient les conditions climatiques.
      Joël trouve trois autres migrants planqués dans la neige, apeurés, grelottant, baskets légères et jeans trempés raidis par le gel, puis sept autres encore, dont plusieurs frigorifiés. La « maraude » du montagnard lui aura permis ce soir de récupérer onze jeunes Africains. Peu loquaces, hébétés, ils disent avoir marché plusieurs heures depuis l’Italie pour contourner le poste frontière de Montgenèvre. Ils arrivent du Sénégal, du Cameroun ou du Mali, tous sont passés par la Libye et ont traversé la Méditerranée.

      Miraculé.
      Joël les descend dans la vallée, à Briançon, sous-préfecture située à 10 kilomètres de là. Ils sont pris en charge par les bénévoles du centre d’hébergement d’urgence géré par l’association Collectif refuge solidarité : bains d’eau chaude pour les pieds, vêtements secs, soupe fumante… Autour de ce refuge, où se succèdent jour après jour des dizaines de migrants, gravitent une centaine de bénévoles, citoyens de la vallée, qui se relaient auprès de ces jeunes hommes, africains dans leur immense majorité. Ces trois derniers mois, ils sont sans doute de 1 500 à 2 000 à avoir transité par Briançon, tous arrivés par la montagne, estime Marie Dorléans, du collectif local Tous migrants.

      Si ce samedi soir tout s’est passé sans drame au col de Montgenèvre (qui reste ouvert tout l’hiver), ce n’est pas le cas dimanche matin du côté du col frontalier de l’Echelle, à quelques kilomètres de là (fermé tout l’hiver en raison de la neige). D’autres maraudeurs, membres comme Joël, du même réseau informel d’une quarantaine de montagnards professionnels et amateurs, découvrent sous le col un jeune Africain originaire de Guinée-Conakry, Moussa. Il est à bout de forces, affalé dans la neige à près de 1 700 mètres d’altitude. Il a perdu ses chaussures : ses pieds sont insensibles, gelés. Il a quitté l’Italie avant l’aube. C’est un miraculé. Les maraudeurs appellent le secours en montagne qui l’héliporte très vite vers l’hôpital de Briançon. Anne Moutte, l’une des accompagnatrices du réseau, multiplie les maraudes depuis un an : « Les soirs où nous ne sortons pas, nous ne dormons pas bien. Peut-être qu’au printemps, on retrouvera des corps sous la neige. Ces jeunes n’ont aucune idée des risques de la montagne, des effets du froid. Ils ne font pas demi-tour. »

      Cache-cache.
      A Névache, le premier village au pied du col de l’Echelle, il y a des mois que l’on vit au rythme de l’arrivée des migrants. Lucie (1) fait partie d’un groupe d’une trentaine de villageois qui se sont organisés spontanément pour les accueillir, en toute discrétion et avec une efficacité remarquable. D’une voix décidée, elle explique : « Ils arrivent en pleine nuit au village, affamés, frigorifiés, épuisés, blessés parfois. On ne va pas les laisser repartir dans la nuit et le froid à travers la montagne ! On les nourrit, on les réchauffe, on leur donne un lit. C’est du simple bon sens, ça coule de source. Notre seul but, c’est qu’il n’y ait pas de morts ni de gelés près de chez nous. »

      Les migrants redoutent les gendarmes qui les reconduisent en Italie. Alors, Lucie et le réseau névachais les gardent le temps qu’ils se retapent et les aident ensuite à gagner la vallée. A pied, en voiture, un cache-cache stressant avec les gendarmes, avec lesquels les rapports sont très tendus. A Névache comme à Briançon, les fouilles de véhicules sont devenues ces derniers mois la règle et les bénévoles surpris avec des migrants à bord de leur voiture sont convoqués pour des auditions, sous la charge « d’aide à la circulation de personnes en situation irrégulière ». Anne Moutte, l’accompagnatrice maraudeuse, s’emporte : « C’est l’Etat, le préfet et les forces de l’ordre qui se rendent coupables de non-assistance à personne en danger ! »

      A lire aussi Migrants : de plus en plus dur

      « Cimetière ».
      Ce week-end, le collectif Tous migrants organisait à Briancon des « états généraux des migrants ». Des débats, des échanges avec le journaliste Edwy Plenel, l’agriculteur activiste de la Roya Cédric Herrou, des chercheurs, des élus, des militants. Marie Dorléans, présidente de Tous migrants, résume : « Nous voulons nourrir le débat sur notre devoir d’hospitalité, sur une autre politique migratoire, mais nous avons aussi un devoir face à une urgence humanitaire. Nous avons tous peur d’un drame sur nos cols. La militarisation massive de la frontière conduit les migrants à des prises de risques inconsidérées. » Ce sont les professionnels de la montagne, accompagnateurs, guides, pisteurs, moniteurs qui ont porté ce dernier message.

      Constitués en un collectif « SOS Alpes solidaires », ils ont regroupé 300 personnes symboliquement encordées sur les pentes du col de l’Echelle dimanche pour lancer un appel solennel : « La Méditerranée ne stoppe pas des personnes qui fuient leur pays. La montagne ne les stoppera pas non plus, surtout qu’ils en ignorent les dangers. Nous refusons que les Alpes deviennent leur cimetière. » Stéphanie Besson, l’un des piliers de l’appel, enfonce le clou : « Nous demandons à l’Etat de nous laisser faire notre devoir de citoyens. Qu’il cesse de nous empêcher de venir au secours de personnes en danger. Que nos cols soient démilitarisés si l’on ne veut pas y laisser mourir ou geler les migrants. » Quelques minutes plus tard, l’hélicoptère du secours en montagne survole la manifestation avec à son bord le jeune Moussa miraculé du jour. Sauvé par des montagnards solidaires et déterminés.

      (1) Les prénoms ont été changés.

      https://www.liberation.fr/france/2017/12/17/peut-etre-qu-au-printemps-on-retrouvera-des-corps-sous-la-neige_1617327/?redirected=1

    • Dans les Alpes, auprès des migrants, «  on va redescendre des cadavres, un de ces jours  »

      Au #col_de_l'Echelle, des habitants viennent en aide aux migrants qui traversent la frontière enneigée au péril de leur vie. Maryline Baumard

      A Névache, la lumière reste allumée longtemps dans les chalets. Les nuits sans lune, elle guide le voyageur vers la maison des veilleurs qui, pour être sûrs de ne pas rater le bruit des coups sur la porte, ne dorment que d’un oeil. Nichée au pied du col de l’Echelle, dans les Hautes-Alpes, à 1 700 mètres d’altitude, cette bourgade de quelque 360 âmes est comme un phare pour le voyageur qui débarque de Bardonnèche, la petite ville italienne de l’autre côté du massif. Ceux que Bernard Leger, 82 ans, appelle « les visiteurs inattendus » .

      Tout au fond, la vallée de la Clarée, aux confins de la France, on est un peu comme sur une île. Autour, l’océan n’est pas bleu mais blanc ; pas liquide, mais neigeux. Mais pour « Jean Gab » (Jean-Gabriel Ravary) ou les autres, « tout ça c’est pareil » , la vague de neige est la soeur de celle qui engloutit les canots de la Méditerranée ; le montagnard, le frère du marin. « On a le même devoir de sauvetage chevillé au corps » , affirme ce guide de haute montagne. Alors, avec une vingtaine d’hommes et de femmes, il recueille les naufragés de la frontière. Gelés, choqués.

      « On leur donne des vêtements, de l’eau, de la nourriture et un lit au chaud, ajoute Bernard Leger. Le lendemain, ils sont encore en état de choc, muets de fatigue. » Avec son « commando humanitaire », cet ancien commandant d’un régiment de chasseurs alpins prépare ensuite la descente vers Briançon, pour rallier la base arrière et « faire de la place aux suivants » . Avec plus de 2 000 migrants accueillis dans la ville depuis juillet, le col de l’Echelle a retrouvé sa vocation séculaire de point de passage entre l’Italie et la France.

      « La mort a tourné autour de nous »

      De plus en plus souvent, ça se gâte avant d’atteindre Névache pour ces jeunes Africains ignorants de la montagne. Chef des urgences de l’hôpital de Briançon, un service qui en a déjà soigné 300 depuis l’été, Yann Fillet est monté deux fois au col le 10 décembre avec le peloton de gendarmerie de haute montagne (PGHM). La seconde fois, en pleine nuit, le médecin a cru halluciner quand il a aperçu « un des gamins pieds nus dehors alors que le thermomètre affichait - 10° » .

      Désormais, cela ne fait plus de doute pour lui, « on va redescendre des cadavres un de ces jours » . D’autres estiment qu’il y en a déjà sous la neige. Des morts de froid et d’épuisement. En ce lundi matin 11 décembre, la salle de surveillance des urgences sur laquelle M. Fillet veille compte six rescapés. Choqués mais saufs. « La mort a tourné autour de nous. Ça ne se raconte même pas, mais j’en ai encore froid dans le dos », susurre Madou, le regard vide. « Sans le villageois venu à notre secours, on ne serait plus là » , complète celui qui dit avoir prié pour cette venue, « et comme dans le canot sur la Méditerranée, Dieu nous a entendus » .

      Pour ceux que les dieux n’entendraient pas, des « virées » secondent la veille des Névachais. C’est Alain Mouchet, accompagnateur en montagne, qui en gère le planning.

      « J’ai trente-cinq bénévoles, explique-t-il. On monte le soir et on attend en silence, cachés, en faisant tout pour que les exilés ne nous prennent pas pour des gendarmes. »

      Le 19 août, Moussa et Ibrahim, deux jeunes Guinéens, sont tombés dans le ravin pour fuir les forces de l’ordre. Une chute de quarante mètres pour Ibrahim, évacué alors à l’hôpital de Grenoble, et désormais en rééducation à Briançon. Lundi, sur son lit de rééducation, l’exilé était triste. Sa voix est tellement affectée par son traumatisme crânien que sa mère venait de pleurer au téléphone, inquiète de ce que l’Europe avait fait de son fils.

      Le jeu du chat et de la souris

      En vertu des accords bilatéraux signés avec l’Italie, les majeurs se voient notifié un refus d’admission sur le territoire. En dépit de la Convention internationale des droits de l’enfant, de nombreux mineurs sont aussi remis de l’autre côté. Avant de recommencer le passage, au risque de se perdre, parce qu’en haut le panneau France a été enlevé, ce qui conduit un certain nombre de migrants vers d’autres passages plus élevés que le col de l’Echelle. Plus dangereux.

      « L’un d’eux a passé cinq jours dans la montagne. Aujourd’hui encore, il est traumatisé de ce qu’il y a vécu, mais ne raconte toujours pas », résume Léna Carlier, bénévole de 18 ans en parallèle de son service civique à la maison des jeunes et de la culture (MJC).

      A-t-il subi des violences policières ? Tout le monde se le demande, car « ici, il y a deux catégories de forces de l’ordre. Ceux qui secourent en montagne et qui sont avant tout montagnards, et ceux qui font du zèle », disent les bénévoles.

      Ici, les citoyens solidaires sont nombreux à avoir été entendus par la gendarmerie pour avoir descendu un migrant de la montagne, l’avoir aidé à continuer sa route. Pourtant, tous s’estiment dans la légalité puisqu’ « ils transportent des demandeurs d’asile qui en plus sont très souvent mineurs » .

      Entre ces centaines de bénévoles et les forces de l’ordre, c’est pourtant le jeu du chat et de la souris, « alors qu’on devrait travailler la main dans la main » , regrette Alain Mouchet. Un sujet dont Bernard Leger et Jean-Gabriel Ravary aimeraient bien parler avec la nouvelle préfète, tout juste nommée.

      « Pas question de laisser qui que ce soit à la rue »

      Cette pression n’empêche pas 150 foyers de s’être portés volontaires pour héberger les plus fragiles. Moussa, le copain d’Ibrahim, vit depuis l’été chez un « couple solidaire » en attendant que son ami remarche. C’était sa seule solution puisque le conseil départemental l’a, comme bien d’autres, décrété majeur - un recours a été déposé. Les moins affectés, ceux pour qui quelques jours de répit suffisent, sont installés à la maison commune du Collectif réfugiés solidaires, la CRS, avant d’acheter un billet de train ou de profiter d’un covoiturage solidaire pour continuer leur route. A la CRS, on est nourri, soigné, vêtu et écouté.

      C’est la municipalité qui a ouvert ce lieu, estimant qu’il n’était « pas question de laisser qui que ce soit à la rue » , comme le rappelle l’ex-PS Gérard Fromm, maire de Briançon, qui a su convaincre la communauté de commune et son conseil municipal. Désormais, sur la toile cirée de la pièce commune, on se réhydrate à coups de thé brûlant, en jouant ou en devisant.

      Francine Daerden, la soixantaine, ne fait que passer mardi soir 12 décembre pour déposer des gâteaux et mélanger la marmite du dîner du soir, qui réchauffe doucement, préparée par une autre citoyenne. « Ici, chacun participe selon ses envies et ses compétences », indique Michel Rousseau, membre de l’association Tous migrants. Il dispose d’une liste de 450 bénévoles impliqués dans cet accueil qui prolonge en bas ce qui est fait au nom de l’urgence sur les cimes. Car à Briançon aussi règne l’« esprit veilleur » et Michel, Béatrice ou Alain accompagnent les exilés dans leurs premiers pas en France.

      Mercredi 13 décembre, à la CRS, Fofana cherchait un pull au vestiaire des dons, avant de rejoindre Chez Marcel, le squat communautaire installé par des jeunes du coin pour permettre un hébergement de plus longue durée. C’est là que Justin va attendre d’être autorisé à déposer sa demande d’asile en France. Un lieu à l’esprit un peu différent, aux relents plus anarchistes, sans doute, mais qui complète bien la Briançon solidaire.

      Un énorme mouvement citoyen

      Dans cette ville de 12 000 habitants, la MJC, qui jouxte la CRS, est pour quelque chose dans le pullulement des solidarités. C’est sans doute la seule de France à avoir géré un centre pour les exilés venus de la « jungle » de Calais. Luc Marchello, son directeur, a compris dès la première heure la nécessité d’un accueil citoyen. Dès l’automne 2015, il lançait un appel qui, plusieurs mois après, a éclos en un énorme mouvement citoyen.

      Parce qu’à Briançon, où se côtoient 35 nationalités, on s’occupe de l’étranger depuis des décennies. En montagnard peut-être, en humain tout simplement puisque la Mission d’accueil des personnes étrangères (MAPEmonde) de la MJC existe depuis quinze ans. Et pour certainement longtemps encore.

      De l’autre côté de la frontière, en effet, dans la petite gare de Bardonnèche, ils étaient quatre, mardi matin, à se réchauffer, avec la France pour horizon. Ibrahim a poussé sa valise jaune dans un recoin et rajuste sa chemise blanche sous sa petite veste noire d’été. Alfa somnole, avachi sur le radiateur, pieds nus dans ses chaussures. En Italie depuis quatre mois, mis dehors de son centre pour migrants près de Rome pour n’avoir pas pointé, il a pris le bus pour Paris, et en a été descendu tôt le matin à la frontière par la police française. Une grande fatigue règne sur la petite gare. Une rage aussi. Celle d’être si près de la France.

      http://www.lemonde.fr/immigration-et-diversite/article/2017/12/16/dans-les-alpes-on-va-redescendre-des-cadavres-un-de-ces-jours_5230716_165420

    • Migrants : « On ne peut pas accepter qu’il y ait des gens qui meurent dans nos montagnes »

      Parce qu’ils ne veulent pas laisser des personnes mourir de froid en traversant la frontière franco-italienne, collectifs et associations, dont « Tous Migrants », ont organisé ce week-end une cordée solidaire. Lors de cette cordée symbolique, ils ont secouru un jeune homme transi de froid, bloqué dans un couloir d’avalanche. #Etienne_Trautmann, qui a appelé les secours et filmé l’hélitreuillage raconte à « l’Obs » comment il a réussi porter secours à Moussa, 22 ans. Tout en insistant : « Je ne me sens pas le héros de ce secours, pour moi le vrai héros c’est Moussa, qui a bravé tous les dangers pour trouver une terre d’accueil plus hospitalière ». Voici son témoignage.

      http://tempsreel.nouvelobs.com/videos/vlz5k3.DGT/migrants-on-ne-peut-pas-accepter-qu-il-y-ait-des-gens-qui-meure

      Transcription d’une partie de l’interview de Etienne Trautmann :

      Etienne Trautmann (dans la vidéo son affiliation est la suivante "Collectif citoyens solidaires professionnels de la montagne) :
      « Nous on ne peut pas accepter qu’il y ait des gens qui meurent dans nos montagnes. Actuellement l’Etat, et je pèse mes mots, essaie de faire en sorte que la solidarité soit un délit. Nous, professionnels de la montagne on dit qu’on ne peut pas accepter cela. On essaie de nous mettre hors-la-loi en arrêtant des gens qui vont faire preuve de solidarité en prenant par exemple en stop des jeunes qui sont frigorifiés, qui ont besoin d’aide, et ça, nous, on ne peut pas l’accepter. Il y a des gendarmes qui interviennent, notamment dans la Vallée de la Clarée, et qui sont clairement là pour attraper les migrants. Il y a 2-3 semaines quand je suis passé, ils étaient dans une petite piste à la sortie d’un pont, et ils essaient d’attraper les jeunes à ce moment-là. Les informations tournent vite. D’une part ils passent par des cols extrêmement dangereux et par exemple ils traversent les rivières, non pas par les ponts, ils traversent avec leurs chaussures… Les pieds mouillés comme cela, je leur donne un quart d’heure avant que les gelures apparaissent et qu’on arrive après à l’amputation. C’est pas possible. »
      Sur le secours de Moussa : "J’ai essayé de lui dire qu’il était en sécurité là où il était, qu’il était pris en charge, qu’il allait pouvoir manger, qu’on allait pouvoir s’occuper de lui. Quand je vous en parle, c’est pas évident, parce qu’en disant cela je sais que je mentais, parce que clairement, car aujourd’hui pour un réfugié, et notamment de 22 ans, majeur, pour lui le parcours de l’enfer, il continue. Il vient de Guinée-Conakry, j’imagine qu’il a dû être confronté à toutes les horreurs qu’on peut trouver en Libye, certainement emprisonné, travailleur de force, la traversée de la Méditerranée certainement dans de mauvaises conditions… Et son parcours de l’enfer il continue ici en France, aujourd’hui. Et il va continuer. On est confronté à une valeur d’humanité, de fraternité, c’est des valeurs qu’en allant à l’école… c’est ces valeurs républicaines qu’on m’a transmises. Et aujourd’hui on me dit « non », mais mes enfants sont à l’école et devant le fronton de la mairie juste à côté c’est ces valeurs qui sont marquées : liberté, égalité, fraternité."

    • Sulle Alpi, da Bardonecchia alla Francia: la marcia drammatica dei migranti per superare il confine

      –-> avec vidéo:

      Per impervi sentieri di montagna, con abiti poco adatti. La pericolosa impresa tentata da tanti ragazzi africani.

      L’accesso alla Francia passa sempre di più da Bardonecchia: con i riflettori puntati su Ventimiglia, e sul Brennero, il viaggio della disperazione dei migranti passa anche tra i monti del Piemonte dove, anche col il gelo, tentano una drammatica marcia verso lo stato transalpino giungendo in valle da Torino e avventurandosi per impervi sentieri che li portino al di là delle Alpi.

      Minute 2’43, témoignage d’un migrant:

      «Quando vai alla frontiera, è impossibile. Non puoi passare. Né a Chiasso né a Ventimiglia. Tutto è impossibile.»


      http://www.corriere.it/video-articoli/2017/12/23/nel-gelo-alpi-la-francia-marcia-drammatica-migranti-superare-confine/afd9df66-e7ff-11e7-ac5e-f4b084532223.shtml

    • Posté par Valerio Cataldi sur FB :

      Bubbaka ha 17 anni e corre come un fulmine.
      Corre nella neve che gli arriva alla vita e gli strappa le scarpe da ginnastica dai piedi. Quando cade chiede aiuto a sua madre, poi si rialza e riparte.
      Bubbaka viene dal Mali. Vuole andare in Francia e nessuno lo potrà fermare. Non lo hanno fermato il deserto, i miliziani libici, il mediterraneo. Neanche la Gendarmerie che lo riporta indietro a Bardonecchia, in Italia.
      Non lo ferma neanche la neve.

      https://www.facebook.com/valerio.cataldi.35/posts/10214953897031357?comment_id=10214954554047782&notif_id=1514213178803818&n

      Lien vers le reportage sur le site de la télé italienne :
      http://www.tg2.rai.it/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-d37b0006-8998-4c51-8222-bf1e31179170-tg2.html

    • Dall’Italia alla Francia. Oltre il muro di neve, in fuga dalla Gendarmerie

      Profughi e attivisti superano a piedi i passi di montagna sfidando le autorità francesi. Almeno 1.500 persone sono già transitate da Bardonecchia.

      Laurent ha un nome francese, un passaporto in lingua francese, si è formato alla scuola statale con libri francesi, ha la erre moscia dei francesi, per anni è stato sfruttato da un datore di lavoro francese, è cristiano, anzi «catholique», ma non può mettere piede in Francia. Perché non è francese. «E perché sono nero», dice mentre dall’alto del suo metro e novanta lancia la sfida agli ultimi ostacoli: le gallerie scavate a picconate cento anni fa e che preannunciano l’abitato di Nevache, 349 abitanti, due metri di neve, e una certa allergia tutta transalpina per i gendarmi che vanno a caccia di migranti da rispedire in Italia.

      La solidarietà dei montanari

      I montanari hanno costruito una rete informale di solidarietà che coinvolge più di 1.300 persone in tutta la regione di Briançon. Cattolici, protestanti, attivisti sociali, militanti No Tav di Italia e Francia. Da queste parti la gente guarda con rispetto a chi se la cava tra i monti, con la stessa ammirazione con cui si osserverebbe un Ulisse sopravvissuto a mille trappole. Scampato ai negrieri del deserto, ai torturatori libici, al gommone che si sgonfiava mentre il Mediterraneo si prendeva i suoi compagni di viaggio, Laurent è in fondo un Ulisse nero. Uno dei molti. Ma il gigante africano adesso trema perché le carezze della neve gli stanno facendo più male delle tempeste di sabbia. È ivoriano Laurent, di quell’Africa dove quella di Parigi è l’unica lingua ufficiale, ma che Parigi vuole tenere alla larga risarcendo anni di colonialismo importando caffé a buon mercato.

      Già passati in più di 1.500

      Dall’inizio dell’anno, secondo diverse associazioni di volontariato francesi, sono passate più di 1.500 persone, soprattutto uomini originari del Mali, della Guinea e della Costa d’Avorio. Molti i minorenni. Da Bardonecchia i ragazzi del Soccorso alpino hanno battuto una parte del tracciato dopo la grande nevicata di due settimane fa. La carrozzabile che d’inverno viene chiusa, è praticabile per i primi chilometri. Poi, in territorio francese, cominciano i perigli.

      Qualche giorno fa ne hanno tratti in salvo sei. Si erano smarriti nei boschi. «Quando hanno capito che li stavamo riportando in Italia – spiegano i soccorritori – non ne hanno voluto sapere, allora li abbiamo seguiti fino alla galleria, in territorio francese, dove ad attenderli c’era già la gendarmeria nazionale». Una scorta che farebbe andare fuori dai gangheri la polizia d’Oltralpe.

      Alla media di una decina al giorno, Natale compreso, arrivano tutti a Bardonecchia. Ogni sera alle 23,20 la campanellina della stazione ferroviaria più occidentale d’Italia annuncia l’ultimo convoglio regionale da Torino. I volontari lo aspettano come sempre sul primo binario. Ci sono gli operatori di «Rainbow4Africa» e i volontari del soccorso alpino, che hanno messo a disposizione una stanza, coperte, un bagno, cibo e soprattutto tutte le avvertenze per convincerli a desistere.

      Tutti in marcia alle 2 del mattino

      Come seguissero una tabella di marcia non scritta, quasi tutti, dalle due del mattino provano a inoltrarsi lungo il sentiero per il Col de l’Échelle, quel Colle della Scala che già dal nome dovrebbe invitare a girare i tacchi in giorni di neve. Altri preferiscono rischiare di più salendo l’impervia via del Monginevro, scarsamente presidiata dai gendarmi di montagna.

      Con scarponi e gambe buone si potrebbe leggere il primo cartello di «Bienvenue en France» dopo due ore al massimo di cammino. I dieci chilometri di salita sono difficili, ma non da arrampicata, poi altri quattro di discesa in Francia. Il termometro di notte a meno 8 e l’equipaggiamento più da traversata verso Lampedusa in estate che da sci di fondo, sono il nemico più insidioso.

      La prima ora di ascesa passa di solito tra denti che battono e caviglie che si piegano scivolando sulla salita ghiacciata. Poi, dove neanche le motoslitte arrivano, ogni passo è un calvario. Centottanta centimetri di neve vuol dire affondarci dentro. Risucchiati dalla paura e da una coltre che di amichevole ha solo l’aspetto.

      «Mi stavo nascondendo dietro a un cespuglio, ma i francesi mi hanno preso», racconta Shabir mentre dichiara la resa. Il pachistano dalla lingua sciolta dice che è finita. A lui la montagna non fa paura, e neanche la neve. Era abituato agli spietati inverni delle Torri di Trango, nel Baltistan, «a quattro ore di cammino dal K2». Il tempo di un panino al burro, un thé caldo, e i francesi lo hanno ricacciato dalla parte del traforo con il tricolore che voleva lasciarsi alle spalle. Gli sarebbe piaciuto vedere Parigi prima di tentare l’ultima impresa. «Non arriverò mai a Liverpool. Non ce l’ho fatta». E c’è una sola spiegazione: «Allah, vuole che io resti in Italia». Non ha la faccia stanca e non trema di freddo. Se ne andrà ad Ancona, dov’era sbarcato da un traghetto greco nascosto sotto al container di un rimorchio. «A Senigallia ho un amico che mi ha offerto un buon lavoro: 10 euro al giorno per distribuire volantini pubblicitari, e di notte venderò fiori oppure farò il guardiano».
      Tanti sogni infranti a un passo dal traguardo

      Altri due pachistani sono sfuggiti ai gendarmi che aspettano in fondo al pendio, dietro al costone che segna l’ultimo ostacolo naturale prima del traguardo. Non tutti, in verità, hanno in mente di fermarsi in Francia. Non i due iraniani, respinti al Brennero e a Ventimiglia e diretti in Germania. Non l’iracheno, che con il suo sguardo torvo non riesce a impietosire i doganieri neanche quando finge d’essere un profugo siriano. Lui vuole andare in Spagna dove sua sorella è alle ultime settimane di gravidanza. Laurent, intanto, guarda in fondo all’ultima galleria. Prima di lui erano partiti dall’Italia nove ragazzi. Avranno avuto mezz’ora di vantaggio. «Se la polizia li ha presi – riflette – allora saranno impegnati con loro e magari non mi vedranno. Se non li ha presi, allora potrebbero vedere me, oppure potrei avere fortuna come loro». Aspettare, però, vorrebbe dire stramazzare a terra. Un giovane della Guinea Conakry qualche giorno fa è stato ritrovato in un canalone senza scarpe. Non fosse stato per i montanari di Nevache sarebbe morto proprio a un passo dal traguardo.

      Laurent lo ha saputo dal passaparola via Whatsapp. «Piuttosto che tornare indietro, meglio finire arrestato dai francesi», dice sollevando il braccio nel segno dell’addio. Se in Costa d’Avorio esistesse un club di alpinismo, Laurent oggi sarebbe un eroe nazionale. A mani nude, con delle Adidas di pezza ai piedi, jeans e un piumino di un paio di taglie più piccolo, ha scavallato la dorsale che sfiora quota duemila ed è sceso giù in Francia in una notte sola. Un’impresa che dalle sue parti passerebbe alla storia: «Ma non sfamerebbe i miei bambini».

      https://www.avvenire.it/attualita/pagine/oltre-il-muro-di-neve-in-fuga-dalla-gendarmerie

    • Il 7 gennaio camminata da Claviere a Montgenèvre

      Il gruppo Briser les Frontières ha organizzato per domenica 7 gennaio una camminata da Claviere a Montgenèvre dal titolo Marcher pour Briser les Frontières

      Camminata contro le frontiere, per muoversi liberamente!
      Da Claviere a Montgenèvre.

      Domenica 7 gennaio alle ore 11.00
      Appuntamento al parcheggio di via Nazionale a Claviere.
      Con abbigliamento adeguato per una camminata sulla neve.

      Le frontiere non esistono in natura,
      sono un sistema di controllo.
      Non proteggono le persone, le mettono una contro l’altra.
      Non favoriscono l’incontro, ma generano rancore.
      Le frontiere non dividono un mondo da un altro,
      c’è un solo mondo e le frontiere lo stanno lacerando!

      L’indifferenza è complicità!

      Per Info: +39 3485542295

      (In caso di maltempo l’iniziativa si farà la domenica successiva)


      https://rbe.it/2017/12/28/camminata-7-gennaio

    • ON Y VA’ - alcune storie dalla Val di Susa di confine

      Alcune interviste fatte tra le montagne della Valle di Susa. Dove da mesi moltissime persone che vogliono oltrepassare il confine verso la Francia sono costrette a farlo rischiando la vita.

      https://www.facebook.com/briserlesfeontieres/videos/1537002486391870
      #vidéo #témoignages #parcours_migratoires #itinéraire_migratoire
      Une personne dit avoir essayé déjà une fois d’aller en France (il a remonté l’Italie depuis #Crotone), mais avoir été renvoyée. Renvoyée à #Taranto, puis à #Roccasecca
      #migrerrance

    • Bilan des états généraux pour les migrants : entre inquiétudes et espoirs

      Entre tables ronde et chaîne humaine au col de l’Échelle, le week-end consacré aux migrants et aux migrations a rassemblé beaucoup de monde, près de 1000 personnes au total dont plus de 300 dans la neige et le froid du col de l’Échelle. Une conférence de presse, ouverte au public, a conclu ces deux journées. Le bilan par #Marie_Dorléans, du mouvement citoyen Tous Migrants.

      https://vimeo.com/247766714?ref=tw-share

    • #solidarité_montagnarde à #Névache... une chanson :

      La fin de la #chanson :

      "Et pourtant, là-bas, là-haut
      là où vient de se passer mais où tout se passe
      comme souvent dans des interstices du monde
      dans les Alpes
      des hommes et des femmes ont arrêté ce tran-tran quotidien
      à Névache, à La Roya
      des enfants qui passaient, sans chaussettes
      allant de nulle part à nulle part sans destin
      sans espoir
      on leur a ouvert, le meilleur de Névache
      solidarité montagnarde, ça s’appelle
      c’est beau comme mot.
      Il a dit : « Bhein, vous êtes là, bhein restez dormir »
      Pas militant, pas combattant
      juste quotidien
      le quotidien qui change tout.
      C’est là-bas, c’est à Névache
      au-dessus du Briançonnais
      Allez-y, ça a l’air bien."

      https://twitter.com/laRadioNova/status/932499508767977472

      sur youtube :
      https://www.youtube.com/watch?v=-JraQ2DiVYI

    • Capolinea Bardonecchia?

      Reportage dalla frontiera tra Italia e Francia, dove i migranti sono bloccati a causa del regolamento di Dublino e dove la popolazione si sta attivando per fornire loro un aiuto.

      Le Alpi occidentali sono uno storico luogo di passaggio. Senza scomodare Annibale e i suoi elefanti più di duemila anni fa, si può dire che il “confine naturale” rappresentato dalle montagne sia stato più spesso motivo di unione che di separazione tra gli abitanti dei due versanti.

      Eppure, per le migrazioni contemporanee le montagne sono più simili a un muro. Da Ventimiglia a Como, sono ritornate le frontiere tra l’Italia e la Francia, almeno per i migranti. Non fa eccezione Bardonecchia, il comune più occidentale d’Italia, diventato nell’ultimo anno un luogo di transito sempre più rilevante.

      In estate, passare da Bardonecchia a Nevache attraverso il Colle della Scala non è né difficile né lungo, e da lì procedere poi verso Briançon e via via in direzione delle città più grandi, ma durante l’inverno tutto si complica: il colle, infatti, rimane chiuso per tutta la stagione a causa delle condizioni meteo. Nonostante questo, in questi primi mesi freddi il transito di richiedenti asilo attraverso Bardonecchia non si è azzerato, ma al contrario i numeri sono decisamente superiori rispetto allo scorso anno. Di conseguenza, anche gli incidenti dovuti alle difficoltà del clima sono in aumento.

      Mentre per il sindaco di Oulx «i migranti nelle stazioni non sono affatto un problema», è chiaro che la situazione non può che essere provvisoria, né può essere trattata soltanto come una questione di ordine pubblico. Alla base di tutto, rimane l’inefficienza del regolamento di Dublino, che affida la competenza dell’esame della richiesta d’asilo al Paese di primo ingresso, incentivando quindi tutti gli altri, Francia compresa, a chiudere le proprie frontiere e a rimandare indietro chiunque riesca ad attraversarle.

      http://riforma.it/it/articolo/2017/12/15/capolinea-bardonecchia

      Citations:
      Marta (militante Briser les frontières), à partir de la minute 0’35:

      «Il passaggio per la Francia qui dalla Val di Susa è iniziato ad essere utilizzato dopo la chiusura della frontiera di Ventimiglia. Dopo la militarizzazione di quel passaggio lì, le persone si sono informate e si sono spinte fino a questo passaggio del Colle della Scala e del Monginevro. Abbiamo notizie di alcuni passaggi già l’inverno scorso che però non riusciamo molto a quantificare perché erano ancora abbatanza discreti. E poi dall’estate scorsa abbiamo notizia di 40-50 arrivi al giorno e altrettanti passaggi durante la giornata sui sentieri.»

      Voix off:
      «Il territorio ha risposto con una rete di accoglienza spontanea che fornisce supporti di diverso genere.»

      Marta: «La rete è nata da un’esigenza di singole persone che si sono avvicinate a questo punto di frontiera, che hanno verificato che le condizioni dei ragazzi che arrivavano erano sicuramente difficili, per cui abbiamo deciso di organizzarci in rete per avere una possibilità maggiore di dare un supporto. Abbiamo iniziato ad operare più formalmente da un paio di mesi. Le cose che sono state fino adesso è una presenza più o meno costante in stazione a Bardonecchia e poi portiamo su i vestiti. Cerchiamo di risolvere quelle che sono le prime esigenze e distribuire cibo, tè caldo, ecc.»

      Voix off:
      «Recentemente ha fatto notizia la chiusura della stazioni ferroviarie che ha portato anche all’intervento del prefetto di Torino per farle riaprire»

      Marta: «Loro l’hanno giustificata con una ragione di sicurezza e ordine pubblico nelle stazioni, cosa che non è giustificata perché non ci sono mai stati problemi di ordine pubblico. Dopo questa notizia, sia le amministrazioni sia diverse persone hanno fatto pressione perché si riaprissero le sale d’attesa. E alla fine, con l’intervento del prefetto, sono state riaperte, anche se in realtà sono aperte soltanto di giorno. Di notte, la sala di Bardonecchia chiude alle 21 e quella di Oulx continua a chiudere alle 22h30, cosa che in teoria non dovrebbe succedere perché è una stazione internazionale».

      #Diego_Cantonati, responsabile Soccorso Alpino Guardia di Finanza di Bardonecchia autour des tentatives de dissuasion de faire la traversée (à partir min 2’50):

      «E’ una domanda che ci poniamo anche noi, quella di lanciare un messaggio in modo da fargli capire che è pericoloso fare quello che vogliono fare. Purtroppo non riusciamo a convincerli. Ci sono diverse associazioni che danno appoggio a questi migranti, probabilmente sono quelle più influenti sulle loro scelte, dovrebbero incidere e far capire che in determinate condizioni corrono dei rischi veramente troppo elevati e rischiano anche proprio di morire»

      Marta (min. 3’32):

      «Loro hanno già attraversato delle situazione estremamente difficili per cui la neve non li spaventa più di tanto, la descrizione dei possibili problemi di ipotermia e addirittura i racconti di persone che già hanno subito amputazioni dei piedi... nonostante questi racconti loro ci dicono che un tentativo lo devono fare perché è la loro unica possibilità.»

      #Simone_Bobbio, addetto stampa Soccorso Alpino e Speleologico Piemontese (min. 4’51):

      "E’ una differenza quantitativa, dei numeri. A livello qualitativo, si porta soccorso a chi ne ha bisogno, indipendentemente da chi sia. E’ per questo che spesso nei rapporti di intervento non compare il fatto che sia stato portato soccorso a un migrante piuttosto che a un turista, perché si soccorre la persona e basta. A livello comunicativo c’è un certo tipo di remora a comunicare tutti questi interventi anche per un poco il timore che possono essere strumentalizzati. Perché c’è il rischio che qualcuno inizia chiedere... la classica domanda è: ’Chi paga per questo intervento?’. Quindi cerchiamo di affrontarli con una certa cautela.

      #Gianfranco_Schiavone, vice-président ASGI sur le cadre juridique:

      «Il pilastro su cui si regge politicamente l’attuale regolamento Dublino 3 e anche le sue versioni precedenti è il vincolo che lega il richiedente asilo al primo paese dell’Europa nel quale mette piede, perché lì si radica la competenza delle domande. E quello che avviene è che le persone che cercano di evitare in tutti i modi questa situazione è di trasferirsi in maniera irregolare in un altro paese nel quale vogliono andare.»

      Intervista a #Cristina_Alpe del Soccorso Alpino di Bardonecchia

      La sede di Bardonecchia del #Corpo_Nazionale_Soccorso_Alpino_e_Speleologico ha avviato nelle ultime ore tre operazioni di ricerca per altrettanti gruppi di migranti che tentavano di valicare verso la Francia, nonostante l’abbigliamento inadatto e le condizioni meteo avverse.

      –-> citation:

      Cristina Alpe: Questi interventi si verificano già da alcuni mesi, diciamo che è dalla primavera/estate che continuiamo ad avere chiamate di soccorso. In realtà il grosso problema si è rivelato adesso, con il maltempo e la neve, perché i valichi verso la Francia non sono praticabili né a piedi né in auto. Adesso gli interventi sono aumentati e queste persone hanno veramente bisogno di aiuto. Nella giornata di ieri (10.12.2017), tra ieri e stamattina, ci sono stati 2-3 interventi. Uno con esito positivo verso le 5h20 di questa mattina, in collaborazione con il Pelotone de la gendarmerie francese (PGHM), che ci ha contattati per due migranti che erano verso il Colle della Scala, su territorio francese, però su versante italiano. E una nostra squadra mista con il Soccorso Alpino della finanza sono riusciti a recuperarli verso le 6h45. Non avevano scarpe adatte, uno aveva addirittura perso le scarpe, comunque sono stati recuperati e riportati a Bardonecchia. Negli altri due interventi, le ricerche nella nottata sono state sospese, anche perché immediatamente dopo le 18h pare che ci sia stata una chiamata di queste persone che avevano chiesto soccorso che erano in salvo a fondovalle in Francia e quindi non avevano più bisogno. La cosa che mi viene da dire è che comunque quando chiamano, le notizie sono sempre un po’ sommarie, un po’ vaghe e quindi è sempre difficile riuscire a localizzare e dare il giusto aiuto a queste persone.
      Giornalista: chi chiama?
      Cristina Alpe: In queste ultime chiamate ci è parso di capire che fossero i migranti stessi, nel senso che comunque hanno un telefono e in alcuni casi poi dopo la chiamata riusciamo anche a contattarli, poi bisogna vedere se non è qualcuno che li lascia lì. Questo non lo sappiamo, nel senso che a volte ci chiamano, lasciano un numero di telefono e poi provi a richiamare e non risponde più nessuno. Altre volte invece ti rispondono di nuovo e quindi la localizzazione è più facile. Dipende un po’ da dove riescono a chiamare, a volte aggancia la cella italiana, a volte aggancia la cella francese. Comunque se sono su Bardonecchia, in linea di massima sono su territorio francese, perché sul territorio italiano il posto è un po’ meno pericoloso, perché dove inizia la salita verso il Colle della Scala poi è già territorio francese dove è più pericoloso.
      Giornalista: non si tratta di emergenza singola, ma...
      Cristina Alpe: E’ un problema allargato. Infatti credo che in questi giorni si muoveranno altre forze in campo, prefettura e comune, perché comunque se nell’estate è una cosa gestibile perché la maggior parte di quelli che cerca di svalicare riesce, in questo periodo qua assolutamente no. Son pochi quelli che riescono a passare di là. Oltretutto con il brutto tempo così. Il Colle della Scala d’inverno è impraticabile, soprattutto con calzature non adatte, poco vestiti. Infatti ci sono anche operazioni della Croce Rossa, ci sono altre associazioni di volontariato che si stanno muovendo per dare assistenza a queste persone.

      https://rbe.it/2017/12/11/intervista-cristina-alpe-del-soccorso-alpino-bardonecchia

    • Bardonecchia. Cattolici e protestanti insieme per i profughi a piedi sulle Alpi

      Parrocchie cattoliche, comunità protestanti, associazioni, volontari del soccorso alpino italiano e francese, da settimane cercano di portare al riparo i migranti che si avventurano verso la Francia.

      L’ecumenismo dei ramponi e del vin brulée a duemila metri di quota è una questione di vita o di morte. Parrocchie cattoliche, comunità protestanti, associazioni, volontari del soccorso alpino italiano e francese, da settimane affrontano dai due versanti delle Alpi il grande freddo, cercando di portare al caldo i migranti che si avventurano verso la Francia.

      Sono i profughi che tentano di aprire nuove piste lungo la novella Via Francigena della speranza. Equipaggiati come peggio non si dovrebbe, affrontano i sentieri più impervi affondando le gambe dentro a una coltre da loro mai vista prima. Scarpe da ginnastica ai piedi, pantaloni di cotone leggero, giacche a vento buone a malapena per affrontare il mare in bonaccia. Guardano i costoni sperando di trovare dall’altra parte la discesa verso la valle transalpina. Invece no, dopo un tornante ce n’è un altro che risale.

      Le mobilitazioni delle oltre 430 associazioni coinvolte negli “Stati Generali delle migrazioni in Francia” e dei valligiani sul versante italiano non si fermano. Gente di montagna che non ha bisogno di teologismi per sapere cos’è l’ecumenismo della solidarietà. Riforma, lo storico organo di informazione delle chiese evangeliche battiste, metodiste e valdesi in Italia, segue in tempo reale l’evolversi della “rotta bianca”, rilanciando i messaggi della Chiesa cattolica francese, e specialmente del Secourse Catholique, la Caritas di Francia che insieme a “Entraide Protestante”, la diaconia delle chiese riformate francesi, hanno protestato per iscritto con il presidente Macron, denunciando «tutte le storture del sistema di accoglienza francese e con la volontà di denunciare - spiega Riforma - l’ulteriore inasprimento di controlli e modalità di espulsione che le nuove leggi su immigrazione e sicurezza stanno delineando».

      «Attenzione, pericolo di morte», recitano in arabo, francese e inglese alcuni cartelli a Bardonecchia e a Oulx, i comuni da cui i migranti partono per la traversata. Loro guardano, e passano oltre. «La montagna è pericolosa d’inverno. Si rischia il congelamento a causa del freddo estremo - si legge -. Ci si potrebbe perdere e morire per sfinimento. Per favore non tentate, potrebbe esserci un metro e mezzo di neve». L’hanno vista neanche sul Kilimangiaro, e dopo essere sopravvissuti agli aguzzini libici e ai marosi del Mediterraneo, non hanno paura di quello che non conoscono. Alcuni cascano nella trappola di improvvisati contrabbandieri di uomini.

      Il 30 novembre un ventenne originario del Kosovo è stato fermato dagli agenti del commissariato di Bardonecchia, sul confine tra Italia e Francia. Alla guida di una Lancia Ypsilon, l’uomo era diretto Oltralpe con a bordo quattro connazionali tra i 18 e i 30 anni. Il passeur è stato arrestato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, mentre gli altri quattro kosovari sono stati espulsi. Con gli africani, «la situazione migranti a Bardonecchia - afferma Luca Giaj Arcota, presidente del Soccorso alpino piemontese - ha raggiunto il livello d’emergenza. Negli ultimi mesi la nostra stazione locale, insieme alla Guardia di Finanza è stata chiamata in numerosi interventi per migranti dispersi o infortunati. Queste persone tentano di passare il confine nonostante le condizioni proibitive e il lavoro di dissuasione che la nostra e altre associazioni porta avanti. Non possiamo impedire loro di affrontare i sentieri innevati, ma è necessario prevenire altre partenze prima di incidenti più gravi». Neanche il maltempo li ferma. Figurarsi un cartello. La neve non però, è tutto più complicato.

      Perché un nero, da quelle parti, non è un turista in cerca di emozioni tra le vette. Molti tra quelli intercettati dalla Gendarmerie e rispediti in Italia, si nascondono prima di poter essere aiutati. Sfuggire agli agenti tra Bardonecchia e Briançon è ora quasi impossibile, così tentano la strada del Monginevro. Due giorni fa ne hanno salvati una decina. Si erano perduti tra i pendii. Hanno accettato una bevanda calda e vestiti asciutti. Poi sono ripartiti, sognando finalmente la discesa e qualcuno che gli dica che ce l’hanno fatta: «Bienvenue en France».

      https://www.avvenire.it/attualita/pagine/lecumenismo-solidale-lungo-la-rotta-bianca

    • Nella neve e nel ghiaccio la marcia dei migranti attraverso le Alpi

      In tre mesi almeno in duemila hanno passato il confine tra Italia e Francia. Spesso sono minori non accompagnati e si ritrovano spaesati in mezzo al freddo. Una rete di montanari volontari li aiuta anche se poi la polizia francese li rispedisce indietro.

      A decine ci provano ogni settimana, quando la temperatura scende a meno venti. Dall’Italia alla Francia. Senza equipaggiamento e nel bianco abbagliante. Senza nemmeno un paio di stivali. Ma l’anno scorso, come in questo nuovo anno, si mettono in cammino verso una nuova vita (https://www.aljazeera.com/videos/2018/1/1/migrants-in-europe-desperate-journeys-across-mountains). Al gelo, affondando i piedi nel ghiaccio che copre quasi tutto, a quasi duemila metri d’altezza, lungo il passo alpino che separa il suolo francese da quello italiano: i migranti sono in marcia (https://www.thetimes.co.uk/article/barefoot-migrants-die-trying-to-cross-alps-in-deepest-winter-zpvb82nrr).

      Da Ventimiglia al Brennero, poi le Alpi: la prima città da raggiungere nella terra francese è Briançon, dove è stato aperto un rifugio per la notte. I locali, che sanno quanto pericolose siano le loro montagne, hanno deciso di aiutarli e raccontano che la maggior parte dei profughi in arrivo sono minori non accompagnati, che tentano di raggiungere suolo francese. La rete dei volontari conta 1300 persone dei villaggi circostanti: dal bucato al sostegno giuridico, dalle ronde per i dispersi a chi distribuisce cibo, in mille sulle Alpi tendono la mano (www.meltingpot.org/Sulle-Alpi-francesi-i-montanari-che-salvano-i-migranti-dal.html#.WkqawSOh2fU).

      Quando cala dall’alto, la guardano per la prima volta nella loro vita: gli africani vedono lassù per la prima volta la neve. Dalla caldissima Africa, i rifugiati affrontano temperature gelate. Accendono il fuoco di notte, si dividono il cibo. Sperano. Ricordano i Paesi d’origine: Mali, Guinea, Costa d’Avorio. Dormono e all’alba, un passo dopo l’altro, continuano ad andare verso nord.

      In tre mesi in millecinquecento almeno, quasi duemila rifugiati ce l’hanno fatta, ma il percorso è arduo, quasi impossibile senza preparazione e abiti caldi, di cui i migranti sono sforniti. Gli alpini che pattugliano la zona dicono di aver paura di trovare i cadaveri in primavera, quando la neve si scioglierà. Alberto Rabino, a capo degli alpini di Bardonecchia, dice di aver ricevuto decine di chiamate dai migranti negli ultimi giorni. Si perdono nei boschi, nella neve, nel buio e quando i soccorritori arrivano li trovano in condizioni pericolosissime, a volte senza nemmeno le scarpe, a volte gravemente feriti. Joel Pruvot fa il volontario nel rifugio e anche lui racconta di aver trovato rifugiati senza scarpe nella neve: “gli africani non hanno idea di quanto sia pericolosa la montagna”.

      Quando riescono a scampare alla morte per congelamento, a volte si imbattono nella polizia francese che li rispedisce indietro. Vicino a Bardonecchia, mentre il 2017 diventava 2018, un gruppo di migranti ha tentato di arrivare a Col de l’Echelle. Lì l’altezza sfiora i duemila metri. Erano in sei ed erano arrivati in Italia a luglio. Quasi tutti, come la maggior parte dei migranti che hanno la forza di compiere il percorso, erano minorenni. Tutti con negli occhi un sogno: una nuova vita oltre le Alpi.

      https://left.it/2018/01/02/nella-neve-e-nel-ghiaccio-la-marcia-dei-migranti-attraverso-le-alpi

      –-

      Migrants in Europe: Desperate journeys across mountains

      Over the last three months, at least 1500 migrants have embarked on a dangerous journey over the Alps, crossing from Italy into France, defying freezing temperatures and heavy snow.

      Over the last three months, at least 1500 migrants have embarked on a dangerous journey over the Alps, crossing from Italy into France, defying freezing temperatures and heavy snow.

      Rescuers in the Alps say they’re concerned about the number of refugees and migrants trying to cross the snow-covered mountains of Europe.

      Half of those making the journey are thought to be children or teenagers.

      https://www.aljazeera.com/videos/2018/1/1/migrants-in-europe-desperate-journeys-across-mountains

      –-

      Barefoot migrants die trying to cross Alps in deepest winter

      Rescue workers say they expect to discover the bodies of African migrants who have died crossing the Alps when the snows melt in the spring.

      Dozens try to cross the border between Italy and France every week, some barefoot, despite heavy snow and temperatures as low as minus 20C. One African man died last week when he fell from the clifftop cabin where he had been sheltering onto the A8 motorway at Roquebrune-Cap-Martin on the French side of the border.

      (#paywall)

      https://www.thetimes.co.uk/article/barefoot-migrants-die-trying-to-cross-alps-in-deepest-winter-zpvb82nrr

      –-
      Sulle Alpi francesi: i montanari che salvano i migranti dal gelo
      >> di Luisa Nannipieri - Radio Popolare, 18 dicembre 2017

      Più di un metro di neve fresca e polverosa, temperature che scendono fino a – 20°C e raffiche potenti che spazzano la montagna sotto al limpido cielo invernale. Siamo a 1.700 metri d’altezza, vicino al Col de l’échelle, piccolo passo alpino che separa la Francia dall’Italia. A meno di 10 chilometri da qui, c’è già chi scia sulle piste di Bardonecchia, in val di Susa. Questa è, ormai da più di un anno, la nuova strada dei migranti che vogliono lasciare l’Italia.

      Bloccati a Ventimiglia e al Brennero, arrivano in treno fino a Bardonecchia o Oulx e si incamminano sulle montagne a piccoli gruppi per raggiungere Briançon. Come cartina, un cellulare che spesso non prende; ai piedi, se va bene, delle scarpe da ginnastica di tela e delle calze. Per evitare le pattuglie di gendarmi lungo la strada, non esitano a lasciare i sentieri battuti, finendo per perdersi o ferirsi anche gravemente. Dall’inizio dell’anno sono passate più di 1.500 persone, soprattutto uomini originari del Mali, della Guinea e della Costa d’Avorio. Moltissimi sono minorenni. E la neve non basta a scoraggiarli: ogni giorno arriva una decina di persone in valle, nonostante il gelo e il rischio di valanghe sul versante italiano.

      Per far fronte alla situazione, in mancanza di una risposta che non sia la militarizzazione della frontiera da parte dello Stato francese, i montanari hanno creato una rete di solidarietà che coinvolge più di 1.300 persone in tutta la regione di Briançon. Non tutti sono favorevoli ai migranti ma nessuno riesce a rimanere indifferente, figurarsi abbandonare qualcuno sui monti conoscendo i rischi che si corrono. Cosi’ c’è chi li accoglie, chi li cura, chi li aiuta a fare il bucato, chi offre sostegno giuridico e chi organizza, ogni sera, ronde per cercare i dispersi in montagna. Alcuni hanno dato i loro numeri di cellulare e ricevono spesso richieste d’aiuto da ragazzi che non sanno minimamente orientarsi sulle Alpi. E tutti si chiedono non se, ma quanti corpi verranno ritrovati questa primavera, al disgelo.

      Domenica scorsa, dalla valle francese della Clarée sono saliti in 250: valligiani, guide alpine, qualche giornalista e qualche personaggio noto hanno formato una cordata solidale per denunciare una situazione sempre più pericolosa e il silenzio dello Stato. Sarebbe dovuta essere una semplice azione dimostrativa ma si è trasformata in un’operazione di salvataggio. Un giovane della Guinea Conakry è stato ritrovato in un canalone di valanga senza scarpe. Aveva iniziato a salire verso il passo dell’Echelle alle 5 del mattino. Ecco il video:


      https://twitter.com/la_regledor/status/941699971828604928

      https://www.meltingpot.org/2017/12/sulle-alpi-francesi-i-montanari-che-salvano-i-migranti-dal-gelo

    • Bardonecchia, migrante in fuga verso la Francia sommerso da un metro e mezzo di neve: salvato in extremis

      Tragedia sfiorata. Recuperato dal soccorso alpino francese avvisato dalla moglie che con i due figli lo attendeva a Briancon. Attivisti francesi aiuteranno i migranti costreuendo un igloo di protezione.

      Un Capodanno di solidarietà in cima al Colle della Scala dopo l’ennesimo salvataggio di un migrante in ipotermia sopra Bardonecchia. Sua moglie e i suoi figli, di 2 anni e di 5 mesi, erano riusciti a raggiungere la Francia senza problemi, mentre lui stava finendo assiderato nella neve dell’alta Valsusa. Un cittadino ghanese è stato salvato dal soccorso alpino francese mentre si trovava sotto un metro e mezzo di neve sul Colle della Scala al confine con l’Italia. Per lui, uno dei tanti migranti che da mesi tenta l’attraversata dalle Alpi, è stato provvidenziale proprio l’intervento della moglie con cui si erano dati appuntamento a Briançon, ma che non vedendolo arrivare ha dato l’allarme. La donna infatti era stata accolta da una coppia di attivisti francesi dopo essere arrivata in autobus passando dal Monginevro e riuscendo a eludere i controlli della gendarmerie, ma suo marito ha scelto la via più difficile ma anche quella considerata meno battuta dai migranti l’ascesa a piedi dal Colle della Scala. «Non lo vedeva arrivare e l’angoscia saliva anche perché era in corso una copiosa nevicata» raccontato gli attivisti di Tous migrant. Dopo ore di ricerche i soccorritori sono riusciti a individuare l’uomo e portarlo al sicuro con un elicottero. All’ospedale è arrivato in ipotermia e dopo le cure ha potuto riabbracciare la sua famiglia.

      Quella di questa notte è solo l’ultima tragedia sfiorata tra Bardonecchia e Nevache e anche per questo oggi un gruppo di attivisti francesi ha raggiunto il colle della Scala per portare aiuto ai migranti che anche nella notte di Capodanno tenteranno, sempre senza vestiti ed equipaggiamento adatto, l’ascesa. «Saliremo tutti insieme al Col de l’Echelle e costruiremo degli igloo necessari per accogliere chi verrà con noi - racconta Yann Borgnet, uno degli organizzatori - Questa sera prepariamo una grande zuppa e passiamo la serata lì. L’idea di un’azione del genere è per discutere di come i governi stanno gestendo le migrazioni, ma anche essere lì per aiutare i migranti in pericolo. Domani, se il tempo lo permette, è possibile che i più motivati ??facciano un viaggio di ritorno a Bardonecchia con gli sci, per fare al contrario il percorso dei migranti e mostrare a tutti quanto è dura la loro strada».

      https://torino.repubblica.it/cronaca/2017/12/31/news/bardonecchia_migrante_in_fuga_verso_la_francia_sommerso_da_un_metr

    • Valsusa, un’altra tragica frontiera dell’Europa dei muri

      Nel silenzio complice della stampa mainstream, un’altra drammatica situazione sta colpendo la popolazione migrante che attraversa il nostro paese. Un’attivista valsusina ci racconta gli ultimi mesi alla frontiera di Bardonecchia.

      Ci puoi raccontare cosa sta succedendo ai migranti alla frontiera di Bardonecchia?

      Da tempo ormai, vista la situazione a Ventimiglia con la frontiera sempre più sigillata, molti migranti arrivano in treno a Bardonecchia e attraversano il confine con la Francia a piedi passando per le montagne. Bardonecchia è una località transfrontaliera a 1312 metri di altezza. Con l’arrivo dell’inverno i migranti hanno iniziato ad avere grosse difficoltà con le temperature, con gravi problemi di assideramento durante le notti all’aperto.

      Era già accaduto in passato?

      Da sempre la Valle è stata un luogo di passaggio di migranti, lo ricordo fin da piccola anche per esperienze vissute in prima persona. Nell’ultimo anno questo fenomeno è sicuramente aumentato. Con l’inverno, e con la necessità di rifugiarsi in luoghi caldi, sta diventando evidente un fenomeno prima più invisibile.

      Cosa stanno facendo le autorità?

      Il primo provvedimento preso è stato chiudere le stazioni di Bardonecchia e poi di Oulx per impedire a chi migra di rifugiarsi nelle sale di attesa. Per un certo periodo hanno addirittura tolto il servizio di apertura anche di giorno, e quindi paradossalmente chiunque attendesse un treno doveva farlo al freddo.

      Dal lato francese l’arrivo dei migranti è monitorato da droni, motoslitte, pattuglie della gendarmerie e vengono riportati subito a Bardonecchia.

      Molte di queste persone hanno un permesso di soggiorno temporaneo in Italia e una volta riportati oltreconfine vengono lasciati a loro stessi.

      Il comune si è disinteressato così come le altre istituzioni fino a quando hanno iniziato ad avere pressioni più consistenti.

      Gli enti locali stanno intervenendo e prestando servizi di emergenza o è tutto gestito dalle forze dell’ordine?

      Per un lungo periodo le pressioni della società civile non sono servite a nulla.

      L’ong Rainbow for Africa ha poi iniziato ad avere delle interlocuzioni, ed è riuscita a far aprire una piccola stanzetta di 20 metri quadri nell’edificio della stazione, solo durante gli orari notturni. In principio questa stanzetta era gestita dalla polizia. Nel frattempo l’ong ha ottenuto le chiavi e la possibilità di mettere a disposizione personale medico e paramedico negli spazi del soccorso alpino adiacente. Il personale presta soccorso quando arrivano migranti che hanno sintomi da congelamento. Caritas e Croce Rossa hanno fornito servizi parziali.

      Cosa significa il supporto del movimento NOTAV a questa situazione?

      Se volevano una dimostrazione in più che il movimento NOTAV non è un movimento nimby, eccola pronta. Di sicuro la lotta contro il TAV ha permesso di diventare una comunità che cura il territorio e coltiva valori quali l’antirazzismo e l’accoglienza.

      Poi c’è da dire che far parte del movimento ha permesso di crescere a livello di organizzazione interna e per prestare soccorso ai migranti questo è stato fondamentale.

      Se poi vogliamo fare connessioni con il discorso TAV, è stato pubblicato da poco il comunicato ufficiale della posizione dei NO TAV in solidarietà nei confronti della questione migranti, poiché vengono spesi miliardi per far passare merci e persone bianche con i soldi attraverso le frontiere, mentre i migranti rimangono intrappolati. Una dimostrazione in più del fatto che le frontiere sono aperte o chiuse solo in virtù di interessi politici ed economici.

      La resistenza al TAV ha permesso contaminazioni viste le tante altre esperienze che sono state raccontate da chi è passato in Valle, queste hanno permesso di comprendere di più anche la questione migrazioni.

      La rete che si è formata è stata chiamata “Briser les frontières” (sbriciolare le frontiere), ha organizzato una prima serata benefit con 200 persone a mangiare per sostenere l’acquisto di cibo e beni di prima necessità, raccolte abiti invernali.

      È un grosso impegno, siamo una quarantina di attivisti pronti ad intervenire, ma molti di più disponibili ad aiutare, la risposta in Valle è stata più che buona.

      Quali difficoltà avete incontrato in questa esperienza?

      Sulla questione i francesi sono più avanti di noi, sono riusciti ad aprire una casa di accoglienza e altre attività di supporto, come ronde nei sentieri. Addirittura la casa l’hanno ottenuta dal comune di Briançon, che si è in un certo modo opposto alle leggi attuali che obbligano a rimandare in Italia i migranti.

      A Bardonecchia all’inizio non è stato facile a livello relazionale creare l’approccio giusto con i migranti, trovare una lingua comune è fondamentale.

      Da mesi ogni sera il soccorso alpino esce alla ricerca di dispersi nella montagna. Non c’è ancora stato il morto, ma un ragazzo ha avuto i piedi amputati per congelamento. Molti ragazzi, bruciati da esperienze del passato, hanno difficoltà a fidarsi ed accettare l’aiuto da parte della rete, anche solo prendere un paio di calzettoni asciutti o un piatto di minestra calda.

      La collaborazione da parte della Valle che appoggia la lotta al TAV è buona, in tanti hanno offerto sostegno e appoggio logistico.

      Noi diamo tutte le informazioni utili per conoscere la situazione della montagna, poi sono loro che decidono cosa fare. Sono arrivati anche minorenni e contrariamente a quello che dicono le leggi internazionali, vengono riportati in Italia a Bardonecchia dalla Gendarmerie.

      In molti dicono “piuttosto che vivere qui senza prospettive tento la libertà”, poi capiscono che la Francia non è il paradiso, e alcuni poi ritornano in Italia.

      I prossimi appuntamenti?

      Per denunciare quello che sta accadendo abbiamo deciso di organizzare una marcia transfrontaliera da Claviere a Montgenèvre il 7 gennaio, per ribadire che le frontiere non esistono in natura, ma sono un sistema di controllo. Non proteggono le persone, le mettono una contro l’altra, non favoriscono l’incontro ma generano rancore. Le frontiere non dividono un mondo da un altro, c’è un solo mondo e le frontiere lo stanno lacerando.

      https://www.dinamopress.it/news/bardonecchia-unaltra-tragica-frontiera-delleuropa-dei-muri

    • «Non abbiamo paura della neve». Con i migranti lungo la rotta alpina

      Siamo a stati Bardonecchia, l’ultima città italiana al confine con la Francia, in Alta #Valsusa. Da dove partono decine di migranti ogni giorno alla ricerca di una nuova vita.

      Camminare nella neve è difficile, servono forza e allenamento fisico. Se non sei abituato e ben equipaggiato ti butta giù. Soprattutto se sei a tremila metri d’altezza. Perché la montagna è come il mare: se non la conosci, non ti perdona.

      Samba, gambe esili, il mare lo ha conosciuto attraversandolo a 15 anni su un barcone. È appena arrivato alla stazione ferroviaria di Bardonecchia, in Piemonte. Qui parte la «rotta alpina» attraversata dai migranti**, l’ultimo miglio che li separa dalla Francia e dal Nord Europa, dove le temperature scendono anche fino ai 15 gradi sotto lo zero, e dove si rischiano assideramento e ipotermia.

      L’obiettivo è superare le Alpi. Ci provano in media 30 persone al giorno, secondo quanto riferisce il Soccorso Alpino, 900 al mese. C’è chi ha tentato di farlo camminando lungo i binari della ferrovia, ma alcuni tratti sono troppo stretti per permettere a un uomo e al treno di passare entrambi. Alcuni hanno perso la vita.

      È la neve, con il rischio di precipitare giù, che bisogna affrontare. Raggiungere Nevache, il primo piccolo centro abitato francese dopo il confine, trovare un rifugio e rimettersi in forze. Poi di nuovo in marcia verso la seconda città sulla strada, la più popolata, Briancon. E se la gendarmeria non li intercetta, proseguire verso i centri principali.

      Samba indossa un paio di jeans, un piumino, sulle spalle uno zainetto semi vuoto. È originario del Sudan, ma gli ultimi mesi li ha trascorsi in una prigione in Libia, lì dove le Ong spesso non riescono a entrare. Racconta di mani e piedi legati, botte e compagni trascinati per strada. «Poi una mattina ci hanno portato su una barca - ricorda - non sapevamo niente di dove stessimo andando e solo dopo diverse ore una nave ci ha rintracciati. Ci hanno detto che saremmo sbarcati in Italia». In Libia Samba era insieme a suo fratello, ma è stato separato da lui in prigione. Da quel giorno non si sono più parlati.

      Anche se i volontari che accolgono i migranti a Bardonecchia ripetono che è molto pericoloso tentare di raggiungere la Francia a piedi, lui è determinato a riuscirci. Si prova un paio di scarpe da trekking portate da una volontaria. Sono troppo grandi, forse, come i jeans che indossa, le gambe sembrano stuzzicadenti. «Vorrei giocare a calcio - confessa - e in Francia ho un amico che potrebbe aiutarmi a farlo. Voglio arrivare lì e rimettermi in contatto con la mia famiglia per aiutarli».

      Alla stazione di Bardonecchia ci sono una decina di migranti ogni giorno. Arrivano da Uganda, Mali, Sudan, ma c’è anche un ragazzo egiziano, Hamza. Lui aveva già raggiunto Lione, ma la polizia lo ha intercettato e riportato indietro. Accade anche mentre parliamo con Samba, davanti alla stazione si ferma un camioncino della gendarmeria francese, si apre lo sportello e un ragazzo con una sacca di pelle esce con il viso cupo. È albanese, lo hanno riportato da Briancon.

      Quando iniziano a cadere i primi fiocchi di neve, l’aria diventa tagliente. Fernanda, responsabile dell’associazione Il Pulmino verde, che ogni sera assiste con pasti caldi e vestiti i migranti che sostano alla stazione, apre la sala d’aspetto messa a loro disposizione per trascorrere la notte al caldo.

      Samba la neve non l’aveva mai vista. «È la prima volta che mi trovo faccia a faccia con lei. Sapevo com’era solo grazie alle foto. Sembra bella ma è troppo gelida. Per me è un problema perché mi impedisce di partire». Arrivano altri indumenti dai volontari, Samba trova una tuta da sci della sua taglia, la indossa, ci mette sopra anche il piumino, poi una sciarpa di lana rosa e un cappello di lana bordeaux.

      «In Africa non esiste il freddo», racconta Ahmed, 17 anni, arrivato da un giorno, un paio di Converse ai piedi. «Non sono abituato a questa temperatura. Qui è tutto un problema». È questa l’unica parola italiana che conosce, «problema, problema» ripete, buttando la testa all’indietro. Ahmed è minorenne, non è riuscito a ottenere i documenti nei tempi che sperava, anche lui è stato rinchiuso in una prigione in Libia. «Tutti i giorni ci picchiavano e venivano a chiederci se avevamo soldi per uscire. Io non ne avevo e sono scappato facendo zig zag. Non trovo altre parole per spiegare come ci sono riuscito. Zig zag rende l’idea?». Poi la barca, l’arrivo in Sicilia e l’autobus verso Nord. Fino qui, in Alta Valsusa.

      «La mia famiglia è in Sudan, in Francia ho degli amici. Aspetto un segnale dal cielo per andarmene da qui». Ahmed è salito sul treno diretto in Francia per tre volte. La polizia lo ha sempre bloccato e riportato indietro. Con i suoi occhi grandi e spalancati nel vuoto, Ahmad racconta di essere stanco di vivere come un fuggiasco. Vorrebbe un po’ di normalità, una vita semplice. Una ragazza gli offre un tè caldo e una sigaretta, le accetta entrambe ma da come appoggia la sigaretta alla bocca si vede che non ha mai fumato.

      Aspira, inizia a tossire poi scoppia a ridere. C’è lo spazio di distrarsi per un secondo tra le mura gelide della stazione.

      Quando torniamo alla stazione di Bardonecchia è mattina presto, la neve continua a cadere copiosa. Samba guarda le previsioni meteo nel suo cellulare, Ahmad non c’è più. «È partito», spiega Mohammed, 32 anni, il più grande del gruppo. «Non voleva stare qui, ha tentato il destino. Se nevica così forte tornerà indietro. Io non mi muovo, aspetto domani, dovrebbe esserci il sole». Mohammed è originario della Guinea e spera di raggiungere la Francia per riunirsi a sua sorella. Non la vede da due anni, vorrebbe conoscere il suo nipotino appena nato. «Non so se resterò in Francia ma voglio arrivarci anche se significa mettere in pericolo la mia vita. L’ho già fatto attraversando il deserto e il mare. Ho vissuto qui un anno, non trovo lavoro».

      Insieme a Samba c’è un nuovo ragazzo, è arrivato nella notte. «Ho sedici anni e sono partito dalla Costa d’Avorio. È la terza volta che tento di passare il confine. Con l’aiuto di Dio, questa sarà l’ultima». Sulle pareti che circondano la stazione, i volontari dell’associazione Il Pulmino Blu e della Croce Rossa Italiana hanno appeso diversi volantini in tutte le lingue.

      «Non partite a piedi, pericolo di vita», si legge accanto al numero telefonico dei soccorsi. Ma chi è arrivato qui, nell’ultima città sul suolo italiano, non ha intenzione di fermarsi. Il gelo e la neve fanno paura ma non abbastanza.

      «Quando li vedi partire è impressionante», racconta Carlo Florindi, presidente della Croce Rossa di Bardonecchia. «S’incamminano dalla stazione, in fila indiana con i loro zainetti e lo stradario. Arrivano al Colle della Scala e lì inizia la salita non asfaltata, su un sentiero battuto solo dalle loro orme che si stringe e diventa largo appena sessanta centimetri».

      Nelle ultime settimane diversi migranti sono stati soccorsi con i piedi quasi congelati, altri sono stati raggiunti dal soccorso alpino ma hanno scelto di continuare la scalata verso la Francia. «Salgono fino a duemila metri, attraverso un valico chiuso d’inverno proprio perché è pericoloso, a rischio caduta massi. Lì la neve è fresca e si sprofonda».

      Prima della seconda guerra mondiale il tragitto percorso dai migranti era italiano. Erano i nostri parenti a percorrerlo per raggiungere la Francia e tentare la fortuna. Il movimento dei popoli non si è mai fermato e ora, a solcare lo stesso sentiero impervio, sono uomini nati soprattutto in Nord Africa. Sono arrivati fino a qui, dove i migranti sembravano «un problema» appartenente solo al Sud del Mondo. «Nessuno immaginava di vederli in mezzo alla neve», sospira una signora al bar.

      «Bardonecchia nel 1947 era un paese di passeurs», racconta Florindi. «Per molti era un secondo stipendio. La notte li facevano dormire nelle stalle e all’alba li portavano a destinazione».

      E i primi passeurs sono tornati. C’è già qualcuno che cerca di cavalcare la disperazione di chi è disposto a tutto per arrivare in Francia e in cambio di denaro offre un passaggio. «Ma spesso non li porta nemmeno a destinazione, si ferma prima e li lascia per strada, dicendo che sono quasi arrivati ma non è così», racconta Fernanda.

      La storia si ripete davvero, gli eventi lo raccontano da sempre. «Noi gli facciamo anche vedere le foto di chi è finito in ospedale quasi assiderato, a un ragazzo hanno amputato una gamba poco tempo fa. Ma loro sono decisi a tentare la traversata».

      Si sentono senza alternative e rinchiusi in una bolla in cui il tempo sembra non curarsi di loro e delle loro vite.

      «I ragazzi giovani che incontro ogni giorno - continua Mohammed, il più grande - sono molto più arrabbiati dei loro padri migranti. Loro vogliono vivere, vogliono avere una possibilità e fanno di tutto per prendersela». Anche se vette così alte e innevate non le hanno mai viste, ma restare senza nemmeno un sogno da realizzare fa più paura della morte.

      È così che si chiude il 2017 europeo, l’anno in cui le Ong che prestavano soccorso in mare sono state messe sotto accusa e l’Italia ha stretto accordi con la Libia. Qui a Bardonecchia gli abitanti dicono che «gli stranieri a loro non danno fastidio. Fino a quando si comportano bene. Fino a quando non diventano troppi».

      https://www.vanityfair.it/news/approfondimenti/2017/12/28/migranti-bardonecchia-rotta-alpina

    • Briançon : le Collectif Citoyen de Névache adresse une lettre ouverte au chef de l’État

      Au lendemain des États généraux de la migration qui se sont tenus à Briançon les 16 et 17 décembre, le Collectif Citoyen de Névache adresse une lettre à Monsieur Emmanuel Macron, président de la République :

      "À Névache, dans les Hautes-Alpes, la neige tombe depuis plusieurs jours, la Lombarde est parfois brutale ! Les températures nocturnes passent maintenant entre 10 et 15 degrés sous zéro, mais les migrants venant d’Italie continuent d’arriver... Jeunes, souvent mineurs, ils tentent le passage du Col de l’Échelle (1 700 m) pour rejoindre ensuite Briançon ; 20 km à pieds si aucun automobiliste ne veut ou ne peut les prendre en charge. À moins qu’un fourgon de gendarmerie ne les intercepte pour les reconduire à la frontière, de jour comme de nuit, sans tenir compte de la réglementation concernant les mineurs isolés ou les demandeurs d’asile. Ils ont des ordres, disent-ils ! Des ordres pour ne pas respecter la réglementation ? Ces migrants, d’Afrique subsaharienne et le plus souvent francophones, sont pourtant prêts à tout pour rejoindre notre pays et y rester pour reconstruire dignement leur vie en travaillant. Nous devrions en être fiers. Dans les conditions actuelles, nous les accueillons comme des terroristes en leur appliquant une législation antiterroriste qui n’a pas été faite pour eux ! La lecture du code Schengen des frontières est, à cet égard, très claire. Vous avez, nous dit-on, découvert récemment, à la suite d’un reportage de CNN, l’horreur des marchés aux esclaves de Tripoli. Quelques contacts directs avec les Névachais ou les Briançonnais vous en auraient appris bien davantage, depuis deux ans au moins. Ancien officier formé à Saint ?Cyr, je m’interroge sur ce que pouvaient bien faire nos services de renseignement !? Pourtant, mais vous n’avez pas abordé cette question en nous parlant des marchés de Tripoli, l’Union Européenne (dont l’Italie et la France) paît les gardes ?côtes libyens pour récupérer en mer un maximum de migrants et les renvoyer en Libye ; où ils les revendent peut ?être, une deuxième fois ?

      L’Union Européenne et notre pays (qui revendiquent leurs racines chrétiennes quand cela les arrange) contribuent ainsi au bon fonctionnement d’un commerce que l’on croyait à jamais disparu. Bilan de ce long voyage : lorsqu’il parvient sur notre territoire, un migrant a souvent perdu le tiers de ses compagnons de route entre le Sahara, la Libye, la Mer Méditerranée et la France. Aujourd’hui, l’hôpital de Briançon en ampute certains qui ont « pris froid » dans la montagne au péril de leur vie. Devons nous attendre des morts pour que nos institutions réagissent humainement ?
      On comprend que, pensant arriver dans la commune de Névache au terme d’un voyage qui aura souvent duré deux ans, rien ne les empêchera de s’engager dans la traversée du col de l’Échelle, quelles que soient les conditions. Pour nous, Névachais, l’impératif humanitaire s’impose même si les forces de l’ordre s’efforcent de nous en dissuader. Il faut les retrouver si possible, les recevoir, les remettre en forme, les soigner puis les conduire à Briançon où ils pourront commencer à traiter leurs problèmes administratifs avec les associations en charge de ces questions.

      Au cours du mois de décembre, nous avons dû, à six reprises au moins, faire appel au « Secours en Montagne » pour leur éviter la mort, non sans éviter gelures et traumatisme divers. Pas encore de morts reconnus, mais cela viendra, Monsieur le Président. Et tout cela avec des bénévoles non seulement sans aide de l’État mais au contraire sous la menace des forces de maintien de l’ordre. À vouloir faire oeuvre humanitaire, nous Névachais et Briançonnais, sommes traités comme des délinquants ! On nous interdit de prendre un Africain en stop, quelles que soit la température et l’heure !
      Briançon : le Collectif Citoyen de Névache adresse une lettre ouverte au chef de l’État - 2

      Depuis quand l’automobiliste devrait-il refuser un passager au seul vu de sa couleur ? Dans la Clarée, Monsieur le Président, nous refusons l’apartheid ! Quelles que soient les menaces, nous ne pouvons refuser l’action humanitaire, à commencer par le secours à personnes en danger, lorsque les pouvoirs publics abandonnent cette mission. Les ordres reçus ne sont pas de pratiquer une action dignement humaine mais de renvoyer en Italie un maximum de migrants au mépris de leurs droits. Où est la solidarité européenne, Monsieur le Président ?

      Monsieur le Président, je sais que nous ne sommes pas les seuls français dans cette situation. Vous vous trouvez dans une position qui durera aussi longtemps que l’on ne prendra pas le mal à ses sources, réchauffement climatique, sous développement de nos anciennes « colonies » et autres. Vous savez vendre des avions, pour tuer ! Pouvez-vous prendre en considération la misère de ces migrants, comme le Pape François y invite nos contemporains ?

      Les Névachais et les Briançonnais, respectueux de la loi, sont prêts à travailler avec les services de l’État pour trouver des solutions, à condition que l’État accepte de les entendre, ce qui n’a pas encore été le cas, et de les entendre sans vouloir en faire des auxiliaires de police ! Nous pourrons alors retrouver la fierté de nos cimes et redonner à notre pays l’honneur qu’il est en train de perdre et que nous perdons tous avec lui.

      Souvenons-nous de ces milliers d’Africains morts pour la France au cours des deux dernières guerres mondiales. Ce sont leurs petits-enfants que nous devrions laisser mourir dans la neige ? Pour l’ancien Saint-Cyrien que je suis, dont la promotion porte le nom d’un colonel Géorgien mort au combat, de telles perspectives sont insupportables, Monsieur le Président. Nous comptons encore sur vous mais le temps presse."

      Bernard Ligier - citoyen de Névache

      http://www.laprovence.com/article/societe/4774520/briancon-le-collectif-citoyen-de-nevache-adresse-une-lettre-ouverte-au-c

    • Histoires de frontières #1, sur Radio Canut

      Mardi 9 janvier à 20h, Radio Canut (102.2FM à Lyon ou en streaming n’importe où ailleurs) diffuse deux documentaires sur les parcours des migrantEs dans les Alpes, la militarisation des frontières, mais aussi sur les luttes et solidarités en cours.

      Deux reportages de 30min chacun sont au programme :

      Un entretien réalisé fin décembre au squat Chez Marcel à Briançon qui permet de revenir sur l’aventure de ce lieu d’accueil, la situation à la frontière italienne dans les Hautes-Alpes mais aussi sur les enjeux et les perspectives des luttes actuelles.

      Un montage de différentes interventions lors de la soirée de soutien et d’information qui a eu lieu à Lyon le 14 décembre dernier. Prise de paroles de migrants et témoignages sur la situation à Ventimiglia (Italie), Briançon et Lyon.

      En direct, mardi 9 janvier à 20h sur Radio Canut (102.2FM en région lyonnaise ou en streaming via ce lien de n’importe où ailleurs).

      Les deux reportages seront ensuite disponibles en podcast sur les sites suivants :
      https://blogs.radiocanut.org/sav
      http://www.internationale-utopiste.org

      https://rebellyon.info/HISTOIRES-DE-FRONTIERES-1-sur-Radio-Canut-18562

    • Da Bardonecchia a Briançon, in viaggio con i migranti sulle Alpi

      Un fischio, poi il rumore dei freni: da uno degli ultimi treni in arrivo da Oulx scende Mohammed Traoré, 17 anni, guineano. Si guarda intorno, non c’è molta gente sulla banchina, i lampioni spargono un velo di luce nell’aria densa di umidità, il freddo entra nella giacca grigia che il ragazzo ha dimenticato di abbottonare.

      Un fischio, poi il rumore dei freni: da uno degli ultimi treni in arrivo da Oulx scende Mohammed Traoré, 17 anni, guineano. Si guarda intorno, non c’è molta gente sulla banchina, i lampioni spargono un velo di luce nell’aria densa di umidità, il freddo entra nella giacca grigia che il ragazzo ha dimenticato di abbottonare.

      Il grande cartello blu con la scritta bianca indica il nome della stazione: Bardonecchia. La cittadina piemontese a 1.312 metri d’altitudine gli è stata indicata da alcuni amici in una chat su Whatsapp. Da qui parte la rotta alpina, un sentiero che arriva in Francia dopo sei ore di cammino attraverso il valico del colle della Scala. Traoré annuisce: è arrivato.

      Con le prime luci del giorno proverà ad attraversare le Alpi, nonostante la neve. È il suo secondo tentativo di superare il confine: il giorno precedente ha già provato in treno, ma alla stazione di Modane è stato fermato dalla gendarmeria francese, tenuto qualche ora in un commissariato e poi accompagnato sul treno per l’Italia insieme ad altri cinque ragazzi.

      Pericolo
      Alle nove di sera ci sono undici gradi sottozero. Traoré non ha mai visto la neve in vita sua ed è proprio come se l’era immaginata: una distesa bianca sulla strada che scricchiola sotto i piedi. Il ragazzo, arrivato in Italia dalla Libia a luglio del 2017, ha le gambe sottili e muscolose, e saltella sulle scale del sottopassaggio della piccola stazione ferroviaria per cacciare i brividi. “Pericolo”, c’è scritto in inglese, francese, arabo e tigrino su un cartello nella bacheca della stazione, in cui si spiega che attraversare le Alpi nel pieno dell’inverno può costare la vita.

      A quest’ora la sala d’attesa è chiusa, a causa di un’ordinanza del sindaco e delle ferrovie dello stato del 1 febbraio 2017. I migranti arrivati qui per tentare di attraversare le Alpi aspettano che i volontari dell’associazione Rainbow for Africa aprano il piccolo locale accanto alla stazione: due stanze e un bagno nell’ex dogana, rimessi a posto dal Soccorso alpino.

      Il rifugio notturno non si può aprire prima delle 23, sempre per volere dell’amministrazione locale. Il sindaco teme che offrire servizi strutturati ai migranti possa rappresentare un fattore di attrazione, un pull factor. La stessa accusa era stata rivolta alle organizzazioni non governative (ong) che fanno operazioni di soccorso nel Mediterraneo centrale durante l’estate scorsa. E nel 2017 è stata usata in molte città italiane – da Roma a Ventimiglia – per criminalizzare chi offre pasti caldi, coperte e assistenza ai migranti in transito che dormono per strada.

      Nonostante tutto a Bardonecchia ogni sera, quando chiude la sala d’attesa della stazione, una decina di richiedenti asilo si rifugia nel sottopassaggio, aspettando di entrare nel ricovero notturno. Ad assisterli arrivano a turno dalla val di Susa e da Torino i volontari che si sono riuniti nella rete Briser les frontières, “sbriciolare le frontiere”. Portano bevande calde, pasti, vestiti, scarponi, giacche a vento, guanti. “Il nostro compito principale è informare le persone dei rischi a cui vanno incontro”, spiega Daniele Brait, attivista di Bussoleno. “Se uno guarda una cartina sembra che la distanza tra l’Italia e la Francia sia molto piccola, mentre in realtà in questa stagione andare in montagna senza equipaggiamento potrebbe significare non arrivare mai”.

      Molti volontari sono anche attivisti No Tav e spiegano che la battaglia contro l’alta velocità ha molto in comune con quella per la libertà di movimento delle persone. “I No Tav vogliono evitare che le montagne siano devastate per far passare un treno merci, in un sistema che permette alle merci di passare liberamente e lo impedisce alle persone”, afferma Brait.

      Dal Mediterraneo alle Alpi
      I volontari distribuiscono un piatto di lenticchie, del tè e alcuni indumenti. Mohammed Traoré prende una sciarpa e due cappelli. “Aquarius”, esclama quando mi vede. È come se fosse una parola magica. È il nome della nave di Sos Méditerranée e Msf che lo ha soccorso al largo della Libia e su cui ci siamo incontrati. Mi abbraccia. Ricorda il buio della notte quando era sul gommone, la paura di morire e la stanchezza che spossa dopo ore di navigazione sotto al sole. Mentre guardiamo le foto sul cellulare, ricorda i corpi stesi senza forze sul ponte della nave francese. Ricorda la gioia di aver visto le luci di “Pojallò”, del porto di Pozzallo, dal ponte dell’Aquarius per una notte intera prima dell’attracco, di aver pensato di essere finalmente arrivato in Europa.

      “Io credevo che l’Italia fosse l’Europa, non pensavo che ci sarebbero stati tanti problemi né che ogni paese europeo fosse così diverso”. Dopo lo sbarco, Traoré è stato trasferito in un centro d’accoglienza a Cesena. Ma la risposta alla richiesta d’asilo non è arrivata. “Non ha funzionato, è stato il destino”, dice con una certa dolcezza. Per questo è scappato ed è finito a dormire per strada, quindi ha deciso di attraversare la frontiera.

      Alcuni amici, già arrivati a Tolosa, gli hanno suggerito il percorso. “Non ha senso per me rimanere in Italia anche se non è facile prendere la strada della montagna in pieno inverno”, dice in un francese lento e scandito. “Attraversare il deserto e il mar Mediterraneo è stato difficile, ma attraversare le montagne con tutta questa neve lo sarà ancora di più. Rischieremo di nuovo la vita, ma non abbiamo scelta”. Traoré non ha aspettative: “Potrò parlare il francese, che è la mia lingua. Tutto qui. Nessuna illusione”.

      A partire dalla fine di novembre, nonostante la neve e il freddo, il Soccorso alpino di Bardonecchia ha registrato il passaggio di migliaia di migranti dal valico del colle della Scala. “Abbiamo ricevuto molte chiamate, soprattutto di notte, e abbiamo trovato persone smarrite nei sentieri, alcune senza scarpe, tutte intirizzite e mal equipaggiate”, spiega Alberto Rabino, vicecapostazione del Soccorso alpino di Bardonecchia. Il 20 dicembre il Soccorso alpino è intervenuto in aiuto di sei migranti che erano rimasti bloccati nella neve: “Gli portiamo coperte termiche, indumenti caldi, ma una volta che si sono ripresi chiedono di continuare il percorso pur sapendo che dall’altra parte li aspetta la gendarmeria francese”.

      I respinti
      La notte Mohammed Traoré la passa steso a terra avvolto in un sacco a pelo rosso nel rifugio notturno del Soccorso alpino di Bardonecchia insieme ad altri – Adam, Aboubakr, Souleiman – con cui ha deciso di partire. Sono quasi tutti originari dell’Africa francofona, soprattutto della Guinea e della Costa d’Avorio. Carlino Dall’Orto, un medico di Vicenza di 69 anni, volontario di Rainbow for Africa, tenta inutilmente di convincerli che mettersi in cammino potrebbe essere pericoloso. “Arrivano a Bardonecchia con abiti non idonei al freddo e alla montagna, ma sono molto determinati”. Dall’Orto ha viaggiato per molti anni in diversi paesi dell’Africa e si rivolge ai ragazzi della stazione con un atteggiamento paterno cercando di convincerli a non partire.

      Il pomeriggio spesso arriva un pulmino bianco della gendarmeria francese, racconta Dall’Orto, si ferma davanti alla stazione e scarica i migranti irregolari fermati alla frontiera. A essere rimandati indietro dalla Francia non sono solo quelli che attraversano il valico alpino senza documenti, ma anche alcuni immigrati che risiedono in Italia e in Francia da molti anni e che non hanno tutti i documenti in regola dal punto di vista amministrativo. “C’è stato un ragazzo albanese giorni fa che aveva un problema con un visto e lo hanno riportato indietro”, dice Dall’Orto. Li costringono a scendere dal pullman o dal treno e li riportano a Bardonecchia o a Oulx alle ore più disparate del giorno e della notte.

      “Negli ultimi quindici giorni di dicembre dalla stazione di Bardonecchia sono passati circa cento migranti”, spiga Emanuel Garavello, operatore della diaconia valdese, che insieme ad altri colleghi ha aperto nelle ultime settimane una specie di sportello legale mobile. Il dato preoccupante, spiega Garavello, “è che molti fuggono dall’accoglienza molto prima di aver ricevuto una risposta alla domanda d’asilo. Decidono di lasciare i centri senza sapere che perderanno il diritto di starci e senza conoscere le opportunità di cui potrebbero beneficiare”. Da Bardonecchia, inoltre, passano tantissimi minorenni che non conoscono affatto i loro diritti e la loro situazione giuridica in Italia.

      La diaconia valdese, insieme all’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), ha deciso di monitorare la situazione dei minori che transitano dalle Alpi e denunciare le violazioni quotidiane compiute dalla polizia francese, che li respinge alla frontiera nonostante abbia l’obbligo, soprattutto nel caso dei minori, di garantire loro protezione. “La polizia francese non fa alcuna distinzione tra adulti o minori, violando le norme internazionali”, spiega Elena Rozzi, avvocata dell’Asgi. “C’è stato un caso eclatante qualche mese fa: un ragazzino di 13 anni è stato abbandonato dalla polizia in piena notte, sotto la neve, subito dopo la frontiera. Per fortuna è stato trovato da una persona che passava in macchina”, racconta Rozzi.

      La traversata
      Mohammed Traoré apre gli occhi alle sette, nella stanza c’è un calore denso di corpi, un odore forte di aria consumata. Salta fuori dal sacco a pelo e comincia a vestirsi con cura: tre paia di pantaloni uno sopra all’altro, buste di plastica intorno ai piedi per evitare che la neve arrivi sulla pelle. Non ha scarponi, solo scarpe da ginnastica di pelle grigia. I volontari gli hanno regalato una giacca a vento. Con Adam, un ragazzo originario della Costa d’Avorio che vive in Italia da molti anni, riempie uno zainetto di biscotti e di bottigliette d’acqua.

      Poi fa colazione con gli altri, alcuni non se la sentono di partire subito, alla fine il gruppo accoglie un paio di ragazzi che sono appena arrivati alla stazione: prendono viale della Vittoria e poi la strada provinciale 216 che sale per quattro chilometri verso il pian del Colle, la località da cui parte il sentiero per la Francia. In fila indiana marciano sul bordo della strada tra gruppi di turisti con gli sci in mano che vanno verso gli impianti di risalita. Con andatura spedita passano davanti al villaggio olimpico costruito per i giochi invernali del 2006, poi attraversano le baite graziose della frazione di Les Arnauds. Ci vuole circa un’ora per raggiungere Melezet e poi il pian del Colle, dove parte una pista da sci di fondo che conduce al bivio per il Col de l’échelle, il colle della Scala, a 1.762 metri.

      Soffia un vento gelido, molto umido, ma è una bella giornata senza nuvole. I ragazzi si riposano dopo la prima ora di cammino alla base del sentiero, mangiano qualche biscotto, poi riprendono la camminata, piegati sulla salita, un passo avanti all’altro. Di fatto hanno già attraversato la frontiera, sono in territorio francese, ma in questo versante della montagna la polizia francese non si spinge. Si lasciano sulla destra una costruzione imponente e una diga, dopo qualche centinaia di metri c’è il primo bivio, la tentazione è di proseguire sulla pista da sci battuta, ma il sentiero da percorrere è quello fuori pista che svolta a sinistra.

      C’è un’indicazione per Briançon e Névache, qualcuno con il pennarello ci ha scritto sopra “Fight the borders, No Tav”. Comincia la parte più difficile della traversata: la neve è alta, in alcuni punti arriva a un metro. I piedi affondano e a un certo punto ci si ritrova immersi fino alle ginocchia. Sono tre ore lunghissime, i ragazzi sono concentrati, rimangono in silenzio mentre marciano sui tornanti. Aboubakr vuole scattare una foto ma gli altri gli dicono di muoversi. D’estate si sale in auto sulla strada asfaltata, mentre d’inverno la neve avvolge il paesaggio e nasconde tutto sotto due metri di neve. Il rischio è che dopo una nevicata si stacchino delle valanghe dalla cima, hanno detto quelli del Soccorso alpino.

      Quando mancano pochi metri al valico, Mohammed Traoré affonda nella neve. È preso dal panico, s’immobilizza, pensa che non ce la farà, che perderà l’uso dei piedi. Non li sente più per il freddo. I compagni si fermano, lo aiutano a rialzarsi, manca poco, gli dicono. Lo vedono sui navigatori dei cellulari che la destinazione è a pochi metri, c’è ancora da attraversare un paio di tunnel scavati nella roccia e poi comincerà la discesa nella valle della Clarée. Traoré si rialza, prova a concentrarsi su domani, sul futuro. “Pensavo che non ce l’avrei fatta”, dirà il giorno dopo, una volta arrivato. In effetti, come avevano detto i compagni, dopo i due tunnel è cominciata la discesa.

      Appena il tempo di riprendere fiato che arriva il timore d’incontrare la polizia. Adam è il più grande e anche il più lucido, ricorda agli altri ragazzi che si fermeranno al primo rifugio e aspetteranno che scenda il buio. Sono passate le 14, ma anche 14 chilometri e più di 500 metri di dislivello in mezzo alla neve. I passi s’incrociano per la stanchezza, ma i muscoli continuano ad andare. Mohammed Traoré ha una strana sensazione di calore. Nella prima casetta sulla strada ci sono dei ragazzi della valle, dei solidali, bénévoles si definiscono. Li invitano a entrare e a mangiare qualcosa. Sono abituati a incontri come questo. Scaldano il sugo su una macchina del gas. C’è un odore di pomodoro e umidità nel rifugio. I ragazzi aspetteranno che scenda il buio, più di due ore dopo, per riprendere la strada verso Névache.

      Briançon come Lampedusa
      Nevica quando Traoré e i suoi cinque compagni di viaggio arrivano a Briançon a bordo di una monovolume guidata da una coppia di turisti francesi. Sono stati intercettati sulla strada dai due, che hanno deciso di dargli un passaggio nonostante il rischio di essere incriminati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Briançon dista venti chilometri da Névache, trenta minuti in macchina, e sono numerosi i valligiani che, oltre ad aprire le case ai migranti in transito, hanno cominciato a offrire passaggi fino alla città dove, da luglio del 2017, è stato aperto un centro di accoglienza nella vecchia caserma abbandonata del soccorso alpino.

      C’è un metro e mezzo di neve sul viale che porta all’ingresso, una decorazione di Natale è ancora appesa sulla porta di legno, sulla parete esterna un murale mostra una mano colorata che stringe in un pugno del filo spinato. È Adam il primo a entrare, poi gli altri. Una grande cucina si apre alla loro vista, intorno a un tavolo, alcuni ragazzi stanno mangiando un’insalata di avocado e pomodori, accompagnata da zuppa di fagioli e riso. Le pareti sono piene di bigliettini scritti dagli ospiti. “L’Italia e la Francia sono due cuori con uno stesso polmone: l’Italia mi salvato dal mare, la Francia mi dà la speranza di vivere”, ha scritto Mamadouba, un ragazzo della Guinea. Su un altro foglio sono riportati alcuni articoli della costituzione francese.

      I volontari si spostano da una stanza all’altra portando da mangiare. Nel centro di accoglienza autorganizzato ci sarebbe posto per 16 persone, ma in certi giorni nell’ex caserma hanno dormito anche settanta persone. Ora ce ne sono una quarantina. Alcuni si fermano poche ore, il tempo di mangiare, scaldarsi, altri qualche giorno. “Dipende dai soldi che hanno, alcuni partono subito. Altri vorrebbero restare più tempo, ma non possiamo ospitarli per più di un paio di giorni”, spiega Joel Pruvot, un maestro in pensione che fa il volontario nel centro, “perché a Briançon non c’è la prefettura e quindi non si può chiedere asilo”. Il posto più vicino per presentare la domanda è Gap, a novanta chilometri.

      Dall’inizio del 2017 sono passati dal centro di transito circa duemila migranti, nel cinquanta per cento dei casi minorenni. La maggior parte è originaria della Guinea e della Costa d’Avorio. Sono quasi tutti maschi, anche se ora nel centro ci sono due donne. Una è arrivata in autobus dal valico del Monginevro con i due figli e dorme su un materasso nella sala da pranzo del centro, per evitare la promiscuità con i maschi.

      “Nel migliore dei casi i migranti arrivano disidratati e stanchi, spesso presentano sintomi di assideramento”, racconta Pruvot. Briançon sembra l’unico posto in Europa in cui è ancora valido il motto: “Refugees welcome”, l’atmosfera è molto simile a quella di Lampedusa o di Lesbo all’inizio dell’ultima ondata migratoria. L’80 per cento degli abitanti della città è coinvolto nell’assistenza dei migranti, 51 volontari lavorano nel centro, i medici dell’ospedale passano ogni giorno per visitare i ragazzi, i negozi e i ristoranti donano frutta, verdura e altre cose da mangiare, alcune famiglie stanno ospitando i migranti in casa e le guide alpine pattugliano la montagna per assicurarsi che i migranti non si perdano.

      La regola della montagna dice che tutte le persone in pericolo devono essere messe in salvo

      Il sindaco di Briançon, Gérard Fromm, ha appoggiato fin dall’inizio le attività dei volontari e ha concesso l’uso gratuito dell’ex caserma quando a metà dell’estate i volontari accoglievano i migranti in una tendopoli allestita in un parcheggio. “Questa è una cittadina di montagna e la regola della montagna dice che tutte le persone in pericolo devono essere messe in salvo. Ecco perché tutti gli abitanti di Briançon sono coinvolti in questa impresa”, spiega Pruvot.

      In fondo, ammette, “stiamo facendo un lavoro che dovrebbe fare lo stato: impedire che ci siano degli incidenti in montagna, che ci siano dei morti”. Mentre parliamo, viene raggiunto da una telefonata. Dalla stazione di Bardonecchia avvertono che un minorenne del Sudan è partito da solo nel pomeriggio, vogliono assicurarsi che sia arrivato. Pruvot si alza e va a chiedere ad Ali, uno dei volontari, se nella lista dei nuovi arrivati risulti il nome del sudanese. C’è trambusto, Ali dice che dovrebbe essere arrivato in un altro centro insieme a due ragazzi, ma è meglio chiamare per essere sicuri. In cucina migranti e volontari giocano con Roland, uno dei due bambini del centro: è del Ghana e parla solo inglese come la madre Veronik. Ma gioca con tutti.

      Intanto Mohmmed Traoré si è seduto sulla panca in cucina e mangia un mandarino. “Sono un sopravvissuto”, dice. “Sono sopravvissuto al deserto e ho visto morire molte persone, sono sopravvissuto alle prigioni libiche e anche lì ho visto molte persone che non ce l’hanno fatta. Sono riuscito a sopravvivere alla traversata del Mediterraneo e ora anche alla neve delle Alpi. Ma ho come l’impressione che il viaggio non sia ancora finito”. È partito a quindici anni da Kankan, in Guinea, ha attraversato sette paesi e due continenti, si è lasciato alle spalle confini, pericoli e sofferenze. Ma ancora non sa che cosa lo aspetta e quale città finirà per chiamare casa.

      https://www.internazionale.it/reportage/annalisa-camilli/2018/01/09/bardonecchia-briancon-alpi-migranti

    • Une cordée solidaire au lieu d’une frontière

      La frontière n’a pas de pouvoir. La frontière ne tue pas. La frontière, en soi, n’existe pas. Toute frontière est le fruit de l’esprit d’hommes et de femmes qui ont le pouvoir de décider si elle est une ligne de contact, d’échange, de partage, ou un lieu de crispation, de frottement, de crise.

      https://www.lacite.info/hublot/cordee-solidaire-vs-frontiere

    • Col de l’Echelle : une quarantaine de bénévoles convoqués pour « délit de solidarité »

      « Une démission de l’Etat, contraire à ses valeurs républicaines, à laquelle répond un formidable élan de solidarité citoyenne » : c’est ainsi qu’Eric Piolle, le maire de Grenoble, résume la situation depuis le col de l’Échelle, où il s’est rendu mardi et mercredi, accompagné d’autres élus locaux parmi lesquels le sénateur de l’Isère, Guillaume Gontard. Ce col des Hautes-Alpes est considéré comme le passage à ciel ouvert le plus bas des Alpes occidentales (1762 mètres d’altitude). Depuis quelques semaines, il fait la Une de l’actualité en raison de la hausse importante des migrants qui l’empruntent, et par le fort mouvement de soutien qui se manifeste face à la situation – à l’image de la cordée solidaire du 17 décembre dernier.

      Sur le terrain, le collectif Tous Migrants a recensé plus de 1500 passages depuis le 1er septembre 2017 au sein de la structure d’hébergement d’urgence qu’il a ouvert à Briançon fin juillet. « 416 arrivées en septembre 2017, 445 en octobre, 335 en novembre et 231 en décembre », détaille Michel Rousseau, l’un des membres fondateurs de ce mouvement lancé en septembre 2015 et structuré en association depuis le 1er janvier 2017. Un chiffre qui ne prend pas en compte tous ceux qui sont interpellés par les forces de l’ordre au cours de leur tentative, ni ceux qui ne s’arrêtent pas au centre d’hébergement.

      « Il faut être un athlète pour entreprendre un tel parcours »

      Sans reconnaissance légale, celui-ci est installé dans une ancienne caserne de CRS de secours en montagne, établissement mis à disposition par la communauté de commune. Il témoigne des besoins grandissants en matière d’accueil : « Les passages quotidiens ont commencé en novembre 2016, mais depuis mai 2017, on voit arriver 10 à 30 personnes par jour », poursuit Michel Rousseau. Ces chiffres et cette tendance d’ensemble sont ainsi confirmés par la préfecture des Hautes-Alpes, contactée par Bastamag : « En 2017, près de 1900 étrangers en situation irrégulière ont fait l’objet d’une non-admission à la frontière franco-italienne dans les Hautes-Alpes. En 2016, 315 personnes étaient concernées par ce type de mesure. C’est depuis l’été 2017 que la pression à la frontière est devenue plus intense. On peut légitimement penser que les franchissements irréguliers de la frontière en 2017 sont supérieurs à 1900, dans la mesure où nous ne pouvons comptabiliser que les personnes interpellées, et pas celles qui réussissent à passer en France. »

      Après la vallée de la Roya et Vintimille au sud, le col de l’Échelle, qui permet de rejoindre Névache et la vallée de la Clarée en France depuis l’Italie, serait donc devenu le nouveau point chaud de la « crise migratoire » européenne. Sans que cela ne corresponde pour autant à un véritable déplacement des flux vers le nord : « Ceux qui tentent le passage ici ne sont pas représentatifs de la population de migrants en général, explique Michel Rousseau, qui en dresse le portrait détaillé. C’est une population jeune, de sexe masculin, principalement francophone – une majorité de Guinéens, notamment. Il faut de toute façon être un athlète pour entreprendre un tel parcours ».

      300 personnes évacuées vers les urgences à cause du froid

      Avec l’arrivée de l’hiver, les images nocturnes de ces migrants en sandales dans la neige ont fait le tour du monde, symboles des conditions extrêmes dans lesquelles sont entreprises ces traversées. Pour l’heure, aucun décès n’a été constaté sur place, « un petit miracle ». Mais ce sont plus de 300 personnes qui ont été évacuées vers les urgences de l’hôpital à leur arrivée à Briançon, selon les chiffres communiqués par Tous Migrants. Deux personnes ont du être amputées l’année dernière, victimes d’hypothermie, tandis que deux autres ont été grièvement blessés suite à une chute dans le ravin en tentant d’échapper à un contrôle policier, en août 2017.

      Car dans le même temps, les forces de police ont renforcé localement leur dispositif. Police au frontière, gendarmes et militaires sont présents sur place : « Il y a au moins 150 personnes mobilisées », estime Michel Rousseau, qui évoque sans détour une véritable « chasse aux migrants » depuis le printemps 2017. « Les effectifs locaux de la PAF à Montgenèvre et de la brigade de gendarmerie de Briançon positionnés à la frontière sont appuyés ponctuellement par des renforts de gendarmerie (une quinzaine actuellement) » indique ainsi le service de communication de la préfecture des Hautes-Alpes.

      « Le président Macron doit cesser d’avoir peur »

      Arrêtés dans leur expédition, les migrants interpellés seraient la plupart du temps remis en liberté un peu plus loin, côté italien. Une logique absurde : « Qui peut donc penser qu’ils vont rester dans le village italien alors qu’ils sont francophones et qu’ils ont traversé des milliers de kilomètres pour arriver là ? », pointe Eric Piolle, qui exhorte Emmanuel Macron « à adopter un regard humaniste et pragmatique car les exilés sont là. Le président doit cesser d’avoir peur : les murs ne seront jamais assez haut pour arrêter les hommes qui veulent vivre ».

      Quand ce ne sont pas les journalistes qui sont visés, les bénévoles locaux, engagés notamment dans les maraudes de soutien, sont les autres victimes de ces contrôles : une quarantaine de personnes aurait ainsi déjà été convoquée au titre de l’article L. 622-1 du code de l’entrée et du séjour des étrangers et du droit d’asile, qui sanctionne l’aide à l’entrée, à la circulation et au séjour irréguliers d’un étranger en France – ce que l’on appelle plus communément le « délit de solidarité ». « Les bénévoles qui aident ne sont pas des délinquants, ce sont des héros » défend Eric Piolle. Une situation qui ne fait que confirmer le tour de vis anti-migratoire des politiques françaises en la matière, condamnées ce week-end pour « complicité de crime contre l’humanité » par le Tribunal permanent des peuples.

      https://www.bastamag.net/Col-de-l-Echelle-une-quarantaine-de-benevoles-convoques-pour-delit-de
      #délit_de_solidarité

    • #Val_Susa, No border in marcia sulla neve: “Migranti rischiano la vita qui sulle montagne, ospitalità è nostro dovere”

      Attivisti no borders italiani e francesi insieme, circa mille persone domenica 14 gennaio hanno marciato sulla neve, attraversando il confine italo-francese di Claviere. Un corteo che ha percorso la stessa strada dei migranti, organizzato per protestare contro la militarizzazione delle frontiere. Quella alpina, nonostante il gelo e il rischio di morire assiderati, è una rotta sempre più battuta da coloro che cercano di arrivare in Francia, soprattutto dopo la chiusura dei confini a Ventimiglia. “I migranti continuano ad arrivare rischiando la loro vita sulle montagne – raccontano gli attivisti della rete solidale Briser la frontier – e questo è il risultato delle politiche di chiusura delle frontiere a Ventimiglia e negli altri confini”

      https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/01/14/val-susa-no-border-in-marcia-sulla-neve-migranti-rischiano-la-vita-qui-sulle-montagne-ospitalita-e-nostro-dovere/4092370

    • #Migrants risk death crossing #Alps to reach #France

      It took Abdullhai (below) almost three years to get from his home in Guinea to a rocky, snow-covered Alpine mountain pass in the dead of winter, for what he hopes will be the final stage of his journey into France.

      The terrain is steep and dangerous and he and a group of five other migrants face risks ranging from losing their footing on steep drops, being struck by falling rocks or succumbing to the -9C (15°F) temperatures in clothing ill-suited to the terrain.


      https://widerimage.reuters.com/story/migrants-risk-death-crossing-alps-to-reach-france

    • Italy: March supporting migrants who make deadly Alps crossing

      Italian pro-migration activist group #Briser_les_frontières marched on the French-Italian mountain border near Claviere and Moginevro on Sunday to protest migration laws at borders preventing the sanctuary of refugees. The activists carried pro-migration banners as they travelled between the two mountains in a similar route which asylum seekers have been known to cross to get between countries often at great risk. Italian and French mountain police blocked their paths however for most of the protest, but activists eventually reached their destination by staying close to the ski slopes. Briser Les frontieres solidarity network member Daniele Brait explained: “In recent months there have been many attempts to cross the border into the Alps that seem to have become the new Mediterranean. People who have managed to survive the sea today risk their lives in these mountains.” Migrants are known to regularly attempt to traverse the Colle della Scala (Cole de l’Echelle in French) in freezing temperatures some 1800 metres above sea level between Italy and France, resulting in the death of many. SOT, Nicoletta Dosio, No-Tav movement spokesperson (Italian): “The motivations that bring us here today is to express solidarity and to reiterate that the World with the borders is a world that does not serve and we don’t want.” SOT, Nicoletta Dosio, No-Tav movement spokesperson (Italian): “This Europe, which is the Europe of Maastricht, is a fortress that exploits the countries of the South of the world with the war and does not allow the poor of the Earth, who have become poor because of this exploitation, to cross its borders.” SOT, Daniele Brait, Briser Les frontieres solidarity network member (Italian): “In recent months there have been many attempts to cross the border into the Alps that seem to have become the new Mediterranean. People who have managed to survive the sea today risk their lives in these mountains.” SOT, Daniele Brait, Briser Les frontieres solidarity network member (Italian): "One of the rules of the mountain, as well as one of the rules of the sea, is that people who need help, a warm place, a blanket, a jacket, even just something like a hot dish, are not abandoned.” SOT, Briser les frontieres Activist (Italian): “Italy has always done business with Libya where there are detention centers that are lager.” SOT, Briser les frontieres Activist (Italian): “It finances them with the excuse of fighting terrorism and managing migration flows. In these camps people are tortured and women raped.”

      https://www.youtube.com/watch?v=zxELo_bJG4c&feature=share

    • Quando non esisteranno più frontiere, nessuno morirà per attraversarle. Aggiornamenti dalla route des Alpes

      Domenica 14 gennaio la rete di solidarietà Briser les frontières (abbattere le frontiere) ha indetto una camminata lungo la frontiera con la Francia contro i confini e per la libera circolazione delle persone.

      Alla chiamata hanno risposto circa un migliaio di persone provenienti dalla Val Susa - le immancabili bandiere No Tav, stavolta insieme a quelle No Border, sventolavano tra la folla -, da Torino e dalla Francia. Una valle in cui la rete Briser les frontières non può fare a meno di sottolineare l’ipocrisia di politiche che mentre distruggono l’ambiente per far muovere liberamente merci e turisti lungo le linee ad Alta Velocità “chiudono tutti gli spazi a coloro che non gli rendono il giusto profitto, preparando il terreno di quello che rischiano di far diventare l’ennesimo cimitero a cielo aperto”, scrivono su un volantino.


      http://www.meltingpot.org/Quando-non-esisteranno-piu-frontiere-nessuno-morira-per.html

    • Autres montagnes, toujours froid et neige qui mettent les réfugiés en danger... mais là, c’est au #Liban :

      Des réfugiés, piégés par la neige, meurent de froid

      Une dizaine de réfugiés syriens — dont des femmes et des enfants — ont péri dans les montagnes libanaises enneigées.

      https://www.lematin.ch/monde/refugies-pieges-neige-meurent-froid/story/21301145

      Un ami syrien a posté sur FB cette photographie, apparemment de la famille dont parle l’article ci-dessus.

      Son commentaire :

      Cette famille syrienne est morte congelée aux frontière syro-libanaises, par l’interdiction des milices de Hozballah, ceux qu’ils échappent les bombardements les frontières les congèlent

      Le commentaire en arabe d’une autre personne, à l’origine du post sur FB :
      ماتوا بردا وألما في جبال لبنان الشرقية بالقرب من بلدة الصويري

      ...
      يارب إرحم السوريين فقد ضاقت بهم الدنيا وتسكرت أمامهم السبل .
      أردوا الدخول عبر الجبال تهريبا هربا من الموت
      فكان الموت إنتظارهم.

      La dernière partie de la citation en arabe devrait dire, si google translate fait bien son boulot :

      Ils voulaient entrer dans les montagnes pour échapper à la mort et la mort les attendait.

      Selon une brève recherche google pour essayer de trouver l’origine de l’image, voici ce qui semblerait être la première fois que cette image a été mise sur internet :
      http://www.mansheet.net/Akhbar-Aalmyh/1478462/%D9%85%D8%AC%D8%B2%D8%B1%D8%A9-%D9%84%D9%84%D8%A7%D8%AC%D8%A6%D9%8A%D9%86-

      Syria conflict : 15 refugees found frozen to death

      Fifteen Syrian refugees - some of them children - have been found frozen to death while trying to cross the mountainous border into Lebanon.

      http://www.bbc.com/news/world-middle-east-42758532

      Suite au commentaire de @ninachani, j’ai enlevé les images, que j’ai décidé tout de même de laisser sur seenthis, mais sur en faisant un billet à part :
      https://seenthis.net/messages/667555

    • Pierre, accompagnateur en montagne : « Nous ne sommes pas des passeurs »

      A la différence des guides de haute montagne, qui encadrent l’alpinisme, l’escalade ou le ski, l’activité des accompagnateurs en montagne se concentre sur la randonnée pédestre en été et en raquette l’hiver. Ils transmettent des connaissances sur le milieu montagnard, la faune, la flore, le patrimoine et l’histoire des territoires parcourus. Pierre, qui a préféré conserver l’anonymat, est accompagnateur en montagne depuis une dizaine d’années dans le Sud-Est de la France et habite dans le Briançonnais, dans le département des Hautes-Alpes. Il explique comment s’organise l’aide aux migrants qui traversent, au péril de leur vie, les cols de l’Echelle ou de Montgenèvre pour rallier la France.


      https://www.alternatives-economiques.fr/pierre-accompagnateur-montagne-ne-sommes-passeurs/00082620

    • Puntata 87 | #Briser_les_frontiers

      Domenica 14 gennaio Briser les frontiers, una marcia popolare sulla neve, si è portata al confine Italia Francia per accendere i riflettori su una frontiera (mobile per le merci ma sempre più ostica per gli umani) che racconta le nuove rotte migranti e l’inutilità del concetto stesso di confine.


      http://amonte.info/picchi-di-frequenza/puntata-87-briser-les-frontiers

    • Montagnes, migrants en péril

      Entretien depuis le Bus Cartouche à Genève avec Cristina Del Biaggio, maîtresse de conférence à l’Université de Grenoble et géographe spécialiste des questions de migration et des frontières.

      Le col de l’Échelle dans les Haute-Alpes, théâtre tragique du passage de personnes migrantes. Le froid implacable et le manque d’équipement à l’origine d’un drame humain dont on ne mesure pas encore l’étendue...

      http://audioblog.arteradio.com/post/3082548/montagnes__migrants_en_peril

    • Bardonecchia, le nouveau mur où échouent les espoirs des migrants

      « On n’a rien à perdre. Sans travail et sans argent, nous sommes prêts à prendre tous les risques pour parvenir à franchir cette frontière », assure un jeune Guinéen qui préfère ne pas donner son nom.


      https://www.courrierinternational.com/depeche/bardonecchia-le-nouveau-mur-ou-echouent-les-espoirs-des-migra

    • Dodging Death Along the Alpine Migrant Passage

      Along the dangerous Alpine route from Italy to France, Annalisa Camilli of Internazionale meets young migrants desperate to reach northern Europe, and the local volunteers trying to make sure their villages are not another deadly stop on the migration trail.


      https://www.newsdeeply.com/refugees/articles/2018/01/25/dodging-death-along-the-alpine-migrant-passage

    • Quand il s’agit d’une alpiniste française en difficulté dans l’Himalaya, des « secours hors normes » sont mis en place pour lui venir en aide, nous dit Ledauphine.com. Fort heureusement d’ailleurs.

      Mais s’il agit des personnes à la peau noire à la recherche d’un refuge en danger sur le Col de l’Echelle, alors là, ce ne sont pas les « secours mis en place » qui sont « hors norme », mais les forces de police, qui, au lieu de les secourir, les refoulent en Italie.

      Selon la nationalité, l’humanité n’a pas droit au même traitement.

    • GRAND FORMAT. Briançonnais, ce sont eux, les premiers de cordée solidaire !

      Plus d’un millier de Briançonnais se sont mobilisés pour parer aux urgences des migrants qui arrivaient à leurs portes dans les pires conditions. Une chaîne exceptionnelle portée par la fraternité. Rencontre avec ceux qui donnent sens à la dignité.

      https://www.humanite.fr/grand-format-brianconnais-ce-sont-eux-les-premiers-de-cordee-solidaire-6498

      signalé par @vanderling sur seenthis : https://seenthis.net/messages/665922

    • Nevica ancora sulla rotta di montagna

      Nevica ancora, sul passo del Colle della Scala, sulla rotta da Bardonecchia a Briançon, e su quella nuova che si è aperta sulla pista da sci di Claviere. I giovani migranti affrontano il cammino in scarpe da ginnastica tentando di arrivare in Francia. Lorenzo Sassi ed Emanuele Amighetti hanno passato un po’ di tempo con loro - e con gli abitanti del posto che si adoperano per aiutarli in armonia con la legge della montagna.

      Il Colle della Scala, a 1.762 metri di altezza, è il passaggio più basso delle Alpi occidentali. Da lì passa la cosiddetta “nuova rotta dei migranti” che va da Bardonecchia a Briançon. La stampa francese e quella locale italiana avevano già cominciato a parlarne sul finire dell’estate scorsa. Con l’arrivo dell’inverno, e il conseguente aumento dei rischi, l’attenzione si è riaccesa. La tratta di cui si è parlato parte da Melzet, una frazione di Bardonecchia che ospita anche un impianto sciistico, e arriva a Nevache, primo paesino oltre il confine. Tempo di percorrenza stimato: sei ore.

      Finché è rimasto aperto il passaggio di confine a Ventimiglia, che serviva da valvola di sfogo e canale di redistribuzione dei migranti, la tratta di Bardonecchia non ha impensierito nessuno. Il problema è arrivato dopo. Una volta blindata la frontiera a Ventimiglia, i migranti hanno fatto dietrofront fino a Torino. Da lì, una volta saputo di questo passo tra le montagne che conduce in Francia con relativa facilità, sono confluiti in massa verso l’agglomerato urbano che si frappone fra il Colle della Scala, il confine e, ovviamente, la Francia. Le città coinvolte sono cinque: Bardonecchia, che è la città di riferimento per tutti i giovani migranti perché lì si trova il centro di accoglienza gestito da Rainbow4Africa; Oulx, cittadina a circa 15 minuti da Bardonecchia, usata dai migranti come appoggio per evitare i controlli della polizia nelle città cardine; Clavière, cioè l’ultima località italiana prima del confine; Nevache, primo villaggio oltre la dogana; e infine Briançon, l’Eden sognato dai migranti, ovvero la città in cui la paura svanisce. Lì si è già ben lontani dal confine, al sicuro – in teoria.
      Sul versante italiano

      Per via dell’insistente via vai di giornalisti, fotografi e videomaker che ha in parte scombussolato l’ordine urbano di Bardonecchia e dintorni, gli abitanti sono un po’ restii a parlare, almeno all’inizio. A irrigidire gli animi è anche il freddo: le temperature arrivano fino a 10 sottozero e si vive intorno ai 1700 metri di altezza, dove tira un vento che congela anche lo stomaco.

      Colle della Scala è una vecchia mulattiera, quindi un facile passo di montagna che in estate viene battuto da famiglie e amatori, non solo da montanari esperti. A complicare le cose, tuttavia, è il clima. Nei giorni che hanno preceduto il nostro arrivo, una tormenta ha scaricato dai tre ai cinque metri di neve su strade, case e, ovviamente, il sentiero del Colle. L’impresa era già difficile per un migrante che camminasse in scarpe da ginnastica su un sentiero di montagna a gennaio, ma l’arrivo della bufera ha peggiorato le cose.

      A pochi passi dall’inizio del sentiero c’è una baita che offre rifugio a sciatori stanchi, passeggiatori occasionali e abitanti del posto. Il gestore della baita mi racconta che è ormai un anno e mezzo che ogni giorno vede passare davanti alle finestre del locale dieci o venti migranti. Tra di loro anche donne e bambini – “ma finché era estate, sai, non era un problema. La strada è relativamente facile. Il problema si pone ora, con tutta questa neve. È impossibile proseguire oltre i primi 500 metri”. Mi racconta di un ragazzo che, un paio di mesi fa, con delle semplici scarpe da corsa, si è fatto il Colle in solitaria: “è arrivato in Francia, ce l’ha fatta, però una volta arrivato gli hanno amputato i piedi”. L’ispettore capo di Bardonecchia Nigro Fulvio conferma la storia. Il ragazzo oggi vive a Briançon, in una delle case messe a disposizione dall’amministrazione comunale.

      Qui è anche molto difficile tentare un soccorso. Molti migranti tentano comunque il valico senza conoscere la natura volubile della montagna e le sue asperità, e spesso senza un abbigliamento adeguato. I più fortunati arrivano in Francia, altri vengono fermati dalla “gendarmerie” francese; molti, invece, rimangono intrappolati tra i boschi e la neve dopo aver smarrito il sentiero. Per la comunità locale e per il sindaco, Francesco Avato, il timore più grande – che giorno dopo giorno diventa certezza – è che, con l’arrivo della primavera, la neve sciolta riconsegni i corpi dei dispersi.
      Il lavoro dei volontari

      A Bardonecchia vengono accolti tutti i migranti che arrivano da Torino, che provano a passare il Colle e poi vengono rispediti indietro dalla polizia francese. All’inizio incontro soltanto i volontari di Rainbow4Africa che da tempo si occupano insieme alla Croce Rossa di dare aiuto ai migranti: un pasto caldo, assistenza medica (ogni notte un dottore volontario dell’associazione resta a vegliare il dormitorio) e assistenza legale – cioè altri volontari come Maurizio Cossa dell’Associazione Asgi. Il compito di Maurizio – e degli avvocati che, come lui, offrono questo tipo di prestazioni gratuite – non è tanto quello di riuscire a sbloccare procedimenti legali, quanto piuttosto quello di chiarire ai giovani migranti la loro “situazione legale”, perché molti di loro non sanno perché non possono andare in Francia, non sanno perché vogliono andarci e, il più delle volte, non sanno che, andando in Francia di nascosto, rischiano di perdere quei pochi diritti conquistati in Italia. Diritti che, per quanto scarni, restano comunque diritti.
      Il centro di Bardonecchia funziona a pieno regime, ospitando in media una ventina di ragazzi al giorno. Per ordinanza comunale, però, apre soltanto alle 22:30 – così da accogliere i migranti per la notte e rifocillarli – per poi chiudere i battenti all’alba, subito dopo la colazione, intorno alle 7:30. Al centro troviamo Marina Morello, dottoressa in pensione e volontaria di Rainbow4Africa. Mi racconta subito che qui c’è stata una risposta corale da parte di tutta la comunità locale. Tutti vogliono dare una mano e tutti, nei modi più vari, contribuiscono a fare in modo che i migranti si sentano il più possibile a loro agio.

      Al centro i migranti ricevono cibo, acqua e, nel caso in cui comunichino di voler partire per le montagne, viene dato loro l’equipaggiamento appropriato. Tutti i vestiti, gli scarponcini, le sciarpe e i guanti arrivano al centro direttamente dalle case di volontari, per lo più del posto.

      Arriva l’ultimo treno: non scende nessuno. Per stanotte è andata bene, non c’è nessuno da convincere a non fare pazzie.
      Dov’è la Francia?

      Sul versante francese, il contraltare di Bardonecchia e Rainbow4Africa è Briançon, dove si trova il centro d’accoglienza Tous Migrants. Dopo non poca diffidenza davanti all’ennesimo “journaliste italien” che temono sia un poliziotto sotto copertura, mi fanno fare un giro all’interno. La scena è meravigliosa: circa 30 ragazzi che, insieme ai volontari della piccola cittadina francese, cucinano come se fossero in una brigata di un ristorante stellato. Al piano di sopra ci sono i letti, al piano di sotto lo stanzone coi vestiti, la sala da pranzo, una stanza per giocare a dama o Mah Jong, e un ufficio. I volontari di Tous Migrants offrono assistenza, e all’occorrenza spiegano ai ragazzi come raggiungere le città dove sanno di potersi ricongiungere con amici o parenti. Stando a quanto mi dicono i volontari, sembra che da luglio 2017 a fine gennaio 2018 siano arrivati a Briançon più di 2 mila migranti. Il sostegno del sindaco e degli abitanti nei confronti di Tous Migrants è molto forte. Ed è probabilmente per questo che, come mi dice il sindaco di Bardonecchia, “il sindaco di Briançon non è ben visto dal governo centrale”.

      La seconda sera che passo a a Bardonecchia c’è il caos. Si sono riversati alla stazione tutti i migranti che non erano arrivati nei giorni precedenti per via di un grosso blocco della polizia a Torino. Tra questi c’è un gruppetto che soprannominiamo i Big4, che non ha ben chiara in testa la situazione. Per dare un’idea del loro smarrimento, scendono dal treno, si accendono una sigaretta nella stazione e chiosano: dov’è la Francia? Non hanno idea di cosa fare, dove andare, solo un obbiettivo: la Francia. E l’obbiettivo è completamente sfasato rispetto al calcolo dei rischi, delle perdite o delle prospettive.

      Probabilmente dal Colle, qualche tempo fa, passò anche Annibale con i suoi elefanti. Il che rende più facile capire la caparbietà di alcuni dei ragazzi che si trovano al centro di accoglienza di Bardonecchia. Non è soltanto che ormai hanno visto il deserto, l’hanno attraversato e poi si sono fatti traghettare su un gommone nel Mediterraneo da un tizio senza scrupoli che ha pure chiesto loro dei soldi, e quindi pensano, cosa vuoi che sia la neve – che fra l’altro molti di loro vedono per la prima volta. È anche che, alla fine, non hanno più nulla da perdere. Uno dei ragazzi che ho conosciuto ed è riuscito ad arrivare in Francia, stava tentando quella tratta da due anni. Due anni in cui si è consumato spirito e corpo. Qui si finisce con l’impazzire, perché in Italia molti vengono rimpallati tra un ufficio e l’altro della burocrazia e la Francia, d’altra parte, sembra deriderli: per un verso vicinissima, a portata di mano, eppure così distante da sembrare irraggiungibile.
      Le ronde solidali

      Molti giovani vengono dissuasi dall’inerpicarsi sul Colle. Nel frattempo, però, è andata creandosi un’altra tratta. Parte da Claviere, e segue la pista da sci da fondo che attraversa il confine. Qui il problema non è il rischio, visto che la tratta si trova tutta in piano, ma la più alta probabilità di essere avvistati dalla “gendarmerie”.

      Molte persone del luogo, per aiutare i ragazzi, fanno ronde notte e giorno, così da recuperare chi si perde – o chi riesce a passare il confine – prima che lo faccia la polizia. Una di queste ronde si chiama “Briser les Frontières”: un gruppo di volontari italiani e francesi che, oltre a offrire pasti caldi, vestiti e rifugio, hanno creato una fitta rete cooperativa per recuperare i migranti dispersi. La bussola che orienta il loro lavoro è una legge della montagna – così simile a quella del mare – per la quale è necessario aiutare chiunque si trovi in difficoltà. Molto vicini al movimento No Tav, di recente hanno organizzato una marcia che ripercorre la tratta dei migranti, in segno di protesta e rappresentazione. Per loro non esistono confini, e infatti se la prendono con il Ministro dell’Interno Minniti per aver permesso la creazione dei durissimi campi di detenzione in Libia.

      Nel frattempo la “Paf”, la polizia di frontiera – oltre a fermare e poi rimandare indietro chiunque provi a valicare il confine senza i documenti necessari – ha seminato paura pattugliando la zona tra Bardonecchia e Oulx per fermare i migranti ancor prima che raggiungano il confine.

      Dopo vari tentennamenti, anche i Big4 provano a passare. Li incontro il giorno dopo dall’altra parte, al centro Tous Migrants. Sono al settimo cielo. Intanto il sindaco di Bardonecchia ospita una commissione dell’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati. La domanda è cosa succederà adesso.


      http://openmigration.org/analisi/nevica-ancora-sulla-rotta-di-montagna

    • Une réflexion sur la #montagne, vue dans le cadre de l’expo/atelier « Drawing on the move » :


      Ici plus d’info sur l’atelier :
      http://blog.modop.org/post/2018/02/Atelier-participatif-Drawing-experience-on-the-move

      C’est le témoignage d’un réfugié, qui a transité par la vallée de #La_Roya (et non pas Briançon).
      Les témoignages ont été récoltées par Morgane et Mathilde chez #Cédric_Herrou

      Je transcris ici le texte d’Alex :

      « J’aime cette photo car j’ai vécu tellement d’histoires dans cette montagne : par exemple j’avais faim, j’avais soif, j’étais fatigué. C’est pour cela qu’il est important pour moi de me souvenir de l’histoire de ma vie. La police m’a aussi arrêté dans cette montagne. Je ne peux donc pas oublier cette montagne ».

    • Les citoyens passeurs au secours des migrants

      De plus en plus de migrants tentent de quitter l’Italie en franchissant les Alpes. Une des voies les plus employées se trouve en France dans une station de ski proche de Briançon. Redoutant de voir ces migrants mourir de froid dans leur périple, des citoyens leur viennent en aide au risque de finir en prison.

      https://www.rts.ch/play/tv/mise-au-point/video/les-citoyens-passeurs-au-secours-des-migrants?id=9345564&startTime=7.951655&stat

      Je transcris ici les mots prononcés par la représentante du gouvernement de la préfecture de Gap :
      « Moi je considère que c’est de l’incitation. Aider un étranger en situation irrégulière à traverser une frontière c’est illégal »
      Journaliste : « Pour vous c’est des incitateurs ou des passeurs ? »
      "C’est la même chose. Il y a une différence entre les passeurs rémunérés et les passeurs qui font cela pas pour une motivation financière. Mais l’accueil crée un #appel_d'air. Moi, je ne peux pas jeter la pierre à quelqu’un qui va voir passer sous ses fenêtres un étranger en situation irrégulière alors qu’il fait froid, alors qu’il fait nuit et que la personne soit accueillie quelques heures. Je ne peux pas leur jeter la pierre, mais tout comportement de ce type-là, a fortiori si c’est un comportement réfléchi, structuré et organisé, et c’est le cas par bien de structures associatives du briançonnais, crée une incitation, bien évidemment"

    • Le foto dei migranti tra la neve a Bardonecchia

      Il fotografo #Piero_Cruciatti ha passato due giorni nella stazione sciistica affollata di ragazzi che provano a raggiungere la Francia.

      Nell’ultimo periodo si è parlato molto di una nuova via che i migranti provano a percorrere per attraversare il confine tra Italia e Francia. La strada in questione è quella che passa per il Colle della Scala, raggiungibile dall’Italia passando per Bardonecchia, in Piemonte. Il percorso è fattibile in condizioni climatiche favorevoli, ma il freddo e la neve del periodo invernale stanno rendendo molto difficile e pericolosa la traversata: l’argomento è stato trattato da Diego Bianchi, in arte Zoro, in un servizio trasmesso durante la puntata del suo programma Propaganda Live. Sul posto è andato anche Piero Cruciatti, un fotografo freelance che tra il 12 e il 14 gennaio ha realizzato un servizio per l’agenzia fotografica AFP e ha poi raccontato la sua esperienza sul loro blog.

      Il punto di partenza della traversata è Bardonecchia, una piccola città che è anche una stazione sciistica. Cruciatti ci è arrivato partendo da Torino, sperando di incontrare i migranti già lungo il percorso di avvicinamento alla città; invece non ha visto nessuno fino a che non si è fatta sera. A quel punto la stazione dei treni diventa un punto di raccolta e di riferimento: la sala centrale resta aperta fino alle 21, che è l’orario di partenza e arrivo degli ultimi treni. Dopo una pausa di due ore, apre un’altra saletta riscaldata, all’interno della quale i migranti possono passare la notte: lì ci sono parecchi volontari che operano nella ONG “Rainbow for Africa”, che mettono a disposizione cibo, attrezzature per la traversata, ma anche supporto medico, consulenza legale e le loro conoscenze come membri del gruppo di soccorso alpino.

      I ragazzi che ha incrociato Cruciatti avevano tra i 20 e i 25 anni, tutti provenienti dall’Africa francofona: conoscere la lingua è una delle ragioni che li spinge a lasciare l’Italia e spostarsi verso la Francia, dove spesso hanno parenti o amici. I tentativi di traversata iniziano solitamente di prima mattina, quando Bardonecchia comincia ad affollarsi di sciatori: una delle cose che ha notato Cruciatti è lo stridente confronto tra l’abbigliamento tecnico di chi si trova lì per fare sport e quello molto poco adatto dei migranti.

      Nei giorni in cui è stato sul posto, il fotografo ha seguito due gruppi: il primo ha interrotto la traversata molto presto, dopo aver visto le brutte condizioni della strada. Un secondo, formato da due ragazzi della Costa d’Avorio, ha provato a proseguire per un’altra via, che attraversa la Valle Stretta e arriva al Monte Thabor: oltre c’è la Francia, ma per scalarlo bisogna essere alpinisti esperti. I ragazzi questa cosa non la sanno, né sono consci di molti altri pericoli che potrebbero incontrare in montagna in questo periodo. Una slavina lungo il percorso alternativo ha interrotto anche la traversata di questo secondo gruppo.

      Lungo il tragitto di ritorno a Bardonecchia si incontrano altre persone e degli alpinisti di Grenoble che, racconta Cruciatti, sono stati molto gentili con i migranti: hanno dato loro del cibo e dell’acqua e li hanno informati della pericolosità di ciò a cui stavano andando incontro.

      Difficilmente i migranti riescono ad arrivare in Francia; quando succede è molto comune che vengano intercettati dalla polizia francese e riportati a Bardonecchia. Per questo, racconta Cruciatti, tra i ragazzi c’è molto malumore. La comunità intorno a loro ha però reagito positivamente, con compassione e umanità. Il fotografo ha anche incontrato un uomo che gestisce un rifugio in Valle Stretta. L’uomo ha raccontato di aver sentito persone urlare nella notte e, uscendo per prestare soccorso, ha trovato ragazzi in mezzo alla montagna che cercavano di attraversare il confine di notte per aumentare le loro possibilità di riuscita. Il titolare del rifugio li ha portati nella sua struttura, perché, ha detto a Cruciatti, non poteva fare altro. Al tempo stesso però si chiede quanto a lungo potrà andare avanti questo sistema e quanto per lui sarà difficile intervenire in questo modo senza danneggiare la sua attività.

      https://www.ilpost.it/2018/01/25/migranti-bardonecchia-foto

    • Rescuing Migrants Fleeing Through the Frozen Alps

      Vincent Gasquet is a pizza chef who owns a tiny shop in the French Alps.

      At night, he is one of about 80 volunteers who search mountain passes for migrants trying to hike from Italy to France.

      The migrants attempt to cross each night through sub-zero temperatures. Some wear only light jackets and sneakers, and one man recently lost his feet to frostbite.

      “If the Alps become a graveyard, I’ll be ashamed of myself for the rest of my life,” Mr. Gasquet said.

      The migrants often head for #Montgenèvre, a ski town nestled against the border. France offers them more work and a chance at a better life.

      One night, Mr. Gasquet got a call from a group that had crossed into Montgenèvre. They got his number through word of mouth.

      To evade border police checkpoints, the migrants follow paths through the forest, often at night, when it is easy to get lost.

      “Ninety percent of them have never seen snow in their lives,” he said. “Some of them say, ‘We’ve seen it on TV,’ but on the TV, you don’t feel the cold.”

      He drove to find them.

      The work is risky. Helping anybody enter or travel in France without valid paperwork is technically illegal.

      When he reached Montgenèvre, four young men from eastern Africa were shivering behind a snow bank, while another stood in the street. He hurried them into his car and drove them to a shelter.

      It would have been a perilous walk after hours in the snow.

      On another night, Mr. Gasquet and other volunteers set out by car and on foot.

      They spotted a group walking through the snow and hurried them into the car and to a shelter called Le Refuge.

      Here, the new arrivals can get warm, have a hot meal and change into dry clothes.

      “It’s not my place to say whether or not I want migrants in my country. That’s a job for the politicians,” Mr. Gasquet said.

      “All I know is that I don’t want people dying in front of my door.”

      https://www.nytimes.com/interactive/2018/02/22/world/europe/alpine-rescue.html?action=click&module=Top%20Stories&pgtype=Homepage

    • Ivorian migrant mourns ‘four lost years’ on road to Europe

      Soumahoro ploughed on, moving up through Italy, sleeping seven to a tent in the middle of winter.

      Eventually he heard that west Africans like him were heading to France through the Echelle pass in the Alps — perilous, at 1,762 metres (5,780 feet), but with no border crossing.

      He entered France in January 2017, taking two days to cross the mountain.

      With the help of local volunteers, he has finally been accepted onto a training course as a carer while still waiting for his asylum claim to be processed.

      But his days are lonely and full of uncertainty.

      “I don’t have a fixed place where I can stay, I go from family to family,” he said.

      “You ask yourself what you’re doing here. You tell yourself you’re good for nothing. A man’s life shouldn’t be about staying put and doing nothing; you want to feel useful.

      “You want to feel like you’re contributing something positive to society.”


      https://www.capitalfm.co.ke/news/2018/03/ivorian-migrant-mourns-four-lost-years-road-europe

    • A la frontière franco-italienne, migrants et bénévoles piégés par des #passeurs

      « Par ici, venez ! ». Les nerfs à vif, transis dans la nuit glaciale, cinq migrants africains trébuchent dans la neige, puis s’agrippent aux mains tendues de bénévoles venus les secourir.

      Abandonnés par leur passeur depuis des heures côté italien des Alpes, ils ont finalement réussi à pied à travers la montagne leur entrée clandestine en France, à quelques dizaines de mètres seulement du poste de la police aux frontières (PAF).

      Il est 22h00 près du col de Montgenèvre, et leurs baskets et jeans sont dérisoires face aux -10 degrés de cet enfer blanc. L’atmosphère est électrique : depuis fin 2015, les contrôles aux frontières sont rétablis. Une patrouille de la PAF peut débarquer et briser l’ultime étape de leur long exil jalonné de drames dans le désert africain, en Libye, en Méditerranée...

      Des membres de l’association « Tous migrants », qui gère bénévolement le « Refuge solidaire », seul lieu d’accueil dans la ville proche de Briançon (est), sont eux aussi inquiets. « Est-ce que vous êtes venus avec des passeurs ? Combien avez-vous payé ? », lance l’un d’eux à un migrant. Les discussions s’échauffent au sein du petit groupe de Guinéens, Ivoiriens et Maliens.

      Bénévole de 19 ans, Elie vient de passer des heures à chercher ces jeunes en arpentant une piste de ski frontalière. « Je suis né ici, j’imagine bien ce que peuvent vivre des gens pas équipés, qui ne connaissent pas... », explique-t-il à l’AFP. « On ne peut pas rester les bras croisés dans son canapé (...) C’est pas grand-chose, on les réchauffe, on leur donne à manger et à boire, des vêtements chauds ».
      Le business des passeurs

      Mais depuis février, l’aide des bénévoles est compliquée par un nouveau phénomène : le business de plus en plus florissant de passeurs sévissant dans la gare de Turin (Italie). Selon les témoignages de migrants, ces passeurs sont francophones et originaires d’Afrique de l’Ouest.

      Aux migrants vulnérables arrivant du sud de l’Italie, ils facturent 100 à 350 euros le trajet en train entre les villes de Turin et Oulx et le ticket de bus entre Oulx et la commune italienne de Clavière, à quelques kilomètres de la frontière. Des trajets coûtant en réalité moins de 10 euros...

      Ils leur font miroiter un passage jusqu’en France mais les abandonnent à Clavière - y compris des femmes et des bébés - et appellent des bénévoles en se faisant passer pour des migrants. Puis ils s’éclipsent en Italie, leur bénéfice en poche.

      Steeve (prénom modifié), Camerounais de 26 ans, parti « s’aventurer » (migrer) avec son fils d’à peine 8 ans, est sous le choc. Il a accepté de témoigner malgré l’humiliation de s’être fait dépouillé de 250 euros, gagnés « en travaillant dans la cueillette des fruits en Sicile ».

      « A la gare de Turin, les +frères black+ sont nombreux, tu leur fais confiance aveuglément ; ils disent : +on a des amis de l’autre côté, y’a une voiture immatriculée en France qui viendra te chercher et t’amènera à Paris pour 300 euros+ ».

      Mais Steeve, son fils et une vingtaine d’autres ont été lâchés deux jours plus tôt un soir par leur passeur à Clavière, sans aucune idée de là où ils étaient. Pendant quatre heures, « ne sentant plus leurs pieds », ils ont supplié « l’ami français » de venir les chercher.
      Numéros de téléphone vendus

      Philippe Wyon, l’un des responsables bénévoles du « Refuge », s’insurge contre « l’instrumentalisation intolérable » par ces passeurs des bénévoles, qui risquent de se mettre dans l’illégalité. Les passeurs « se sont procurés nos numéros de téléphone et les revendent aux migrants ; on se retrouve piégés alors que notre mission, c’est de porter secours à des gens qui sont en danger en montagne, mais sûrement pas de faire le taxi pour des passeurs ».

      Les bénévoles ont donc pris la difficile décision de ne plus répondre au téléphone, et de faire des maraudes ponctuelles. Des affichettes mettant en garde les migrants contre cette arnaque ont été distribuées par les bénévoles à la gare de Turin. En 2017, 30 passeurs ont été interpellés, contre 6 en 2016, selon la PAF.

      Il est 23H00 sur le col de Montgenèvre, et les bénévoles apprennent qu’au moins une vingtaine d’autres migrants sont en train d’arriver... Au bord de l’épuisement, un jeune Ivoirien n’arrive plus à avancer et dit ne plus sentir ses doigts.

      « C’est des gamins, ils sont gelés, on les descend ! », tranche un bénévole cinquantenaire.

      Durant la quarantaine de minutes de route en lacets jusqu’à Briançon, Abdoul, adolescent malien au regard habité, ne cesse de trembler. Cela fait quatre nuits qu’il n’a pas dormi et a erré en tentant à plusieurs reprises de passer la frontière. « Où on va ? On doit aller à la Croix-Rouge ! », crie-t-il.

      Arrivés au « Refuge », les migrants, méfiants, s’asseoient autour d’une table. « C’est très important que vous nous disiez si vous avez payé ou pas. Ce que font les passeurs, ça nous met en danger et ça met en danger vos camarades », explique un bénévole.

      Un jeune Guinéen, ses pieds dans une bassine d’eau chaude, finit par avouer avoir payé 200 euros pour se retrouver côté italien de la frontière.

      A minuit, l’atmosphère s’apaise. Plat chaud, paroles réconfortantes, brosses à dent et serviettes sont distribuées à ces migrants africains. Abdoul esquisse même un sourire. Cette nuit là, il sera rejoint par une dizaine d’autres jeunes épuisés et déboussolés.


      https://www.courrierinternational.com/depeche/la-frontiere-franco-italienne-migrants-et-benevoles-pieges-pa

      autre lien :
      https://www.lepoint.fr/monde/a-la-frontiere-franco-italienne-migrants-et-benevoles-pieges-par-des-passeur

    • Secourir les migrants sur la route des Alpes

      Depuis que deux jeunes Maliens ont dû être amputés des pieds et des mains à la suite de la périlleuse traversée du col de l’Échelle, dans les Hautes-Alpes, les équipes de volontaires issus des villages alentour se relayent, bravant les forces de l’ordre, pour porter secours aux migrants et leur offrir un refuge.

      https://www.arte.tv/fr/videos/079473-004-A/arte-regards

      Témoignage d’un habitant, Philippe Zanetti, dans le film :

      « On prend le #risque, mais le risque est plus petit que la vie de ces gens. Une vie humaine ça n’a pas de prix, je pense. C’est ma conviction »

      Dans les Alpes, ça a toujours existé les passeurs. Pendant la guerre, et avant. L’état d’esprit c’est : porter secours.

      L’Europe se doit de les protéger, mais les pourchasse.

      Commentaire de la journaliste :

      « En montagne, l’entraide est une tradition, explique Philippe. Une conviction que semblent partager ici toutes les communes de la zone frontalière alpine »

      #entraide #maraudes

      On explique que le maire de Briançon fait partie d’un mouvement qui s’appelle La #frontière_solidaire.

      Un des refuges de montagne (ici au Col de l’Echelle) que les bénévoles approvisionnent pour les migrants :

    • Vu sur FB (publié par Laurent Grossmann)

      Chasse aux migrants à Briançon

      Messieurs Gérard Collomb et Emmanuel Macron, vous pouvez être fière de votre police des frontières. En effet, ils exécutent à merveille vos ordres à la frontière de #Montgenèvre, sur la route de Briançon. Avant-hier soir, j’ai assisté à cette incroyable #chasse_à_l'homme. Des migrants venus d’Italie se faisaient littéralement courser par des gendarmes. Je me souviens avoir joué aux gendarmes et aux voleurs quand j’étais petit mais j’étais loin d’imaginer qu’en faite c’est au gendarmes et aux migrants que notre police joue aujourd’hui. Donc j’ai vu de mes yeux, des personnes pas équipée pour la montagne, arriver en France. Et je dois dire que l’accueil est digne, digne du #Far_West. Pourquoi faites vous ça ? Quel est chez vous cette étincelle qui vous anime pour dire à des hommes de chasser d’autres hommes, alors qu’ils sont en #danger, danger de mort, danger de gelures. Car dans cette vallée des migrants ont perdu des mains et des pieds et ce printemps ont découvrira sûrement des cadavres. Mais ça, j’ai bien l’impression que ça ne vous choque pas. La petite cerise sur le gâteau c’est que votre police demande aux citoyens « avez-vous vu des migrants ? ». Ces citoyens ont demandé :" mais comment on les reconnaît". Et ils nous ont répondu logiquement :" ba en général ils sont noirs". J’ai été interloqué par cette réponse si évidente. Mais je me suis demandé pourquoi ils n’ont pas fouillé la ville et arrêté tous les noirs...ils auraient pu en arrêter encore plus.
      Bon sinon, sachez que ceux qui ont finalement réussi à passé sont bien au chaud aujourd’hui, et reprennent des forces avant de repartir sur la route de l’exil. Et ceux qui ont été redéposé en Italie, sont aussi bien arrivés, malgré le froid et l’épuisement. Donc vos efforts sont vains. Sachez aussi que grâce à des secours citoyens, plusieurs femmes et un homme handicapé ont pu éviter cette course poursuite infernale avec vos forces de l’ordre. Et que grâce à eux aussi, ils retrouvent le sourire et de l’espoir, et ça, ça n’a pas de prix !

      #couleur_de_peau #Noirs #délit_de_faciès

      https://www.facebook.com/elsassnight/posts/10215831087467814

      Ce texte était accompagné de cette image :

    • Pour les jeunes perdus de Guinée et Côte d’Ivoire, des mois d’odyssée jusqu’aux Alpes (signé AFP)

      « J’essaie de reprendre mes forces », souffle Jacques, jeune migrant guinéen, les yeux rougis et un pâle sourire creusant ses pommettes émaciées de survivant. Il a derrière lui des mois d’odyssée, avec d’autres Guinéens et Ivoiriens, dont le nombre explose dans les Alpes françaises.
      A 16 ans, il vient de frôler la mort en gravissant pendant deux jours le col de l’Echelle (Alpes) pour arracher son entrée en France dans des conditions dantesques. « Il y avait beaucoup de neige et à un certain moment, je ne savais plus si j’étais parmi les morts ou les vivants », raconte-t-il à l’AFP depuis le matelas où il se repose au « Refuge solidaire », centre d’accueil associatif à Briançon (est), à la frontière italienne.

      Parti avec d’autres à l’assaut de ce col, Jacques s’est perdu, a dormi dans une grotte... Un périple entamé en 2017 à travers le Mali, l’Algérie, la Libye, l’Italie.

      Depuis un an, la région des Hautes-Alpes connaît une augmentation exponentielle d’arrivées de jeunes de Guinée (Conakry) et de Côte d’Ivoire (pourtant première puissance économique d’Afrique de l’Ouest). Ces nationalités arrivent loin devant celles des autres migrants, très majoritairement ouest-africains.

      Selon la préfecture des Hautes-Alpes, 315 personnes en situation irrégulière ont été refoulées vers l’Italie en 2016, contre 1.900 en 2017, en majorité des Guinéens et des Ivoiriens.

      Entre juillet 2017 et février 2018, près de 3.000 migrants sont passés par le « Refuge » ; parmi eux, au moins 1.185 Guinéens (dont 793 se déclarant mineurs) et 481 Ivoiriens (dont 209 se déclarant mineurs).

      – Les raisons d’un départ -

      Parmi les raisons de départ figurent chômage et les conditions de vie très précaires de ces jeunes, des ressources captées par les élites de ces pays, les défaillances de l’enseignement public, « inadéquat » avec le marché de l’emploi, des situations familiales inextricables (enfants nés hors mariage marginalisés, compétition au sein des familles polygames), et les pressions de familles pour envoyer un enfant débrouillard « s’aventurer » (émigrer).

      « L’accès à l’emploi est extrêmement réduit en Guinée, même pour ceux qui sont diplômés (...) Pour l’essentiel, les investissements sont faits dans le secteur minier, pour la bauxite notamment », selon le sociologue guinéen Bano Barry, interrogé à Conakry.

      « Personne ne vient investir parce que le pays est instable » politiquement, note-t-il, référence aux plus de 50 ans de régimes autoritaires. Nombre de Guinéens ont émigré dans les pays de la région, mais ces derniers ont désormais du mal à employer leur propre jeunesse.

      Sia, Ivoirien de 35 ans, se repose au « Refuge » : « Regardez le nombre de jeunes Ivoiriens qui +sortent+ », lance-t-il avec colère. « Avant, quand tu voyais un Ivoirien en France, il étudiait et puis il retournait dans son pays. Aujourd’hui, ce n’est plus +bourse d’études+, c’est les zodiacs sur la mer ! ». « On nous dit qu’il y a plus de guerre, qu’il y a la richesse du cacao, que ça va, mais c’est pas vrai ! », lance-t-il.

      – Désinformation -

      Mais la désinformation règne parmi ces migrants sur les énormes difficultés qui les attendent en France : le péril des reconduites à la frontière, les parcours du combattant pour obtenir les statuts de mineurs isolés ou de demandeurs d’asile, voire la vie à la rue.

      Nés hors mariage et sans plus d’attaches familiales à Conakry, Cellou et Abou (prénoms modifiés) en ont fait l’expérience. Echoués en 2016 et 2017 à Briançon, ils se disent mineurs mais leur minorité n’a pas été reconnue. Ils attendent l’examen de leur recours, toujours hantés par leur voyage.

      Cellou raconte qu’il a failli être vendu comme esclave en Libye, puis emprisonné et frappé à Zabrata, où il a été témoin d’exactions des « Asma boys » (gangs armés libyens) contre les migrants. Il souffre d’insomnies. « Je suis venu pour étudier et faire une formation dans la cuisine, j’aime ça trop », confie-t-il.

      Depuis des mois, c’est grâce à la solidarité de Briançonnais qu’ils sont logés, nourris, formés au français. Ce soir là, pour se remettre d’un cours intense « sur les pourcentages », ils taquinent leur « Vieux » (un bénévole), pestent contre le froid et se cuisinent des spaghettis tomates-piments.

      « Cette attente est difficile mais j’ai pas le choix ; retourner en Guinée, ça veut dire retourner à la rue », confie Abou. « Quand il se passe des choses là-bas, le plus souvent, c’est les jeunes qu’on tue ».

      Une douzaine de personnes - dont plusieurs mineurs - y ont été tuées dans des violences après des élections locales en février. Le 26 février, Conakry a été transformée en « ville morte » à l’appel des enseignants, en grève depuis deux semaines.

      – ’Appel d’air’ -

      Alors à l’heure des réseaux sociaux, nombre sont attirés par les messages de « ceux qui sont partis ». Pour le sociologue Bano Barry, les arrivées de Guinéens à Briançon sont le résultat d’un « appel d’air, un mimétisme ». « Les candidats au départ à Conakry savent que d’autres sont passés par là, qu’ils pourront s’appuyer sur quelqu’un qui pourra leur servir de guide ».

      Mais le drame, « c’est que les images de leurs difficultés en France ne sont jamais véhiculées ». Et même si certains confient leur galère, les candidats au départ les accusent de ne pas vouloir partager leur « réussite »...

      M. Barry cite le cas d’un de ses anciens étudiants. « Il ne le dira jamais à ses proches, pour ne pas être humilié ; je l’ai revu dans la famille qui l’héberge à Paris : sa chambre, c’est un matelas dans un placard à manteaux ».

      Ibrahim, migrant guinéen de 22 ans, veut dire aux parents « de ne pas encourager leurs enfants à venir ici ». Le destin a été cruel : il a fait une chute de 40 mètres au col de l’Echelle en août 2017, après avoir pris peur en voyant des gendarmes. Hémiplégique, le corps et la parole martyrisés, Ibrahim arpente avec un déambulateur un centre médical de Briançon. « Ce voyage, cette montagne, c’est trop dangereux ».

      https://www.lexpress.fr/actualites/1/societe/pour-les-jeunes-perdus-de-guinee-et-cote-d-ivoire-des-mois-d-odyssee-jusqu-

    • Migrants : « Jamais le gouvernement actuel n’a été aussi loin dans le mépris des droits humains »

      TRIBUNE. « L’accueil qu’on leur réserve est le dossier critique de notre temps », estime l’historien #Patrick_Boucheron.

      C’est le moment. Le moment où tout peut se jouer d’un destin collectif. Le moment où mille victoires de détail risquent d’être, d’un coup, submergées par la faillite morale d’une nation. N’imaginez pas de vastes chambardements, des trahisons spectaculaires, des infamies de grand style : non, il suffirait que nous continuions ainsi, pas à pas, suivant la pente de la mesquine indifférence aux malheurs des hommes, toujours plus prompts à considérer pour nul ce qui n’est pas strictement nous-mêmes, ne voyant plus rien des dangers véritables du monde à force de le confondre avec la vision rétrécie et hargneuse qu’en donnent les idéologues.

      Cette pente implacable qui nous éloigne imperceptiblement de nous-mêmes, rien ne la dessine plus nettement aujourd’hui que l’indignité de l’Etat dans la gestion – prenons-le au mot – de ce qu’il est convenu d’appeler la crise des migrants. Quels que soient ses préférences politiques ou ses choix moraux, il n’est pas un seul professionnel de cette question qui ne partage ce déplorable constat : alors qu’on continue de nous bercer de discours humanistes, le gouvernement actuel n’a jamais été aussi loin dans le mépris des droits humains et dans l’ignorance des situations concrètes, lorsqu’il refuse de porter secours à ceux qui souffrent tout en s’en prenant à ceux qui leur viennent en aide.

      Ce n’est pas d’hier que nous la dévalons, cette pente. Combien en a-t-il fallu de renoncements à nos valeurs et à nos espérances, mais aussi, beaucoup plus prosaïquement, à l’intelligence des choses du monde pour que nous parvenions à une telle situation ? Car aux pouvoirs injustes on ne doit jamais opposer la beauté des principes mais la vérité des pratiques. Il ne s’agit pas seulement de dire que le tri entre les migrants économiques et les demandeurs d’asile est immoral, il s’agit de rappeler qu’il ne correspond à rien dans la réalité. Tout, dans les changements politiques, économiques et environnementaux du monde d’aujourd’hui, vient contredire cette dichotomie sommaire, et ce n’est pas à force de l’asséner qu’elle finira pas devenir vraie.
      Le dossier critique de notre temps

      S’il est une pente fatale, c’est bien celle qui, au nom d’une politique prétendument réaliste, nous éloigne de la réalité de ce que nous sommes. La réalité : la France est, historiquement, un pays d’immigration, c’est là sa force et sa grandeur, et ceux qui depuis des décennies parlent d’une France repliée sur ses frontières et menacée par des hordes d’envahisseurs discourent d’un pays qui n’existe pas. La réalité : les migrants seront de plus en plus nombreux, on doit les accueillir, c’est un devoir et c’est une chance. La réalité : partout on le fait, plus qu’on ne le dit, plus qu’on ne le croit, car la France n’est étriquée et moisie que dans l’esprit de certains de ses dirigeants qui, à force de n’écouter que les polémistes les plus bruyants ou les manieurs de sondages les plus subtils, ont fini par ne plus rien comprendre de ce qui l’animait vraiment.

      Car regardez, si vous voulez vous en convaincre, les cartes que dressent en temps réel les associations qui s’occupent aujourd’hui de défendre les migrants, et de les défendre parfois contre l’Etat qui devrait les protéger. Vous y verrez s’étoiler les bonnes volontés, les initiatives, les solidarités, et cette constellation d’engagements fait une image plutôt ressemblante de la France d’aujourd’hui. C’est en son nom qu’on doit agir désormais, si l’on refuse d’acquiescer au récit de nos défaites, si l’on croit encore possible de ne pas se laisser vaincre par la honte et le découragement.

      Aussi, si l’un d’entre vous a l’oreille du président de la République, et s’il estime qu’on a plus de chances de l’émouvoir en évoquant sa fortune au regard de l’histoire que l’infortune des plus démunis, qu’il lui dise ceci : c’est le moment. Le moment où, grisé par ses succès, il risque de tout perdre. Car l’histoire est aussi cruelle que la mémoire est sélective : elle ne se souviendra que de cela. Il est bien d’autres problèmes politiques sans doute que celui des migrants, mais l’accueil qu’on leur réserve est le dossier critique de notre temps. S’y décide, et pour longtemps, ce que nous voulons être, s’y prépare, et de manière profonde et durable, notre futur dans l’Europe et dans le monde.
      Une contradiction hurlante

      Nombreux ont été ceux qui, moins parce qu’ils adhéraient à son discours que parce qu’ils y trouvaient l’occasion de faire un pari raisonnable sur l’avenir, attendaient du président de la République qu’il aille, sur ce sujet au moins, à contre-pente d’une histoire désespérante. Car celle-ci s’autorisait d’une vision fondamentalement pessimiste de la société française, incapable d’entrain, de jeunesse et d’audace. Le pays serait plus fort s’il était plus libre et plus ouvert, s’il larguait les amarres du vieux monde, s’il cessait de se complaire dans ses rancœurs recuites.

      Ils n’ont pas rêvé : cela a été dit. Et c’est encore dit aujourd’hui, sur un ton plus enjoué, presque insolent, quand des hommes, des femmes et des enfants, venus de l’autre rive de la Méditerranée, piétinent dans la neige. La France, si fière et conquérante à nouveau, serait en même temps ce pays trop faible, trop craintif et trop vieux pour leur offrir l’hospitalité à laquelle ils ont droit ? Un destin politique ne peut survivre longtemps à une contradiction aussi hurlante.

      On nous parle de concorde, de fraternité et de grandeur nationale. On nous parle de ressaisissement et de renaissance française. On nous parle même d’engagement, d’héroïsme et de courage. Mais ne sont-ils pas courageux ceux qui risquent tout pour échapper à la misère et la mort ? Et comment penser qu’un pays ne s’enrichirait pas d’une telle énergie ? Pour l’avoir compris, des hommes et des femmes s’engagent aujourd’hui à les accueillir dignement. Ne sont-ce pas eux qui agissent fraternellement et donnent sens à l’idée de concorde ? Le moment est venu de prouver à la jeunesse de ce pays que nos principes ne sont pas des vains mots. Le moment est venu de comprendre que la première des valeurs est celle de la vérité elle-même, et qu’on ne peut longtemps gouverner dans le mensonge, le déni ou l’ignorance des réalités. Le moment est venu ; peut-être ne reviendra-t-il pas.

      https://www.nouvelobs.com/monde/migrants/20180110.OBS0436/migrants-jamais-le-gouvernement-actuel-n-a-ete-aussi-loin-dans-le-mepris-

    • Bardonecchia, le Lampedusa de la montagne

      Dans les Alpes italiennes, Bardonecchia, à quelques kilomètres de la frontière, devient un nouveau point de passage pour les migrants qui veulent entrer en France. Ils ont bravé les traversées d’un désert et de la Méditerranée, alors le franchissement d’un col ne les effraie pas. Julie Pietri rentre de Bardonecchia.

      https://www.franceinter.fr/emissions/profession-reporter/profession-reporter-25-fevrier-2018

    • Migrants : les maraudeurs sauvent une maman enceinte dans la tourmente du Montgenèvre. Le petit garçon voit le jour à l’hôpital de Briançon

      La situation déjà compliquée devient intenable pour ne pas dire insoutenable à la frontière franco-italienne des Hautes-Alpes et ce, quel que soit le point de vue que l’on puisse avoir sur le problème des migrants. C’est en tout cas ce qui apparaît selon ce témoignage que nous avons reçu sachant que les autorités auront à priori une version différente des faits.

      Ce samedi soir, les maraudeurs sont comme presque tous les soirs au pied des pistes de la station près de la douane. C’est la que chaque nuit les migrants essayent de passer la frontière. C’est alors que les bénévoles du Refuge Solidaire tombent sur une famille : le père, la mère et deux enfants de 2 et 4 ans en pleine tourmente. Ils apprennent alors que la maman est enceinte de 8 mois et demi et décident de l’évacuer tout de suite sur l’hôpital de Briançon.

      Ils tombent alors sur un contrôle des douanes à la Vachette mis en place pour arrêter les passeurs comme une trentaine l’ont été en 2017. Mais la maman va accoucher. Après discussion, ce sont les pompiers qui viennent évacuer la maman vers l’hôpital de Briançon et le reste de la famille est ramené en Italie.

      Quelques heures plus tard, la maman donne naissance à un petit garçon et, selon les bénévoles, c’est sur l’insistance du corps médical que les policiers vont rechercher la famille en Italie qui est finalement réunie en pleine nuit à Briançon. Du côté des autorités, on précise que le reste de la famille n’a pas fait l’objet d’une reconduite à la frontière.

      Un témoignage bouleversant et glaçant comme l’écrit Joël Pruvost qui l’a adressé.

      Ce dernier invite à un rassemblement ce mercredi à 9h devant la PAF de Montgenèvre pour soutenir le bénévole convoqué par la Police.

      Le témoignage :

      Pour ou contre les migrants, c’est inhumain ce qu’il arrive à la frontière.

      Témoignage glaçant, on atteint le sommet de l’abjection au col de Montgenèvre
      Une maraude ordinaire comme il s’en passe tous les jours depuis le début
      de l’hiver.
      Au pied de l’obélisque, une famille de réfugiés marche dans le froid. La
      mère est enceinte. Elle est accompagnée de son mari et de ses deux enfants
      (2 et 4 ans). Ils viennent tout juste de traverser la frontière, les
      valises dans une main, les enfants dans l’autre, à travers la tempête.
      Nous sommes 2 maraudeurs à les trouver, à les trouver là, désemparés,
      frigorifiés. La mère est complètement sous le choc, épuisée, elle ne peut
      plus mettre un pied devant l’autre. Nos thermos de thé chaud et nos
      couvertures ne suffisent en rien à faire face à la situation de détresse
      dans laquelle ils se trouvent. En discutant, on apprend que la maman est
      enceinte de 8 mois et demi. C’est l’alarme, je décide de prendre notre
      véhicule pour l’ emmener au plus vite à l’hôpital. Dans la voiture, tout
      se déclenche. Arrivés au niveau de la Vachette(à 4 km de Briançon), elle se
      tord dans tous les sens sur le siège avant. Les contractions sont bien là…
      c’est l’urgence. J’accélère à tout berzingue. C’est la panique à bord.
      Lancé à 90 km/h, j’arrive à l’entrée de Briançon...et là, barrage de
      douane.
      Il est 22h. « Bon sang, c’est pas possible, merde les flics ! ». Herse
      au milieu de la route, ils sont une dizaine à nous arrêter. Commence
      alors un long contrôle de police. "Qu’est ce que vous faites là ? Qui
      sont les gens dans la voiture ? Présentez-nous vos papiers ? Ou est-ce
      que vous avez trouvé ces migrants ? Vous savez qu’ils sont en situation
      irrégulière !? Vous êtes en infraction !!!"… Un truc devenu habituel
      dans le Briançonnais. Je les presse de me laisser l’emmener à l’hôpital
      dans l’urgence la plus totale. Refus ! Une douanière me lance tout
      d’abord « Comment vous savez qu’elle est enceinte de 8 mois et demi ? »
      puis elle me stipule que je n’ai jamais accouché, et que par conséquence
      je suis incapable de juger l’urgence ou non de la situation. Cela
      m’exaspère, je lui rétorque que je suis pisteur secouriste et que je
      suis à même d’évaluer une situation d’urgence. Rien à faire, la voiture
      ne redécollera pas. Ils finissent par appeler les pompiers. Ces derniers
      mettent plus d’une heure à arriver. On est à 500 mètres de l’hôpital. La
      maman continue de se tordre sur le siège passager, les enfants pleurent
      sur la banquette arrière. J’en peux plus. Un situation absurde de plus.
      Il est 23h passées, les pompiers sont là... ils emmènent après plus d’une
      heure de supplice la maman à l’hosto. Les enfants, le père et moi-même
      sommes conduits au poste de police de Briançon à quelques centaines de
      mètres de là. Fouille du véhicule, de mes affaires personnelles, contrôle
      de mon identité, questions diverses et variées, on me remet une
      convocation pour mercredi prochain à la PAF de Montgenèvre. C’est à ce
      moment-là qu’on m’explique que les douaniers étaient là pour arrêter des
      passeurs. Le père et les deux petits sont quant à eux expulsés vers
      l’Italie. Pendant ce temps-là , le premier bébé des maraudes vient de
      naître à Briançon. C’est un petit garçon, né par césarienne. Séparé de
      son père et de ses frères, l’hôpital somme la PAF de les faire revenir
      pour être au côté de la maman. Les flics finissent par obtempérer. Dans
      la nuit, la famille est à nouveau réunie.

      La capacité des douaniers à évaluer une situation de détresse nous
      laisse perplexe et confirme l’incapacité de l’État à comprendre le drame
      qui se trame à nos maudites frontières.
      Quandtà nous, cela nous renforce dans la légitimité et la nécessité de
      continuer à marauder... toutes les nuits.*

      Rendez-vous mercredi 14 mars à 9h à la PAF de Montgenèvre pour soutenir le
      camarade maraudeur convoqué.

      Pas un jour en tout cas ou presque sans qu’on ne frôle le drame à la frontière franco-italienne. Ce vendredi, un migrant a été sauvé par les secouristes en montagne alors qu’il tentait en plein hiver de rejoindre la France par le col de l’Echelle pourtant énormément enneigé.

      Et c’est le moment que choisit le Front National pour s’insurger et cibler Aurélie Poyau, conseillère départementale et adjointe au maire de Briançon.

      Le responsable départemental l’accuse d’avoir volontairement fait passer des migrants (le communiqué du FN ci dessous).

      Par ailleurs, une manifestation aura lieu mardi au sujet du centre d’hébergement de Veynes (communiqué ci-dessous).

      Le communiqué de Patrick Deroin du FN

      Ce jeudi, à Montgenèvre, deux militants du Front National distribuaient des tracts, dénonçant les méfaits de l’immigration massive pour les Français.

      S’apercevant de cela, une voiture s’arrête, deux personnes hystériques en sortent, abreuvant d’injures nos militants surpris par un déferlement si soudain de haine. Le conducteur, un homme, s’avance menaçant, alors que la femme exhibe une carte, qu’elle brandit comme un laissez-passer supposé la mettre au-dessus des lois. Qu’elle n’est pas la surprise d’y découvrir le nom d’Aurélie Poyau, maire adjointe de Briançon et conseillère départementale représentant La France Insoumise. Elle ajoute qu’elle a aidé 4 migrants à franchir la frontière dans la nuit du 7 au 8 mars ; par le col de Montgenèvre.

      Madame Poyau, à l’instar des élus de son parti, ne peut supporter que l’on puisse ne pas penser comme elle et voudrait interdire à ses adversaires le simple droit de s’exprimer. Les médias commencent à relever les dérives mélenchonistes nationales, on ne s’attendait pas à voir ses affidés pratiquer la même terreur intellectuelle dans notre département.

      Messieurs Jean-Marie Bernard et Gérard Fromm vont être informés des agissements de leur élue.

      Le communiqué relatif au centre de Veynes

      Depuis le 9 septembre 2017, le Centre d’Hébergement d’Urgence de Mineurs exilés (CHUM) de Veynes a accueilli plus d’une centaine de jeunes arrivant de la frontière italienne, car ni le Conseil Départemental ni l’État n’ont eu la volonté de mettre en place des dispositifs d’hébergement suffisants, pourtant de leur responsabilité ! Face à ces lamentables moyens institutionnels, ce lieu occupé et autogéré veut montrer qu’un accueil digne et réactif est possible.

      Le 13 mars aura lieu à Gap, le procès d’expulsion du CHUM : ce lieu autogéré, organisé par des gens qui demandent à minima que les institutions respectent la loi, et qui proposent beaucoup mieux qu’elles. Ce procès, c’est la seule réponse officielle de l’État face à nos dénonciations, et l’on voit que pour protéger ses remparts, le rouage est huilé : huissiers, traitement des demandes d’expulsion, dans ce sens cela fonctionne bien ! Fait de bric et de broc, le CHUM est un lieu de vie, de passage, d’échange, d’entraide qui répond à l’urgence constante et à un besoin criant d’humanité.

      Au quotidien, écœuré par cette triste politique, le CHUM est rythmé de récups, de dons, de permanences médicales, d’accompagnements juridiques, de moments de partage, de visites prévues ou spontanées qui font du bien. Il continue à vivre, malgré nos grosses cernes qui nous empêchent d’oublier cette triste réalité.

      MOBILISONS NOUS POUR DÉFENDRE CE LIEU D’ACCUEIL SOLIDAIRE ET CONTINUONS À DÉNONCER LA POLITIQUE ANTI-MIGRATOIRE DE L’ÉTAT FRANÇAIS !!!!

      RDV le 13 mars 9h30 devant le tribunal de Gap pour un petit déjeuner déterminé, avant le début du procès d’expulsion prévu à 10h30
      Prises de paroles et discussions autour de la sale politique d’accueil des exilé-e-s par l’État français. Focus particulier sur les très difficiles prises en charge des soins et de la scolarisation des mineurs exilés dans les Hautes-Alpes
      Et à midi : cantine collective devant le parvis du Conseil Départemental pour lui rappeler ses obligations d’accueil digne des mineurs exilés

      Les élections législatives en Italie dimanche dernier et la montée du populisme ont relancé le débat sur les migrants dont le passage en Italie serait à l’origine

      de la montée des populismes. Dans notre région, l’afflux de migrants s’est un peu ralenti à la faveur de l’hiver et de la fermeture du col de l’Echelle.

      Pour autant, quasiment chaque nuit, certains essayent toujours de rejoindre la France via le col puis les pistes de Montgenèvre. Ce sont des passeurs mal intentionnés qui leur proposent cette solution en gare de Turin non sans les délester de leur argent. Comble de tout, ils donnent, pour contact en France, le numéro des bénévoles de Briançon qui ne sont là que pour éviter des drames. Résultat, Elie, l’un d’entre eux, a décidé comme beaucoup d’autres de ne plus répondre au téléphone pour ne pas faire le jeu des passeurs. ils continuent cependant bien sûr à porter secours et à accueillir ceux qui sont passés au refuge solidaire à Briançon.

      Regardez ce reportage édifiant de Paul Gypteau de l’AFP.

      Retour en arrière :

      On a de nouveau frôlé le drame cet hier dans la vallée de la Clarée. Un migrant a failli perdre la vie alors qu’il essayait de franchir la frontière franco-italienne malgré l’épaisse couche de neige et au moment même ou plus de 300 personnes réalisaient une cordée symbolique pour démontrer leur solidarité avec les migrants et mettre en valeur l’engagement de dizaines de bénévoles qui vont secourir ou qui accueillent chez eux ces migrants qui prennent des risques énormes en tentant de passer la frontière en plein hiver. Preuve, s’il le fallait, de l’utilité de ces maraudes et de cette assistance des montagnards auprès des migrants : au moment même où se déroulait cette "cordée" , l’un des accompagnateurs est intervenu en urgence ce dimanche sur le versant nord du col de l’Echelle. Il a littéralement sauvé la vie à Moussa, Guinéen de 22 ans, un migrant qui était en détresse, gelé et à bout de forces alors qu’il essayait de passer le col en pleine neige et dans des températures glaciales comme on les connaît en ce moment. Ce sont les secouristes du PGHM qui sont ensuite intervenus pour héliporter Moussa sur l’hôpital de Briançon.

      Une vie de plus sauvée par les montagnards et les secouristes mais qui fait suite à des accidents devenus presque quotidiens : pieds ou mains gelés, hypothermie ou plus grave comme on l’a vu les pieds amputés comme ceux de Mamadou ou des accidents graves comme ce migrant toujours paralysé après avoir sauté dans le vide au col de l’Échelle par peur des gendarmes au mois d’août dernier.

      Au moment même de ce sauvetage, plus de 300 personnes s’étaient retrouvées comme prévu à Névache, sur le chemin du col de l’Échelle, pour former des cordées solidaires avec les migrants, et s’étaient engagées dans la neige sur le chemin du col, encadrées par des professionnels de la montagne. Au-delà de l’esprit de solidarité des montagnards, il s’agissait plus largement de célébrer la journée internationale des migrants.

      Les images de l’intervention :

      En savoir plus sur https://www.dici.fr/actu/2018/03/11/migrants-maraudeurs-sauvent-une-maman-enceinte-tourmente-montgenevre-petit-garc

      https://www.dici.fr/sites/dici.fr/files/styles/homepage_une_big/public/2018/03/11/1116445-capturedecran2017-12-18a082756.png?itok=FD2UCW_B

      https://www.dici.fr/actu/2018/03/11/migrants-maraudeurs-sauvent-une-maman-enceinte-tourmente-montgenevre-petit-garc

      Avec ce commentaire de Olivier Clochard via la newsletter de Migreurop :

      À Briançon (France), à la frontière franco-italienne, des bénévoles du Refuge Solidaire sauvent une famille dont la maman est sur le point d’accoucher. Mais quelques instants plus tard, la douane et la PAF séparent la famille avant que l’hôpital somme la PAF de les réunir.
      Ainsi des agents des autorités françaises se plaisent à faire subir de véritables supplices à des personnes étrangères, il faut que ces personnes répondent de leurs actes ainsi que celles et ceux qui les ordonnent.

    • Sauvetage d’une migrante enceinte dans les Alpes : « Si on n’avait pas été là, la maman et son bébé seraient morts »

      #Benoît_Ducos est pisteur-secouriste en montagne et bénévole au Refuge solidaire. Depuis décembre, il participe à des maraudes pour sauver les migrants qui franchissent la frontière franco-italienne dans les massifs des Alpes malgré la neige et le froid. Il a raconté à InfoMigrants le sauvetage d’une jeune femme enceinte de 8 mois et demi et de sa famille.

      "Samedi 10 mars, vers 20 heures, je marchais avec un autre bénévole du Refuge solidaire à Montgenèvre, comme tous les jours depuis le début de l’hiver, pour secourir des migrants qui franchissent la frontière franco-italienne à pieds.

      Nous sommes tombés sur un groupe de six personnes : une jeune femme enceinte, deux petits enfants de deux et quatre ans, le papa et deux autres personnes que la petite famille, originaire du Nigeria, avait rencontrées en Italie.

      Tous venaient de Turin, ils étaient descendus à la gare d’Oulx, puis avaient rejoint en bus Claviere, le dernier village italien avant la frontière. De là, ils ont trouvé un chemin pour passer la frontière sans se faire repérer.

      À cet endroit-là, nous sommes à 1 900 mètres d’altitude, c’est complètement enneigé et il y a de gros risques d’avalanches. Les deux personnes portaient la maman qui ne pouvait plus mettre un pied devant l’autre, le papa, lui, portait les deux petits.

      « Est-ce que les gens qui sont avec vous ont des papiers ? »

      On leur a donné des vêtements et de nouvelles chaussures parce qu’ils avaient les pieds trempés. On les a réchauffés avec des boissons chaudes, on leur a donné de la nourriture. On a discuté un peu avec eux pour leur expliquer ce qu’on faisait.

      Mais on voyait que la maman allait de plus en plus mal. On a posé des questions sur sa grossesse et on s’est dit qu’il fallait qu’on descende le plus vite possible vers Briançon parce que la pauvre dame semblait sur le point d’accoucher. Sur le chemin de l’hôpital, elle souffrait tellement que j’ai accéléré. On est alors tombés sur un barrage.

      Les policiers nous ont posé les questions habituelles : ’Qu’est-ce que vous transportez ? Est-ce que les gens qui sont avec vous ont des papiers ?’ J’ai dit que ces personnes étaient dans le froid, en situation difficile, que je les avais prises en stop pour les mettre à l’abri à Briançon et que dans le groupe il y a avait une femme enceinte qui avait besoin de soins de toute urgence.

      Les policiers m’ont répondu que, étant un homme, je n’étais pas en mesure de savoir si la dame était à deux doigts d’accoucher alors qu’elle se tordait de douleur sur le siège passager à cause des contractions. Nous avons attendu une heure qu’ils se décident à appeler les pompiers. Ces derniers ont emmené la dame à l’hôpital de Briançon, à 500 mètres de là où nous nous trouvions.

      « Si on n’avait pas été là, la maman et son bébé y seraient passés »

      Elle a donné naissance à un petit garçon par césarienne. Cela aurait été un drame si elle avait dû accoucher dans la neige ou dans la voiture.

      Alors que la dame était emmenée à l’hôpital, le père, les enfants et moi avons été emmenés au poste. J’ai été auditionné 5 minutes et convoqué à une audition libre à la police aux frontières (PAF) mercredi matin. On m’a rappelé que j’étais en infraction parce que je transportais des personnes qui étaient en situation irrégulière. Moi j’ai dit que j’avais juste porté assistance à des personnes en danger. On sait bien que si on n’avait pas été là, la maman et son bébé y seraient passés.

      Pendant que la dame était à l’hôpital, le père et les enfants ont été renvoyés en Italie. Sommée par l’hôpital de les faire revenir pour être auprès de la jeune mère, la PAF a obtempéré. Ils ont alors été placés par le 115 à Gap, à plus de 100 kilomètres de Briançon. Ça non plus, ce n’est pas très humain."

      http://www.infomigrants.net/fr/post/8027/sauvetage-d-une-migrante-enceinte-dans-les-alpes-si-on-n-avait-pas-ete

    • Migrants : un secouriste poursuivi pour avoir secouru une réfugiée sur le point d’accoucher

      « J’ai l’esprit tranquille. Si je ne l’avais pas fait... » : pour ce délit de solidarité, #Benoît_Ducos risque jusqu’à 5 ans de prison.

      Ce mercredi 14 mars, Benoît Ducos, pisteur-secouriste dans le Briançonnais (Hautes-Alpes), à la lisière de la frontière franco-italienne, est convoqué par la police aux frontières (PAF). Il doit s’expliquer sur les circonstances qui lui ont valu d’être interpellé dans la nuit de samedi au dimanche 11 mars. Son délit : avoir embarqué dans son véhicule une famille de quatre personnes sans papiers, dont deux enfants de 2 et 4 ans ainsi qu’une femme enceinte de huit mois et demi prise de contractions, pour les emmener à l’hôpital de Briançon.

      Le fait divers n’aurait pas franchi les limites de la sous-préfecture s’il n’avait pas été dénoncé par un membre de l’association Refuges solidaires qui vient en aide aux migrants qui tentent, souvent dans la neige et au péril de leur vie, de franchir à pied la frontière alpine depuis l’Italie.

      « Le premier bébé des maraudes »

      Le témoignage de Benoît Ducos recueilli par Joël Pruvot livre un regard glaçant sur le « délit de solidarité » qui s’est déroulé ce week-end. Samedi soir, la maraude de deux bénévoles de l’association leur fait croiser le chemin d’une famille de réfugiés au col de Montgenèvre.

      « La mère est enceinte. Elle est accompagnée de son mari et de ses deux enfants (2 et 4 ans). Ils viennent tout juste de traverser la frontière, les valises dans une main, les enfants dans l’autre, à travers la tempête. La mère est complètement sous le choc, épuisée, elle ne peut plus mettre un pied devant l’autre », raconte Benoît Ducos qui va prendre la décision d’emmener la famille à l’hôpital. Dans la voiture, il raconte les contractions, la panique qui s’installe.

      À quatre kilomètres de Briançon, aux alentours de 22h selon le témoignage du secouriste, la voiture doit s’arrêter à un barrage douanier. Immobilisés, les passagers vont réclamer le droit de conduire la mère à l’hôpital, mais se heurtent au refus des agents. Joint par Le HuffPost, Benoît Ducos se remémore « les interminables questions d’usage », les « tergiversations des douaniers » soucieux d’appliquer la procédure tandis que « la mère se tord de douleurs à l’arrière de son véhicule ».

      Toujours selon le bénévole, les pompiers n’arriveront qu’à 23h sur les lieux. La mère accouchera finalement d’un petit garçon à l’hôpital, par césarienne. « Le premier bébé des maraudes », écrit Benoît Ducos, qui finira au poste. Quant au père et aux deux enfants, le secouriste assure que c’est à la demande de l’hôpital qu’ils ne seront pas reconduits en Italie, mais ramenés auprès de la mère.

      « On a frôlé la catastrophe »

      Relayée et dénoncée par l’ancienne ministre écologiste Cécile Duflot, cette version des faits comme sa chronologie sont contestées par la préfecture des Hautes-Alpes. « L’action de l’État a été irréprochable et ses agents ne sauraient être mis en cause alors qu’ils ont agi avec humanité, et dans le respect des Lois de la République », a-t-elle répondu via un communiqué diffusé sur Twitter.

      https://twitter.com/CecileDuflot/status/973145444032401408

      À en croire les représentants de l’État, il se serait déroulé moins de trente minutes entre l’arrêt du véhicule par les six personnels de la brigade de surveillance intérieure et l’arrivée de la mère à l’hôpital de Briançon, bien avant 23h. « Moi, à 23h04, j’étais encore arrêté sur le parking avec la mère à l’arrière. Mon téléphone en témoigne : j’ai adressé un message à mon fils », jure Benoît Ducos.

      Au-delà des divergences sur le déroulé de la soirée, le secouriste ne revient toujours pas « de ces douaniers qui restent impassibles face à la souffrance de cette femme. » S’il ne les met pas en cause personnellement, Benoît Ducos accuse en revanche un système légal en décalage criant avec la gravité de la crise humanitaire qui se déroule sur le territoire français. « La migration, ce n’est pas une croisière en quête d’exotisme. Les douaniers appliquent des consignes sans réfléchir, ce qui fait qu’on aboutit à ce sommet d’absurdité ».

      5 ans de prison et 30.000 euros d’amende

      Les exemples de ce type ne sont pas légion. Ils ne sont toutefois pas exceptionnels à la frontière franco-italienne qui court des Hautes-Alpes aux Alpes-Maritimes. Les associations qui viennent en aide aux migrants dénoncent des « poursuites de migrants en moto-neige », des « reconduites à la frontière de femmes enceintes en pleine nuit », en plus des risques parfois mortels encourus par les réfugiés qui cherchent à accéder au territoire français.

      En février, Amnesty International estimait à 27.000 le nombre de réfugiés et migrants renvoyés en Italie entre janvier et juillet, « y compris des mineurs non accompagnés », sans respecter leur droit de demander l’asile en France.

      Une situation dénoncée par les associations Tous Migrants (qui a lancé une pétition de soutien) et La Cimade qui ont interpellé Emmanuel Macron et le ministre de l’Intérieur Gérard Collomb sur « la mise en danger de la vie d’un nouveau né et de sa mère par l’acharnement des contrôles de police ». Dans un communiqué le parti Europe-Écologie Les Verts voit dans cette affaire « l’insupportable grand écart devenu la marque de fabrique du président de la République, entre beaux discours humanistes et répression inhumaine ».

      Une proposition de loi communiste et écologiste propose par ailleurs de supprimer le « délit de solidarité » en modifiant la législation pour ne réprimer que l’aide au passage à but lucratif. Le texte devrait être examiné en mai.

      En attendant, Benoît Ducos s’expose théoriquement à la peine dévolue aux passeurs, à savoir un maximum de 30.000 euros d’amende et de 5 ans d’emprisonnement. « Moi, j’ai l’esprit tranquille. Si je ne l’avais pas fait... », confie-t-il. Un rassemblement de soutien est prévu ce mercredi à 9h devant les locaux de la police aux frontières de Montgenèvre.

      https://www.huffingtonpost.fr/2018/03/13/migrants-un-secouriste-poursuivi-pour-avoir-secouru-une-refugiee-sur-

    • Conférence : Migrations dans les Hautes-Alpes

      Une conférence de #Sarah_Mekdjian qui répond à la question, comment on en est arrivé là ?


      –-> Sarah : « la frontière est bien plus complexe et bien plus épaisse que la ligne ! Pour ce camarade afghan la frontière a commencé en Afghanistan et elle se poursuit aujourd’hui dans la ville de Grenoble. »

      http://lalongueurdelachaine.org/conference-migrations-dans-les-hautes-alpes

    • Briancon : à la frontière franco italienne, les douaniers contrôlent même les naissances

      Le Gisti reproduit ci-dessous le récit, édifiant, d’un maraudeur Briançonnais racontant comment une opération de secours à une femme sur le point d’accoucher et frigorifiée a été interrompue pendant plusieurs heures par les douanes. Ou comment, les services douaniers font primer l’obsession du contrôle des frontières sur les réflexes humanitaires les plus élémentaires.

      La situation décrite n’a rien d’inédit. Depuis des mois, les contrôles policiers à la frontière franco-italienne et particulièrement dans le Briançonnais sont menés en violation des droits fondamentaux des personnes. Lors d’une mission sur place et d’entretiens avec les citoyens solidaires des migrants, le Gisti a constaté une banalisation des pratiques illégales mettant en danger les exilé.e.s qui tentent de passer les cols au péril de leur vie.

      Le Gisti réaffirme son soutien aux exilé.e.s et aux militants engagés à leur côté à Briançon et tout au long de la frontière italienne. Il s’attachera à dénoncer les pratiques qui font primer le contrôle des frontières sur l’obligation de porter secours aux personnes en danger.
      14 mars 2018

      Une maraude ordinaire comme il s’en passe tous les jours depuis le début de l’hiver.

      Au pied de l’obélisque, une famille de réfugiés marche dans le froid. La mère est enceinte. Elle est accompagnée de son mari et de ses deux enfants (2 et 4 ans). Ils viennent tout juste de traverser la frontière, les valises dans une main, les enfants dans l’autre, à travers la tempête.

      Nous sommes 2 maraudeurs à les trouver, à les trouver là, désemparés, frigorifiés. La mère est complètement sous le choc, épuisée, elle ne peut plus mettre un pied devant l’autre. Nos thermos de thé chaud et nos couvertures ne suffisent en rien à faire face à la situation de détresse dans laquelle ils se trouvent. En discutant, on apprend que la maman est enceinte de 8 mois et demi. C’est l’alarme, je décide de prendre notre véhicule pour l’ emmener au plus vite à l’hôpital. Dans la voiture, tout se déclenche. Arrivés au niveau de la Vachette (à 4km de Briançon), elle se tord dans tous les sens sur le siège avant. Les contractions sont bien là… c’est l’urgence. J’accélère à tout berzingue. C’est la panique à bord.

      Lancé à 90 km/h, j’ arrive à l’entrée de Briançon... et là, barrage de douane. Il est 22h. « Bon sang, c’est pas possible, merde les flics ! ». Herse au milieu de la route, ils sont une dizaine à nous arrêter. Commence alors un long contrôle de police. « Qu’est ce que vous faites là ? Qui sont les gens dans la voiture ? Présentez nous vos papiers ? Ou est ce que vous avez trouvé ces migrants ? Vous savez qu’ils sont en situation irrégulière !? Vous êtes en infraction !!! »… Un truc devenu habituel dans le briançonnais. Je les presse de me laisser l’emmener à l’hôpital dans l’urgence la plus totale. Refus !

      Une douanière me lance tout d’abord « comment vous savez qu’elle est enceinte de 8 mois et demi ? » puis elle me stipule que je n’ai jamais accouché, et que par conséquence je suis incapable de juger l’urgence ou non de la situation. Cela m’exaspère, je lui rétorque que je suis pisteur secouriste et que je suis à même d’évaluer une situation d’urgence. Rien à faire, la voiture ne redécollera pas. Ils finissent par appeler les pompiers. Ces derniers mettent plus d’une heure à arriver. On est à 500 mètres de l’hôpital. La maman continue de se tordre sur le siège passager, les enfants pleurent sur la banquette arrière. J’en peux plus. Une situation absurde de plus.

      Il est 23h passés, les pompiers sont là...ils emmènent après plus d’une heure de supplice la maman à l’hosto. Les enfants, le père et moi-même sommes conduits au poste de police de Briançon à quelques centaines de mètres de là. Fouille du véhicule, de mes affaires personnelles, contrôle de mon identité, questions diverses et variés, on me remet une convocation pour mercredi prochain à la PAF de Montgenèvre. C’est à ce moment-là qu’on m’explique que les douaniers étaient-là pour arrêter des passeurs. Le père et les deux petits sont quant à eux expulsés vers l’Italie. Pendant ce temps-là , le premier bébé des maraudes vient de naître à Briançon. C’est un petit garçon, naît par césarienne. Séparé de son père et de ses frères, l’hôpital somme la PAF de les faire revenir pour être au côté de la maman. Les flics finissent par obtempérer. Dans la nuit, la famille est à nouveau réunit.

      La capacité des douaniers à évaluer une situation de détresse nous laisse perplexe et confirme l’incapacité de l’État à comprendre le drame qui se trame à nos maudites frontières.

      Quand à nous, cela nous renforce dans la légitimité et la nécessité de continuer à marauder... toutes les nuits.

      http://www.gisti.org/spip.php?article5878

    • Message de @sinehebdo

      Et celui ci aussi :

      Convoqué par la police après avoir sauvé du froid une femme enceinte et deux enfants
      Basta, le 13 mars 2018
      https://seenthis.net/messages/676118

      Tout ceci rappelle ce qu’on voit dans le documentaire d’Arte que j’ai enfin eu le temps de regarder, et qui n’est vraiment pas mal. Je suppose d’ailleurs que ce sont les mêmes « acteurs » :

      Secourir les migrants sur la route des Alpes
      ARTE Regards, le 5 mars 2018
      https://www.arte.tv/fr/videos/079473-004-A/arte-regards

    • Convoqué par la police après avoir sauvé du froid une femme enceinte et deux enfants

      Le week-end dernier, lors d’une maraude dans les Alpes, à la recherche de migrants perdus dans le froid de l’hiver, un citoyen a secouru une famille transie et épuisée. Il a donné aux deux jeunes enfants de 2 et 4 ans et à leurs parents de quoi se réchauffer. Puis, comprenant que la femme est enceinte de 8 mois et demi, il décide de l’emmener à l’hôpital. Arrêté en chemin par les douaniers, il se voit reprocher de transporter des personnes en situation irrégulières et il est sommé de se présenter à la Police aux frontières le mercredi 14 mars à 9h. Un rassemblement de soutien aura lieu ce même jour. Témoignage.

      https://www.bastamag.net/Convoque-par-la-Police-apres-avoir-sauve-du-froid-une-femme-enceinte-et-de

    • Respinta confine incinta, muore migrante

      Incinta di poche settimane e con un grave linfoma, è stata respinta alla frontiera di Bardonecchia dalle autorità francesi e, dopo il parto cesareo, è morta all’ospedale Sant’Anna di Torino. B.S., nigeriana di 31 anni, era stata soccorsa dai volontari di Rainbow4Africa. «Le autorità francesi sembrano avere dimenticato l’umanità», dice all’ANSA Paolo Narcisi, presidente dell’associazione che da dicembre ha aiutato un migliaio di migranti. La nascita del bimbo, appena 700 grammi, è stata un miracolo dei medici del Sant’Anna ed è gara di solidarietà per aiutarlo.
      Secondo Narcisi, respingere alla frontiera una donna incinta e malata «è un atto grave che va contro tutte le convenzioni internazionali e al buon senso come criminalizzare chi soccorre». E’ dei giorni scorsi la notizia di una guida alpina francese che rischia una condanna fino a cinque per avere soccorso una migrante incinta.

      http://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2018/03/23/respinta-confine-incinta-muore-migrante_486c0338-4600-4d9c-9325-521e8094817f.ht

    • Message de @colporteur

      Destinity stava cercando di raggiungere la Francia perché era malata, sapeva che forse non ce l’avrebbe fatta e voleva che il suo bambino avesse qualcuno accanto dopo al nascita. Con lei, la notte del 9 febbraio quando, al settimo mese di gravidanza, ha tentato la traversata del Colle della Scala c’era il marito, nigeriano anche lui, richiedente asilo. La gendarmeria francese li ha intercettati e riportati in Italia. «Li hanno lasciati davanti alla saletta di Bardonecchia senza nemmeno bussare alla dottaressa che era di turno all’interno», racconta Paolo Narcisi, presidente dell’associazione Rainbow4 Africa che dall’inizio dell’inverno ha assistito almeno un migliaio di migranti a Bardonecchia.
      #gendarmerie #non_assistance_à_personne_en_danger #homicide_involontaire #impunité

    • Polémique autour d’une migrante enceinte et malade reconduite à la frontière

      Beauty, une Nigériane de 31 ans, avait été déposée à la frontière avec l’Italie en pleine nuit par les gendarmes français. Elle est morte un mois plus tard à Turin.

      Une information judiciaire a été ouverte samedi 24 mars à Turin après la mort d’une migrante nigériane enceinte et malade qui avait tenté en vain de gagner la France avec son mari, rapportent la presse et des associations italiennes.

      Beauty, 31 ans, est morte la semaine dernière dans un hôpital de Turin. Son bébé, né par césarienne juste avant, est un grand prématuré mais se porte plutôt bien, selon les médecins.

      La jeune femme et son mari vivaient près de Naples. Quand Beauty a réalisé qu’elle souffrait d’un lymphome, elle a souhaité finir sa grossesse auprès de sa sœur en France, mais les gendarmes français ont bloqué le couple à la frontière le 9 février.

      Déposée devant la gare

      Alors que Beauty était enceinte de 6 mois et peinait à respirer à cause du lymphome, les gendarmes l’ont juste déposée en pleine nuit devant la gare de Bardonnèche, selon Rainbow4Africa. « Les courriers traitent mieux leurs paquets », a dénoncé Paolo Narcisi, un responsable de cette association qui participe à l’aide aux migrants du côté italien des Alpes.

      Le mari a ensuite précisé à des médias italiens que c’est lui qui avait été bloqué à la frontière, et que Beauty, autorisée à entrer en France, avait choisi de rester avec lui. Hospitalisée à Rivoli, au pied du Val de Suse, puis dans un service spécialisé à Turin, elle n’a survécu que quelques semaines.
      Précédent

      Son bébé, Israël, né le 15 mars à 29 semaines de grossesse, pesait alors 700 grammes. En une semaine, passée essentiellement sur le ventre de son père, il a atteint près de 1 kg, selon les services médicaux.

      L’histoire est largement reprise dans les médias italiens, qui rappellent les déboires en France d’un bénévole convoqué après avoir porté assistance à une famille nigériane, dont une femme enceinte.

      Selon ce bénévole, Benoît Ducros, les douaniers français ont tardé à appeler les pompiers pour aider la femme et ont aussi envisagé un temps de renvoyer le père et deux enfants de 2 et 5 ans en Italie.

      http://www.lemonde.fr/societe/article/2018/03/25/polemique-autour-d-une-migrante-enceinte-et-malade-reconduite-a-la-frontiere

    • Clavières (05) : Communiqué-invitation du squat de l’église de Clavières

      Les passages clandestins d’exilé·es sont de plus en plus difficiles au col de Montgenèvre, près de Briançon : les migrant·e·s venant d’Italie arrivent plus nombreu·ses que cet hiver, et ne peuvent passer rapidement la frontière française. Jeudi soir, onze d’entre elleux, dont quatre femmes et trois enfants, ont passé la nuit dans la salle paroissiale, sous l’église de Clavières, située à deux kilomètres de la frontière française.

      Illes ont été rejoint par une quarantaine d’autres vendredi, et une quinzaine samedi, ce qui aurait pu créer une situation humanitaire dramatique. Environ vingt personnes vivant des deux côtés des Alpes les soutiennent, sans appartenir aux associations d’aide aux migrant·e·s habituelles qui ont été beaucoup citées par les médias à propos de Briançon depuis décembre. Une vingtaine d’exilé·es ont décidé de passer en France à pied dans la journée, par leurs propres moyens.

      L’État italien, resté passif cet hiver, a envoyé la police antiémeute contrôler ces passages en fin d’après-midi.

      Deuxième communiqué de Chez Jésus

      Vous recevez ce communiqué en raison de la situation préoccupante sur la frontière briançonnaise.

      Depuis jeudi, nous occupons une salle à l’église de Clavières. À la frontière la situation s’est complexifiée ces dernières semaines. Le flux de personnes arrivant à la frontière est toujours plus important et les actions de solidarité mises en œuvre ces derniers mois ne sont plus suffisantes. Pour cela, nous ressentons encore plus le besoin de soulever le réel problème qu’est la frontière. Nous avons aussi occupé ces locaux de l’église car la nécessité d’avoir des temps et des espaces pour s’organiser et parler avec les personnes, arrivant chaque jour par dizaines pour traverser cette frontière, se fait de plus en plus sentir.

      Dans le même temps, cette occupation ne veut pas invoquer une intervention des pouvoirs publics qui pourraient nous donner une réponse partielle d’accueil que la plupart de ces personnes fuient.

      Nous préférons nous organiser en auto-gestion. Nous ne voulons pas « gérer » des personnes. Au contraire, nous voulons chercher la complicité avec celles et ceux qui se battent pour leur propre liberté de mouvement, à l’inverse du système d’accueil que nous connaissons qui ne fait rien d’autre que de légitimer le dispositif au frontière.

      Nous vous invitons toutes et tous à nous rejoindre pour un repas partagé. Rendez-vous demain dimanche 25 mars chez Jésus (sous l’église de Clavières) à partir de midi.

      C’est cool si vous pouvez apportez votre repas, des couvertures, des gants, des écharpes, etc.

      [Publié le 25 mars 2018 sur Indymedia Grenoble : https://grenoble.indymedia.org/2018-03-25-Communique-invitation-de-squat-de]


      https://fr.squat.net/2018/03/25/clavieres-05-communique-invitation-du-squat-de-leglise-de-clavieres

    • Emotion après la mort d’une migrante enceinte en Italie

      #Beauty, 31 ans, est morte la semaine dernière dans un hôpital de Turin. Son bébé, né par césarienne juste avant, est un grand prématuré mais se porte plutôt bien selon les médecins.

      La jeune femme et son mari vivaient près de Naples. Quand Beauty a réalisé qu’elle souffrait d’un lymphome, elle a souhaité finir sa grossesse auprès de sa sœur en France, mais les gendarmes français ont bloqué le couple à la frontière le 9 février.

      https://www.voaafrique.com/a/emotion--apres-la-mort-d-une-migrante-enceinte-en-italie/4314540.html

    • Torino, migrante incinta respinta alla frontiera di Bardonecchia muore dopo il parto. Salvo il bimbo: pesa 700 grammi

      La donna, 31 anni, era affetta anche da un grave linfoma. Ong: «Francesi hanno dimenticato l’umanità». Gara di solidarietà per salvare il bambino, ricoverato nella Terapia Neonatale del Sant’Anna

      È stata respinta alla frontiera di Bardonecchia, nonostante fosse incinta di poche settimane e affetta da un grave linfoma. I militari francesi non le hanno permesso di entrare in Francia e lei, una migrante nigeriana di 31 anni, soccorsa dai volontari di Rainbow4Africa, è morta all’ospedale Sant’Anna di Torino dopo il parto cesareo.

      “Le autorità francesi sembrano avere dimenticato l’umanità“, dice Paolo Narcisi, presidente dell’associazione che da dicembre ha aiutato un migliaio di migranti. Salvo il suo bimbo, che al momento della nascita pesava 700 grammi. Il fatto che sia in vita è considerato “un miracolo” dai medici.

      La nigeriana è stata ricoverata un mese a Torino, seguita dall’Ostetricia e Ginecologia diretta dalla professoressa Tullia Todros e dall’ematologia ospedaliera delle Molinette diretta dal dottor Umberto Vitolo. È stata tenuta in vita il più possibile, per consentirle di portare avanti la gravidanza. Il neonato è ora ricoverato nella Terapia Neonatale del Sant’Anna, diretta dalla professoressa Enrica Bertino, assistito dal padre, anche lui respinto alla frontiera.

      “I corrieri trattano meglio i loro pacchi”, continua Narcisi, secondo cui respingere alla frontiera una donna incinta e malata “è un atto grave – dice ai microfoni del Tg3 – che va contro tutte le convenzioni internazionali e al buon senso, proprio come criminalizzare chi soccorre”.

      La notizia si aggiunge a quella della guida alpina francese che rischia una condanna fino a cinque per avere soccorso un’altra migrante incinta. “Tutto questo è indice di una paura strisciante, ma non bisogna avere paura”, aggiunge il presidente di Rainbow4Africa, che ha lanciato la campagna Facebook ‘Soccorrere non è un crimine’.

      https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/03/23/torino-migrante-incinta-respinta-alla-frontiera-di-bardonecchia-muore-dopo-il-parto-salvo-il-bimbo-pesa-700-grammi/4247449

    • Une enquête ouverte après la mort d’une migrante enceinte et malade reconduite à la frontière

      Beauty, 31 ans, a tenté en vain de gagner la France avec son mari, mais les gendarmes ont bloqué le couple à la frontière. Elle est morte dans un hôpital de Turin, après avoir accouché.
      Une migrante nigériane, enceinte et malade, qui avait tenté en vain de gagner la France avec son mari est morte la semaine dernière dans un hôpital de Turin. Son bébé, né par césarienne juste avant, est un grand prématuré mais se porte plutôt bien selon les médecins. Une information judiciaire a été ouverte à Turin samedi.
      La jeune femme, prénommée Beauty, et son mari vivaient près de Naples. Quand Beauty a réalisé qu’elle souffrait d’un lymphome, elle a souhaité finir sa grossesse auprès de sa sœur en France, mais les gendarmes français ont bloqué le couple à la frontière le 9 février. Alors que Beauty était enceinte de 6 mois et peinait à respirer à cause du lymphome, les gendarmes l’ont juste déposée en pleine nuit devant la gare de Bardonecchia, selon l’association Rainbow4Africa. « Les courriers traitent mieux leurs paquets », a dénoncé Paolo Narcisi, un responsable de cette association qui participe à l’aide aux migrants du côté italien des Alpes.

      Le mari a ensuite précisé à des médias italiens que c’est lui qui avait été bloqué à la frontière, et que Beauty, autorisée à entrer en France, avait choisi de rester avec lui. Hospitalisée à Rivoli, au pied du Val du Suze, puis dans un service spécialisé à Turin, elle n’a survécu que quelques semaines. Son bébé Israël, né le 15 mars à 29 semaines de grossesse, pesait alors 700 grammes. En une semaine, passée essentiellement sur le ventre de son père, il a atteint près de 1 kg, selon les services médicaux.

      L’histoire est largement reprise dans les médias italiens, qui rappellent les déboires en France d’un bénévole convoqué après avoir porté assistance à une famille nigériane, dont une femme enceinte. Selon ce bénévole, Benoît Ducos, les douaniers français ont tardé à appeler les pompiers pour aider la femme et ont aussi envisagé un temps de renvoyer le père et deux enfants de 2 et 5 ans en Italie.

      http://www.liberation.fr/planete/2018/03/25/une-enquete-ouverte-apres-la-mort-d-une-migrante-enceinte-et-malade-recon

    • CHEZ JESUS

      da giovedì abbiamo occupato alcuni spazi pertinenti alla chiesa di Claviere.
      Alla frontiera la situazione in queste ultime settimane si è complicata. Il flusso di persone che arriva al confine è sempre più forte e le pratiche di solidarietà diretta messe in atto in questi mesi non sono più sufficienti. Per questo sentiamo sempre di più la volontà di sollevare il vero problema, che è la frontiera, con forza maggiore.
      Abbiamo occupato i locali sottostanti la chiesa anche perché si è resa sempre più evidente la necessità di avere tempi e spazi per organizzarci e parlare con le persone che a decine ormai ogni giorno cercano di attraversare questo confine.
      Al tempo stesso questa occupazione non vuole invocare un intervento da parte delle istituzioni che potrebbero darci una risposta con la solita impalcatura dell’accoglienza dalla quale la maggior parte delle persone con cui ci stiamo confrontando fugge.
      Preferiamo organizzarci in modo autogestito. Noi non vogliamo “gestire” delle persone; al contrario del sistema di accoglienza che conosciamo, che non fa altro che legittimare il dispositivo frontiera, vogliamo cercare complicità con chi si batte in prima persona per la propria libertà di movimento.

      Invitiamo tutt* i/le solidali a raggiungerci per un pranzo condiviso.
      Appuntamento domani, domenica 25 marzo, Chez Jesus (sotto la chiesa di Claviere) da mezzogiorno.
      Graditi cibo (già pronto), coperte, scarponi, indumenti caldi (guanti e sciarpe etc).


      Vu sur FB, le 25.03.2018 :
      https://www.facebook.com/briserlesfeontieres/photos/a.1522408807851238.1073741828.1522389147853204/1635042483254536/?type=3&theater

    • L’incontro tra il prefetto e i sindaci della #Valsusa sul problema dei migranti

      ”Un presidio mobile a Oulx con mediatori culturali che nell’area della stazione cercherà di intercettare i profughi per dissuaderli da proseguire il cammino verso il confine”

      «Al più presto un presidio mobile anche a Oulx, con mediatori culturali che nell’area della stazione cercherà di intercettare i profughi per dissuaderli da proseguire il cammino verso il confine. L’occupazione di Claviere non sarà interrotta, ma a condizione che non si verifichino tensioni tra gli attivisti, i residenti e i turisti». I sindaci dell’alta Valsusa, Francesco Avato per Bardonecchia, Paolo De Marchis di Oulx e Franco Capra di Claviere, sono appena scesi in piazza Castello dopo l’incontro con il prefetto di Torino, Renato Saccone.

      Tema al centro del tavolo di questa mattina, martedì 27 marzo, il flusso di migranti che raggiungono le stazioni ferroviarie delle città montane per tentare di superare, a piedi, le frontiere con la Francia. Un’emergenza prima di tutto umanitaria, a cui si aggiunge la preoccupazione per le possibili tensioni con gli attivisti dei centri sociali e del movimento Briser le frontieres, che da giovedì scorso ha occupato i locali della parrocchia sotto la chiesa di Claviere.

      «La cosa più importante, adesso, è far comprendere ai cittadini stranieri in viaggio verso la Francia che il sistema italiano, malgrado le possibili criticità, è decisamente più accogliente di quello francese. È quindi inutile affrontare i pericoli dei sentieri, avendo quasi la certezza di essere fermati dalla Gendarmerie e riportati a valle».

      http://www.lastampa.it/2018/03/27/cronaca/lincontro-tra-il-prefetto-e-i-sindaci-della-valsusa-sui-migranti-by0wQeX1qoThPHbngAnPgO/pagina.html

    • Migranti, l’irruzione a Bardonecchia diventa un caso politico. «Non siamo la toilette di Macron». Farnesina chiede spiegazioni

      Il ministero degli Esteri invia una richiesta formale a governo francese e all’Ambasciata di Francia. Tutte le forze politiche chjiedono un intervento del governo con Parigi.
      Dal Pd a Fratelli d’Italia l’irruzione degli agenti francesi nel centro migranti di Bardonecchia suscita sdegno e rabbia e assume sempre di più le caratteristiche di un incidente internazionale. La Farnesina fa sapere di aver chiesto «spiegazioni al governo francese e all’Ambasciata di Francia in Italia, attendiamo risposte chiare prima di intraprendere qualsiasi eventuale azione». Intanto i volontari i
      Rainbow4Africa , dopo l’irruzione degli agenti della Dogana francese nei loro locali di Bardonecchia, dicono:. «Adesso è il momento di tornare a fare il nostro lavoro di medici, infermieri, mediatori, avvocati»


      https://www.youtube.com/watch?v=4Jv1pmMN7BI

      http://torino.repubblica.it/cronaca/2018/03/31/news/coro_di_proteste_contro_l_irruzione_dei_francesi_non_siamo_la_toil

    • Bardonecchia – L’Italia si è ristretta

      Sono tanti i punti di domanda, resta il fatto che le frontiere italiane non pare si siano ristrette.

      Appurato che la polizia francese, agenti della dogana per la precisione, è arrivata armata fino a Bardonecchia e che avrebbe potuto farlo solo previo accordo dei colleghi italiani. Appurato che le forze dell’ordine italiane sia alla frontiera francese sia a quella austriaca hanno già lamentato invasioni di campo.

      Appurato che abbiamo visto quanto siano state collaborative le autorità francesi sulla questione dei migranti a Ventimiglia e che gli europei in generale hanno lasciato la nostra penisola arrangiarsi. Tutto ciò appurato sarebbe interessante sapere chi ha dato l’ordine di spingersi sino alla stazione di Bardonecchia e se hanno avvisato il commissariato del posto. Se ciò non è stato fatto significa che l’Italia lascia entrare uomini armati nel proprio territorio come se nulla fosse?

      Se il commissariato di Bardonecchia è stato avvisato, la polizia francese poteva entrare in territorio italiano armata. Ma il blitz dei francesi che hanno fatto irruzione in una saletta della stazione di Bardonecchia, dove opera la Ong Rainbow 4 Africa, per un’operazione “antidroga” su un nigeriano intimandogli di urinare per un controllo rivelatosi negativo pare che non fosse autorizzato. Restiamo nel condizionale. Se la polizia francese ha agito senza autorizzazione per quale ragione non è stata posta in stato di fermo? Vogliamo dire che l’Italia è tenuta in così “alta” considerazione che ognuno fa quel che vuole sul nostro territorio? L’estate scorsa gli austriaci avevano messo i blindati alla frontiera del Brennero per poi tirarli indietro di 800 metri. Forse si sono accorti che eravamo ad un pelo dalla dichiarazione di guerra? L’unica a non accorgersene è stata l’Italia?

      Le forze dell’ordine straniere vanno e vengono dal nostro territorio? Le operazioni si fanno in comune e semmai nel quadro dell’antiterrorismo. Ha qualcosa di surreale questa ricerca del nigeriano drogato…

      I media francesi tacciono, ad eccezione di FranceInfo che riporta che l’Italia sostiene… Non “sostiene” nulla. I fatti sono quelli.

      In attesa di sapere, se mai si saprà, chi ha avuto la felice idea di dare l’ordine ai poliziotti francesi di fare irruzione a 20 chilometri da Modane, perché si spera che non fossero in gita oltrefrontiera, e perché le autorità italiane non li abbiano fermati, cerchiamo di non fare ulteriori figuracce e di imporre all’Europa un atteggiamento molto ma molto più rispettoso nei confronti degli Stati membri in materia di migranti e di smetterla di vederci come una sottoappendice del continente europeo. Questo atteggiamento non giova al futuro dell’Europa al quale il Presidente Macron sembra tenere tanto!

      http://www.lavalledeitempli.net/2018/03/31/bardonecchia-litalia-si-ristretta

    • Snow may hide dead migrants on Alps route

      Mountain guides in the Italian Alps are warning that when the snow melts there this spring they may find bodies of migrants who have been attempting to make the treacherous land crossing from Italy into France.
      The tightening of border controls between France and Italy in recent years has prompted some migrants — often teenagers — to abandon coastal routes, in favor of a perilous two-kilometer trek through the southern Alps, the same slopes visited by skiers enjoying winter vacations.

      https://edition.cnn.com/2018/01/18/europe/alps-migrants-border-crossing-intl/index.html

    • #Beauty, 31 ans, enceinte, morte à Turin sur la route de la France

      C’est une histoire que vous avez peut-être lue dans la presse ces derniers jours, celle de la mort tragique d’une jeune femme nigériane, Beauty. Notre journaliste Julie Pietri l’avait rencontrée à Bardonecchia, dans le cadre d’un reportage. Elle raconte ici son histoire et pourquoi il est important de ne pas l’oublier.

      https://www.franceinter.fr/societe/beauty-31-ans-enceinte-et-morte-a-turin-sur-la-route-de-la-france

    • Migranti, la rotta alpina che passa da Bardonecchia: un viaggio duro e pericoloso

      Negli ultimi mesi, sulla rotta alpina che passa da Bardonecchia, sono transitati oltre duemila migranti: un viaggio duro e pericoloso in cui si arriva a camminare anche fino a quasi duemila metri. Non tutti ce la fanno: come la giovane nigeriana morta subito dopo aver dato alla luce il proprio bambino. Angela Caponnetto

      http://www.rainews.it/dl/rainews/media/sulla-rotta-alpina-che-passa-da-Bardonecchia-sono-transitati-oltre-duemila-m

    • Bardonecchia, i doganieri francesi fanno irruzione nella sede dei medici che difendono i migranti

      Non era mai accaduto ed è verosimile che diventi un caso diplomatico l’irruzione di cinque uomini della dogana francese, questa sera (30 marzo) intorno alle 19, nella base di «Freedom Mountain» a Bardonecchia, dove medici e infermieri dell’associazione Rainbow for Africa con mediatori culturali del Comune, pagati con fondi del ministero dell’Interno, assistono i migranti che mettono a rischio la loro vita nel tentativo di passare oltreconfine.

      http://www.lastampa.it/2018/03/30/cronaca/bardonecchia-i-doganieri-francesi-fanno-irruzione-nella-sede-dei-medici-che-difendono-i-migranti-V3CrBDNZMNfxgJHchjYdvJ/pagina.html

      Commentaire de #Andrea_Segre sur FB:

      Se noi riteniamo giusto mandare i nostri soldati in Libia, Tunisia, Niger per fermare i migranti, perché ci dovremmo stupire se i francesi fanno lo stesso mandando i loro nel nostro territorio? Sono stato personalmente a Bardonecchia e ho visto con i miei occhi i poliziotti francesi portare migranti nel territorio italiano senza alcuna autorizzazione, spesso con auto bianche senza alcun simbolo e senza curarsi minimamente delle condizioni dei migranti stessi o della presenza di operatori italiani pronti ad accoglierli. Arrivano, li scaricano e non si occupano delle conseguenze. Unico scopo è tenerli fuori, farli rimanere a casa..."nostra"! Oggi hanno anche deciso di fare irruzione in uno spazio di accoglienza allestito da Comune e associazioni. Il sindaco, Francesco Avato, ha giustamente protestato con fermezza. Il Ministero degli Interni per ora tace. E forse dovrà continuare a farlo se vuole che i francesi ci aiutino ad agire nello stesso modo in Africa sul nostro confine sud. Una volta che la la spirale securitaria prende il via le linee di confine diventano sempre più strette. Preferiamo aspettare che blocchino anche la nostra libertà di movimento prima di accorgercene e reagire?

    • France-Italie. “Macron l’envahisseur” : pourquoi la presse italienne est-elle en colère ?

      Le 30 mars, des douaniers français ont fait irruption du côté italien de la frontière, dans un local réservé à l’accueil des migrants. La France défend la légalité de l’opération ; les journaux italiens, eux, dénoncent une “violation de la souveraineté nationale” et tirent à boulet rouge sur le cynisme français.


      https://www.courrierinternational.com/article/france-italie-macron-lenvahisseur-pourquoi-la-presse-italienn

    • Des douaniers français poursuivent un migrant en Italie, l’incident devient diplomatique

      Vendredi 30 mars, les douaniers français sont intervenus sans ménagement dans un local d’une ONG en territoire italien. L’incident provoque l’indignation en Italie et tend les relations diplomatiques franco-italiennes.

      L’incident est passé assez inaperçu en France, mais fait les gros titres en Italie. L’intervention, vendredi 30 mars, d’une patrouille de douaniers français à Bardonecchia, sur le versant italien des Alpes, pour contraindre à un contrôle urinaire un migrant soupçonné de trafic de drogue a provoqué de vives réactions en Italie.

      Que s’est-il passé ? L’édition turinoise de La Repubblica tente d’établir les faits connus. Vers 21 heures, vendredi soir, la douane française intercepte dans le train Paris-Milan un jeune Nigérian qui possède un billet valable pour Naples. À la station frontière italienne de Bardonecchia, ils font descendre le jeune homme qu’ils soupçonnent apparemment de trafic de drogue pour le soumettre à un test urinaire. Pour réaliser ce test, les douaniers français ont utilisé le local de l’ONG turinoise Rainbow4Africa.

      Ce local, prêté par la mairie de Bardonecchia, est utilisé pour venir en aide aux migrants qui tentent de passer la frontière française par le col de l’Échelle et qui sont repoussés. Il est réservé aux personnels de l’ONG, aux médecins et aux responsables locaux. Selon les responsables de l’ONG sur place, les douaniers français seraient entrés armés, auraient fait preuve de brutalité, intimidant les personnes présentes pour parvenir à leurs fins. Le test d’urine a finalement été effectué et s’est révélé négatif. Le Nigérian a été libéré. Mais l’intervention musclée de la douane française a choqué bien au-delà de la commune piémontaise.

      L’affaire a pris une tournure diplomatique sérieuse. Comme le rapporte Il Fatto Quotidiano, l’ambassadeur de France à Rome, Christian Masset, a été convoqué, samedi 31 mars, par le ministère des affaires étrangères italien. Une convocation qui n’a pas, loin de là, apaisé les esprits. Le directeur général italien pour l’UE, Giuseppe Buccino Grimaldi, a « fermement protesté sur la conduite des agents français » et a jugé leur comportement « inacceptable ». La Farnesina, le Quai d’Orsay italien, s’est émue de l’absence d’explications de la partie française et indique que l’incident aura des conséquences sur le « fonctionnement concret (…) de la collaboration frontalière ».

      Côté français, on a tenté de désamorcer timidement la crise. Le ministre de l’action et des comptes publics, Gérald Darmanin, ministre de tutelle des douanes, s’est fendu d’un tweet dans la langue de Dante pour expliquer que l’intervention des agents français s’était effectuée dans le cadre d’un accord sur le contrôle transfrontalier de 1990 et que les douaniers avaient demandé et obtenu le droit d’utiliser le local de l’ONG Rainbow4Africa à Bardonecchia. Cette réponse n’est pas « satisfaisante » pour la Farnesina, qui indique, toujours selon Il Fatto Quotidiano, que les douaniers français savaient qu’ils ne pouvaient pas utiliser le local de la gare piémontaise. Le journal italien évoque un mail des douaniers français daté du 13 mars envoyé à RFI qui, précisément, se lamente de ne pouvoir occuper ce local « occupé par d’autres gens ». Rome réfléchirait désormais à interdire toute incursion française sur son territoire.

      L’affaire n’en reste cependant pas au niveau diplomatique. La Stampa, quotidien piémontais, annonce que le parquet de Turin vient d’ouvrir ce 1er avril une enquête contre X, dans l’attente de connaître l’identité des fonctionnaires français impliqués, pour « abus de pouvoir, violence privée et violation de domicile », le délit de « perquisition illégale » serait également en cours d’évaluation par le parquet. Cette enquête fait suite à une information envoyée par le commissariat de Bardonecchia. Selon celui-ci, les témoignages sont sans appel : les douaniers français sont entrés dans le local armés et sans demander la permission. Lorsqu’un membre de l’ONG a tenté de s’interposer par la parole en demandant du respect, on lui a intimé l’ordre de se taire.

      Cette affaire délie les langues dans une région qui est devenue un passage important des migrants. Dans un reportage sur place, La Stampa, rend compte de multiples témoignages sur les pratiques des douaniers français. Moussa, membre de l’ONG Raimbow4Africa, affirme que les Français « font ce qu’ils veulent, dans les trains et à la frontière (…), ils agissent comme s’ils étaient les patrons, très durement, avec très peu d’humanité ». Le journaliste italien constate effectivement qu’à Bardonecchia, la douane et les gendarmes français contrôlent tout le monde, migrants et Italiens. « Ils opèrent en territoire italien de façon indépendante, dans une sorte d’activité extraterritoriale en pleine autonomie, sans l’appui des autorités italiennes qui serait pourtant nécessaire selon le droit international », résume La Stampa.

      En attendant, l’incident a déclenché une vague de protestations. Les éditorialistes n’ont pas de mots assez durs contre la France et Emmanuel Macron. La Repubblica parle ainsi de « principes violés » et dénonce le « vrai visage » de la France qui serait apparu dans cette affaire. L’éditorialiste du quotidien de centre gauche estime que l’Italie est ravalée par son voisin au rang de « province méridionale d’une forteresse assiégée ». Dans le Corriere della Sera, Massimo Nava, élargit le propos et souligne que « Emmanuel Macron ne sort pas de la logique nationale, que ce soit sur les migrants, sur les chantiers navals ou sur les opérations militaires ». Celui qui devait incarner l’avenir de l’Europe déçoit, selon l’éditorialiste : « L’impression que donne Macron, c’est que plus qu’à des projets ambitieux, il est en train de penser avant tout aux prochaines élections. »

      Sur le plan politique, tous les partis italiens ont dénoncé l’attitude française, de la gauche radicale à l’extrême droite, comme le souligne le Huffington Post Italia. À gauche, Nicola Fratoianni, du parti Liberi e Uguali ( qui se situe à gauche du parti démocrate), parle d’un « acte de guerre contre ceux qui pratiquent la solidarité ». Même Enrico Letta, Europhile convaincu, ancien président du conseil et professeur à Sciences-Po Paris, a dénoncé dans un tweet « l’énième erreur sur les migrants ». Et de conclure : « Ensuite, on s’étonne du résultat des élections italiennes. » De son côté, le vainqueur des élections politiques du 4 avril, le Mouvement 5 Étoiles, soupçonné selon le quotidien libéral Il Foglio, de vouloir s’allier après les élections européennes à Emmanuel Macron, a publié un communiqué demandant des « clarifications » à la France et soutenant l’attitude de la Farnesina.

      Mais la réaction la plus vive est venue de Matteo Salvini, le leader de la Ligue, ce mouvement d’extrême droite qui est l’autre grand vainqueur des élections du 4 mars et donné dans les derniers sondages en deuxième position avec près de 25 % des intentions de vote. « Plutôt que d’expulser des diplomates russes, il faut éloigner les diplomates français », a-t-il déclaré.

      Cet incident traduit également une dégradation générale des relations franco-italiennes non seulement sur le plan des migrants, mais aussi des relations économiques. On se souvient que la nationalisation temporaire des chantiers de l’Atlantique pour obtenir des garanties de la société publique italienne qui rachetait le groupe à l’été 2017 avait suscité beaucoup d’indignations en Italie.

      https://www.mediapart.fr/journal/international/010418/des-douaniers-francais-poursuivent-un-migrant-en-italie-l-incident-devient

    • La Francia agisca nel rispetto dei diritti fondamentali delle persone e delle norme internazionali, europee e nazionali

      In seguito alla richiesta di spiegazioni da parte del Governo italiano, le autorità francesi hanno affermato che i controlli effettuati dagli agenti della Dogana francese nei locali della stazione di Bardonecchia in cui operano i medici di Rainbow4Africa e i mediatori culturali del Comune si sarebbero svolti nel rispetto della normativa vigente.

      Le norme europee e gli accordi tra Italia e Francia, intervenuti nel corso degli anni per disciplinare la cooperazione transfrontaliera in materia di polizia e dogana così come le operazioni congiunte di polizia, prevedono che gli agenti francesi possano operare sul territorio italiano, nelle zone di frontiera, ma stabiliscono determinate procedure e specifici limiti e condizioni, che nella vicenda svoltasi venerdì sera sono state palesemente violate.

      https://www.asgi.it/ingresso-soggiorno/bardonecchia-francia-violazioni-parere-asgi

    • Chez Jésus à Clavière, frontière franco-italienne
      Des nouvelles de Clavières, à la frontière franco-italienne

      Message émis par un habitant du squat de migrant·e·s Chez Marcel à Briançon, présent sur le squat de #Clavière dès le premier jour.

      Bonjour !

      Depuis jeudi 22 mars, la salle paroissiale de l’église de Clavières est occupée au bénéfice des exilé·e·s qui veulent entrer en France. L’ouverture de la salle est d’abord une action directe de mise à l’abri de personnes arrivées par le bus de vingt heures, et qui ne pouvaient arriver en France la nuit même. C’est la cinquième ou sixième fois depuis cet hiver que des migrant·e·s sont ainsi mis à l’abri provisoirement, avec à chaque fois une fermeture de la salle par le curé de la paroisse. Cette fois, la salle est restée occupée et rebaptisée #Chez_Jésus : le mouvement de soutien aux exilé·e·s sort ainsi du strict humanitaire et dispose d’un lieu pour changer ses modes d’action et politiser sa lutte, mettre en accusation le système de la frontière et ceux qui contribuent et qui profitent de ce système inhumain, des passeurs aux politiques en passant par les entreprises de sécurité et les flics de tous poils, et ceux qui se taisent et s’enkystent dans l’humanitaire, collaborant par leur silence au système de la frontière.

      Après la forte présence policière du week-end du 24-25 mars (DIGOS, carabinieri, police, police anti-émeute côté italien ; gendarmerie, PAF, police nationale et PSIG côté français), le #squat s’installe de manière un peu plus pérenne. L’aménagement intérieur s’améliore et rend le lieu plus agréable et plus fonctionnel, les risques d’expulsion (de la part de l’Église, propriétaire du lieu, et de la préfecture) s’apaisent, reste la mairie qui paie la facture d’électricité et veut envoyer un contrôle d’hygiène. Restent aussi de nombreux soutiens individuels, à Briançon et au Val-de-Suse. Reste encore la division des mouvements, en France et en Italie : que ce soit Tous Migrants à Briançon ou le réseau Briser les frontières en Italie, et même le mouvement No-Tav, les organisations les plus proches et les plus concernées se désolidarisent toutes officiellement de cette occupation (on trouve même le qualificatif de « sabotage » à propos de ce lieu).

      Pourtant, c’est bien là que les exilé·e·s quittent la route pour trouver un chemin qui leur permettra de rejoindre la France. C’est bien là que les exilé·es peuvent prendre un peu de repos, des forces, des conseils, un temps de réflexion... et ainsi envisager une traversée moins dangereuse. C’est aussi là qu’illes peuvent revenir s’illes sont refoulé·e·s par la police, et s’abriter la journée avant de tenter un nouveau passage. C’est donc une nouvelle façon de fonctionner sur la frontière, pour les personnes de la maraude comme pour les exilé·e·s. Elle présente l’avantage de permettre aux personnes qui franchissent le col de se réapproprier la façon dont elles souhaitent ou peuvent entreprendre la fin de leur parcours vers la France, sans l’espèce de fonctionnement en « agence de voyage » de la maraude qui leur est parfois vendu et qui semblait chargée d’aller systématiquement et immédiatement les mettre à l’abri. Cette idée d’autonomisation nous semble un concept riche de sens, mais pas seulement à nous. Quelque chose d’inquantifiable et d’immatériel nous le confirme, ce sont, chaque matin après la traversée, les sourires et l’énergie des gens arrivés à pied, comparés à ceux transportés en voiture il y a une semaine.

      Le lieu offre aussi une opportunité de contrer le système des passeurs, et donc d’atteindre la frontière dans un de ses maillons. L’existence de ce lieu, si l’information circule bien en Italie, permet aux migrant·e·s d’esquiver le paiement de 200 à 300 € à un passeur qui ne fait de toute façon pas le travail, se reposant sur les maraudeurs dont la présence systématique assurait aux passeurs de faire entrer leurs clients en France facilement et sans risque. La frontière crée les passeurs, mais les passeurs justifient la présence policière et la répression des individus solidaires des migrants.

      Nous invitons donc tous ceux qui le souhaitent à venir prendre un café à la salle paroissiale de l’église de Clavière (à deux kilomètres de la frontière française) pour voir ce qui s’y passe et éventuellement donner un coup de main, sachant que la première façon d’aider est d’en parler autour de soi.

      Mise à jour du 01 avril 2018

      Les deux dernières nuits ont été plus agitées à la frontière, marquées par un renforcement des rondes de police : patrouilles, pick-up, voitures banalisées. Logiquement, on a vu une reprise des arrestations de cell-eux qui essaient de passer sans les bons papiers.

      Un groupe de six personnes a été bloqué vendredi soir à la sortie de Montgenèvre par la police française. Refoulés en Italie, ils ont tenté la traversée à nouveau samedi soir, de même que dix autres candidats. Ces derniers ont été surpris à Montgenèvre et refoulés, quant aux premiers, c’est aux Alberts (à mi-chemin de Briançon) qu’ils ont été interpellés. La scène dont ils témoignent est la suivante : à 3 heures du matin environ, ils ont été surpris et arrêtés sur la route. Le groupe au complet a pris la fuite soudainement, dont les deux voyageurs déjà montés à bord du véhicule de patrouille. L’un d’entre eux est tombé à travers la glace d’un petit plan d’eau et a pu être secouru ; il se repose actuellement.

      L’euphorie consécutive à la consolidation de l’occupation de Clavière après deux semaines retombe quelque peu. Preuve est faite une nouvelle fois de la mise en danger persistante par les « autorités ». Par l’action de sa police aux frontières, la France réitère ses entraves manifestes à la liberté de circulation et en particulier au droit de se rendre à la préfecture la plus proche pour y effectuer une demande d’asile.

      Un dernier point, non moins marquant, d’après le témoignage d’un candidat à la traversée, bloqué la nuit dernière : lors de l’interpellation, face à son refus premier d’obtempérer à l’ordre de monter dans la voiture, l’agent de la PAF a porté la main à son arme (sans la dégainer) et réitéré son ordre. Comment faire autrement que se soumettre au rapport de force et accepter d’être renvoyé ? Que penser d’un geste aussi suggestif dans la menace ?

      A Montgenèvre comme partout ailleurs, la police joue son rôle de cadenas contre les libertés. Encore une fois, interrogeons, exposons et refusons de subir son action.

      Solidarité avec qui souhaite circuler de part et d’autre des frontières.

      https://grenoble.indymedia.org/2018-04-02-Chez-Jesus-a-Clavieres-frontiere

    • Criminalizzazione della solidarietà, diritto di fuga, città solidali

      Lo spazio-frontiera italo-francese

      In un contesto segnato da una criminalizzazione della solidarietà senza precedenti, in Italia come altrove in Europa e nelle sue vicinanze si assiste a un’escalation inquietante degli episodi di razzismo istituzionale e di strada. Gli interventi arbitrari delle forze di polizia e delle guardie di frontiera si moltiplicano in nome della lotta congiunta al terrorismo e alle migrazioni “irregolari”. Ultima in ordine di tempo, ma sicuramente al primo posto per l’intensità della scossa diplomatica che ha prodotto, è la vicenda dell’irruzione armata da parte di cinque agenti della dogana francese all’interno dei locali della stazione ferroviaria di Bardonecchia per effettuare un test delle urine a un ragazzo nigeriano che viaggiava regolarmente da Parigi verso Napoli. In questo caso, il cittadino nigeriano è stato fermato e sottoposto a un controllo anti-droga sotto pressione di agenti francesi armati esclusivamente sulla base di un racial profiling (identificazione razziale) che di fatto regola le pratiche di controllo sui treni che attraversano i confini nazionali. Quello avvenuto a Bardonecchia è un attacco che va situato all’interno della serie di atti di intimidazione da parte delle forze dell’ordine contro chi si sta mobilitando in sostegno dei migranti bloccati o respinti alle frontiere.
      A pochi chilometri da Bardonecchia, al confine italo-francese, dal 24 marzo una stanza interna alla chiesa di Claviere è occupata da migranti e attivisti che dichiarano: “Il problema non è la neve, non sono le montagne; il problema è la frontiera”. Gli occupanti si oppongono al registro dell’emergenza, ribadendo che a causare le morti al confine franco-italiano non sono le condizioni meteo, ma è l’esistenza stessa del confine e il suo attuale funzionamento. In quest’ottica, costruire percorsi solidali significa rifiutare il vocabolario della “gestione” dei migranti e, al contrario, significa aprire spazi comuni di lotta e di permanenza – dicono gli occupanti di Claviere.
      Da Catania a Calais, così come da Melilla a Edirne, le nostre speranze sono alimentate da un variegato movimento di solidarietà ai migranti che comprende gruppi cattolici, singoli cittadini, militanti NoBorder e guide alpine Guides sans Frontieres nelle Alpi francesi. L’eterogeneità di esperienze e pratiche di solidarietà rappresenta la vera ricchezza del movimento a sostegno dei migranti. Tale movimento è animato da gruppi organizzati così come da cittadini che autonomamente decidono di mobilitarsi per reagire alla criminalizzazione della solidarietà. Tra questi ultimi, il caso che più di altri ha richiamato l’attenzione dell’opinione pubblica è stato quello di Cedric Herrou, contadino francese della Val Roia, al confine italiano-francese, accusato nel 2016 di aver aiutato a superare la frontiera italiana e aver offerto ospitalità a un gruppo di migranti. È stata poi la volta del ricercatore francese Pierre-Alain Mannoni, accusato di aver soccorso tre donne eritree.
      Secondo il “Codice di Entrata e Soggiorno degli Stranieri e del Diritto di Asilo” (CESEDA), chi viene accusato di aver “facilitato o tentato di facilitare l’ingresso, la circolazione o il soggiorno irregolare di uno straniero” è punibile dalle autorità francesi con multe che ammontano fino a 30 mila euro, nonché con la reclusione in carcere di due anni. Insieme a Mannoni e Herrou, decine di cittadini e cittadine sono stati (o sono tutt’ora) sotto processo per aver fornito cibo e ospitalità ai migranti. Tali accuse fanno leva su leggi nazionali che richiamano la Direttiva europea del 2002 sul “Favoreggiamento dell’ingresso, del transito e del soggiorno illegali”. In alcune località, come Calais, il formarsi di infrastrutture autonome di solidarietà e sostegno materiale ai migranti ha fatto venire alla luce contrasti fino ad allora rimasti sotto traccia tra i diversi livelli istituzionali: amministrazioni locali contro magistratura, governo nazionale contro procure.
      La “guerra delle docce”, vale a dire la vertenza messa in campo da gruppi spontanei e associazioni locali per la fornitura di servizi igienici ai migranti di passaggio a Calais, è divenuta una vera e propria icona del movimento di solidarietà con i migranti che tentano di attraversare il confine italo-francese. Alla politica europea di criminalizzazione della solidarietà e sospensione dei diritti negli spazi di emergenza umanitaria si risponde dunque con la moltiplicazione delle iniziative spontanee e organizzate, individuali e collettive, di solidarietà attiva.

      http://www.euronomade.info/?p=10506

    • Crossed boundaries? Migrants and police on the French-Italian border

      An eyewitness account and analysis of what it means for French customs officials to force a Nigerian man to urinate in Italy.

      The strengthening of migration controls at the internal frontiers of Europe is not a smooth affair. Far from only trying to gain control over migrant crossings, EU member states are reshaping border policies to project sovereign power and support state prerogatives, such as anti-terrorism. This work has included the implementation of bilateral agreements between national police forces, as well as measures aimed at intimidating solidarity networks that support migrants. The forced entry into a room of the Bardonecchia railway station, located a few kilometres inside Italy, and the diplomatic row that followed glaringly shows the political stakes that are behind inter-state border cooperation.

      I was there, conducting interviews with the NGO Rainbow for Africa for my research project on migrant solidarity networks, when the police burst in. It is a small room that Rainbow for Africa uses, with the authorisation of the municipality of Bardonecchia, to host migrants at night as they try to cross into France. The French customs officers arrived around 8 pm. They had guns and Tasers, and they were holding a Nigerian citizen that they arrested on the train. Their right to enter, they said, was based on a bilateral agreement signed with the Italians in the sixties.

      They had guns and Tasers, and they were holding a Nigerian citizen that they arrested on the train.

      A cultural-linguistic mediator of the Italian NGO, a non-white person, tried to dissuade them. “No weapons here”, he said. “Nobody is authorised to do arbitrary anti-drugs tests in this room”. One of the customs officers shouted “shut up, this is none of your business”, and proceeded with the Nigerian gentleman towards the toilet, at the back of the room. The Nigerian citizen was travelling from Paris to Naples, with a regular train ticket and a permit to stay in Italy, and he could not understand what the French officers were shouting. They spoke in French only.

      He tested negative so they released him, throwing his stuff on the floor and leaving before the Italian police arrived. A diplomatic crisis has since erupted. The Italian Home Office demanded an explanation from the French ambassador to Rome, who cited a bilateral trans-border agreement signed with Italy in 1990 according to which "French customs officers are allowed to intervene in the Italian territory”. Italy replied that the room can no longer be used by the French, as it is now reserved for hosting migrants. Moreover, as the Italian Association of Juridical Studies (ASGI) explains, the bilateral agreements between France and Italy establish that “the French police can act in the Italian territory but on the basis of specific and detailed conditions […] and always through a collaboration with the Italian police”. Therefore, the arbitrary stop and search of the Nigerian citizen, and a forced urine test on the basis of racial profiling (a black man spotted by the French police on a high speed train), also reveal the broader political stakes that go beyond migration.
      Sovereignty over what?

      What does this event tell us? How should it be analysed in light of the current French-Italian border police cooperation? The day after the event, Italian politicians claimed the need to regain control over national frontiers. “We should kick the French diplomats out of Italy”, declared Matteo Salvini, the leader of the populist right party the League. His and others’ reactions put national sovereignty at the forefront, shifting the whole debate from the arbitrary intervention made on the migrant to the French armed intrusion on Italy.

      Trans-border police cooperation between the two countries has a long history, including the 1997 Chambery agreement that establishes rules for police cooperation. Most recently, on 15 March, the prefectures of Turin and Gap signed a new, bilateral trans-border agreement aimed at controlling migration movements and arresting suspected terrorists. Political tension at the border has visibly increased over the past three years, in particular due to two main political issues: France’s suspension of Schengen in May 2015, and the increasing number of migrants risking their lives to evade French border controls by crossing through the Alps.

      “You should not dare crossing here. Crossing the Alps it is too dangerous now. With this amount of snow, you will die for sure”, an Italian policeman told four Somali migrants who arrived in Bardonecchia by regional train from Turin. “If you want to be alive tomorrow, don’t try to cross. And also, if you manage now, the French will take you back here, in Italy”. In part a well-intended warning, in part an illustration of the deterrence tactics being deployed along the border, these words demonstrate the different attitudes on the two sides of the borders.

      The Italians have little interest in tracking the migrants nor in blocking them – it’s the French who incessantly patrol the frontier.

      The Italians have little interest in tracking the migrants nor in blocking them – it’s the French who incessantly patrol the frontier and actively push migrants back into Italy when they find them. For this reason both local NGOs and the Italian police try to discourage migrants from crossing. They know that the chance of dying is very high, and those who succeed initially are very likely sent back. When migrants are detected by the French police, they are returned by van to the town of Bardonecchia and dropped in the main square next to the rail station.

      “Sometimes they give a paper to the migrants, some other they do not officially register the push-back”, an activist of the NoTav movement said. “Migrants know that it is extremely hard to cross. Only about 10% manage to reach France at the first attempt, the others try again and again. For their part, the police counts on the fact that, also due to the extreme weather conditions and the difficulty of crossing high mountains, migrants are exhausted after few attempts and give up, claiming asylum in Italy.”
      "The problem is not the snow, the problem is the border”

      Behind the struggle over border cooperation and national sovereignty, the question of the implementation of the Dublin Regulation comes to the fore. Both states try not to take in potential asylum seekers, with France actively confining migrants in Italy. These repeated pushbacks have severe impacts on the migrants, who are forced to repeatedly undertake the same journey and to constantly divert their routes.

      Furthermore, when French customs officers pushed their way past the NGO workers in the Bardonecchia train station they not only intimidated them, but also – I would ague – sent a message to all migrant solidarity networks that are mobilised in the Susa Valley. Alongside Rainbow for Africa, which is authorised by the municipality to manage this temporary medical clinic and hosting space, activists and citizens in the village of Claviere are running a solidarity space without the support of local authorities.

      Claviere, which is located just two kilometres from the French border, is the other main crossing point for the migrants. Unlike in Bardonecchia, the municipality did not open any space for them, and therefore a group of citizens decided on 24 March to occupy a room inside the church. The priest took position against the occupation, but in the end the local authorities could not evict the people inside, due to the extra-territorial status of the church. Moreover, the occupation has received quite a lot of support from many citizens in the area and beyond.

      The mountains are not the problem, the snow is not an emergency. The problem is the border.

      The occupied church is not merely a place for the migrants to stay and rest before trying to cross to France. Its existence as a place of solidarity is an active challenge to the state logics of “managing migration”. In the face of the repeated pushback operations at the border and the risky journeys that migrants undertake on the Alps, the occupants of the church refuse the humanitarian emergency discourse that considers migrants as desperate people to save from the snow. As one said, “the mountains are not the problem, the snow is not an emergency. The problem is the border, that forces these migrants to cross from here and in these conditions”.

      The French-Italian frontier is marked by border cooperation activities as well as disputes over arbitrary police interventions, yet at the same time it is a place of growing trans-border solidarity infrastructures. These are under attack due to their support of migrants’ struggles for movement, support which goes beyond the humanitarian gesture of giving something to the migrants. Against inter-state police cooperation, and beyond disputes over border sovereignty, trans-border cooperation is multiplying as citizens defy their own governments to become “criminals of solidarity”.

      https://www.opendemocracy.net/beyondslavery/martina-tazzioli/crossed-boundaries-migrants-and-police-on-french-italian-border

    • Raid at NGO on the French-Italian border puts France and Italy at odds

      On 30 March 2018, French border guards raided the NGO Rainbow for Africa, which operates at the train station of the Italian city of Bardonecchia at the Alpine border with France. The guards, who were armed, entered the NGO facility, forced a migrant to take a urine test and intimidated doctors, cultural mediators and lawyers. The NGO provides social, health and legal support to migrants and asylum applicants at the border.

      The French authorities claimed that the border guards suspected one of the passengers, a Nigerian national resident in Italy, of carrying drugs and proceeded with “asking his consent” to provide a urine sample, using the facility at the Bardonecchia station for that purpose. The authorities put forward that the procedure respected the guidelines laid down in 1990 regarding National Joint Border Control Facilities. The French Minister for Public Accounts called the incident a “misunderstanding”.

      The Mayor of Bardonecchia, Francesco Avato, said the French had no right to enter the facility, which he said the city operates as a “neutral” space to try to persuade migrants not to make the dangerous Alpine crossing into France.

      A day after the incident, the French ambassador in Italy, Christian Masset, was summoned over what Rome termed “a serious act considered outside the scope of cooperation between states sharing a border”. The Italian Foreign Ministry added that the two countries will address the issue further at a meeting in Turin on April 16.

      On 1 April 2018, the public prosecutor’s office in Turin opened an inquiry into the incident and will assess whether there has been an abuse of power, domestic violence, trespassing, and, if there are grounds for it, also illegal search from the part of the French border guards.

      The president of ASGI, an Italian NGO that provides legal assistance at Bardonecchia station and is a member of ECRE , stated that the incident was “a very serious violation not only of that human rights system (…) but also a violation of the basic principles of human dignity, intolerable towards people who come to seek international protection”. The Mayor of Bardonecchia reiterated his support to the work carried out by NGOs and categorically stated: “The project won’t stop; our goal is to continue to work so that our town doesn’t become a new Ventimiglia”.

      As stated in the ECRE/AIDA Updated Country Report on France, to circumvent the controls set up in Menton, migratory routes have shifted towards riskier journeys through the Alps, with police checks and unlawful summary returns being frequently documented.

      https://www.ecre.org/raid-at-ngo-on-the-french-italian-border-puts-france-and-italy-at-odds

    • Vu sur twitter, le 08.04.2018 :
      https://twitter.com/LouisMRImbert/status/982529486494359552
      #Collomb #Gérard_Collomb #fake_news #Alternative_facts

      Source :

      Mais elle a accepté de le retravailler pour la séance. M. Collomb a fait une distinction entre ceux qui aident « occasionnellement » les migrants et une « catégorie extrêmement dangereuse de personnes totalement irresponsables (…) qui appellent à la suppression des frontières ».

      « On a incité des migrants à franchir un certain nombre de cols [dans les Alpes] pour venir en France : s’il n’y avait pas eu la gendarmerie de haute montagne, on aurait eu des morts », a-t-il dit.

      http://www.lemonde.fr/politique/article/2018/04/06/apres-28-heures-de-debats-et-l-etude-de-850-amendements-le-projet-de-loi-asi

    • Je suis passée il y a quelques jours, en rentrant de Grenoble depuis la Suisse italienne, à Claviere... J’y suis restée uniquement quelques minutes pour leur laisser un peu d’argent.
      Panneau à l’entrée de l’église :

      Une des choses qui m’a frappée c’est l’#invisibilité des exilés dans ce petit village.
      Le grand portail de l’église est fermée, ce n’est pas l’espace supérieur de l’église qui est occupée, mais la #crypte. On y entre par une petite porte latérale.
      Un seul exilé était dehors, assis sur une pierre. La seule personne noire que j’ai vu dans Claviere.
      Claviere qui était pleine de skieurs, de randonneurs, qui s’amusaient comme si de rien n’était...

      A Claviere comme à Côme, et comme déjà vu sur des plages en Méditerranée, #migrants et #touristes entrent en collision dans des endroits presque improbables :

      À Côme, les taxis ne se battent pas pour conduire des Somaliens ou des Érythréens. Ils recherchent plutôt les « autres » étrangers : les touristes aisés. Migrants et touristes ne se croisent pratiquement jamais, mais en raison des fermetures successives des routes migratoires et des points de passage dans l’espace Schengen, les premiers voyageant du Sud vers le Nord, avec pour tout bagage des sacs en plastique, croisent les seconds qui débarquent avec leurs lourdes valises sur le chemin de l’hôtel. Les migrants, eux, ne possèdent qu’une simple couverture, au mieux une tente. La plupart dorment à la belle étoile dans le parc.


      https://visionscarto.net/touristes-et-migrants-collision-a-come

      Ou ce que @reka a appelé, dans son billet sur la Méditerranée, « croisements touristiques et migratoires »

      Commentaire de cette carte :

      –->

      Elle montre en particulier que des centaines de milliers de personnes migrantes se déplaçant dans le sens sud-nord croisent quelques centaines de milliers de touristes qui eux, se déplacent dans le sens inverse nord-sud. Sans jamais les voir. Ou presque. Il y a de temps en temps des collisions, comme celle, immortalisée par le photographe espagnol Antonio Rodriguez en 2006 sur une plage des îles Canaries. Une jeune vacancière réconforte un migrant d’origine africaine arrivé épuisé à la nage après le naufrage de son embarcation. Petit crash de deux mondes qui n’auraient jamais dû se rencontrer.


      https://visionscarto.net/la-mediterranee-plus-loin

      Et mon commentaire de la même carte dans un article publié dans @vivre (2016) :

      Dans le même temps, les touristes débarquent sans problèmes sur cette même plage pour visiter le pays et s’amuser. Un « petit clash entre deux mondes qui n’auraient jamais dû se rencontrer », commente le cartographe et géographe Philippe Rekacewicz, qui illustre ces points de frictions avec la carte « Au voisinage touristique de l’Europe, la guerre, les réfugiés et les migrants »

      https://asile.ch/2016/12/13/regard-dune-geographe-murs-frontieres-fantasme-controle-migratoire

      #visibilité

    • Info urgentes, de la part de Tous Migrants, message reçu par email le 09.04.2018 :

      En réponse à l’appel d’urgence de Refuges Solidaires, la gare est occupée par depuis dimanche soir par des bénévoles et des exilées
      Cette occupation permet de mettre à l’abri dans l’urgence une cinquantaine de personnes que le Refuge ne peut accueillir faute de place. La paroisse et des citoyens accueillent également plusieurs familles avec enfants.
      Merci d’avance pour le soutien que chacune et chacun pourra apporter, ne serait-ce que par votre présence quand vous pouvez, à toute heure du jour et de la nuit.
      N’hésitez pas à apporter de la nourriture préparée, des couvertures.
      C’est aussi le moment de renforcer ou soulager les équipes de refuges Solidaires surchargées.

      En accord avec les responsables du Refuge, nous avons réactivé notre SOS pour que les associations nationales nous aident et pèsent de tous leur poids pour que l’Etat prenne ses responsabilités dans le respect des droits fondamentaux des personnes. Dans l’immédiat, l’ouverture d’un autre lieu à taille humaine un peu en aval de Briançon permettrait de poursuivre l’engagement citoyen en impliquant d’autres collectivités locales. L’idée est que ce genre d’initiatives se multiplient pour que la France d’en-bas tout en entière renoue avec ses valeurs de fraternité, ce qui finira par obliger ceux qui nous gouvernent à changer de politique.

    • Evacuation de la gare de Briançon.
      Message de TousMigrants sur twitter (10.04.2018) :

      #Évacuation de la gare sncf #briancon occupée par une cinquantaine de #CRS ce soir. Migrants à l’abri. Sans violence mais par la force. Quand la #prefete05 s’ouvrira t elle au dialogue avec les associations ? Et maintenant, on fait quoi ?...50 personnes ce soir à #Clavière....


      https://twitter.com/MigrantsTous/status/983808511292428288

    • A la frontière, les nouveau-nés pèsent 700 grammes

      La mort d’une femme nigériane après qu’elle eut tenté de passer la frontière italo-française indigne autant dans la presse que sur les réseaux

      Des hommes, une frontière, des tragédies. Les faits remontent au mois de février. Beauty a 31 ans et vient du Nigeria. Enceinte, elle vit avec son mari, Destiny, 33 ans, près de Naples. Lorsqu’elle réalise qu’elle souffre d’un lymphome, elle décide de poursuivre sa grossesse en France où réside sa sœur. Elle s’engage donc sur la route que suivent de plus en plus de migrants, celle qui passe par Turin et traverse les Hautes-Alpes par les cols pour aboutir à Briançon.

      Cette route, Le Temps l’avait déjà évoquée au mois de novembre, lors d’un reportage au col de l’Echelle, à 1762 mètres, alors que – malgré les premières neiges de l’hiver qui venaient de se déposer – le flux migratoire ne faisait que s’accentuer. Depuis 2016, la région subit une pression migratoire croissante. Certains exilés parviennent sains et saufs en France et d’autres sont refoulés en Italie. Difficile de connaître les critères qui président à l’expulsion ou au laissez-passer.

      Le 9 février, alors qu’ils traversaient la frontière, Beauty et son mari sont arrêtés par les gendarmes. Elle est enceinte de six mois, et peine à respirer. Selon l’ONG italienne Rainbow4Africa ils auraient été déposés en pleine nuit devant la gare de Bardonecchia, du côté italien.
      Bébé prématuré

      La semaine passée, Beauty est décédée, dans un hôpital à Turin. Son bébé, Israël, né prématurément, ne pesait à sa naissance que 700 grammes. Sur le ventre de son père depuis une semaine, il en aurait déjà pris 200 autres, et les médecins se disent confiants quant à son avenir.

      Le drame ne laisse personne indifférent. Selon la presse et les associations italiennes, une information judiciaire a été ouverte à Turin ce samedi. La région transfrontalière vit ce que ses habitants décrivent comme un drame humanitaire. Et des civils s’organisent pour éviter que des accidents ne surviennent dans leurs montagnes. Mais, le nombre de passages augmentant, la pression sur ces bénévoles humanitaires s’accentue. Ils se savent surveillés par les autorités, et certaines mises en garde à vue ont été rapportées.
      Secouriste appréhendé

      La dernière en date est celle de Benoît Ducos. Le 10 mars, le militant avait porté assistance à un groupe de migrants dont faisait partie une femme enceinte soumise à des contractions. En chemin vers l’hôpital de Briançon, l’homme est arrêté par un contrôle de douane qui retarde la prise en charge de la future mère. Selon les propos du Français relayés par Le Monde, il a été question d’expulser vers l’Italie le père et les deux enfants, avant que les forces de l’ordre ne se ravisent et ne les conduisent au chevet de la mère, qui les réclamait. Une enquête est en cours afin de définir le rôle précis du secouriste.

      Déjà, cet incident avait été « celui de trop ». A la frontière, sur le col de Montgenèvre, des manifestants dénonçaient une oppression inhumaine et répétaient les slogans « Protégeons les humains, pas les frontières » ou « France, pleure ! Ton humanité a foutu le camp ». Sur les réseaux, l’indignation n’est plus contenue.
      Un Etat aveugle

      Le décès de Beauty vient s’ajouter au tableau des tragédies. Sur le Net, certains internautes ont honte. « La France est morte ! » s’exclame l’un d’eux, regrettant le manque d’humanité des autorités de l’Hexagone. « La peur de l’« invasion » étrangère aveugle l’Etat et lui fait oublier les fondements de notre République », s’indigne un autre sur Twitter.

      Les mêmes commentaires apparaissent sur les réseaux italiens. Toutefois, le témoignage du mari de Beauty, diffusé sur le site de La Repubblica, apporte de l’eau au moulin des récalcitrants aux arrivées de migrants, des deux côtés de la frontière. Le veuf précise que lui seul avait été interdit de territoire français. Son épouse, autorisée, quant à elle, à entrer en France, aurait choisi de rester avec lui en Italie.

      Sur la page Facebook de Libération, un lecteur soudain relativise : « Elle a fait cela de son plein gré. Pas la peine de culpabiliser la France. » Son message a été effacé dans l’après-midi.

      https://www.letemps.ch/opinions/frontiere-nouveaunes-pesent-700-grammes

    • [Hautes-Alpes] Occupation de l’ancienne école du Prorel (Briançon) : venez nombreux !

      Cette nuit, une salle de l’ancienne école du Prorel a été réquisitionnée pour y accueillir des personnes exilées arrivant d’Italie. Ceci en réponse à l’expulsion de la gare du 10 avril, qui fut seulement une manière de rendre invisible la situation à Briançon en déplaçant le problème ailleurs. Il n’y a pas de réelles solutions proposées, tous les espaces d’accueil sont saturés. Actuellement, une soixantaine de personnes dorment au Refuge Solidaire, et à Clavière vingt à cinquante personnes arrivent quotidiennement.

      Rappelons que les exilé-es arrivent pour la plupart de Libye, où l’esclavage et la torture sont omniprésent, avant de traverser la Méditerranée dans des embarcations « de fortune » puis de rejoindre les campos d’Italie souvent gérés par la mafia. En France, Collomb et Macron leur promettent l’invisibilité dans les PRAHDA (Programme d’Accueil et d’Hébergement des Demandeurs d’Asile) et l’enfermement dans des CRA (Centres de Rétention Administrative).

      Il est temps de se questionner sur la « politique d’accueil digne et responsable » de l’Etat, considérant les personnes en exil comme une menace, ou au mieux des victimes. Jamais comme des êtres humains. Il est temps de refuser les logiques de tri et d’enfermement. En réaction à cette politique dissuasive par « l’horreur » quotidienne et silencieuse, la réappropriation d’espaces communs est nécessaire. Nous avons toutes et tous besoin de lieux vivants, ouverts, en interaction avec la population. Des lieux où les gens peuvent témoigner de leur réalité respective. Des lieux où nous pouvons commencer à imaginer du commun (ou du être ensemble) et faire l’expérience d’un partage concret.

      Lundi 16 Avril, sera examinée en première lecture à l’assemblée, la « monstrueuse » loi « Asile et Immigration » . Nous devons refuser la logique de criminalisation et de pénalisation qui accentue la déshumanisation. Des appels sur tout le territoire ont été lancé pour des mobilisations afin d’ exprimer et de rendre visible notre refus catégorique et notre détermination d’empêcher l’émergence d’une telle loi et des idées qu’elle véhicule.

      L’occupation d’un lieu fait partie de cette mobilisation.

      Solidarité inconditionnelle avec toutes les personnes matraquées par l’Etat !

      https://grenoble.indymedia.org/2018-04-12-Occupation-de-l-ancienne-ecole-du

    • Dans le rapport du HCR #desperate_journeys, mention est faite sur la frontière sud-alpine...
      https://data2.unhcr.org/en/documents/download/63039

      Déjà dans cette carte on voit apparaître des points jaunes le long de la frontière sud-alpine, il s’agit de personnes mortes aux frontières :


      #mourir_aux_frontières #morts #cartographie #visualisation
      Pour l’instant, pas de points jaunes vers Bardonnecchia et Briançon...

      Et puis, dans le rapport, il y a aussi quelques références à cela :

      Improved registration upon arrival and increased controls at land borders in northern Italy have contributed to the majority of sea arrivals registering their asylum applications in Italy and remaining in the country, however, some still tried to move on irregularly in 2017. At the border between France and Italy, there have been reports that many persons, including unaccompanied children, have been summarily returned from France. 10 At least 16 refugees and migrants died along the route between the Italian border town of Ventimiglia and Nice between September 2016 and the end of 2017 with most being hit by vehicles or trains or else electrocuted while trying to cross the border hiding on a train. As a result of the difficulties of crossing the border near Ventimiglia, some refugees and migrants have started to take an even more dangerous route through the Alps from near Bardonecchia.

      (pp.9-10)

    • Claviere - Il rifugio #Chez_Jesus per migranti in transito: «qua nessuna è straniero»

      Il rifugio autogestito Chez Jesus si trova a Claviere in Alta Val di Susa, a ridosso della frontiera franco-italiana del Monginevro: da sabato 24 marzo i locali sottostanti la piccola chiesa sono stati occupati dalla rete solidale che da mesi agisce per dare sostegno ai migranti che cercano di oltrepassare il confine.

      «Questo luogo - scrivono gli attivisti - ha visto passare centinaia di persone di decine di nazionalità diverse, tutte in cammino verso la Francia ed il resto d’Europa, ognuno ed ognuna con il proprio valido motivo per partire, ognuna ed ognuno con una giusta voglia di arrivare.
      Sono stati occupati i locali sottostanti la chiesa di Claviere perchè questi passaggi di montagna sono stati resi pericolosi dalla presenza arrogante della polizia di frontiera ed i passaggi di montagna pericolosi hanno bisogno almeno di un bivacco in cui riprendere fiato. Ma anche perché si è resa sempre più evidente la necessità di avere tempi e spazi per conoscersi, condividere le proprie esperienze ed organizzarsi.
      A Chez Jesus ogni giorno passano decine di persone con cui vengono fatte assemblee in tre lingue diverse, organizzate iniziative, condivisi pranzi, cene, chiacchiere e risate.
      Durante queste ore passate assieme abbiamo potuto conoscere al meglio la
      situazione dei centri di accoglienza, da cui la maggior parte delle persone di passaggio fugge. Abbiamo conosciuto le logiche di ricatto e di infantilizzazione che avvengono al loro interno ed è per questo che è nata l’esigenza di aprire uno spazio autogestito. Un luogo in cui, se pur per poche ore, non c’è bisogno di possedere dei documenti o di compilare dei dannati questionari. Un luogo in cui non si cataloga ed esclude nessuno e nessuna. Un luogo in cui ognuno ed ognuna è pienamente responsabile di se e della cura del luogo che lo circonda».

      Gli attivisti Chez Jesus ogni domenica condividono un pranzo nella piazza
      antistante la chiesa di Claviere. «Solidali, migranti e gente di passaggio; un pranzo all’aperto per rompere l’invisibilizzazione di tanta gente costretta ad attraversare di notte, a piedi e nella neve questa frontiera attraversabile senza problemi solo per i turisti e per le merci».

      Dalla pagina facebook del rifugio autogestito lanciano un appello: «questo posto vive con le energie di tutte e di tutti, dunque l’invito è a passare, fermarsi e contribuire. Servono cibo, scarponi, guanti, giacconi e soprattutto contributi pratici, idee e voglia di organizzarsi insieme».

      Per contattarli: rifugioautogestito@inventati.org


      http://www.meltingpot.org/Claviere-Il-rifugio-Chez-Jesus-per-migranti-in-transito-qua.html

    • Point de vue : La communauté alpine ne doit pas oublier les réfugiés !

      Pendant que la SUERA s’efforce de réunir les régions alpines, des migrantes et des migrants meurent aux frontières des pays alpins. Francesco Pastorelli, directeur de CIPRA Italie, s’interroge : qu’est devenue l’Europe hospitalière, solidaire et tolérante ?

      Une jeune nigériane est morte dans un hôpital de Turin après avoir mis son enfant au monde. Les policiers qui l’avaient arrêtée de nuit alors qu’elle traversait dans la neige le Col de l’Échelle entre l’Italie et la France avec d’autres migrants l’ont ramenée en Italie et laissée seule dans le froid à la gare de Bardonecchia/I.

      Un guide de montagne français encourt jusqu’à cinq ans de prison pour avoir aidé une migrante enceinte de huit mois au poste frontière de Montgenève. À Bardonecchia, des policiers ont pris d’assaut un centre d’accueil pour les réfugiés. Les incidents de ce type se multiplient aux frontières alpines.

      Pendant que les régions alpines travaillent à unifier les Alpes dans le cadre de la Stratégie de l’Union européenne pour la région alpine (SUERA), les États ferment leurs frontières. Où est resté l’esprit solidaire de l’Union européenne ? Pouvons-nous continuer à travailler sur l’environnement, le paysage, le trafic et le tourisme dans le cadre de la Convention alpine pendant que des personnes risquent leur vie dans le froid et la neige des cols alpins après avoir bravé les dangers de la traversée du désert et des mers ? Trouver des solutions aux problèmes de l’immigration n’est pas simple, et il ne s’agit pas ici de décider de la répartition des réfugiés, de leur accueil ou de leur expulsion. Mais nous ne devons pas accepter que des gens qui fuient la guerre et la famine se heurtent à des murs et à des fils barbelés dans les Alpes, dans cette Europe prospère, qu’on ne les aide pas dans leur dénuement et que ceux qui les aident soient menacés de procès et de peines de prison. En même temps, les petites communes des zones frontalières ne doivent pas être laissées seules face à ce problème.

      Des organisations humanitaires et des initiatives locales s’engagent heureusement pour les réfugiés, comme à Briançon en France ou à Bardonecchia en Italie. Les petites communes de montagne font elles aussi ce qu’elles peuvent pour aider, à l’exemple d’Ostana, qui accueille avec ses 80 habitants six réfugiés du Pakistan.

      Les organisations alpines comme la CIPRA ou le Réseau de communes « Alliance dans les Alpes » sont conscientes de l’importance d’une société bien intégrée, pluraliste et multiculturelle dans les Alpes et s’engagent dans ce sens. Nous ne devons toutefois pas nous limiter à mettre en route des projets de coopération sur les thèmes sociétaux. Il faut ouvrir les yeux des institutions internationales qui assistent avec passivité et indifférence à ces événements dramatiques aux frontières, et montrer que les manifestations d’ouverture et d’accueil sont souvent en réalité contrecarrées par la peur et le rejet de l’autre.

      L’histoire des populations alpines est marquée par les migrations. Des générations entières de montagnards ont quitté autrefois leur pays pour fuir la misère et chercher leur subsistance dans les plaines, les villes industrielles, dans d’autres pays ou sur d’autres continents. Beaucoup sont revenus après avoir fait fortune, riches en expériences, en compétences et en contacts, et ont ainsi contribué au développement de leurs pays. Nous pouvons apprendre de leur histoire pour relever les défis d’aujourd’hui.

      http://www.cipra.org/fr/nouveautes/la-communaute-alpine-ne-doit-pas-oublier-les-refugies

    • « Mesdames, Messieurs les députés : abolissez le #délit_de_solidarité ! »

      Accusé d’avoir porté secours à une nigériane enceinte – qui accouchera d’un petit Daniel cette nuit là – , #Benoît_Ducos fut convoqué par la police aux frontières le 13 mars dernier. À mi-chemin entre la beauté et le drame, récit d’une nuit invraisemblable.

      10 mars au soir, aux alentours de 21h20. Près de l’obélisque du village de #Montgenèvre, nous apercevons un groupe de réfugiés, pétrifiés de froid. Nous nous approchons d’eux pour engager la conversation. Le groupe est constitué d’une famille – avec deux enfants de un an et demi et cinq ans – accompagnée de deux autres exilés croisés en chemin. Lorsque nous les rencontrons, ils sont fatigués et apeurés. Ils ne savent ni à qui ils ont à faire, ni où ils sont. Rapidement, nous les rassurons sur nos intentions en leur expliquant qui nous sommes.

      Marcella, enceinte, se tord de douleurs

      Je constate qu’ils restent méfiants. De nos jours, le voyageur n’ose plus venir frapper à la porte de quiconque. Il se cache, se sent traqué. Se méfie de tout. De tous. La moindre personne rencontrée est une menace potentielle. La police rôde et n’est jamais loin.

      En discutant, nous apprenons que Marcella – la maman – est enceinte de 8 mois et demi et qu’elle a dû se faire porter jusqu’ici. Sous le choc, épuisée, elle ne peut plus mettre un pied devant l’autre. Nos thermos de thé chaud et nos couvertures ne suffisent pas à faire face à leur détresse.

      21h50. C’est l’alarme, Marcella ne va pas bien. Nous sommes face à une situation très délicate. Il faut agir vite. Je décide de prendre mon véhicule pour l’emmener à l’hôpital de Briançon. Chaque minute va être précieuse. Une fois dans la voiture, tout se déclenche. Quand nous arrivons au niveau de #la_Vachette – à 4 kilomètres de Briançon –, elle se tord dans tous les sens sur le siège avant. Elle souffre. Les contractions sont là, elle hurle de douleur. J’accélère. Courage #Marcella, nous sommes tout proches…

      22h10. À l’entrée de Briançon – au champ de Mars – je suis arrêté par un barrage de douane. J’enrage. Nous sommes à 500 mètres de l’hôpital, dans une situation d’urgence absolue. Ils sont une dizaine à orchestrer le contrôle de police et à dérouler la litanie des questions habituelles, parfaitement inappropriées et malvenues en la circonstance. « Qu’est-ce que vous faites là ? Qui sont les gens dans la voiture ? Présentez nous vos papiers ? Où est-ce que vous avez trouvé ces migrants ? Vous savez qu’ils sont en situation irrégulière ? Vous êtes en infraction ! ».

      Bloqués par le barrage de douane

      J’insiste pour qu’ils me laissent emmener Marcella à l’hôpital en leur expliquant qu’elle est en danger. Les douaniers m’opposent un refus catégorique. Inspirée, l’une d’entre eux me lance « mais comment savez-vous qu’elle est enceinte de 8 mois et demi ? » avant d’enchaîner « et puis, quelles compétences avez-vous pour vous permettre de juger du degré d’urgence de la situation ? », « Vous n’êtes pas une femme, vous ne savez pas ce que c’est ». J’ai beau lui rétorquer que je suis pisteur secouriste, que j’ai quelques notions de secourisme me permettant d’être à même d’évaluer une situation d’urgence, elle ne m’écoute pas. Rien à faire, la voiture ne repartira pas.

      Autour de la voiture, ça rigole franchement. Marcella continue de serrer les dents, son mari essayant de l’aider comme il peut. Pas un regard, pas un mot, pas le moindre petit geste d’attention de la part des douaniers. La maman continue de se tordre sur le siège passager, les enfants pleurent sur la banquette arrière. J’essaye de garder mon calme. Cette situation me révolte.

      Les douaniers finissent par appeler le procureur pour savoir ce qu’ils doivent faire. Longs moments de flottements. Finalement, ils prennent la décision d’appeler l’Officier de Police Judiciaire (OPJ) de permanence à la Police aux Frontières qui arrivera quelques minutes plus tard.

      23h15. Marcella se plie de douleur. Les pompiers arrivent et séparent la famille : la maman est emmenée à l’hopital tandis que les enfants et le papa restent avec moi. Ils se mettent à pleurer, car ils ne comprennent pas ce qu’il se passe.

      Le « premier bébé des maraudes » est né

      Nous sommes conduits dans la foulée au poste de police de Briançon, tels des criminels, escortés par la voiture de l’#OPJ à l’avant et un fourgon de la douane à l’arrière. Après la fouille de mon véhicule et de mes affaires personnelles, le contrôle de mon identité, et une série de questions diverses, on me remet une convocation en audition libre pour le mercredi 14 mars à 9h à la Police aux Frontières (PAF) de Montgenèvre. C’est à ce moment-là que les douaniers m’expliquent qu’ils étaient là pour arrêter des passeurs ! Vingt minutes plus tard, je quitte le poste de police. Il est près de minuit. Le lendemain matin, j’apprendrai par l’hôpital la tentative d’expulsion – vers l’Italie – du papa et des enfants pendant que Marcella était sur le point d’accoucher. L’hôpital a donc dû insister auprès de la PAF pour qu’ils reviennent dans les plus brefs délais. Celle-ci a fini par obtempérer, et dans la nuit la famille a été réunie.

      Le premier « bébé des maraudes » est donc né à Briançon le 11 mars 2018. C’est un petit garçon, né par césarienne. Il s’appelle Daniel, comme son papa.

      Le 11 mars au soir, le papa et les enfants sont placés par le 115 à Gap, à 100 kilomètres de Briançon, sans moyens de communication avec Marcella. De mon côté, il m’a été impossible d’obtenir leur adresse : au 115 on me dit que des instructions ont été données pour ne pas communiquer cette information – hautement sensible !

      Le 12 mars, une soixantaine de militants s’est rendue devant le 115 de Gap pour manifester. Au bout d’une heure et demie de bras de fer, ils ont fini par obtenir l’adresse du papa et des enfants. Des militants lui rendront visite pour être sûrs que tout va bien, puis le ramèneront à Briançon. La capacité des douaniers à évaluer une situation de détresse et celle de l’administration à faire preuve d’humanité me laissent encore perplexe.

      Comment peut-on, à ce point, perdre toute capacité de discernement ? À quel déni d’humanité peut conduire l’application bête et méchante des lois et des instructions ? Comment peut-on oser ne pas regarder avec compassion, ne pas daigner aider celui qui endure une souffrance de plus dans son difficile périple jusqu’à nous ?

      Convocation de la Police aux frontières

      14 mars. Devant les bâtiments de la PAF qui m’a convoqué ce jour-là, nous organisons une manifestation dans le but de dénoncer ce qui se passe sur cette frontière. À l’occasion, une personne a très justement rappelé, comment, pendant la dernière guerre, une résistante travaillant à la Préfecture de Paris fabriquait des faux papiers pour les juifs en danger dans l’intention de leur éviter la déportation, considérant que parfois, « désobéir, c’est se couvrir d’honneur »...

      J’ose espérer que ce témoignage aura fait réfléchir les forces de « l’ordre » présentes en nombre ce jour-là. Je ne souhaite pas que le geste accompli par devoir le 10 mars au soir soit célébré. Tous les jours des militants solidaires prennent des risques et osent se porter au devant des migrants. Dans l’ombre, ils accomplissent aussi des gestes remarquables qui ont tout autant de valeur à mes yeux. Les maraudes ne sont que la partie émergée d’un réseau de solidarité envers les exilés mobilisant un grand nombre de personnes.

      À ce jour, nous avons été une quarantaine d’individus convoqués à la PAF, inquiétés en raison du « transport de personnes en situation irrégulière » ainsi que pour avoir « facilité le maintien irrégulier sur le territoire français de personnes étrangères ». Aujourd’hui ce délit, qui avait été créé à l’origine pour lutter contre ceux qui font du business avec l’immigration clandestine, porte un nom, le délit de solidarité.

      Il sert à intimider et à décourager ceux qui ont choisi simplement de rendre service, de porter secours, mais cela ne marche pas : « On ne peut rien contre la volonté d’un homme ».

      Pour moi – comme pour beaucoup d’autres qui chaque jour prennent des risques – aller à la rencontre de ces exilés, leur donner à manger, à boire, les couvrir, leur donner des vêtements chauds, leur proposer un abri pour la nuit, leur parler, les écouter, quelle que soit leur nationalité, leur couleur de peau et leur situation, est un devoir, un geste d’humanité, un acte de fraternité. Moi qui suis un professionnel de la montagne, je fais le lien avec la formation que j’ai reçue et dans laquelle il est dit que l’initiative de secours aux personnes en danger en montagne est une obligation surpassant tous les autres textes de loi. N’importe quel montagnard aguerri vous le dira : en montagne on n’abandonne jamais quelqu’un en difficulté.

      Criminalisation de la solidarité

      Pour tous ces exilés, comme le dit Jean-Marie Gustave Le Clézio, la migration n’a rien d’une croisière en quête d’exotisme ou de sensations fortes. Ces gens sont des #fugitifs et ils ne se retrouvent pas ici – à franchir des cols au péril de leur vie – par hasard. Il faut savoir par où ils sont passés, quels sacrifices ils ont faits, les dangers auxquels ils ont fait face, les violences qu’ils ont subies pour marcher jusqu’à nous, jusqu’à ce pays qui fait briller leurs yeux et qu’ils veulent atteindre coûte que coûte.

      Quel soulagement d’ailleurs pour eux lorsqu’on leur dit « vous êtes arrivés » même si, au fond de nous, nous désespérons des obstacles qui les attendent encore ici.

      Je ne peux pas croire que ces gens vêtus de leurs habits de pays chauds franchissant nos montagnes en hiver, après avoir traversé déserts et mer, au risque de perdre leur vie, aient eu le « choix ». Je crois que leur exil est un déchirement, puisqu’ils ont dû abandonner tout ce qui leur est cher, leur famille, leur amis, tout ce qu’ils possédaient…

      L’objectif des #maraudes est d’aider ces personnes en détresse, harassées par des années de voyage, apeurées, fuyant les dangers auxquels elles sont exposées dans leur pays et dont les droits élémentaires sont bafoués. Elles méritent bien notre admiration et notre respect, elles méritent qu’on les regarde, qu’on les considère. Pour toutes ces raisons, je souhaite qu’on en finisse avec cette criminalisation des actes de solidarité et d’humanité. Si comme d’autres, je suis amené à me plonger dans la nuit pour distribuer à manger, donner des vêtements, mettre à l’abri des personnes qui veulent demander la protection de la France, c’est aussi parce que l’État faillit à des devoirs.

      La Déclaration Universelle des Droits de l’Homme nous dit pourtant que tout homme a le droit de quitter librement son pays et de choisir avec la même liberté le pays dans lequel il souhaite vivre. Nous ne sommes que des « veilleurs, des passeurs, des colporteurs d’humanité ». Tous nous aurons besoin un jour ou l’autre que quelqu’un nous tende la main et nous nous rappellerons combien ce moment aura été fondateur pour nous. Les rencontres qui ont lieu dans nos montagnes contribuent aussi à nous forger, à faire de nous ce que nous sommes. Les sourires de ces exilés dans le froid de la nuit sont inestimables.

      Les accueillir parce qu’ils « frappent à notre porte » est quelque chose de finalement on ne peut plus simple, modeste et humain, quelque chose que nous ne pouvons pas ne pas faire. Je pense que cela devrait être un devoir plus qu’un choix. Il est grand temps qu’une #immunité_humanitaire soit enfin accordée aux associations et citoyens dont les actions sont guidées par la seule volonté d’aider, de porter assistance et d’offrir un accueil digne et respectueux aux exilés, de défendre et protéger leurs droits auxquels porte atteinte chaque jour l’État français. Pour mettre la République en conformité avec les valeurs qu’elle proclame, Mesdames, Messieurs les députés : abolissez le délit de solidarité !


      https://www.nouveau-magazine-litteraire.com/idees/benoit-ducos-abolissez-le-delit-de-solidarite

      Je mets en exergue ici la question de la #montagne et des #montagnards :

      Pour moi – comme pour beaucoup d’autres qui chaque jour prennent des risques – aller à la rencontre de ces exilés, leur donner à manger, à boire, les couvrir, leur donner des vêtements chauds, leur proposer un abri pour la nuit, leur parler, les écouter, quelle que soit leur nationalité, leur couleur de peau et leur situation, est un devoir, un geste d’humanité, un acte de fraternité. Moi qui suis un professionnel de la montagne, je fais le lien avec la formation que j’ai reçue et dans laquelle il est dit que l’initiative de secours aux personnes en danger en montagne est une obligation surpassant tous les autres textes de loi. N’importe quel montagnard aguerri vous le dira : en montagne on n’abandonne jamais quelqu’un en difficulté.

      Et pour @sinehebdo, peut-être un nouveau #mot, #fugitifs :

      Pour tous ces exilés, comme le dit Jean-Marie Gustave Le Clézio, la migration n’a rien d’une croisière en quête d’exotisme ou de sensations fortes. Ces gens sont des #fugitifs et ils ne se retrouvent pas ici – à franchir des cols au péril de leur vie – par hasard. Il faut savoir par où ils sont passés, quels sacrifices ils ont faits, les dangers auxquels ils ont fait face, les violences qu’ils ont subies pour marcher jusqu’à nous, jusqu’à ce pays qui fait briller leurs yeux et qu’ils veulent atteindre coûte que coûte.

    • Chroniques de frontières alpines – 1 / Réprimer les solidarités : La stratégie de la peur

      Depuis 2015, dans le cadre de la « lutte anti-terroriste » menée par l’Etat français, on a assisté à une intensification de la répression policière et juridique vis-à-vis des citoyen·nes solidaires avec les étranger·es, notamment aux zones frontalières. L’inculpation, entre juillet 2015 et janvier 2017, de 9 citoyen·nes des Alpes Maritimes, a vu ressusciter les débats autour du poussiéreux « délit de solidarité », institué en 1938 (dans un climat dont chacun·e devine qu’il était particulièrement xénophobe…)

      Le dossier en ligne du Gisti sur le délit de solidarité montre comment les évolutions progressives du droit sont devenues de plus en plus floues de sorte qu’il n’ait plus vocation à réprimer les trafics et réseaux mafieux à la frontière, mais à englober dans le champ des répressions les pratiques d’aide gratuite et solidaires vis-à-vis des étrangers. Cette évolution est le fruit d’une représentation de continuité entre l’immigration clandestine et le terrorisme : ainsi, dès 1996, l’aide au séjour irrégulier est intégrée parmi les infractions à visée potentiellement terroriste. Depuis les années 2000, on assiste à une extension des immunités (notamment pour « motifs humanitaires ») mais aussi, simultanément, à une aggravation des sanctions et de la répression des citoyen·nes solidaires avec les étranger·es sans-papiers.

      Tout un arsenal législatif a ainsi vocation à limiter les activités bénévoles de citoyen·nes solidaires : l’ « aide à l’entrée et au séjour irréguliers », punis de 5 ans d’emprisonnement et de 30 000 euros d’amende, mais aussi les « délits d’outrage, d’injure et de diffamation ou de violences à agent publics », utilisés selon le Gisti pour » défendre l’administration et la police contre les critiques dont leurs pratiques font l’objet ». A ces motifs s’ajoutent des pratiques plus sournoises de dissuasion, qui procèdent de la même volonté politique : « Il s’agit de priver l’étranger en situation irrégulière en France de toute forme de soutien : amical, politique ou juridique mais aussi, au-delà, de signifier à la population en général et aux militant·es en particulier qu’on ne peut s’opposer impunément à la politique gouvernementale quelles que soient la détresse humaine et les horreurs qui lui sont inhérentes. »

      Outre le choquant paradoxe de l’expression « délit de solidarité », la défense juridique lors des procès des citoyen·nes de la Roya remet en cause les pratiques de l’Etat : que fait-il du droit international qui consacre le droit pour chacun « de participer à des activités pacifiques pour lutter contre les violations des droits de l’homme et des libertés fondamentales » ? Que fait-il de l’injonction d’assistance à personne en danger, surtout en contexte de montagne ?

      Le positionnement politique des citoyen·nes inculpé·es, qui assument leur solidarité avec les sans-papiers, va encore plus loin : si les personnes mettent leur vie en péril en passant par des chemins dangereux, c’est parce qu’elles se cachent de la police, et ont peur d’être arrêtées. En tant que personnes vulnérables en montagne, c’est à la gendarmerie de haute montagne de leur porter secours ; en tant que demandeuses d’asile (pour la quasi-totalité d’entre elles), ou mineures (pour la moitié d’entre elles) ces personnes devraient être prises en charge par la police, puis par la préfecture, dans une logique de protection prévue par le droit français. Ce sont les pratiques illégales par la police de refoulement aux frontières qui (re)mettent en danger les personnes migrantes (souvent abandonnées en montagne dans un froid extrême après leur arrestation).

      Le délinquant, le criminel, c’est l’Etat, objectent donc les collectifs de soutien, qui ne respecte ni les traités internationaux, ni les lois, ni aucune des valeurs d’asile de fraternité de la République. Dans les Alpes-Maritimes, l’heure est donc à la mobilisation collective, juridique et politique aux côtés de ces « délinquant·es solidaires » pour les soutenir dans leur procès et montrer que la société civile n’adhère pas au discours qui fait d’elles et eux des criminel·les.

      Qu’en est-il dans les Hautes-Alpes ? La route qui s’est ouverte progressivement au cours de l’année 2017 en fait, depuis plus de six mois, un des principaux passages vers la France. Dans le Briançonnais, les mêmes événements se sont enchaînés, rapidement, qu’à Menton et dans la Roya : augmentation brutale du nombre de personnes traversant la région pour entrer en France, organisation citoyenne pour faire face à une situation humanitaire d’urgence, militarisation de la frontière grâce à des équipements et des renforts policiers, répression des personnes clandestines… Et prise en étau des bénévoles solidaires au coeur de ce dispositif de répression, lequel vise avant tout les personnes étrangères, mais également tous les gens qui leur viennent en aide.

      L’association Tous Migrants estime que depuis le printemps 2017, entre 40 et 50 personnes ont été arrêtées et convoquées à la PAF, principalement pour délit d’ »Aide à la circulation, à l’entrée ou au séjour de personnes en situation irrégulière ». On peut estimer que plus du double ont été interpelé-es par des agents de police ou de gendarmerie dans l’exercice d’un acte de solidarité. On compte également au moins 5 gardes-à-vue. Benoît Ducos, un de nos camarades dont le nom a été relayé par les médias pour être venu en aide à une femme nigérianne enceinte, est à la fois menacé d’un procès, et sollicité par de grandes ONG italiennes pour recevoir des prix pour son « héroïsme »… Cela résume aussi bien le contexte absurde et paradoxal (et ironique) dans lequel nous oeuvrons.

      Jusqu’à maintenant, dans les Hautes-Alpes, les convocations sont restées sans suite ; mais comme les événements de la Roya sont un sombre présage pour leur futur proche, les nombreux·ses citoyen·nes solidaires du Briançonnais sont plongé·es dans l’anxiété. La répression, à défaut d’être judicaire, est policière ; et elle prend parfois des formes plus détournées encore : pressions morales, psychologiques, financières… A Briançon et dans la vallée de la Clarée, tout se joue encore sur le terrain, dans l’informel, dans les interactions directes avec les officiers de police et gendarmerie, ou les agents de l’Etat. Leur caractère aléatoire, mouvant, complexe, entraîne une invisibilisation de cette répression par l’Etat des activités solidaires.

      Les témoignages recueillis ci-dessous évoquent différentes manières grâce auxquelles l’Etat développe sa stratégie d’intimidation des personnes solidaires dans le Briançonnais. Un recueil de ces témoignages et une mise en commun des expériences individuelles sont indispensables pour dénoncer ces phénomènes qui ne sont pas isolés, mais s’inscrivent au contraire dans une politique calculée de l’Etat français à travers une stratégie de la peur.

      La méthode atmosphérique : création d’un climat de tension

      Le nombre relatif d’arrestations n’évacue pas le contact au quotidien, pour les habitant·es du Briançonnais et particulièrement celles et ceux de la vallée de la Clarée, avec une présence policière lourde et un contrôle incessant, particulièrement féroce durant la période de la fin de l’été à début décembre 2017. A la gendarmerie locale, la douane, la Police de l’Air et des Frontières, le PSIG, la Police et Gendarmerie de Haute-Montagne initialement présents, se sont ajoutés les renforts venus de la région entière, dont des groupe d’interventions spécialisés comme la Brigade Anti-Criminelle, les CRS, des renforts de la vallée de la Roya, et même les sentinelles de l’armée.

      Les habitant·es et touristes témoignent des barrages quotidiens sur la route qui imposaient parfois quatre contrôles par jour aux personnes désirant descendre dans la vallée. Barrages, brigades mobiles, postes de surveillance, les renforts policiers de toute la région ne se sont pas contentés de sillonner les cols ou les routes durant cette période, mais aussi d’installer leur présence au coeur des bourgs de Névache, Val-des-Prés, de Briançon, de sorte à ce qu’aucun jour, et aucune nuit, ne se passe sans avoir le sentiment d’être surveillé·e par la police. Deux habitants de Névache décrivent la présence dans le centre du village de voitures de police avec leurs phares à 4h du matin, au pied de tous les d’immeubles. « On se fait du cinéma », conclut l’un d’entre eux, conséquence logique du fait que le petit village semble s’être transformé durant cette période en décor de cinéma.

      Au même moment, les hélicoptères sillonnent régulièrement le ciel. « Le pire c’est l’hélico, c’est vraiment un sentiment d’oppression. Quand ils font des rondes, on sait que ce n’est pas pour le sauvetage, mais pour la surveillance », dénonce une habitante de Névache.

      Plus bas à Briançon, un Refuge a ouvert cet été pour permettre aux personnes migrantes de s’abriter après leur difficile traversée de la montagne. Bien que les sans papiers puissent être arrêté·es partout dans la ville, le Refuge a bénéficié d’une sorte d’immunité humanitaire. Malgré tout, pendant l’été et l’automne 2017, les rondes régulières des véhicules de gendarmerie devant le Refuge semblent menacer sa sécurité : « Ils roulent à une vitesse d’escargot, 20km/h, on se sent observés : t’es toujours suspect… J’ai pensé à d’autres pays où les gens sont sous surveillance et je me suis dit « on connaît ça ici ». On devient nous mêmes suspects« , confie une bénévole. Ces rondes s’ajoutent aux gendarmes en civil postés sur le parking devant le Refuge, et à la présence certifiée des renseignements généraux sur la même place. Cela renforce la croyance chez les bénévoles qu’ils et elles sont tou·te·s repéré·es, fiché·es, leurs voitures enregistrées.

      Alors que je recueille le témoignage de l’une de ces bénévoles, assises au soleil sur cette place, elle coupe son récit pour dire : « Et tu peux m’expliquer pourquoi il y a une voiture de police qui est plantée à côté de nous depuis 8 minutes ? ». Au moment où je tourne la tête, la voiture de gendarmes démarre. Cette pression est discrète, mais elle développe chez tous les volontaires des réflexes anxieux, d’auto-surveillance de leurs faits et gestes. Cela fait dire à une vieille dame bénévole « Ah, c’est encore la Gestapo ».

      Cette stratégie est développée aussi lors d’événements collectifs plus militants : « A chaque fois qu’on a fait des manifs à la PAF, ils nous ont photographiés, ainsi que les bagnoles… »

      Côté italien, les montées à la frontière de la police et des gendarmes ne concernent pas les migrant-es mais bien les militant·es. Dès le premier jour de l’occupation, une montée massive de la police (polizia, carabinieri, police politiques, voitures civiles) vers le lieu a ancré cette action dans un contexte de confrontation. Des voitures postées en observation devant le lieu que nous occupons, des tentatives régulières par des hommes en civil ou en uniforme discret (la police politique) d’entrer dans le lieu, suffisent à poser le climat. Interpellations sans justification, juste parce qu’on a un véhicule français, prise d’identité. Pour les personnes qui arrivent depuis la vallée par le bus, que nous accueillons dans le lieu en tentant de les mettre en sécurité, cette surveillance menaçante fait s’écrouler tout ce que nous avons mis en place en termes d’accueil. Alors que la police a tenté de rentrer dans le lieu, et que nous n’avons pas eu le temps de barricader, j’ai dû crier à des sans-papiers que nous accueillions depuis la veille de se cacher vite, pour ne pas qu’ils les trouvent : comment prétendre essayer de créer un climat de sécurité, dans ces conditions ?

      Les touristes qui ont fréquenté la région à la fin de l’été manifestent de manière unanime un choc vis-à-vis de cette présence policière démentielle et apparemment injustifiée. « Pendant l’automne, la vallée ressemblait plus à une scène de guerre qu’à une région touristique », s’accordent de nombreux·ses habitant·es. « On a senti un moment d’occupation. Quand ils sont partis, on a enfin pu respirer. »
      La tactique du « cow-boy » : courses-poursuites et mise en scène d’arrestations

      La stratégie favorite dans le Briançonnais est ainsi celle de l’intimidation. Celle-ci possède une dimension spectaculaire, au sens propre du terme : comme si la vallée était un théâtre, où après avoir planté un décor de guerre, des acteurs jouent aux opérations militaires de grande envergure.

      Les course-poursuites ont vocation à produire cet effet impressionnant. Une femme du Refuge raconte qu’en septembre, alors que la police surveillait constamment la gare de Briançon, empêchant le départ des migrant-es vers le reste de la France, des bénévoles avaient organisé un petit convoi pour descendre une dizaine de personnes vers la gare suivante, à l’Argentière, afin qu’elles puissent prendre leur train vers Paris. « On attendait dans l’herbe à côté de la gare, tranquillement, quand la police est arrivée : il a fallu se précipiter, en rampant, dans les voitures. On s’est précipités vers la gare suivante, Saint-Crepin, à toute vitesse. Là on attend, on surveille la gare. Pendant ce temps les jeunes sont dans la voiture et attendent que le train arrive. Quand il arrive on leur dit de courir. Ils montent dans le train, et direct après, horreur, on voit arriver la police ! Ils ont tous été arrêtés à Gap. »

      Une autre femme, habitante de la Clarée, raconte : « J’allais au boulot à quatre heure du matin, et il y a un gars qui m’appelle, qui venait de descendre l’Echelle et d’arriver dans la vallée. Je l’ai pris en voiture pour l’aider à descendre et il y en avait plein d’autres qui marchaient sur le bord de la route, ils couraient au milieu des voitures, dévalaient la pente. Alors je les ai emmenés aussi.

      Les gendarmes à Val-des-Prés en avaient déjà arrêté une vingtaine. Moi je les ai vus, et j’ai eu peur : j’ai accéléré. Ils m’ont poursuivie. Au village suivant, je me suis arrêtée « Sortez, courez ! », je leur ai dit. Les gendarmes nous ont tous poursuivis, un seul gars a réussi à s’évader, se cacher dans un jardin. J’étais prise au piège dans mon propre village. J’ai eu une sacrée frayeur ! »

      Comme beaucoup d’autres, cette femme n’a pas été re-convoquée par la suite, malgré son arrestation : les interventions musclées sur le terrain, confirment les bénévoles, ne comportent pas pour l’instant de suites judiciaires, elles se suffisent à elles-mêmes pour impressionner les citoyen-nes solidaires.

      La dimension dissuasive de ces course-poursuites est plus évidente encore quand elles concernent des gens qui ne transportent pas de migrant·es, mais qui se contentent de leur parler. Moi-même, alors que je me contentais d’observer, j’ai été prise en chasse par une voiture de police… qui n’avait rien d’autre à me reprocher que de rouler les phares éteints.

      L’intimidation se joue aussi dans la mise en scène de l’arrestation. Le ton de la voix, la manière d’interpeler, font partie du jeu de scène. On me raconte, à chaque contrôle du véhicule, les phares de voiture et lampes en pleine figure pour éblouir, les arrestations à grands cris, contrôles d’identité, fouille du véhicule – même quand il n’y a rien à signaler.

      Un militant raconte son arrestation récente : les armes braquées sur lui, une ouverture à coups de pieds de la portière de la voiture, les personnes agrippées brutalement, menottées avant d’être conduites à la gendarmerie. Un autre homme arrêté au col de l’Echelle alors qu’il transportait une femme enceinte et sa famille a fait l’objet d’une arrestation brutale : ses voisins racontent que les gendarmes lui ont esquinté les bras, et qu’il a eu très mal par la suite.

      Enfin, pour certaines personnes arrêtées, la violence verbale grossière est utilisée pour forcer la peur. Une militante me raconte : « J’ai une copine qui a été arrêtée à la PAF alors qu’elle emmenait des mineurs se signaler, à la demande de la gendarmerie. Elle a été cuisinée, a raconté qu’elle avait aidé les gens à prendre leurs billets de train. La personne qui l’interrogeait lui a tenu des propos odieux, sexistes, racistes, machistes, et des gestes obscènes. Pendant un mois, elle a arrêté ses activités bénévoles. Elle ne veut pas témoigner, elle est très intimidée. »

      Enfin, le cas le plus grave recensé à la frontière a été une violence physique contre un manifestant, en mai 2017, renversé par un véhicule de police alors qu’il était venu soutenir avec une trentaine d’autres citoyen·nes solidaires des réfugié·es et une travailleuse sociales qui avaient été arrêté·es par la PAF. Voici le témoignage relayé par la presse de la victime de cette violence : « Une voiture de police part sur les chapeaux de roues (…) à son bord 2 ou 3 réfugiés, direction le poste de police en Italie. (…). Spontanément, une dizaine d’entre nous décident de se mettre au milieu de la route et de mettre nos simples corps comme barrière naturelle à l’expulsion. Le chauffard essaye de forcer le passage en faisant vrombir le moteur, et en avançant pare-choc contre tibias. L’une d’entre nous tombe devant la voiture. Le reste des flics présents mettent des coups pour nous dégager de la chaussée. La voiture de police (…) active une grande marche arrière( à contre-sens) puis repasse en marche avant et se met soudainement à accélérer. Elle fonce, 50 peut-être 60 kilomètres heure, Pas de gyrophare. Pas de sirène.

      Je suis au milieu de la chaussée, je regarde la voiture de police arriver, elle ne décélère pas. (…) La bagnole continue sa course et me percute. (…) Je me retrouve ensuite sur le bitume et la roue arrière du véhicule me passe sur la jambe, au-dessus de la cheville. La voiture continue sa course comme si de rien n’était. Une fois au sol je m’ aperçois que plein de gens hurlent. J’hurle aussi. Sur ma droite un mec en costard, un cadre la PAF, ou de la préfecture me regarde comme un déchet. Il fait demi -tour et retourne sur ses pas pour aller se planquer dans le bâtiment du ministère de l’intérieur. Il est témoin direct de l’action. (…)

      Un policier de la PAF […] me lance « fallait pas te jeter sur la voiture »…on suppose que ce sera la version officielle. Les gendarmes ne prennent aucun témoignage des faits qui viennent de se passer. Certains policiers esquisse[nt] des sourires. Je suis pris en charge par les pompiers avec une atèle au pied droit. Les gendarmes n’ont toujours pris aucun renseignement auprès des témoins présents. J’arrive à l’hôpital. » Cet événement qui aurait pu entraîner la mort du manifestant, dénoncé avec force par les associations locales et par la presse, a été vécu comme une violence extrême à l’encontre des citoyen·nes solidaires, marquant une ère de confrontation définitive entre la police et les gens locaux.
      La méthode Stasi : menaces individuelles

      La stratégie de la peur ne se limite pas aux arrestations ponctuelles : elle fonctionne aussi de manière préventive, sous la forme de la menace. En Italie, la dernière fois que la police politique a pris mon identité, ils nous ont assuré qu’ils connaissaient les visages de chacun-e d’entre nous, savaient parfaitement qui entrait et qui quittait le lieu, à toutes les heures, et que prochainement une arrestation massive tomberait sur tou-te-s les occupant-es.

      L’été dernier, un habitant de la Clarée connu pour avoir accueilli beaucoup de jeunes migrants a bénéficié d’une visite à son domicile de la gendarmerie doublée d’une perquisition : « Ils sont venus, ils ont évacué les gars, ils ont retourné les matelas… » Au printemps, deux gendarmes s’étaient déjà baladés chez tous les commerçants avec deux photos dont la sienne, en demandant : « Est-ce que vous connaissez cet homme ? ».

      Une autre militante, que nous appellerons ici Séraphine Loulipo, relate un épisode de cet été avec des amis. Après avoir accompagné au Refuge un jeune homme, ils se rendent compte qu’ils sont observés sur le parking du refuge par un homme en civil, assis sur le muret, qui leur lance : « De toutes façons j’ai toutes les images, j’ai tout filmé…. Votre voiture est fichée, nous on ne va pas vous lâcher, ça ne va pas se passer comme ça. »

      Trois jours plus tard, Mme Loulipo se heurte à un barrage de police sur la route de la Clarée. « Ah, Séraphine Loulipo », dit immédiatement le gendarme qui la contrôle, à la seule vue de son véhicule. « Ca va bien, le trafic des migrants ? ». Puis d’ajouter : « Mettez vous sur le côté, on va bien lui trouver quelque chose à cette voiture. » Alors qu’elle cherche le gilet jaune obligatoire dans tous les véhicules, il prépare d’avance sa contravention et se gausse : « Je l’apporterai directement chez vous ». Alors qu’elle retrouve le gilet, le gendarme se met alors en colère, et la menace : « Ca ne va pas se passer comme ça, vous allez finir en garde-à-vue. » Mme Loulipo est ainsi rentrée chez elle persuadée que la police connaissait ainsi, en plus de son nom et de son véhicule, l’adresse où elle vit avec ses enfants.

      Le mois dernier, un autre bénévole a bénéficié d’une de ces séances d’intimidations. « Ils sont venus me voir à mon boulot, sur mes horaires de travail. Ils étaient 3, en uniforme. Ils m’ont engueulé. « On t’a vu ! (…) Tu vas te faire choper, on peut te faire fermer ton commerce, on va saisir ton véhicule. » Puis on a discuté, j’ai réagi calmement, le gendarme s’est calmé. A la fin, il m’a même dit : « C’est bien, fais selon tes convictions. Mais si je te chope, je t’aurai. » L’homme qui me confie cette histoire ajoute en conclusion : « Mais moi je sais que je ne crains rien. Quand on fait peur aux gens, c’est qu’on ne va pas vraiment les arrêter. »
      L’effet des arrestations sur l’activité des bénévoles . Une stratégie efficace ?

      Ainsi les méthodes de contrôle policier des activités solidaires dans le Briançonnais fonctionnent-elles plus sur l’intimidation et la menace que la punition. Elles ont un caractère anticipatoire : faire en sorte que les personnes renoncent, d’elles-mêmes, à aider les sans-papiers qui arrivent par la montagne.

      Les moyens mobilisés au profit de cette stratégie ont nécessairement eu un impact. La simple présence policière a un effet dissuasif, comme me le raconte une bénévole dont la propriétaire est une dame âgée, qui aimerait bien accueillir des migrant·es qu’elle voit quotidiennement sous sa fenêtre, mais qui est terrorisée par la police ! « Ne dites pas que je vous l’ai dit », a-t-elle confié à sa locataire.

      Il y a de nombreux cas de bénévoles qui, suite à leur arrestation, ne reviennent pas au Refuge pendant plusieurs semaines ou plusieurs mois, ou qui limitent leurs activités à des choses pour lesquelles elles ne peuvent pas être arrêtées (ne plus aller à la gare, ne plus faire de transport ou de covoiturage…). La bénévole du Refuge qui a été poursuivie à la gare de l’Argentière, m’a raconté que : « Moi depuis, je ne fais plus rien [en transport]. J’ai eu tellement peur, le coeur qui battait. J’étais pas bien. J’ai ma fille, je peux faire une garde à vue, à la limite, quand elle n’est pas là, mais pas quand elle est là… (…) J’étais dans un film. C’est pas ma vie, ça, c’est pas ma vie. »

      Mais pour l’écrasante majorité des citoyen-nes solidaires, la conviction profonde de la légitimité de leur engagement est un moteur plus puissant que la peur d’être arrêté·e, même d’être poursuivi·e.

      Malgré tout, beaucoup ont, depuis un an, perdu totalement confiance et développé une peur vis-à-vis de la police et des institutions étatiques : cela peut se traduire par une nervosité dès que la police est dans les parages (c’est-à-dire constamment), une boule dans le ventre en permanence, une angoisse pour ses enfants et sa famille… Certain·es témoignent d’une paranoïa quotidienne avec l’impression d’être observé·es en permanence, surtout via leur téléphone. Cette question de la surveillance hante les conversations quotidiennes, renforcé par la rapidité de circulation des rumeurs : j’ai vu une voiture de police ici, là ils contrôlaient, ils sont restés plantés longtemps, ça m’a paru étrange…

      J’ai moi-même ressenti cette évolution au fil de mon temps à Briançon : les premières maraudes en montagne, alors que je ne connaissais personne qui avait été arrêté-e, me paraissaient la chose la plus naturelle du monde, un geste évident de mise à l’abri. Ce n’est qu’à force de voir se multiplier les arrestations autour de nous, de recueillir ces témoignages individuels de pression policière, que l’angoisse un peu sourde du contexte Briançonnais m’a gagnée. Un mois et demi plus tard, quand je suis seule en voiture, les sentiments qui m’envahissent sont de l’ordre du qui-vive, de la mise en garde, car je suis à moitié persuadée que ma voiture est repérée aussi. Je ne discute plus au téléphone sans douter que quelqu’un m’écoute, je ne parle plus aussi librement quand il y a un téléphone, même éteint, dans la pièce…

      « La peur d’être arrêtée ça déclenche beaucoup de tensions chez moi. J’avais tellement peur en roulant », se souvient une dame solidaire. Mais quand je lui demande si elle a déjà considéré arrêter d’aider les jeunes migrants à cause de sa peur, elle écarquille les yeux : « Non, bien sûr que non !« . On continue, donc, et on s’habitue à la peur.

      En effet, certaines personnes solidaires ont développé une sorte de nonchalance lasse, déjà habituée, vis-à-vis des arrestations : quand je demande à une amie arrêtée la semaine dernière si « Ca va ? », elle hausse les épaules : « Tu sais, moi je m’en fiche, on est habitué·es ». Je garde en tête une scène qui a eu lieu sous mes yeux au Refuge, tout à fait caractéristique de cet état d’esprit de relativisation par l’habitude : un couple âgé vient proposer de donner un coup de main de temps en temps et offre de descendre des personnes jusqu’à Gap si jamais elles en ont besoin.

      Une bénévole, immédiatement : « Vous savez ce que vous risquez, hein ?

      (haussent les épauples) Oui, bah…
      Parce que moi, j’ai été poursuivie par les flics ! Je vous assure que ça ne s’oublie pas…
      Oui, mais on peut prendre le risque. (souriant) On n’a pas d’enfants, on a 75 ans, on ne risque pas grand-chose…
      Et Martine, de la Roya ? Elle aussi, elle a 75 ans !
      Bah, vous savez, au pire, la prison, c’est un truc que je n’ai encore jamais fait dans ma vie !

      J’en profiterai pour lire des livres… »

      Comme dans d’autres zones de violence policière généralisée, une sorte d’habitude cynique s’est développée chez beaucoup de bénévoles. Lors de la journée d’étude du 15/12/2017 organisée par le groupe BABELS sur la police et les migrants, Lou Einhorn, psychologue pour Médecin du Monde à Calais, soulignait justement le danger de cette intériorisation par les bénévoles de la banalité de la violence : ils et elles peuvent avoir tendance à relativiser la violence due à la police également auprès des personnes migrantes qu’ils et elles accueillent. Or, cette violence, ou cette tension, peuvent raviver des traumatismes et certaines personnes peuvent les ressentir comme insoutenables ; si les bénévoles, habitué·es à ce que la violence ou la surveillance fasse désormais partie du quotidien, ont mis en place des mécanismes de protection en banalisant et relativisant cette violence, ils et elles peuvent ne pas être à l’écoute des personnes qui en sont affectées.

      Par ailleurs, la menace d’être arrêté·e agit comme une contrainte lourde sur l’activité solidaire : elle exige beaucoup plus d’organisation. Elle renforce la nécessité de toujours envoyer une voiture éclaireuse, qu’elle vienne du haut ou du bas de la vallée, pour vérifier que la voie est libre ; potentiellement d’y être à deux personnes pour pouvoir prévenir les autres par téléphone tout en conduisant. Elle implique de calculer les marges de temps avant chaque départ, d’observer les roulements des gardes policières pour passer au bon moment, d’impliquer potentiellement d’autres habitant·es solidaires sur le trajet pour ouvrir leur maison comme lieu de repli au cas où.

      Tout cela a deux effets majeurs : d’abord, la mobilisation nécessaire de toujours plus de bénévoles pour prendre des précautions afin d’assurer la sécurité des personnes migrantes et des bénévoles eux-mêmes. Or, quand les réseaux de solidarité sont petits, cela oblige les mêmes personnes à se mobiliser deux fois plus : en journée, alors que certains travaillent, en soirée, très souvent au milieu de la nuit, voire toute la nuit… Plus il y a besoin de monde, plus les mêmes personnes enchaînent les nuits passées en montagne, au lieu de se reposer. La fatigue physique s’ajoute donc à la tension psychologique des bénévoles, épuisant les troupes jusqu’à mettre en péril leur organisation. A long terme, la surveillance agit ainsi comme une stratégie indirecte d’auto-épuisement des bénévoles et de leurs activités.

      Le deuxième effet qui découle d’une organisation minutieuse des trajets d’aide aux personnes migrantes est la sensation pour certain-es d’organiser un trafic, bien que celui-ci soit bénévole et à vocation solidaire. Or, il est intéressant de constater que les discours de la préfète des Hautes-Alpes1 condamnent précisément tout ce qui est de l’ordre du « réseau organisé », alors qu’elle dit tolérer qu’on vienne en aide, individuellement, à la personne vulnérable qui passe sous sa fenêtre. Dans les faits, c’est précisément le contrôle policier incessant et la remise en danger, en montagne, des personnes arrêtées, qui oblige les bénévoles à mettre en place un réseau organisé de transport : la préfecture provoque ainsi elle-même l’activité dont elle accuse les habitant·es solidaires.

      Ce glissement d’une activité qui se veut simplement solidaire vers une activité dite « illégale » est vécu par les habitant·es comme quelque chose qui leur est imposé par le contrôle policier : « Nous on veut travailler avec les secours en montagne et on se présente comme secours en montagne. Sauf qu’avec les pratiques politiques, dès qu’ils sont dans la rue, ils ne sont plus en sécurité. Du coup on organise des convois : notre démarche, c’est qu’on ne veut pas en perdre un seul, et on ne veut pas que les Français aient des ennuis », dit l’un d’eux. Cela implique donc une grande organisation qui, sur le terrain, s’apparente à un « jeu de cache-cache » extrêmement anxiogène pour les personnes exilées. Leur arrivée en France se fait ainsi dans un contexte de peur qui peut raviver des traumatismes récents.
      Bavures policières ? Le plan de Macron

      Vis-à-vis de ces pratiques quotidiennes d’intimidation, il serait facile pour le gouvernement d’argumenter qu’il s’agit de glissements locaux liés à un terrain particulier, à une « zone de tension » ou « zone de crise », bref, des situations ponctuelles et exceptionnelles qui n’ont rien d’emblématique. Or, à chaque fois que les habitant·es solidaires ont eu l’occasion de discuter avec des agents de police sur le terrain, et notamment en ce qui concerne leurs pratiques illégales de refoulement de demandeur·euses d’asile et de mineurs, ceux-ci ont eu pour simple discours que tous les ordres venaient « d’en haut ».

      Par ailleurs, d’autres moyens de pression plus discrets mais encore plus efficaces prouvent que la volonté d’interrompre par tous les moyens les activités bénévoles vient aussi de la préfecture, et à travers elle, de l’Etat. Notamment, la préfecture a fait barrage aux demandes de subventions nationales et européennes de la MJC, lieu central à Briançon, qui agit à la fois comme centre social et comme moteur d’activités culturelles pour la ville. Cette MJC a été un des premiers lieu d’accueil des personnes migrantes à Briançon quand la frontière des Hautes-Alpes est devenue un lieu de passage, parce qu’elle disposait déjà de la MAPE-monde, un dispositif d’accès aux droits pour les étrangers : sans subventions, la MAPE-monde ne peut plus continuer ses activités d’aide à la demande d’asile. Le motif invoqué, de manière très claire, par la préfète, pour justifier ce blocage des demandes de subventions, est que « l’Etat ne peut pas soutenir des associations qui vont à l’encontre de sa politique. »

      Comme les périodes de resserrement des contrôles à la frontière sont entrecoupées de périodes beaucoup plus laxistes de la part des contrôles policiers, au point que la politique menée semble contradictoire, les bénévoles se posent des questions : quand trop de personnes arrivent d’un coup au Refuge solidaire, il est vrai que la situation à Briançon devient explosive pour tout le monde. Quand l’occupation de la gare SNCF a été délogée par une intervention massive de CRS, cela faisait trois jours qu’il n’y avait aucun contrôle à la frontière et que tout le monde descendait. Certain-es se demandent si un « jeu du pourrissement » à Briançon n’est pas mis en place de manière stratégique pour justifier une intervention militaire plus massive… L’avenir le dira.

      Les différents éléments de terrain décrits dans cet article sont épars, divers, inégaux ; ils témoignent d’un répertoire très large des moyens de pressions employés dans le Briançonnais pour décourager les citoyen·nes solidaires. Cette diversité joue également le jeu d’un discours qui les présenterait comme des phénomènes ponctuels et séparés. Or, il est nécessaire de les présenter ensemble, non pas comme des faits distincts mais comme un continuum du contrôle policier, un ensemble de moyens au profit de la même stratégie étatique de lutte contre l’entrée sur le territoire de personnes étrangères en situation irrégulière, et de répression des gens locaux qui les aident.

      CONCLUSION.
      Pression, contre-pression : des débats sur la résistance à mettre en oeuvre

      Localement, des résistances sont à l’oeuvre contre la répression des solidarités. Les voisins et voisines, même celles et ceux qui ne partagent pas les idées politiques des bénévoles, font preuve d’une complicité passive quand ils et elles les avertissent discrètement d’un barrage de police plus bas dans la vallée. Une sorte de résistance de fond de la population locale, ulcérée de toutes part par l’omniprésence et la démesure des contrôles, permet une solidarité discrète entre les habitant·es de la vallée, au-delà des désaccords idéologiques.

      De la part des habitant·es menacé·es par les contrôles, de nombreuses tentatives de dialogue vis-à-vis des institutions policières ont été entreprises. Une tentative d’entretien avec les secours en montagne, pour mettre en place une stratégie commune de sauvetage des personnes en danger, qui s’est soldée par un relatif échec de la discussion ; entretien avec l’officier de police judiciaire pour vérifier leur droit à dénoncer les pratiques illégales constatées par les citoyen·nes de la part des agents de police, qui n’a pas abouti non plus. La fermeture totale des institutions policières, l’opacité et le secret dans lequel elles agissent, empêchent tout dialogue avec les citoyen·nes solidaires.

      La stratégie de mobilisation mise en oeuvre par l’association Tous Migrants2 a été de répondre à la pression policière par une pression médiatique. Grâce à ce travail de médiatisation, il a été possible, lors de l’arrestation de Benoît Ducot le 10 mars dernier pour avoir voulu conduire à l’hôpital Marcella, une femme nigérianne en train d’accoucher, de mobiliser immédiatement les médias sur ce sujet et d’organiser une manifestation à la PAF lors de la convocation de Benoît. La pression médiatique maintenue par les citoyen·nes, surtout dans une région à haut revenu touristique, a très certainement un impact positif sur la diminution du contrôle policier ainsi que des condamnations des gens solidaires.

      Mais au quotidien, les stratégies à adopter pour faire face aux menaces qui pèsent sur les activités d’aide aux personnes étrangères divisent les bénévoles. Le fait de s’organiser pour être le moins visible possible, d’aider les migrant·es à partir le plus vite possible de la vallée pour ne pas que trop de gens y restent, en un mot, de jouer le jeu de cache-cache imposé par la police, ne fait pas consensus au sein des militant·es. Car faire le jeu de la police, c’est aussi assurer le secours en montagne à la place de la gendarmerie de haute-montagne, par peur qu’elle mette en péril des personnes en les refoulant à la frontière et en toute illégalité ; c’est aussi prendre en charge bénévolement et dans le secret l’accueil des demandeur·euses d’asile qui relève normalement du devoir de l’Etat ; c’est aussi financer soi-même les trajets hebdomadaires des mineurs jusqu’au conseil départemental à Gap, ce qui relève de la reponsabilité de l’Etat. C’est enfin assumer le fait d’envoyer rapidement dans les grandes villes des personnes qui n’ont pas de contacts là-bas et se retrouvent à la rue, invisibles, sans réseau de solidarité sur lequel s’appuyer.

      La stratégie de la peur pousse les bénévoles à agir toujours plus dans l’ombre, discrètement, et continuer de faire fonctionner une situation qui relève d’une imposture de la part de l’Etat. Or, tout le monde n’est pas d’accord pour continuer d’accepter cela, alors que les arrivées sont toujours plus nombreuses et que la répression ne cesse pas : mettre en pleine lumière la responsabilité de l’Etat, les pratiques illégales et inhumaines de ses agents, est ce que souhaitent la plupart des citoyen·nes solidaires… qui se contraignent pourtant au silence, par peur de la répression et surtout par peur que celle-ci s’exerce sur les personnes étrangères pour lesquelles cette solidarité est mise en oeuvre.

      Des débats politiques sur la stratégie à adopter continuent donc d’avoir lieu parmi les citoyen·nes solidaires. Au quotidien, les bénévoles acceptent toutes ces charges, parce qu’ils et elles ont la conviction qu’offrir un accueil digne aux personnes étrangères est ce qu’il y a de plus important. Mais quand les citoyen·nes solidaires manquent de relais, manquent de force, manquent de sommeil ou n’ont plus assez d’argent pour faire tourner les lieux de vie collective, la question du bras-de-fer avec l’Etat ressurgit : n’est-on pas la dupe d’une manipulation, qui nous oblige à prendre en charge dans le secret l’accueil des migrant·es dans la région, tout en nous réprimant et nous menaçant ?

      19 avril 2018 derootees

      Depuis 2015, dans le cadre de la « lutte anti-terroriste » menée par l’Etat français, on a assisté à une intensification de la répression policière et juridique vis-à-vis des citoyen·nes solidaires avec les étranger·es, notamment aux zones frontalières. L’inculpation, entre juillet 2015 et janvier 2017, de 9 citoyen·nes des Alpes Maritimes, a vu ressusciter les débats autour du poussiéreux « délit de solidarité », institué en 1938 (dans un climat dont chacun·e devine qu’il était particulièrement xénophobe…)

      Le dossier en ligne du Gisti sur le délit de solidarité montre comment les évolutions progressives du droit sont devenues de plus en plus floues de sorte qu’il n’ait plus vocation à réprimer les trafics et réseaux mafieux à la frontière, mais à englober dans le champ des répressions les pratiques d’aide gratuite et solidaires vis-à-vis des étrangers. Cette évolution est le fruit d’une représentation de continuité entre l’immigration clandestine et le terrorisme : ainsi, dès 1996, l’aide au séjour irrégulier est intégrée parmi les infractions à visée potentiellement terroriste. Depuis les années 2000, on assiste à une extension des immunités (notamment pour « motifs humanitaires ») mais aussi, simultanément, à une aggravation des sanctions et de la répression des citoyen·nes solidaires avec les étranger·es sans-papiers.

      Tout un arsenal législatif a ainsi vocation à limiter les activités bénévoles de citoyen·nes solidaires : l’ « aide à l’entrée et au séjour irréguliers », punis de 5 ans d’emprisonnement et de 30 000 euros d’amende, mais aussi les « délits d’outrage, d’injure et de diffamation ou de violences à agent publics », utilisés selon le Gisti pour » défendre l’administration et la police contre les critiques dont leurs pratiques font l’objet ». A ces motifs s’ajoutent des pratiques plus sournoises de dissuasion, qui procèdent de la même volonté politique : « Il s’agit de priver l’étranger en situation irrégulière en France de toute forme de soutien : amical, politique ou juridique mais aussi, au-delà, de signifier à la population en général et aux militant·es en particulier qu’on ne peut s’opposer impunément à la politique gouvernementale quelles que soient la détresse humaine et les horreurs qui lui sont inhérentes. »

      Outre le choquant paradoxe de l’expression « délit de solidarité », la défense juridique lors des procès des citoyen·nes de la Roya remet en cause les pratiques de l’Etat : que fait-il du droit international qui consacre le droit pour chacun « de participer à des activités pacifiques pour lutter contre les violations des droits de l’homme et des libertés fondamentales » ? Que fait-il de l’injonction d’assistance à personne en danger, surtout en contexte de montagne ?

      Le positionnement politique des citoyen·nes inculpé·es, qui assument leur solidarité avec les sans-papiers, va encore plus loin : si les personnes mettent leur vie en péril en passant par des chemins dangereux, c’est parce qu’elles se cachent de la police, et ont peur d’être arrêtées. En tant que personnes vulnérables en montagne, c’est à la gendarmerie de haute montagne de leur porter secours ; en tant que demandeuses d’asile (pour la quasi-totalité d’entre elles), ou mineures (pour la moitié d’entre elles) ces personnes devraient être prises en charge par la police, puis par la préfecture, dans une logique de protection prévue par le droit français. Ce sont les pratiques illégales par la police de refoulement aux frontières qui (re)mettent en danger les personnes migrantes (souvent abandonnées en montagne dans un froid extrême après leur arrestation).

      Le délinquant, le criminel, c’est l’Etat, objectent donc les collectifs de soutien, qui ne respecte ni les traités internationaux, ni les lois, ni aucune des valeurs d’asile de fraternité de la République. Dans les Alpes-Maritimes, l’heure est donc à la mobilisation collective, juridique et politique aux côtés de ces « délinquant·es solidaires » pour les soutenir dans leur procès et montrer que la société civile n’adhère pas au discours qui fait d’elles et eux des criminel·les.

      Qu’en est-il dans les Hautes-Alpes ? La route qui s’est ouverte progressivement au cours de l’année 2017 en fait, depuis plus de six mois, un des principaux passages vers la France. Dans le Briançonnais, les mêmes événements se sont enchaînés, rapidement, qu’à Menton et dans la Roya : augmentation brutale du nombre de personnes traversant la région pour entrer en France, organisation citoyenne pour faire face à une situation humanitaire d’urgence, militarisation de la frontière grâce à des équipements et des renforts policiers, répression des personnes clandestines… Et prise en étau des bénévoles solidaires au coeur de ce dispositif de répression, lequel vise avant tout les personnes étrangères, mais également tous les gens qui leur viennent en aide.

      L’association Tous Migrants estime que depuis le printemps 2017, entre 40 et 50 personnes ont été arrêtées et convoquées à la PAF, principalement pour délit d’ »Aide à la circulation, à l’entrée ou au séjour de personnes en situation irrégulière ». On peut estimer que plus du double ont été interpelé-es par des agents de police ou de gendarmerie dans l’exercice d’un acte de solidarité. On compte également au moins 5 gardes-à-vue. Benoît Ducos, un de nos camarades dont le nom a été relayé par les médias pour être venu en aide à une femme nigérianne enceinte, est à la fois menacé d’un procès, et sollicité par de grandes ONG italiennes pour recevoir des prix pour son « héroïsme »… Cela résume aussi bien le contexte absurde et paradoxal (et ironique) dans lequel nous oeuvrons.

      manif benoît

      Rassemblement de soutien à Benoît Ducos, SB mars 2018

      Jusqu’à maintenant, dans les Hautes-Alpes, les convocations sont restées sans suite ; mais comme les événements de la Roya sont un sombre présage pour leur futur proche, les nombreux·ses citoyen·nes solidaires du Briançonnais sont plongé·es dans l’anxiété. La répression, à défaut d’être judicaire, est policière ; et elle prend parfois des formes plus détournées encore : pressions morales, psychologiques, financières… A Briançon et dans la vallée de la Clarée, tout se joue encore sur le terrain, dans l’informel, dans les interactions directes avec les officiers de police et gendarmerie, ou les agents de l’Etat. Leur caractère aléatoire, mouvant, complexe, entraîne une invisibilisation de cette répression par l’Etat des activités solidaires.

      Les témoignages recueillis ci-dessous évoquent différentes manières grâce auxquelles l’Etat développe sa stratégie d’intimidation des personnes solidaires dans le Briançonnais. Un recueil de ces témoignages et une mise en commun des expériences individuelles sont indispensables pour dénoncer ces phénomènes qui ne sont pas isolés, mais s’inscrivent au contraire dans une politique calculée de l’Etat français à travers une stratégie de la peur.

      661_liberation-actu-articles_cea_95b_fce074c01b2c9b8b467b7dcafb_dans-les-alpes-un-militant-convoque-par-la-police-pour-avoir-aide-une-migrante-enceinte 1104806.jpg

      Manifestation devant la PAF, source : Libération
      La méthode atmosphérique : création d’un climat de tension

      Le nombre relatif d’arrestations n’évacue pas le contact au quotidien, pour les habitant·es du Briançonnais et particulièrement celles et ceux de la vallée de la Clarée, avec une présence policière lourde et un contrôle incessant, particulièrement féroce durant la période de la fin de l’été à début décembre 2017. A la gendarmerie locale, la douane, la Police de l’Air et des Frontières, le PSIG, la Police et Gendarmerie de Haute-Montagne initialement présents, se sont ajoutés les renforts venus de la région entière, dont des groupe d’interventions spécialisés comme la Brigade Anti-Criminelle, les CRS, des renforts de la vallée de la Roya, et même les sentinelles de l’armée.

      Les habitant·es et touristes témoignent des barrages quotidiens sur la route qui imposaient parfois quatre contrôles par jour aux personnes désirant descendre dans la vallée. Barrages, brigades mobiles, postes de surveillance, les renforts policiers de toute la région ne se sont pas contentés de sillonner les cols ou les routes durant cette période, mais aussi d’installer leur présence au coeur des bourgs de Névache, Val-des-Prés, de Briançon, de sorte à ce qu’aucun jour, et aucune nuit, ne se passe sans avoir le sentiment d’être surveillé·e par la police. Deux habitants de Névache décrivent la présence dans le centre du village de voitures de police avec leurs phares à 4h du matin, au pied de tous les d’immeubles. « On se fait du cinéma », conclut l’un d’entre eux, conséquence logique du fait que le petit village semble s’être transformé durant cette période en décor de cinéma.

      La provence jérémy michaudet.jpg

      Barrage quotidien à Névache, été 2017, source : La Provence

      Au même moment, les hélicoptères sillonnent régulièrement le ciel. « Le pire c’est l’hélico, c’est vraiment un sentiment d’oppression. Quand ils font des rondes, on sait que ce n’est pas pour le sauvetage, mais pour la surveillance », dénonce une habitante de Névache.

      Plus bas à Briançon, un Refuge a ouvert cet été pour permettre aux personnes migrantes de s’abriter après leur difficile traversée de la montagne. Bien que les sans papiers puissent être arrêté·es partout dans la ville, le Refuge a bénéficié d’une sorte d’immunité humanitaire. Malgré tout, pendant l’été et l’automne 2017, les rondes régulières des véhicules de gendarmerie devant le Refuge semblent menacer sa sécurité : « Ils roulent à une vitesse d’escargot, 20km/h, on se sent observés : t’es toujours suspect… J’ai pensé à d’autres pays où les gens sont sous surveillance et je me suis dit « on connaît ça ici ». On devient nous mêmes suspects« , confie une bénévole. Ces rondes s’ajoutent aux gendarmes en civil postés sur le parking devant le Refuge, et à la présence certifiée des renseignements généraux sur la même place. Cela renforce la croyance chez les bénévoles qu’ils et elles sont tou·te·s repéré·es, fiché·es, leurs voitures enregistrées.

      Alors que je recueille le témoignage de l’une de ces bénévoles, assises au soleil sur cette place, elle coupe son récit pour dire : « Et tu peux m’expliquer pourquoi il y a une voiture de police qui est plantée à côté de nous depuis 8 minutes ? ». Au moment où je tourne la tête, la voiture de gendarmes démarre. Cette pression est discrète, mais elle développe chez tous les volontaires des réflexes anxieux, d’auto-surveillance de leurs faits et gestes. Cela fait dire à une vieille dame bénévole « Ah, c’est encore la Gestapo ».

      Cette stratégie est développée aussi lors d’événements collectifs plus militants : « A chaque fois qu’on a fait des manifs à la PAF, ils nous ont photographiés, ainsi que les bagnoles… »

      Côté italien, les montées à la frontière de la police et des gendarmes ne concernent pas les migrant-es mais bien les militant·es. Dès le premier jour de l’occupation, une montée massive de la police (polizia, carabinieri, police politiques, voitures civiles) vers le lieu a ancré cette action dans un contexte de confrontation. Des voitures postées en observation devant le lieu que nous occupons, des tentatives régulières par des hommes en civil ou en uniforme discret (la police politique) d’entrer dans le lieu, suffisent à poser le climat. Interpellations sans justification, juste parce qu’on a un véhicule français, prise d’identité. Pour les personnes qui arrivent depuis la vallée par le bus, que nous accueillons dans le lieu en tentant de les mettre en sécurité, cette surveillance menaçante fait s’écrouler tout ce que nous avons mis en place en termes d’accueil. Alors que la police a tenté de rentrer dans le lieu, et que nous n’avons pas eu le temps de barricader, j’ai dû crier à des sans-papiers que nous accueillions depuis la veille de se cacher vite, pour ne pas qu’ils les trouvent : comment prétendre essayer de créer un climat de sécurité, dans ces conditions ?

      DSC05330

      Arrivée du bus de Clavière, cernée par les voitures de police et des renseignements généraux, SB avril 2018

      Les touristes qui ont fréquenté la région à la fin de l’été manifestent de manière unanime un choc vis-à-vis de cette présence policière démentielle et apparemment injustifiée. « Pendant l’automne, la vallée ressemblait plus à une scène de guerre qu’à une région touristique », s’accordent de nombreux·ses habitant·es. « On a senti un moment d’occupation. Quand ils sont partis, on a enfin pu respirer. »
      La tactique du « cow-boy » : courses-poursuites et mise en scène d’arrestations

      La stratégie favorite dans le Briançonnais est ainsi celle de l’intimidation. Celle-ci possède une dimension spectaculaire, au sens propre du terme : comme si la vallée était un théâtre, où après avoir planté un décor de guerre, des acteurs jouent aux opérations militaires de grande envergure.

      Les course-poursuites ont vocation à produire cet effet impressionnant. Une femme du Refuge raconte qu’en septembre, alors que la police surveillait constamment la gare de Briançon, empêchant le départ des migrant-es vers le reste de la France, des bénévoles avaient organisé un petit convoi pour descendre une dizaine de personnes vers la gare suivante, à l’Argentière, afin qu’elles puissent prendre leur train vers Paris. « On attendait dans l’herbe à côté de la gare, tranquillement, quand la police est arrivée : il a fallu se précipiter, en rampant, dans les voitures. On s’est précipités vers la gare suivante, Saint-Crepin, à toute vitesse. Là on attend, on surveille la gare. Pendant ce temps les jeunes sont dans la voiture et attendent que le train arrive. Quand il arrive on leur dit de courir. Ils montent dans le train, et direct après, horreur, on voit arriver la police ! Ils ont tous été arrêtés à Gap. »

      Une autre femme, habitante de la Clarée, raconte : « J’allais au boulot à quatre heure du matin, et il y a un gars qui m’appelle, qui venait de descendre l’Echelle et d’arriver dans la vallée. Je l’ai pris en voiture pour l’aider à descendre et il y en avait plein d’autres qui marchaient sur le bord de la route, ils couraient au milieu des voitures, dévalaient la pente. Alors je les ai emmenés aussi.

      Les gendarmes à Val-des-Prés en avaient déjà arrêté une vingtaine. Moi je les ai vus, et j’ai eu peur : j’ai accéléré. Ils m’ont poursuivie. Au village suivant, je me suis arrêtée « Sortez, courez ! », je leur ai dit. Les gendarmes nous ont tous poursuivis, un seul gars a réussi à s’évader, se cacher dans un jardin. J’étais prise au piège dans mon propre village. J’ai eu une sacrée frayeur ! »

      Comme beaucoup d’autres, cette femme n’a pas été re-convoquée par la suite, malgré son arrestation : les interventions musclées sur le terrain, confirment les bénévoles, ne comportent pas pour l’instant de suites judiciaires, elles se suffisent à elles-mêmes pour impressionner les citoyen-nes solidaires.

      La dimension dissuasive de ces course-poursuites est plus évidente encore quand elles concernent des gens qui ne transportent pas de migrant·es, mais qui se contentent de leur parler. Moi-même, alors que je me contentais d’observer, j’ai été prise en chasse par une voiture de police… qui n’avait rien d’autre à me reprocher que de rouler les phares éteints.

      L’intimidation se joue aussi dans la mise en scène de l’arrestation. Le ton de la voix, la manière d’interpeler, font partie du jeu de scène. On me raconte, à chaque contrôle du véhicule, les phares de voiture et lampes en pleine figure pour éblouir, les arrestations à grands cris, contrôles d’identité, fouille du véhicule – même quand il n’y a rien à signaler.

      DSC05140.JPG

      Barrage sur la route de Briançon à Montegenèvre, SB, avril 2018

      Un militant raconte son arrestation récente : les armes braquées sur lui, une ouverture à coups de pieds de la portière de la voiture, les personnes agrippées brutalement, menottées avant d’être conduites à la gendarmerie. Un autre homme arrêté au col de l’Echelle alors qu’il transportait une femme enceinte et sa famille a fait l’objet d’une arrestation brutale : ses voisins racontent que les gendarmes lui ont esquinté les bras, et qu’il a eu très mal par la suite.

      Enfin, pour certaines personnes arrêtées, la violence verbale grossière est utilisée pour forcer la peur. Une militante me raconte : « J’ai une copine qui a été arrêtée à la PAF alors qu’elle emmenait des mineurs se signaler, à la demande de la gendarmerie. Elle a été cuisinée, a raconté qu’elle avait aidé les gens à prendre leurs billets de train. La personne qui l’interrogeait lui a tenu des propos odieux, sexistes, racistes, machistes, et des gestes obscènes. Pendant un mois, elle a arrêté ses activités bénévoles. Elle ne veut pas témoigner, elle est très intimidée. »

      24 mai 2017 le dauphiné.jpg

      Manifestation à la PAF contre l’arrestation d’une bénévole, le soir de l’attaque de la voiture de police, source : Le Dauphiné Libéré, 24 mai 2017

      Enfin, le cas le plus grave recensé à la frontière a été une violence physique contre un manifestant, en mai 2017, renversé par un véhicule de police alors qu’il était venu soutenir avec une trentaine d’autres citoyen·nes solidaires des réfugié·es et une travailleuse sociales qui avaient été arrêté·es par la PAF. Voici le témoignage relayé par la presse de la victime de cette violence : « Une voiture de police part sur les chapeaux de roues (…) à son bord 2 ou 3 réfugiés, direction le poste de police en Italie. (…). Spontanément, une dizaine d’entre nous décident de se mettre au milieu de la route et de mettre nos simples corps comme barrière naturelle à l’expulsion. Le chauffard essaye de forcer le passage en faisant vrombir le moteur, et en avançant pare-choc contre tibias. L’une d’entre nous tombe devant la voiture. Le reste des flics présents mettent des coups pour nous dégager de la chaussée. La voiture de police (…) active une grande marche arrière( à contre-sens) puis repasse en marche avant et se met soudainement à accélérer. Elle fonce, 50 peut-être 60 kilomètres heure, Pas de gyrophare. Pas de sirène.

      Je suis au milieu de la chaussée, je regarde la voiture de police arriver, elle ne décélère pas. (…) La bagnole continue sa course et me percute. (…) Je me retrouve ensuite sur le bitume et la roue arrière du véhicule me passe sur la jambe, au-dessus de la cheville. La voiture continue sa course comme si de rien n’était. Une fois au sol je m’ aperçois que plein de gens hurlent. J’hurle aussi. Sur ma droite un mec en costard, un cadre la PAF, ou de la préfecture me regarde comme un déchet. Il fait demi -tour et retourne sur ses pas pour aller se planquer dans le bâtiment du ministère de l’intérieur. Il est témoin direct de l’action. (…)

      Un policier de la PAF […] me lance « fallait pas te jeter sur la voiture »…on suppose que ce sera la version officielle. Les gendarmes ne prennent aucun témoignage des faits qui viennent de se passer. Certains policiers esquisse[nt] des sourires. Je suis pris en charge par les pompiers avec une atèle au pied droit. Les gendarmes n’ont toujours pris aucun renseignement auprès des témoins présents. J’arrive à l’hôpital. » Cet événement qui aurait pu entraîner la mort du manifestant, dénoncé avec force par les associations locales et par la presse, a été vécu comme une violence extrême à l’encontre des citoyen·nes solidaires, marquant une ère de confrontation définitive entre la police et les gens locaux.
      La méthode Stasi : menaces individuelles

      La stratégie de la peur ne se limite pas aux arrestations ponctuelles : elle fonctionne aussi de manière préventive, sous la forme de la menace. En Italie, la dernière fois que la police politique a pris mon identité, ils nous ont assuré qu’ils connaissaient les visages de chacun-e d’entre nous, savaient parfaitement qui entrait et qui quittait le lieu, à toutes les heures, et que prochainement une arrestation massive tomberait sur tou-te-s les occupant-es.

      DSC05327.JPG

      Surveillance des gendarmes italiens sur la place de l’église à Clavière, SB, avril 2018

      L’été dernier, un habitant de la Clarée connu pour avoir accueilli beaucoup de jeunes migrants a bénéficié d’une visite à son domicile de la gendarmerie doublée d’une perquisition : « Ils sont venus, ils ont évacué les gars, ils ont retourné les matelas… » Au printemps, deux gendarmes s’étaient déjà baladés chez tous les commerçants avec deux photos dont la sienne, en demandant : « Est-ce que vous connaissez cet homme ? ».

      Une autre militante, que nous appellerons ici Séraphine Loulipo, relate un épisode de cet été avec des amis. Après avoir accompagné au Refuge un jeune homme, ils se rendent compte qu’ils sont observés sur le parking du refuge par un homme en civil, assis sur le muret, qui leur lance : « De toutes façons j’ai toutes les images, j’ai tout filmé…. Votre voiture est fichée, nous on ne va pas vous lâcher, ça ne va pas se passer comme ça. »

      Trois jours plus tard, Mme Loulipo se heurte à un barrage de police sur la route de la Clarée. « Ah, Séraphine Loulipo », dit immédiatement le gendarme qui la contrôle, à la seule vue de son véhicule. « Ca va bien, le trafic des migrants ? ». Puis d’ajouter : « Mettez vous sur le côté, on va bien lui trouver quelque chose à cette voiture. » Alors qu’elle cherche le gilet jaune obligatoire dans tous les véhicules, il prépare d’avance sa contravention et se gausse : « Je l’apporterai directement chez vous ». Alors qu’elle retrouve le gilet, le gendarme se met alors en colère, et la menace : « Ca ne va pas se passer comme ça, vous allez finir en garde-à-vue. » Mme Loulipo est ainsi rentrée chez elle persuadée que la police connaissait ainsi, en plus de son nom et de son véhicule, l’adresse où elle vit avec ses enfants.

      Le mois dernier, un autre bénévole a bénéficié d’une de ces séances d’intimidations. « Ils sont venus me voir à mon boulot, sur mes horaires de travail. Ils étaient 3, en uniforme. Ils m’ont engueulé. « On t’a vu ! (…) Tu vas te faire choper, on peut te faire fermer ton commerce, on va saisir ton véhicule. » Puis on a discuté, j’ai réagi calmement, le gendarme s’est calmé. A la fin, il m’a même dit : « C’est bien, fais selon tes convictions. Mais si je te chope, je t’aurai. » L’homme qui me confie cette histoire ajoute en conclusion : « Mais moi je sais que je ne crains rien. Quand on fait peur aux gens, c’est qu’on ne va pas vraiment les arrêter. »
      L’effet des arrestations sur l’activité des bénévoles . Une stratégie efficace ?

      Ainsi les méthodes de contrôle policier des activités solidaires dans le Briançonnais fonctionnent-elles plus sur l’intimidation et la menace que la punition. Elles ont un caractère anticipatoire : faire en sorte que les personnes renoncent, d’elles-mêmes, à aider les sans-papiers qui arrivent par la montagne.

      Les moyens mobilisés au profit de cette stratégie ont nécessairement eu un impact. La simple présence policière a un effet dissuasif, comme me le raconte une bénévole dont la propriétaire est une dame âgée, qui aimerait bien accueillir des migrant·es qu’elle voit quotidiennement sous sa fenêtre, mais qui est terrorisée par la police ! « Ne dites pas que je vous l’ai dit », a-t-elle confié à sa locataire.

      Il y a de nombreux cas de bénévoles qui, suite à leur arrestation, ne reviennent pas au Refuge pendant plusieurs semaines ou plusieurs mois, ou qui limitent leurs activités à des choses pour lesquelles elles ne peuvent pas être arrêtées (ne plus aller à la gare, ne plus faire de transport ou de covoiturage…). La bénévole du Refuge qui a été poursuivie à la gare de l’Argentière, m’a raconté que : « Moi depuis, je ne fais plus rien [en transport]. J’ai eu tellement peur, le coeur qui battait. J’étais pas bien. J’ai ma fille, je peux faire une garde à vue, à la limite, quand elle n’est pas là, mais pas quand elle est là… (…) J’étais dans un film. C’est pas ma vie, ça, c’est pas ma vie. »

      Mais pour l’écrasante majorité des citoyen-nes solidaires, la conviction profonde de la légitimité de leur engagement est un moteur plus puissant que la peur d’être arrêté·e, même d’être poursuivi·e.

      Malgré tout, beaucoup ont, depuis un an, perdu totalement confiance et développé une peur vis-à-vis de la police et des institutions étatiques : cela peut se traduire par une nervosité dès que la police est dans les parages (c’est-à-dire constamment), une boule dans le ventre en permanence, une angoisse pour ses enfants et sa famille… Certain·es témoignent d’une paranoïa quotidienne avec l’impression d’être observé·es en permanence, surtout via leur téléphone. Cette question de la surveillance hante les conversations quotidiennes, renforcé par la rapidité de circulation des rumeurs : j’ai vu une voiture de police ici, là ils contrôlaient, ils sont restés plantés longtemps, ça m’a paru étrange…

      J’ai moi-même ressenti cette évolution au fil de mon temps à Briançon : les premières maraudes en montagne, alors que je ne connaissais personne qui avait été arrêté-e, me paraissaient la chose la plus naturelle du monde, un geste évident de mise à l’abri. Ce n’est qu’à force de voir se multiplier les arrestations autour de nous, de recueillir ces témoignages individuels de pression policière, que l’angoisse un peu sourde du contexte Briançonnais m’a gagnée. Un mois et demi plus tard, quand je suis seule en voiture, les sentiments qui m’envahissent sont de l’ordre du qui-vive, de la mise en garde, car je suis à moitié persuadée que ma voiture est repérée aussi. Je ne discute plus au téléphone sans douter que quelqu’un m’écoute, je ne parle plus aussi librement quand il y a un téléphone, même éteint, dans la pièce…

      « La peur d’être arrêtée ça déclenche beaucoup de tensions chez moi. J’avais tellement peur en roulant », se souvient une dame solidaire. Mais quand je lui demande si elle a déjà considéré arrêter d’aider les jeunes migrants à cause de sa peur, elle écarquille les yeux : « Non, bien sûr que non !« . On continue, donc, et on s’habitue à la peur.

      En effet, certaines personnes solidaires ont développé une sorte de nonchalance lasse, déjà habituée, vis-à-vis des arrestations : quand je demande à une amie arrêtée la semaine dernière si « Ca va ? », elle hausse les épaules : « Tu sais, moi je m’en fiche, on est habitué·es ». Je garde en tête une scène qui a eu lieu sous mes yeux au Refuge, tout à fait caractéristique de cet état d’esprit de relativisation par l’habitude : un couple âgé vient proposer de donner un coup de main de temps en temps et offre de descendre des personnes jusqu’à Gap si jamais elles en ont besoin.

      Une bénévole, immédiatement : « Vous savez ce que vous risquez, hein ?

      (haussent les épauples) Oui, bah…
      Parce que moi, j’ai été poursuivie par les flics ! Je vous assure que ça ne s’oublie pas…
      Oui, mais on peut prendre le risque. (souriant) On n’a pas d’enfants, on a 75 ans, on ne risque pas grand-chose…
      Et Martine, de la Roya ? Elle aussi, elle a 75 ans !
      Bah, vous savez, au pire, la prison, c’est un truc que je n’ai encore jamais fait dans ma vie !

      J’en profiterai pour lire des livres… »

      Comme dans d’autres zones de violence policière généralisée, une sorte d’habitude cynique s’est développée chez beaucoup de bénévoles. Lors de la journée d’étude du 15/12/2017 organisée par le groupe BABELS sur la police et les migrants, Lou Einhorn, psychologue pour Médecin du Monde à Calais, soulignait justement le danger de cette intériorisation par les bénévoles de la banalité de la violence : ils et elles peuvent avoir tendance à relativiser la violence due à la police également auprès des personnes migrantes qu’ils et elles accueillent. Or, cette violence, ou cette tension, peuvent raviver des traumatismes et certaines personnes peuvent les ressentir comme insoutenables ; si les bénévoles, habitué·es à ce que la violence ou la surveillance fasse désormais partie du quotidien, ont mis en place des mécanismes de protection en banalisant et relativisant cette violence, ils et elles peuvent ne pas être à l’écoute des personnes qui en sont affectées.

      DSC05022.JPG

      Bénévoles sur le parking de la MJC, SB, mars 2018

      Par ailleurs, la menace d’être arrêté·e agit comme une contrainte lourde sur l’activité solidaire : elle exige beaucoup plus d’organisation. Elle renforce la nécessité de toujours envoyer une voiture éclaireuse, qu’elle vienne du haut ou du bas de la vallée, pour vérifier que la voie est libre ; potentiellement d’y être à deux personnes pour pouvoir prévenir les autres par téléphone tout en conduisant. Elle implique de calculer les marges de temps avant chaque départ, d’observer les roulements des gardes policières pour passer au bon moment, d’impliquer potentiellement d’autres habitant·es solidaires sur le trajet pour ouvrir leur maison comme lieu de repli au cas où.

      Tout cela a deux effets majeurs : d’abord, la mobilisation nécessaire de toujours plus de bénévoles pour prendre des précautions afin d’assurer la sécurité des personnes migrantes et des bénévoles eux-mêmes. Or, quand les réseaux de solidarité sont petits, cela oblige les mêmes personnes à se mobiliser deux fois plus : en journée, alors que certains travaillent, en soirée, très souvent au milieu de la nuit, voire toute la nuit… Plus il y a besoin de monde, plus les mêmes personnes enchaînent les nuits passées en montagne, au lieu de se reposer. La fatigue physique s’ajoute donc à la tension psychologique des bénévoles, épuisant les troupes jusqu’à mettre en péril leur organisation. A long terme, la surveillance agit ainsi comme une stratégie indirecte d’auto-épuisement des bénévoles et de leurs activités.

      Le deuxième effet qui découle d’une organisation minutieuse des trajets d’aide aux personnes migrantes est la sensation pour certain-es d’organiser un trafic, bien que celui-ci soit bénévole et à vocation solidaire. Or, il est intéressant de constater que les discours de la préfète des Hautes-Alpes1 condamnent précisément tout ce qui est de l’ordre du « réseau organisé », alors qu’elle dit tolérer qu’on vienne en aide, individuellement, à la personne vulnérable qui passe sous sa fenêtre. Dans les faits, c’est précisément le contrôle policier incessant et la remise en danger, en montagne, des personnes arrêtées, qui oblige les bénévoles à mettre en place un réseau organisé de transport : la préfecture provoque ainsi elle-même l’activité dont elle accuse les habitant·es solidaires.

      comunita di destinu.jpg

      Maraude, hiver 2017, source : comunita di destinu

      Ce glissement d’une activité qui se veut simplement solidaire vers une activité dite « illégale » est vécu par les habitant·es comme quelque chose qui leur est imposé par le contrôle policier : « Nous on veut travailler avec les secours en montagne et on se présente comme secours en montagne. Sauf qu’avec les pratiques politiques, dès qu’ils sont dans la rue, ils ne sont plus en sécurité. Du coup on organise des convois : notre démarche, c’est qu’on ne veut pas en perdre un seul, et on ne veut pas que les Français aient des ennuis », dit l’un d’eux. Cela implique donc une grande organisation qui, sur le terrain, s’apparente à un « jeu de cache-cache » extrêmement anxiogène pour les personnes exilées. Leur arrivée en France se fait ainsi dans un contexte de peur qui peut raviver des traumatismes récents.
      Bavures policières ? Le plan de Macron

      Vis-à-vis de ces pratiques quotidiennes d’intimidation, il serait facile pour le gouvernement d’argumenter qu’il s’agit de glissements locaux liés à un terrain particulier, à une « zone de tension » ou « zone de crise », bref, des situations ponctuelles et exceptionnelles qui n’ont rien d’emblématique. Or, à chaque fois que les habitant·es solidaires ont eu l’occasion de discuter avec des agents de police sur le terrain, et notamment en ce qui concerne leurs pratiques illégales de refoulement de demandeur·euses d’asile et de mineurs, ceux-ci ont eu pour simple discours que tous les ordres venaient « d’en haut ».

      Par ailleurs, d’autres moyens de pression plus discrets mais encore plus efficaces prouvent que la volonté d’interrompre par tous les moyens les activités bénévoles vient aussi de la préfecture, et à travers elle, de l’Etat. Notamment, la préfecture a fait barrage aux demandes de subventions nationales et européennes de la MJC, lieu central à Briançon, qui agit à la fois comme centre social et comme moteur d’activités culturelles pour la ville. Cette MJC a été un des premiers lieu d’accueil des personnes migrantes à Briançon quand la frontière des Hautes-Alpes est devenue un lieu de passage, parce qu’elle disposait déjà de la MAPE-monde, un dispositif d’accès aux droits pour les étrangers : sans subventions, la MAPE-monde ne peut plus continuer ses activités d’aide à la demande d’asile. Le motif invoqué, de manière très claire, par la préfète, pour justifier ce blocage des demandes de subventions, est que « l’Etat ne peut pas soutenir des associations qui vont à l’encontre de sa politique. »

      alpes 1 7 juin 2017.jpg

      Manifestation des exilé-es dubliné-es du CAO, juin 2017, source : Alpes 1

      Comme les périodes de resserrement des contrôles à la frontière sont entrecoupées de périodes beaucoup plus laxistes de la part des contrôles policiers, au point que la politique menée semble contradictoire, les bénévoles se posent des questions : quand trop de personnes arrivent d’un coup au Refuge solidaire, il est vrai que la situation à Briançon devient explosive pour tout le monde. Quand l’occupation de la gare SNCF a été délogée par une intervention massive de CRS, cela faisait trois jours qu’il n’y avait aucun contrôle à la frontière et que tout le monde descendait. Certain-es se demandent si un « jeu du pourrissement » à Briançon n’est pas mis en place de manière stratégique pour justifier une intervention militaire plus massive… L’avenir le dira.

      Les différents éléments de terrain décrits dans cet article sont épars, divers, inégaux ; ils témoignent d’un répertoire très large des moyens de pressions employés dans le Briançonnais pour décourager les citoyen·nes solidaires. Cette diversité joue également le jeu d’un discours qui les présenterait comme des phénomènes ponctuels et séparés. Or, il est nécessaire de les présenter ensemble, non pas comme des faits distincts mais comme un continuum du contrôle policier, un ensemble de moyens au profit de la même stratégie étatique de lutte contre l’entrée sur le territoire de personnes étrangères en situation irrégulière, et de répression des gens locaux qui les aident.

      DSC05338.JPG

      Evacuation de la gare de Briançon par 60 CRS, SB, avril 2018
      CONCLUSION.
      Pression, contre-pression : des débats sur la résistance à mettre en oeuvre

      Localement, des résistances sont à l’oeuvre contre la répression des solidarités. Les voisins et voisines, même celles et ceux qui ne partagent pas les idées politiques des bénévoles, font preuve d’une complicité passive quand ils et elles les avertissent discrètement d’un barrage de police plus bas dans la vallée. Une sorte de résistance de fond de la population locale, ulcérée de toutes part par l’omniprésence et la démesure des contrôles, permet une solidarité discrète entre les habitant·es de la vallée, au-delà des désaccords idéologiques.

      De la part des habitant·es menacé·es par les contrôles, de nombreuses tentatives de dialogue vis-à-vis des institutions policières ont été entreprises. Une tentative d’entretien avec les secours en montagne, pour mettre en place une stratégie commune de sauvetage des personnes en danger, qui s’est soldée par un relatif échec de la discussion ; entretien avec l’officier de police judiciaire pour vérifier leur droit à dénoncer les pratiques illégales constatées par les citoyen·nes de la part des agents de police, qui n’a pas abouti non plus. La fermeture totale des institutions policières, l’opacité et le secret dans lequel elles agissent, empêchent tout dialogue avec les citoyen·nes solidaires.

      La stratégie de mobilisation mise en oeuvre par l’association Tous Migrants2 a été de répondre à la pression policière par une pression médiatique. Grâce à ce travail de médiatisation, il a été possible, lors de l’arrestation de Benoît Ducot le 10 mars dernier pour avoir voulu conduire à l’hôpital Marcella, une femme nigérianne en train d’accoucher, de mobiliser immédiatement les médias sur ce sujet et d’organiser une manifestation à la PAF lors de la convocation de Benoît. La pression médiatique maintenue par les citoyen·nes, surtout dans une région à haut revenu touristique, a très certainement un impact positif sur la diminution du contrôle policier ainsi que des condamnations des gens solidaires.

      DSC05024.JPG

      Manifestation de soutien à Benoît Ducos, SB, mars 2018

      Mais au quotidien, les stratégies à adopter pour faire face aux menaces qui pèsent sur les activités d’aide aux personnes étrangères divisent les bénévoles. Le fait de s’organiser pour être le moins visible possible, d’aider les migrant·es à partir le plus vite possible de la vallée pour ne pas que trop de gens y restent, en un mot, de jouer le jeu de cache-cache imposé par la police, ne fait pas consensus au sein des militant·es. Car faire le jeu de la police, c’est aussi assurer le secours en montagne à la place de la gendarmerie de haute-montagne, par peur qu’elle mette en péril des personnes en les refoulant à la frontière et en toute illégalité ; c’est aussi prendre en charge bénévolement et dans le secret l’accueil des demandeur·euses d’asile qui relève normalement du devoir de l’Etat ; c’est aussi financer soi-même les trajets hebdomadaires des mineurs jusqu’au conseil départemental à Gap, ce qui relève de la reponsabilité de l’Etat. C’est enfin assumer le fait d’envoyer rapidement dans les grandes villes des personnes qui n’ont pas de contacts là-bas et se retrouvent à la rue, invisibles, sans réseau de solidarité sur lequel s’appuyer.

      La stratégie de la peur pousse les bénévoles à agir toujours plus dans l’ombre, discrètement, et continuer de faire fonctionner une situation qui relève d’une imposture de la part de l’Etat. Or, tout le monde n’est pas d’accord pour continuer d’accepter cela, alors que les arrivées sont toujours plus nombreuses et que la répression ne cesse pas : mettre en pleine lumière la responsabilité de l’Etat, les pratiques illégales et inhumaines de ses agents, est ce que souhaitent la plupart des citoyen·nes solidaires… qui se contraignent pourtant au silence, par peur de la répression et surtout par peur que celle-ci s’exerce sur les personnes étrangères pour lesquelles cette solidarité est mise en oeuvre.

      Des débats politiques sur la stratégie à adopter continuent donc d’avoir lieu parmi les citoyen·nes solidaires. Au quotidien, les bénévoles acceptent toutes ces charges, parce qu’ils et elles ont la conviction qu’offrir un accueil digne aux personnes étrangères est ce qu’il y a de plus important. Mais quand les citoyen·nes solidaires manquent de relais, manquent de force, manquent de sommeil ou n’ont plus assez d’argent pour faire tourner les lieux de vie collective, la question du bras-de-fer avec l’Etat ressurgit : n’est-on pas la dupe d’une manipulation, qui nous oblige à prendre en charge dans le secret l’accueil des migrant·es dans la région, tout en nous réprimant et nous menaçant ?

      masque-tm-e1521384957338.jpg

      Manifestation de soutien à Benoît Ducos, source : Tous Migrants

      ¤ Sarah ¤

      -----------------------------

      (1) Source : reportage RTS, 18/02/2018

      (2) Association locale responsable du plaidoyer et de la sensibilisation sur la question des personnes migrantes à Briançon

      https://derootees.wordpress.com/2018/04/19/chroniques-de-frontieres-alpines-1-reprimer-les-solidarites-la-

    • Bardonecchia, estremisti di destra francesi al confine con l’Italia: «Così respingiamo i migranti»

      Al Colle della Scala una rete di respingimento. «Prenderemo possesso del passo alpino e ci assicureremo che nessun clandestino possa entrare in Francia»

      Estremisti di destra francesi da questa mattina presidiano il confine con l’Italia al Colle della Scala per respingere i migranti che cercano di raggiungere la Francia.
      Si tratta di un centinaio di persone, al momento ferme in territorio transalpino, che hanno aderito alla campagna Defende Europe lanciata da Génération Identitaire, una formazione neofascista con addentellati in diversi Paesi europei, tra cui l’Italia. “Prenderemo possesso del passo alpino e ci assicureremo che nessun clandestino possa entrare in Francia – dice un loro portavoce Romain Espino - Spiegheremo ai migranti che ciò che non è umano è far credere loro che attraversare il Mediterraneo o scalare il passo innevato non sia pericoloso. Non troveranno un El Dorado”. I militanti di destra stanno installando delle reti per segnare il confine tra i due Stati: “Le nostre squadre stanno perlustrando la zona e fermeranno ogni tentativo di entrare illegalmente in Francia – scrivono in un comunicato - Dall’estate del 2017 il flusso di clandestini che percorre questo passaggio continua a crescere. Oltre 2mila immigrati clandestini sono già stati ufficialmente registrati. Quanto sono in realtà quelli arrivati? Il Governo Macron si rifiuta di proteggere il confine: gli dimostriamo che con la volontà è perfettamente possibile. Piuttosto che sbloccare fondi per creare nuovi centri di accoglienza per i migranti clandestini, dovrebbe rimpolpare i bilanci della polizia di frontiera”.
      L’idea, per ora, è quella di respingere in Italia i migranti – che peraltro da alcuni mesi usano la rotta di Montgenevre e non del Colle della Scala, troppo difficile da attraversare con le temperature invernali e con la neve: “Chiediamo lo stop dell’immigrazione di massa e il blocco definitivo del passaggio del Colle della Scala. Nessun clandestino deve poter entrare illegalmente in Francia percorrendo questa strada – precisano - I francesi non vogliono più immigrazione Il posto di questi migranti clandestini non è né in Francia, né in Italia, ma nel loro paese d’origine”. La situazione è monitorata dalla Gendarmerie francese che dovrebbe impedire sconfinamenti, ma difficilmente gli attivisti raggiungeranno il territorio italiano che si trova a circa 4 chilometri dalla sommità della montagna. Né il sindaco di Bardonecchia, Francesco Avato, né il suo omologo oltre confine di Nevache, Jean-Louis Chevalier, erano stati informati dell’iniziativa.
      Nelle scorse settimane, dopo le polemiche per il blitz dei doganieri francesi alla stazione di Bardonecchia, i primi cittadini dei due versanti della Alpi avevano
      rinnovato la loro amicizia e collaborazione con un incontro proprio nella città dell’Alta Valsusa. “L’immigrazione è un problema che non possiamo affrontare da soli – avevano spiegato – Serve l’intervento degli Stati, ma noi non smetteremo mai di soccorrere le persone in difficoltà perché questo è il nostro dovere”. Posizioni molto diverse, insomma, da quelle della formazione di estrema destra che manifesta ora.


      http://torino.repubblica.it/cronaca/2018/04/21/news/bardonecchia_estremisti_di_destra_francesi_al_confine_con_l_italia

    • Des militants d’extrême droite bloquent un col des Alpes, lieu de passage de migrants

      Des militants de Génération Identitaire ont investi samedi un col des Hautes-Alpes emprunté par les migrants cherchant à passer d’Italie en France, suscitant l’indignation d’une partie de la gauche.
      En matinée, une centaine de militants d’extrême-droite ont pris position au col de l’Echelle, culminant à 1.762 mètres à six kilomètres de la frontière italienne.
      L’endroit est devenu un « point stratégique de passage des clandestins » depuis plusieurs mois. Génération Identitaire entend « veiller à ce qu’aucun (d’entre eux) ne puisse rentrer en France », a expliqué à l’AFP un porte-parole, #Romain_Espino. Ce dernier dénonce « un manque de courage des pouvoirs publics » car « avec un petit peu de volonté, on peut contrôler l’immigration et les frontières ».

      Le groupe de militants, qui réclame « le blocage définitif » de ce col, compte majoritairement des Français, mais aussi des Italiens, Hongrois, Danois, Autrichiens, Anglais et Allemands.

      Matérialisation d’une « #frontière_symbolique »

      Après avoir gravi en raquettes le col enneigé, ils ont matérialisé une « frontière symbolique » avec du grillage de chantier pour « notifier » aux migrants « que la frontière est fermée et qu’ils doivent rentrer chez eux ».

      Une banderole géante, déployée à flanc de montagne, relaie ce message en anglais. Et si certains migrants devaient passer outre, « nous appellerions la gendarmerie (...). La justice fera après son travail », a assuré Romain Espino.

      Deux hélicoptères affrétés par GI survolaient le site samedi à la mi-journée. Des drones devaient suivre, ainsi qu’un avion biplace dimanche.

      Pour M. Espino, il s’agit d’« expliquer aux migrants éventuels que ce qui n’est pas humain, c’est de faire croire à ces gens qui traversent la Méditerranée ou les Alpes enneigées que ces parcours ne présentent aucun risque. C’est faux ». « Ils ne vont pas trouver l’Eldorado, c’est immoral. Ceux qui en payent les frais, ce sont les Français », a-t-il ajouté.

      Les services de l’Etat « pleinement mobilisés »

      Cette opération a fait réagir sur les bancs de la gauche, dans l’hémicycle de l’Assemblée, en plein débat prolongé sur le projet de loi asile-immigration.

      Le chef de file des Insoumis, Jean-Luc Mélenchon, a fustigé la « petite bande d’une centaine de personnes », des « amis de Madame Le Pen », qui « prétend régler le problème de la frontière » et « repousser dans la neige de pauvres gens qui s’y trouvent ». Ce à quoi, Gilbert Collard (FN) a vertement répliqué, accusant M. Mélenchon de « planer ».

      La ministre auprès du ministre de l’Intérieur, Jacqueline Gourault, a assuré que « les services de l’Etat (étaient) pleinement mobilisés pour assurer l’ordre public au col de l’Echelle ». Sur place, aucune force de l’ordre n’était visible samedi après-midi.

      Depuis un an, les #Hautes-Alpes connaissent un afflux exponentiel de migrants, essentiellement d’Afrique de l’Ouest. Selon la préfecture, 315 personnes en situation irrégulière ont été refoulées vers l’Italie en 2016 et 1.900 en 2017.

      Reconnaissant que la pression migratoire reste « forte » à la frontière franco-italienne, le ministre de l’Intérieur Gérard Collomb, s’est inquiété vendredi soir à l’Assemblée de la poursuite de la coopération franco-italienne avec la montée des populismes en Europe. « En 2017, 50.000 non-admissions ont été prononcées à cette frontière. Parce que cette pression reste forte, nous avons décidé de renouveler les contrôles aux frontières pour six mois », a-t-il dit.

      Fondé en 2012, Génération identitaire (GI) avait affrété en juillet 2017 le navire C-Star dans le cadre de sa campagne « Defend Europe » en Méditerranée, pour dissuader les ONG de secourir les migrants en mer. Arrivée le 5 août au large de la Libye, l’opération avait pris fin le 17 août.

      Le mouvement privilégie des actions au fort retentissement médiatique, comme la construction d’un mur devant un futur centre d’accueil pour demandeurs d’asile à Montpellier en septembre 2016 ou encore, à l’hiver 2013, des maraudes pour venir en aide aux sans-abris, destinées uniquement aux « Français de souche ».

      Le coût de l’opération « #Alpes_Defend_Europe » est estimé au minimum à 30.000 euros par les organisateurs, financé « sur fonds propres des militants, avec des parrains et des donateurs ».
      AFP


      http://www.liberation.fr/france/2018/04/21/des-militants-d-extreme-droite-bloquent-un-col-des-alpes-lieu-de-passage-

      Depuis un an, les #Hautes-Alpes connaissent un afflux exponentiel de migrants, essentiellement d’Afrique de l’Ouest. Selon la préfecture, 315 personnes en situation irrégulière ont été refoulées vers l’Italie en 2016 et 1.900 en 2017.

      –-> "#afflux_exceptionnel pour la vallée et pour les personnes mobilisées à leur venir en aide, mais c’est un chiffre ridiculement bas à l’échelle de la France !
      #préjugés #afflux #invasion

    • Alpes : des militants d’extrême droite bloquent le col de l’Echelle, lieu de passage de migrants

      Plusieurs politiques, notamment sur les bancs de l’Assemblée lors du débat sur le texte asile-immigration, ont fait part de leur indignation après l’action de Génération identitaire.

      L’action d’une centaine de militants de Génération identitaire (GI), samedi 21 avril, au le col de l’Echelle (Hautes-Alpes), s’est invitée dans les débats sur la loi asile et immigration à l’Assemblée nationale. Alors que des membres du mouvement d’extrême droite bloquaient ce point de passage de migrants, pour « veiller à ce qu’aucun clandestin ne puisse rentrer en France », Jean-Luc Mélenchon a interpellé le ministre de l’intérieur, Gérard Collomb.

      Le président de la France insoumise a demandé au gouvernement « ce qu’il compte faire pour empêcher que dorenavant les frontières soient protégées par les amis de Marine Le Pen ». L’intervention des militants de Génération identitaire a suscité une vague de réactions indignées de la part de plusieurs politiques.

      Ce col, qui culmine à 1 762 mètres et est situé à six kilomètres de la frontière, est un « point stratégique de passage des clandestins » depuis l’Italie, a fait valoir un porte-parole de GI, Romain Espino, en dénonçant « un manque de courage des pouvoirs publics ». « Avec un petit peu de volonté, on peut contrôler l’immigration et les frontières. »
      Le groupe de militants, composé majoritairement de Français, compte aussi des Italiens, Hongrois, Danois, Autrichiens, Anglais et Allemands.
      Après une ascension commencée après 9 heures, en raquettes sur la neige, ses membres ont matérialisé une « frontière symbolique » à l’aide de grillage en plastique de chantier et prévoient de passer la nuit au col. Il s’agit d’« expliquer aux migrants éventuels que ce qui n’est pas humain, c’est de faire croire à ces gens qui traversent la Méditerranée ou les Alpes enneigées que ces parcours ne présentent aucun risque. C’est faux », a déclaré Romain Espino. « Ils ne vont pas trouver l’Eldorado, c’est immoral. Ceux qui en paient les frais, ce sont les Français », a-t-il ajouté.

      Selon la préfecture des Hautes-Alpes, l’opération s’est « jusqu’à présent déroulée dans le calme » et une « partie » des militants avaient « déjà quitté le site » en début de soirée. « La préfecture et les forces de l’ordre continuent de suivre avec attention et vigilance la poursuite de cette opération, afin de prévenir tout trouble à l’ordre public et de garantir le respect du droit », souligne-t-elle dans un communiqué. Sur place, aucune force de l’ordre n’était visible samedi après-midi.

      « Sale climat »

      Au délà des bancs de l’Assemblée, de nombreux politiques, principalement de gauche, ont dénoncé l’intervention des militants d’extrême droite. La sénatrice socialiste de l’Oise et ancienne ministre des familles a évoqué un « sale climat » dans un tweet. La sénatrice Europe Ecologie-Les Verts, Esther Benbassa a elle aussi fait un parralèle entre les étudiants occupants leur université et qui sont délogés et « la milice partant à la chasse aux migrants », pour qui « c’est ok ? », dénoncant un Etat de droit à deux vitesses. La secrétaire nationale du Parti de Gauche, Laurence Pache interpelle Gérard Collomb, qu’elle accuse de « laisser faire la chasse au migrants ».

      Ian Brossat, adjoint communiste à la mairie de Paris dénonce « un déni de saloperie », qui ne serait pas autant condamné que « le délit de solidarité ». Nathalie Goulet, sénatrice UDI de l’Orne déplore « des pratiques ignobles et indignes ». Le député LREM des Bouches du Rhône, François-Michel Lambert parle, lui, « d’une bande de connards ». La ministre auprès du ministre de l’intérieur, Jacqueline Gourault, a assuré que « les services de l’Etat (étaient) pleinement mobilisés pour assurer l’ordre public au col de l’Echelle ».
      La pression migratoire reste « forte »

      Depuis un an, les Hautes-Alpes connaissent une augmentation exponentielle d’arrivées de jeunes, majoritairement de Guinée (Conakry) et de Côte d’Ivoire (pourtant première puissance économique d’Afrique de l’Ouest). Ces nationalités arrivent loin devant celles des autres migrants, très majoritairement ouest-africains. Selon la préfecture, 315 personnes en situation irrégulière ont été refoulées vers l’Italie en 2016 et 1 900 en 2017.

      La pression migratoire reste « forte » à la frontière franco-italienne dans son ensemble, a indiqué vendredi soir le ministre de l’intérieur Gérard Collomb, rappelant que 50 000 non-admissions avaient été prononcées en 2017. « Nous avons décidé de renouveler les contrôles aux frontières pour six mois », a-t-il ajouté devant les députés lors des débats du projet de loi asile immigration, texte très controversé qualifié à la fois de « petite loi » par Les Républicains et d’« inhumaine » par la gauche.

      Fondé en 2012, Génération identitaire (GI) avait affrété en juillet 2017 le navire C-Star dans le cadre de sa campagne « Defend Europe » en Méditerranée, pour dissuader les ONG de secourir les migrants en mer. Arrivée le 5 août au large de la Libye, l’opération avait pris fin le 17 août. Le mouvement privilégie des actions au fort retentissement médiatique, comme la fabrication d’un mur devant un futur centre d’accueil pour demandeurs d’asile à Montpellier en septembre 2016 ou encore, à l’hiver 2013, des maraudes pour venir en aide aux sans-abri, destinées uniquement aux « Français de souche ».

      http://www.lemonde.fr/europe/article/2018/04/21/alpes-des-militants-d-extreme-droite-vont-bloquer-le-col-de-l-echelle-lieu-d

    • Hautes-Alpes : des militants d’extrême droite grimpent le col de l’Echelle pour « barrer la route » des migrants

      Contactée par franceinfo, la sous-préfecture de Briançon a confirmé « être au courant » et « suivre l’affaire » mais a refusé de « commenter » l’opération, qui rappelle celles des milices anti-migrants, observées en Bulgarie, en 2016.

      « Les quelques fois où on a fait des rassemblements pacifistes, avec un discours d’accueil, les forces de l’ordre étaient là pour vérifier les papiers, dénonce Anne Chavanne, responsable de l’association Tous Migrants, auprès de franceinfo. Il y avait un barrage de police qui filtrait les voitures. Aujourd’hui ça ne semble pas être le cas. »

      https://www.francetvinfo.fr/monde/europe/migrants/hautes-alpes-des-militants-d-extreme-droite-veulent-barrer-la-route-des

    • Chronologie des événements publiée sur le site du Dauphiné :

      Névache : des militants identitaires bloquent le col de l’Echelle, lieu de passage de migrants

      20 h 30 : Les militants de Génération identitaire sont toujours présents au col de l’Echelle où ils comptent passer la nuit. Les membres du groupement constituent des équipes pour se relayer au sommet du col et annoncent vouloir le faire survoler par un avion dans la journée de demain.

      19 h 50 : Les deux hélicoptères utilisés par Génération identitaire pour survoler le col de l’Echelle ont été loués à la société Héli-Max, basée à l’aérodrome de Saint-Crépin (Hautes-Alpes).

      Contacté par téléphone, le gérant assure ne pas avoir été au courant de l’utilisation qui allait être faite de ses appareils. Dans le cas contraire, il aurait alors refusé la location nous a-t-il assuré.

      « Comment ça se fait que l’Etat les ont laissé aller là-haut ? »

      19 h 40 : Joint par téléphone, Michel Rousseau, l’un des porte-parole du collectif Tous migrants, s’étonne cependant de la réaction des services de l’Etat face à l’occupation de Génération identitaire au col franco-italien : « Comment ça se fait que l’Etat les ont laissé aller là-haut ? Qu’ils peuvent faire survoler le col avec des hélicoptères et faire la police à la frontière ? Lorsqu’il y a eu des manifestations en faveur des migrants, il y avait des CRS présents. Là, on ne les a pas vu à Névache. »

      Michel Rousseau réitère la volonté du collectif de ne pas entrer dans la provocation : « Ce n’est pas à nous de faire la police. On ne va pas rentrer dans leur jeu. Le principal, cependant, est que la sécurité des personnes qui sont recueillies soit assurée. »

      19 h 30 : Dans un communiqué, la préfecture des Hautes-Alpes réagit à l’action menée depuis ce matin au col de l’Echelle.

      « La préfecture et les forces de l’ordre continuent de suivre avec attention et vigilance la poursuite de cette opération, afin de prévenir tout trouble à l’ordre public et de garantir le respect du droit. Elle s’est jusqu’à présent s’est déroulée dans le calme. Une partie des membres de Génération Identitaire ont déjà quitté le site. »

      Les bénévoles pro-migrants réunis devant le Refuge solidaire

      18 H 55 : Des bénévoles des différents mouvements brianconnais venant en aide aux migrants se sont donné rendez-vous au Refuge solidaire afin débattre des suites à donner à l’action de Génération Identitaire au col de l’échelle.

      Leur principal inquiétude est de protéger les lieux recueillant les migrants venant de traverser la frontière, notamment Chez Marcel et le Refuge solidaire.

      "On en a vu [des militants identitaires] faire des repérages dans la ville et devant le refuge" assure un militant "pro-migrants".

      De son côté, le collectif Tous Migrants appelle à ne pas céder à la provocation du mouvement d’extrême-droite.

      17 H : L’actualité du col de l’Echelle s’est invitée à l’assemblée Nationale et a donné lieu à un bras-de-fer entre Jean-Luc Mélenchon et Gilbert Collard

      15 h 30 : Un groupe de militants Génération identitaire « s’est également placé du côté italien pour prévenir les migrants que la frontière est fermée », nous a précisé Clément Galant, porte-parole du mouvement extrémiste. Celui-ci affirme qu’une « dizaine de migrants » ont tenté de franchir la frontière : « Ils ont fait demi-tour ».

      14 heures : D’après un correspondant de l’AFP les membres du groupe identitaire ont matérialisé une « frontière symbolique » à l’aide de grillage en plastique de chantier et ont déployé une banderole géante.

      Les militants restés en bas du col de l’échelle, nous ont également confié que des hélicoptères, ainsi que des drones, affrétés par Defend Europe, survolaient le site. Selon les propos recueillis par l’AFP auprès des organisateurs, cette opération se chiffrerait au minimum à 30 000 euros.

      Les militants de Génération identitaire ont affrété des hélicoptères et déployé un filet le long de la frontière.

      12 heures : Antoine, se présentant comme un militant identitaire, nous a affirmé « qu’avec de la volonté, on peut bloquer une frontière ». Souhaitant se positionner à la frontière franco-italienne, les militants d’extrême droite veulent empêcher le passage de migrants par le col de l’Échelle. « Si certains passent en force, on préviendra la gendarmerie et nous les suivrons jusqu’à ce que la gendarmerie intervienne », assure Antoine.

      Le col de l’Échelle est l’un des points de passage des migrants venus d’Italie, avec le col de Montgenèvre, dans les Hautes-Alpes. Cependant, le col de la vallée de la Clarée est encore complètement enneigé et, cet hiver, le flux de migrants passant par Briançon s’est concentré à Montgenèvre.

      11 heures : Des militants des mouvements d’extrême-droite Defend Europ et Génération identitaire sont actuellement au col de l’Échelle, à la frontière franco-italienne, pour mener une action coup de poing sous le nom de « Mission Alpes ».

      Comme le révélait nos confrères de La Provence, les militants sont une centaine, depuis ce samedi matin, à grimper le col en raquettes « pour contrôler la frontière ».

      « Nous allons prendre possession du col et veiller à ce qu’aucun clandestin ne puisse entrer en France. Nous allons expliquer aux migrants que ce qui n’est pas humain c’est de leur faire croire que traverser la Méditerranée ou grimper le col enneigé n’est pas dangereux. Ils ne vont pas trouver un Eldorado », explique l’un des porte-parole de Génération identitaire Romain Espino au quotidien régional.

      Contacté par Le Dauphiné Libéré, le maire de Névache, Jean-Louis Chevalier, n’était « pas au courant d’une telle manifestation », même s’il a constaté la présence d’une quinzaine de véhicules au bas du col de l’Échelle.


      https://www.ledauphine.com/hautes-alpes/2018/04/21/nevache-des-militants-de-generation-identitaire-au-col-de-l-echelle-migr

    • Migranti, militanti di estrema destra “bloccano” il confine tra Italia e Francia: “Stop all’immigrazione di massa”

      Un gruppo di attivisti di di «Génération Identitaire» ha piantato nella neve una rete di plastica per simboleggiare un muro di frontiera e posato sulla neve uno striscione con la scritta «Closed Border» (Frontiere chiuse). E’ lo stesso movimento che la scorsa estate aveva affittato la nave C-Star cui aveva affidato il compito di ostacolare i salvataggi dei migranti nel Mediterraneo e di cui non si è saputo più nulla.

      Un gruppo di militanti di estrema destra, attivisti di di Génération Identitaire, manifestano contro il passaggio dei migranti al confine tra Italia e Francia, nella regione di Haute-Alpes. In gran parte sono francesi, ma a loro si sono uniti anche attivisti giunti da altre nazioni europee. Oltre allo striscione posato sulla neve con la scritta “Closed Border” (Frontiere chiuse), i manifestanti hanno piantato nella neve una rete di plastica arancione, di quelle usate normalmente per delimitare i cantieri, piazzata per simboleggiare un muro di frontiera. Lo scopo dichiarato: respingere i migranti che cercano di raggiungere la Francia. Hanno anche noleggiato un elicottero che ha sorvolato la zona.

      I manifestanti hanno aderito alla campagna ‘Defende Europe. Mission Alpes’ promossa dal movimento nato nel 2012 in Francia “per combattere la massiccia immigrazione e l’islamizzazione dell’Europa”. Lo stesso movimento estremista che la scorsa estate aveva affittato la nave C-Star cui aveva affidato il compito di ostacolare i salvataggi dei migranti nel Mediterraneo e di cui non si è saputo più nulla. La protesta è a 25 chilometri da Briancon (Francia) e a 14 da Bardonecchia (Torino). “Fermeremo qualsiasi tentativo di entrare in Francia illegalmente – spiega un comunicato pubblicato sul loro sito – dall’estate del 2017 il flusso di immigrati che utilizzano questo passaggio continua a crescere. Il governo Macron si rifiuta di rendere sicuro il confine; gli dimostreremo che, volendo, è perfettamente possibile”. Il movimento di estrema destra francese chiede “lo stop dell’immigrazione di massa e il blocco definitivo del Colle della Scala”.

      Gli attivisti di Generazione Identitaria Italia, succursale italiana del movimento, hanno incontrato questa mattina i clandestini nella città di Oulx, punto di passaggio per la Francia. Li hanno avvertiti che il colle della scala era stato chiuso e che fosse quindi inutile tentare la sua scalata.

      https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/04/21/migranti-militanti-di-estrema-destra-bloccano-il-confine-tra-italia-e-francia-stop-allimmigrazione-di-massa/4307834/6/#foto

    • Un message de #SAF_HELICOPTERES et #HELI-MAX, posté sur FB :


      https://www.facebook.com/cristina.delbiaggio/posts/10155118272790938?notif_id=1524405721909076&notif_t=feedback_reaction_gene
      #escroquerie

      Europe 1 reprend la nouvelle sur son site :

      La société qui a loué des hélicoptères à Génération identitaire se dit victime d’une escroquerie

      La société qui regroupe les entreprises SAF Hélicoptères et Heli-Max, qui a loué des hélicoptères aux militants de Génération identitaire samedi pour leur opération anti-migrants s’est dite "victime d’une escroquerie. Sur Facebook, la société a indiqué avoir été contactée par les militants pour « une simple mission de prises de vues aériennes banales avec deux hélicoptères ». L’entreprise indique ne pas cautionner « ces mouvements extrémistes » et envisage de porter #plainte.

      http://www.europe1.fr/societe/les-militants-de-generation-identitaire-ont-quitte-le-col-de-lechelle-363278

      signalé par @isskein

    • Chasse aux migrants dans les Alpes : les xénophobes au sommet

      Prétendant « contrôler la frontière », l’organisation de jeunesse du mouvement d’extrême droite Les Identitaires s’est mise en scène sur l’une des voies de passage entre France et Italie qu’empruntent les migrants.

      Col de l’Echelle, 1 762 mètres d’altitude, dimanche matin. Trente-cinq minutes de montée sur la route fermée et enneigée qui mène vers l’Italie depuis Névache, en vallée de la Clarée (Hautes-Alpes), suffisent à rallier le camp sommaire monté la veille par les militants de Génération identitaire (GI), organisation de jeunesse du mouvement d’extrême droite les Identitaires. La vraie frontière avec l’Italie est à trois kilomètres, au pied de l’autre versant du col, mais le lieu, l’une des voies de passage entre France et Italie pour les migrants, est symbolique. C’est ici que les identitaires ont décidé de monter le décor d’une des opérations de communication dont ils se sont fait une spécialité.

      Une barrière souple de chantier orange de deux cents mètres court d’un bord à l’autre de la haute vallée, à l’exception d’une interruption au milieu, qui figure un checkpoint encadré de deux tentes-mess. Autour d’un feu qui a creusé un cratère dans la neige durcie par le gel, 50 jeunes militants, dont quelques femmes, attendent l’arrivée du soleil. La plupart sont français, mais il y a quelques Hongrois, Allemands, Italiens, Autrichiens et Britanniques. Tous portent la même veste bleue flambant neuve, siglée « Defend Europe – mission Alpes ». Ils ont passé la nuit là, côté Clarée. De l’autre coté de leur barrière, des dizaines de panneaux carrés sont plantés, affichant « No way. Frontière fermée. Vous ne ferez pas de l’Europe votre pays. Rentrez dans votre pays. »
      « Juste un show pour les journalistes »

      Le porte-parole de GI, Clément Galant, répond de bonne grâce aux questions : « Notre but c’est d’avoir de l’écho, et nous avons réussi. Nous voulons montrer que ce que les dirigeants politiques ne font pas, à savoir matérialiser la frontière, est possible puis que des militants politiques le font. Un simple checkpoint fait que les migrants se posent des questions ! » Il poursuit : « Nous contrôlons la frontière, on reste dans la légalité. Si des migrants veulent poursuivre, nous les suivrons et alerterons la gendarmerie. » Il assure que la veille, un groupe de GI a découragé « une dizaine » de migrants au pied du col, versant italien.

      Mensonge, selon Paolo Narcisi, de l’ONG Rainbow for Africa, qui prend soin des migrants à Bardonecchia, première ville italienne derrière le col : « Nous n’avions que cinq migrants la nuit dernière. Les identitaires était bien au pied du col, mais ils n’ont repoussé personne. C’est juste un show pour les journalistes ! ». Samedi, les militants de GI ont même croisé sans rien faire un migrant pakistanais qui passait le col vers la France, selon un membre du réseau de citoyens de Névache qui secourent les migrants…
      Posture martiale et jumelles

      « Des habitants sont venus nous apporter leur soutien », assure encore Galant. Impossible à vérifier, mais un homme s’approche : Michel, habitant de Névache. Il est venu voir et souffle : « On se croirait dans les années 30, ça me fait vomir. » Il a un échange avec un identitaire : « Vous n’empêcherez jamais la misère du monde de passer. Des cols, il y en a plein d’autres, autour… C’est ridicule. » Le militant lui dévide des phrases déjà entendues dans la bouche de son porte-parole qui vient de tourner le dos, sollicité pour « faire un rappel des éléments de langage à l’équipe ». Il veille ensuite à mettre en scène son groupe, aligné sur la « frontière », posture martiale, jumelles, pour le drone vidéo de GI. Il poursuit : « On va rester autant que nécessaire ; des jours ou des semaines, on est prêts ! ». Mensonge encore : un quart d’heure plus tard, le « camp » est plié, la barrière plastique enroulée : le démontage du décor ne prend que quelques minutes.

      De retour à Névache, la troupe retrouve 40 militants supplémentaires, qui étaient redescendus dormir en vallée, et prend la pose pour la photo et la vidéo-drone officielle. Galant, interpellé sur ses mensonges, répond sèchement : « Tout ce que nous faisons est construit, réfléchi. » La séance finie, tous les militants s’engouffrent dans leurs véhicules. Les gendarmes présents ont pour consigne de les escorter « jusqu’aux limites du département » pour éviter tout trouble à l’ordre public.
      « Regard humain »

      Il est 13h30 et c’est sur un autre col frontalier, celui de Montgenèvre, situé à quelques kilomètres et ouvert celui-là au trafic routier, qu’une petite centaine de militants pro-migrants italiens et français improvisent la réponse aux identitaires : ils passent en cortège la frontière, accompagnant une quinzaine de migrants et scandant « Brisez les frontières ! ». Un éphémère cordon de gendarmes tente de bloquer la manif qui le déborde sans violence et poursuit sa route vers Briançon. Le sous-préfet, Jean Bernard Iché : « Notre mission était d’éviter tout contact potentiellement explosif entre les identitaires, engagés dans une opération de communication parfaitement orchestrée, et les pro-migrants. L’ordre public est assuré : le col de l’Echelle est libre, les identitaires reconduits hors du département, la manifestation des pro-migrants canalisée pour éviter les violences et dans le respect du droit qu’ont les migrants désireux de déposer une demande d’asile de le faire. » Le tout avec « un regard humain », assure-t-il. Samedi soir à l’Assemblée, l’opération des identitaires avait suscité une réaction de condamnation de Gérard Collomb, le ministre de l’Intérieur estimant que « tomber dans le panneau de ces gesticulations, c’est faire une publicité à une force qui n’en est pas une ».

      http://www.liberation.fr/france/2018/04/22/chasse-aux-migrants-dans-les-alpes-les-xenophobes-au-sommet_1645146

    • Migrants dans les Alpes françaises : renforts « importants » pour contrôler les frontières

      Le ministre de l’intérieur Gérard Collomb a annoncé ces mesures, alors que dans les Alpes, des militants d’extrême droite ont bloqué ce week-end le col de l’Echelle.
      Alors que les Hautes-Alpes, ont été le théâtre ce week-end d’actions menées par des activistes d’ultra droite et d’autres pro-migrants, le ministre de l’intérieur, Gérard Collomb a annoncé des renforts « importants » pour « s’assurer du respect absolu du contrôle des frontières ».

      « Des renforts de police et de gendarmerie importants seront mis en place dès ce soir, en provenance des départements voisins, afin de prêter leur concours, avec la retenue nécessaire, aux forces déjà en place et s’assurer du respect absolu du contrôle des frontières », a affirmé le ministre de l’intérieur dans un communiqué.

      Politiques indignés

      Les militants d’extrême droite de Génération Identitaire (GI) ont bloqué ce week-end le col de l’Echelle, lieu de passage de migrants pour passer d’Italie en France. Le groupuscule d’extrême droit avait déclaré qu’il souhaitait « veiller à ce qu’aucun clandestin ne puisse rentrer en France ».

      Ce col, qui culmine à 1 762 mètres et est situé à six kilomètres de la frontière, est un « point stratégique de passage des clandestins » depuis l’Italie, avait fait valoir un porte-parole de GI, Romain Espino, en dénonçant « un manque de courage des pouvoirs publics ». « Avec un petit peu de volonté, on peut contrôler l’immigration et les frontières. » Cette opération a fait réagir, samedi, sur les bancs de la gauche, dans l’hémicycle de l’Assemblée, en plein débat prolongé sur le projet de loi asile et immigration.

      Génération identitaire a annoncé, dimanche 22 avril, que les militants quittaient les lieux en début d’après-midi. Le porte-parole de ce groupuscule d’extrême droite a précisé que « depuis son installation », le groupe n’a « pas été en contact avec des migrants ». Toutefois, se félicite-t-il, « la mission est une réussite, nous avons réussi à attirer l’attention médiatique et politique sur le col de l’Echelle ».
      « Provocations, gesticulations »

      Le même jour, « un groupe de plus d’une centaine d’activistes pro-migrants français et italiens s’est présenté ce midi au Col du Montgenèvre, en provenance d’Italie, en vue de faire franchir la frontière illégalement et en force à une trentaine de migrants », a précisé le ministre.

      A cette occasion, a-t-il dit, « des violences ont été commises vis-à-vis des forces de l’ordre et un véhicule de la gendarmerie nationale a été dégradé. Ces individus ont ensuite poursuivi leur action en direction de Briançon où leur présence fait l’objet de la plus grande vigilance ».

      M. Collomb « condamne avec la plus grande fermeté l’ensemble des provocations, gesticulations et incidents qui ont marqué ce week-end dans les Hautes-Alpes et dont des groupes d’activistes d’ultra droite et d’ultra gauche sont respectivement à l’origine ».

      Le ministre de l’intérieur, qui défend son projet controversé sur l’asile et l’immigration à l’Assemblée nationale, a rappelé « sa volonté de combattre ceux qui souhaitent faire échec aux contrôles des frontières comme ceux qui prétendent se substituer aux forces de l’ordre dans ces missions ».

      http://www.lemonde.fr/immigration-et-diversite/article/2018/04/22/migrants-dans-les-alpes-francaises-renforts-importants-pour-controler-les-fr

    • Monginevro: migranti e solidali passano il confine sfondando il blocco della Gendarmerie

      Centinaia di migranti e solidali sfondano i cordoni della Gendarmerie al confine italo-francese; i fascisti di Defend Europe fanno i bagagli e rimuovono il «blocco» alla frontiera.

      Nella giornata di ieri un gruppo di fascisti italiani e francesi della rete Defend Europe/Generazione Identitaria aveva raggiunto il colle della Scala, al confine tra Italia e Francia, installando una rete da cantiere lunga diverse decine di metri con l’intenzione di bloccare l’attraversamento della frontiera attraverso la montagne da parte dei migranti. Una pagliacciata degna di questi infami, che peraltro hanno pensato bene di piazzarsi in un punto della montagna a rischio valanghe che da tempo non viene più utilizzato dai migranti che cercano di raggiungere la Francia. I media nostrani hanno però subito abboccato, dedicando alla notizia tutti gli onori del caso. Una provocazione inaccettabile per un territorio come la Valle di Susa da sempre fieramente antifascista, e per i tanti solidali che in questi mesi si sono organizzati per sostenere i migranti al confine.

      In seguito alla notizia era stato quindi lanciato un appello immediato a mobilitarsi per raggiungere il confine e cacciare i fascisti e nella tarda mattinata di oggi una carovana composta da circa 300 migranti e solidali è partita da Claviere in direzione della frontiera. All’altezza di Monginevro il corteo ha sfondato il cordone della gendarmerie schierato a difesa del confine, prima costringendolo a indietreggiare per diversi metri e poi travolgendo gli agenti della polizia francese e aggirando il blocco. Nonostante alcuni tentativi della gendarmerie di effettuare fermi in maniera disordinata, tutte le persone della carovana sono riuscite a passare e il corteo ha proseguito in direzione di Briancon, dove si trova ancora in questo momento. Nel frattempo è arrivata la notizia che i fascisti di Defend Europe, dopo aver presidiato per alcune ore la frontiera sbagliata, avevano già fatto i bagagli rimuovendo il blocco.

      A pochi giorni dal 25 aprile la giornata di oggi ha violato il dispositivo di un confine che governanti, fascisti e polizia vorrebbero impermeabile, per ribadire che nessuno spazio verrà lasciato a chi vorrebbe alzare muri e fare della Valle di Susa la caserma d’Europa.

      Aggiornamento ore 20:30 SITUAZIONE GRAVISSIMA. Dopo la clamorosa figura che hanno fatto oggi i gendarmi e i fascisti, i vigliacchi di Francia tornano alla carica.
      La polizia francese si sta scatenando in una caccia all’uomo nel centro di Briançon. Cercano gli italiani. Ci segnalano già diversi fermi.
      Per quanto riguarda i fascisti, dopo essersi squagliati come neve al sole davanti ai valsusini stanno ora minacciando di attaccare con bombe incendiarie uno dei ricoveri in cui fanno tappa in migranti nel loro percorso. Seguiranno aggiornamenti, intanto facciamo girare queste informazioni…


      https://www.infoaut.org/prima-pagina/monginevro-migranti-e-solidali-passano-il-confine-sfondando-il-blocco-della

      Sur ce site, il y a aussi une vidéo, avec interview à un Italien ("valsusien") qui a participé à la manifestation:


      Il dit:

      «Siamo valsusini e le montagne decidiamo noi come viverle, non lasciamo che 30 persone arrivino sulle nostre montagne, tra l’altro al Colle della Scala dove non passa nessuno da parecchio tempo, dicendo che stanno bloccando le frontiere. Erano una trentina questi esaltati, noi oggi siamo riusciti a far passare 50 persone. Siamo stati sulla strada, siamo arrivati da Clavière fino a Briançon. Man mano che siamo entrati nel paese anche la gente francese, la gente di Briançon si è unita al corteo e... una bellissima giornata. Siamo riusciti ad ottenere quello che volevamo. Ogni volta che queste persone decideranno di fare qualche pagliacciata mediatica come quella che abbiamo fatto in questi giorni sappiano che la risposta sarà questa. Queste montagne non sono per i fascisti, sono montagne partigiane. Lo sono sempre state e lo rimarranno sempre.»

      Lien vers la vidéo: https://www.infoaut.org/media/k2/videos/20077.mp4


      #partisans

    • Dans les Alpes, des militants d’extrême-droite veulent bloquer le passage des migrants : en ont-il le droit ?

      Ce week-end, des membres du groupuscule raciste et anti-immigration Génération identitaire ont pris position sur le col de l’Échelle, dans les Alpes françaises, afin d’empêcher que des migrants venant d’Italie ne traversent la frontière et rentrent en France. Mais de simples citoyens peuvent-ils contrôler les frontières ?

      http://www.infomigrants.net/fr/post/8816/dans-les-alpes-des-militants-d-extreme-droite-veulent-bloquer-le-passa

    • On a marché sur la gueule de la frontière [MàJ]

      Seule la lutte et la solidarité paient : 240 oiseaux de liberté et chat·tes sauvages ont relié Clavières, Italie, à Briançon, France, en manif’ sauvage, permettant à 40 exilé·es de franchir une nouvelle étape. Les flics se sont laissés déborder, les fachos n’ont pas réagi. Pour aujourd’hui, la peur a changé de camp.
      Photo volée à ces fachos de D !CI

      Ces derniers jours, l’État français a amorcé une fermeture particulièrement sévère de la frontière au col de Montgenèvre. Trois soirs de suite, la chasse à l’homme noir (mais pas que, deux groupes de Kurdes très soudés ont traversé) a mobilisé un ballet de scooters des neiges, police et chasseurs alpins armés en guerre mêlés.

      Samedi 21, deux initiatives se sont croisées du côté français du col. Ces fils de flics de Defend Europe sont venus se faire un coup de comm’ et se redorer la cerise à moindre frais, en montant un simulacre de garde au col de l’Échelle. En mobilisant quand même deux hélicoptères (normalement interdits dans la zone), un bus, un avion et en réservant tout un hôtel. Et ces acharné·es des squats d’Italie et des Hautes-Alpes et alentours ont jugé (et brûlé) la frontière à l’issue d’un chouette carnaval (j’écrirai sauvage si je ne craignais le pléonasme) à Gap. La préfète Bigote-Kayserine a décliné l’invitation à venir se défendre.

      Dans la nuit, la présence de 80 à 90 crânes vides près de Briançon à incité les carnavaleux à venir protéger avec quelques Briançonnais·es les principaux lieux hébergeant des exilé·es : refuge de la CRS, squat Chez Marcel, squat Chez Jésus en Italie.

      Le dimanche 22, un rassemblement Chez Jésus à Clavières part en manifestation sauvage : 170 Français·es, Italien·nes, exilé·es arrivant en France et exilé·es ayant des papiers, tous·tes solidaires. La manif part sur les pistes avant de prendre la route au milieu de Montgenèvre, suivant un itinéraire courant des arrivant·es. L’opposition policière est faible : moins de 50 decks, pas déters du tout, malgré la présence du PSIG (peloton spécial d’intervention de la gendarmerie). Le barrage de flics à pied est neutralisé à la sortie du tunnel de Montgenèvre par des militant·es, tandis que le reste de la manifestation le contourne et s’ouvre la route vers Briançon. La manif’ prend ensuite les lacets de la nationale 94 (19 km de marche en tout de Clavières à la CRS) et arrive à Briançon en se grossissant de renforts. En chemin, les flics suivent en marronnant derrière, les touristes montant à la station de ski patientent gentiment… sauf quelques identitaires isolés dans la circulation, dont une voiture pleine qui se fait un peu bousculer pour n’avoir pas su fermer sa grande gueule et contenir sa haine. À l’entrée de Briançon, sur le Champ de Mars, les flics se regroupent dans un coin et laissent passer 240 oiseaux de liberté et chat·tes sauvages. L’itinéraire classique passe devant la sous-préf’, le comico et la gendarmerie où les bleus sont tout affolés et ne savent comment mettre en place leur défense. Pour aujourd’hui, la peur a changé de camp. Et une quarantaine d’exilé·es ont changé de pays.

      Après s’être fait marcher deux fois sur la gueule dans la journée, les flics l’avaient mauvaise, comme les fachos qui se font voler la vedette dans le week-end. Les uns comme les autres brûlent leur gasoil dans la soirée en rondes dans la ville, jusqu’à ce qu’un militant qui emmerdait les autorités depuis trop longtemps à Briançon se fasse serrer par six flics véners sous les yeux de la manif qui discutait à deux pas. Tout se finit bien, et les No-Borders viennent le tirer de leurs sales pattes avec une menotte à un poignet et sous les jets de lacrymo.

      Clé de Mandrin


      http://lacanardesauvage.free.fr/spip.php?article414

      Déjà signalé par @sinehebdo, mais je copie-colle ici le contenu de l’article

    • Renforts dans les Alpes françaises, théâtre d’actions anti et pro-migrants

      Le gouvernement français a condamné dimanche les actions d’extrémistes de droite et de gauche hostiles et favorables aux migrants dans les Hautes-Alpes. Des renforts de police vont être déployés.

      https://www.rts.ch/info/monde/9511668-renforts-dans-les-alpes-francaises-theatre-d-actions-anti-et-pro-migrant

      Interview de #Romain_Espino et reportage vidéo de la RTS :
      "On a décidé aujourd’hui de montrer au pouvoirs publics que, avec un petit peu de volonté et des moyens quand même relativement sommaires, il est possible de reprendre le contrôle de nos frontières et d’empêcher les clandestins de rentrer dans notre pays"
      https://www.rts.ch/play/tv/12h45/video/un-mouvement-dextreme-droite-bloque-le-col-de-lechelle-entre-la-france-et-litali

      Petit commentaire sur ce courte reportage...

      La journaliste dixit : « Le Col de l’Echelle est devenu un autre emblème d’une pression migratoire exponentielle… »

      « Pression migratoire exponentielle »… alors que les statistiques montrent une diminution nette des arrivées en Europe (laissons de côté les raisons). Et alors qu’un militant antifa qui a participé aux actions côté italien a indiqué, dans une autre vidéo déjà signalée ici :
      "tra l’altro al Colle della Scala dove non passa nessuno da parecchio tempo »
      https://www.infoaut.org/media/k2/videos/20077.mp4


      #invasion #préjugés #afflux

      Et en vue de ce que le militant antifa dit, les mots du porte-parole de Générations identitaires, Romain Espino, sonnent juste ridicules :
      "On a décidé aujourd’hui de montrer au pouvoirs publics que, avec un petit peu de volonté et des moyens quand même relativement sommaires, il est possible de reprendre le contrôle de nos frontières et d’empêcher les clandestins de rentrer dans notre pays »
      Et c’est vrai que… pendant leur action, ils ne sont rentrés en contact avec aucun migrant…
      Je pense qu’on peut utilisé le tag #crétins_abissaux

      Et elle ajoute… le passage de « clandestins » (yes) via le col de l’Echelle a « creusé un fossé entre ceux qui souhaitent les aider et ceux qui souhaitent les aider »
      --> en réalité, ce n’est pas une question de « souhaits », c’est une question de loi, c’est un droit… et la loi dit qu’il est possible de traverser les frontières, même irrégulièrement et sans documents, en vue du dépôt d’une demande d’asile !

    • Hautes-Alpes : l’Intérieur renvoie dos à dos les militants d’extrême droite et ceux solidaires des migrants

      Vous souvenez-vous de la fois où Donald Trump, le président américain, a renvoyé dos à dos des militants racistes et antiracistes à la suite d’affrontements dans la ville de Charlottesville ? L’idée a peut-être inspiré notre ministère de l’Intérieur, qui a publié dimanche soir un communiqué (à lire ici : https://twitter.com/Place_Beauvau/status/988133316145664000) dénonçant les « provocations, gesticulations et incidents qui ont marqué ce week-end dans les Hautes-Alpes ». Ce communiqué met sur le même plan les militants d’extrême droite qui ont tenté de bloquer la frontière avec l’Italie pour empêcher des migrants de passer, et ceux qui se sont opposés à cette opération, en soulignant que quand les premiers sont partis « dans le calme », les seconds ont commis « des violences ». Et il choisit, in fine, de donner raison aux premiers en annonçant des renforts policiers sur la zone afin de « s’assurer du respect absolu du contrôle des frontières ».

      http://www.liberation.fr/direct/element/hautes-alpes-linterieur-renvoie-dos-a-dos-les-militants-dextreme-droite-e

    • Communiqué de presse de M. Gérard COLLOMB, ministre d’Etat, ministre de l’Intérieur

      Gérard COLLOMB, ministre d’Etat, ministre de l’Intérieur condamne avec la plus grande fermeté l’ensemble des provocations, gesticulations et incidents qui ont marqué ce week-end dans les Hautes-Alpes et dont des groupes d’activistes d’ultra droite et d’ultra gauche sont respectivement à l’origine. Il tient à saluer l’action de la préfète qui s’est constamment assurée de l’engagement des forces de l’ordre dans l’exécution de cette mission pour prévenir les atteintes à l’#ordre_public.
      D’une part des activistes du groupuscule d’ultra droite Génération Identitaire se sont rendus au Col de l’Echelle en prétendant y « tenir la frontière ». Cette action de gesticulation, consistant à déployer des banderoles s’est tenue sous l’étroite surveillance des forces de l’ordre qui ont veillé à prévenir tout trouble à l’ordre public. Ces activistes ont quitté les lieux ce midi, dans le calme, en présence d’un important dispositif de gendarmerie.
      D’autre part, un groupe de plus d’une centaine d’activistes pro-migrants français et italiens s’est présenté ce midi au Col du Montgenèvre, en provenance d’Italie, en vue de faire franchir la frontière illégalement et en force à une trentaine de migrants. A cette occasion des violences ont été commises vis-à-vis des forces de l’ordre et un véhicule de la gendarmerie nationale a été dégradé. Ces individus ont ensuite poursuivi leur action en direction de Briançon où leur présence fait l’objet de la plus grande vigilance.
      Face à ces actions inacceptables, Gérard COLLOMB rappelle l’attachement indéfectible de l’Etat au respect absolu de l’#ordre_républicain et sa volonté de combattre ceux qui souhaitent faire échec aux contrôles des frontières comme ceux qui prétendent se substituer aux forces de l’ordre dans ces missions. En outre, il condamne avec la plus grande fermeté toutes les violences envers les forces de l’ordre chargées de faire appliquer le droit.
      En conséquence, des renforts de police et de gendarmerie importants seront mis en place dès ce soir, en provenance des départements voisins, afin de prêter leur concours, avec la retenue nécessaire, aux forces déjà en place et s’assurer du respect absolu du contrôle des frontières. Des renforts d’unités mobiles, qui seront également présents en soirée sur zone seront déployés dès demain pour assister, sous l’autorité de la préfète des Hautes Alpes, l’ensemble des services de la sécurité publique et de la gendarmerie territoriale engagés dans cette mission.
      Service de presse de Gérard COLLOMB, ministre d’Etat, ministre de l’Intérieur
      01 49 27 38 53 - sec1.pressecab@interieur.gouv.fr

      https://www.google.com/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=1&ved=2ahUKEwiCsffIytPaAhUpMewKHUoJC_

    • Les suites des événements sur le col de l’Echelle —> la manifestation de Defend Europe.
      Des suites qui touchent les citoyens solidaires.

      Vu sur twitter :

      Les 3 militants qui comparaissaient cet après-midi à #Gap pour avoir aidé une 20aine de #migrants à entrer irrégulièrement en France ce dimanche sont en détention provisoire, dans l’attente de leur jugement (ils ont demandé un renvoi). Extrait du communiqué du procureur de Gap :

      https://twitter.com/mathildemathieu/status/988819970669858823

    • Répression à la frontière franco-italienne : deux genevois en préventive

      Deux camarades genevois ont été interpellés et mis en #détention_préventive à Gap en France et sont accusés d’ « aide à l’entrée d’étrangers en situation irrégulière sur le territoire national et en bande organisée ». Une troisième personne est détenue à Marseille pour le même chef d’accusation.

      Les trois personnes ont été arrêtées suite à une manifestation qui a eu lieu entre Montgenèvre et Briançon et qui avait pour but de répondre à l’action des fascistes de Génération Identitaire, qui avaient déjà fait parler d’eux quand ils avaient affrété le bateau C-Star pour empêcher le sauvetage des personnes en exil en Méditerranée. La contre-manifestation a réuni 170 personnes - exilé.e.s et solidaires - afin de passer la frontière pour rejoindre Briançon.

      Après plus de 24h de #garde-à-vue, les deux camarades ont été mis en détention préventive à la maison d’arrêt de Gap en attente de la première audience de leur procès, qui se tiendra le 31 mai au Tribunal de Gap. La situation est semblable pour la personne détenue à Marseille.

      La répression qui répond à cette manifestation de solidarité avec les personnes en exil est totalement démesurée et fait froid dans le dos. Le gouvernement français, après avoir réitéré son intention de fermer ses frontières en augmentant son dispositif policier et militaire, tente de montrer l’exemple en sortant son arsenal judiciaire dont personne n’est dupe. La réponse politique qu’apporte le gouvernement Macron aux actes de solidarité révèle très clairement la tournure autoritaire de l’Etat français.

      Les personnes qui tentent de franchir la frontière depuis des mois dans les Hautes-Alpes, subissent quotidiennement le contrôle et la répression de la police française. La tentative de s’organiser collectivement contre ce dispositif répressif fait peur à l’Etat, qui voit bien son pouvoir être attaqué de toute part.

      Nous sommes conscient.e.s que la peine que nos camarades pourraient encourir n’est pas négligeable, c’est pourquoi nous appelons à la solidarité internationale, pour elleux et toutes celleux qui subissent la répression !


      https://renverse.co/Repression-a-la-frontiere-franco-italienne-deux-genevois-en-preventive-1507

    • Dans les Alpes, la solidarité avec les migrants l’a emporté sur la xénophobie

      Samedi 21 avril, en plein débat parlementaire sur le projet de loi Asile et Immigration, le groupe d’extrême droite Génération identitaire a mené une action anti-migrants au col de l’Echelle, dans les Hautes-Alpes. Dimanche, militants italiens et français ont franchi la frontière au col de Montgenèvre pour mettre à l’abri une quarantaine de migrants à Briançon.

      Les fachos escortés par la police :

      Puis le gradé des gendarmes assure « entre guillemets, une sorte d’escorte » pour raccompagner les militants d’extrême droite en dehors du département, « en évitant toute confrontation » avec les militants anti-fascistes qui se rassemblent sur le versant italien du col de Montgenèvre. « Éviter tout trouble à l’ordre public et garantir le respect du droit » a été le leitmotiv de la préfecture des Hautes-Alpes tout le week-end. Écoutez sur ce point Jean-Bernard Iché, le Sous-préfet de Briançon.

      La contre-manifestation est aussi « escortée » par les flics, mais d’une toute autre manière :

      Après des heures de marche sous la surveillance des forces de gendarmerie, les manifestants parviennent à rejoindre Le Refuge, lieu de premier accueil à Briançon, aux cris de « Liberta, liberta ». Soulagement pour les migrants. Mattias, qui vient du Cameroun, se dit « fier d’avoir échappé à beaucoup de choses », sur tout son parcours de migration. Alex, originaire du Sénégal, n’a pas trouvé de « solution d’asile en Italie ». Il espère que ce sera le cas en France. Briançon, dont 2 % des habitants seraient des « aidants », ce qui représente 250 personnes au quotidien, offre un nouveau départ. « Nous n’avons abandonné nos montagnes ni aux fascistes, ni à la police », se réjouit Agnès, militante de Tous Migrants. « Ensemble, Italiens et Français, nous rappelons que l’esprit montagnard n’a pas de frontière », poursuit-elle. « Ils voulaient fermer la frontière. Nous, on va l’ouvrir », dit Lisa qui s’investit dans le squat Chez Marcel. Ce dimanche, comme beaucoup d’autres avant eux et beaucoup qui suivront, 40 exilés sont placés sous la protection des citoyens de Briançon.

      https://reporterre.net/Dans-les-Alpes-la-solidarite-avec-les-migrants-l-a-emporte-sur-la-xenoph

      Je copie-colle ici une référence à la #montagne :

      « Nous n’avons abandonné nos montagnes ni aux fascistes, ni à la police », se réjouit Agnès, militante de Tous Migrants. « Ensemble, Italiens et Français, nous rappelons que l’esprit montagnard n’a pas de frontière », poursuit-elle.

    • #Col_de_Montgenèvre : trois militants devant la justice pour avoir aidé des migrants à passer la frontière

      Par François Carrel, Grenoble, de notre correspondant — 25 avril 2018 à 18:46

      En réponse à la manifestation antimigrants de Génération identitaire ce week-end dans les Hautes-Alpes, des militants engagés dans le soutien aux réfugiés avaient décidé d’aider des migrants à entrer sur le territoire français dans le même périmètre. Trois d’entre eux seront bientôt jugés à Gap.
      Le sinistre happening de militants d’extrême droite, ce week-end au col de l’Echelle (Hautes-Alpes), itinéraire de passage de la frontière franco-italienne pour les migrants, avait provoqué une #contre-manifestation de militants engagés dans le soutien aux migrants. Partis d’Italie dimanche à la mi-journée, une centaine de militants avait passé en groupe la frontière gardée par la police sur le col voisin de Montgenèvre. Avec eux, une vingtaine de réfugiés qui ont pu sous leur protection contourner les forces de l’ordre et gagner Briançon en fin d’après-midi.

      Le soir même, la police interpellait six militants à Briançon. Si trois Italiens ont été remis en liberté à l’issue de leur garde à vue, trois autres militants, un Belgo-Suisse âgé de 23 ans, un Suisse de 26 ans et une étudiante italienne de 26 ans, ont été présentés mardi en comparution immédiate devant le tribunal correctionnel de Gap (Hautes-Alpes) pour ce « passage en force de la frontière », selon les mots du procureur de la République de Gap, Raphaël Balland. Le chef d’accusation : « avoir facilité ou tenté de faciliter l’entrée irrégulière en France de plus d’une vingtaine d’étrangers, avec cette circonstance que les faits ont été commis en #bande_organisée ». La peine maximale qu’ils encourent est de dix ans d’emprisonnement, 750 000 euros d’amende et l’interdiction du territoire français.

      Placés en #détention_provisoire

      Les trois manifestants ont obtenu le renvoi de l’examen du dossier et du jugement au 31 mai, « pour préparer leur défense et en raison du contexte extrêmement tendu », explique Yassine Djermoune, avocat de Théo, le jeune Belgo-suisse. Tous trois ont en revanche été placés en détention provisoire dans l’attente de leur jugement « en raison de l’insuffisance des garanties de représentation et pour prévenir toute réitération des faits », précise Raphaël Balland. Décision « incompréhensible » pour Yassine Djermoune : « Ce sont des personnes insérées socialement dans leurs pays et qui n’ont jamais eu affaire à la justice. » Les avocats ont fait appel de la mise en détention provisoire et vont déposer une demande de mise en liberté.

      Le procureur a en outre précisé, concernant la manifestation des identitaires au col de l’Echelle, qu’« aucune plainte, ni aucun fait susceptible de qualifications délictuelles » n’avait été porté à sa connaissance.

      http://www.liberation.fr/france/2018/04/25/col-de-montgenevre-trois-militants-devant-la-justice-pour-avoir-aide-des-

    • Deux Suisses détenus en France après une manifestation pro-migrants

      Le Tribunal de Gap a prononcé la détention provisoire de manifestants ayant favorisé l’entrée illégale de migrants à la frontière franco-italienne
      Deux jeunes Suisses, ainsi qu’une ressortissante italienne, ont été placés en détention provisoire par le Tribunal correctionnel de Gap (Hautes-Alpes), mardi, en raison de leur participation dimanche à une manifestation d’aide aux migrants à la frontière franco-italienne.

      Partie du village italien de Clavière, cette action a rassemblé 160 personnes, en majorité des Italiens et des Français. « La manifestation a permis l’entrée en France de 30 à 40 migrants, bloqués à la frontière depuis plusieurs jours », explique Benoît Ducos, de l’association Tous Migrants. C’est la première fois en France que des « délinquants solidaires » vont en prison. »

      Sans violence, les manifestants ont entouré les migrants pour les protéger des forces de l’ordre, ajoute ce militant. Ils ont franchi la frontière en marchant sur les pistes de ski de Montgenèvre encore enneigées. Puis, sur la route, ils ont passé un cordon d’une vingtaine de gendarmes, dans une grande bousculade, avant de poursuivre jusqu’à Briançon. C’est dans la soirée que les trois jeunes gens ont été arrêtés.
      Jusqu’à 10 ans de prison

      Poursuivis pour « aide à l’entrée d’étrangers en situation irrégulière sur le territoire national et en bande organisée », les trois prévenus sont en attente de leur procès, qui se tiendra le 31 mai. Ils encourent jusqu’à 10 ans de prison et 750 000 euros d’amende avec une interdiction du territoire français. Présentés en comparution immédiate, ils ont demandé le report de l’audience. Le parquet a alors requis la détention provisoire, « en raison de l’insuffisance des garanties de représentation et pour prévenir toute réitération des faits ».

      Des éléments que conteste leur avocat, Me Yassine Djermoune. « Nous avons versé au dossier des attestations d’hébergement le temps de la procédure. La réitération des faits n’est pas fondée, mes clients n’ayant jamais été condamnés. » Les deux citoyens helvètes sont amis, domiciliés en Suisse, et l’un d’entre eux a une promesse d’embauche comme maître-nageur à Genève pour la saison estivale. « De passage à Clavière, ils ont rencontré les migrants au lieu d’accueil », poursuit l’avocat, qui se dit choqué par la mesure de détention provisoire. Contacté, le Département fédéral des affaires étrangères (DFAE) n’a pas souhaité s’exprimer sur cette affaire.
      Une contre-manifestation

      Le week-end dernier était tendu dans les Hautes-Alpes. Samedi, des militants d’extrême droite, venus de toute l’Europe, se sont installés au col de l’Echelle pour une action anti-migrants. La manifestation de soutien à ceux-ci s’est faite en réaction. Le ministre de l’Intérieur, Gérard Collomb, a annoncé le renforcement des forces de l’ordre et du contrôle de la frontière. Ce mercredi, les identitaires poursuivaient leur opération au col du Montgenèvre.

      https://www.letemps.ch/suisse/deux-suisses-detenus-france-apres-une-manifestation-promigrants

    • Réaction aux incidents et tensions à la frontière franco-italienne
      –-> Communiqué de presse de la municipalité de Briançon
      Briançon, le 23 avril 2018

      La municipalité tient à condamner avec la plus grande fermeté les incidents qui se sont déroulés ce week-end à la frontière franco-italienne et dans le Briançonnais et appelle à l’apaisement des tensions autour de la question migratoire au niveau du territoire.

      Nous invitons les associations, les bénévoles et toutes les personnes impliquées dans l’accueil d’urgence des exilés à ne pas répondre par la surenchère aux provocations des identitaires. Ni à la polémique nauséabonde alimentée par certains responsables politiques qui ne font que mettre de l’huile sur le feu. Les victimes des tensions exacerbées seraient une nouvelle fois les migrants.

      La municipalité rappelle que face à ce drame humanitaire elle a toujours tenu une position humaniste et responsable afin d’éviter que la situation ne devienne incontrôlable.

      Contrairement aux affirmations graves portées par les auteurs de la pétition « Voulez-vous d’un mini-Calais à Briançon ? », il n’y a jamais eu dans notre commune de campements, de dégradations ou d’incidents liés à la présence de migrants. Il faut veiller à ne pas créer d’amalgame laissant penser que les exilés accueillis temporairement à Briançon - et qui ne souhaitent pas y rester - seraient à l’origine de problèmes d’insécurité. Ces allégations infondées risquent d’entraîner le rejet de la part d’une partie des Briançonnais et de renforcer les attaques racistes de ceux qui professent la haine des étrangers.

      Si l’élan de solidarité qui s’est organisé localement pour faire face à la crise migratoire qui s’impose à nous a permis de répondre à l’urgence dans la dignité, les élus locaux se retrouvent à gérer au quotidien une question qui ne devrait pas rentrer dans les prérogatives de la commune.

      S’agissant des accusations portées par le conseiller départemental du canton de Briançon – 1 à l’encontre de la ville de Briançon, la municipalité rappelle que l’ouverture en juillet 2017 de la maison d’accueil d’urgence « #Refuges_Solidaires » a été décidé collégialement par les vice-présidents de la Communauté de Communes du Briançonnais (CCB). A ce titre la CCB, propriétaire du bâtiment, prend en charge les frais de fonctionnement (chauffage, eau…) pour préserver la salubrité des locaux et garantir une bonne hygiène aux occupants.

      Quant à la notion « d’#appel_d’air » selon laquelle il faudrait veiller à ne pas « trop bien » accueillir les migrants afin que d’autres ne soient pas encouragés à prendre le même chemin, il ne s’agit que d’un mythe. Cette incantation finit par convaincre certains à force d’être répétée, produisant des effets déplorables. C’est ignorer que la perméabilité des passages par le sud de la France étant de plus en plus réduite, l’itinéraire des exilés s’est naturellement déplacé vers le nord. Le Briançonnais n’est devenu une route migratoire privilégiée que depuis que les contrôles se sont intensifiés à la frontière franco-italienne dans les Alpes Maritimes.

      Il convient de préciser que la mise en place d’un dispositif de contrôle garantissant l’imperméabilité des frontières est totalement impossible et illusoire en montagne où les itinéraires sont multiples. Cette politique est incompatible avec les principes propres à un régime démocratique et à une économie libérale.



      http://ville-briancon.fr/reaction_aux_incidents_et_tensions_a_la_frontiere_franco_italienne.ht

    • Au Col de l’Échelle, impunité pour les identitaires d’un côté, prison ou tabassage pour les soutiens pacifiques des migrants de l’autre... Jusqu’où iront le gouvernement, la police et la justice pour décourager la solidarité ?

      Communiqué du Collectif « Délinquants solidaires », 26 avril 2018, reçu via la mailing-list du Gisti

      Alors que des citoyen·ne·s, associations et collectifs locaux se mobilisent depuis de longs mois pour organiser l’accueil de personnes exilées sur leur territoire face aux pratiques irrégulières des forces de l’ordre, les évènements de ce week-end à Briançon montrent bien que le #délit_de_solidarité a encore de beaux jours devant lui.

      Dans le cadre d’une mise en scène médiatique au col de l’Échelle à la frontière franco-italienne, le groupe d’extrême-droite Génération Identitaire a bloqué la frontière entre le 21 et 22 avril, étalant des messages haineux en pleine montagne, barrant la route à des personnes épuisées par un trajet en montagne, les mettant ainsi potentiellement en danger, puis relayant les photographies de leurs faits d’armes sur les réseaux sociaux à grand renfort de commentaires xénophobes. Ainsi, à l’instar de ce qui s’est passé lors de l’action organisée en Méditerranée à l’été 2017 pour saborder les sauvetages de personnes migrantes, des militant⋅e⋅s d’extrême droite de plusieurs pays européens sont venues bloquer symboliquement la frontière sans que les forces de l’ordre interviennent ou que les autorités condamnent clairement cette action, se bornant à évoquer des « gesticulations ».

      Le dimanche 22 avril, une manifestation pacifique composée de plus de 150 personnes exilées et de leurs soutiens est partie de Clavière en Italie pour rejoindre Briançon à pieds et ainsi protester contre la militarisation de la frontière et la non prise en charge des personnes mineures ou en demande d’asile par les autorités françaises. Les organisations locales et régionales alertent depuis 2015 sur les atteintes systématiques aux droits des personnes migrantes à la frontière franco-italienne, de Menton à Briançon sans qu’elles soient entendues par les responsables politiques.

      A l’issue de cette manifestation spontanée, six personnes ont été interpellées par les forces de l’ordre. Trois ont finalement été relâchées mais trois autres sont toujours en détention provisoire, enfermées à Gap et à Marseille. Poursuivies pour « avoir par aide directe ou indirecte, facilité ou tenté de faciliter l’entrée irrégulière en France de plus d’une vingtaine d’étrangers, avec cette circonstance que les faits ont été commis en bande organisée », elles risquent selon la loi française jusqu’à 10 ans de prison assortie de 750 000 euros d’amende. Le jugement ayant été renvoyé au 31 mai 2018, ces trois personnes originaires de Suisse et d’Italie resteront donc potentiellement enfermées jusqu’à cette date.

      En marge de la manifestation, cinq participant·e·s attablé·e·s à la terrasse de l’Hôtel de la Gare à Briançon vont faire l’objet d’un contrôle d’identité. Les policiers demandent à l’une des personnes de les suivre, refusant d’en donner la raison. « On va pas te le répéter deux fois » lance un policier. La personne sort son téléphone pour prévenir un avocat, les policiers le lui arrachent et la projettent au sol, lui sautent dessus. Face contre terre, coups de matraque, clef de bras, coup de genoux, pouces enfoncés dans les yeux, étranglement, la personne est finalement traînée par les pieds dans les escaliers, toujours face contre terre, puis jetée sur le goudron deux mètres plus loin. Alertés par les cris, des gens arrivent, les policiers gazent tout le monde, y compris la personne gisant au sol, visage tuméfié, en sang, la mâchoire gonflée, respirant difficilement et aveuglée par les gaz lacrymogènes. Souffrant de multiples contusions, d’un énorme hématome à la mâchoire, d’une entorse aux cervicales, et de douleur au niveau de la trachée, cette victime de la #violence_policière est amenée aux urgences. Résultat : 10 jours d’interdiction totale de travail.

      Il est inadmissible que ces personnes soient actuellement privées de liberté ou violentées alors qu’elles ont été interpellées dans le cadre d’une manifestation pacifique. En outre, ces militant·e·s de la solidarité ont participé à de nombreuses opérations de sauvetage en montagne, se rendant juste « coupables » d’assistance à personne en danger. Un cas de plus de dissuasion de la solidarité.

      Le collectif Délinquants solidaires s’inquiète du peu de cas qui est fait par les pouvoirs publics de l’expression sans complexes d’une xénophobie et du blocage des frontières par des militant·e·s d’extrême-droite, qui a pour conséquences immédiates la mise en danger des personnes migrantes parmi lesquels des mineur·e·s, ainsi que le déni pur et simple du droit d’asile, qui est encore une obligation conventionnelle de la France.

      Le collectif Délinquants solidaires condamne fermement la détention de soutiens des exilé⋅e⋅s et appelle à leur libération immédiate. Par ailleurs, il répète que la solidarité et l’accueil sur nos territoires manifestés par des milliers de citoyens et citoyennes doivent être encouragés au lieu d’être systématiquement dénigrés ou réprimés. Si les député·e·s ont raté l’occasion d’abroger le délit de solidarité, nous restons mobilisé·e·s et solidaires des personnes exilées pour réclamer un accès aux droits effectifs pour toutes et tous et le droit de s’organiser collectivement.

    • Genevois incarcérés pour délit de solidarité à Gap : la gauche du canton demande leur libération

      Depuis lundi, deux Genevois sont en détention préventive à Gap, accusés “d’aide à l’entrée d’étrangers en situation irrégulière sur le territoire national ”. Ces interpellations se sont produites lors d’une manifestation conjointe de migrants et de personnes solidaires de la cause. 

      Celle-ci faisait suite à la provocation du mouvement d’extrême droite “Génération Identitaire” qui a bloqué la frontière franco-italienne. « Cette procédure ultra-répressive est révoltante » dénoncent syndicats et partis de gauche genevois ce jeudi. « Les accusés ne présentent aucun danger pour la société.

      Il s’agit donc d’un acte de zèle parfaitement déplacé de la justice française, qui criminalise les actions de solidarité et la lutte pour le respect des droits des migrants ». Et de demander « l’abandon des procédures à l’encontre des militants et, à défaut, leur mise en liberté immédiate jusqu’à la date de l’audience » prévue le 31 mai.

      https://www.ledauphine.com/hautes-alpes/2018/04/26/genevois-incarceres-pour-delit-de-solidarite-a-gap-la-gauche-du-canton-d

    • Vidéo : ce qu’il s’est passé ce week-end aux cols de l’Échelle et de Montgenèvre

      Week-end agité au col de l’Échelle dans les Hautes-Alpes. Samedi, des militants d’extrême-droite sont montés au sommet de ce col pour « bloquer » la frontière entre la France et l’Italie. Dimanche, après leur départ, c’est une manifestation antifasciste qui a franchi la frontière en passant par les pistes de Montgenèvre. Retour en vidéo sur ces deux jours.

      https://www.ledauphine.com/hautes-alpes/2018/04/23/video-ce-qu-il-s-est-passe-ce-week-end-au-col-de-l-echelle

    • Frontière franco-italienne : « une réponse pacifique » à Génération Identitaire

      La qualification par le procureur de la République de “bande organisée” passe mal. Tout comme le fait d’avoir “facilité ou tenté de faciliter l’entrée irrégulière en France d’une vingtaine d’étrangers”. Maraudeur et ancien pisteur-secouriste, Benoit Ducos a souhaité revenir sur le déroulé de la manifestation de dimanche dernier, partie de Claviere en Italie, pour se rendre à Briançon, en réaction à l’action du mouvement d’ultra-droite Génération identitaire (GI), la veille.
      Manifestation qui s’est conclue par six interpellations et trois personnes – une Italienne et deux Suisses – jugées en comparution immédiate, ce mardi à Gap.

      « Une réponse pacifique » à Génération identitaire

      « Après l’action de Génération identitaire samedi matin, on a décidé de se réunir au Refuge solidaire [à Briançon] dans l’après-midi, raconte Benoit Ducos. On était choqués par le deux poids, deux mesures : au col de l’Échelle, ces gens qui prônent la haine raciale ont pu s’installer sans la moindre réaction des forces de l’ordre, alors que nous, au moindre truc, on nous envoie les CRS. » Les bénévoles du Refuge solidaire, de chez Marcel et de Chez Jesus (de Claviere), veulent mettre en place « une réponse pacifique » à l’installation des GI. « La première décision a déjà été de ne pas se rendre au col de l’Échelle : pour ça, il a fallu faire de la pédagogie », assure Benoit Ducos. Un premier appel samedi soir sur les réseaux sociaux par des militants italiens envisageait en effet cette option.

      « Mais comme le dimanche, une journée de conférence était déjà prévue à Claviere sur le thème des exilés, l’envie de faire une marche a fait son chemin, poursuit le maraudeur de Briançon. C’était une manifestation spontanée, où de nombreuses personnes ne se connaissaient même pas : on est très loin de la bande organisée, au contraire de ceux du col de l’Échelle ! » Quant à la présence de migrants au sein du cortège et leur passage, avec lui, en France, Benoit Ducos insiste : « Le dimanche matin, ce sont les exilés qui ont souhaité participer à la marche avec nous. C’étaient des marcheurs parmi les marcheurs, et eux aussi étaient là pour défendre les droits fondamentaux des êtres humains. » Les participants de la marche se défendent d’avoir voulu leur « faire passer la frontière » à la vingtaine de migrants : « D’ailleurs, on était tous persuadés qu’on ne la passerait pas ! »

      https://www.ledauphine.com/faits-divers/2018/04/25/on-est-loin-de-la-bande-organisee

    • Les deux Suisses, interpellés pour avoir aidé des migrants, transférés aux Baumettes

      Trois personnes avaient été interpellées lors de la manifestation antifascites de dimanche à Montgenèvre et jugées en comparution immédiate pour avoir « facilité ou tenté de faciliter l’entrée irrégulière en France d’une vingtaine d’étrangers en bande organisée ». Elles ont été placées en détention provisoire mardi dans l’attente de leur audience qui se tiendra fin mai. Une première mobilisation a eu lieu ce matin au parc de la Schappe à Briançon pour les soutenir. Une seconde était prévue ce vendredi, devant la maison d’arrêt de Gap où les deux Suisses sont incarcérés, à 18 heures (la troisième, une Italienne a été placée aux Baumettes à Marseille).

      « Ayant été informée de l’organisation imminente d’une manifestation de soutien à ces deux détenus, l’administration pénitentiaire a transféré ce jour ces deux détenus au centre pénitentiaire des Baumettes à Marseille, pour des raisons de sécurité, compte tenu des incidents graves déjà subis par cette maison d’arrêt lors de la manifestation pro migrants du 21 avril dernier », a révélé le Parquet de Gap ce jeudi. Lors du « carnaval contre les frontières » organisé samedi dernier à Gap la maison d’arrêt avait subi des dégradations et un surveillant pénitentiaire avait été blessé.


      https://www.ledauphine.com/hautes-alpes/2018/04/26/manifestation-de-soutien-les-deux-suisses-transferes-aux-baumettes-fait-

    • Briançon, leçons de solidarité

      La route des Alpes empruntée par les migrants est particulièrement dangereuse. Pour pallier les rigueurs de l’hiver comme les défaillances des pouvoirs publics, un important réseau de solidarité s’est mobilisé dans le Briançonnais. Mais au retour des beaux jours, les bonnes volontés ne suffisent plus.

      https://www.mediapart.fr/studio/portfolios/briancon-lecons-de-solidarite/commentaires

    • Dans les Hautes Alpes, l’Etat préfère le bruit des bottes aux chants de solidarité...

      Retour sur un week-end sous Très Haute Tension dans la #vallée_de_la_Durance. Voici une compilation de différents textes... d’autres seront à venir.

      Les fascistes et l’ Etat ont un ennemi commun : les gens solidaires, et ce week end, en bande organisée ( nazis et cols blancs ) ont tenté d’ imposer leur vision nauséabonde d’un monde où les droits humains sont bafoués , piétinés , d’un monde où fascisme et grand capital ne font qu’un.
      Les solidarités se sont organisées à la frontière avec plusieurs dizaines d’exilés bloqués là-haut depuis plusieurs jours. En effet, une présence massive de militaires depuis une semaine à la frontière, Famas en bandoulière, ont raflé toutes les nuits les exilés qui tentaient de traverser la ligne imaginaire dans la neige. Ligne qui d’ailleurs n’a d’autre utilité que de délimiter un point à partir duquel on change la couleur des panneaux de signalisation.
      C’est alors que dimanche 22 avril, un #cortège s’est formé de Clavière (Italie) à Briançon (France), français, italiens, africains, asiatiques, papiers, sans-papiers ont marché... a alors soufflé un vent de liberté dans nos montagnes, sous un ciel bleu azur.
      Face à cette France de la matraque, nous nous sommes organisés et avons piétiné à notre tour, pendant quelques heures, leur projet politique mortifère. De la Zad de Notre Dame des Landes, en passant par les cheminots, par les facs et les Alpes, une bande réprime de manière systématique toute pensée, toute alternative, tout projet de société basé sur la solidarité, le partage des richesses.
      Sur une chose alors oui, nous sommes toutes et tous d’accords, il s’agit bien d’une bande organisée qui mène une guerre idéologique dans une France prête à basculer : Collomb Macron Philippe, les ultras c’est vous !

      ******

      Les 3 camarades ont été placé en détention provisoire en attendant leur jugement le 31 mai. Stupéfaction...

      Hier, dimanche 22 avril, 300 personnes sont parties depuis Clavière, pour traverser la frontière. Après une matinée de discussions et de rencontres sur le thème « Alpes, frontières et résistances » et un repas partagé devant le Refuge Autogeré Chez Jésus, nous nous sommes organisé·es, exilé·es et solidaires, contre toutes les frontières.

      Nous avons marché ensemble et uni·es, et nous avons bloqué la route qui va de Clavière jusqu’à Briançon. Ceci pour donner un signal clair aux fascistes et à la police, et en réponse à la militarisation qui s’est accrue et a complètement bloqué la frontière ces derniers jours. Il s’agissait bien d’une chasse à l’homme, nocturne et diurne. La traversée de la frontière était aussi une réponse à la manifestation des néo-fascistes de Génération identitaire au col de l’Échelle.

      https://rebellyon.info/Dans-les-Hautes-Alpes-l-Etat-prefere-le-19080

    • Col de l’Échelle : impunité d’un côté, tabassage de l’autre. Jusqu’où iront-ils pour décourager la solidarité ?

      Alors que des citoyen·ne·s, associations et collectifs locaux se mobilisent depuis de longs mois pour organiser l’accueil de personnes exilées sur leur territoire face aux pratiques irrégulières des forces de l’ordre, les évènements de ce week-end à Briançon montrent bien que le délit de solidarité a encore de beaux jours devant lui.

      Dans le cadre d’une mise en scène médiatique au col de l’Échelle à la frontière franco-italienne, le groupe d’extrême-droite Génération Identitaire a bloqué la frontière entre le 21 et 22 avril, étalant des messages haineux en pleine montagne, barrant la route à des personnes épuisées par un trajet en montagne, les mettant ainsi potentiellement en danger, puis relayant les photographies de leurs faits d’armes sur les réseaux sociaux à grand renfort de commentaires xénophobes. Ainsi, à l’instar de ce qui s’est passé lors de l’action organisée en Méditerranée à l’été 2017 pour saborder les sauvetages de personnes migrantes, des militant⋅e⋅s d’extrême droite de plusieurs pays européens sont venues bloquer symboliquement la frontière sans que les forces de l’ordre interviennent ou que les autorités condamnent clairement cette action, se bornant à évoquer des « gesticulations ».

      Le dimanche 22 avril, une manifestation pacifique composée de plus de 150 personnes exilées et de leurs soutiens est partie de Clavière en Italie pour rejoindre Briançon à pieds et ainsi protester contre la militarisation de la frontière et la non prise en charge des personnes mineures ou en demande d’asile par les autorités françaises. Les organisations locales et régionales alertent depuis 2015 sur les atteintes systématiques aux droits des personnes migrantes à la frontière franco-italienne, de Menton à Briançon sans qu’elles soient entendues par les responsables politiques.

      A l’issue de cette manifestation spontanée, six personnes ont été interpellées par les forces de l’ordre. Trois ont finalement été relâchées mais trois autres sont toujours en détention provisoire, enfermées à Gap et à Marseille. Poursuivies pour « avoir par aide directe ou indirecte, facilité ou tenté de faciliter l’entrée irrégulière en France de plus d’une vingtaine d’étrangers, avec cette circonstance que les faits ont été commis en bande organisée », elles risquent selon la loi française jusqu’à 10 ans de prison assortie de 750 000 euros d’amende. Le jugement ayant été renvoyé au 31 mai 2018, ces trois personnes originaires de Suisse et d’Italie resteront donc potentiellement enfermées jusqu’à cette date.

      En marge de la manifestation, cinq participant·e·s attablé·e·s à la terrasse de l’Hôtel de la Gare à Briançon vont faire l’objet d’un contrôle d’identité. Les policiers demandent à l’une des personnes de les suivre, refusant d’en donner la raison. « On va pas te le répéter deux fois » lance un policier. La personne sort son téléphone pour prévenir un avocat, les policiers le lui arrachent et la projettent au sol, lui sautent dessus. Face contre terre, coups de matraque, clef de bras, coup de genoux, pouces enfoncés dans les yeux, étranglement, la personne est finalement traînée par les pieds dans les escaliers, toujours face contre terre, puis jetée sur le goudron deux mètres plus loin. Alertés par les cris, des gens arrivent, les policiers gazent tout le monde, y compris la personne gisant au sol, visage tuméfié, en sang, la mâchoire gonflée, respirant difficilement et aveuglée par les gaz lacrymogènes. Souffrant de multiples contusions, d’un énorme hématome à la mâchoire, d’une entorse aux cervicales, et de douleur au niveau de la trachée, cette victime de la violence policière est amenée aux urgences. Résultat : 10 jours d’interdiction totale de travail.

      Il est inadmissible que ces personnes soient actuellement privées de liberté ou violentées alors qu’elles ont été interpellées dans le cadre d’une manifestation pacifique. En outre, ces militant·e·s de la solidarité ont participé à de nombreuses opérations de sauvetage en montagne, se rendant juste « coupables » d’assistance à personne en danger. Un cas de plus de dissuasion de la solidarité.

      Le collectif Délinquants solidaires s’inquiète du peu de cas qui est fait par les pouvoirs publics de l’expression sans complexes d’une xénophobie et du blocage des frontières par des militant·e·s d’extrême-droite, qui a pour conséquences immédiates la mise en danger des personnes migrantes parmi lesquels des mineur·e·s, ainsi que le déni pur et simple du droit d’asile, qui est encore une obligation conventionnelle de la France.

      Le collectif Délinquants solidaires condamne fermement la détention de soutiens des exilé⋅e⋅s et appelle à leur libération immédiate. Par ailleurs, il répète que la solidarité et l’accueil sur nos territoires manifestés par des milliers de citoyens et citoyennes doivent être encouragés au lieu d’être systématiquement dénigrés ou réprimés. Si les député·e·s ont raté l’occasion d’abroger le délit de solidarité, nous restons mobilisé·e·s et solidaires des personnes exilées pour réclamer un accès aux droits effectifs pour toutes et tous et le droit de s’organiser collectivement.

      http://www.delinquantssolidaires.org/item/col-de-lechelle-impunite-identitaires-dun-cote-prison-tabassa

    • Communiqué de presse de Tous Migrants

      COMMUNIQUE DE PRESSE – LUNDI 23 AVRIL 2018

      Le droit d’asile en danger
      Contre la loi asile et immigration, contre la militarisation de la frontière, résistons à bras ouverts.

      Depuis des mois le mouvement citoyen Tous Migrants, avec les associations, les collectivités, les citoyens mobilisés dans le Briançonnais tentent d’alerter l’Etat et de demander de l’aide pour faire face dignement aux arrivées de migrants, pour que soient respectés les droits fondamentaux.

      L’Etat n’a pas répondu à nos sollicitations répétées.

      Ce week-end, après une opération médiatique du groupuscule Génération Identitaire qui a suscité l’indignation de nombreux citoyens ainsi qu’une marche de solidarité avec des demandeurs d’asile de l’Italie à Briançon, la réponse du Ministre de l’Intérieur ne s’est pas fait attendre. Dès dimanche soir, des renforts policiers ont été annoncés et mis en place à la frontière.
      Non seulement cette manifestation haineuse en pleine montagne, par ceux qui tentent également de saborder les sauvetages en Méditerranée, a pu se dérouler sans entrave policière, mais elle atteint un de ses objectifs : faire croire qu’il suffit de militariser une frontière pour bloquer les migrations.
      Au même moment était voté en première lecture à l’Assemblée nationale le projet de loi asile et immigration. Cette loi reste essentiellement tournée vers la répression et la restriction des droits des personnes étrangères : enfermement des enfants en rétention, restriction au droit d’asile, généralisation du refoulement aux frontières...
      C’est une loi dangereuse, qui attise les peurs et les fantasmes plutôt que de prendre en compte les réalités de l’asile, des migrations et les impasses actuelles.

      Face à la haine, aux peurs, Tous migrants continuera d’encourager la solidarité et l’hospitalité. Très nombreux sont les citoyens qui partout en France et en Europe accueillent, protègent, accompagnent...

      Nous continuerons de résister à bras ouverts.

      https://www.facebook.com/tousmigrants/posts/2141213332776901

    • Communiqué RESF-Rhône, reçu via email

      Sur les évènements dans le Briançonnais.

      TROIS POTES EN PRISON

      Cela fait des mois que des personnes s’organisent depuis
      la vallée de la haute Durance jusqu’en Italie en solidarité avec les
      migrant-es et contre les frontières.

      Dimanche, suite à une rencontre-débat sur le thème des
      frontières en Italie, une marche spontanée est organisée de Clavière à
      Briançon. Elle aura pour but de permettre le passage de la frontière a
      une trentaine d’exilé-es. Elle fait aussi réaction au renforcement
      croissant du dispositif policier et militaire , et à la présence, le
      même weekend, du groupe fasciste « Génération identitaire » sur le
      territoire.

      Cette manifestation s’est déroulée sans encombre jusqu’au
      refuge solidaire. En fin d’après midi, 6 personnes ont été interpelées
      de manière arbitraire et placées en garde à vue, un camarade s’est
      fait violement tabassé et des personnes gazées. Le motif de la garde à
      vue : « aide à l’entrée d’étranger-es en situation irrégulière », avec
      comme circonstance aggravante, le délit en bande organisée.

      Trois d’entre eux-elles ont été relâché-es, et les 3
      autres se sont vus prolongé-es leur garde à vue. Ce mardi, ils-elles
      comparaissaient en comparution immédiate à Gap (l’info est venue de
      l’avocat commis d’office, il semble que tout ait été fait pour que
      personne ne soit au courant). Ils-elles ont refusé la comparution
      immédiate et demandé le report de l’audience, fixée finalement au 31
      mai. D’ici l’audience, le tribunal a décidé de les placer en détention
      préventive.

      Nous étions une trentaine à assister à l’audience sous
      haute surveillance : 8 camions de crs devant le tribunal, PSIG et
      police dans la salle. L’entrée au tribunal était conditionnée à la
      présentation et la photocopie d’une pièce d’identité.

      Dans la mesure où la comparution immédiate a été refusée,
      le tribunal devait statuer sur le devenir des 3 personnes en attendant
      l’audience.

      Le procureur basait son réquisitoire sur le contexte
      politique local. Il a en effet tenté de faire porter aux prévenu-es
      tous les événements du week end (citant le texte du carnaval sauvage
      contre les frontières, un communiqué de tous migrants, et bien sûr la
      marche de dimanche). Le carnaval de gap n’a rien à voir avec la marche
      de dimanche, et si l’objectif est de juger les participant-es à ces
      événements, alors pourquoi ne sommes nous pas 600 en prison ???? Il a
      ensuite fait part de sa crainte d’une réitération des actes tant que
      les personnes ne sont pas jugées. Il serait préférable d’incarcérer
      les potes plutôt que de leur laisser la possiblité de commettre de
      nouveaux délits … de solidarité. N’étant pas sûr de lui, le proc
      requiert la détention préventive mais ouvre la porte à un simple
      contrôle judicaire pour s’assurer que les prévenu-es ne se
      volatilisent pas.

      Face à ce réquisitoire hasardeux, les avocat-es
      fournissent divers documents : promesse d’embauche pour l’un,
      attestations d’inscription en fac pour les autres, contrats de
      location et même attestations d’hebergement en france en attendant
      l’audience. Ce qui constitue des garanties de représentations
      suffisantes. Les avocat-es mentionnent ne jamais avoir eu des dossiers
      aussi complets pour une comparution immédiate.

      Avant la délibération, une sorte de sérénité était
      palpable dans la salle. Mais quelques minutes plus tard le délibéré
      est rendu : mandat de dépôt et détention préventive. A gap pour les
      copains (le proc aura même l’indecence de signaler au juge que la
      prison est déjà pleine à craquer) et à marseille pour la copine. Nous
      sommes sous le choc.

      Désormais les choses sont claires, tu peux faire de la
      prison pour avoir participé à une manifestation ayant permis à une
      trentaine de personnes de traverser la frontière.

      Un cap est clairement franchi en matière repressive est
      c’est insupportable. Encore plus insupportable lorque l’on entend le
      proc parler des individus de génération identiaire comme pacifistes.
      Rappelons qu’ils avaient affrété un bateau l’an passé pour empêcher
      l’assistance des secouristes en mediterrannée, et que là ils
      s’improvisent police aux frontières avec de gros moyens, qu’ils ont
      saccagé une partie de la montagne,qu’ils incitent la mise en danger de
      personnes, et que l’état choisit de ne pas les poursuivre...

      Nous constatons sans surprises que police, justice et état
      veulent prendre ces 3 personnes en exemple et stopper la solidarité.
      Nous ne sommes pas dupes. Ne répondons pas aux tentatives
      d’intimidation et de division du pouvoir. Soyons tous délinquants
      solidaires ! Nous appelons à des rassemblements massifs. Plus que
      jamais nous avons besoin de soutiens physiques !

      Face à une décision si politique, la réponse doit être
      massive, politique et médiatique.
      Nos camarades sont en prisons. Pour certain-es, venu-es pour la
      première fois dans le briançonnais et sans savoir exactement dans quoi
      ils-elles mettaient les pieds. Ils-elles risquent des mois et des mois
      de prison encore, suite au jugement. D’autres arrestations,
      incarcérations, sont à prévoir ! Faisons pression sur le gouvernement
      pour qu’il comprenne qu’on ne laisse rien passer !

    • Non, la France n’est pas à l’image des « indentitaires » #crétins_des_Alpes

      Le trompe l’œil des militants identitaires

      Le périple du week-end dernier, très médiatique et à grands frais, des identitaires dans les Alpes pourrait donner une image désastreuse de la mentalité de notre pays face au malheur des migrants ! Cependant, il faut mettre ses images de quelques dizaines de militants qui n’ont, dans leur escapade, rencontré, heureusement, aucun migrant, en face de la réalité de la réaction de la population française : ces identitaires ne sont rien face à l’activité de milliers de bénévoles à travers la France qui, dans des associations ou de façon individuelle, aident et portent secours aux migrants, participent à des maraudes dans leurs villes, donnent de leur temps pour dispenser des cours de français, distribuer des repas, trouver des lieux d’accueils … les identitaires militants ne pèsent rien face aux centaines de milliers de Français qui financent chaque année par leurs dons, Médecins du Monde, MSF, France terre d’Asile, la Croix rouge, l’Odre de Malte, la Cimade, les Secours Catholiques et Populaires … Mais aussi face à tant de petites associations qui fleurissent dans des grandes villes (beaucoup dans le quart nord-est de Paris), citons par exemple Accueil Goutte d’Or, l’Île aux Langues, Solidarité Château-Rouge, La Table Ouverte… ou encore JRF-France, le service jésuite des réfugiés…Bien sûr, une grande majorité des Français est inquiète (et parfois même en colère) devant une vague migratoire dont on sait qu’elle a peu de raisons de se tarir. L’angoisse sécuritaire et même identitaire est une réalité, le vote pour l’extrême-droite en est l’illustration… Mais aucune manifestation populaire hostile de masse, quasiment aucune action violente n’est à déplorer. Pour l’instant du moins, on peut dire que la population française manifeste plus d’humanité que d’inhumanité dans cette période. Les conditions indignes dans lesquels survivent des milliers de migrants, par exemple dans le nord de Paris, près de la porte de la Villette, montrent, bien sûr, que l’effort de solidarité n’est pas encore suffisant.

      La solidarité, en tout cas, ne se manifeste pas que dans les grandes villes…

      https://www.franceinter.fr/emissions/l-edito-politique/l-edito-politique-26-avril-2018

    • Le gouvernement en renfort de Génération identitaire ?

      En envoyant des forces de police surveiller la frontière après l’opération antimigrants de la milice d’extrême droite au col de l’Échelle le 21 avril, le gouvernement laisse entendre qu’il lui donne raison.

      Gesticulations ou menace ? L’opération antimigrants lancée par le groupe d’extrême droite Génération identitaire au col de l’Échelle le 21 avril provoque des réactions qui vont de l’indifférence à la peur en passant par la stupeur. D’une part, parce qu’elle est intervenue la veille et le jour même du vote à l’Assemblée de la loi asile et immigration dans un hémicycle clairsemé où une bonne part des députés avaient préféré s’absenter plutôt que de prendre part à 61 heures de vains débats. D’autre part, parce que l’encadrement policier de l’opération est apparu bien léger en regard de celui réservé aux défenseurs des migrants qui ont escorté le lendemain une quarantaine de personnes passant la frontière.

      « Gesticulations », c’est le terme employé par le ministre de l’Intérieur pour caractériser le blocage préparé par les membres de Génération identitaire à un point de passage entre la France et l’Italie dans les Alpes, où ils entendaient « veiller à ce qu’aucun clandestin ne puisse rentrer en France ». Interpellé à l’Assemblée le soir même, Gérard Collomb a ainsi regretté que certains députés puissent « tomber dans le panneau de ces gesticulations » et faire de la publicité « à une force qui n’en est pas une ». Il a ensuite été relancé par Jean-Luc Mélenchon, leader de la France insoumise, au motif que « c’est précisément parce que ce sont des pitres un peu dérangés qu’il sont dangereux ».

      « Qu’adviendra t-il si un migrant tombe dans les mains de cette milice ?, a tweeté Stéphane Peu, député communiste de Seine-Saint-Denis. L’état de droit s’appliquerait-il dans une géométrie variable ? » « C’est bien des limites de l’État de droit qu’il est question dans cette affaire », peste Guillaume Gontard. Si le sénateur divers gauche n’irait pas jusqu’à parler de « complaisance » du gouvernement avec la milice antimigrants, il trouve « complètement fou » que Génération identitaire ait pu « faire ça »... : « Comme si on les avait "laissés faire", avec cette symbolique très forte "qui touche aux frontières"... Cette opération n’était pas improvisée... »
      Un coup de com’ ?

      C’est d’ailleurs ce qui a le plus choqué dans la réaction du ministre de l’Intérieur : qu’il fasse mine de condamner l’action de Génération identitaire tout en dépêchant des forces supplémentaires sur place. « Des renforts importants de forces de l’ordre vont être envoyés pour faire respecter le contrôle des frontières dans les Hautes-Alpes », a-t-il annoncé. Comme si les forces de l’ordre avait besoin de renfort. Comme si Génération identitaire avait raison. Le groupe ne s’y est d’ailleurs pas trompé. Il a publié un communiqué clamant « Les cinq victoires de la mission » : « 1 – Nous avons prouvé qu’il est possible de stopper les migrants si on le veut. Si 100 jeunes Français et Européens le peuvent, le gouvernement de la 5e puissance mondiale aussi. 2 – Les effectifs Police-Gendarmerie et les contrôles sont renforcés. Selon les déclarations du ministère de l’Intérieur… »

      « Coup de com’ ! », commente le sociologue Samuel Bouron pour qui Génération identitaire « fonctionne comme une agence de pub ». « Coup de com’ ! », confirme Éric Dupin, auteur de La France identitaire. Enquête sur la réaction qui vient (La Découverte). Pour le journaliste qui a infiltré Génération identitaire en 2014 et 2015, ce groupe n’est pas « ouvertement violent » : « Ce qu’il veut, c’est marquer les esprits, imprégner les consciences… D’ailleurs, ses membres n’ont stoppé personne à la frontière le week-end dernier. Tandis que les défenseurs des migrants ont réussi à faire passer des migrants… » Raison pour laquelle il dit « comprendre » que les forces de l’ordre aient été plus « actives » contre les défenseurs des migrants « qui eux, faisaient ouvertement quelque chose d’illégal ». Reste à savoir si s’autoproclamer surveillant de frontière quand on n’est pas fonctionnaire de police est légal.

      L’opération au nom sans équivoque #StopMigrantsAlpes qui a commencé le 21 avril ne serait pas terminée. Cet après-midi encore, Génération identitaire a posté une photo sur Twitter montrant trois de ses militants avec leurs blousons bleus estampillés « Defend Europe », et cette mention : « Nos patrouilles de surveillance et de renseignement continuent ! » Le 21 avril, ils étaient escortés de deux hélicoptères, un bleu et un rouge, loués par la société Heli-Max, qui ignorait la nature exacte de la mission. La compagnie, qui pratique également le sauvetage en montagne, a cru louer son matériel « pour une opération de communication ». Au moment d’embarquer, les membres de Génération identitaire auraient expliqué que Defend Europe était en lien avec l’écologie… Arrivés au col de l’Échelle en raquettes, entre 80 et 90 membres français et italiens de Génération identitaire, accompagnés de 4x4 et de drones, ont déployé une grande banderole dans la neige avec ce message : « No way, back to your homeland » (« Sans issue, retournez dans votre pays »).
      Re-militarisation de la frontière ?

      Côté défenseurs des migrants, deux personnes ont été interpellées dimanche et placées en garde à vue. Ces deux hommes, dont un ressortissant étranger, auraient participé aux débordements survenus au col de Montgenèvre. Le parquet de Gap a annoncé qu’il y avait eu « plusieurs interpellations » et placement en garde à vue pour « aide à l’entrée d’étrangers en situation irrégulière sur le territoire national et en bande organisée ».

      Sur le terrain, des défenseurs des migrants témoignent pour leur part d’une « re-militarisation de la frontière », qui aurait eu lieu toute la semaine avec un dispositif de contrôle renforcé par une vingtaine de militaires présents sur la route la nuit et des motoneiges. Le 21 au soir, des discussions auraient eu lieu pour savoir comment contrer l’action de Génération identitaire et accompagner une quarantaine d’exilés qui dormaient à Clavière. Le lendemain un cortège de plus de 150 personnes exilées et solidaires serait parti à pied de Clavière. Les manifestants étaient, semble-t-il, 170 en haut de Montgenèvre. Une militante mal informée serait passée en voiture avec trois exilés avant le cortège. Elle aurait passé huit heures en garde-à-vue où elle aurait subi des humiliations.

      Quant au cortège, il était attendu à la sortie du tunnel de Montgenèvre par un barrage de police. En sous-effectifs, les forces de l’ordre ont reculé « sans faire usage de moyens de dispersion ». Et le barrage a été contourné « sans difficulté ». Il a continué sa route vers Briançon en agrégeant des soutiens pour arriver au Refuge solidaire, joyeux, fort de près de 250 personnes. Mais le week-end a été tendu à Briançon où des forces de l’ordre arrivées auraient empêché les exilés de se déplacer. Depuis, la situation serait « critique » dans la ville où il y aurait près de 200 policiers et gendarmes. Une vingtaine de membres de Génération identitaire seraient restés sur place « pour surveiller ».

      « En marge de la manifestation, cinq participant·e·s attablé·e·s à la terrasse de l’Hôtel de la Gare à Briançon vont faire l’objet d’un contrôle d’identité, relate le collectif Délinquants solidaires dans un communiqué intitulé "Col de l’Échelle : impunité d’un côté, tabassage de l’autre". Les policiers demandent à l’une des personnes de les suivre, refusant d’en donner la raison. « On va pas te le répéter deux fois » lance un policier. La personne sort son téléphone pour prévenir un avocat, les policiers le lui arrachent et la projettent au sol, lui sautent dessus. Face contre terre, coups de matraque, clef de bras, coup de genoux, pouces enfoncés dans les yeux, étranglement, la personne est finalement traînée par les pieds dans les escaliers, toujours face contre terre, puis jetée sur le goudron deux mètres plus loin. Alertés par les cris, des gens arrivent, les policiers gazent tout le monde, y compris la personne gisant au sol, visage tuméfié, en sang, la mâchoire gonflée, respirant difficilement et aveuglée par les gaz lacrymogènes... ».

      Sur Twitter, des proches de Génération identitaire diffusent un article du code pénal disant (art. 73) : « Dans les cas de crime ou de flagrant délit puni d’une peine d’emprisonnement, toute personne a qualité pour en appréhender l’auteur et le conduire devant l’officier de police le plus proche »._ _Processus d’autojustification ?
      Provocation à la haine ?

      « Vous n’êtes pas sans savoir que l’organisation d’extrême droite Génération identitaire s’est livrée le samedi 21 avril à une opération provocatrice d’une extrême gravité à l’encontre de migrants », a écrit la Ligue des droits de l’homme le 23 avril au ministre de l’Intérieur. Cette opération, menée à six kilomètres de la frontière italienne, a pris des allures de manœuvres militaires (…) Indépendamment de sa dimension symbolique scandaleuse, la provocation de Génération identitaire aurait pu tourner au drame. »

      Si les membres de Génération identitaire, des « jeunes » avec un « turn over important », ne seraient guère plus d’un millier en France, Éric Dupin note en effet une « gradation » dans leurs actions. Ils se sont d’abord illustrés par l’occupation d’un toit d’une mosquée à Poitiers le 20 octobre 2012, ce qui leur vaut une poursuite pour provocation « à la discrimination, à la haine ou à la violence ». Puis trois ponts à Calais en mars 2016. Surtout, ils ont réussi à lever des fonds pour mener une opération antimigrants en Méditerranée qui a eu un grand retentissement médiatique l’été dernier, à l’heure où des humanitaires et ceux qu’ils secouraient se disaient l’objet de menaces croisées dont des tirs de provenance inconnue...

      Pour Éric Dupin, Génération identitaire ne cherche pas « l’affrontement », et les 30 000 euros récoltés pour l’opération au col de l’Échelle sont une somme « facile à réunir avec le soutien de quelques chefs d’entreprises ». Nul besoin de l’intervention de mystérieux donateurs ni des « consciences morales » du groupe : Eric Zemmour, Renaud Camus ou Alain Finkielkraut…

      À la suite de l’opération en Méditerranée, la dissolution de Génération identitaire a été demandée à Gérard Collomb. Le 23 avril, c’est le directeur de France Terre d’asile, Pierre Henry, qui l’a réclamée à son tour : « Ce qui se passe au col de l’Échelle est grave, la dissolution de cette milice d’extrême droite "Génération identitaire" doit être engagée ». Pour Éric Dupin, la dissolution n’apparaît « pas justifiée, sinon il faudrait interdire beaucoup de monde... » Mais entre dissoudre une milice et la raffermir, il y a un fossé.

      https://www.politis.fr/articles/2018/04/le-gouvernement-en-renfort-de-generation-identitaire-38746

    • L’appel pour la Marche de l’Hospitalité à Gap initialement prévue demain à Gap et transformé en 2 événements ce soir et demain.

      Message reçu via email de la part de Tous Migrants, le 27 avril 2018 :

      Pour le rassemblement prévu demain de 16h à 18h Esplanade de la Paix, nous vous proposons de venir non seulement avec nos slogans habituels pour le respect des droits des personnes exilées mais également avec des pancartes indiquant : « je suis #Bastien, #Eleonora, #Théo », qui sont les prénoms des 3 personnes placées en détention à la prison des Beaumettes, à Marseille.
      Vous pouvez également reprendre les slogans utilisés par le collectifs de soutiens italien et suisse que nous avons rencontré ce matin :
      « Liberté pour les 3 de Briançon » / Liberté sans Frontières : Solidarité sans Frontières
      D’autres slogans peuvent aussi valoriser l’action des bénévoles, par ex « j’accueille » , « je loge » , « je nourris » , « j’enseigne » , "je lave", "je cuisine", « j’invite", « je prends en stop », « marraine », « parrain », « élu solidaire », « avocat solidaire », « journaliste solidaire »... décrivant ce qui est pour chacun sa/ses solidarité.

      Merci également à toutes et à tous de contribuer au calme, à la dignité et à la fraternité au cours de cette nouvelle manifestation pacifique. C’est essentiel pour espérer la libération des personnes incarcérées, pour la cohérence de notre action, et pour gagner la bataille de l’opinion publique.

    • Trois militants « solidaires » des migrants placés en détention

      Mardi 24 avril, le tribunal de Gap a prononcé la détention provisoire de deux Suisses et d’une Italienne. Ils ont participé dimanche à la manifestation en réponse à l’action anti-migrants d’un groupe d’extrême droite. Ils sont poursuivis pour « aide à l’entrée d’étrangers en situation irrégulière et en bande organisée ». Le groupe d’extrême droite n’a pas été, quant à lui, inquiété.

      C’est la première fois qu’en France, des « délinquants solidaires », comme disent les associations d’aide aux migrants, vont en prison. Ce mardi 24 avril, le tribunal correctionnel de Gap (Hautes-Alpes) a placé Bastien et Théo, deux Suisses, et Elenora, une Italienne, en détention provisoire, à la suite de leur participation à une manifestation pro-migrants à la frontière franco-italienne.

      Partie du village italien de Clavière, à deux kilomètres de la frontière, cette manifestation du dimanche 22 avril avait rassemblé cent soixante personnes, en majorité des Italiens et des Français. Elle a permis l’entrée en France de trente à quarante migrants, « qui étaient bloqués à Clavière depuis plusieurs jours », nous dit Benoît Ducos, de l’association Tous Migrants. Elle s’était « improvisée le matin même, en réaction à la présence des Identitaires », nous explique Anne [*], une militante qui s’implique pour l’aide aux migrants dans le Briançonnais. La veille, revendiquant une centaine de participants venus de toute l’Europe, le groupe d’extrême droite Génération identitaire commençait une démonstration anti-migrants au col de l’Échelle.

      En réponse aux Identitaires, les manifestants déterminés et pacifiques entouraient les migrants pour les protéger des forces de l’ordre. Ils ont franchi la frontière en marchant sur les pistes de ski encore enneigées, le long de la route qui relie Turin à Briançon. Puis, sur la route, ils ont passé un cordon d’une vingtaine de gendarmes dans une grande bousculade, avant de continuer sur les onze kilomètres qui descendent à Briançon. Dans la soirée, alors que « la manifestation était dispersée », nous confirme Benoît Ducos, Bastien, Théo et Eleonora ont été arrêtés dans la rue, sur la base, semble-t-il, de photos prises par la police attestant de leur présence avant et après le passage de la frontière. Ils ont été placés en garde à vue. Celle-ci a été prolongée jusqu’à la comparution immédiate, tenue à Gap mardi 24 avril.

      Jusqu’à 10 ans de prison et 750.000 euros d’amende

      Les trois jeunes gens, âgés de 23 à 26 ans, sont poursuivis pour « aide à l’entrée d’étrangers en situation irrégulière sur le territoire national et en bande organisée ». Ils encourent une peine allant jusqu’à 10 ans de prison et 750.000 euros d’amende avec une interdiction de pénétrer sur le territoire français. Avec leurs avocats, ils avaient demandé le report de l’audience pour mieux préparer leur défense. Le parquet avait alors requis la détention provisoire, « en raison de l’insuffisance des garanties de représentation et pour prévenir toute réitération des faits ». La requête a été suivie par les juges.

      Pour les avocats, comme pour les personnes solidaires présentes à l’audience, la décision fait l’effet d’un « choc ». Théo et Bastien sont transférés à la maison d’arrêt de Gap. Eleonora a rejoint le quartier des femmes de la prison des Baumettes, à Marseille. Jeudi 26 avril, les deux Helvètes ont été transférés également aux Baumettes, « pour des raisons de sécurité ». Le parquet craint un rassemblement de soutien annoncé devant la maison d’arrêt de Gap ce vendredi soir. Les prévenus sont en attente de leur procès, qui se tiendra le 31 mai.

      Les éléments retenus sont contestés par Me Yassine Djermoune, l’un des avocats de la défense. « Nous avons versé au dossier des attestations d’hébergement pour le temps de la procédure. La réitération des faits n’est pas fondée. Mes clients n’ont jamais été condamnés et ils étaient seulement de passage dans la région au moment des faits. » Il espère pouvoir les faire sortir par « une remise en liberté conditionnelle ». Une décision qui pourrait intervenir sous une dizaine de jours.

      L’avocat décrit ses clients comme de jeunes étudiants et travailleurs. Au dossier de Théo, il y a une promesse d’embauche comme maître-nageur à Genève pour la saison estivale. Les deux garçons sont amis. Bastien est étudiant. « Ils étaient de passage pour voir des amis à Clavière. Ils ont rencontré les migrants au lieu d’accueil Chez Jésus », poursuit Me Djermoune. « Ils ne sont pas connus dans les réseaux de soutien des migrants des Hautes-Alpes », nous dit Anne, qui a rencontré Théo au cours de la manifestation. Quant à Eleonora, étudiante elle aussi, « elle s’était rendue à Clavière avec des amis pour une conférence-débat », expose son avocat. Chaque dimanche, Chez Jésus, organise un événement public, suivi d’un déjeuner. Les clients de Me Djermoune « ne sont pas des premiers de cordée no border », dit-il. « D’un côté, on a trois personnes solidaires qui sont en détention et de l’autre l’impunité pour l’action des Identitaires ainsi que pour l’État qui ramène des exilés illégalement à la frontière », s’insurge Benoît Ducos, de Tous Migrants.

      Le sujet va s’inviter au « rassemblement pour l’hospitalité » organisé par une vingtaine d’associations d’aide aux migrants à Gap ces vendredi 27 et samedi 28 avril. La situation est sous tension dans les Hautes-Alpes. Le renforcement des forces de l’ordre et du contrôle de la frontière annoncée dimanche soir par le ministre de l’Intérieur, Gérard Collomb, sont appliqués. Ce jeudi, les identitaires poursuivaient encore leur « opération de contrôle », cette fois-ci au col du Montgenèvre. À Genève, les partis de gauche, syndicats et organisations antiracistes dénoncent dans un communiqué, « un acte de zèle parfaitement déplacé de la justice française, qui criminalise les actions de solidarité et la lutte pour le respect des droits des migrant·e·s ». Contacté, le département fédéral suisse des Affaires étrangères n’a pas souhaité s’exprimer.


      https://reporterre.net/Trois-militants-solidaires-des-migrants-places-en-detention

    • Deux Suisses détenus en France après une manifestation pro-migrants
      Le Tribunal de Gap a prononcé la détention provisoire de manifestants ayant favorisé l’entrée illégale de migrants à la frontière franco-italienne.

      Deux jeunes Suisses, ainsi qu’une ressortissante italienne, ont été placés en détention provisoire par le Tribunal correctionnel de Gap (Hautes-Alpes), mardi, en raison de leur participation dimanche à une manifestation d’aide aux migrants à la frontière franco-italienne.

      Partie du village italien de Clavière, cette action a rassemblé 160 personnes, en majorité des Italiens et des Français. « La manifestation a permis l’entrée en France de 30 à 40 migrants, bloqués à la frontière depuis plusieurs jours », explique Benoît Ducos, de l’association Tous Migrants. C’est la première fois en France que des « délinquants solidaires » vont en prison. »

      Sans violence, les manifestants ont entouré les migrants pour les protéger des forces de l’ordre. Ils ont franchi la frontière en marchant sur les pistes de ski de Montgenèvre encore enneigées. Puis, sur la route, ils ont passé un cordon d’une vingtaine de gendarmes, dans une grande bousculade, avant de poursuivre jusqu’à Briançon. C’est dans la soirée que les trois jeunes gens ont été arrêtés.
      Jusqu’à 10 ans de prison

      Poursuivis pour « aide à l’entrée d’étrangers en situation irrégulière sur le territoire national et en bande organisée », les trois prévenus sont en attente de leur procès, qui se tiendra le 31 mai. Ils encourent jusqu’à 10 ans de prison et 750 000 euros d’amende avec une interdiction du territoire français. Présentés en comparution immédiate, ils ont demandé le report de l’audience. Le parquet a alors requis la détention provisoire, « en raison de l’insuffisance des garanties de représentation et pour prévenir toute réitération des faits ».

      https://www.letemps.ch/suisse/deux-suisses-detenus-france-apres-une-manifestation-promigrants

    • Deux Genevois transférés pour « raisons de sécurité »

      Samedi et dimanche passé, les Hautes-Alpes (F) ont été le théâtre de deux manifestations antagonistes. La première a vu les nationalistes de Génération identitaire bloquer la frontière au niveau du col de l’Echelle « pour barrer la route aux migrants ». Ce col alpin, au-dessus de Briançon, est effectivement devenu ces derniers mois un passage pour de nombreux réfugiés, emprunté même au plus fort de l’hiver.

      http://m.20min.ch/ro/news/geneve/story/21553452

    • Migrants à la frontière France - Italie : heurts entre policiers et manifestants

      Des tensions opposent des activistes d’extrême-gauche en majorité italiens et les forces de police françaises à la frontière franco-italienne au col de Montgenèvre. La manifestation a été organisée en réponse au rassemblement la veille d’une centaine de militants d’extrême-droite de Génération identitaire (GI) qui avait bloqué le col de l’Echelle, point de passage de migrants dans les Hautes-Alpes, pour « veiller à ce qu’aucun clandestin ne puisse rentrer en France ». I

      https://www.youtube.com/watch?time_continue=22&v=z6NguB2ClxU

    • Des citoyen·ne·s solidaires en prison et une milice d’extrême droite qui agit en toute liberté

      Le gouvernement franchit un pas supplémentaire dans sa politique migratoire indigne. Après avoir regardé passivement une bande bien organisée d’extrême droite bloquer illégalement une frontière internationale dimanche dernier au Col de l’Echelle, la police du ministre de l’intérieur Collomb a prétendu empêcher le passage au même endroit de migrant·e·s accompagné·e·s de citoyen·ne·s solidaires en provenance d’Italie. Leur but était de protéger les migrant·e·s d’exactions de cette bande d’extrême droite.


      https://france.attac.org/actus-et-medias/salle-de-presse/article/des-citoyen-ne-s-solidaires-en-prison-et-une-milice-d-extreme-droite-q

    • Accusés de ‘délit de solidarité’

      Proches, militants et politiques ont dénoncé vendredi la mise en détention provisoire de deux Genevois à Marseille. Le soutien s’organise pour leur libération.

      Vendredi, le Comité de soutien « Liberté pour les 3 de Briançon » a exigé, lors d’une conférence de presse, la libération de deux Genevois et d’une Italienne, emprisonnés en France. Théo, Bastien et Eleonora sont accusés d’avoir aidé, « en bande organisée », des migrants à rentrer dans l’Hexagone et sont en détention provisoire à la prison des Baumettes, à Marseille. Ils risqueraient jusqu’à dix ans d’emprisonnement et 750 000 euros d’amende.

      Familles, politiques, représentants d’associations de défense des migrants et des étudiants s’inquiètent d’une incarcération qu’ils jugent disproportionnée. L’Université de Genève est aussi préoccupée par le sort d’un de ses étudiants. Des manifestations en France et en Suisse sont attendues la semaine prochaine.

      « Je suis atterrée par ce traitement incompréhensible. Il faut dénoncer clairement cette criminalisation de la solidarité ! » La conseillère nationale Lisa Mazzone (Verts) a donné le ton du mouvement de soutien pou Théo et Bastien. Des proches de ce dernier, ainsi que des personnes solidaires, ont créé jeudi soir un comité qui s’active pour leur sortie de détention provisoire, en attendant une audience prévue le 31 mai. « Cette solidarité fait chaud au cœur et il faut maintenant que les autorités se mobilisent elles aussi », a plaidé la mère de Théo.

      A ce jour, une vingtaine de parlementaires de la gauche genevoise se sont aussi joints par pétition à la condamnation de la « répression des personnes accusées de ‘délit de solidarité’. » L’Université de Genève, où étudie Bastien, a fait savoir que le recteur avait interpellé le Consulat général de Suisse à Marseille et demandé une visite à Bastien. Contacté, le Département fédéral des affaires étrangères assure être « en contact avec les autorités compétentes » et assister les deux jeunes, « dans le cadre de la protection consulaire. »

      Deux poids, deux mesures ?

      L’arrestation de personnes solidaires des exilés choque. Pour rappel, aucune interpellation n’a suivi le blocage samedi de la frontière franco-italienne par des militants du groupe d’extrême-droite Génération Identitaire. Ces derniers protestaient contre la venue de migrants. La Municipalité de Briançon rappelait par communiqué que leur région est « devenue une route migratoire privilégiée », alors que les contrôles s’intensifiaient au sud des Alpes.

      « Le transfert de Théo et Bastien à la prison des Baumettes, connue pour détenir des criminels violents, donne l’impression qu’ils sont dangereux », déplore l’avocat et conseiller national socialiste Carlo Sommaruga. Jean, du Collectif de défense des migrants Perce-Frontières explique : « Les autorités se défaussent de leurs responsabilités et accusent de délit de solidarité. C’est en fait un déni d’humanité dont sont frappés les exilés. »

      Mobilisations à venir

      Les secrétaires de la Conférence universitaire des associations d’étudiantEs (CUAE) ont appelé à soutenir et rejoindre une manifestation qui aura lieu la semaine prochaine à Gap, où les autorités statueront sur la mise en liberté des trois incarcérés – en attendant leur audience à la fin du mois de mai. Gala, du Comité de soutien, a aussi expliqué qu’une délégation se rendra au consulat français, à la suite de la manifestation du 1er mai. Elle déposera plusieurs lettres de solidarité, dont une munie des paraphes de personnalités comme Jean Ziegler ou Rémy Pagani, maire de Genève.

      Un comité italien de soutien se met aussi en place, en solidarité avec la ressortissante italienne, également détenue aux Baumettes. Par ailleurs, un fonds de soutien a été ouvert, afin d’aider les prévenus à faire face aux frais de justice .


      https://lecourrier.ch/2018/04/27/accuses-de-delit-de-solidarite

    • Mise au point de la situation en 9 points.
      Liste de « Liberté pour les 3 de Briançon », sur FB, le 28.04.2018

      1. Théo et Bastien sont dans le nouveau bâtiment des Baumettes.
      2. ls sont au quartier des arrivants (QA), le plus protégé.
      3. Ils n’ont quasiment aucun contact avec les autres détenus.
      4. Ils restent confinés sans activités car soumises à autorisation.
      5. Ils n’ont pas encore l’autorisation de recevoir des appels de la famille.
      6. Lundi prochain une commission se réunira pour décider où ils vont aller après le QA.
      7. Audience jeudi prochain à Gap pour discuter de la demande de mise en liberté conditionnelle. Apparemment, ils ne seront pas à l’audience et resterons aux Baumettes !
      8. Bientôt plus d’infos pour Eleonora.
      9. Ils sont touchés par toutes les actions de soutien !

    • Pas de poursuites pour les Identitaires qui disent avoir remis des migrants à la police

      Des militants d’extrême droite affirmaient avoir « raccompagné » des migrants à la frontière franco-italienne dans la nuit de jeudi à vendredi dans les Hautes-Alpes : l’enquête ouverte par le parquet de Gap a été classée sans suite, faute « d’infraction constatée ».

      Depuis le week-end dernier et une première action au col de l’Échelle, au-dessus de Briançon, ces militants du mouvement « Defend Europe », lié au groupe Génération Identitaire, affirment sillonner la région pour « veiller à ce qu’aucun clandestin ne puisse rentrer en France ».

      Sur leur page Facebook, ils assurent ce vendredi dans un communiqué traduit en sept langues, vidéo à l’appui, avoir raccompagné au poste-frontière quatre clandestins, « sous la supervision d’un officier de police judiciaire ». Sur la vidéo, on aperçoit deux hommes en train d’en escorter un troisième en direction de la police.

      Voyant ces militants « revendiquer » ces faits « par voie de presse », le procureur de la République à Gap a ouvert vendredi une enquête préliminaire, révélée par « le Monde ». Mais les investigations, « notamment l’audition de migrants », n’ont permis de recueillir « aucune plainte », « ni de constater aucune infraction pénale susceptible d’être reprochée à l’encontre de quiconque », a écrit Raphaël Balland dans un communiqué vendredi soir, concluant qu’en l’état, cette enquête serait « classée sans suite ».

      Demande de dissolution

      Le magistrat n’a pas précisé les faits qui auraient pu apparaître comme délictueux, « Defend Europe » assurant de son côté avoir agi en respectant scrupuleusement la loi. Le week-end dernier, des voix à gauche s’étaient élevées contre leur action en reprochant à l’État de ne pas réagir assez fermement – certains ont réclamé depuis la dissolution de Génération Identitaire.

      Après l’action de « Defend Europe », des militants pro-migrants avaient participé à l’entrée en France de clandestins et le ministre de l’Intérieur, Gérard Collomb, a alors renvoyé dos à dos « ultra droite » et « ultra gauche » en annonçant l’envoi de renforts policiers dans les Hautes-Alpes pour « s’assurer du respect absolu du contrôle des frontières ».

      Trois des militants pro-migrants, deux Suisses et une Italienne, sont poursuivis pour leur action et détenus dans l’attente de leur jugement.

      https://www.nouvelobs.com/monde/migrants/20180427.OBS5903/pas-de-poursuites-pour-les-identitaires-qui-disent-avoir-remis-des-migran

    • A Briançon, « ne cédons pas à la peur véhiculée par l’extrême-droite »

      Au moment où l’Assemblée nationale adoptait en première lecture, ce week-end, le projet de loi sur sur l’asile et l’immigration, très contesté pour son tournant répressif, des militants d’extrême-droite investissaient la frontière franco-italienne près de Briançon pour y mener une grande opération de communication anti-migrants. Comme un symbole de la tension qui règne dans les Hautes-Alpes, où les exilés continuent d’arriver en nombre. Basta ! fait le point sur la situation sur place.

      La situation autour de l’accueil des migrants se complique un peu plus chaque jour à Briançon et dans les vallées voisines. Ce ne sont pas les événements de ce week-end – qui a vu la loi Asile et Immigration adoptée à l’Assemblée Nationale pendant qu’une milice d’extrême-droite se mettait en scène au col de l’Echelle, lieu de passage des migrants vers Briançon – qui vont aider l’ « écosystème de solidarités » à retrouver calme et sérénité pour poursuivre l’important travail d’hospitalité et de soutien mené par la population briançonnaise depuis plusieurs mois (lire à ce sujet notre précédent reportage à Briançon, ici).

      Cette mobilisation en faveur d’un accueil digne fait aujourd’hui face à trois sources de tension distinctes. La première concerne les flux de migrants traversant la frontière italienne, en constante hausse ces dernières semaines. A tel point que le « Refuge Solidaire », l’ancienne caserne réquisitionnée en juillet 2017 pour accueillir chaque jour les exilés, n’est plus en capacité de tenir un recensement précis des arrivées : « Environ 250 personnes ont été hébergées sur les quinze premiers jours d’avril », estime Alain Mouchet, l’un des bénévoles investis au Refuge – soit deux à trois fois plus que lors des mois d’hiver. La capacité d’accueil, estimée à une trentaine de places, est chaque jour allègrement dépassée. D’autres lieux ont été temporairement occupés afin d’y loger les nouveaux arrivants : la gare de Briançon il y a deux semaines, puis une ancienne école quelques jours plus tard.

      Familles avec enfants, femmes enceintes, personnes en situation de handicap

      Sur place, le niveau d’épuisement des bénévoles est manifeste. Les témoignages se font de plus en plus graves face à cette situation jugée « intenable » : « Il y a toujours plus de gens qui arrivent, dans des conditions toujours plus dantesques, mais nous avons toujours moins de moyens pour les accueillir… C’est un enfer », résume Agnès Antoine, membre du réseau Tous migrants. D’autres profils entreprennent désormais le périlleux passage de la frontière : « Nous voyons arriver de plus en plus de familles, parfois avec de jeunes enfants, parfois des femmes enceintes. Il y a aussi des gens en situation de handicap », rapporte Michel [1], qui a participé à l’ouverture d’un nouveau lieu d’accueil fin mars, nommé « Chez Jésus », une salle dans une église située à Claviere, sur la frontière franco-italienne.

      Des drames ont parfois été évités de peu, comme lorsque cette maraude en mars a permis de sauver une femme enceinte de 8 mois et demi. Ce cas de figure risque de se représenter à l’avenir : avec la fonte des neiges, le rythme des arrivées pourrait augmenter dans les prochaines semaines. « Nous sommes déjà à saturation ! Comment va-t-on faire ? » interroge Alain Mouchet.

      Un État hors-la-loi qui refuse aux migrants leurs droits fondamentaux

      Une situation dégradée dont tout le monde s’accorde à identifier le principal responsable : l’État, deuxième grande source de tension locale. « On peut gesticuler autant qu’on veut, le problème est finalement assez simple : nous avons un État hors-la-loi qui refuse aux migrants leurs droits fondamentaux ! » explique Michel Rousseau, trésorier et cofondateur de Tous Migrants. Depuis plusieurs mois, le constat est établi : rien n’est fait pour offrir la possibilité aux demandeurs d’asile d’instruire normalement leur dossier, tandis que les mineurs ne bénéficient jamais de la protection particulière qui leur est dû. Des associations italiennes accusent même la police française d’avoir falsifié l’âge de mineurs pour leur interdire de demander l’asile selon le Guardian. « L’État devrait réquisitionner des locaux décents, mettre du personnel qualifié à disposition, et organiser un premier accueil : ce n’est pas à des bénévoles épuisés de gérer de telles situation d’urgence ! » poursuit Alain Mouchet.

      Pour les organisations sur place, le gouvernement mise sur une stratégie du chaos : « Tous les moyens sont bons pour laisser pourrir la situation », explique un responsable local en contacts réguliers avec l’administration sur ces questions. Même tonalité du côté de la municipalité : « Si l’élan de solidarité qui s’est organisé localement (...) a permis de répondre à l’urgence dans la dignité, les élus locaux se retrouvent à gérer au quotidien une question qui ne devrait pas rentrer dans les prérogatives de la commune », écrit la mairie de Briançon, dirigée par Gérard Fromm (PS), dans un communiqué. « Face à ce drame humanitaire, [la mairie] a toujours tenu une position humaniste et responsable afin d’éviter que la situation ne devienne incontrôlable ».

      Opération de communication d’un groupuscule l’extrême-droite

      Votée dimanche soir à l’Assemblée nationale, la loi Asile et Immigration ne change d’ailleurs rien aux obligations de l’État en matière d’asile. « Tout mineur doit être pris en charge par le conseil départemental et tout demandeur d’asile doit pouvoir faire sa demande. Cela au moins, ce n’est pas remis en cause ! », insiste ainsi à dessein Agnès Antoine.

      C’est dans ce contexte que la mouvance d’extrême-droite, Génération identitaire, a mené une opération de communication de grande envergure, le 21 avril, sur le col de l’Echelle, où une cinquantaine de militants ont symboliquement pris « possession » de la frontière en y déployant des banderoles « No way » et en inondant les réseaux sociaux de leurs photos. « C’était une vraie démonstration de force, avec location d’hélicoptères et de 4x4 pour l’occasion. Cela nécessite de gros moyens financiers, on serait curieux de savoir d’où ils viennent… », s’interroge Alain Mouchet. Il a demandé une protection policière dès ce week-end autour du « Refuge ».

      « Deux poids, deux mesures face à une manifestation ouvertement raciste »

      Le groupuscule fascisant n’a en tout cas pas été inquiété par la police, qui l’a escorté jusqu’au col du Lautaret dimanche en début d’après-midi. Au même moment à Claviere, une contre-manifestation réunissait entre 150 et 200 personnes, Français et Italiens mélangés, qui ont rallié Briançon avec une trentaine de migrants. Avec un peu moins de considération de la part de la police française : six militants ont ainsi été placés en garde-à-vue pour « aide à l’entrée d’étrangers en situation irrégulière » [2] – autrement dit, le fameux « délit de solidarité » qui figure toujours bel et bien au menu du nouveau projet de loi. Par ailleurs, selon nos informations, une plainte serait sur le point d’être déposée à la suite de l’agression d’un militant par plusieurs policiers, à l’issue de la manifestation, devant la gare de Briançon. La victime aurait été touché aux cervicales et reçu des blessures entraînant une incapacité totale de travail (ITT) de 10 jours.

      « Il y a vraiment deux poids, deux mesures dans l’attitude des autorités, qui laissent une manifestation ouvertement raciste propager son discours de haine sous la quasi-protection des policiers », accuse Michel Rousseau, le cofondateur de Tous Migrants. « Ce qui nous surprend, c’est que cette action puisse se dérouler sans encombre dans cette zone particulièrement militarisée et surveillée dans laquelle les migrants et les personnes pacifiques qui leur viennent en aide sont pourchassés quotidiennement », dénonce de son côté le Collectif départemental contre les idées d’extrême droite Hautes Alpes.

      Le ministre de l’Intérieur Gérard Collomb s’est contenté de renvoyer dos-à-dos les « groupes d’activistes d’ultra droite et d’ultra gauche [qui] sont respectivement à l’origine [des incidents] ». Avant d’annoncer un renforcement des contrôles et de la présence policière sur place, dès le 22 avril. « Cette instrumentalisation des extrêmes au profit d’une logique répressive ne doit pas masquer le travail de fond que mènent les Briançonnais. Ne répondons pas aux manœuvres de l’État, ne cédons pas à la peur véhiculée par l’extrême-droite, mais continuons d’affirmer nos valeurs de fraternité ! », exhorte Michel Rousseau. Un message qui n’était pas encore tout à fait parvenu aux autorités : lundi, on faisait état d’un important dispositif policier dans la sous-préfecture des Hautes-Alpes.

      https://www.bastamag.net/A-Briancon-ne-cedons-pas-a-la-peur-vehiculee-par-l-extreme-droite

    • Gap : plus de 200 personnes manifestent en soutien aux jeunes migrants

      Plus de 200 personnes se sont rassemblées ce samedi après-midi devant le commissariat de Gap à l’appel du Réseau Hospitalité pour soutenir les jeunes migrants.


      https://france3-regions.francetvinfo.fr/provence-alpes-cote-d-azur/hautes-alpes/gap/gap-200-personnes-manifestent-soutien-aux-jeunes-migran

    • Migrants : dans les Hautes-Alpes, les raisons d’un « deux poids, deux mesures »

      Les militants de Génération identitaire se prévalent d’avoir « intercepté » quatre migrants vendredi dans les Hautes-Alpes. À peine ouverte, l’enquête est déjà classée. De leur côté, des participants à la marche « pro-migrants » du week-end sont en détention provisoire. Explications.

      https://www.mediapart.fr/journal/france/280418/migrants-dans-les-hautes-alpes-les-raisons-dun-deux-poids-deux-mesures

    • Briançon Solidaire

      A Briançon, dans les Hautes Alpes, les citoyens se mobilisent depuis presque deux ans pour accueillir dignement les exilés qui franchissent la frontière franco-italienne par la montagne au péril de leur vie. Ni la neige, ni le froid, ni les contrôles policiers ne les arrêtent.


      https://www.franceinter.fr/emissions/comme-un-bruit-qui-court/comme-un-bruit-qui-court-28-avril-2018

    • Cet après-midi à Gap, trois personnes sont passées en comparution immédiate pour « aide à l’entrée irrégulière sur le territoire en bande organisée« .

      Article paru le 24.04.2018

      Samedi dernier, une centaine de membres du groupe d’extrême droite « Génération Identitaire » ont bloqué la frontière au Col de l’Echelle sans être inquiétées par les forces de l’ordre qui se sont contentées d’observer. Aucun plainte n’a été déposée malgré les dégradations qu’ils ont commis (dans et autour d’un refuge d’altitude en zone protégée) et le fait qu’ils aient d’autorité interdit la libre circulation à la frontière.

      Dimanche une marche solidaire s’est spontanément organisée au départ de Clavière (Italie) pour accompagner une trentaine de migrants qui risquaient d’être pris à partie par les « identitaires » restés dans le Briançonnais (Hautes Alpes). Parvenus à Montgenève, un cordon de gendarmes barrait la route pour interdire au cortège de passer la ligne frontalière. Ce cordon quasi-symbolique a tout d’abord reculé devant les marcheurs avant d’être contourné, sans heurts, ni violence. L’ensemble des personnes, pour la plus grande part des « non-ressortissants français » est ainsi descendu ensuite jusque Briançon où les migrants ont pu être accueillis par les centres d’accueil solidaires installés en ville.

      En soirée, alors que la manifestation était dissoute, les forces de l’ordre ont mené plusieurs interpellations en ville et six personnes, parmi les quelques cent cinquante participants, ont ainsi été déférées devant le procureur de Gap. Trois ont été retenues, les trois autres n’ayant pas pu être identifiées sur des photos prises lors du passage de la frontière.

      Trois personnes donc, un suisse, une italienne et un jeune homme ayant la double nationalité suisse et belge ont comparu cet après-midi, assistés par deux avocats commis d’office. Une trentaine de citoyens solidaires ont pu assister à l’audience après avoir dû produire leurs pièces d’identité (qui ont été photocopiées…) lors du passage du sas de sécurité.

      L’audience a permis d’entendre que ces trois marcheurs solidaires avaient un casier judiciaire vierge, en France comme dans leur(s) pays d’origine, deux étaient inscrits dans des cursus universitaires avec prochainement des examens à passer, l’autre devait tout aussi prochainement être embauché (comme maître-nageur). Aucunes marques de délinquance ou d’immoralité n’ont pu leur être attribuées par le procureur qui a d’ailleurs répété plusieurs fois « qu’ils étaient fort sympathiques »…

      Compte-tenu de la lourdeur de la peine qu’ils encourraient (7 à 10 ans puisque la circonstance aggravante de « bande organisée » a été retenue par le procureur), ce dernier a demandé au tribunal de les placer sous mandat de dépôt. Si, selon lui, ces jeunes personnes devaient pouvoir assumer leur responsabilité pour avoir participé à ce qu’il considérait comme un grave délit, il considérait par contre que du fait de leurs nationalités, un simple contrôle judiciaire ne pouvait suffire à garantir qu’elles viennent se présenter lors de leur procès à venir (le 31 mai). Dans le cas où les juges ne retiendraient pas la mise en détention, il a subsidiairement proposé de prononcer ce contrôle judiciaire dont il avait dit douter de l’efficacité…

      Lors de leur plaidoirie les deux avocats ont très bien su démontrer l’inutilité d’une mise en détention, d’autant que les trois jeunes personnes étaient tout à fait d’accord pour se présenter au procès.

      Bien que cela n’ait pas été dit lors de l’audience, le fait qu’elles soient déjà représentées par des avocats n’imposait même pas qu’elles assistent physiquement à ce futur procès.

      Après délibération, les juges ont prononcé la mise en détention. L’assistance en est restée abasourdie, tout comme les avocats pour qui cela représente un précédent juridique. Aucune personne ayant participé à une marche solidaire n’avait encore jamais été mise en détention provisoire jusqu’à ce jour. Les deux avocats vont voir les recours dont ils disposent pour demander la libération de leurs clients.

      Le réseau de citoyens est en alerte.

      Tout le monde est choqué.

      En dehors d’un positionnement politique cette décision n’a aucun sens et ce positionnement n’augure rien de bon en matière de justice. En termes de « convergence » s’approcherait-on de celle des brutes ?

      Claude WEISMAN

      https://alpternatives.org/2018/04/24/tribunal-de-gap-05-un-petit-air-de-tarnac

    • Trois potes en prison

      Cela fait des mois que des personnes s’organisent depuis la vallée de la haute Durance jusqu’en Italie en solidarité avec les migrant-es et contre les frontières.

      Dimanche, suite à une rencontre-débat sur le thème des frontières en Italie, une marche spontanée est organisée de Clavière à Briançon. Elle aura pour but de permettre le passage de la frontière a une trentaine d’exilé-es. Elle fait aussi réaction au renforcement croissant du dispositif policier et militaire , et à la présence, le même weekend, du groupe fasciste « Génération identitaire » sur le territoire.

      Cette manifestation s’est déroulée sans encombre jusqu’au refuge solidaire. En fin d’après midi, 6 personnes ont été interpellées de manière arbitraire et placées en garde à vue, un camarade s’est fait violemment tabassé et des personnes gazées. Le motif de la garde à vue : « aide à l’entrée d’étranger-es en situation irrégulière », avec comme circonstance aggravante, le délit en bande organisée.

      Trois d’entre eux-elles ont été relâché-es, et les 3 autres se sont vus prolongé-es leur garde à vue. Ce mardi, ils-elles comparaissaient en comparution immédiate à Gap (l’info est venue de l’avocat commis d’office, il semble que tout ait été fait pour que personne ne soit au courant). Ils-elles ont refusé la comparution immédiate et demandé le report de l’audience, fixée finalement au 31 mai. D’ici l’audience, le tribunal a décidé de les placer en détention préventive.

      Nous étions une trentaine à assister à l’audience sous haute surveillance : 8 camions de crs devant le tribunal, PSIG et police dans la salle. L’entrée au tribunal était conditionnée à la présentation et la photocopie d’une pièce d’identité.

      Dans la mesure où la comparution immédiate a été refusée, le tribunal devait statuer sur le devenir des 3 personnes en attendant l’audience.

      Le procureur basait son réquisitoire absurde sur le contexte politique local. Il a en effet tenté de faire porter aux prévenu-es tous les événements du week end (citant le texte du carnaval sauvage contre les frontières, un communiqué de tous migrants, et bien sûr la marche de dimanche). Le carnaval de gap et la marche de dimanche sont deux événements distinct, et si l’objectif est de juger les participant-es à ces événements, alors pourquoi ne sommes nous pas 600 en prison ???? Il a ensuite fait part de sa crainte d’une réitération des actes tant que les personnes ne sont pas jugées. Il serait préférable d’incarcérer les potes plutôt que de leur laisser la possibilité de commettre de nouveaux délits … de solidarité. N’étant pas sûr de lui, le proc requiert la détention préventive mais ouvre la porte à un simple contrôle judiciaire pour s’assurer que les prévenu-es ne se volatilisent pas.

      Face à ce réquisitoire hasardeux, les avocat-es fournissent divers documents : promesse d’embauche pour l’un, attestations d’inscription en fac pour les autres, contrats de location et même attestations d’hébergement en france en attendant l’audience. Ce qui constitue des garanties de représentations suffisantes. Les avocat-es mentionnent ne jamais avoir eu des dossiers aussi complets pour une comparution immédiate.

      Avant la délibération, une sorte de sérénité était palpable dans la salle. Mais quelques minutes plus tard le délibéré est rendu : mandat de dépôt et détention préventive. A gap pour les copains (le proc aura même l’indécence de signaler au juge que la prison est déjà pleine à craquer) et à marseille pour la copine. Nous sommes sous le choc.

      Désormais les choses sont claires, tu peux faire de la prison pour avoir participé à une manifestation ayant permis à une trentaine de personnes de traverser la frontière.

      Un cap est clairement franchi en matière répressive est c’est insupportable. Encore plus insupportable lorsque l’on entend le proc parler des individus de génération identitaire comme pacifistes. Rappelons qu’ils avaient affrété un bateau l’an passé pour empêcher l’assistance des secouristes en méditerranéenne, et que là ils s’improvisent police aux frontières avec de gros moyens, qu’ils ont saccagé une partie de la montagne,qu’ils incitent la mise en danger de personnes, et que l’état choisit de ne pas les poursuivre…

      Nous constatons sans surprises que police, justice et état veulent prendre ces 3 personnes en exemple et stopper la solidarité. Nous ne sommes pas dupes. Ne répondons pas aux tentatives d’intimidation et de division du pouvoir. Soyons tous délinquants solidaires ! Nous appelons à des rassemblements massifs. Plus que jamais nous avons besoin de soutiens physiques !

      Face à une décision si politique, la réponse doit être massive, politique et médiatique.
      Nos camarades sont en prisons. Pour certain-es, venu-es pour la première fois dans le briançonnais et sans savoir exactement dans quoi ils-elles mettaient les pieds. Ils-elles risquent des mois et des mois de prison encore, suite au jugement. D’autres arrestations, incarcérations, sont à prévoir ! Faisons pression sur le gouvernement pour qu’il comprenne qu’on ne laisse rien passer !

      https://valleesenlutte.noblogs.org/post/2018/04/25/trois-potes-en-prison

    • Chasse à l’antifasciste dans Briançon

      Nos camarades Italiens et solidaires ont durement été réprimés en soirée suite à leur mobilisation contre la vermine fasciste qui s’était permise de se pavaner au col de l’Echelle pendant plus de 24H, sans que cela ne dérange ni les autorités et surtout pas Collomb qui en bon complice qu’il est, en profite dans la foulée, pour renforcer à l’avenir cette frontière.
      C’est à se demander si Collomb lui même n’a pas supervisé toute cette mise en scène dégoûtante et même piloté l’hélico.
      Par ailleurs, la police française a lancée une chasse à l’homme acharnée dans le centre de Briançon afin de chercher des Italiens. Il y a eu plusieurs arrestations.
      Quant aux fascistes, après avoir fondu comme neige au soleil, ils ont menacé d’attaquer avec des bombes incendiaires des refuges dans lesquels font étape des migrants sur leur parcours.
      Nous vous tiendrons informé(e)s dés que nous aurons d’autres nouvelles.
      soutien à nos camarades Italiens et solidaires !!

      http://lahorde.samizdat.net/2018/04/23/defend-europe-un-autre-coup-rate-sur-le-col-de-lechelle-et-repress

    • Communiqué : Des militant·e·s Genevois incarcérés pour délit de solidarité

      Lundi 23 avril, deux Genevois ont été interpellés et mis en détention préventive à Gap en France. Ils sont accusés d’« aide à l’entrée d’étrangers en situation irrégulière sur le territoire national et en bande organisée ». Une troisième personne est détenue à Marseille pour le même chef d’accusation. Quatre ressortissant·e·s italiens ont également été arrêtés.


      https://www.solidarites.ch/geneve/immigration-racisme/1155-2018-cdp-solidarite-militants

    • Un message posté sur facebook du groupe InfoAut (22.04.2018)

      SITUAZIONE GRAVISSIMA. Dopo la clamorosa figura che hanno fatto oggi i gendarmi e i fascisti, i vigliacchi di Francia tornano alla carica.
      La polizia francese si sta scatenando in una caccia all’uomo nel centro di Briançon. Cercano gli italiani. Ci segnalano già diversi fermi.
      Per quanto riguarda i fascisti, dopo essersi squagliati come neve al sole davanti ai valsusini stanno ora minacciando di attaccare con bombe incendiarie uno dei ricoveri in cui fanno tappa in migranti nel loro percorso. Seguiranno aggiornamenti, intanto facciamo girare queste informazioni…

      https://www.facebook.com/infoaut.org/photos/a.10150119959964604.293655.29686934603/10156540336154604/?type=3&theater

    • Vu sur la page Facebook de Roberto Saviano :

      À Génération identitaire : vous montez la garde le long des frontières française pou empêcher l’entrée des migrants. Sur ces montagnes et dans la neige, des centaines de personnes vivent dans des conditions désespérées et risquent leur peau pour trouver un lieu qui les accueille. Vous êtes arrivés en hélicoptère, chaudement habillés et bien nourris, affichant des sourires arrogants. Vous croyez être plus dangereux que les nuits à l’air libre, dans le noir, traqués par les chiens policiers ? Vous ne l’êtes pas. Vous n’arrêterez pas des gens qui ont deux possibilités : marcher ou mourir. Ce ne sont pas vos grillages à poules ni vos banderoles de stade qui les arrêteront. Il n’y a rien à faire contre ceux qui n’ont pas le choix. Vous, vous l’avez. Il faut un autre courage pour bloquer l’argent sale qui entre en France que pour arrêter des familles de réfugiés. Empêcher l’évasion fiscale au Luxembourg signifie s’exposer à des procès pour diffamation et à des menaces personnelles. Mais c’est plus facile de s’en prendre à des désespérés qui n’ont rien et pas même la force de se défendre. Courageux descendants de Vercingétorix que vous êtes.
      Vous pouviez choisir de vous taire, d’éviter ce cirque. De quel droit montez-vous ces opérations ? Ce que vous faites est illégal. La police française a le devoir de vous interpeller quand vous vous dite prêts à passer les bois au peigne fin à la recherche de clandestins. L’Europe connaît votre lâcheté, elle viend de Vichy et du pire de l’histoire française. Comme les démocrates français répondirent à Vichy, je vous réponds aujourd’hui : NO PASARAN !

      Génération identitaire, presidiate i confini francesi contro l’arrivo di migranti. Vi sentite coraggiosi? Su quelle rocce, in mezzo a quella neve, centinaia di persone in condizioni disperate rischiano la vita per trovare un posto dove sopravvivere. Voi siete arrivati con comodi cappotti, nuovi elicotteri, ben nutriti, con sorrisi arroganti. Credete di essere più pericolosi delle notti all’addiaccio, del buio, dei cani della polizia? Non lo siete. Non fermerete chi ha due possibilità: andare avanti o morire. Non lo faranno i vostri recinti, dove volete rinchiudervi come polli, né striscioni da stadio. Non riuscirete a fermare chi non ha scelta, voi invece avete scelta. A fermare i capitali illeciti che entrano in Francia ci vuole più coraggio che a fermare famiglie di profughi; fermare l’evasione di capitale che va in Lussemburgo significa rischiare processi per diffamazione e minacce personali. Più facile prendersela con disperati senza nulla, nemmeno la forza di difendersi. Coraggiosi eredi di Vercingetorige! Potevate scegliere di tacere, evitare la pagliacciata. A quale titolo presidiate i confini? È illegale quello che state facendo. La polizia francese ha il dovere di fermarvi quando pronunciate la volontà di setacciare i boschi alla ricerca di clandestini. La vostra codardia l’Europa la conosce: è figlia della peggior storia francese, è figlia di Vichy. Come i francesi democratici risposero a Vichy, così anche io oggi rispondo a voi: NO PASARAN!

      https://www.facebook.com/RobertoSavianoFanpage/photos/a.402350881863.180175.17858286863/10155551239596864/?type=3&theater

    • Hautes-Alpes : les Identitaires, ces « supplétifs » qui encombrent les autorités

      Les autorités ont annoncé lundi avoir mis un terme aux patrouilles « néfastes » des « supplétifs » de Génération identitaire (GI) à la frontière franco-italienne, ce que dément le groupuscule d’extrême droite qui assure rester sur place et agir en conformité avec la loi.

      Depuis leur démonstration d’hostilité aux migrants, au col de l’Échelle près de Briançon le 21 avril, des militants identitaires affirment participer au contrôle de la frontière aux côtés des forces de l’ordre, sous la bannière de « Defend Europe », mouvement qui a déjà fait parler de lui l’été dernier en Méditerranée.

      Après avoir revendiqué, vidéo à l’appui, la remise de quatre « clandestins » la semaine dernière, ils affirmaient samedi sur Twitter que la police aux frontières avait arrêté sept migrants « repérés et signalés » par leurs soins.

      La préfecture des Hautes-Alpes dénonce « une opération de communication (...) visant à faire croire qu’ils contribuent à la lutte contre l’immigration clandestine ». « La mission régalienne de contrôle aux frontières relève des seuls services de l’État » et « en aucun cas cette mission ne concerne GI, qui n’est en rien habilité à agir dans ce domaine », a-t-elle martelé lundi dans un communiqué.

      Alors que huit Identitaires, dans la nuit de samedi à dimanche, « ont tenté une nouvelle fois de se faire passer pour des supplétifs des services de l’État », les forces de l’ordre leur ont ordonné « de stopper immédiatement leurs agissements néfastes », qui ne servent à rien et « ne font qu’exacerber les tensions autour de la question migratoire », a poursuivi la préfecture en assurant que le groupe avait depuis quitté les lieux.

      Joint par l’AFP, le porte-parole de GI a cependant démenti la fin des patrouilles. « Nos équipes sont toujours sur place, leur mission continue et nous n’avons pas reçu de demande de partir », a déclaré #Romain_Espino, évoquant la présence d’une « vingtaine de militants », en majorité des Français.

      – « La loi de notre côté » -

      « Juridiquement, on peut intervenir car on a la loi de notre côté et l’article 73 du code pénal protège notre action », a-t-il ajouté. Ce texte prévoit que « dans les cas de crime ou délit flagrant puni d’une peine d’emprisonnement, toute personne a qualité pour appréhender l’auteur et le conduire devant l’officier de police judiciaire le plus proche ».

      Vendredi, le parquet de Gap avait ouvert une enquête sur les agissements de GI, classée sans suite dans la journée faute d’infraction ou de plainte.

      Cette absence de sanction, alors que trois personnes sont poursuivies par la justice pour avoir franchi la frontière avec des migrants le 22 avril, passe mal parmi ceux qui viennent en aide aux réfugiés depuis des mois. Ils dénoncent « deux poids, deux mesures » dans la réaction des autorités et s’interrogent sur la légalité de l’action des Identitaires, au-delà des articles de loi qu’ils invoquent.

      Me Yassine Djermoune, défenseur d’un des trois prévenus actuellement détenus à Marseille, n’y voit qu’une « couverture », un « subterfuge », car si « l’entrée sur un territoire en situation irrégulière est effectivement un délit », « GI n’est pas en mesure d’apprécier les situations » de chacun. Sans compter que « le droit de solliciter l’asile est un droit inconditionnel ».

      Pour lui, les conditions de l’article 73 « ne sont pas remplies : pour preuve, on ne poursuit pas les personnes entrées de manière irrégulière sur le territoire ».

      « En se comportant comme ça, ils instaurent une sorte de confusion dans l’esprit des migrants, qui pensent avoir affaire à une autorité de l’État, ce qui n’est pas le cas. Et ça, c’est un délit puni par le code pénal », souligne l’avocat en citant l’article 433-13 déjà évoqué samedi par Mediapart.

      Autre argument opposé aux Identitaires, Me Djermoune fait valoir un arrêt rendu par la cour d’appel de Grenoble en 1978, selon lequel « le pouvoir d’arrestation que l’article 73 donne à tout citoyen permet seulement d’appréhender ceux qui, selon toute apparence, ont commis une infraction » et « ne peut justifier un contrôle systématique ».

      Le parquet de Gap n’a pu être joint lundi par l’AFP.

      https://www.la-croix.com/France/Hautes-Alpes-Identitaires-suppletifs-encombrent-autorites-2018-04-30-13009

    • Aggiornamenti sui tre arrestati di Briançon per delitto di solidarietà

      Alcuni aggiornamenti sui tre giovani arrestati per essersi opposti ai pattugliamenti di un gruppetto fascista al confine tra Italia e Francia.

      Oltre ad Eleonora, che vi era stata tradotta subito dopo la convalida del fermo, nelle ultime ore sono stati trasferiti nel carcere di Baumettes (Marsiglia) anche Theo e Bastien. I tre ragazzi, arrestati domenica scorsa a Briancon in seguito alla grande giornata di lotta che ha visto centinaia di migranti e solidali attraversare collettivamente il confine italo francese del Monginevro, continuano quindi a rimane in carcere in Francia.

      Nonostante l’evidente arbitrarietà di questi arresti, effettuati durante una «caccia all’uomo» per le vie di Briancon alcune ore dopo l’arrivo del corteo in città, la procura sembra voler mantenere un atteggiamento intransigente, tanto che la prima udienza del processo è stata fissata per il 31 di maggio, a più di un mese dal fermo e tenendo in regime di carcere preventivo i tre accusati mentre il gruppetto neo-fascista continua sporadicamente a “pattugliare” il confine senza che ciò ponga problemi di sorta alle autorità francesi.

      Anche il reato che viene loro contestato, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina in concorso (en bande organisée) per il quale si rischiano pene fino a 10 anni di prigione e 750.000 euro di ammenda, rivela la volontà di dare una «punizione esemplare» a chi collettivamente e alla luce del sole ha messo in discussione il disciplinamento imposto dalle frontiere.

      Paragonare i tre arrestati di Briancon a dei passeurs che trafficano sulle vite dei/delle migranti è il tentativo di mettere a tacere la solidarietà e l’autorganizzazione dei passaggi della frontiere che da mesi gli abitanti francesi e italiani che vivono nei pressi dei valichi alpini stanno portando avanti dando aiuto materiale a coloro che vogliono attraversarli. A ciò si unisce la necessità delle istituzioni francesi di mantenere il pugno di ferro perché, proprio in concomitanza con la marcia da Claviere a Briancon, è stata votata oltralpe una nuova e maggiormente restrittiva legge sull’immigrazione, la cui tenuta è stata immediatamente messa in crisi dal passaggio del corteo al Monginevro.

      Gli avvocati francesi che difendono i tre ragazzi, insieme ai loro colleghi italiani e svizzeri, stanno cercando di mantenere alta l’attenzione sulle sorti del processo, non arrendendosi ad aspettare inermi il 31 maggio.

      Giovedì 3 maggio si terrà a Gap il riesame per Eleonora, Theo e Bastien. Le autorità giudiziarie però hanno negato ai tre il trasferimento da Marsiglia, impedendogli quindi di poter presenziare in aula al loro riesame. Una palese violazione del diritto di difesa, che, tuttavia va a confermare il timore della procura francese verso le espressioni di solidarietà che si stanno moltiplicando in Italia, in Svizzera e in Francia nei confronti dei tre accusati. Una paura che era già stata dimostrata nella scelta di trasferire Theo e Bastien per evitare presidi pubblici sotto il carcere di Gap.

      Il processo a cui Eleonora, Theo e Bastien verranno sottoposti sarà il primo in Europa che vede accusati dei cittadini comunitari di avere attraversato, pubblicamente e in un corteo, una frontiera insieme a tante e tanti migranti. Per questo, tocca a noi rimanere al loro fianco, non solo esprimendo la maggiore solidarietà possibile, ma anche rivedicando come nostre le loro stesse accuse: se la solidarietà è un reato, a Monginevro c’ero anch’io!

      Il 3 maggio si terrà il riesame senza gli imputati, in un’aula vuota, ma fuori moltiplicheremo i presidi e le azioni di solidarietà. Del resto, siamo una «bande organisée»!

      #SolidaritéSansFrontières #OnEstToutesDeLaBandeOrganisée


      https://www.infoaut.org/migranti/aggiornamenti-sui-tre-arrestati-di-briancon-per-delitto-di-solidarieta

    • Quelques #banderoles et #slogans récupéré ici et là sur les réseaux sociaux à l’occasion du 1er mai ou des occupations des fac notamment.


      https://www.facebook.com/photo.php?fbid=1690064314407731&set=pcb.1690065241074305&type=3&theater


      https://twitter.com/sillage12/status/991302563361419265


      https://twitter.com/Soutien3db/status/991291153231302657


      https://twitter.com/murmoq/status/991250793394208769

      Au salon du livre à Genève :


      https://twitter.com/Soutien3db/status/990239514877624320

      « Maison verte » à Genève :


      https://twitter.com/amankharkarim/status/990939253130645504

      Cortège 1er mai, devant ambassade de France à Genève :

      Pancarte en soutien aux 3 de #Briancon pour la manifestation du #1erMai à #Grenoble :


      https://twitter.com/reseau_urbain/status/991283644135243777

      Siamo tutt* bande organisée.
      Pancarte à la Conférence de presse pour les trois de Briancon :


      https://www.facebook.com/photo.php?fbid=448537548937661&set=a.120771655047587.1073741826.1000134425

    • Mgr #Xavier_Malle, évêque de Gap, appelle à davantage de solidarité avec les migrants

      Monseigneur Xavier Malle, évêque de Gap et d’Embrun (Hautes-Alpes) était ce lundi, l’invité du matin de RFI. Il évoque au micro d’Arnaud Pontus en ligne de Gap, notamment, la question de la solidarité avec les migrants, quelques jours après le vote de la loi asile et immigration.

      http://www.infomigrants.net/fr/post/8947/mgr-xavier-malle-eveque-de-gap-appelle-a-davantage-de-solidarite-avec-

    • Col de l’Échelle : impunité d’un côté, tabassage de l’autre ? Jusqu’où iront-ils pour décourager la solidarité ?

      Alors que des citoyen·ne·s, associations et collectifs locaux se mobilisent depuis de longs mois pour organiser l’accueil de personnes exilées sur leur territoire face aux pratiques irrégulières des forces de l’ordre, les évènements de ce week-end à Briançon montrent bien que le délit de solidarité a encore de beaux jours devant lui.

      Alors que des citoyen·ne·s, associations et collectifs locaux se mobilisent depuis de longs mois pour organiser l’accueil de personnes exilées sur leur territoire face aux pratiques irrégulières des forces de l’ordre, les évènements de ce week-end à Briançon montrent bien que le délit de solidarité a encore de beaux jours devant lui.

      Dans le cadre d’une mise en scène médiatique au col de l’Échelle à la frontière franco-italienne, le groupe d’extrême-droite Génération Identitaire a bloqué la frontière entre le 21 et 22 avril, étalant des messages haineux en pleine montagne, barrant la route à des personnes épuisées par un trajet en montagne, les mettant ainsi potentiellement en danger, puis relayant les photographies de leurs faits d’armes sur les réseaux sociaux à grand renfort de commentaires xénophobes. Ainsi, à l’instar de ce qui s’est passé lors de l’action organisée en Méditerranée à l’été 2017 pour saborder les sauvetages de personnes migrantes, des militant⋅e⋅s d’extrême droite de plusieurs pays européens sont venues bloquer symboliquement la frontière sans que les forces de l’ordre interviennent ou que les autorités condamnent clairement cette action, se bornant à évoquer des « gesticulations ».

      Le dimanche 22 avril, une manifestation pacifique composée de plus de 150 personnes exilées et de leurs soutiens est partie de Clavière en Italie pour rejoindre Briançon à pieds et ainsi protester contre la militarisation de la frontière et la non prise en charge des personnes mineures ou en demande d’asile par les autorités françaises. Les organisations locales et régionales alertent depuis 2015 sur les atteintes systématiques aux droits des personnes migrantes à la frontière franco-italienne, de Menton à Briançon sans qu’elles soient entendues par les responsables politiques.

      A l’issue de cette manifestation spontanée, six personnes ont été interpellées par les forces de l’ordre. Trois ont finalement été relâchées mais trois autres sont toujours en détention provisoire, enfermées à Gap et à Marseille. Poursuivies pour « avoir par aide directe ou indirecte, facilité ou tenté de faciliter l’entrée irrégulière en France de plus d’une vingtaine d’étrangers, avec cette circonstance que les faits ont été commis en bande organisée », elles risquent selon la loi française jusqu’à 10 ans de prison assortie de 750 000 euros d’amende. Le jugement ayant été renvoyé au 31 mai 2018, ces trois personnes originaires de Suisse et d’Italie resteront donc potentiellement enfermées jusqu’à cette date.

      En marge de la manifestation, cinq participant·e·s attablé·e·s à la terrasse de l’Hôtel de la Gare à Briançon vont faire l’objet d’un contrôle d’identité. Les policiers demandent à l’une des personnes de les suivre, refusant d’en donner la raison. « On va pas te le répéter deux fois » lance un policier. La personne sort son téléphone pour prévenir un avocat, les policiers le lui arrachent et la projettent au sol, lui sautent dessus. Face contre terre, coups de matraque, clef de bras, coup de genoux, pouces enfoncés dans les yeux, étranglement, la personne est finalement traînée par les pieds dans les escaliers, toujours face contre terre, puis jetée sur le goudron deux mètres plus loin. Alertés par les cris, des gens arrivent, les policiers gazent tout le monde, y compris la personne gisant au sol, visage tuméfié, en sang, la mâchoire gonflée, respirant difficilement et aveuglée par les gaz lacrymogènes. Souffrant de multiples contusions, d’un énorme hématome à la mâchoire, d’une entorse aux cervicales, et de douleur au niveau de la trachée, cette victime de la violence policière est amenée aux urgences. Résultat : 10 jours d’interdiction totale de travail.

      Il est inadmissible que ces personnes soient actuellement privées de liberté ou violentées alors qu’elles ont été interpellées dans le cadre d’une manifestation pacifique. En outre, ces militant·e·s de la solidarité ont participé à de nombreuses opérations de sauvetage en montagne, se rendant juste « coupables » d’assistance à personne en danger. Un cas de plus de dissuasion de la solidarité.

      Le collectif Délinquants solidaires s’inquiète du peu de cas qui est fait par les pouvoirs publics de l’expression sans complexes d’une xénophobie et du blocage des frontières par des militant·e·s d’extrême-droite, qui a pour conséquences immédiates la mise en danger des personnes migrantes parmi lesquels des mineur·e·s, ainsi que le déni pur et simple du droit d’asile, qui est encore une obligation conventionnelle de la France.

      Le collectif Délinquants solidaires condamne fermement la détention de soutiens des exilé⋅e⋅s et appelle à leur libération immédiate. Par ailleurs, il répète que la solidarité et l’accueil sur nos territoires manifestés par des milliers de citoyens et citoyennes doivent être encouragés au lieu d’être systématiquement dénigrés ou réprimés. Si les député·e·s ont raté l’occasion d’abroger le délit de solidarité, nous restons mobilisé·e·s et solidaires des personnes exilées pour réclamer un accès aux droits effectifs pour toutes et tous et le droit de s’organiser collectivement.

      http://emmaus-france.org/col-de-lechelle-impunite-dun-cote-tabassage-de-lautre-jusquou-iront-i

    • Génération Identitaire : les nazillons traquent les militants solidaires

      Ce mardi premier mai, fin d’après-midi, un copain rentre de Briançon avec des exilés dans sa voiture. Il est pris en filature par les Génération Identitaire depuis Briançon jusqu’à chez lui. Les nazillons le filment et le menacent.

      Ce lundi 30 avril, la préfète après dix jours de collaboration fortuite avec les GI annonce la fin du partenariat par voie de presse. Ces derniers démentent par voie de presse. Ils affirment être toujours présents sur le territoire. Comme expliqué ci-dessus, c’est bien le cas. Depuis Nice, Marine Le Pen rend hommage à l’action des GI dans les Hautes-Alpes. Ce même premier mai, une action du groupe fasciste italien Forza Nuova avec banderoles prend place au col de Montgenèvre.

      Situation nauséabonde dans le briançonnais. Après avoir subi une répression étatique féroce (incarcérations, tabassage), les militants solidaires se retrouvent traqués jusque chez eux.

      Tout ceci n’a pu se mettre en place qu’avec le soutien de l’État aux groupuscules fascisants (encore une fois fortuit), et de ce fait avec l’usage de la matraque et de la cage contre celles et ceux qui les combattent.

      https://grenoble.indymedia.org/2018-05-01-Generation-Identitaire-les

    • Solidarietà con i 3 di Briançon - Solidarité avec les 3 de Briançon

      Lo scorso 21 aprile i militanti di un gruppuscolo neo-fascista e suprematista hanno inscenato un’operazione di «blocco delle frontiere» tra la Francia e l’Italia.

      Il giorno dopo, un gruppo di abitanti delle valli vicine, impegnati nella solidarietà concreta con i migranti in transito, attraversano simbolicamente la frontiera insieme a una cinquantina di migranti e arrivano senza alcun problema fino a Briancon, dove la gendarmerie francese effettua sei fermi di polizia in maniera completamente arbitraria.
      L’accusa del procuratore è semplice quanto brutale nella sua chiarezza: aiuto all’immigrazione illegale con l’aggravante di aver compiuto il fatto in maniera collettiva ("en bande organisée”).
      Per tre dei fermati Eleonora, Théo e Bastien viene convalidato l’arresto, con detenzione in carcere fino all’inizio del processo che si svolgerà il 31 maggio nella cittadina di Gap. Rischiano fino a 10 anni di prigione e 750’000 euro di multa.

      Noi siamo e ci sentiamo tutti gente di montagna, accompagniamo da secoli chi deve oltrepassare le frontiere per mettersi in salvo. Le montagne ci aiutano con i loro sentieri innumerevoli. Continueremo a farlo. Rivendichiamo come legittimo il nostro aiuto. Dichiariamo illegittima la legge che ci incrimina, perché contraria alla fraternità. Come in mare così in terra: dichiariamo che proseguiremo a soccorrere chi ha bisogno dei nostri sentieri.

      Non esistono i clandestini. Esistono ospiti di passaggio sulle nostre montagne.

      https://firmaperitre.blogspot.fr

      En français :

      Ce 21 avril les militants d’un groupuscule néo-fasciste et suprémaciste, ont mis en scène une opération de « blocage des frontières » entre la France et l’Italie largement médiatisée.

      Le lendemain, un groupe d’habitants des vallées frontalières, engagés dans la solidarité concrète avec les migrants transitant dans cette région, traversent symboliquement la frontière sans aucun problème de Clavière jusqu’à Briançon, où la gendarmerie française effectue 6 interpellations complètement arbitraires.
      L’accusation du procureur est aussi simple que brutale dans sa clarté : aide à l’immigration illégale avec l’aggravante d’avoir commis les faits de manière collective ("en bande organisée"). Pour 3 des personnes, la garde-à-vue se transforme en prison préventive jusqu’au début du procès qui aura lieu le 31 mai à Gap. Ils risquent jusqu’à 10 ans de prison et 750 000 € d’amende.

      Nous sommes et nous nous sentons tous des montagnards, nous accompagnons depuis des siècles ceux qui doivent traverser la frontière pour se mettre à l’abri. Les montagnes et leurs innombrables sentiers nous aident.
      Nous continuerons à le faire. Nous revendiquons notre aide comme légitime. Nous déclarons illégitime la loi qui nous incrimine, parce que contraire à la fraternité. En mer comme sur terre : nous déclarons que nous continuerons à secourir ceux qui ont besoin de nos sentiers.

      Personne n’est clandestin. Dans nos montagnes, il n’y a que des hôtes de passage.
      Pour adhérer : firmaperitre@gmail.com

      https://firmaperitre.blogspot.fr

    • Aide aux migrants : « Les 3 de Briançon » retrouvent la liberté avant leur procès

      Poursuivis pour avoir « facilité ou tenté de faciliter l’entrée irrégulière en France » de migrants le 23 avril, à l’occasion d’une marche de soutien aux migrants à la frontière franco-italienne, trois jeunes étrangers ont été incarcérés à Marseille. Désormais ils attendent leur jugement libres, qui aura lieu le 31 mai.
      Le tribunal de Gap (Hautes-Alpes) a levé la détention provisoire prononcée dix jours plus tôt à l’encontre de trois jeunes manifestants à l’issue d’une marche de militants engagés dans le soutien aux migrants, le 22 avril au col de Montgenèvre, à la frontière franco-italienne. En se mêlant à cette manifestation improvisée en réaction à l’opération de communication antimigrants du groupuscule d’extrême droite Génération identitaire, au même moment sur le col de l’Echelle tout proche, une vingtaine de migrants avaient pu passer la frontière. Cela avait valu aux trois manifestants interpellés le soir même à Briançon d’être poursuivis pour avoir « facilité ou tenté de faciliter l’entrée irrégulière en France » de migrants, « faits commis en bande organisée ».
      Ce jeudi, à l’issue d’une audience dense, le tribunal a justifié sa décision de libérer Théo, Belgo-Suisse de 23 ans, Bastien, Suisse de 26 ans, et Eleonora, Italienne de 24 ans, et de les placer sous contrôle judiciaire strict dans l’attente de leur jugement le 31 mai, par le fait que « les risques de réitération des faits ont changé » depuis sa première décision et que le contrôle judiciaire permettait « d’assurer la représentation » des prévenus à leur procès et « d’éviter de nouveaux troubles ».
      Aucun démêlé judiciaire

      Les avocats des jeunes incarcérés à la prison des Baumettes à Marseille n’ont pas caché leur émotion à l’annonce de la décision. Ils avaient eu des mots très forts pour dénoncer l’incarcération de leurs clients. « Rien ne justifie le mandat de dépôt » de « cette marcheuse qui n’a fait que manifester pacifiquement, sans haine ni colère, dans la dignité, et passer une frontière », a tonné Me Philippe Chaudon, défenseur d’Eleonora, étudiante qui n’a, comme ses deux camarades, jamais eu de démêlé judiciaire ou policier. L’avocat Yassine Djermoune a, lui, dénoncé « l’usage totalement disproportionné de la force » à l’égard de son client Théo, « jeune humaniste brillant ». Il a raconté son « incompréhension totale » face à « la profonde injustice » de son incarcération « dans des conditions inadmissibles » aux Baumettes alors qu’il présentait de solides garanties de représentation et n’entendait « aucunement se soustraire à la justice ».

      C’est sans compter avec son transfert « pieds et poing liés » de Gap à Marseille… Me Cécile Faure-Brac a décrit son client Bastien comme un « sapeur-pompier, étudiant intelligent, courtois et engagé », fort des soutiens écrits du doyen et du recteur de l’université de Genève, qui décrivent un « étudiant brillant », avant de solennellement demander au tribunal « d’arrêter cette violence qui s’abat sur lui ».
      « Un procès politique »

      Devant le tribunal, une clameur a salué l’annonce de la libération de ceux qu’on appelle désormais « les 3 de Briançon ». Leur comité de soutien avait réuni près de 200 personnes pour demander « un point d’arrêt à la criminalisation des citoyens solidaires des migrants » et dénoncer « une incarcération insupportable ». Une dizaine de membres du comité suisse de soutien aux 3 de Briançon avaient fait le déplacement, comme les parents d’Eleonora, abasourdis par la situation de leur fille. Pour tous, rendez-vous est pris le 31 mai, devant le même tribunal : « Un procès politique pensé pour écœurer, dissuader les citoyens solidaires des migrants », gronde Pascale, Gapençaise engagée.

      Ils ne seront pas seuls : un texte signé de l’écrivain et alpiniste italien Erri De Luca a déjà recueilli plus de 1 000 signatures, dont celles de Mgr Gaillot, Cédric Herrou, du chercheur Philippe Meirieu, Jean-Luc Mélenchon, Edwy Plenel, Alain Badiou, Eric Piolle (maire EE-LV de Grenoble), Patrick Boucheron, José Bové et de nombreuses personnalités suisses et italiennes. « Nous sommes et nous nous sentons tous des montagnards, nous accompagnons depuis des siècles ceux qui doivent traverser la frontière pour se mettre à l’abri, clame le texte. […] Nous déclarons illégitime la loi qui nous incrimine, parce que contraire à la fraternité. En mer comme sur terre : nous déclarons que nous continuerons à secourir ceux qui ont besoin de nos sentiers. » De quoi donner « une autre dimension » au procès à venir, espère Agnès Antoine, du comité de soutien aux 3 de Briançon : une partie des signataires sont prêts à venir.


      http://www.liberation.fr/futurs/2018/05/03/aide-aux-migrants-les-3-de-briancon-retrouvent-la-liberte-avant-leur-proc

    • « Mission Alpes », un théâtre d’opération des identitaires sans conséquences judiciaires

      L’enquête ouverte vendredi pour s’assurer qu’aucune infraction n’avait été commise lors de la chasse antimigrants des identitaires va être classée sans suite faute d’infraction constatée, a annoncé le parquet dans la soirée.
      En lançant son opération « Defend Europe, mission Alpes », l’organisation d’extrême droite Génération identitaire (GI) se targuait samedi dernier de vouloir « barrer la route aux immigrants clandestins. Nos équipes quadrillent la zone et stopperont toute tentative de s’introduire illégalement en France ». Sur le terrain, 90 identitaires ont effectivement occupé de samedi à dimanche derniers le col de l’Echelle (Hautes-Alpes), lieu de passage surtout estival des migrants entre Italie et France, actuellement fermé en raison de son enneigement. L’essentiel de l’activité des identitaires a cependant été consacré à la production d’images. Le long d’une « frontière » constituée d’un filet de plastique barrant le col et flanquée de panneaux d’interdiction, ils ont joué les gardes-frontières pour les objectifs. Et ont loué deux hélicos pour produire des images spectaculaires (1). Leur porte-parole sur place disait vouloir rester « dans la légalité » et affirmait qu’ils ne feraient que tenter de dissuader les migrants sans leur interdire le passage. Le dimanche matin, c’est sous les yeux et avec l’escorte de nombreux gendarmes (dont une patrouille héliportée) que les identitaires avaient quitté la vallée de la Clarée.
      Vidéo.
      La « seconde phase » de l’opération de com de GI avait commencé dès le dimanche après-midi, avec des images de « surveillance » de la frontière à bord d’un avion de tourisme, mais aussi, tous les soirs depuis, à bord d’un pick-up, sur la route du col frontalier de Montgenèvre, ouvert toute l’année et utilisé par les migrants. Dès samedi dernier, la préfecture affirmait « suivre avec attention » l’opération « afin de prévenir tout trouble à l’ordre public et de garantir le respect du droit », tandis que Gérard Collomb dénonçait une « action de gesticulations » qui s’était tenue « sous l’étroite surveillance des forces de l’ordre ». Les pouvoirs publics assuraient n’avoir rien à reprocher sur le plan pénal à ce « rassemblement » : « aucune plainte ni aucun fait susceptible de qualifications délictuelles n’a été porté à ma connaissance », déclarait mardi le procureur de Gap, Raphaël Balland. Vendredi, il ouvrait tout de même une enquête préliminaire pour « vérifier si une infraction [avait] été commise » : seule la police peut procéder à des interpellations… De son côté, Génération identitaire a publié vendredi soir une vidéo sur les réseaux sociaux visant à prouver que ses membres n’avaient pas fait que « gesticuler » : on y voit certains d’entre eux remettre une personne aux autorités.

      (Mise à jour vendredi 27 avril à 22h55 : Par communiqué, le procureur de Gap a fait savoir vendredi dans la soirée que l’enquête ouverte par le parquet de Gap a été classée sans suite, faute « d’infraction constatée ». Les investigations, « notamment l’audition de migrants », n’ont permis de recueillir « aucune plainte », « ni de constater aucune infraction pénale susceptible d’être reprochée à l’encontre de quiconque », a écrit Raphaël Balland.)

      L’initiative du parquet d’ouvrir une enquête était intervenue dans le contexte de la puissante vague d’indignation suscitée par les mises en scène des identitaires, qui n’a pas tardé à tourner à la mise en cause des pouvoirs publics. Dans la contre-manifestation spontanée, dimanche dernier au col de Montgenèvre, les militants de l’aide aux migrants dénonçaient le « deux poids deux mesures » : « Dès qu’on est là, la police nous tombe dessus, tandis que ceux qui agissent contre les droits de l’homme ne sont pas inquiétés. » Une vingtaine de migrants ayant profité de la cohue pour passer la frontière, trois manifestants ont été arrêtés et sont en détention préventive à la prison des Baumettes, à Marseille.
      « Unité ».
      La présence des forces de l’ordre a été dès le début de cette semaine renforcée à Briançon, où l’on parle de « militarisation de la frontière ». La réaction la plus inattendue est venue de l’évêque de Gap, Xavier Malle. Dans une tribune publiée jeudi par France Info, il dénonce « l’instrumentalisation » des migrants et appelle à « la solidarité nationale » s’agissant particulièrement de l’arrivée des mineurs non accompagnés. « C’est l’unité, la cohésion de la France qui est en jeu. Ne croyons pas que cette "crise migratoire" est passagère. Elle est mondiale et durable », a insisté l’évêque.


      http://www.liberation.fr/france/2018/04/27/mission-alpes-un-theatre-d-operation-des-identitaires-sans-consequences-j

    • Les jeunes Genevois détenus à Marseille vont sortir de prison

      Poursuivis pour avoir aidé des migrants en situation irrégulière à entrer en France, deux Genevois et une Italienne vont pouvoir quitter la prison des Baumettes
      C’est au cri de « liberté ! » et par des applaudissements que la décision de la libération des Trois de Briançon a été accueillie par la foule réunie devant le palais de justice de Gap. Les deux Genevois, Bastien et Théo ainsi que l’italienne Eleonora vont pouvoir sortir de la prison de Marseille où ils sont actuellement placés en détention provisoire. Le tribunal a approuvé leur demande de mise en liberté. De quoi faire exploser de joie la douzaine de Genevois venus manifester son soutien aux Trois à Gap.

      Mais aussi la maman de Théo, restée à Genève aux côtés de ses parents dans l’attente de la décision de justice. « On vient d’apprendre la nouvelle, réagit-elle. On est soulagé. Ils vont enfin sortir de ce trou des Baumettes. » Les deux Genevois sont assignés à résidence en France voisine et devront se rendre régulièrement au commissariat en attendant leur procès le 31 mai. « Un pas après l’autre, poursuit la mère du Genevois. L’important, c’est qu’ils soient libres. Qu’ils retrouvent la nature et leurs proches. »

      De cinq à dix ans de prison

      Pour rappel, arrêtés dimanche 22 avril dans les Hautes-Alpes à l’issue de la marche organisée le long de la frontière franco-italienne en soutien aux migrants, ces trois jeunes, âgés respectivement de 23, 26 et 27 ans, étaient en détention provisoire aux Baumettes, la prison marseillaise. Et ce, en attendant l’audience devant le Tribunal correctionnel de Gap agendée au 31 mai.

      La justice française leur reproche d’avoir aidé une trentaine de personnes à entrer illégalement en France, un délit passible de cinq ans de prison et 30 000 euros d’amende. Sans compter qu’ils sont accusés d’avoir agi en « bande organisée », de quoi faire passer la peine encourue à dix ans de prison et 750 000 euros d’amende.

      Transférés menottés

      Mercredi, leurs avocats ont pu leur rendre visite en prison. Selon Me Yassine Djermoune, qui défend Théo, « ils sont étonnamment en forme. Mentalement très solides. Reste que cette épreuve est difficile ». Depuis leur prison, les deux Genevois ont fait passer le message aux militants que leur transfert de Gap à Marseille s’est fait menottes aux poignets et aux pieds. « Un sort réservé habituellement aux criminels dangereux », commente Aurélie Valletta, avocate à Genève et amie du duo.

      La demande de mise en liberté ayant été approuvée, les trois jeunes gens vont quitter leur geôle. Ils reviendront devant la justice le 31 mai.

      https://www.tdg.ch/geneve/actu-genevoise/trois-briancon-liberes/story/31440125

    • Montgenèvre : #Emmaüs installe des #portes_ouvertes à la frontière

      Cette opération, baptisée « #Article_13 », se base sur l’article de Déclaration universelle des droits de l’homme. Celui-ci déclare que « toute personne à le droit de circuler librement et de choisir sa résidence à l’intérieur d’un état ». Ou encore que « toute personne a le droit de quitter tout pays y compris le sien, et de revenir dans son pays ».

      https://www.ledauphine.com/hautes-alpes/2018/05/04/montgenevre-emmaus-installe-des-portes-ouvertes-a-la-frontiere
      #installation

      D’autres images, publiée par Emmaüs sur twitter :


      https://twitter.com/emmaus_france/status/992371655598108672

      #portes

    • Les montagnards solidaires des migrants

      Deuxième partie de notre reportage dans les Hautes-Alpes. Aujourd’hui à Névache et à Clavière, où simples citoyens et militants solidaires s’organisent pour venir en aide aux naufragés de la frontière.


      https://www.franceinter.fr/emissions/comme-un-bruit-qui-court/comme-un-bruit-qui-court-05-mai-2018

    • Préfacé par J.M.G. Le Clézio, HUMAINS interroge notre vivre ensemble et notre projet européen, confronté aux migrations politiques aujourd’hui et climatiques demain, et nous rappelle que ce que les états qualifient de flux, représente en fait, de précieuses vies humaines.
      https://lassociation.tumblr.com/post/173065469898/d%C3%A8s-demain-19-avril-en-librairie-humains-de


      #La_Roya #Baudoin #Troubs #BD

    • From the Sea to the Mountains: The Increasing Criminalization of Solidarity

      After the Proactiva Open Arms ship was impounded by Italian authorities and the staff accused of saving the lives of 100 people who were trying to cross the Mediterranean, there is greater focus on the increasing criminalization of solidarity.

      The passage of migrants through the Alps has become very common since the Italy-France border was closed.

      According to reports from volunteers, this remains true despite the fact that most migrants are given ample information on the dangers they will encounter by crossing the mountains on foot.

      It is not uncommon for volunteers to find 20 or 30 migrants stranded along the route each day.
      Risking years in prison

      This was the case of Benoit Duclos, who on 10 March came upon a family of a father, mother (who was eight months pregnant) and their two children.

      Duclos used his car to drive them to the hospital. On the way to the hospital he was stopped by the French gendarmerie and accused of facilitating the illegal entry of migrants.

      At that moment, the woman started to have the contractions, but Duclos had to remain with the officers while an ambulance was called and the family taken to the nearest hospital.

      Had he not helped them, she would have probably given birth on the way to France. Now he is facing five years in prison for having given aid to this migrant family.
      Pregnant, ill and still rejected

      Another case with a tragic ending is that of a migrant couple who tried to cross the border with France. They were stopped before they could make the crossing.

      Beauty, a 31-year-old Nigerian, was expecting a child and was gravely ill with lymphoma. She had a regular residence permit, but it had expired and she was awaiting the renewal.

      On the other hand, her husband, Destiny, had no documents and could neither stay nor travel in either Italy or France.

      Despite Beauty’s condition, French authorities rejected them on 9 February; she was then taken to the hospital, at first in Rivoli and then in Turin, where she arrived in critical condition.

      The doctors, understanding that she would not have made it, did all that they could to keep her alive as long as possible so that at least her child could be saved.

      The baby boy, Israel, was born on 15 March by cesarean section. The doctors said that the fact that he managed to remain alive is a miracle.

      Now Destiny wishes to remain in Italy to give his son a better future. However, he still needs documents and a job because “in the street there is no future.”
      ’Rescue is not a crime’

      Rainbow4Africa, the NGO that gives assistance to migrants, gives information on the risks of crossing the Alps on foot and manages a room in the station of Bardonecchia, has launched a campaign in three languages called “Rescue is not a crime” (“Soccorrere non è un crimine”, “Sauver n’est pas un crime”).

      The aim of the campaign is to stress that to rescue someone is a duty and to give aid has nothing to do with the facilitation of illegal entry of migrants.

      https://www.liberties.eu/en/news/from-the-sea-to-the-mountains-other-crimes-of-solidarity/14768
      #montagne #mer

    • Hautes-Alpes : les identitaires auraient pu être poursuivis

      Une circulaire du ministère de la justice, dont Mediapart a pris connaissance, rappelle aux procureurs que les « comportements hostiles à la circulation des migrants » sont passibles de poursuites pénales, après que les identitaires des Hautes-Alpes y ont échappé.
      Fin avril, le procureur de la République de Gap n’avait rien trouvé à reprocher aux militants d’extrême droite de Génération identitaire qui s’étaient livrés à une chasse aux migrants très médiatisée, dans les Hautes-Alpes. En à peine 24 heures, ce magistrat avait clos l’enquête préliminaire pour des faits éventuels de « #violences_en_réunion », expliquant dans un communiqué diffusé le 27 avril que les investigations, confiées à la gendarmerie de Briançon et la direction interdépartementale de la PAF de Montgenèvre, « notamment l’audition de migrants », n’avaient permis de recueillir « aucune plainte, ni de constater aucune infraction pénale susceptible d’être reprochée à l’encontre de quiconque ». Cela alors que des militants des droits de l’homme et des avocats, indignés par la passivité du parquet et des gendarmes face aux identitaires, trouvaient dans le Code pénal des délits pouvant être poursuivis (lire notre article : https://www.mediapart.fr/journal/france/280418/migrants-dans-les-hautes-alpes-les-raisons-dun-deux-poids-deux-mesures?pag).

      Sans désavouer explicitement son collègue de Gap, le directeur des affaires criminelles et des grâces (DACG) du ministère de la justice, Rémy Heitz, est lui aussi d’un avis contraire. Dans une circulaire datée du 4 mai et expédiée dans tous les tribunaux de France, dont Mediapart a pris connaissance, le DACG rappelle qu’il existe deux infractions « visant les comportements hostiles à la circulation des migrants ».

      Le premier de ces deux délits, assez peu connus, est « l’#immixtion_dans_une_fonction_publique ». « L’#article_433-12 du #code_pénal réprime le fait, par toute personne agissant sans titre, de s’immiscer dans l’exercice d’une fonction publique, en accomplissant l’un des actes réservés au titulaire de cette fonction. Cette infraction est punie d’une peine de trois ans d’emprisonnement et de 45’000 euros d’amende », expose la circulaire.

      « Le contrôle du respect des frontières, par la surveillance visuelle ou l’édification d’obstacles, par des personnes hostiles à la circulation des migrants (notamment des militants se revendiquant de la mouvance identitaire) est susceptible de constituer une immixtion intentionnelle dans les fonctions des forces de l’ordre. La reconduite à la frontière des migrants par ces mêmes personnes, y compris sans violence, est également susceptible de caractériser le délit prévu par l’article 433-12 du code pénal », écrit Rémy Heitz.

      Selon la jurisprudence, il n’est pas besoin d’usurper le titre de policier ou de gendarme pour que cette infraction soit constituée, précise le directeur des affaires criminelles.

      En revanche, explique la circulaire, « la seule appréhension d’une personne entrant illégalement sur le territoire et sa remise immédiate à l’officier de police judiciaire le plus proche ne semble pas entrer dans le champ de cette incrimination, dès lors qu’il s’agit d’une action isolée n’intervenant pas à l’issue d’une opération de surveillance », toute personne pouvant appréhender l’auteur d’une « infraction flagrante » punie d’une peine de prison (ce qui est théoriquement le cas pour l’entrée irrégulière sur le territoire).

      Le second délit qui aurait pu être reproché aux identitaires des Hautes-Alpes est « l’exercice d’une activité ou l’usage de document créant la confusion avec une fonction publique ». « L’article 433-13 du code pénal réprime le fait par toute personne d’exercer une activité dans des conditions de nature à créer dans l’esprit du public une confusion avec l’exercice d’une fonction publique. Cette infraction est punie d’une peine d’un an d’emprisonnement et de 15 000 euros d’amende », rappelle la circulaire.

      « Faire croire, par son comportement ou par un ensemble de manœuvres, que l’on possède la qualité pour exercer la surveillance et le contrôle des frontières, même sans usurper les signes réservés à l’autorité de police, est susceptible de caractériser l’infraction », lit-on.

      La circulaire se conclut par l’énumération des #infractions pouvant être reprochées aux groupes de soutien aux migrants, pourtant déjà largement poursuivis par les tribunaux alors que les identitaires ne l’ont pas été. L’aide à l’entrée et au séjour irrégulier est passible d’une peine de cinq ans de prison et d’une amende de 30’000 euros, voire plus si l’infraction est commise en réunion, rappelle ainsi le directeur des affaires criminelles.

      Mais le Code de l’entrée et du séjour des étrangers et du droit d’asile (#Ceseda, retouché récemment avec la loi asile) prévoit plusieurs immunités, précise Rémy Heitz. Notamment pour « toute personne physique et morale, lorsque l’acte reproché n’a donné lieu à aucune contrepartie directe ou indirecte et consistait à fournir des conseils juridiques ou des prestations de restauration, d’hébergement ou de soins médicaux destinés à assurer des conditions de vie dignes et décentes à l’étranger, ou bien toute autre aide visant à préserver la dignité ou l’intégrité physique de celui-ci ».

      Et le magistrat de conclure prudemment : « Dans le cadre de l’exercice de l’action publique, il appartient au procureur de la République d’apprécier au cas par cas si les conditions de cette #immunité sont réunies ».

      https://www.mediapart.fr/journal/france/090518/hautes-alpes-les-identitaires-auraient-pu-etre-poursuivis

    • « La lutte pour #Theo et #Bastien continue »

      Les Genevois arrêtés à Briançon après une manifestation de soutien aux migrants sont sous contrôle judiciaire en Haute-Savoie dans l’attente de leur procès.

      Jeudi dernier, le Tribunal de Gap, dans les Hautes-Alpes, libérait les Genevois Theo et Bastien sous contrôle judiciaire dans l’attente de leur procès. Ils avaient été arrêtés à Briançon le dimanche 22 avril, tout comme une jeune Italienne, Eleonora, après avoir participé à une manifestation de soutien aux migrants à la frontière franco-italienne. Ils sont poursuivis pour « aide à l’entrée d’étrangers en situation irrégulière sur le territoire national et en bande organisée ». Leur interpellation puis leur incarcération a soulevé une vague d’#indignation et un fort mouvement de soutien. « La lutte pour Theo et Bastien continue », affirme Catherine, la mère de Theo. Interview.

      Dans quelle situation se trouvent Theo et Bastien ?

      Catherine : Ils ont été libérés dans l’attente de leur procès, le 31 mai. Mais sous plusieurs conditions. On leur a d’abord interdit de quitter le territoire français. Nous avons donc dû nous organiser pour qu’ils soient accueillis chez des proches en Haute-Savoie. Depuis, ils doivent rester dans ce département. Ils sont obligés de se présenter tous les jours dans le commissariat de leur commune respective. Ils n’ont pas le droit de s’exprimer sur les réseaux sociaux, et par extension dans la presse. Le plus dur, c’est qu’ils sont écartés de leur vie quotidienne. Theo devait commencer ces prochains jours un travail à la piscine de Carouge, mais il ne peut pas quitter la Haute-Savoie. Son avocat doit désormais présenter au Tribunal de Gap une demande d’autorisation pour qu’il puisse venir travailler. Quant à Bastien, il fait des études, et il a bientôt des examens. Cette situation est donc vraiment problématique pour eux.

      Ils risquent, en plus, d’être condamnés par la justice française…

      Ils vivent avec une épée de Damoclès au-dessus de leur tête. On entend parler de dix ans de prison ! C’est choquant. De plus, le Tribunal a été très virulent à leur encontre. Mais eux rejettent toutes les charges qui leur sont imputées. Tout ce qu’ils ont fait, c’est se montrer solidaires avec des personnes qui traversaient la frontière. Ce n’est pas un délit. Ce sont des jeunes engagés, humains, humanistes, mus par la notion d’entraide. Ils se battent pour un monde différent, plus ouvert, et ils l’ont exprimé au travers d’une manifestation, une marche de solidarité. La justice française veut les punir pour ça. Pour s’être montrés solidaires. C’est scandaleux. D’autant plus que la police n’a absolument rien fait contre les militants d’extrême droite qui avaient bloqué le col la veille.

      Comment leur arrestation s’est-elle déroulée ?

      Ça c’est passé de manière totalement arbitraire. Comme les policiers n’étaient pas assez nombreux pour procéder à des arrestations pendant la manifestation, ils ont attendu que celle-ci soit terminée. Que certains se séparent du groupe. Ils se sont mis à dix pour attraper Theo et Bastien lorsqu’ils allaient chercher leur bus.

      Ensuite, la garde à vue a été extrêmement pénible. Ils n’avaient pas assez à manger et un seul matelas pour les deux. Après cela, ils ont été transférés à Gap, où c’était un peu moins pire. Puis aux Baumettes à Marseille. Ils y ont été emmenés poings et pieds liés, comme des criminels. Là-bas, ils ont obtenu de rester dans la même cellule, pour se soutenir. Mais niveau nourriture c’était compliqué : l’un est végétarien et l’autre vegan. Ils n’ont pas eu grand-chose à manger. Et jusqu’à leur libération, nous n’avons pas pu avoir le moindre contact direct avec eux.

      Dans quel état d’esprit sont-ils ?

      Plutôt bon. Ils sont positifs, vont de l’avant. Mais ils sont aussi très conscients de ce qu’ils risquent. Theo et Bastien sont par ailleurs extrêmement reconnaissants envers cet extraordinaire mouvement de solidarité qui les soutient. Ils restent également en contact régulier avec leurs avocats, pour préparer leur défense. Ils vont notamment se battre sur la notion de « délit de solidarité ». C’est aberrant que la France criminalise ceux qui aident leur prochain.

      Il n’empêche que nous sommes tous choqués et un peu sonnés par ce qui arrive, par cette menace qui pèse sur eux. On a vraiment l’impression que la justice française veut juste faire un exemple de leur cas. C’est très dur à vivre. Mais nous allons continuer à nous battre pour Theo et Bastien.


      https://lecourrier.ch/2018/05/08/la-lutte-pour-theo-et-bastien-continue-2

    • Élan collectif pour les « 3 de Briançon »

      Libérés mais sous surveillance. Sans possibilité de se déplacer ni de s’exprimer publiquement en attendant leur procès. Menacés d’écoper jusqu’à dix ans de prison ! Face à la déplorable situation de Theo et Bastien – arrêtés en France en même temps qu’une jeune Italienne pour avoir participé à une marche solidaire avec des migrants –, on ne peut que se réjouir du formidable élan collectif qui les soutient ainsi que leurs proches.

      Il reste aussi l’espoir qu’au lieu de faire de leur cas un exemple de répression, la justice française reconnaisse que la solidarité entre êtres humains ne devrait pas constituer un délit. En ce moment, le parlement travaille en effet à assouplir le tristement connu « délit de solidarité ». Malheureusement, le projet vise seulement à le lisser, et non à le faire disparaître. Il prétend « adapter le délit en fonction des circonstances » : une souplesse qui ne s’appliquerait que pour le soutien une fois en France et non pour l’assistance au moment de passer une frontière.

      Pendant que cette adaptation est débattue, voilà la police qui se jette sur quelques jeunes à la frontière franco-italienne. Dix agents ont plongé sur Theo et Bastien lorsqu’ils se sont éloignés de la mobilisation. Tout ça pour quoi ? Pour la gloire d’être parvenus à embastiller trois militants ? Pour en faire un exemple, en pensant saper les mouvements qui refusent l’inhumanité de la politique européenne envers les réfugiés ? Face à l’engagement de ces jeunes, répondre par la force n’est que l’aveu de faiblesse d’un Etat qui ne parvient plus à voir des êtres humains en détresse derrière les statistiques de la migration.

      Parlons des circonstances. Si ces jeunes ont marché dans ce col, c’était en réaction à un mouvement raciste et xénophobe qui menaçait les migrants. Leurs intentions étaient évidentes. Ils se trouvaient là pour assurer un petit socle de soutien et de dignité à des personnes dans le besoin. L’Etat français osera-t-il comparer cette solidarité aux pratiques criminelles des passeurs en Méditerranée en condamnant les « 3 » à de lourdes peines ?

      En ces temps, rien n’est certain. Et leurs proches témoignent de l’injustice profonde qu’ils affrontent. Les contraintes et le bâillon qui leur sont imposés ne suffiront toutefois pas à briser l’élan qui les porte. Ils ne peuvent s’exprimer ? Leurs idées ont trouvé de multiples relais. Et l’exemple de leur engagement suscite déjà de nouvelles actions solidaires.

      https://lecourrier.ch/2018/05/08/elan-collectif-pour-les-3-de-briancon

    • Migrants dans les Hautes-Alpes : “Ne pas trouver des cadavres à la fonte des neiges...”
      Un article qui date de décembre 2017... et que je mets ici pour archivage

      Depuis un an, bravant les forces de l’ordre, des habitants du Briançonnais se mobilisent pour apporter soutien et assistance aux centaines de migrants qui franchissent le col de l’Echelle. Entre révolte et découragement. En cette Journée internationale des migrants (18 décembre), reportage aux côtés de ces militants.

      http://www.telerama.fr/monde/migrants-dans-les-hautes-alpes-ne-pas-trouver-des-cadavres-a-la-fonte-des-n

    • À propos des #maraudes

      Bonjour à tous,

      La police barrant la route entre Clavière et Briançon, les exilés qui souhaitent effectuer la traversée doivent s’aventurer dans la montagne et parfois traverser la Durance gonflée par la fonte des neiges.
      Aujourd’hui même nous avons recueilli le témoignage d’un jeune homme qui a failli être emporté par la rivière dans la nuit.

      L’ accident dramatique de cette semaine (une jeune femme retrouvée morte noyée dans la Durance) met clairement en lumière le fait que le vrai danger vient de la Police et donc de l’Etat qui empêchent les demandeurs d’asile d’accéder à leurs droits en les refoulant systématiquement.

      Une fois de plus, il témoigne du manque de discernement des forces de l’ordre : comment peut – on oser poursuivre et mettre en fuite, en pleine nuit, des femmes et des hommes épuisés par la route, à proximité d’un torrent de montagne gonflé par la fonte des neiges ? C’est juste impensable.

      Nous espérions avoir réussi à éviter cela depuis le début de cet hiver en nous plongeant dans les nuits glaciales maraudes après maraudes.

      Depuis le mois de Mars, la salle paroissiale de l’Eglise de Clavière s’est transformée petit à petit, grâce aux énergies, des uns et des autres en un lieu sympathique à partir duquel les exilés cherchent un chemin pour rejoindre la France.
      L’hiver prenant fin, notre présence ici à Clavière a permis de rendre moins difficile et moins dangereuse la traversée vers la France et l’arrivée au Refuge Solidaire, au 115, chez Marcel, à l’hôpital ou dans une famille accueillante.
      Pour les équipes ‘maraudes’, cela a été une nouvelle façon d’apporter de l’aide en permettant aux exilés qui franchissent le col de Montgenèvre de se réapproprier la façon dont ils souhaitent ou peuvent entreprendre la fin de leur parcours vers la France.

      Nous avons donc arrêté les maraudes nocturnes. Nous restions cependant inquiets, parce que les risques encourus restent nombreux et sont exacerbés par la présence de la Police, des militaires et , depuis 3 semaines, des identitaires, présents jusque dans la ville de Briançon.

      Les équipes du Refuge le constatent également tous les jours : les éxilés arrivent dans un état de fatigue beaucoup plus important, souvent avec des blessures, après des périples de parfois plusieurs jours dans la montagne, des nuits passées dehors dans le froid… Tout cela rend le travail des bénévoles plus difficile.

      Nous en avons la preuve aujourd’hui : la nécessité de réorganiser notre présence sur le terrain est donc plus que justifiée par cet accident.
      Nous devons pouvoir continuer à être présents et à apporter notre aide dans le but de sauver des vies. On retrouve là ce qui a été la motivation première de la mise en place des maraudes.
      Personne ne doit mourir en montagne, ni par le froid, ni par épuisement, ni sous une avalanche, ni par noyade dans la Durance !…
      Si nous y croyons, ne nous laissons pas décourager, soyons fidèles aux valeurs qui sont les nôtres, continuons à les mettre en pratique. Il faut qu’on s’habitue à notre présence nécessaire dans la montagne tant que la police ne respectera pas les lois et les droits des exilés..

      Tout l’hiver nous avons bataillé pour essayer de faire reconnaître la place de l’équipe ‘maraude’ au sein des autres équipes du Refuge Solidaire.
      Aujourd’hui, nous espérons que l’on comprend pourquoi.

      Nous pensons qu’il faut que cette ‘action de terrain’ soit reconnue et portée par les Associations, Refuge Solidaire et Tous Migrants ( ce qui est déjà le cas pour cette dernière).

      Nous pensons qu’aucun d’entre nous ne voudrait être à l’image de ces femmes tunisiennes qui refusent désormais d’aller à la pêche parce qu’elles savent que les poissons de leurs filets se sont nourris de la chair de leurs enfants. Et nous ? Jusqu’à quand pourrons nous encore boire l’eau de nos sources et parcourir nos montagnes sereinement ?
      Tout l’hiver,nous avons bataillé pour essayer de faire reconnaître la place de l’équipe ‘maraude’ au sein des autres équipes du Refuge.
      Aujourd’hui nous espèrons que l’on comprend pourquoi.

      Nous pensons qu’une réunion s’impose pour repenser notre présence sur le terrain.
      Nous vous proposons qu’on se retrouve jeudi 17 mai à 18h30 à la MJC pour en parler.

      https://valleesenlutte.noblogs.org/post/2018/05/15/a-propos-des-maraudes

    • Les Alpes : le nouveau front de la migration

      Depuis ce qu’il est convenu d’appeler la crise des migrants et la suspension des accords de Schengen en 2015, les Alpes sont devenus un point sur la route des migrants en dépit de la neige, du froid et des chutes des pierres. C’est l’histoire de ces hommes et de ces femmes qui, loin des questions de politique globale de migration, interviennent auprès de ces populations menacées par une nature hostile dont ils ne connaissent rien. C’est aussi l’histoire de ces élus de terrain, de tous bords politiques, qui, persuadés que leur territoire montagnard resterait à l’abri des bouleversements du monde, se mobilisent pour remédier à cette question qui les touche au quotidien. Le village de Briançon par exemple, peuplé de 12 000 habitants, a vu traverser l’année dernière près de 2 000 nouveaux arrivants, principalement originaires d’Afrique de l’Ouest. Son maire Gérard Fromm, élu divers gauche, se mobilise au côté de Jean-Louis Chevalier, le maire divers droite de Névache, le village frontière. Au centre de cet engagement, les guides de montagne de la région qui s’organisent pour, chaque jour, parcourir le col de l’Échelle et le col de Montgenèvre, afin de venir en aide aux naufragés des Alpes.

      https://www.publicsenat.fr/emission/c-est-vous-la-france/les-alpes-le-nouveau-front-de-la-migration-85213

    • Hautes-Alpes : un migrant retrouvé décédé dans le col du Montgenèvre côté français

      C’est tout simplement terrible. Un jeune homme de couleur noire, très probablement un migrant, a été retrouvé décédé ce vendredi dans la descente du col de Montgenèvre au-dessus de Briançon.

      Quelques jours seulement après la noyade dans la Durance d’une jeune Nigériane de 20 ans, c’est un nouveau migrant qui a été retrouvé sans vie à quelques kilomètres de la frontière au-dessus des Alberts sur la commune de Montgenèvre.

      Ce sont des promeneurs qui ont découvert le corps vendredi après-midi et alerté la gendarmerie.

      Dans le Briançonnais tous les élus et toute la population sont sous le choc de ces drames à répétition qui tendent à donner raison à tous ceux qui alertent du danger depuis des mois et à l’aube d’une saison touristique que ce (très) triste sujet vient reléguer au second plan.

      Le communiqué de presse de Monsieur Raphaël BALLAND, procureur de la République près le TGI de Gap :

      Le vendredi 18 mai 2018, en fin d’après midi, la gendarmerie nationale était informée par des promeneurs de la découverte du corps sans vie d’un homme à la peau de couleur noire dans un bois situé sur la commune de MONTGENEVRE, en amont du hameau des ALBERTS.

      Le parquet de Gap a ouvert une enquête du chef de « recherche des causes de la mort » en application des dispositions de l’article 74 du code de procédure pénale aux fins d’identifier ce jeune homme et de de connaître les circonstances de son décès. Les investigations sont diligentées par la brigade de recherche de Briançon et la brigade de Saint Chaffrey.

      https://www.dici.fr/actu/2018/05/19/hautes-alpes-un-migrant-retrouve-decede-col-montgenevre-cote-francais-1138392

    • Reçu par email via Tous Migrants, le 19 mai 2018

      Bonjour à tous,
      La police barrant la route entre Clavière et Briançon, les exilés qui souhaitent effectuer la traversée doivent s’aventurer dans la montagne et parfois traverser la Durance gonflée par la fonte des neiges. Aujourd’hui même nous avons recueilli le témoignage d’un jeune homme qui a failli être emporté par la rivière dans la nuit. L’ accident dramatique de cette semaine (une jeune femme retrouvée morte noyée dans la Durance) met clairement en lumière le fait que le vrai danger vient de la Police et donc de l’Etat qui empêchent les demandeurs d’asile d’accéder à leurs droits en les refoulant systématiquement. Une fois de plus, il témoigne du manque de discernement des forces de l’ordre : comment peut-on oser poursuivre et mettre en fuite, en pleine nuit, des femmes et des hommes épuisés par la route, à proximité d’un torrent de montagne gonflé par la fonte des neiges ? C’est juste impensable. Nous espérions avoir réussi à éviter cela depuis le début de cet hiver en nous plongeant dans les nuits glaciales maraudes après maraudes. Depuis le mois de Mars, la salle paroissiale de l’Eglise de Clavière s’est transformée petit à petit, grâce aux énergies des uns et des autres en un lieu sympathique à partir duquel les exilés cherchent un chemin pour rejoindre la France. L’hiver prenant fin, notre présence ici à Clavière a permis de rendre moins difficile et moins dangereuse la traversée vers la France et l’arrivée au Refuge Solidaire, au 115, chez Marcel, à l’hôpital ou dans une famille accueillante. Pour les équipes ’maraudes’, cela a été une nouvelle façon d’apporter de l’aide en permettant aux exilés qui franchissent le col de Montgenèvre de se réapproprier la façon dont ils souhaitent ou peuvent entreprendre la fin de leur parcours vers la France. Nous avons donc arrêté les maraudes nocturnes. Nous restions cependant inquiets, parce que les risques encourus sont nombreux et exacerbés par la présence de la Police, des militaires et, depuis 3 semaines, des identitaires, présents jusque dans la ville de Briançon. Les équipes du Refuge le constatent également tous les jours : les éxilés arrivent dans un état de fatigue beaucoup plus important, souvent avec des blessures, après des périples de parfois plusieurs jours dans la montagne, des nuits passées dehors dans le froid... Tout cela rend le travail des bénévoles plus difficile. Nous en avons la preuve aujourd’hui : la nécessité de réorganiser notre présence sur le terrain est donc plus que justifiée par cet accident. Nous devons pouvoir continuer à être présents et à apporter notre aide dans le but de sauver des vies. On retrouve là ce qui a été la motivation première de la mise en place des maraudes. Personne ne doit mourir en montagne, ni par le froid, ni par épuisement, ni sous une avalanche, ni par noyade dans la Durance !... Si nous y croyons, ne nous laissons pas décourager, soyons fidèles aux valeurs qui sont les nôtres, continuons à les mettre en pratique. Il faut qu’on s’habitue à notre présence nécessaire dans la montagne tant que la police ne respectera pas les lois et les droits des exilés... Tout l’hiver nous avons bataillé pour essayer de faire reconnaître la place de l’équipe ’maraude’ au sein des autres équipes du Refuge Solidaire. Aujourd’hui, nous espérons que l’on comprend pourquoi.

      Nous pensons qu’il faut que cette ’action de terrain’ soit reconnue et portée par les Associations, Refuge Solidaire et Tous Migrants (ce qui est déjà le cas pour cette dernière).
      Nous pensons qu’aucun d’entre nous ne voudrait être à l’image de ces femmes tunisiennes qui refusent désormais d’aller à la pêche parce qu’elles savent que les poissons de leurs filets se sont nourris de la chair de leurs enfants. Et nous ? Jusqu’à quand pourrons nous encore boire l’eau de nos sources et parcourir nos montagnes sereinement ? Nous pensons qu’une réunion s’impose pour repenser notre présence sur le terrain.
      Nous vous proposons qu’on se retrouve jeudi 17 mai à 18h30 à la MJC pour en parler.
      Bises à tous,
      Anne et Benoit

      Courrier envoyé par Anne et Benoît -Tous Migrants- pour appeler à la réunion de jeudi 17.05.2018

    • Le corps d’un migrant a été retrouvé à la frontière franco-italienne

      Des randonneurs ont découvert, vendredi, le corps d’un jeune homme noir dans un bois de la commune de Montgenèvre, à proximité de la frontière franco-italienne. La justice cherche à l’identifier. Il pourrait s’agir d’un migrant. Une enquête est en cours pour préciser les circonstances de sa mort.

      http://www.infomigrants.net/fr/post/9359/le-corps-d-un-migrant-a-ete-retrouve-a-la-frontiere-franco-italienne?r

    • Hautes-Alpes : Génération identitaire, es-tu toujours là ?

      Le porte parole du mouvement Romain Espino apporte une réponse très claire et sans équivoque « oui nous sommes toujours là , nous sommes toujours en mission dans le Briançonnais »
      À la question, Génération identitaire es-tu encore là dans le Briançonnais ? Le porte parole du mouvement #Romain_Espino apporte une réponse très claire et sans équivoque : « oui nous sommes toujours là, nous sommes toujours en mission dans le Briançonnais, nous sommes entrés dans la 3ème phase de l’opération. La première phase était de bloquer le Col de l’Echelle pour attirer l’attention des médias et de faire en sorte que les politiques se positionnent sur cette question. Ensuite nous sommes passés sur une phase où des équipes mobiles de surveillance qui avaient pour vocation d’attirer d’attention sur l’ensemble de la zone et plus uniquement sur le Col de l’Echelle et puis là nous sommes dans une phase où l’on réalise un vrai travail d’investigation. » Depuis leur présence dans le Briançonnais du 21 avril, le mouvement Génération Identitaire engagé dans l’opération répondant au nom de code « #Mission_Alpes » a enclenché la phase 3 de l’opération qui consiste à mener des investigations.
      Une dizaine de membres du mouvement se relaie chaque semaine pour mener des opérations d’investigations avec la même conviction que celles menées en Méditerranée en août 2017 comme précise Romain Espino, « les réseaux de passages clandestins sont constitués souvent de la même façon, on a d’un côté des passeurs au sens propre du terme qui se font rémunérer pour pouvoir passer des clandestins et de l’autre côté des associations ou militants qui agissent par idéologie et qui utilisent les clandestins pour servir leurs idées au détriment donc des clandestins comme on l’a vu en Méditerranée et au col de l’Echelle et surtout au détriment des Français et des Européens. »

      Une présence remarquée des activistes de Génération Identitaire qui n’est pas du tout au goût de la municipalité.

      Le maire de Briançon a tenu à informer la préfecture au travers d’une lettre précisant la présence de ce mouvement. La municipalité ne comprend pas « l’inaction de l’Etat ».
      « Ce qui est vraiment gênant, c’est que nous sommes amené à les croiser en ville comme par exemple sur le marché où ils étaient présents pour faire signer des pétitions, ils font du collage sauvage dans plusieurs endroits de la ville. On a même recueilli plusieurs témoignages de migrants via l’association Refuge Solidaire qui disent avoir été traqués par les personnes de Génération Identitaire. Nous trouvons que ces activistes cherchent à alimenter un climat de peur », souligne sur Alpes 1 Vincent Faubert, directeur de cabinet du maire de Briançon

      « La loi est de notre côté , et on va pas s’en priver », R. Espino

      Le Procureur du parquet de Gap est en train d’enquêter sur les membres du groupe, afin de déterminer s’ils auraient usurpé la fonction publique lors des maraudes en zone frontalière et annonces de leur part d’enquêtes sur les associations pro-migrantes. Pas de quoi inquiéter outre mesure le porte parole de Génération identitaire Romain Espino : « en effet on a entendu parler de ce délit d’immixtion dans un travail de la fonction publique, la réalité est tout autre, car notre but était d’attirer l’attention et de montrer que les pouvoirs publics ne faisaient pas leur travail. Pour preuve, nous avons constaté que maintenant il y a une reprise en main du col de l’Echelle. Aujourd’hui nous faisons un travail d’investigation et nous avons tout à fait le droit de le faire, la loi est de notre côté, et on va pas s’en priver. »

      D’un côté une municipalité qui conteste la présence et les actions d’un tel mouvement au titre d’un risque important de débordement à l’ordre publique et de l’autre un mouvement européen déterminé à rester sur le territoire pour mener à bien sa mission. Un bras de fer qui risque de durer encore un certain temps.

      http://alpesdusud.alpes1.com/news/hautes-alpes/68897/hautes-alpes-generation-identitaire-es-tu-toujours-la

    • A Briançon, les migrants meurent et leurs soutiens passent en procès

      « Il y a un an, quand on dépliait une banderole « les frontières tuent », tout le monde trouvait ça exagéré. Aujourd’hui… ». Aujourd’hui, tout le monde est malheureusement d’accord avec Agnès Antoine, du collectif Tous Migrants. Ce n’est pourtant pas faute d’avoir « crié au loup » assez tôt. Cela fait maintenant plus d’un an que la ville de Briançon et ses habitants alertent sur les terribles conditions dans lesquelles des milliers de migrants ont tenté, et continuent de tenter chaque jour, la traversée de la frontière franco-italienne, au niveau du col de l’Echelle, puis, lorsque ce dernier est entièrement enneigé pendant les mois d’hiver, au col de Montgenèvre (voir notre précédent article à ce sujet).

      C’est à cet endroit, en amont du hameau des Alberts, à l’entrée de la vallée de la Clarée, à quelques encablures de Montgenèvre, qu’a été découvert vendredi 18 mai le corps d’un migrant, mort. Il s’agirait de Mamadou, d’origine sénégalaise. Jusqu’à présent, les autorités officielles n’ont pas encore confirmé l’identité de ce « jeune homme noir » tel qu’il est présenté dans la presse. Mais en récupérant la veille un autre migrant sénégalais, à bout de force et en état de choc, le « Refuge » [1] de Briançon a établi la triste connexion. « Ibrahim a raconté avoir perdu son compagnon de route après plusieurs jours et plusieurs nuits, égarés dans la montagne. Ils venaient tous deux du même village au Sénégal », rapporte Agnès Antoine. Les circonstances du drame restent encore floues pour le moment : une chute dans le ravin ? une mort par épuisement ? Le parquet a ouvert une enquête pour rechercher les causes de la mort. Ibrahim, le survivant, a été pris en charge en tant que mineur par le Conseil départemental dans le centre de Sorges.

      Mort de deux migrants en dix jours

      Il s’agit du deuxième décès en dix jours dans le briançonnais. Le 9 mai, le corps de Blessing était repêché dans la Durance. Cette Nigériane de 20 ans se serait noyée en tentant d’échapper à un contrôle des forces de l’ordre au niveau de La Vachette, quelques kilomètres avant Briançon mais bien après la frontière. Difficile également d’en savoir plus sur les circonstances précises de ce décès, comme en atteste le bouleversant récit qu’en livre Mediapart : ni les services de police et de gendarmerie, ni le parquet de Gap ne souhaitent s’exprimer sur le dossier.

      Une chose est sûre, le « petit miracle », celui de ne pas avoir encore découvert de cadavres au pied de leur montagne, s’est définitivement brisé pour tous ces citoyens qui assurent maraudes, hébergement et ravitaillement depuis le début. Avec Blessing puis Mamadou, le Briançonnais a rejoint Vintimille ou la vallée de la Roya au rang des points meurtriers de la frontière franco-italienne (Voir notre article sur le sujet). « Il y a un effet de sidération, confirme Agnès Antoine. On se retrouve à devoir gérer des choses que l’on n’imaginait pas : comment prévenir la famille du défunt ? comment rapatrier son corps ? ».

      Génération identitaire continue sa traque aux migrants

      La succession de ces deux drames coïncide avec l’arrivée sur le territoire du groupuscule Génération Identitaire. Depuis le samedi 21 avril, des militants d’extrême-droite se mettent en scène régulièrement, sur les réseaux sociaux et en toute impunité, comme gardiens de la frontière. « Nous sommes toujours en mission dans le briançonnais, assurait ainsi ce lundi Romain Espino, le porte-parole du mouvement, auprès de la radio locale Alpes 1. Nous sommes dans une phase où l’on réalise un vrai travail d’investigation ». La stratégie a semble-t-il désormais dépasser le simple stade de la communication : plusieurs échos font état d’une véritable traque de migrants entreprenant le passage (voir ici).

      Ce ne sont pourtant pas eux qui seront poursuivis par la justice à la fin du mois – bien que les procureurs auraient pu se saisir d’une infraction pour « comportements hostiles à la circulation des migrants » [2]. Le 31 mai prochain doit s’ouvrir à Gap le procès des « trois de Briançon » : Bastien, Théo et Eleonora, arrêtés le lendemain de la démonstration de force de la mouvance fasciste, le 22 avril, lors d’une contre-mobilisation pacifique reliant le col de Montgenèvre à Briançon.

      « Ce qui se passe est très très grave, analyse Michel Rousseau, cofondateur du réseau Tous Migrants. C’est tout notre système d’État de droit que l’on détricote peu à peu. Et qui nous mène à assimiler la défense d’un droit collectif à quelque chose de délictuel. Ce sont des assimilations particulièrement dangereuses, on marche sur la tête ». Pour cette manifestation de solidarité, requalifiée donc en « aide à l’entrée d’étrangers en situation irrégulière », les trois prévenus risquent 10 ans de prison et 750 000 Euros d’amende. Plusieurs mobilisations de soutien sont prévues les prochains jours, notamment ce dimanche 27 mai à Paris, à 15h30, à l’issue des États généraux des migrations. Pendant ce temps-là, Génération Identitaire continue à relayer sur Twitter photos et autres appels à la chasse aux migrants, dans le silence général. Celui-là même qui accompagne les drames qui se jouent actuellement dans les Alpes briançonnaises…

      https://www.bastamag.net/A-Briancon-les-migrants-meurent-et-leurs-soutiens-passent-en-proces

    • #Erri_De_Luca : « Porter secours n’est pas un choix mais un devoir »

      Selon Erri De Luca, quand la #fraternité est illégale, il faut désobéir. L’écrivain italien a lancé un appel en soutien aux « trois de Briançon », une Italienne et deux Suisses qui encourent dix ans de prison pour avoir aidé des migrants à passer la frontière.

      https://www.politis.fr/articles/2018/05/erri-de-luca-porter-secours-nest-pas-un-choix-mais-un-devoir-38845
      #désobéissance

    • Theo et Bastien sortent du silence

      Les deux Genevois qui ont participé à une marche de solidarité avec les migrants dans les Hautes-Alpes se disent victimes d’un procès politique pour délit de solidarité.

      « Nous sortons du silence, car l’Etat français n’a aucune raison valable de nous museler », déclare Theo, 24 ans, face aux journalistes convoqués jeudi à Annemasse, ville aux portes de Genève. A ses côtés, Bastien, 26 ans, explique que leurs avocats les ont prévenus que s’exprimer de la sorte était risqué mais qu’ils assumaient ce risque. Sous contrôle judiciaire en attendant leur procès jeudi prochain à Gap (Hautes-Alpes), ils ont l’interdiction de s’exprimer publiquement.

      Theo et Bastien sont ces deux Genevois qui, avec l’Italienne Eleonora, sont poursuivis par le Tribunal de Gap pour aide à l’entrée d’étrangers en situation irrégulière sur le territoire national en bande organisée. Ils risquent jusqu’à dix ans de prison et 750 000 euros d’amende. Ces jeunes défenseurs des migrants, dits les « 3 de Briançon », et les comités de soutien qui se sont formés en Suisse, en France et en Italie, dénoncent un « procès politique » pour « délit de solidarité ».

      Ils avaient participé à une marche près de Briançon, dans les Hautes-Alpes, le long de la frontière franco-italienne en compagnie d’une trentaine de migrants le 22 avril. Une action qui répondait à celle, la veille, du groupe Génération identitaire au col de l’Echelle, visant à bloquer ce passage de migrants.
      Inégalités de traitement

      Theo, Bastien et Eleonora avaient alors été arrêtés puis placés en détention provisoire à la prison des Baumettes à Marseille. Le 3 mai, le Tribunal de Gap les a libérés en attendant leur procès, les plaçant sous contrôle judiciaire. Accueillis chez des proches en Haute-Savoie (Eleonora est à Marseille), Theo et Bastien ne peuvent quitter ce département et doivent régulièrement se présenter dans une gendarmerie, à 30-40 minutes d’où ils logent. Chaque jour pour Theo. Chaque semaine pour Bastien. Une inégalité que ce dernier ne s’explique pas.

      Etudiant en histoire économique, il a des examens en juin. Theo, maître nageur, devait travailler dès le 11 mai à la piscine de Carouge. « Nous ne pouvons pas rentrer chez nous, la répression est dure à vivre. Nous sommes stoppés dans nos études et notre travail. Mais si notre expérience aura aidé à une prise de conscience du calvaire que vivent les migrants, alors elle n’aura pas été vaine. »

      Car Theo et Bastien ne veulent pas qu’on s’attarde sur leurs personnes. S’ils se mettent sous le feu des projecteurs, c’est « pour préciser leur positionnement politique dans ce qui semble un procès politique » visant à « casser la solidarité internationale » envers les migrants, avait introduit Anna, une étudiante du comité de soutien genevois. Elle dénonce la « chasse à l’humain » des autorités. « En moins de deux semaines, deux personnes sont mortes à la frontière près de Briançon, dont une jeune femme qui s’est noyée après avoir fui un contrôle de police. »

      Theo ne décolère pas : « La situation aux frontières est de plus en plus désastreuse, nous ne pouvons nous taire. Malgré la répression, nous ne baissons pas la tête. Elle vise à faire peur aux gens solidaires, mais nous n’avons pas peur. Notre objectif est de recentrer la question sur l’inhumanité orchestrée par l’Etat et que les migrants subissent. »

      « Notre séjour en prison a appuyé notre détermination, enchaîne Bastien. Les privilèges ressentis en tant que Blancs, de classes aisées, ont été très forts. Cela reflète l’injustice de cette société que les réfugiés et détenus racisés subissent. »
      Contre une société injuste

      Le jeune homme précise ses convictions : « Nous sommes jeunes, nous devons nous positionner, il s’agit de ce que nous avons dans le cœur. Le monde va vers toujours plus d’inégalités, ravagé par l’exploitation humaine et animale, les guerres, le racisme, le fascisme, le sexisme. Cette violence inouïe nous pousse à nous engager, en questionnant le problème à la racine et avec radicalité. La cause de ces violences, c’est le capitalisme. Que dire à un réfugié dont le territoire a été est pillé par la mondialisation ? Tant qu’on vivra dans cette société injuste, il y aura des gens pour traverser la Méditerranée. Leur venir en aide ne devrait même pas être une question. »

      Theo croirait être revenu à la Seconde Guerre mondiale, « quand le délit de solidarité a été beaucoup utilisé à l’encontre de ceux qui ont aidé les juifs ». Le tout alors que les autorités ferment les yeux sur les actes des « fascistes de Génération identitaire », preuve de la « partialité de la justice ». « Il fallait enfermer quelqu’un, c’est tombé sur nous. »


      https://lecourrier.ch/2018/05/24/theo-et-bastien-sortent-du-silence

    • Un nouveau corps de migrant retrouvé dans les Hautes Alpes.
      Troisième.
      Ce que les professionnels de la montagne redoutaient devient hélas réalité.

      "Bardonecchia, il corpo di un migrante affiora tra neve e detriti dell’Orrido del Frejus"

      E’ il terzo in pochi giorni, il primo sul versante italiano. In corso il recupero del soccorso alpino delle Fiamme Gialle.

      Lo hanno trovato poco prima di mezzogiorno lungo il torrente Frejus, nel sentiero che conduce all’orrido omonimo. Sopra l’abitato di Bardonecchia, il migrante con ogni probabilità si era perso e vista l’impossibilità di passare dal tunnel ferroviario, da tempo presidiato dai militari, aveva cercato di raggiungere la valle Stretta e il colle della Scala, sbagliando però strada e inririzzandosi verso un sentiero troppo difficile.
      Il primo a vedere i resti è stato un escursionista che ha subito chiamato i soccorsi. Gli uomini della guardia di finanza che hanno recuperato il corpo non sono riusciti a identificarlo perché il migrante non aveva con sé dei documenti. Il poco che si sa è che si tratta di un maschio dalla pelle scura, ma per stabilirne la nazionalità ci vorrà tempo.

      Il sindaco di Bardonecchia, Francesco Avato, impegnato nella gestione della tappa del Giro d’Italia che arriverà oggi in cima allo Jafferau, è stato subito informato della tragedia: «Si tratta di una notizia orribile che getta un velo di tristezza su una giornata che doveva essere di festa - commenta il primo cittadino - Quanto successo dimostra ancora una volta che il primo impegno di tutti deve essere la garanzia dell’incolumità di chi cerca di passare queste montagne. I volontari che operano nel punto di assistenza aperto alla stazione si sono occupati di più di 1500 migranti in questi mesi, ma purtroppo non è bastato per evitare la morte di uno di loro. Questo ci divide il cuore a metà nel giorno del Giro, tra la bellissima festa di popolo che stiamo vivendo e le notizie ferali che arrivano dalla montagna». Durante l’inverno sono decine le chiamate di soccorso raccolte da volontari e soccorso alpino, ma quella del migrante ignoto, morto sopra Bardonecchia, non è mai arrivata.

      Nei giorni scorsi i corpi di altri due migranti, morti nel tentativo di varcare la frontiera, erano stati recuperati sul versante francese delle Alpi:
      la nigeriana Blessing Matthew era stata ripescata nella Durance dove era annegata cercando di sfuggire all’inseguimento della Gendarmerie, mentre il senegalese Mamadou era stato ritrovato sul sentiero che dal Monginevro discende a Briançon, dove si era perso morendo di sfinimento.

      http://torino.repubblica.it/cronaca/2018/05/25/news/bardonecchia_il_corpo_di_un_migrante_affiora_tra_neve_e_detriti_su

    • Merci @sinehebdo, j’ajoute tout le texte de l’article ici aussi :
      Militants promigrants : « Notre réaction, c’est la solidarité et on nous réprime pour nos idéaux »

      Alors qu’ils doivent être jugés le 31 mai, deux Suisses interpellés pour avoir fait passer la frontière franco-italienne à une vingtaine de migrants ont donné ce jeudi une conférence de presse.

      « Nous sommes en colère. Nous ne baisserons pas la tête, malgré la répression. On cherche à faire peur aux personnes solidaires des migrants, mais nous n’avons pas peur. » Une semaine avant leur procès qui se tiendra le 31 mai à Gap (Hautes-Alpes), Bastien, 26 ans, et Théo, 24 ans, deux Suisses de la région de Genève, ont décidé de s’exprimer devant la presse, jeudi à Annemasse, petite ville haut-savoyarde proche de Genève. Ils sont poursuivis pour avoir « facilité ou tenté de faciliter l’entrée irrégulière en France » de migrants, des « faits commis en bande organisée » selon le parquet de Gap et passibles d’une peine de dix ans de prison, de 750 000 euros d’amende et d’interdiction du territoire français.

      Le 22 avril, ils avaient participé à une marche de militants engagés promigrants, au col de Montgenèvre, sur la frontière franco-italienne, en réaction au happening de militants d’extrême droite de Génération identitaire organisé au même moment sur le col voisin de l’Echelle. En se mêlant à cette manifestation improvisée, une vingtaine de migrants avaient pu passer la frontière. Bastien et Théo, ainsi qu’une Italienne de 24 ans, Eleonora, avaient été interpellés à l’issue de la marche. Présentés devant les juges en comparution immédiate, ils avaient obtenu le report de leur procès mais avaient été placés en détention provisoire, aux Baumettes à Marseille. Leurs avocats avaient obtenu leur libération onze jours plus tard, sous strict contrôle judiciaire, avec obligation de résider en France et l’interdiction de s’exprimer sur les réseaux sociaux. Ils avaient reçu le soutien d’un millier de personnalités françaises, suisses et italiennes, toutes signataires d’un texte de l’écrivain italien Erri de Lucas.

      « Deux poids deux mesures »

      « Nous sortons du silence, pour alerter sur ce que nous avons vu. La situation aux frontières est désastreuse », précisent Théo et Bastien, expliquant que si « la répression est dure à vivre pour nous, elle l’est encore plus pour les migrants ». « Notre séjour en prison a amplifié notre détermination », précise Bastien, mais c’est surtout la situation à la frontière qui révolte les deux jeunes au discours anticapitaliste assumé : « La répression de la solidarité avec les migrants est une honte, alors que des vies sont en jeu. Nous, Européens, passons cette frontière sans la voir, mais les migrants, eux, y meurent. Génération identitaire et la police ont une responsabilité. Dernièrement, deux personnes sont mortes, dont une qui se serait noyée en voulant échapper à la police. Il ne nous est pas possible de rester impassibles face à ça », insiste Théo.

      Deux corps de migrants ont effectivement été découverts près de Briançon ces dernières semaines. Le 9 mai, une jeune Nigériane de 20 ans, Blessing Matthew, a été retrouvée noyée dans la Durance. Le réseau d’aide aux migrants de Briançon est affirmatif : la jeune femme, après avoir passé la frontière et peu avant sa disparition, avait été poursuivie en pleine nuit et sans succès par la police. Une enquête pour « recherche des causes de la mort » est en cours sous la direction du parquet de Gap. Le 18 mai, le corps d’un homme noir a été découvert dans un bois sous le col de Montgenèvre, « mort d’épuisement » selon le collectif local Tous migrants qui s’appuie là encore sur le témoignage d’un de ses compagnons d’infortune. Une autre enquête a été ouverte par le parquet. « Notre réaction, c’est la solidarité, et on nous réprime pour nos idéaux, ajoute Théo. Le fait de fermer les yeux sur les délits de Génération Identitaire et de nous mettre aux Baumettes parce qu’on a fait une marche solidaire montre la partialité du parquet de Gap ! C’est deux poids deux mesures, il y a un réel acharnement contre nous. Nous avons été pris comme boucs émissaires, de façon arbitraire. »

      « Crier leur souhait de plus de justice »

      A l’issue de la conférence de presse, Bastien avoue : « Nous ne sommes pas très à l’aise avec le fait de nous mettre en avant quand d’autres sont directement concernés… Mais cela nous est tombé dessus ! » Sa mère, Laurence Stauffer-Cart, dit, sereine : « Bastien est cohérent, authentique, il ne triche pas. Théo et lui ont à mes yeux beaucoup de mérite de ne pas s’arrêter à leur petite cause et de prendre le risque de dire ce qu’ils doivent dire. Ils ne peuvent faire autrement que de s’offusquer et de crier leur souhait de plus de justice, d’un monde qui soit bon. Ils ont tout mon soutien ». Le 31 mai devant le tribunal de Gap, leurs avocats seront accompagnés pour plaider leur cause du pénaliste Henri Leclerc, avocat entre autres de la Ligue des droits de l’homme.


      http://www.liberation.fr/france/2018/05/24/militants-promigrants-notre-reaction-c-est-la-solidarite-et-on-nous-repri

    • Erri de Luca : Appel pour la libération des 3 de Briançon.
      Eugénio Populin, Médiapart, le 3 mai 2018
      https://blogs.mediapart.fr/eugenio-populin/blog/030518/erri-de-luca-appel-pour-la-liberation-des-3-de-briancon

      Erri de Luca : « Rien au monde ne peut empêcher les migrants de venir »
      Politis, Youtube, le 23 mai 2018
      https://www.youtube.com/watch?v=Ji0R3Mb8EQQ

      Erri De Luca : « Porter secours n’est pas un choix mais un devoir »
      Ingrid Merckx et Vincent Richard, Politis, le 23 mai 2018
      https://www.politis.fr/articles/2018/05/erri-de-luca-porter-secours-nest-pas-un-choix-mais-un-devoir-38845

      Aussi là :
      https://seenthis.net/messages/697047
      #paywall

    • LA FRONTIERA HA UCCISO ANCORA

      Terzo morto in meno di venti giorni

      Blessing, 21 anni, morta nel fiume mentre fuggiva da un inseguimento della Police National.
      Mamadou, morto nei boschi per sfinimento in seguito un respingimento della polizia.

      Ieri un altro cadavere è stato trovato nell’orrido del Frejus, lato italiano. Un corpo in stato avanzato di decomposizione, ritrovato solo ora che la neve si sta sciogliendo.

      3 morti in meno di venti giorni.

      Questa frontiera sta diventando velocemente un cimitero.

      Polizia. Gendarmerie. PAF (la polizia di frontiera). Chasseurs alpin (gli alpini). Sono loro i responsabili diretti di queste morti. La frontiera uccide attraverso le sue divise. Le «forze dell’ordine» sono il braccio armato di questo dispositivo di selezione ed esclusione che ultimamente è anche qui diventato assassino.

      Se non ci fosse la polizia che controlla i documenti, chi vuole spostarsi potrebbe farlo in treno, in aereo o in bus.

      La repressione delle «forze dell’ordine» verso i «migranti», i «sans papiers», si traduce in omicidio visibile su queste montagne, ma inizia da molto più lontano. Sono le retate nelle strade delle città, dove la polizia effettua sempre più blocchi specifici a caccia di chi un documento non ce l’ha, per minacciarlo o chiuderlo in un CPR. Sono le guardie dei Centri Permanenti per il Rimpatrio, i nuovi CIE che Minniti ha deciso di aumentare e mettere più vicino agli aeroporti per facilitare le deportazioni. Sono i dipendenti delle questure delle varie Commissioni Territoriali che hanno il potere di decidere se dare un pezzo di carta o meno ai «richiedenti asilo».
      È ogni divisa che risponde all’imperativo di selezione che chiedono le varie istituzioni politiche ed economiche.

      La frontiera ha ucciso di nuovo.
      Le «forze dell’ordine» ne sono state l’esecutore materiale.

      Non dimentichiamo, non perdoniamo.


      Vu sur la page FB de « Chez Jésus », le 26.05.2018 :
      https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=379301939221875&id=362786637540072

    • Primavera a Bardonecchia

      Un cadavere che sbuca dalla neve.
      Qualche riga di agenzia tra le notizie dal giro d’Italia. Nessun nome, solo ossa e lembi di pelle scura, tutto quello che ha lasciato la montagna. Nessuna lacrima, il giorno dopo il mondo ha dimenticato che eri un uomo con i tuoi sogni oltre quella montagna. Con la tua storia che aveva attraversato il deserto e il mare e si è fermata sotto la neve. Pensiamoci, in silenzio.

      https://www.facebook.com/Rainbow4Africa/photos/a.474468992873.250931.40318577873/10155635334837874/?type=3&theater
      #Mauro_Biani

    • Solidarité avec les 3 de Briançon
      Texte trouvé sur FB, avec le commentaire « L’humanité du jour », j’en déduis que c’est la source, donc : L’Humanité, 25.05.2018


      https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10155175212072820&set=a.10152617350107820.1073741828.718017

      C’est en effet l’extrait du texte que j’ai entendu à la place de la République à Paris, lors de la manifestation en soutien aux 3 de Briançon.
      Hélas, pas beaucoup de monde à la manif...

    • Hautes-Alpes : les 3 de Briançon, « s’ils sont incriminés alors, je suis leur complice » E. de Luca

      Annoncé présent lors d’un appel à l’action à la Roche-de-Rame, l’écrivain italien a envoyé une vidéo de soutien à Bastien, Théo et Eleonora.
      Déjà présent pour lancer un appel à la libération des « 3 de Briançon » le 2 mai dernier, l’écrivain italien Erri de Luca (prix Femina étranger en 2002, Prix européen de littérature en 2013 ainsi que le Prix Ulysse pour l’ensemble de son œuvre), s’engage à nouveau pour les deux Suisses, Bastien et Théo, ainsi que l’Italienne Eleonora.

      Jugés pour aide à l’entrée de personnes en situation irrégulière et en bande organisée, leur procès aura lieu ce jeudi 31 mai. L’écrivain qui devait être présent lors d’un appel à l’action ce mercredi à la Roche-de-Rame, a envoyé cette vidéo de soutien dans laquelle il indique « si les trois jeunes poursuivis sont incriminés alors je suis leur complice. »

      https://www.youtube.com/watch?time_continue=70&v=IoMKoNHWcEo


      http://alpesdusud.alpes1.com/news/hautes-alpes/69105/hautes-alpes-les-3-de-briancon-s-ils-sont-incrimines-alors-je-sui

    • Le procès des « 3 de Briançon » pourrait être renvoyé

      C’est une audience très attendue qui doit se tenir devant le tribunal correctionnel de Gap ce jeudi. Celui de Bastien, Théo et Eleonora poursuivis pour aide à l’entrée et à la circulation sur le territoire national d’étrangers en situation irrégulière. Ceux qu’on surnomme les « 3 de Briançon » avaient été interpellés le dimanche 22 avril à la suite d’une manifestation à la frontière franco-italienne. Une manifestation en réponse à l’action organisée par le groupe d’extrême-droite, Génération identitaire.

      L’audience pourrait être renvoyée à une date ultérieure. Pour cause ? Une question prioritaire de constitutionnalité transmise au Conseil constitutionnel le 9 mai dernier par deux plaignants, dont le militant de la vallée de la Roya, Cédric Herrou. En somme, les Sages doivent trancher : est-ce que le délit d’aide à l’entrée est compatible au principe constitutionnel de fraternité ?

      Concernant l’audience des « 3 de Briançon », le parquet devrait soulever cet élément et la défense pourrait soulever le même point. Le tribunal pourrait donc renvoyer l’audience en prononçant un sursis à statuer jusqu’à la décision du Conseil constitutionnel. Car si les Sages déclarent la disposition législative contraire à la Constitution, elle est abrogée et disparaît de l’ordre juridique.

      La question posée au Conseil constitutionnel : « En édictant les dispositions des dispositions combinées des articles L. 622-1 et L. 622-4 du code de l’entrée et de séjour des étrangers et du droit d’asile – en ce que, d’une part, elles répriment le fait pour toute personne d’avoir, par aide directe ou indirecte, facilité ou tenté de faciliter l’entrée, la circulation ou le séjour irréguliers, d’un étranger en France même pour des actes purement humanitaires qui n’ont donné lieu à aucune contrepartie directe ou indirecte et, d’autre part, elles ne prévoient une possible exemption qu’au titre du seul délit d’aide au séjour irrégulier d’un étranger en France et non pour l’aide à l’entrée et à la circulation –, le législateur a-t-il porté atteinte au principe constitutionnel de fraternité, au principe de nécessité des délits et des peines et au principe de légalité des délits et des peines ainsi qu’au principe d’égalité devant la justice garantis respectivement par les articles 8 et 6 de la Déclaration des droits de l’homme et du citoyen ? »

      https://www.ledauphine.com/hautes-alpes/2018/05/29/le-proces-des-3-de-briancon-poursuivis-pour-avoir-aide-des-migrants-lors

    • Alpha. Ce matin, ton inhumation aux Alberts. Demain soir, à 20h30, nous t’y rendrons un dernier hommage.

      Alpha
      Surtout et par dessus tout, il faut te rendre hommage.
      Toi l’enfant, l’homme, le frère
      Ici la terre pleure ton âme échouée.
      Pardonne nous Alpha car nous n’avons pas su te sauver.
      Nous avons cru être forts, parfaits, encore convaincus d’avoir évité le pire. Mais te voici avec ton corps d’adolescent, ayant tout perdu, ayant tout donné.
      Tu es une brèche Alpha, une faille par laquelle nous pouvons laisser entrer tant de choses.
      Qu’allons nous décider de faire entrer dans cette brèche ?
      La brèche est l’espace qui nous laisse entrevoir l’obscurité ou la lumière. Tout dépend de la place qu’on décide d’adopter.
      Que choisissons nous de voir à travers toi Alpha ?
      La noirceur de l’inhumanité, de la haine, de la peur et de l’ignorance ? Non
      Il ne faut pas s’habituer Alpha et on te promet de ne pas s’habituer à la banalité des mots qui vous qualifient, à l’anonymat, à l’injustice ou au spectaculaire éphémère utilisé sans vergogne et sans honte.
      Du fond de la brèche, on entend gronder la colère de tous. Les hommes, les femmes, les frères.
      Du fond de cette brèche nous allons prendre soin de l’ordinaire, du cadeau de vos rencontres sur ce chemin d’exil et sur cette terre que nous voulons souriante.
      De cette brèche, il nous faut nous tourner vers la lumière.
      La lumière de vos regards brillants et nourris d’espoir, la lumière de vos mains maintes fois serrées dans les nôtres, la lumière de nos fraternités incontournables et indispensables.

      Repose en paix parmi nous

      https://www.facebook.com/tousmigrants/posts/2160116644219903

    • Migrants : la solidarité est-elle punissable ?

      On les appelle les « Trois de Briançon ». Deux Genevois, Bastien et Théo, et une Italienne, Eleonora. Ils seront jugés ce jeudi 31 mai pour avoir aidé des migrants à entrer illégalement en France. Un scandale, affirment leurs nombreux soutiens, pour qui la compassion n’a pas à être criminalisée.

      Alors faut-il sévir contre ceux qui aident les migrants à franchir illégalement nos frontières ? La solidarité est-elle punissable ?

      https://www.rts.ch/emissions/infrarouge/9602122-migrants-la-solidarite-est-elle-punissable-.html

      Dans l’émission, ces deux infographies ont été montrées :


      #statistiques #chiffres
      –-> malgré ce qui a été dit durant l’émission, je pense qu’il ne s’agit pas de chiffres sur le nombre de PERSONNES qui ont traversé la frontière, mais le nombre de CAS appréhendés (une personne tentant à plusieurs reprises de traverser la frontière serait comptée plusieurs fois).
      Ceci est le cas des statistiques du corps des gardes-frontière en Suisse, je pense que c’est la même chose pour les statistiques sur la frontière italo-française, mais il faudrait vérifier...

      Suite à l’émission, j’ai écrit ce message à une personne qui était présente sur le plateau pour le comité de défense des 3 de Briançon... pour clarifier un peu ce qui se passe sur la frontière et qui a le droit de faire quoi...

      J’ai vu Infrarouge hier soir
      ça ne volait vraiment pas très haut, hélas...
      Si jamais, pour une prochaine fois, peut-être ce texte peut être intéressant pour votre comité :
      https://asile.ch/2016/12/15/regard-dune-citoyenne-mineurs-non-accompagnes-lacte-de-lisa-bosia-mirra-legiti
      Regarde surtout l’encadré en bas de la page
      J’ai pas pensé à vous l’envoyer AVANT l’émission, pardon
      Une chose à laquelle il faut faire attention la prochaine fois : les « contre » disait souvent « les migrants économiques qui entrent illégalement sur le territoire français »... en fait, ce n’est pas aux gardes-frontière à juger... une personne sans documents PEUT entrer sur le territoire si il « manifeste la volonté de demander l’asile » (c’est le texte de la loi suisse, mais les autres lois européennes sont similaires —> La définition du réfugié étant déclarative, les pays ne peuvent pas refouler une personne qui DECLARE être en danger si renvoyée !)... c’est APRES, quand sa demande sera examinée, que le pays en question peut prononcé un renvoi, si la personne n’est pas considérée réfugiés ou en besoin de protection. Mais ça se décide sur le territoire, après une procédure, et non pas par la frontière et pas par les gardes-frontières !!!
      C’est pour cela qu’il faut insister sur le fait que les migrants ont le DROIT d’entrer sur le territoire français en vue de déposer une demande d’asile. Alors que les gardes-frontière et la police, eux, n’ont pas le droit de les refouler ! Ce sont les forces de l’ordre à être dans l’illégalité, non pas les migrants.
      Ce que les manifestants ont fait ne peut donc pas être considéré illégal, car ils ont permis aux demandeurs d’asile de pouvoir exercer leur droit !
      --> Il faut donc complètement retourner le discours…

      Je pense que c’est important de garder cela en tête pour un prochain futur débat
      Tu peux aussi lire :
      https://asile.ch/2016/12/08/regard-dune-juriste-droits-fondamentaux-asile-frontieres-paradoxe-refugies
      et
      https://asile.ch/2016/12/13/regard-dune-geographe-murs-frontieres-fantasme-controle-migratoire

    • « Trois de Briançon » : Théo et Bastien vont pouvoir rentrer en Suisse

      Le contrôle judiciaire visant les deux Suisses et l’Italienne, poursuivis pour avoir aidé des migrants à entrer en France fin avril, a été levé.

      Les Genevois Théo et Bastien ainsi que l’Italienne Éléonora pourront rentrer chez eux. Le contrôle judiciaire qui les contraignaient à rester en France a été levé, a-t-on appris lors de l’ouverture de leur procès, ce jeudi matin, à Gap. C’est le soulagement pour les familles et leur comité de soutien. Le procès est renvoyé au 8 novembre 2018.

      Le 22 avril dernier, plus d’une centaine de personnes dont « les trois de Briançon », comme les surnomment leurs soutiens, avaient franchi la frontière italo-française avec des migrants au col de Montgenèvre. Le trio est accusé « d’aide à l’entrée irrégulière » d’étrangers, avec comme circonstance aggravante selon le parquet d’avoir commis ces faits « en bande organisée ».

      Le Conseil constitutionnel devra examiner, probablement d’ici fin août, si le délit d’aide à l’entrée sur le territoire français est compatible avec le principe de fraternité garanti par la Constitution française. La défense comme le procureur ont plaidé pour le renvoi, dans l’attente de la réponse du conseil constitutionnel à cette question.


      https://www.24heures.ch/news/standard/Trois-de-Briancon-Theo-et-Bastien-vont-pouvoir-rentrer-en-Suisse/story/10172490

    • Scarcerati i tre manifestanti arrestati a Briancon durante il corteo pro migranti

      La decisione del giudice di Gap: ma hanno l’obbligo di firma e dovranno rimanere in Francia.
      Sono stati scarcerati i tre manifestanti arrestati il 22 aprile dopo un corteo che era partito dal Monginevro ed era arrivato a Briançon per manifestare in difesa del diritto alla solidarietà nei confronti dei migranti e contro la presenza del gruppo di estrema destra Generation Identitaire al colle della Scala. Sette persone erano state fermate, quattro liberate poco dopo ma tre sono stata arrestate con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, un reato che in Francia prevede pene fino a 10 anni. Questo pomeriggio il tribunale di Gap ha accolto la richiesta di scarcerazione formulata dai legali dei tre arrestati. Poco dopo le 16 il tribunale si è espresso in favore della scarcerazione sostituendo la misura cautelare in carcere con l’obbligo di firma e di rimanere nel dipartimento di Briançon.
      Eleonora Laterza, di Torino, Theo Buckmaster e Bastien Stauffer sono liberi, ma costretti a rimanere in Francia, in attesa del processo che inizierà il 31 maggio. “ La libertà è la regola, la detenzione un’eccezione”, hanno spiegato i legali dei tre, in aula secondo quanto riporta il quotidiano Le Dauphinè Libèrè.
      Circa 150 persone si sono
      radunate davanti al tribunale di Gap questo pomeriggio per attendere la decisione dei giudici.
      Nei giorni scorsi erano state raccolte circa 800 firme, tra Italia, Francia e Svizzera per chiedere l’immediata scarcerazione dei tre ragazzi. Il primo firmatario dell’appello era stato lo scrittore Erri De Luca.

      http://torino.repubblica.it/cronaca/2018/05/03/news/scarcerati_i_tre_manifestanti_arrestati_a_briancon_durante_il_cort

    • Disputes Over Migrants Along the Italy-France Border Expose Ongoing EU Policy Gaps

      Last month, authorities in Italy requested a formal investigation of five French border patrol agents in the Alps who entered Italy to perform an unauthorized drug test on a Nigerian citizen, in what the authorities say was a violation of Italian sovereignty. It was just the latest episode in months-long tensions at the French-Italian border near Col de l’Echelle, or Colle Della Scala, a high mountain pass in northwestern Italy that has become a popular route for migrants trying to enter into France.

      In March, a volunteer mountain guide on the French side of the border was charged with facilitating illegal immigration after he rescued a migrant woman on the pass; she was nearly nine months pregnant. In April, an anti-migrant protest organized by a mainly French far-right group with branches in other countries, including Italy, led to clashes with the Italian police and pro-migrant activists.

      Since France re-introduced border checks with Italy in the wake of the refugee and migrant crisis in 2015, migration routes have shifted to more remote areas—initially mountain passages like those in the Roya Valley near the Mediterranean town of Ventimiglia bordering the French Riviera. But this year, as those parts of the border became more heavily patrolled, migrants were pushed to find alternative routes that are even more remote, such as Col de l’Echelle, high in the Alps.

      A 7-mile trail around Col de l’Echelle connects the Italian town of Bardonecchia with Nevache, a French village just across the border. During winter months, it is covered by heavy snow and temperatures at its summit plunge far below zero at night. Most migrants are not equipped to survive for long in such extreme conditions; many set off for the hike wearing jeans and sneakers.

      According to Paolo Narcisi, the president of Rainbow for Africa, an Italian NGO that runs a first aid clinic inside the train station in Bardonecchia, the majority of migrants transiting through the Alpine town are from countries in sub-Saharan Africa, such as Cote d’Ivoire, Mali, Senegal, Gambia, Niger, Nigeria and Sudan. Many are seeking asylum. Under the current Common European Asylum System and related Dublin Regulation, in force since 1997, migrants or refugees must seek asylum in the “country of first arrival”—in this case, Italy—and cannot seek asylum elsewhere for six months. The few men and women who actually manage to cross the dangerous mountain pass are often arrested by French border patrol agents and transported back to Bardonecchia.

      As Narcisi explains, at least 15 percent of the people who visit his clinic would have the right to enter France under a Dublin Regulation rule that allows migrants to travel to another European country for family reconciliation. But in most cases, French border patrol agents do not take the time to verify migrants’ rights under the EU. “French agents patrol the pass to look for migrants and simply drive them back across the border,” Narcisi says. “There is no effort to understand their legal circumstances.”

      Since the re-introduction of border checks, border patrol is increasingly a matter of national security rather than of EU coordination. As Lina Vosyliute, a researcher at the Center for European Policy Studies, a Brussels-based think tank, explains, law-enforcement agents are under political pressure to deliver on border security. This can often lead to extreme policing that violates migrants’ rights.

      EU member states have an obligation under the Dublin Regulation to accept migrants who are minors and not accompanied by an adult. But last month, eight NGOs that operate in Ventimiglia, the town near the Roya Valley that has been a hub for migrant passages, filed an official report to the European Commission to denounce the “systematic forgeries” of minors’ identification documents by French authorities. Narcisi says this happens in the northern part of the border, too. “They trick people who can’t speak French into signing documents that state they are over 18, so they can send them back to Italy.”

      This kind of policing can also result in what refugee and migrant advocates call the “criminalization of solidarity.” That was the case with Benoit Ducos, the French mountain guide who now faces a five-year prison sentence for aiding a pregnant migrant along the French-Italian border.

      According to the Center for European Policy Studies, the lack of a common EU framework on human smuggling is partly to blame. “EU anti-smuggling rules are very vague and provide a large margin of discretion for member states’ policies,” Vosyliute says. For instance, the EU does not require member states to specifically exempt humanitarian assistance from the range of activities that can be considered “human smuggling,” which results in effectively criminalizing some of the aid offered to migrants and refugees.

      Both Narcisi and Vosyliute point to the same issue when asked what could improve migrants’ safety and ease border tensions. “The introduction of legal pathways to enter EU member countries is the elephant in the room when we speak about these issues,” Vosyliute says.

      But the chances for that to happen in the near future appear slim. Bulgaria, the current president of the European Council, is evaluating proposed changes to the Dublin Regulation, including the introduction of a quota system to deal with asylum applications—something that was briefly attempted in 2016 before being called off amid fierce opposition from countries like Hungary and Poland. The newly proposed system would allow for the voluntary relocation of refugees to “willing” countries, which would in part be compensated with financial inducements.

      But so-called frontline countries like Italy, Spain, Malta, Greece and Cyprus strongly oppose the proposed change. Instead, they ask for a more “equitable” common asylum policy based on a mandatory redistribution of asylum applicants across the entire EU. Given such polarized stances, it is unlikely that the European Council will find an agreement over a new asylum system before the end of Bulgaria’s presidency in June. Austria then takes over, and is unlikely to put the issue at the top of the council’s agenda.

      Making matters worse, a strict new asylum law in France, which passed in April, could further hamper migrants’ rights and increase border tensions between France and Italy, according to Marie-Laure Basilien-Gainche, an expert on migration law at the University Jean Moulin Lyon 3. The law doubles the amount of time that authorities can detain undocumented migrants and makes illegal immigration a criminal offense that could result in a year-long prison sentence, continuing a trend across Europe of national criminal justice measures being used as tools to manage migration.

      According to a recent report by the Center for European Policy Studies, the ideal EU asylum system would include the principle of “mutual recognition of positive decisions.” That is, if a migrant is granted refugee status in one EU member country, other EU countries would automatically recognize that status. This way, asylum-seekers would not be stuck in countries like Italy and Greece, but would be able to move legally across borders.

      “The Dublin Regulation puts pressure on external member states and was not designed for big numbers of arrivals,” Vosyliute says. “Without a coordinated asylum system, we risk putting into question the very principle of free movement of people in Europe.”


      https://www.worldpoliticsreview.com/articles/24805/disputes-over-migrants-along-the-italy-france-border-expose-ong

    • Eleonora, Théo et Bastien : La #Fraternité sur le banc des accusés.

      Elle est de la devise républicaine la notion qui lui élève l’esprit. Si la liberté et l’égalité s’entendent en droit juridique, la fraternité est la somme morale commune qui découle de l’équation de cette devise. Elle est la valeur ajoutée. Disputée, malmenée, manipulée ou reniée, elle fut tout au long du processus révolutionnaire tantôt rejetée, tantôt affirmée. Mais au fond, qu’est-ce qu’une devise si ce n’est un chemin de conscience collective pour lequel on accepte que le droit, les règlements, le vivre-ensemble s’articulent ?


      https://alpternatives.org/2018/06/01/eleonora-theo-et-bastien-la-fraternite-sur-le-banc-des-accuses

    • Alpi, nuovo cimitero dei migranti

      Di solito qui a Clavière ci vengono gli appassionati di sci. Alle porte del piccolo comune della Val di Susa però in questa giornata di primavera si nota un inusuale spiegamento di forze dell’ordine.

      Poche centinaia di metri più in là, dall’altro lato del confine con la Francia, all’entrata di un’altra nota località sciistica, il comune di Monginevro, alcune decine di francesi e italiani sono venuti a manifestare e a esprimere la loro rabbia davanti alla stazione di polizia.

      «Una donna è morta - denuncia un manifestante -. Blessing è stata ritrovata mercoledì nei pressi della diga di Presle nella Durance, il fiume che attraversa Briançon. Una donna nera senza documenti di cui nessuno ha denunciato la scomparsa».

      Un suo compagno prosegue: «Signore e signori poliziotti e gendarmi, non vogliamo che dopo l’inferno libico e il cimitero mediterraneo, l’attraversamento di questa frontiera si trasformi in un nuovo ostacolo mortale per gli esuli che desiderano venire in Francia».

      I locali aiutano regolarmente i migranti che affrontano la montagna per raggiungere la regione di Briançon. Anche a rischio di farsi perseguire dalla legge.

      «Abbiamo evitato molti incidenti - dice Benoît, guida di montagna -. Oggi con la fine dell’inverno ci si rende conto che non sono più il freddo e la neve a causare problemi: è il forte aumento della presenza di polizia e forze militari su questa frontiera, che costringe gli esuli a prendere sentieri sempre più tortuosi, a correre dei rischi per arrivare in Francia».

      Un’inchiesta è stata aperta per accertare le cause della morte della ventenne nigeriana. Ma i manifestanti non dubitano delle testimonianze dei suoi compagni di sventura: per loro è colpa degli agenti che li hanno inseguiti mentre cercavano di raggiungere un paese vicino. La polizia, interpellata, nega energicamente: «Per me è stato un passeur», accusa un poliziotto.

      Ma per la ragazza che legge il comunicato in italiano, «Questa morte non è una fatalità. È un omicidio, con mandanti e complici ben facili da individuare. In primis i governi e le loro politiche di chiusura della frontiera e ogni uomo e donna in divisa che le porta avanti. Gendarmi, polizia di frontiera, chasseurs alpins, e ora pure quei ridicoli neofascisti di Generazione Identitaria pattugliano i sentieri e le strade a caccia di migranti».

      Migranti che sono più di 3 mila ad aver sfidato la montagna negli ultimi due anni per andare a chiedere l’asilo in Francia.
      Generazione identitaria arresta... no, «segnala» i migranti

      Rinforzi di polizia e gendarmeria sono apparsi in questa regione delle Alpi francesi pochi giorni dopo una spettacolare operazione dell’estrema destra europea, lo scorso aprile, venuta a chiedere la chiusura dell’area. Alcune decine di militanti del gruppo Generazione Identitaria hanno eretto una barriera simbolica contro i migranti sul Colle della Scala.

      ​Abbiamo incontrato qualche giorno dopo gli attivisti del gruppo rimasti nella regione, che affermano di essere lì per aiutare le forze dell’ordine a pattugliare la zona in cerca di migranti: ​"Svolgiamo missioni di sorveglianza alla frontiera - spiega Aymeric, portavoce di Generazione Identitaria - e stiamo conducendo un’indagine sulla popolazione, che ci sostiene in massa, per raccogliere informazioni sulle reti dei passeur e sul passaggio dei migranti clandestini e trasmettere poi queste informazioni ai servizi di polizia. In quindici giorni abbiamo arrestato una ventina... - si ferma, si corregge - abbiamo denunciato una ventina di clandestini. Segnaliamo la loro presenza alla polizia e ne indichiamo la posizione perché possano venire ad arrestarli".

      ​"E voi vi sentite legittimati - chiede la nostra inviata Valérie Gauriat - a cercare di bloccare queste persone che hanno fatto non solo questa traversata, ma che sono partiti da molto lontano e hanno sofferto di tutto?"

      «Certo - è la risposta -. Siamo cittadini solerti e vogliamo difendere il nostro popolo, gli europei. Quindi sì, se lo Stato ha deciso di abbandonare il suo popolo, noi siamo qui. Siamo qui per gli europei, per la difesa della nostra identità».
      L’Odissea sulle montagne

      Torniamo sull’altro lato della frontiera, a Clavière, verso un rifugio che è uno dei punti da dove parte chi tenta il passaggio in Francia. Ma all’interno le telecamere non sono benvenute.

      E c’è una ragione. Qui i candidati al passaggio alla frontiera venuti da tutta Italia vengono accolti da volontari francesi e italiani che li aiutano a recuperare le forze prima della partenza. Volontari che solo per questo sono perseguibili penalmente, e che a loro volta denunciano abusi e illeciti da parte delle autorità.

      «Per legge un richiedente asilo dovrebbe potersi presentare senza documenti alla frontiera e dire che ha bisogno di protezione - spiega una militante che è voluta restare anonima -. Invece se qualcuno cerca di passare normalmente, in pullman per esempio, viene riportato alla frontiera e di conseguenza è costretto a passare per sentieri di montagna che sono molto pericolosi per evitare di essere rispedito in Italia».

      Una di queste persone ha accettato di condividere con noi in modo anonimo la sua esperienza. Il giorno prima ha cercato di passare il confine con il fratello minorenne. Sono stati intercettati dalla polizia italiana che ha lasciato passare solo il più giovane.

      «Ci hanno chiesto dove andavamo - racconta il giovane -. Ho detto che stavamo andando in Francia. Ci hanno perquisito gli zaini e ci hanno chiesto l’età. Il piccolo ha detto di essere nato nel 2000 e allora l’hanno lasciato andare. Io ho detto di essere nato nel 1999, e mi hanno risposto: be’, allora sei maggiorenne».

      Ci riproverà il giorno stesso, insieme ad altri. «Perché non voglio più vivere qui. Il vero problema è innanzi tutto la lingua» - dice. Impossibile andare con loro, aumenterebbe il rischio di essere intercettati. Quel giorno, il gruppo riuscirà a passare.
      Un Rifugio Solidale per una prima accoglienza che manca

      È nella città di Briançon, una quindicina di chilometri più in là, che i migranti potranno tirare un po’ il fiato. L’ambita meta per loro si chiama Rifugio Solidale. Qui sono appena arrivati sei uomini da Clavière, sono sfiniti.

      ​"A che ora siete partiti?" chiediamo. «Alle 9 del mattino - risponde uno di loro, e siamo arrivati qui alle 15. Abbiamo fatto tutto il percorso a piedi»

      Un secondo narra la sua esperienza: «Ho preso la montagna, e sono partito sul... come si dice... il ponticello che bisogna attraversare... Sull’asfalto non si può, bisogna prendere i sentieri in alto, per potersi nascondere dalla polizia. Spesso la polizia frena. Se frenano, freni anche tu»:

      È bagnato e sporco. Gli chiediamo se è caduto. La risposta è sì: «Non è facile. Ho sofferto».

      I pasti, l’alloggio, gli abiti, le cure mediche... decine di volontari si alternano qui per soddisfare le necessità dei loro ospiti di passaggio. Dopo aver ripreso le forze, la maggior parte di loro ripartirà verso altre città francesi dove presenterà domanda d’asilo.

      L’attività al rifugio non si ferma mai, spiega Anne, una volontaria: «Accogliamo i nuovi arrivati, andiamo all’ospedale, ci occupiamo dei trasporti, dei biglietti del treno, di contattare i loro parenti e amici se hanno un posto dove andare. Hanno un gran bisogno di essere rassicurati. Hanno molta paura di venire arrestati, anche se hanno il diritto di chiedere l’asilo in Francia, ma anche questo è diventato più che difficile. Per cui loro sono sempre più preoccupati e noi non possiamo garantire loro nulla».

      Justin, camerunense, ha presentato richiesta d’asilo come rifugiato politico sette mesi fa. In attesa della risposta non è autorizzato a lavorare, e allora nel frattempo dà una mano ai volontari del rifugio. Ma essendo arrivato in Europa dall’Italia, potrebbe essere rimandato indietro, sulla base del regolamento di Dublino che prevede che la richiesta d’asilo debba essere presentata nel primo paese in cui si è stati identificati.

      «C’è chi pensa che si viva bene solo qui - dice Justin -. Eppure, piuttosto che vivere la vita che vivo qui, penso che starei meglio nel mio paese con la mia famiglia, con mio figlio, e con la mia vita. Per cui se siamo qui è per una buona causa».

      Progettato inizialmente per una ventina di persone, il rifugio solidale ne ospita regolarmente un centinaio. Joël, uno dei responsabili del rifugio, lamenta la mancanza di centri di prima accoglienza in Francia per coloro che non hanno ancora potuto presentare la richiesta d’asilo: «Non spetta alla polizia decidere se la loro domanda d’asilo è legittima. C’è un organismo in Francia che si chiama Ofpra, l’Ufficio francese di protezione dei rifugiati e degli apolidi, che ha il compito di occuparsi di queste pratiche, istruirle e poi emettere un verdetto. Nell’attesa ci dovrebbe essere una politica di prima accoglienza in Francia. Ed è questo lavoro che non viene fatto dallo Stato, che facciamo invece noi volontari. Ma non spetterebbe a noi farlo. Soprattutto ci viene chiesto di accogliere anche dei minori, ma questo in realtà sarebbe illegale».

      Il giorno dopo alcuni dei volontari del rifugio organizzano un sit-in con 23 minorenni di fronte al commissariato di polizia di Briançon. È qui che vengono registrati i minori non accompagnati, e una volta registrati il Consiglio provinciale è tenuto per legge a prendersene carico immediatamente. Ma alcuni di questi ragazzi sono in attesa al rifugio già da 15 giorni.

      Ne sarà valsa la pena: alla fine della giornata 18 dei 23 giovani partiranno per Gap, sede del Consiglio provinciale.
      Movado: un sogno da realizzare un passo dopo l’altro

      Noi abbiamo appuntamento al liceo di Briançon. Movado è arrivato un anno e mezzo fa. Al liceo segue una formazione nei mestieri dell’edilizia.

      Il giovane guineano è stato salvato durante l’attraversamento della montagna. Dal momento del suo arrivo è stato ospitato da una coppia con cui vive in un paesino a una ventina di chilometri da Briançon.

      Una coppia che descrive come «persone molto care. Si prendono molta cura di me. Mi hanno anche aiutato a entrare al liceo. Non sono un altro figlio per loro, ma si prendono cura di me e io comunque le considero come dei sostituti di mio padre e mia madre».

      Al suo arrivo, Yves e Fanfan l’hanno accolto in casa loro. Era malato e gravemente assiderato. L’hanno fatto curare e sono stati al suo fianco instancabilmente nelle pratiche per la richiesta d’asilo.

      La coppia ospita anche altri tre giovani. Deserto, carceri libiche, traversata del Mediterraneo... Tutti hanno conosciuto l’inferno. E nonostante l’affetto e il sostegno della coppia i timori per il futuro restano, dice Fanfan: «Stanno bene, ma pensare al dopo è straziante. Non si può dire che è finita, che stanno bene e siamo contenti. No. Fino a quando staranno bene? Le leggi stanno cambiando. Fra qualche mese saranno ancora più rigide. Che cosa ne sarà di loro? Di tutti, intendo».

      Yves non si pente di averli aiutati: «A parte questo, bisogna dire che ci danno anche una bella energia... Perché questa forza di volontà che hanno avuto per tutto questo tempo carica anche noi in qualche modo».

      A 19 anni Movado sogna di fare l’idraulico e di restare a vivere in Francia per molti anni. Un sogno appeso al filo dell’accettazione dello status di rifugiato.

      «In questo momento non mi sento davvero libero - confessa -, perché sono in attesa, non ho documenti, devo aspettare una risposta. Se la risposta è positiva avrò i documenti, se è negativa bisognerà fare ricorso. E tutto questo è sempre nei miei pensieri, ci penso molto, ma ho anche molta speranza. Poco a poco ci arriverò, un passo dopo l’altro».

      Yves e Fanfan fanno tutto quel che possono per sostenere i loro protetti, con l’aiuto degli avvocati. Ma sanno che non bisogna dare nulla per scontato.

      «Penso che la cosa più importante sia che hanno più fiducia in se stessi - commenta Fanfan -. E se hanno più fiducia in se stessi diventano più forti. E se sono più forti forse avranno più chance. È tutto quel che si può dire».

      Yves denuncia: «Questa storia dell’accoglienza e della solidarietà dei montanari è stata molto mediatizzata. Ma non serve a molto se consideriamo le avversità che ci troviamo ad affrontare nel modo in cui i poteri della politica trattano la questione. E allora siamo un po’ arrabbiati».

      ​Una rabbia mista a tristezza, condivisa la sera del giorno dopo da alcune decine di abitanti della vallata, venuti a rendere un ultimo omaggio alla giovane nigeriana il cui corpo senza vita è stato ritrovato in questo fiume.

      http://it.euronews.com/2018/06/01/alpi-nuovo-cimitero-dei-migranti

    • Chroniques de frontières alpines / 2 – Violer sans entrave les droits des étranger-es : la frontière, fabrique d’exclusion politique

      Le contrôle aux frontières terrestres de la France, donc intérieures à l’espace Shenghen, a été rétabli le 13 novembre 2015, avec l’instauration de l’Etat d’urgence. Le rétablissement des contrôles aux frontières intérieures a institué un nouveau dispositif, celui des Points de Passage Autorisés, constitué d’une part de points de contrôles fixes, et d’autre part de zones surveillées par des patrouilles mobiles, de manière dynamique, ponctuelle, sur la base de signalements des services de renseignement et des polices étrangères. Dans les deux cas, les contrôles d’identité systématiques sont autorisés. Le 31 novembre 2017, une nouvelle loi sur la sécurité intérieure a acté la fin de l’Etat d’Urgence, alors que, selon l’Anafé (2017), elle en banalise la logique ; notamment, elle autorise les contrôles systématiques dans une borne de 10km autour des frontières.

      https://derootees.wordpress.com/2018/05/24/chroniques-de-frontieres-alpines-2-violer-sans-entrave-les-droi

    • Dans les Alpes, la fonte des neiges révèle les corps de migrants morts en tentant de passer en France

      Des riverains et l’association Tous migrants se battent pour retrouver l’identité et comprendre le parcours des victimes. Et pour pouvoir leur offrir une sépulture.

      Des vêtements devenus linceul autour d’un cadavre sans nom. Vendredi 25 mai, sur le flanc italien des Alpes, pas loin de Bardonecchia (bourgade frontière d’où partent les migrants qui rallient la France par le col de l’Echelle), un corps sans vie, recroquevillé dans une anfractuosité du sol, est retrouvé par un chasseur. Selon la police transalpine, il « aurait passé l’hiver là ».

      « Cet homme a dû se perdre, puisqu’il a été retrouvé sur le chemin qui remonte vers Modane », spécule Sylvia Massara, une Italienne qui s’interroge sur cette mort : « Le froid ou l’épuisement ? » Elle qui a essayé de dissuader des traversées hivernales ceux qui se croyaient immortels après le Sahara et la mer savait que les Alpes sont une petite Méditerranée, neigeuse l’hiver, rocailleuse l’été ; mais meurtrière en toute saison et capable d’engloutir jusqu’au nom de ses victimes.

      Pour l’heure, la police italienne tente de décrypter les empreintes de la main la moins abîmée du cadavre, de faire résonner les stries encore lisibles des doigts avec un nom, une date de naissance enfouis quelque part dans un fichier. « Cela permettrait au moins de contacter un consulat, qu’une famille puisse faire le deuil d’un fils ou d’un frère », ajoute Mme Massara.

      Cette mort sur le flanc italien a encore ajouté à la douleur du Briançonnais. Côté français, deux décès ont ponctué le mois de mai. Si ces cadavres ont conservé un prénom et un nom, reste à écrire leur histoire : celle du Sénégalais Mamadou-Alpha Diallo et celle de la Nigériane Blessing Matthew. Alors, à l’instar de l’Antigone de Sophocle, capable de l’impossible pour offrir une sépulture à son frère, l’association Tous migrants veut rendre une justice posthume à ces « victimes des politiques migratoires ».

      Le reste de l’article : #paywall
      https://www.lemonde.fr/societe/article/2018/06/07/dans-les-alpes-la-fonte-des-neiges-revele-les-corps-de-migrants-morts-en-ten

    • Migranti. Sulle Alpi si scioglie la neve e affiorano i corpi degli uomini morti in cammino

      Su Le Monde di oggi la storia di uno dei tanti migranti morti per il gelo e gli stenti nel tentativo di raggiungere la Francia dall’Italia attraversando le Alpi.

      La storia risale a due settimane fa quando, sul versante italiano delle Alpi, non lontano da Bardonecchia, la città di confine da dove partono i migranti per raggiungere la Francia attraverso il Colle della Scala, la neve sciogliendosi ha rivelato il corpo senza vita di un uomo rannicchiato in un anfratto del terreno. A trovarlo è stato un cacciatore e secondo la polizia transalpina, «avrebbe trascorso l’inverno lì.» "Deve essersi perso, perché è stato ritrovato sulla via che torna verso Modane", racconta Sylvia Massara al giornale, «Sarà stato il freddo o la spossatezza a ucciderlo?» La polizia intanto sta cercando di decifrare le impronte digitali della mano meno danneggiata del cadavere per poterlo identificare. «Almeno si potrebbe contattare un consolato, e informare la famiglia», dice Massara. Questo sul versante italiano del sentiero mortale che i migranti tentano di affrontare ignari dei pericoli che si nascondono anche d’estate tra le rocce, nella neve e nel gelo notturno che affrontano sprovvisti di qualsiasi protezione e attrezzatura a cominciare da buone scarpe per camminare. Nel febbraio scorso un reportage del New York Times raccontava la storia di Vincent Gasquet un pizzaiolo che vive e lavora in un piccolo paese sulle pendici delle Alpi francesi al confine con l’Italia e che di notte, sulla base di segnalazioni, insieme a un gruppo di volontari parte per perlustrare i boschi alla ricerca dei migranti che, per evitare i posti di blocco della polizia vi si inoltrano, tentano ogni notte di atttraversare le montagne dove devono resistere a temperature sotto zero coperti di giacche leggere e, se va bene, in scarpe da ginnastica. Ai reporter del New York Times Gasquiet dichiarò: «Se le Alpi diventassero un cimitero, mi vergognerei per il resto dei miei giorni.» Questi volontari fanno un’opera di soccorso rischiosa perché secondo le leggi francesi aiutare qualcuno ad entrare nel paese senza documenti in regola è reato. Il 31 marzo scorso un episodio avvenuto proprio a Bardonecchia provocò una certa tensione nelle relazioni tra Italia e Francia. Quattro agenti della polizia doganale transalpina entrarono in un centro di migranti gestito dalla ONG Rainbow for Africa e ospitato nei locali della stazione di Bardonecchia con l’intenzione di fare un controllo delle urine ad un uomo nigeriano fermato e sospettato di essere uno spacciatore. Il campione risultò poi negativo e i rappresentanti della Ong denunciarono l’atteggiamento intimidatorio degli agenti nei confronti di medici, operatori e migranti. Anche sul lato francese con l’arrivo della primavera sono stati rinvenuti cadaveri. Due di questi sono stati identificati: il senegalese Mamadou-Alpha Diallo e il nigeriano Blessing Matthew.

      http://www.rainews.it/dl/rainews/media/Migranti-Sulle-Alpi-si-scioglie-la-neve-e-affiorano-i-corpi-degli-uomini-mor

      –-> Piccola nota, giusto per mettere i puntini sulle i... Blessing era una donna... Rettifico il titolo: «Migranti. Sulle Alpi si scioglie la neve e affiorano i corpi di UOMINI e DONNE morti in cammino».
      #écriture_inclusive

    • « Nous avons piraté les frontières » - Récit sur le camp itinérant « Passamontagna » du 8 au 10 Juin
      IndyMedia Grenoble, le 11 juin 2018
      https://seenthis.net/messages/701347

      Comment faire pour rendre caduques les frontières ? C’est devenu nécessaire avec la militarisation de celles-ci dans le cadre de la guerre aux migrant-es qui a été enclenchée en Europe. Après la marche du 22 Avril de Montgenevre à Briançon, il fallait recommencer. Surtout quand 3 migrant-es ont été retrouvé-es mort-es dans la vallée, tué-es non pas par le froid mais par la répression policière. Surtout quand 3 personnes ont été placées en prison suite à cette précédente marche.

    • Da #Corato (Puglia) a #Grenoble, « Quando sul #Fréjus passavamo noi »

      Negli anni Venti per sfuggire al fascismo erano gli italiani a percorrere la stessa rotta che oggi utilizzano i migranti per passare in Francia

      https://www.corriere.it/esteri/18_maggio_18/01-esteri-documentogcorriere-web-sezioni-0512f99a-5a10-11e8-89bf-cebd5db44a

      Et le choix de l’illustration...
      Une longue queue de personnes dans la neige sur le flanc de la montagne. Si on ne le sait pas qu’il s’agit de la cordée solidaire (https://www.lacite.info/hublot/cordee-solidaire-vs-frontiere) organisée en décembre 2017, on a l’impression qu’il s’agit de migrants qui envahissent la montagne... arrghhh


      #préjugés #invasion #image

      Traduction en français de l’article (Courrier international) :
      La route des Alpes, ancien chemin de migration des Italiens vers la France

      Aujourd’hui, ils viennent de Somalie, d’Érythrée ou du Moyen-Orient. Mais la route des migrants entre la France et l’Italie a pendant longtemps été celle des Italiens fuyant la crise et le fascisme, raconte ce journal de Milan.

      “Lorsque je suis arrivé de nuit en haut de la montagne, quand nous traversions à pied le
      col du Fréjus, j’ai vu tout en bas les lumières de Modane. La France. Il neigeait et je me
      suis dit : ‘Mais où sommes-nous ? C’est le mois de juin et il neige.’ J’étais avec mon
      père, j’avais 14 ans et, en voyant ces lumières, j’ai été impressionné : j’ai compris qu’une
      nouvelle vie commençait.”

      Assis à une table dans le local de l’Association des Coratins de Grenoble, à 84 ans, le
      signore Savino Ferrara parle du temps où c’était lui qui faisait le périple
      qu’entreprennent aujourd’hui des migrants somaliens ou érythréens, qui traversent à
      pied les montagnes séparant l’Italie de la France et peuvent rencontrer, selon les jours,
      des gendarmes qui les arrêtent, des bénévoles qui les aident ou des extrémistes de
      droite qui leur crient de retourner d’où ils viennent.

      Travailler ou fuir le fascisme

      Il y a soixante-dix ans, “Nino” Ferrara arrivait ainsi non pas du Soudan mais de Corato,
      une petite commune située à 40 kilomètres de Bari, dans les Pouilles. “J’étais un
      clandestin comme ces migrants, je n’avais pas de papiers. En 1948, ce n’était pas
      comme aujourd’hui, on ne pouvait pas quitter un pays pour un autre sans un contrat de
      travail. Le voyage a duré cinq jours, un guide, un passeur est venu nous trouver dans la
      montagne, mon père l’a payé et il nous a accompagnés jusqu’à une route où nous
      attendait une voiture qui nous a ensuite conduits à Grenoble.”

      Les habitants de Corato ont commencé à migrer vers Grenoble au début des années
      1920, pour travailler ou pour fuir le fascisme. “Mes parents faisaient partie de cette
      première vague, raconte Victor Tarantini, 80 ans, vice-président de l’association, mais à
      l’époque c’était plus facile parce que presque tous les gens avaient un travail qui les
      attendait dans une usine, et donc des papiers en règle. Moi, je suis né ici, à Grenoble.

      J’ai épousé une Française, j’ai pu faire des études, je suis ingénieur.”

      La vague d’émigration de Corato vers Grenoble, qui a duré presque un siècle, était si
      massive qu’aujourd’hui la région compte entre 25 000 et 30 000 Coratins ou Français
      d’origine coratine. En 1984, Ferrara a fondé cette association car il ne voulait pas “que
      se perde le souvenir de [leurs] origines”. Les anciens jouent aux cartes et parlent
      cyclisme. Les deux villes sont jumelées : au bout de la voie de Corato, à Grenoble, se
      dresse un olivier, et sur la piazza Grenoble à Corato, un noyer. Le 10 avril dernier, le
      maire grenoblois, Éric Piolle, rencontrait à Corato son homologue Massimo Mazzilli.
      Bien avant le programme Erasmus, l’Europe, ou ce qu’il en reste, ce sont aussi des
      personnes comme Ferrara et Tarantini qui l’ont faite. Ces migrants qui, pendant des
      années, se sont fait traiter avec mépris de “macaroni” et qui, aujourd’hui, sont fiers de
      se sentir intégrés, de sentir que les Français sont des amis, mais, surtout, des enfants,
      des gendres ou des belles-filles, des petits-enfants. On parle français, puis on passe à
      l’italien et aussi, un peu, au dialecte des Pouilles.

      Après la guerre, le climat était différent. Les Italiens vivaient entassés dans le quartier
      Saint-Laurent, de l’autre côté de l’Isère. Le pont suspendu les reliait au reste de la ville,
      mais aucun Français n’osait le traverser dans l’autre sens, “parce que des légendes
      terribles circulaient selon lesquelles, chez nous, il y avait chaque jour des bagarres, des
      vols et des homicides, raconte Tarantini. Comme ce qu’on entend aujourd’hui sur les
      banlieues de Paris.”

      Saint-Laurent, à Grenoble, est un ancien quartier populaire, aujourd’hui rénové et à la
      mode, comme tant d’autres. On y trouve des espaces culturels, des galeries d’art, et
      les pierres du XVIIe siècle sur les façades des habitations restaurées ont été remises à
      nu. À un coin, un panier attend que l’on vienne jouer au basket. “Mais, avant, il y avait le
      lavoir des Coratins, indique Tarantini, les maisons n’avaient pas l’eau courante et on
      venait ici laver son linge.”

      La trésorière de l’association, Lucie Giannone, se souvient qu’à l’école la maîtresse la
      traitait mal “quand [ils parlaient] de la guerre et de l’invasion italienne”. Elle le raconte
      avec le sourire, comme on le fait d’un danger auquel on a échappé. Tout cela, c’est du
      passé. Ferrara a épousé Antonietta, une Italienne de Corato “née ici et rencontrée un
      soir en allant danser”. “Après deux rendez-vous, je l’ai embrassée, nous sommes mariés
      depuis soixante-deux ans. J’étais forgeron, je travaillais énormément et je gagnais bien
      ma vie. Quand j’étais jeune, j’avais une Fiat 124, et aujourd’hui j’ai une maison au bord
      de la mer, près de Montpellier. Nous avons deux enfants, Aldo et Maria, qui ont fait des
      études.” Les migrants de Corato, eux, en tout cas, ont réussi.

      https://www.courrierinternational.com/article/la-route-des-alpes-ancien-chemin-de-migration-des-italiens-ve

    • A la frontière

      Entre le col de l’Echelle et le Montgenèvre dans les Hautes Alpes, alors qu’un groupe d’extrême droite revendique fièrement de barrer le passage aux migrant•e•s, la ville de Briançon continue d’accueillir les exilé•e•s et pleure les premier•e•s mort•e•s de cette frontière.

      https://www.franceculture.fr/emissions/les-pieds-sur-terre/a-la-frontiere

      Enterrement de #Alpha, un migrant retrouvé mort, à l’identité inconnue :


      #tombe #cadavre #enterrement #identification

    • French police cut soles off migrant children’s shoes, claims Oxfam

      French border police have been accused of detaining migrant children as young as 12 in cells without food or water, cutting the soles off their shoes and stealing sim cards from their mobile phones, before illegally sending them back to Italy.

      A report released on Friday by the charity Oxfam also cites the case of a “very young” Eritrean girl, who was forced to walk back to the Italian border town of Ventimiglia along a road with no pavement while carrying her 40-day-old baby.

      The allegations, which come from testimony gathered by Oxfam workers and partner organisations, come two months after French border police were accused of falsifying the birth dates of unaccompanied migrant children in an attempt to pass them off as adults and send them back to Italy.

      “We don’t have evidence of violent physical abuse, but many [children] have recounted being pushed and shoved or shouted at in a language they don’t understand,” Giulia Capitani, the report’s author, told the Guardian.

      “And in other ways the border police intimidate them – for example, cutting the soles off their shoes is a way of saying, ‘Don’t try to come back’.”

      Daniela Zitarosa, from the Italian humanitarian agency Intersos, said: “Police [officers] yell at them, laugh at them and tell them, ‘You will never cross here’.

      “Some children have their mobile phone seized and sim card removed. They lose their data and phonebook. They cannot even call their parents afterwards.”

      Italy accused France of hypocrisy this week for failing to share the burden of the ongoing migrant crisis. The spat developed when the French president, Emmanuel Macron, criticised what he called Italy’s “cynicism and irresponsibility” in turning away a migrant rescue ship with 629 people on board.

      Matteo Salvini, Italy’s new anti-migrant interior minister, who blocked the Aquarius rescue vessel from docking in Sicily, accused France of turning its back on 10,524 migrants at the border between January and May this year.

      Capitani said unaccompanied minors had for some time been sent back to Italy by French police, although it was only in March that they allegedly began falsifying birth dates on “refusal of entry” documents – one month after a court in Nice ruled that border authorities had illegally detained and returned children to Italy in 20 cases.

      Under the Dublin regulation, child migrants in France cannot be sent back to Italy if they request asylum. EU law stipulates that unaccompanied minors must be protected, and that those seeking asylum in one member state have the right to be transferred to another where they have family members.

      Charities operating at the border have also taken aim at Italy for failing to implement adequate procedures for family reunification, leaving many children stranded and with no choice but to attempt the journey by themselves. The Oxfam report said Italy’s overstretched and bureaucratic system leaves migrants living under the radar in dangerous conditions.

      Capitani said Italian border police had recently started to accompany minors rejected by France back to the neighbouring country.

      France tightened rules at its border after 84 people were killed in a terror attack in Nice in July 2016.

      Ventimiglia has become a bottleneck for people attempting to cross from Italy into France. Oxfam said that at least 16,500 migrants, a quarter of them children, passed through the town in the nine months to April.

      Most attempt to cross the border by train or via a dangerous mountain path known as the “passage of death”. Charities estimate that at least 12 people died last year while trying to cross into France, either along the mountain route or by being hit by vehicles along a motorway. A 17-year-old from Sudan drowned in June 2017 while trying to retrieve a shoe washed away by a strong current in Ventimiglia’s Roia river.

      According to Oxfam, 17,337 children arrived in Italy in 2017, 15,779 (91%) of whom were unaccompanied.

      French authorities have been contacted for comment.

      https://www.theguardian.com/world/2018/jun/14/french-border-police-accused-of-cutting-soles-off-migrant-childrens-sho

    • Droits des personnes migrantes : la frontière italienne ne peut pas être une zone de non-droit

      A la veille de la journée mondiale des réfugiés, la Commission nationale consultative des droits de l’homme lance un cri d’alerte sur la situation extrêmement préoccupante des migrants à la frontière italienne. Face aux violations des droits de l’homme qu’elle a constatées pendant ses deux missions d’investigation dans les Alpes-Maritimes et dans les Hautes-Alpes, la #CNCDH appelle les pouvoirs publics à cesser des pratiques illégales, inhumaines et contraires aux valeurs de solidarité de la France.

      Les atteintes flagrantes portées aux droits et à la dignité des migrants à la frontière italienne ne sont plus tolérables ; l’Etat doit sortir du déni, s’indigne Christine Lazerges, présidente de la CNCDH. Si la mobilisation de la société civile permet d’apporter des solutions d’urgence, les pouvoirs publics doivent assumer leurs responsabilités, respecter le droit et les valeurs de la République.

      http://www.cncdh.fr/fr/publications/droits-des-personnes-migrantes-la-frontiere-italienne-ne-peut-pas-etre-une-zon

    • « Nous avons piraté les frontières. »

      Un récit du camp itinérant « #Passamontagna », de l’Italie à Briançon.

      Un lecteur de lundimatin était présent au « camp itinérant contre les frontières » dit « Passamontagna », qui se déroulait du 8 au 10 juin, de #Melezet à Briançon en passant par le col de l’Échelle. Il nous a envoyé son récit de ces 3 jours de marche et de discussions.

      Comment faire pour rendre caduques les frontières ? C’est devenu nécessaire avec la militarisation de celles-ci dans le cadre de la guerre aux migrant-es qui a été enclenchée en Europe. Après la marche du 22 Avril de Montgenevre à Briançon, il fallait recommencer. Surtout quand 3 migrant-es ont été retrouvé-es mort-es dans la vallée, tué-es non pas par le froid mais par la répression policière. Surtout quand 3 personnes ont été placées en prison suite à cette précédente marche.

      C’est dans ce contexte que s’est monté Passamontagna, un #camp_itinérant contre les frontières, partant de Melezet en Italie, passant par le col de l’Échelle et arrivant à Briançon. 3 jours collectifs et autogérés, de marche mais aussi de discussions et de reflexion autour de ces frontières, réunissant des personnes italiennes, françaises et d’ailleurs luttant contre les frontières.

      On s’est retrouvé dans une prairie côté Italien, le lieu utilisable le plus proche possible de la frontière avec la France. L’ambiance était belle, ça se retrouvait entre copaines, des discussions collectives avaient lieu. La question qui a le plus occupé les débats était celle de la prise ou non de papiers d’identité pendant la marche. Face à une potentielle répression policière, si les marcheurs subissaient un contrôle d’identité, que faire des personnes qui n’avaient pas les bons papiers, ou pas vraiment le droit d’être là ? Fallait-il profiter de son privilège, s’extirper d’une nasse et laisser tout seuls les personnes vulnérables ? La stratégie collective était que personne n’emporte ses papiers (ou alors les cachent et ne les sortent qu’en dernier recours) et de faire un refus massif de décliner son identité en cas de contrôle.

      Avec la répression subie par les 3 de Briançon, avec la présence de la #DIGOS, les personnes étaient prudentes. Le premier matin, quand le camp était encore en Italie, ils étaient sur la route à prendre des photos des gens présents. Apparemment ils étaient déjà là la veille, c’est une police politique qui semble tout droit venue de l’ère fasciste, entre la BAC et la DGSI. Cela entraînait un rejet des caméras collectif, à part la personne en charge de l’automédia, il était déconseillé de prendre des photos des personnes. C’est pour cela que les photos de ce texte ne comportent personne dans le champ. Par respect pour celle-ux qui se bougent pour entretenir la solidarité dans les Alpes, pour celle-ux qui les traversent. Pour ne pas donner d’arme à la police ou aux fascistes.

      Le cortège s’est mis en marche et a pris la route, après avoir soigneusement évité les DIGOS qui ne les ont pas suivi. Dès l’entrée sur le territoire français, il a été accueilli par un hélicoptère de la gendarmerie, qui ne restera pas longtemps. Une voiture de la gendarmerie précédait le cortège, partant rapidement quand celui-ci s’approchait. Le cortège ne coupait pas la circulation, la route du col était la seule dans le coin, et il s’écartait pour laisser passer les voitures après leur avoir distribué un tract leur expliquant le but de cette marche. Il chantait des slogans comme « murs par murs, pierre par pierre, nous détruirons toutes les frontières » ou reprenait l’air d’un vieux tube de dance « no border no nation no deportation ». Des messages ont fleuri sur la route, contre les frontières, contre la PAF. On pouvait lire « Ni patrie ni patron, ni Salvini ni Macron ». Il y avait deux banderoles, aucun drapeaux syndicaux, uniquement deux drapeaux noirs où étaient brodés ’No Border’ et ’No Nation’ dessus.

      Après une halte au col de l’Echelle, la marche repartit pour #Plampinet, le premier village dans la vallée. A un moment un migrant qui était allé se soulager, marchait seul dans un chemin en contrebas, parallèle à la route prise par la marche. Une voiture de gendarmerie arrive alors en trombe derrière lui, s’arrêtent à sa hauteur et tentent de le contrôler. Alors que celui-ci va pour s’enfuir, une cinquantaine de personne dévalent la pente pour s’opposer à ce contrôle arbitraire et l’empêchent en faisant déguerpir les 2 gendarmes. Une sorte de cortège de tête va alors se former, chassant les véhicules de gendarmes loin de la marche. Le terrain étant favorable, iels ont pu les faire reculer sans risque de nasse ou de réponse, faisant juste un peu peur aux habitant-es quand iels sont entré-es dans le village.

      Le cortège finit peu après ses 14 kms de marche dans une clairière, où un camp avec tente pour la cuisine, pour les conférences et chapiteau fleurirent en peu de temps. La cantine était à prix libre et à moitié issue de récup’, un concert a même eu lieu sous le chapiteau. L’organisation était bonne pour un événement autogéré, on se serait cru dans une colonie avec toutes les tentes dispersées. L’enjeu était toutefois plus sérieux, une intervention policière dans le camp aurait pu avoir lieu au petit matin.

      Après que le camp soit replié et que les grappes de tente aient disparu de la clairière, une petite discussion collective eu lieu. Les villages où l’on allait passer étaient solidaires, et il fallait aller à leur rencontre plus que se constituer en bloc, sauf si nécessité d’autodéfense comme la veille. Les militant-es du coin subissant plus facilement le harcèlement que leurs homologues urbains. Tout le monde s’y connaît, pourrait leur mettre dessus toute erreur stratégique, surtout à un moment où la question migratoire cristallise les environs. Le mot a aussi tourné que Génération Identitaire allait être de retour dans la région. Après avoir créé une barrière artificielle sur les pistes pour les médias, et fait des maraudes en traquant des migrant-es et en les dénonçant à la PAF (police aux frontières), ils avaient prévenu les médias d’une nouvelle action qui allait commencer le lundi matin.

      La marche s’est alors élancée direction Briançon, avec cette fois-ci un camion sono pour entraîner les gens. En passant dans les différents villages de la vallée, où de temps en temps les habitant-es étaient sur le bas côté pour voir la marche passer, il permettait de faire des interventions. De rappeler pourquoi cette marche avait lieu, face à la militarisation, aux morts, à la repression et surtout contre les frontières. Une fois dans la route pour Briançon, on apprit qu’il y avait 6 camions de gendarme mobile disponible si besoin, plus des effectifs de police. La marche décida alors de se séparer des véhicules et d’éviter toute confrontation en quittant la route pour des sentiers.

      4/5 véhicules qui suivaient jusqu’alors la marche furent contrôlés sur le chemin pour Briançon. Les véhicules ont été fouillé, des bombes de peintures et des masque à gaz ont été saisi, mais les conducteurs ont pu repartir libre. L’ambiance était aussi tendue pendant la marche, des flics étaient au loin avec des appareils photos, poussant les marcheurs à se masquer puis démasquer quand ils étaient dans leur champ. Au final, le cortège entra dans Briançon par des petites ruelles sans tomber sur une seule ligne de police.

      Il fit un crochet par le refuge solidaire avant de se terminer dans un parc. Consigne était donnée de faire attention à la dispersion, pour ne pas répéter la mésaventure du 22 Mars, où 3 personnes ont fini en prison après s’être fait contrôlées en allant à leur voiture. Normalement ce n’est pas arrivé aujourd’hui. La marche n’est pas entrée dans Briançon pour se jeter dans la gueule du loup, pour se donner à la répression. Elle a pu profiter du terrain montagneux qui lui était favorable pour imposer son rapport de force victorieux.

      Au final, la mission a été réussie. Une brèche a pu être ouverte dans les frontières et surtout dans le dispositif policier de contrôle de celles-ci. Plus de 200 personnes ont pu se balader sur 30 kilomètres sans avoir à justifier de leur présence, à devoir montrer un papier absurde, à risquer l’emprisonnement, la déportation et la mort. Les passes montagnes ont répondu à leur façon à la loi asile immigration. Iels ont pu s’opposer à cette gestion déshumanisée des frontières et des vies, où les flux financiers ou les biens peuvent se déplacer bien plus facilement que des humains.


      https://lundi.am/Nous-avons-pirate-les-frontieres
      #marche
      signalé par @isskein

    • De sneeuw smelt, de eerste lichamen van migranten worden gevonden in de Alpen

      Afrikaanse migranten die vanuit Italië verder willen, trekken bij Briançon door de bergen naar Frankrijk. Daar komen ze vrieskou en rechts-extremisten tegen.

      Maandag waren het er twintig. Dinsdag arriveerden ongeveer tien nieuwe mensen bij het opvangcentrum voor migranten in het Franse skistadje Briançon. Afrikanen vooral, meest uit het westelijke deel van het continent. In kleine groepjes steken ze via de Alpen de Frans-Italiaanse grens over. „Veel andere mogelijkheden zijn er niet meer”, zegt de 27-jarige Johnson uit Ghana, die de vorige dag de lange wandeltocht ondernomen heeft. „Maar in Italië wilde ik niet blijven.”

      Sinds de zuidelijke grens tussen het Franse Menton en het Italiaanse Ventimiglia voor migranten praktisch onneembaar is geworden, is dit nog een van de weinige routes die migranten zonder reisdocumenten kunnen nemen om Frankrijk te bereiken. Volgens hulpverleners en lokale autoriteiten neemt het aantal mensen dat de gevaarlijke oversteek door de bergen waagt sinds een paar weken gestaag toe. Spectaculaire acties van rechtsextremistische milities, die met patrouilles in het hooggebergte probeerden mensen af te schrikken, hebben daar niets aan veranderd.

      „De politieke situatie in Italië zal daar wel iets mee te maken hebben”, vermoedt Anne Moutte van het Collectif Refuge Solidaire in Briançon, verwijzend naar de scherpe antimigrantenkoers van Matteo Salvini, de nieuwe minister van Binnenlandse Zaken. In het chaotische kantoortje van de hulporganisatie tegenover het station van Briançon registreert Moutte de nieuwe aanmeldingen en geeft ze logistieke hulp aan mensen die verder het land in willen.

      Frankrijk en Italië wisselen al weken stekeligheden uit over wederzijds vreemdelingenbeleid. Frankrijk, dat vorig jaar ruim 100.000 asielaanvragen verwerkte, zou volgens Salvini niet de Europese afspraken voor de verdeling van migranten nakomen. De Franse autoriteiten erkennen dat alleen al bij de grens bij Ventimiglia in 2017 49.000 mensen zijn teruggestuurd naar Italië. Terwijl links Frankrijk president Emmanuel Macron verwijt niet ruimhartig genoeg te zijn, vindt volgens een recente peiling van bureau Elabe 61 procent van de Fransen de regering juist „te laks”. „Wie nog twijfelde”, zegt Moutte, „maakt nu nog snel de oversteek.”

      De spieren willen niet meer

      Zoals Johnson. Op het stoffige plaatsje voor het opvangcentrum hangt hij onderuit in een plastic stoel. Hij is nogal gespierd. Maar de spieren willen even niet meer. „Alles doet pijn”, grijnst hij, wrijvend over zijn kuiten. Na tien uur lopen is de gedrongen jongen hier gisterochtend, via de Col de Montgenèvre (1.854 meter hoog), gearriveerd. „We zijn een paar keer verkeerd gelopen”, zegt hij. Om politiecontroles te omzeilen, probeerde hij met een vriend, ook uit Ghana, zo ver mogelijk van de autoweg te blijven en vooral steile bospaadjes te nemen. „Maar als het donker is dan is het moeilijk de weg terug te vinden.” Hij wil nu naar Barcelona, waar hij iemand kent. „Heb je daar ook dit soort bergen?” vraagt hij bezorgd.

      Wintersportplaatsen in zinderende zomerhitte hebben altijd iets surrealistisch. Als de flatterende dekmantel van sneeuw verdwenen is, resteert niet meer dan een grauw provinciestadje tegen een feeëriek decor. De skiliften hangen er ongebruikt bij, winkels met vrieskoubestendige kleding hebben de rolluiken neergelaten. Maar de winter had hier niet veel langer moeten duren. De sneeuw, die pas in mei ging smelten, heeft in de bergen tenminste drie slachtoffers gemaakt. „Zonder sneeuw is de oversteek iets minder gevaarlijk”, zegt Anne Moutte. „Maar mensen die de weg niet kennen lopen nog steeds enorm risico.”

      Ze kan het weten. Moutte is in het dagelijks leven berggids en sportleraar. Zoals zoveel mensen die hier in de streek het hooggebergte kennen, leidde ze de afgelopen maanden meerdere expedities om afgedwaalde, gewonde of uitgeputte migranten op te sporen. Meer dan een meter sneeuw lag er op de Col de l’Échelle (1.762 meter) en de Col de Montgenèvre, de twee belangrijkste doorgangsroutes.

      ‘De grens doodt’, hebben activisten op de weg naar de Col de Montgenèvre gekalkt

      „In de bergen heb je dezelfde reflex als op zee”, zegt Jean-Gabriel Ravary (66), een berggids uit het nabijgelegen Névache. „Als mensen in nood zijn, dan bied je hulp en ga je niet eerst kijken wat voor kleurtje ze hebben.” Mensen die de afgelopen winter bij hem aanklopten, kregen voor hij ze naar Briançon bracht te eten en een slaapplaats. Bij hem of bij een van de andere inwoners van het bergdorp van nauwelijks 360 inwoners. Halverwege de Col de l’Échelle liet hij in een berghut eten, drinken en warme dekens achter zodat mensen in nood zichzelf konden bedienen.

      Op die bergtop liepen in april de gemoederen hoog op. Een groep van ongeveer honderd rechts-extremisten uit heel Europa arriveerde op een zaterdagochtend met helikopters, pick-uptrucks en speciale winterjassen met de tekst ‘Defend Europe’ om migranten in de sneeuw duidelijk te maken dat ze niet welkom zijn. „Grens dicht, Europa wordt niet je thuis, no way” stond op een immens spandoek. Enkele dagen werd gepatrouilleerd om, zegt initiatiefnemer Romain Espino van Génération Identitaire telefonisch, „aan de politiek duidelijk te maken dat het wel degelijk mogelijk is om de grens te bewaken”. De hulphut van Ravary werd gesloopt. Officieel zouden de acties nu voorbij zijn, maar „waar mogelijk proberen we de politie nog te helpen om illegalen op te pakken”, zegt Espino.

      Beter om bergroute te mijden

      Maar ook hulporganisaties probeerden migranten in de winter duidelijk te maken dat ze de bergroute zonder speciale uitrusting beter konden mijden. „Maar mensen die in hun hoofd hebben dat ze die grens over willen, houd je gewoon niet tegen”, zegt Moutte. Jongeren in half kapotte gympjes of zonder handschoenen, begonnen aan de klim. Moeders met kinderen op hun rug door de sneeuw. Het ziekenhuis in Briançon moest meerdere mensen met bevroren ledematen behandelen. Bij een enkeling was amputatie onvermijdelijk.

      En dat zijn de mensen die het kunnen navertellen. „De grens doodt”, hebben activisten op de weg naar de Col de Montgenèvre gekalkt. Bij het smelten van de sneeuw, vorige maand, werden de eerste lichamen gevonden van migranten die onderweg in problemen zijn gekomen. De 21-jarige Nigeriaanse Blessing Matthew verdronk in het smeltwater van de rivier de Durance toen ze door de politie werd achtervolgd. Monteurs van energiebedrijf ERDF vonden haar op 9 mei. Wandelaars aan de Italiaanse kant van de grens vonden later in de maand bij het dorpje Bardonecchia het levenloze lichaam van een nog altijd niet geïdentificeerde man.

      Vlak bij Briançon zelf, in het gehucht Les Alberts, werd de 20-jarige Senegalees Mamadou-Alpha Diallo gevonden. Hij was samen met een vriend onderweg naar Briançon toen hij uitgeput naar beneden stortte. Pas drie dagen nadat de vriend zich in staat van shock bij de hulpverleners in Briançon meldde, werd zijn lichaam opgespoord. Diallo heeft een provisorisch graf gekregen naast de dorpskerk van het gehucht Les Alberts. Er liggen verse bloemen op.

      „Als je de Sahara doorgekomen bent, dan kun je alles aan”, zegt de 27-jarige Issa uit Ivoorkust. „Of dat denk je in ieder geval”, verbetert hij zichzelf. In de Sahara was het bijna 60 graden boven nul. Toen hij bijna drie maanden geleden de Alpen overstak was het 20 onder nul. Terwijl de meeste andere mensen hier snel doorreizen naar grotere Franse steden waar ze asiel kunnen aanvragen, werkt hij nu tijdelijk als vrijwilliger bij de opvang van andere Afrikanen. Hij wil na de zomer in Grenoble zijn studie scheikunde hervatten. Via de televisie volgt hij de Europese discussies over migratie op de voet. „Frankrijk is het land van de mensenrechten, leerde ik in Ivoorkust altijd op school”, lacht hij „Leren ze dat in Frankrijk eigenlijk ook nog?”

      https://www.nrc.nl/nieuws/2018/06/27/eerst-de-sahara-daarna-de-alpen-a1608067

    • Réponse à ce que j’ai écrit ci-dessous:
      Identificato il migrante morto nell’orrido di Fréjus: era stato respinto alla frontiera francese

      Mohamed Fofana veniva dalla Guinea Conakry ed era poliomielitico: gli stenti e il freddo lo hanno ucciso mentre tentava la faticosa traversata al Colle della Scala.
      E’ stato identificato il migrante trovato morto il 25 maggio nell’orrido del Fréjus, ucciso probabilmente dalla fatica e dagli stenti. Lo stesso giorno in cui è morto era stato respinto alla frontiera francese. Si chiamava Mohamed Fofana, aveva 28 anni ed era partito dalla Guinea Conakry. Il suo corpo era riemerso dalla neve con la riapertura del Colle della Scala.

      I carabinieri di Susa hanno ricostruito la storia del ragazzo, sbarcato in Italia a giugno dell’anno scorso a Messina. Sulla sua morte il pm Manuela Pedrotta ha aperto un’indagine. Il suo nome è registrato in un centro di accoglienza in provincia di Teramo. Poi di lui si perdono le tracce fino a quando non viene bloccato dalla gendarmeria francese al confine il 26 gennaio di quest’anno. Insieme con altre decine di persone stava tentando la traversata più pericolosa per arrivare in Francia. Secondo i riscontri del medico legale che ha esaminato il corpo, il ragazzo potrebbe essere morto lo stesso giorno in cui è stato respinto alla frontiera tra Italia e Francia. Il richiedente asilo era affetto da poliomelite, una malattia che di certo ha reso ancora più complicata e faticosa la sua traversata. Secondo l’esito dell’autopsia è morto per ipotermia.

      Per settimane il corpo ritrovato in fondo all’orrido del Fréjus è rimasto senza nome. Poi le ricerche degli investigatori hanno ricostruito l’identità del ragazzo in fuga, il terzo cadavere ritrovato da quando il confine italo-francese è diventato terra di migrazione. Ora la procura di Torino ha dato il nulla osta per la sepoltura. La rete Tous Migrants, attiva per la difesa dei migranti e la loro tutela, ha annunciato che la cerimonia funebre sarà celebrata domani con un rito interreligioso a Bardonecchia.

      http://torino.repubblica.it/cronaca/2018/07/03/news/identificato_il_migrante_morto_nell_orrido_di_fre_jus_era_stato_re

    • Reçu via la mailing-list des «3 de Briançon», le 12.07.2018:

      Plusieurs personnes sont convoquées ce mardi 17 juillet à la gendarmerie de Briançon pour une garde à vue
      Ils sont suspectés , comme Bastien , Théo et Eléonora d’avoir aider à l’entrée irrégulière d’étrangers en France en bande organisée le 22 avril 2018 à la frontière franco italienne lors de cette marche pacifiste en réaction à l’occupation de nos montagnes par Génération identitaire
      Le harcèlement judiciaire à l’encontre des solidaires se poursuit ,le procureur se sent pousser des ailes après l’avis du conseil constitutionnel ...

    • Notre fraternité n’a pas de frontières. rassemblement pacifique mardi 17 juillet devant la gendarmerie de Briançon

      Mardi 17 juillet, 4 personnes sont convoquées pour une garde-à-vue à la gendarmerie de Briançon. Le motif : avoir « aidé à l’entrée d’étrangers en situation irrégulière sur le territoire français, en bande organisée », à l’occasion de la marche de solidarité du 22 avril dernier. Rappelons que cette manifestation pacifique s’est déroulée spontanément en réponse aux provocations haineuses et dangereuses d’un groupuscule suprémaciste ayant bloqué depuis la veille le col de l’Echelle.

      Cette convocation groupée s’inscrit dans le cadre de l’enquête ouverte lors du procès des « 3 de Briançon », dont le jugement est reporté au 8 novembre. Elle prend la suite de nombreuses pressions et tentatives d’intimidation (convocations en audition libre, harcèlement téléphonique, surveillance des domiciles) que subissent depuis des mois des personnes solidaires dans la région.

      Suite à la décision du Conseil constitutionnel du 6 juillet dernier, beaucoup ont proclamé que « le délit de solidarité était désormais abrogé » en France. Le Conseil constitutionnel consacre en effet le principe de fraternité pour ne pas pénaliser l’aide gratuite « au séjour » et « à la circulation », mais il ne lève pas les ambiguïtés de l’article L. 622-1 du CESEDA ayant conduit aux condamnations de bénévoles au motif d’une « action militante ». En outre, la décision n’étend pas l’exemption pour l’aide désintéressée « à l’entrée » sur le territoire.

      Selon le communiqué du ministère de l’Intérieur publié le même jour « l’exemption pénale pour l’aide apportée dans un but humanitaire ne doit pas s’étendre à l’aide apportée dans un but militant ou aux fins de faire obstacle à l’application de la loi ou à l’action de l’État ».

      Pour l’Etat, la solidarité devrait donc se réduire à apporter une aide humanitaire ponctuelle, côté français, à celles et ceux qui sont parvenus au péril de leur vie à passer la frontière. Autrement dit, dans le pays de la fraternité, seraient hors de cause les personnes qui aideraient par hasard et sans remettre en cause les politiques migratoires, et condamnables celles qui s’organiseraient en solidarité. Nous refusons cette stratégie de division. Les différentes pratiques de solidarité répondent toutes à la même nécessité de faire face aux violences des politiques migratoires actuelles.

      Rappelons que :

      Le contrôle aux frontières des personnes à la peau noire contraint celles-ci à mettre leur vie en danger pour éviter les barrages et les refoulements quasi systématiques. Sans cela, tout le monde pourrait prendre le train, le bus ou un covoiturage pour voyager de l’Italie à la France.

      Pour appliquer les consignes de la Préfecture et du Ministère, la police aux frontières traque les exilé·e·s dans la montagne, jusqu’à provoquer des blessé·e·s et des mort·e·s, comme Blessing Matthew le 7 mai 2018.

      Comme l’attestent de nombreux témoignages, certains policiers poursuivent, piègent, giflent, déshabillent, volent, menacent à l’arme à feu des personnes, en toute impunité, dans l’invisibilité de la montagne.

      Dans le même temps, la fraternité qui refuse cette mise en danger de personnes, est passible d’une accusation de trafic d’êtres humains, alors qu’elle cherche à prévenir les risques mortels en montagne, en accord avec les libertés fondamentales.

      Ces lois contredisent les droits humains fondamentaux et veulent nous imposer de mettre des frontières dans nos pratiques de solidarité.

      Le pays de la fraternité ne saurait être celui où des personnes exilées, qui tentent d’y trouver refuge, meurent à sa frontière.
      Nous appelons la population à un rassemblement pacifique de soutien
      Mardi 17 juillet, dès 8h30, devant la gendarmerie de Briançon

      Pendant la durée de la garde-à-vue, créons des espaces d’échange et de rencontre : apportez vos instruments de musique, pique-nique, textes, etc !

      https://www.gisti.org/spip.php?article5952

    • Marche du 22 avril 2018 : Comme une odeur de couvre feu...texte d’un gardé à vue.

      Je sors de garde à vue (17/07/18). Privé de liberté pendant toute une journée. J’ai longtemps réfléchi à ce que je pourrais exprimer en sortant d’ici. Essayer de comprendre les motivations jusque boutistes du procureur de la république de Gap.

      Je me suis dit, au début, que le proc’ avait du essuyer quelques
      traumatismes dans sa jeunesse pour être d’une détermination aussi extrême.
      Peut-être était-il étudiant en décembre 95, lorsque la France a été secouée par une grève générale. Peut-être que sa faculté de droit avait été taguée « fac de droite » à ce moment-là. Que les entrées avaient été barricadées par des montagnes de poubelles, de tables, de chaises, et que peut-être de là coulait son esprit de revanche contre la gauche et les militants de ses rangs.

      Puis après, je me suis dit que peut-être avait-il tout simplement envie d’être muté. Devenir multi-récidiviste dans la négation des droits pour énerver sa hiérarchie. Humilier nationalement le tribunal de Gap en requérant la mise en détention des premiers solidaires. Et ainsi se barrer
      d’ici, être envoyer n’importe où, même substitut du procureur dans la Creuse, mais à tout prix se barrer d’ici.

      Puis finalement, à bien y réfléchir et au vu des notes du ministère de l’intérieur concernant le délit de solidarité, et bien je me suis dit que comme dans toute bonne république qui se respecte, que les chefs avaient des chefs et qui eux-mêmes avaient des chefs. Et que les ordres tombaient.
      Que le procureur, malgré sa qualité de chef, restait un subordonné et agissait en tant que tel.
      Au programme : Liquider la résistance en #Haute-Durance, piétiner les solidarités aux frontières, effrayer les populations pour régner en vainqueur. Faire en sorte qu’un africain n’ait pour avenir en France qu’une prison, un charter ou une tombe. Et que tout ça c’était des ordres, le choix d’une politique très claire, une politique d’extrême droite.
      Le procès qui se tiendra le 8 novembre se devra d’être notre tombeau.
      Celui qui asphyxiera les solidarités. Celui qui plongera nos rêves et nos luttes au plus profond des poubelles de l’ Histoire. Ce procès se devra d’être le coup de semonce final sur la tête des vaincus.

      J’ai toujours pensé que l’Etat de Droit, du moins son concept érigé en doctrine, permettait à une classe sociale d’en subjuguer une autre. Que ces 3 mots Etat-De-Droit revenaient sans cesse dans la bouche de certains pour justifier l’idéologie des puissants, et ainsi assujettir notre liberté pour faire de nous des sujets. Sujets du roi, sujets du prince, sujets des multinationales...
      Nos frères et soeurs africainEs, en choisissant la route de l’exil ont décidé de redevenir maître de leur destinée, après ces centaines d’années passées les chaînes aux pieds.
      En tant que vaincu, je les considère comme mes semblables.
      En tant que vainqueurs, vous les voyez comme une menace. Vous avez raison.
      Leur exil nous montre à quel point la guerre économique que vous menez en Afrique et ailleurs est définitivement perdue.
      Les sous-sols du continent africain que vous vous disputez entre vainqueurs s’épuisent à mesure que grandit votre bêtise. Votre bêtise, construite sur une idéologie du passé qui se résume elle en 5 mots : Augmentation-Du-Taux-De-Profit.

      Bolloré et consorts, vous rappelez-vous sûrement des mots esclavage, colonie, pillage, FrançAfrique... Vous qui vous gavez ici, là-bas, partout, vous essaieriez de nous faire croire que le problème serait nos frères et soeurs africainEs ? Le problème, C’EST VOUS ! La destruction que vous engendrez vous tétanise déjà. Vous avez peur, partout. Vous érigez des murs, vous surarmez les pandores, vous construisez des cages. A mesure que la vérité éclate sur l’effondrement prochain de votre civilisation capitaliste, vous agressez, vous violentez.
      Et pourtant c’est inéluctable, la fin d’un monde approche.

      Nous sommes à un point de non retour, d’un côté le chaos climatique, guerrier poussant des dizaines de millions d’individus sur les routes de l’exil et de l’autre le glissement totalitaire des sociétés dites démocratiques. Humiliation des syndicats, répression des mouvements sociaux, suppression des libertés, surveillance à outrance, militarisation des frontières...
      Bref, ras l’bol !

      En Marche, préparez-vous à courir !

      Mathieu, un des 3+4 de Briançon.

      Texte reçu via la mailing-list du comité de soutien des 3 de Briançon

    • France : l’aide aux migrants toujours traquée, nouvelles poursuites judiciaires dans les Alpes

      Malgré le rappel par le Conseil constitutionnel du "principe de fraternité", quatre personnes ont été placées en garde à vue mardi matin à Briançon (Hautes-Alpes) dans le cadre de l’enquête sur une manifestation qui avait permis l’entrée en France d’une vingtaine de migrants et déjà donné lieu à des emprisonnements. Relachées, elles comparaitront le 8 novembre pour "aide à l’entrée irrégulière" d’étrangers "en bande organisée". Une rigueur qui tranche avec l’indulgence de la justice en d’autres circonstances.

      Une femme et trois hommes de 20 à 50 ans - dont deux responsables du collectif "Tous migrants", ont été entendus ce 17 juillet sous le régime de la garde à vue en relation avec une marche qui, le 22 avril dernier, avait occasionné le passage en France de plusieurs étrangers.

      Relachés dans l’après-midi, ils comparaitront le 8 novembre prochain pour "aide à l’entrée irrégulière" d’étrangers "en bande organisée", cette dernière notion étant de plus en plus fréquemment invoquée contre les manifestations.

      Trois militants - une Italienne, un Suisse et un Belgo-Suisse âgés de 23 à 27 ans - sont déjà poursuivis dans cette affaire.

      Surnommés les « trois de Briançon », ils avaient été mis en examen et placés dix jours en détention provisoire avant d’être libérés le 3 mai dernier.

      Ils avaient comparu le 31 mai devant le tribunal correctionnel de Gap mais leur procès avait été renvoyé également au 8 novembre dans l’attente d’une décision du Conseil constitutionnel.
      "principe de fraternité"
      Celle-ci a été rendue le 6 juillet : les Sages ont affirmé qu’une aide désintéressée au "séjour" irrégulier des étrangers ne saurait être passible de poursuites au nom du "principe de fraternité". En revanche, l’aide à "l’entrée" irrégulière reste illégale.

      Le ministère de l’Intérieur indique dans un communiqué que " l’exemption pénale pour l’aide apportée dans un but humanitaire ne doit pas s’étendre à l’aide apportée dans un but militant ou aux fins de faire obstacle à l’application de la loi ou à l’action de l’Etat."

      "Nous refusons cette stratégie de division. Les différentes pratiques de solidarité répondent toutes à la même nécessité", souligne le collectif "Tous migrants". "J’ai la conscience tranquille, je n’ai rien à me reprocher, on a juste aidé des personnes, le principe de fraternité n’a pas de frontières", a déclaré Benoit, 48 ans, un des militants convoqués, avant d’entrer dans la gendarmerie.

      Pour Me Yassine Djermoune, un avocat des mis en cause, les militants y voient "une tentative d’intimidation".

      Le 22 avril, près de 150 militants antifascistes avaient franchi la frontière franco-italienne par les pistes de ski du col de Montgenèvre avec une vingtaine de migrants africains. Après de brefs heurts avec les forces de l’ordre, le cortège avait rejoint Briançon sous escorte. Pour le collectif, cette manifestation "pacifique" répondait "spontanément" aux "provocations haineuses et dangereuses d’un groupuscule suprémaciste ayant bloqué depuis la veille le col de l’Échelle".
      Rigueurs en mansuétudes
      Le 21 avril, une centaine de militants d’extrême droite de Génération identitaire, agissant sous la bannière du mouvement "Defend Europe", avaient bloqué ce col frontalier voisin pour marquer leur hostilité à l’entrée de migrants. Les jours suivants, ils avaient mené des "patrouilles" dans les vallées de la région, agissements qui font l’objet d’enquêtes diligentées par le parquet de Gap mais aucune poursuite n’a encore été engagée.

      "Je regrette que ce ne soit pas les mêmes mesures pour Génération identitaire", a dit une autre avocate des militants pro-migrants placés en garde à vue, Me Cécile Faure-Brac.

      La rigueur avec laquelle la justice traque actuellement - sur instruction du parquet - les actions de solidarité avec les migrants, en particulier dans cette région de montagnes, n’hésitant pas devant le recours effectif à l’emprisonnement, tranche en tout cas avec sa mansuétude envers d’autres délits d’une tout autre trempe.

      Les dossiers de grande délinquance impliquant les hauts personnages de la classe politique ne donnent quasiment jamais lieu à détention provisoire et même les peines prononcées dans ces cas s’achèvent classiquement par des aménagements permettant à ces justiciables spéciaux d’éviter la case prison.

      Celle-ci a également été dernièrement épargnée aux dirigeants de Lafarge sur qui pèsent pourtant des charges gravissimes de complicité de financement d’entreprise terroriste (l’Etat islamique), tandis que leur société l’est pour "complicité de crime contre l’humanité". Il est moins risqué d’aider Daech que des migrants perdus dans les Alpes.

      https://information.tv5monde.com/info/france-l-aide-aux-migrants-toujours-traquee-nouvelles-poursuit

    • Bericht über eine Tour in der französisch-italienischen Grenzregion, Mai 2018

      Im Mai 2018 besuchten drei Freund*innen, die mit Moving Europe vernetzt sind, die Grenzregion zwischen Italien und Frankreich und schrieben einen Bericht über die aktuelle Situation in Ventimiglia, in den Tälern der französisch-italienischen Grenzregion und in der Region PACA (Provence Alpes Côte d’Azur). Hier ist eine Zusammenfassung des Berichts:
      Ventimiglia

      Die kleine Stadt Ventimiglia ist seit 2015 einer der wichtigsten Knotenpunkte der Migration von Italien nach Frankreich. Die Grenze liegt fünf Meilen westlich des Ortes. Die Passage auf dem direkten Weg entlang der Küste nach Menton ist jedoch selten erfolgreich. Auf dieser Straße sahen wir viele Migrant*innen, darunter mehrere Familien mit Kindern. Sie wurden an der Grenze zurückgewiesen und kehrten nach Ventimiglia zurück.

      Entlang des Flusses, neben der Via Tenda, wurden das informelle Lager und das No-Border-Camp, das im Jahr 2015 voller Leben war, zerstört. Der wiederholte Wiederaufbau informeller Lager hat immer wieder zu raschen Vertreibungen geführt. Das Gebiet entlang des Flusses ist nun durch Tore verschlossen. Eine starke Polizeipräsenz stellt sicher, dass keine neuen Lager errichtet werden. Wir haben auch eine starke Polizeipräsenz an den Lebensmittelverteilungsstellen beobachtet: auf dem Parkplatz vor dem Friedhof und vor dem Infopoint an der Via Tenda 8c. Die Stadt ist voller Polizisten. Die Situation ist scheinbar ruhig, aber die Spannung ist spürbar. Unzählige Menschen hängen am Bahnhof herum: Migrant*innen, Polizisten und Schmuggler. Später erfahren wir, dass es etwa 300 Schmuggler – sogenannte Passeurs – in Ventimiglia gibt. Am Ende schaffen es fast alle Migrant*innen, die Grenze zu überqueren – ob in den Autos von Schmugglern oder mit Unterstützung von Aktivist*innen und/oder auf mehr oder weniger autonome Weise – einige gar mit dem Zug (es gibt Kontrolleure, die in die andere Richtung schauen), andere zu Fuß über die Berge. Viele versuchen dies mehrmals. Für Familien ist es am schwierigsten. Um die Polizeikontrollen zu vermeiden, versuchen einige von ihnen, auf gefährlichen Strecken auszuweichen, Passagen, die bereits zu schweren, manchmal tödlichen Unfällen geführt haben.

      In der Nähe des Bahnhofs, in der Via Sir T. Hanbury, befindet sich die Hobbit Bar. Abgesehen vom Infopoint ist es der einzige Ort, an dem die Migrant*innen Unterstützung in ihrem täglichen Leben finden können, die einzige Bar in der Stadt, in der sie willkommen sind. Es gibt Spiele für die Kinder, einen kostenlosen Second-Hand-Laden, Handy-Ladestationen und Zahnbürsten in der Toilette. Die Gäste werden von Delia, der Besitzerin, und ihrem Personal herzlich empfangen. Die meisten der ehemaligen Kund*innen sind abgesprungen, seit die Hobbit Bar ein Ort der Solidarität geworden ist.

      Viele der Aktivist*innen aus der Region Ventimiglia können auch nicht mehr in die Stadt kommen. Sie wurden über Gebietsverbote («follio di via», wohl analog Wegweisungsverfügungen und Rayonverboten) kriminalisiert, ausgestellt durch die Polizei – administrative und nicht-strafrechtliche Entscheidungen, die anzufechten eine sehr langwierige und komplizierte Sache wäre – und es wurde ihnen verboten, die Stadt zu betreten. Was die ursprünglich in Ventimiglia aktiven Netzwerke ARCI und presidio no border betrifft, waren diese dadurch gelähmt. Aber es gibt immer noch Menschen aus Frankreich und anderen Teilen Italiens, die jede Woche Lebensmittel, Medikamente und andere nützliche Dinge vorbei bringen.

      Das offizielle Camp befindet sich 4 km außerhalb der Stadt und wird vom Roten Kreuz verwaltet. Der Eingang wird von Personal mit schusssicheren Westen bewacht. Im Camp stehen 500 Plätze zur Verfügung. Bei ihrer ersten Ankunft werden den Flüchtlingen die Fingerabdrücke genommen. Eine OXFAM-Mitarbeiterin erklärte einer Familie, dass es nur um die Sicherheit des Lagers gehe und dass die Fingerabdrücke nicht an die Behörden weitergegeben würden. Aktivist*innen bezweifeln das.
      Das Vallée de la Roya

      Der Fluss Roya fließt bei Ventimiglia ins Meer. Die Grenze liegt circa 10 km nordwestlich, dem Flusslauf entlang hoch. Die Roya fliesst durch die ligurischen Alpen. Es gibt mehrere Möglichkeiten, die Grenze zu überqueren und die französische Seite des Roya-Tals zu erreichen. Es gibt Straßensperren der Polizei auf den normalen Straßen. In Ventimiglia können sich die Migrant*innen für die Überquerung mit einem Kurier arrangieren. Der Preis beträgt 150€ und beinhaltet die Adresse des nächstmöglichen Anlaufpunktes in Frankreich. Die Routen sind nicht ungefährlich: Seit 2015 sind dort 17 Menschen gestorben, die letzten im Frühjahr 2018.

      Im Vallée de la Roya gibt es mehrere Gruppen, die Flüchtlinge unterstützen – aus humanitären Gründen, aber auch als politische Kollektive oder als autonome Individuen. Einige Einwohner*innen publizieren eine Zeitung, die gewöhnlich über die verschiedenen Probleme des Vallée de la Roya berichtet (Raumplanung, große Autobahninfrastrukturen, Verteidigung der Eisenbahn und der ländlichen Gebiete, Verurteilung der Militarisierung, das Tunnelprojekt Tende-bis, die Trinkwasserversorgung usw.). Diese Zeitung wird von etwa 1.000 Menschen gelesen. Eine faschistische Gruppe versuchte auch, eine Zeitung zu veröffentlichen, aber sie verschwand nach drei Ausgaben wieder, weil die Leser und Leserinnen, eher rechtsgerichtet, schlussendlich von den vielen gefälschten Nachrichten dieser Boulevardzeitung abgestoßen wurden.

      Unter den Gruppen, die humanitäre Hilfe leisten, sind jene, die sich um Cédric Herrou herum konstituieren, die wichtigsten (die historische „Roya Citoyenne“, und seit kurzem „DTC défends ta citoyenneté“). Cédric Herrou wurde für seine Hilfe für die Flüchtlinge verurteilt, ohne dass ihn dies beirrte; er tut, was er für richtig hält, und Politik mag er nicht. Die Aktivist*innen handeln, ohne externe Unterstützung zu suchen, mit Ausnahme von Sachspenden. Sie tun, was ihnen ihr Gewissen vorschreibt, die Vertriebenen, die Migrant*innen sind da und müssen versorgt werden, die Aktivisten reagieren auf eine Notsituation.
      Campingplatz de Cédric Herrou, Val de Roya

      Die Straße, die zum Camp Saorgin in Breil-sur-Roya führt, geht über die Berge: sie ist leicht zu kontrollieren. In Sospel, etwa 10 km vor Breil, errichtete die Polizei eine Straßensperre, ebenso auf der D6205 aus Richtung Ventimiglia. Auch der Standort selbst steht unter ständiger polizeilicher Überwachung.

      Alles begann, als Cedric und sein Netzwerk den Flüchtlingen halfen, die Grenze zu überqueren. Heute ist der Ort bei Flüchtlings- und Schmugglernetzwerken so bekannt, dass das Lager oft an seine Kapazitätsgrenzen stößt. Es waren bis zu 300 Personen vor Ort. Cédric kümmert sich mit Hilfe einiger Freiwilliger um sie. Im Sommer 2017 haben 1.500 Flüchtlinge sein Grundstück passiert.

      Der Ort selbst wirkt informell, die Infrastruktur improvisiert. Es ist ein idyllischer Ort, sicher schlammig im Regen, was in dieser Region glücklicherweise selten ist. Von der Straße nehmen wir einen steilen Pfad hoch zur Hühner- und Olivenfarm von Cedric. Im felsigen Olivenhain gibt es Zelte, eine Außenküche, Trockentoiletten, improvisierte Duschen. Der Weg ist ein kleiner Kletterpfad. Wasser ist knapp. Als wir ankommen, sind nur wenige Leute vor Ort, die sich waschen, ihre Kleidung reinigen, ihre Smartphones aufladen, telefonieren und Essen zubereiten. Alle kamen am Abend zuvor an. Am Morgen ging eine Gruppe von Flüchtlingen nach Nizza.

      Es gibt eine Vereinbarung mit der Polizei: Cedric erstellt eine Liste mit den Namen der Flüchtlinge, macht Fotos von ihnen und schickt diese Daten per E-Mail an die Polizei, um damit die Asylanträge stellen zu können. Die Migrant*innen können sich 3 Tage lang von ihrem Weg durch die Berge ausruhen, dann erhalten sie temporäre Papiere. Anschließend fahren sie in Gruppen, begleitet von Freiwilligen, mit dem Zug nach Nizza. Von dort aus werden sie in andere Regionen geschickt. Der Campingplatz fungiert zum Teil als informelles Empfangszentrum.
      Ein offenes Haus im Hinterland von Nizza: die Karawanserei

      Etwa zwanzig Kilometer von Nizza entfernt, auf dem Land, liegt Huberts Haus und Grundstück. Zwischen 10 und 40 Menschen sind da, auf der Durchreise oder zum Ausruhen: Flüchtlinge und Aktivist*innen, Besucher*innen und viele andere, die sich einfach nur entspannen wollen. Bevor er über humanitäre oder politische Fragen spricht, spricht Hubert über Gastfreundschaft. Das ist sein Grundwert, ob selbst auf Reisen oder als Gastgeber. Er nennt seinen Ort deshalb auch die Karawanserei.
      Sein Haus steht allen Reisenden offen und er macht keinen Unterschied zwischen Migrant*innen, Exilierten oder Urlauber*innen. Das Haus von Hubert arbeitet mit der Organisation „Habitat & Citoyenneté“ zusammen, einer Solidaritätsinitiative, die den Idealen des Netzwerks Solidary-City entspricht. „Habitat & Citoyenneté“ ist ein Informationszentrum mit einem Netzwerk in vielen europäischen Ländern. Es macht es möglich, den Menschen innerhalb von 48 Stunden eine Orientierung zu geben. Die überwiegende Mehrheit von ihnen ging mit eigenen Mitteln, zu Fuß, mit dem Auto, mit dem Zug und sie haben die Adresse des Vereins. Vom Lokal von „Habitat & Citoyenneté“ werden sie zu Hubert gebracht, wenn es dort Platz gibt. Auch Leute, die in Nizza auf der Straße schlafen und an den Verein verwiesen wurden, kommen zu ihm nach Hause, manchmal sind es die Sozialämter oder sogar die Präfektur, die den Aufenthalt in seinem Haus vorschlagen.

      Hubert ist ein charismatischer, pragmatischer und optimistischer Mensch, jeder dort nennt ihn Baba (Vater). Der Unterschied zwischen diesem Lebensort und denen von Cédric und den anderen ist, dass es im Vallée de la Roya notwendig ist, den Notstand zu bewältigen. Was tun, wenn in der Nacht 50 Personen ankommen? Bei Hubert haben die Gäste keine Hindernisse, Barrieren, Mauern, Demütigungen mehr. Hubert fragt sie nicht, wann sie gehen wollen. Sie verfügen selber über ihre Zeit. Diese verschiedenen Aufnahmeorte arbeiten eng zusammen und teilen die gleiche Analyse. Die Karawanserei ist die Etappe, die der ersten Ankunft nach der Grenze folgt, sowohl in der Aufnahme als auch in der Orientierung.

      Der Alltag in diesem Haus verläuft ohne Regeln: keine Planung, keine Meetings, jedeR tut, was er/sie will und kann. Als wir ankamen, waren etwa 15 junge Männer vor Ort. Einige von ihnen bauten eine neue Tür für den Hühnerstall, andere hörten Musik oder putzten das Haus, nochmals andere führten Reparaturen aus, die letzten ruhten oder schliefen.

      Es ist ein ständiges Kommen und Gehen: Freund*innen kommen mit (oder ohne) Spenden vorbei und bleiben ein paar Tage, Migrant*innen aus anderen Regionen kommen zurück, um „ihre Familie“ zu besuchen und Ruhe zu finden oder ein Konzert zu besuchen. Hubert möchte, dass sein Zuhause ein ruhiger Ort bleibt, an dem die Reisenden wieder zu Kräften kommen und darüber nachdenken können, wo und wie sie ihre Reise fortsetzen können. Er interessiert sich für Gäste und spricht gerne mit ihnen. Der Verein „Habitat & Citoyenneté“ erhält Lebensmittel von der Banque Alimentaire de Nice. Reisende müssen wieder zu Kräften kommen und viel essen, so Hubert.

      Zum Thema Repression erklärt Hubert, dass innerhalb des Vereins jedeR die Verantwortung für sein/ihr Handeln übernimmt: sie agieren offen und verstecken sich nicht. Einige von ihnen wurden bereits oft verhaftet, aber in der Regel nach 48 Stunden wieder freigelassen. Auch Hubert wurde bereits in Polizeigewahrsam genommen und etwa 15 Flüchtlinge wurden nach Italien zurückgeschickt. Zwei Tage später war er wieder frei, und nach zwei weiteren Tagen waren alle Flüchtlinge wieder zurück bei ihm auf dem Gelände.

      Hubert glaubt, dass die Toleranz der Polizei und der Behörden damit erklärt werden kann, dass die Flüchtlinge nicht in Nizza auf der Straße rumhängen und der Staat sie nicht unterstützen muss. „Habitat & Citoyenneté“ erhält keine staatliche Förderung, sie leben von Spenden. Sie haben aktuell finanzielle Probleme – nächsten Monat werden sie nicht genug Geld haben, um die Miete für ihre Räumlichkeiten in Nizza zu bezahlen.*

      In der Region von Nizza ist der Front National sehr stark, aber Hubert hat keine Probleme mit seinen Nachbar*innen. Einige sind „fachos“, aber sie handeln nicht konkret. Die Dorfgemeinschaft und der Bürgermeister bereiten ihm keine Probleme, manchmal sind sie sogar freundlich.
      Unterstützungskollektive, im Var und in Marseille

      Nordwestlich von Nizza liegt die Bergregion des Haut-Var, wo es auch Gruppen gibt, die Flüchtlinge unterstützen. Die bekannteste, „Haut-Var Solidarité“, wurde 2016 gegründet und unterstützt Migrant*innen durch Unterbringung, gegenseitige Unterstützung und im Kampf gegen Polizeipraktiken an der Grenze und gegen alle Grenzen. Die Kollektive stehen in engem Kontakt mit dem selbstverwalteten Sozialzentrum von Marseille „Manba“ sowie mit anderen Kollektiven aus Marseille, die sich mit dem Empfang und der Beherbung von Migrant*innen, dem Kampf gegen Vertreibungen und der französischen und europäischen Migrationspolitik beschäftigen. Ein Treffen der südöstlichen Koordination all dieser Kollektive soll im Herbst organisiert werden.
      Über die Alpen, von Italien nach Briançon, eine Stadt der Solidarität

      Die Flüchtlingsroute durch Italien führt hauptsächlich durch Mailand. Von dort fahren die Flüchtlinge entweder nach Südwesten in Richtung Ventimiglia oder nach Westen in Richtung Turin. Dort teilt sich die Straße wieder: eher nach Norden in Richtung Bardonecchia oder etwas weiter nach Süden in Richtung Claviere und weiter über den Montgenèvre-Pass nach Briançon.

      Auf der italienischen Seite dieses Passes, in Claviere, befindet sich ein besetztes Untergeschoss in der Kirche, das „Chez Jésus“. Die Kirche toleriert es, weil der Papst 2018 zum Jahr der Obdachlosen erklärt hat. Es gibt einige Matratzen, aber die meisten Flüchtlinge benutzen das „Chez Jesus“ als letzten Informationspunkt vor der Grenze, wo sie sich ausruhen und ernähren können, bevor sie die Grenze überschreiten. Diese ist circa 1 Kilometer vom Dorf entfernt. Das „Chez Jesus“ ist teilweise von denselben Aktivist*innen besetzt wie das „Chez Marcel“ in Briançon (von dem wir später noch berichten werden), aber auch Leute aus Italien sind beteiligt. Der Ort wird von der italienischen Geheimpolizei überwacht, bisher ohne größere Zwischenfälle. Ende Juli haben wir aber erfahren wir, dass das selbstverwaltete „Chez Jésus“ von der Räumung bedroht ist.

      In Claviere treffen wir zwei Gruppen von Migranten, die mit dem Bus aus Turin gekommen sind. Das Ticket kostet 10 Euro, die Passeure aber nehmen bis zu 300 € für die gleiche Strecke und „liefern ihre menschliche Fracht“ direkt vor dem „Chez Jesus“ ab. Es kommen 20 bis 50 Personen pro Tag. Meistens bleiben die Migrant*innen bis zur Dämmerung, benutzen dann die Wege und überqueren die Hügel und warten im Waldgebiet nahe der Grenze auf die Nacht. Sie überqueren die Grenze im Dunkeln und versuchen, Briançon in der Nacht zu erreichen. Wenn sie sich nicht verirren und in guter körperlicher Verfassung sind, brauchen sie 3 bis 4 Stunden, um diese 15 Kilometer zu bewältigen, aber in der Regel dauert die Strecke eher 8 Stunden, in komplizierten Fällen bis zu 15 oder 20 Stunden. Der Weg ist markiert und es gibt Menschen, die den Weg bei Schneefall vorbereiten. Bei winterlichen Bedingungen dauert es sogar noch länger, um voranzukommen. Es braucht auch länger, wenn die Menschen sich vor der Polizei verstecken müssen, oder für Familien mit Kindern. Viele Menschen wurden durch die Kälte verletzt, und mindestens drei Menschen starben auf der Straße, darunter eine Frau, die in einen Hochwasser führenden Bergfluss fiel, als sie davonrannte bei dem Versuch, der Polizei zu entkommen. Der Grenzübertritt ist eigentlich ganz einfach, aber je näher man der Stadt Briançon kommt, desto schwieriger wird es. Ein Golfplatz (im Winter eine Skipiste) auf beiden Seiten der Grenze muss direkt am Pass überquert werden. Die letzten hundert Meter sind die gefährlichsten: eine verstärkte Polizeipräsenz, das stärker werdende Tageslicht, die zunehmende Erschöpfung machen diese letzten Meter zum schwierigsten Teil der Reise.

      Die Polizei hat feste Kontrollpunkte entlang der Straße vom und am Montgenèvre-Pass und mobile Kontrollpunkte entlang der Wanderwege und Pfade eingerichtet. Außerhalb des festen Grenzübergangs führt die Polizei mobile Kontrollen auf den Straßen und Wegen durch. Sowohl auf italienischer als auch auf französischer Seite scheinen die Einstiegspunkte in die Route als auch die Besetzungen respektiert zu werden. Sobald die Flüchtlinge Briançon erreicht haben und wissen, wohin sie gehen sollen, sind sie sicher und können trotz starker Polizeipräsenz in der Stadt Asyl beantragen.

      Mitte Juni wurde am Montgenèvre-Pass ein Lager eingerichtet. Drei Tage lang überquerten fast 400 Aktivist*innen die Grenze mit Musik, Liedern und Megaphonen. Diese Demonstration entlang der normalerweise von Flüchtlingen benutzten Wege sollte die Durchlässigkeit der Grenze aufzeigen und gegen die Kontrollen protestieren. Nach dieser Aktion wurde inzwischen gegen 7 Personen ein Strafverfahren eröffnet (siehe Beilage). Ein neues Treffen ist vom 19. bis 23. September geplant.

      In Briançon sind die Menschen, die aktiv sind, politisiert und eng miteinander vernetzt. Es gibt mehrere Besetzungen oder Unterkünfte, in denen Flüchtlinge untergebracht sind. Die größte ist die „CRS“, eine ehemalige Kaserne, die sich im Besitz der Stadt befindet und von Aktivist*innen verwaltet wird, um Flüchtlinge aufzunehmen. Man sagt, dass es sogar ein oder mehrere Alarmtelefone gibt. Das erinnert uns an eine Art von underground railroad für Leute, deren Bewegungsfreiheit beschränkt ist.

      Es ist auch wichtig zu betonen, dass der Bürgermeister von Briançon linksgerichtet und konziliant ist. Die Stadtverwaltung ist aufgeschlossen und weiß es zu schätzen, dass Flüchtlinge nicht die Straßen oder Parks besetzen, was die Touristen stören könnte. Dies mag einer der Gründe sein, warum die 13 Bürgermeister der grenznahen Gemeinden gemeinsam beschlossen haben, die Flüchtlinge aufzunehmen und ihnen Unterschlupf zu gewähren. Die Verwaltung und die Solidaritätsaktivist*innen sind besorgt über die derzeitige Präsenz der Identitären (französische Rechtsradikale der Bewegung der Identitären), auch wenn diese derzeit keine festen Verbindungen in der Kleinstadt haben. Die Identitären versuchen, die Flüchtlinge auf den Pfaden zu verhaften, sie zurückzuschicken und der Polizei zu melden, und sie bespitzeln die Solidarischen, aber es sind kaum mehr als 15 von ihnen. Im Frühjahr 2018 organisierte das Netzwerk „Defend Europe“, ein fremdenfeindliches und faschistisches europäisches Netzwerk, Grenzsperraktionen auf dem Col de l’Echelle. Obwohl es nicht gelungen ist – wie im Vorjahr der Versuch, mit dem Boot „C-Star“ Migrant*innen im Mittelmeer zu blockieren –, löste die Aktion dennoch einen großen Medienrummel aus.

      Die Zusammenarbeit der Verwaltung mit den vielen Aktivist*Innen und Freiwilligen funktioniert in Harmonie; der Geist des Willkommens hat hier bis heute überlebt. Derzeit gibt es über 300 Flüchtlinge in Briançon, aber die meisten bleiben nicht lange und setzen ihre Reise innerhalb von drei Tagen nach ihrer Ankunft Richtung Lyon, Paris, Marseille oder anderswo fort. In letzter Zeit gab es am Bahnhof von Lyon einige Zurückweisungen von Migrant*innen, als der Zug ankam.

      „Chez Marcel“ ist ein altes besetztes Haus in der Nähe des Stadtzentrums, das an einem steilen Hang gebaut wurde. Es gibt ein Untergeschoss mit einem Raum für die Aktivist*innen, einer Dusche, einem Keller und einer Tür zum Garten. Im Erdgeschoss führt ein kleiner Flur zu zwei Schlafzimmern für die Flüchtlinge, einer Küche und einem Versammlungsraum. Im Obergeschoss gibt es weitere Schlafzimmer und einen Gemeinschaftsraum, im Dachgeschoss gibt es weitere Schlafmöglichkeiten. Im Garten befinden sich zwei Wohnwagen und eine Trockentoilette. Es ist eng, aber freundlich, jeder teilt sein tägliches Leben. Jeden Montag gibt es eine Suppenküche. Die Verpflegung erfolgt durch das Rote Kreuz und die Nachbar*innen. Die Aktivist*innen, die wir trafen, sagten uns, dass sie finanzielle Unterstützung brauchen, aber auch, dass sie zahlreicher sein müssten, um dort leben und an politischen Kämpfen teilnehmen zu können.

      „Chez Marcel“ ist nicht nur ein Ort, an dem sich Flüchtlinge ausruhen und informieren können, sondern auch ein Ort, an dem Interventionen gegen das Grenzregime entwickelt werden. Die Menschen dort sind eindeutig Aktivist*innen, aber sie wollen sich selber nicht von den Flüchtlingen unterscheiden, sie alle sehen sich als kämpfende Menschen. Es gibt natürlich Unterschiede, aber diese sind Gegenstand ständiger und bewusster Überlegungen, zumindest bei einigen Aktivist*innen. Während unseres Besuchs trafen wir etwa zwanzig westafrikanische Migranten, alle französischsprachig. Es gab eine Diskussion über die Möglichkeit, ein Sommercamp am Col de Montgenèvre zu organisieren, aber auch über die Angst, die Aufmerksamkeit der Ordnungskräfte und möglicherweise der Identitären auf sich zu ziehen.

      Die Aktivist*innen verbergen ihr Engagement nicht, aber sie prahlen auch nicht damit. Gewiss kennen die Behörden ihr Engagement, die Stadtverwaltung toleriert sie und unterstützt sie sogar. Es ist ein Arrangement, das wie bei Cedric und Hubert auf einer Form von stillschweigender Toleranz beruht: Jede laute Handlung könnte dieses fragile Gleichgewicht stören. Schon vor 2015 wurden zwischen Italien und Frankreich Rückübernahmeabkommen geschlossen. Wir sind besonders an vorbildlichen Aktivitäten in dieser Grenzregion interessiert, weil Deutschland ähnliche Abkommen mit Frankreich und Österreich schließen will. Scheuen wir uns nicht, an diesen Grenzen ähnliche Aktivitäten zu entwickeln!
      Unterstützungsstrukturen im Hinterland Briançonnais – Gap und Veynes

      Das „Chum“ (centre d’hébergement d’urgence pour mineurs exilés – Notunterkunft für im Exil lebende Minderjährige) ist ein autonomer Raum in der Stadt Veynes, etwa dreißig Kilometer westlich von Gap. Es empfängt und beherbergt unbegleitete Minderjährige. Seit September 2017 sind rund 180 Minderjährige hier vorbeigekommen. Das „Chum“ von Veynes befindet sich im alten, verlassenen Haus des Bahnhofsvorstands. Das Bürgermeisteramt hätte dort ein soziales Projekt organisieren sollen, tat dies aber nie.

      Aktivist*innen besetzten das Haus im Sommer 2017 – damals waren etwa 80 Minderjährige in Gap auf der Straße – und errichteten ein selbstverwaltetes Notaufnahmezentrum für minderjährige Migrant*innen mit einer maximalen Kapazität von 25 Personen (durchschnittlich zehn Migrant*innen sind anwesend).

      Derzeit sind die Aktivist*innen entmutigt, weil sie nicht sehr zahlreich sind und die Situation schwierig ist. Es gibt immer weniger Freiwillige, die sich engagieren, und Meetings, zunächst wöchentlich, werden immer seltener.

      Die Organisationen France Terre d’Asile und PASS (permanence d’accès aux soins de santé) sind vom Staat offiziell beauftragt, sich um unbegleitete Minderjährige zu kümmern, tun aber nicht viel, um schnell eine Unterkunft für sie zu finden oder ihnen den Zugang zu ihren Rechten zu garantieren.

      Die Aktivist*Innen kümmern sich daher freiwillig um die Aufnahme von Migrant*Innen, ihren Zugang zur Betreuung und Befriedigung ihrer Bedürfnisse und ihren Verwaltungsakten. Sie fühlen sich isoliert.

      Außerdem gibt es Spannungen innerhalb der Aktivist*innen, die nicht alle den gleichen Ansatz haben; eine humanitäre Vision (Betreuung von Migranten, handeln für diese) steht libertären Praktiken (Organisation des Kampfes und des täglichen Lebens mit Exilierten, gemeinsames Handeln) gegenüber.

      Das „Maison Cézanne“ ist ein besetztes Haus in Gap, der Hauptstadt des Departements Hautes-Alpes. Es bietet derzeit Platz für 17 Personen in drei bis vier Zimmern. Das „Maison Cézanne“ wurde vom Kollektiv „un toit un droit“ besetzt, steht aber kurz vor der Räumung. Es gibt immer noch zwei oder drei Aktivist*innen im Kollektiv, aber keineR von ihnen lebt dort. Die Selbstorganisation mit den Migrant*innen im Haus ist schwierig, da diese meist nur auf der Durchreise sind. Das „Maison Cézanne“ wurde Anfang August vor Gericht gestellt: Urteil, das Haus ist verwertbar, um einen Immobilienbetrieb zu ermöglichen, die Bewohner werden auf die Straße zurückkehren.

      http://moving-europe.org/bericht-ueber-eine-tour-in-der-franzoesisch-italienischen-grenzregion

    • La Frontière au quotidien : passages à tabac et délations

      –-> Communiqué du refuge autogéré Chez Jesus.

      Clavières est un village italien à deux kilomètres de la frontières française. Depuis l’hiver dernier, c’est un lieu de passage pour les exilé.e.s qui veulent entrer en France. Cela fait quelques semaines que les violences à la frontière s’intensifient. Des militaires et des flics [1], volent, tabassent, menacent et insultent celles et ceux qu’ils arrêtent. Nous rapportons quelques témoignages qui montrent un peu le vécu quotidien à la frontière.
      Paroles de flics

      Lors de l’arrestation d’un mineur : « Même si t’avais dix ans je te laisserai pas passer »
      Au poste de police, un flic met une musique : « Tu connais cette musique ? Regarde le titre tu vas comprendre ! Ça s’appelle White paradise. »
      Une patrouille procède à une interpellation dans la montagne, un des flics appelle son supérieur : « c’est bon on a trouvé le gibier ».

      #Délation

      A Clavière le sous-sol de l’église a été ouvert pour en faire un refuge autogéré, Chez Jésus. Le prêtre habite le même bâtiment. Toute la journée il tourne dans les environs pour insulter exilé.e.s et personnes solidaires, mais aussi dénoncer celles et ceux qui tentent de passer la frontière. Dernier exploit en date : dénoncer une femme enceinte et sa petite fille de 12 ans pour que la police les interpelle.

      Côté français, certain.e.s habitant.e.s prêtent volontiers main forte à l’État pour renforcer son dispositif de répression raciste. Le 12 août au matin, une femme blanche voit quatre personnes noires et sort immédiatement son téléphone. Deux minutes plus tard, la police déboule en trombe.

      A Briançon, le 13 août au matin un groupe de six personnes tente de rejoindre le refuge, premier lieu après la frontière à l’abri de la traque policière. Un couple les voit, monte dans leur voiture et revient dix minutes plus tard suivi d’une voiture de gendarmes.

      Les cow-boys dans la montagne

      Lorsque les exilé.e.s tentent de passer la frontière, des gendarmes en treillis sont régulièrement présents sur la route pour bloquer le passage. Dans la nuit du 12 août, un groupe d’exilé.e.s a été braqué au fusil et sommé de se coucher au sol par des militaires en embuscade derrière un rocher. « Ils sont sorti en criant couchez vous, couchez vous ! Une personne leur a demandé s’ils avaient le droit de nous tirer dessus, le policier a répondu qu’il ne sait pas courir (...) Ils sont effrayants, si tu as mal au cœur tu peux mourir. Mais moi je ne suis pas un voleur. » raconte M., un adolescent de 15 ans.

      Pour procéder à ces interpellations musclées et démesurées, gendarmes et policiers sont bien équipés : lunettes de vision nocturne, chiens, quads, motoneiges... Ces derniers jours, la présence autour de Chez Jésus d’#hélicoptères de la gendarmerie et de #drones dont on ne connaît pas la provenance a de quoi inquiéter.

      Passages à tabac

      Lors des interpellations, la police aux frontières se livre de plus en plus régulièrement à des actes de #violence, particulièrement pour forcer les personnes interpellées à donner leurs #empreintes_digitales. Ci-dessous, un témoignage recueilli le 13 août, suite à l’arrestation d’un jeune de seize ans.

      « On m’a attrapé à Montgenèvre. J’étais au téléphone, j’ai vu la police passer, puis revenir pour me demander mes papiers. Je n’en ai pas. Ils m’ont fouillé, ils ont vidé mon sac. Puis ils m’ont amené au poste de police à la frontière. Dès qu’on est rentré ils m’ont demandé de signer des papiers, j’ai refusé. Ils m’ont demandé de prendre mes empreintes digitales, j’ai aussi refusé. Après, ils ont commencé à me frapper, pour m’obliger à donner mes empreintes. Une fois, puis une deuxième fois, plus fort. Deux personnes sont venues en renfort. Ils s’y sont mis à quatre pour m’attraper, pour me forcer à ouvrir la main, deux de chaque côté. J’ai résisté. Alors, un des quatre policiers m’a saisi à la nuque et m’a jeté à terre dans une pièce. Il a sorti sa matraque et a commencé à me frapper, au front puis au genoux. Je leur ai dit qu’ils pourraient me tuer, que je donnerai pas mes empreintes. Après ils m’ont mis dans une voiture et m’ont jeté sur le trottoir, juste de l’autre coté de la frontière. Je suis resté là, par terre, trente ou quarante minutes. J’avais trop mal pour me lever, jusqu’à ce que des personnes me trouvent et appellent une ambulance. »

      Le 12 août un exilé est allé au poste de la police aux frontières pour se déclarer comme mineur. Légalement, la police est tenue d’enregistrer sa déclaration et de le prendre en charge. Arrivé là bas, les policiers sur place ont refusé de l’enregistrer et lui ont ordonné de donner ses empreintes. Suite à son refus, ils l’ont frappé deux fois, à la tête et au flanc. La veille, une personne mineure s’était également faite frapper dans les mêmes conditions.

      Au quotidien les #fouilles humilient les personnes de passage avec régulièrement des #attouchements, des #insultes et un #racisme ouvertement exprimé.

      Les responsables politiques nous le martèlent : nous vivons dans un État de droit. Ce que nous tenons à faire comprendre ici, c’est ce que cela signifie dans le cas particulier de la frontière : c’est la #traque, les ratonnades, les #humiliations et les droits bafoués des personnes racisées et sans papiers, de façon systématique. C’est aussi dix ans de prison ferme encourus pour « aide au passage en bande organisée » pour celles et ceux qui luttent contre ce dispositif et ce qu’il représente. C’est encore l’intimidation et la mise en danger délibérée comme seul ordre républicain à la frontière.

      Il n’y a ici ni bavures, ni dérives : tous ces faits constituent autant d’exemples de ce qu’est la politique frontalière européenne. Ce sont les pratiques quotidiennes des personnes et des institutions qui invoquent l’État de droit pour mieux justifier la violence nécessaire à leur pouvoir.

      Face aux violences policières, étatiques, nous continuerons à passer les frontières, à les ouvrir, à les abattre.

      https://mars-infos.org/la-frontiere-au-quotidien-passages-3308

      Le ps est intéressant :

      [1] Nous ne féminisons pas la police car elle est l’émanation d’un État patriarcal et machiste.

    • Comité de soutien à #Madjid_MESSAOUDENE

      Une centaine de militants du groupe d’extrême droite Génération identitaire se sont rendus au col de l’Echelle fin avril 2018 afin d’empêcher le passage des migrants en territoire français. Ce groupe n’en est pas à son premier exploit xénophobe. C’est déjà lui qui avait affrété le funeste C-STAR afin d’empêcher les opérations de sauvetage de migrants en mer. Ils ont dû mettre fin à leur activité détestable autant qu’illégale. Les « Identitaires » ont démontré à de nombreuses reprises le mépris qu’ils vouent aux hommes et aux femmes fuyant leurs pays, les guerres, la misère, l’oppression, dans l’espoir d’un avenir meilleur.

      En l’absence des réactions qui auraient dû s’imposer depuis les plus hauts sommets de l’Etat, Madjid Messaoudène, élu et militant, a choisi de dénoncer sur le réseau social Twitter les actes inqualifiables commis par cette milice d’extrême droite. Génération identitaire a engagé à son encontre des poursuites devant le tribunal, pour #injures_publiques. Par ce #procès ils souhaitent faire taire les voix déjà trop peu nombreuses qui combattent le racisme et la xénophobie sous toutes ses formes, tout en se donnant un air de respectabilité.

      Nous ne pouvons accepter qu’un élu, qu’un camarade, soit pris pour cible de la sorte, pour avoir fait ce que sa conscience lui dictait. Dans un contexte où, dans toute l’Europe, les populismes et les gouvernements xénophobes se banalisent, nous décidons plus que jamais de faire front. Aussi, dans la pluralité de nos parcours et de nos engagements nous apportons notre soutien à Madjid Messaoudène face aux tentatives d’intimidation d’une extrême droite toujours vivace.

      Marie-Christine Vergiat (Députée européenne) et Bally Bagayoko (Adjoint au maire de Saint-Denis)
      Co-président.e.s du comité de soutien

      http://comitedesoutien.madjid.fr

    • Chronique printanière d’une frontière meurtrière

      Dans les montagnes du Briançonnais, plusieurs exilés ont perdu la vie en tentant de rejoindre l’Hexagone. Traqués par la police et l’extrême droite, ils sont secourus par des militants solidaires, que l’État cherche à intimider. Trois d’entre eux ont même passé neuf jours en prison.

      C’était un petit miracle : depuis deux ans que les migrants franchissent les cols des Hautes-Alpes pour passer en France, aucun n’avait perdu la vie sur ce périlleux chemin. Hélas, au mois de mai, les beaux jours ont révélé trois cadavres. Les premiers dans le Briançonnais.

      À la frontière franco-italienne, le droit d’asile est foulé aux pieds. Chaque jour, la police hexagonale repousse des exilés, même mineurs, au mépris des procédures légales et de l’humanité. Sous Hollande comme sous Macron, l’État français refuse de prendre sa part dans l’accueil des pauvres hères débarqués en Italie par centaines de milliers. Que Rome se débrouille ! Rome s’est débrouillée : à la suite d’accords troubles avec la Libye, les flux de réfugiés ont ralenti. Combien sont-ils désormais, ces Subsahariens coincés sur la rive sud de la Méditerranée, dans ce pays de torture, de racket, d’emprisonnement arbitraire et d’esclavage ? Ce pays où l’épouvantable député Éric Ciotti (LR) voudrait que l’Aquarius ramène les rescapés des naufrages, puisqu’en Italie, le gouvernement néofasciste a commencé à fermer ses ports.

      Heureusement, dans ce grand drame de notre époque qu’est la question migratoire, d’autres choisissent la fraternité. Une option de plus en plus risquée.

      Montgenèvre, 10 mars

      Dans les Hautes-Alpes, Benoît Ducos est menuisier. Cet hiver, il multiplie les maraudes pour porter secours aux migrants qui tentent de traverser la frontière. Mal équipés, non habitués à de telles altitudes, les exilés risquent leur vie en tentant d’esquiver les forces de l’ordre. Ce soir-là, Benoît repère six personnes dans la nuit, dont un couple avec ses deux enfants.

      « La maman était vraiment épuisée. En discutant, on a appris qu’elle était enceinte de huit mois et demi, se souvient-il. On s’est donc dit qu’il fallait la descendre à l’hôpital le plus rapidement possible. On a essayé de se dépêcher, mais on a été arrêtés à l’entrée de Briançon. Et il n’y a pas eu moyen de faire comprendre à la dizaine de douaniers rigolant autour de mon véhicule que cette femme souffrait atrocement et qu’il y avait une urgence vitale... On a perdu beaucoup de temps. » Selon la préfecture, l’attente n’a duré que 16 minutes. Mais d’après Benoît Ducos, entre le début du contrôle et l’arrivée des pompiers, il s’est passé plus d’une heure…

      « Vers 23 h 10 ou 23 h 15, la maman a enfin été transportée à l’hôpital. Et nous, avec le papa et les enfants, on a été emmenés au poste de police. Moi, j’ai été relâché rapidement. Mais le lendemain, on a appris que l’hôpital avait dû insister auprès de la police aux frontières pour faire revenir le papa et les enfants, qui étaient en train d’être reconduits en Italie alors que la maman accouchait ! C’était un accouchement par césarienne, donc difficile et risqué, qui ne pouvait se faire ni dans la neige, ni dans une voiture. »

      Quelques jours plus tard, Benoît sera convoqué par la police aux frontières, soupçonné d’aide à « l’entrée, à la circulation ou au séjour irrégulier d’un étranger en France ». Tarif potentiel ? Cinq ans de prison.

      Col de L’Échelle, 21 avril

      L’été dernier, le groupuscule Génération identitaire avait affrété un bateau en Méditerranée, pour refouler les migrants vers les eaux libyennes.

      Cette année, même concept, mais à la montagne. Une petite centaine d’activistes d’extrême droite, issus de plusieurs pays d’Europe, se retrouvent au col de l’Échelle. D’après eux, à la frontière franco-italienne, l’État fait preuve de laxisme. Les néofascistes installent donc une clôture en plastique pour matérialiser cette frontière, qui se trouve en réalité quelques kilomètres en contrebas.

      Des 4x4 rutilants, des hélicoptères tournant dans le ciel : pour cette opération de propagande, les moyens sont considérables.

      Dans une vidéo diffusée sur le Web, les militants xénophobes expliquent leur théorie : « L’immigration massive » est un « danger mortel ». Il faudrait donc que la jeunesse européenne « reprenne son avenir en main et défende sa civilisation ».

      Clavière, 22 avril

      Le lendemain, les soutiens des migrants répliquent par une manifestation. Parties de Clavière, dernier village italien avant le col de Montgenèvre, quelque 120 personnes, accompagnées d’une trentaine d’exilés, prennent la direction de la France. À la frontière, les forces de l’ordre les attendent. Une petite bousculade plus tard, le barrage est forcé. Dans l’après-midi, le cortège solidaire arrive à Briançon. Victoire… provisoire.

      Car le soir même, plusieurs marcheurs sont interpellés. Devant les médias, Gérard Collomb, le ministre de l’Intérieur, renvoie dos à dos fascistes et solidaires. Il affirme vouloir « combattre ceux qui souhaitent faire échec aux contrôles des frontières, comme ceux qui prétendent se substituer aux forces de l’ordre dans ces missions ». Mais il choisit son camp : les Identitaires, eux, ne sont pas inquiétés. Et surtout, des renforts de police et de gendarmerie sont envoyés dans les montagnes.

      Gap, 24 avril

      Deux jours plus tard, au tribunal, trois des marcheurs solidaires passent en comparution immédiate : une Italienne, Eleonora, un Belgo-suisse, Theo, et un Suisse, Bastien. Âgés de 23 à 26 ans, ils sont vite surnommés, « les 3 de Briançon ». La justice leur reproche notamment d’avoir « par aide directe ou indirecte, facilité ou tenté de faciliter l’entrée irrégulière en France de plus d’une vingtaine d’étrangers ». Circonstance aggravante, aux yeux du procureur, « les faits ont été commis en bande organisée ». Le tarif double donc : les prévenus risquent dix ans de prison et 750 000 € d’amende.

      Ils demandent le report du procès, le temps de préparer leur défense. Le tribunal accepte, mais les place en détention provisoire. Ces dernières années, des peines d’amende ou de prison avec sursis avaient déjà été prononcées contre des défenseurs des migrants. Mais c’est la première fois que des « délinquants solidaires » sont effectivement incarcérés.

      Gap, 3 mai

      Neuf jours plus tard, le tribunal de Gap revient à de meilleurs sentiments. Bastien, Theo et Eleonora sont libérés. Ils quittent la prison des Baumettes, à Marseille, mais restent soumis à un contrôle judiciaire strict : interdiction de s’exprimer sur les réseaux sociaux et obligation de demeurer dans un département français, avec pointage régulier à la gendarmerie.

      Briançon, 29 mai

      En 2011, le mariage avait défrayé la chronique : Marcel Amphoux, paysan hirsute, épousait une Parisienne de 25 ans sa cadette. La belle s’était vite retrouvée accusée d’en vouloir au copieux héritage du vieil ermite. Depuis sa mort en voiture, un an plus tard, l’héritage fait l’objet d’une épique bataille judiciaire. Et la maison de Marcel, dans tout ça ? Sur les hauteurs de Briançon, en attendant l’épilogue de l’histoire, elle est squattée par des militants libertaires, qui en ont fait un havre pour les migrants de passage.

      Dans le jardin, voici Destin, qui vient du Cameroun. Qu’en pense-t-il, lui, de ce « délit de solidarité » ? « Déjà, les droits de l’homme le disent : tout être humain en situation de détresse doit être protégé. » Puis il désigne les cimes frontalières : « Nous sommes passés dans cette brousse-là, avec de la neige. Avant de ressortir, certains ne sentaient même plus leurs jambes. Si une personne trouve un gars couché au bord de la route et qu’elle décide de l’aider, on ne peut pas l’emprisonner pour ça. Si elle l’avait laissé là, il allait mourir. Et les policiers auraient alors dû lui dire : “ Non, tu as laissé un être humain mourir, il fallait que tu l’aides. ” Mais du coup, si elle l’aide, les policiers disent encore : “ Non, pourquoi l’aider ? ” Moi finalement, je ne comprends pas cette histoire... »

      Briançon, 30 mai

      Sur le marché, Anaïs distribue des tracts contre les frontières. « Après leur manifestation au col de l’Échelle, une quinzaine d’Identitaires sont restés dans la région, raconte-t-elle. On a recueilli des témoignages expliquant qu’ils montaient sur les cols et s’amusaient à traquer les exilés, à les bloquer, à appeler la police pour qu’elle les arrête et les ramène côté italien. Ça a duré quelques semaines. On nous a même rapporté que parfois, la police les félicitait de leur travail... Après, ils sont venus dans Briançon et au moment où les exilés arrivaient en ville, épuisés, après avoir marché depuis la frontière, ils s’amusaient encore à les poursuivre. En essayant de leur échapper, un gars a sauté par-dessus un grillage et s’est complètement déchiré la main. Il y a une vraie mise en danger, de l’intimidation… »

      Clavière, 30 mai

      À Briançon, il y a donc « Chez Marcel ». Et à Clavière, le squat solidaire s’appelle « Chez Jésus ». De fait, c’est une salle paroissiale attenante à l’église qui est occupée par des libertaires. Elle sert d’abri aux migrants sur le point de tenter la traversée de la frontière. Après les événements d’avril, Yann a décidé de venir y donner un coup de main : « Quand on aborde le sujet des “ groupustules ” identitaires, on a tendance à focaliser sur eux. Mais depuis que je suis là, ce sont vraiment les forces de l’ordre qui posent problème. Ce sont elles qui traquent et qui sont à l’origine des morts qu’on a eus dernièrement. »

      Gap, 31 mai

      Aujourd’hui, les « 3 de Briançon » vont être jugés. Pour les soutenir, près de 200 personnes sont venues de Suisse, d’Italie et de France. « À bas l’État, les flics et les frontières ! », « Siamo tutti antifascisti ! », scandent-elles devant le tribunal.

      Dans la salle d’audience, la défense passe à l’attaque. Ce ne sera pas le procès des trois prévenus, mais celui de la loi elle-même. Me Henri Leclerc commence par rappeler l’origine du « délit de solidarité » : « C’est un décret-loi de Daladier de 1938. De quoi s’agissait-il à l’époque ? De pallier l’afflux massif d’une misère du monde tout à fait particulière : les juifs d’Allemagne et de Pologne. » Me Aurélie Valetta, dans la même veine : « Ceux qui sont condamnés pour crime d’humanité en des temps d’injustice seront reconnus demain comme des Justes. […] Une question reste en suspens : comment voulez-vous que l’histoire se souvienne de ce tribunal ? » Applaudissements dans la salle. Me Cécile Faure-Brac, elle, cite Antoine de Saint-Exupéry : « Une démocratie doit être une fraternité, sinon c’est une imposture. »

      Pour les avocats de Theo et Bastien, le « délit de solidarité » est incompatible avec la notion de « fraternité » proclamée par la Constitution. Ils demandent donc au tribunal de reporter le procès, le temps de soumettre leur point de vue au Conseil constitutionnel, qui pourrait alors décider d’abroger la loi.

      Eleonora, elle, ne souhaite pas s’associer à cette démarche. Son avocat, Me Philippe Chaudon, s’en explique : « [Ma cliente] considère que “ l’anarchie organisée […] est le plus haut degré de liberté et d’ordre auquel l’humanité puisse parvenir ”. […] Elle nous dit : “ Je suis l’ennemie de votre république. Je ne vous reconnais donc pas le droit à vous, mon avocat, de demander au Conseil constitutionnel de dire si ce que j’ai fait est légal ou illégal. Je sais que ce que j’ai fait est légal, humain, conforme à mes valeurs. ” »

      Gap, 31 mai

      Le procureur passe un sale moment. Ça fait deux heures qu’on le traite quasiment de nazi et voilà qu’au moment où il prend la parole, les manifestants massés devant le tribunal entonnent le fameux « Tout le monde déteste la police ! ». Visiblement mal à l’aise, il botte en touche : « La justice n’a pas pour mission de prendre part à des débats politiques, encore moins idéologiques. » Puis il se défend sur le fond : « Qui a été poursuivi devant les juridictions des Hautes-Alpes pour avoir donné du pain, ouvert sa porte ? Personne. » Me Yassine Djermoune rappellera plus tard que des dizaines de militants solidaires ont été auditionnés au commissariat : « Ce n’est jamais innocent d’être convoqué devant la police. »

      Gap, 31 mai

      Le tribunal rend sa décision : la question des avocats ne sera pas transmise au Conseil constitutionnel. Mais, saisis dans une autre affaire, les « Sages » doivent de toute façon décider cet été si le « délit de solidarité » est compatible ou non avec la « fraternité ». Alors, il est urgent d’attendre : l’affaire est renvoyée au 8 novembre. D’ici là, les « 3 de Briançon » recouvrent leur liberté : leur contrôle judiciaire est levé. Ils peuvent rentrer dans leur pays et reprendre leur vie là où ils l’avaient laissée.

      À la sortie, Bastien et Theo prennent le micro : « La question de fond, c’est : “ Pourquoi les gens migrent ? ” Les inégalités, les misères, les guerres, les désastres écologiques et autres… Un point les relie tous : le capitalisme et son histoire, qui passe par l’esclavagisme, le colonialisme et l’impérialisme. » La foule applaudit. Les deux jeunes reprennent : « Ce sont les mêmes pays qui criminalisent l’exil qui en sont les coupables. »

      Gap, 1er juin

      Dans son bureau, Cécile Bigot-Dekeyzer, préfète des Hautes-Alpes, répond à la radio publique belge [1] : « Non seulement les forces de police ne mettent pas les migrants en danger, mais elles vont même, à travers les secours en montagne, chercher toutes les personnes qui se retrouvent en difficulté, sans se demander si elles sont en situation régulière ou irrégulière. Par ailleurs, elles ont l’obligation de respecter des règles de déontologie, la dignité humaine, les valeurs de la République. J’ai toute confiance dans la façon dont elles travaillent. »

      Et quid des miliciens d’extrême droite ? « Ils ont été très surveillés tout au long de leur présence par la police et la gendarmerie [2]. […] Il n’y a jamais eu, en aucune manière, de collaboration avec les forces de l’ordre de la part de Génération identitaire. Savoir si, par ailleurs, ils ont mis des personnes en danger ou s’ils ont usurpé les fonctions de tel ou tel, à ce stade rien n’a été mis en évidence, mais une enquête judiciaire a été ouverte par le procureur. C’est lui qui dira, à l’issue de cette enquête, si des infractions ont été commises ou non. »

      Pas de quoi rassurer les militants solidaires, qui estiment que l’État a clairement pris parti pour les néofascistes, qui ont pu vaquer à leur basse besogne en toute tranquillité, pendant que les « 3 de Briançon » étaient embastillés. « La question n’est pas de savoir s’il y a deux poids deux mesures, si on est d’accord avec tel positionnement ou tel autre sur le plan politique, assure la préfète. La seule question qu’il faut se poser, c’est : “Est-ce que les lois ont été respectées ou non ? ” »

      La Roche-De-Rame, 1er juin

      Depuis son jardin, Agnès Antoine, de l’association Tous Migrants, réfute l’argument : « Les lois sont adaptées selon le bon vouloir des politiques qui sont en place. Le droit en lui-même n’existe pas, on en fait ce qu’on veut. »

      Les Alberts, 1er juin

      Au cimetière du hameau des Alberts, il y a une tombe fraîche. Celle d’Alpha Diallo, mort en traversant la frontière. Ce soir, plusieurs dizaines d’autochtones et d’exilés sont venus se recueillir. Une montagnarde prend la parole : « Alpha, surtout et par-dessus tout, il faut te rendre hommage. Toi, l’enfant, l’homme, le frère. Ici, la terre pleure ton âme échouée. Pardonne-nous, Alpha, car nous n’avons pas su te sauver. Nous avons cru être forts, parfaits, encore convaincus d’avoir évité le pire. Mais te voici, avec ton corps d’adolescent, ayant tout perdu, ayant tout donné. [...] Repose en paix parmi nous. »

      Quelques semaines avant Alpha [3], il y avait eu Blessing, une jeune Nigériane morte noyée dans la Durance. Elle serait tombée dans l’eau en essayant d’échapper aux forces de l’ordre. Puis un autre corps a été retrouvé, à la fonte des neiges, sur le versant italien du col de l’Échelle. Depuis combien de mois reposait-il là ?

      Aux Alberts, alors que la nuit tombe au pied des pentes qui mènent à l’Italie, un montagnard s’adresse aux disparus : « Vous qui avez traversé le désert, les prisons de Libye, les risques de la Méditerranée, qui avez failli mourir peut-être cent fois, vous aviez fini de traverser les montagnes, vous étiez enfin arrivés à bon port... Et non, il a fallu qu’à trois, vous mouriez les uns après les autres. Continuons à nous battre, pour mettre à l’abri les jeunes qui sont en détresse, quelles que soient leur race, leur appartenance politique ou religieuse. »


      http://cqfd-journal.org/Chronique-printaniere-d-une

    • Clavières (Italie) : Sur l’expulsion (prochaine ?) du refuge autogéré « Chez Jésus »

      llez, le jeu est découvert.

      C’est bien le prêtre qui nous a dénoncé. Don Angelo Bettoni, 78 ans. Personne n’est surpris.

      Mains derrière le dos, il passe ses journées à observer et insulter les gens de passage ainsi que les solidaires dans les rues de Clavière. « Revenez chez vous », « sauvages », « dégueulasses », « connasses », « sorcière »…

      Qu’une plainte ait été déposée contre cette occupation, on le savait. Que le prêtre en ait été a l’initiative, c’est bon à savoir. La nouvelle sort maintenant. Pourquoi ?

      Peut être parce que les temps sont murs pour l’expulsion. Parce que l’été est sur le point de finir, et le tourisme avec lui.
      Parce qu’ils sont en train de tenter de donner un visage propre à cette expulsion, comme ils l’ont fait pour l’expulsion des palazzine de l’ex Moi (occupation sur Turin).
      Parce que le « nouveau lieu », l’alternative institutionnelle au Refuge Occupé de Clavière est désormais prêt et va ouvrir à la mi-septembre. Du coup, ils préparent le terrain médiatiquement.

      Ces locaux appartiennent à l’Église. Le prêtre de Clavière dénonce. « Occupation et dommage et intérêt ». La préfecture expulse. Et le nouveau lieu qui sera ouvert à Oulx se trouvera dans les bâtiments des salésiens.

      Et tout le monde est content. L’Église se débarrasse du poids économique et politique que lui cause l’occupation de ses locaux par des exilé·e·s et des solidaires : les salésiens s’enrichissent d’un loyer, et consolident leur stature politique avec la bénédiction des autorités locales. Les assoc’ qui vont travailler au sein du lieu se réjouissent. La mairie de Clavière, qui semble seulement souhaiter la riche tranquillité des lieux, s’enchante de voir expulses ceux qui ne participent pas du devenir carte postale du village, oubliant qu’il s’agit dune zone frontalière, donc de passage, et pas seulement d’un parc a touristes.

      La Préfecture met un terme a ses hésitations dans les tensions avec la France concernant les politiques migratoires à la frontière. La France se réjouit de voir chasses ceux qui déconstruisent et combattent sa politique raciste et répressive sur le lieu même de son déploiement : la frontière.

      Ici, il n’y a pas d’étrangers. Pour nous, chacun devrait être libre de choisir sur quel bout de terre il veut vivre. Sans états ni frontières qui sélectionnent, divisent, tuent.
      Peut-être diront-ils que la cause de cette expulsion sont les dessins sur les mur, une porte abîmée, des problèmes avec quelques habitant de Clavière ou le camping auto-organisé contre les frontières, vive la créativité. Peut-être que c’est tout simplement le souhait de l’État d’effacer toute forme possible d’organisation qui sort de ses paramètres et qui ne contrôle pas, n’identifie pas, ne sélectionne pas. Qui ne gère personne mais qui en appelle à la liberté et à l’auto-organisation.

      Et personne ici n’insulte ou n’accuse « les habitants » de Clavière. Comme dans chaque lieu, il y a des solidaires. Il y a des gens qui sont passés amener de la nourriture ou des habits, nous connaître, comprendre ce qu’on faisait ici dans ce local sous l’église. Mais il y a aussi des racistes et des personnes qui ne veulent simplement pas de nous ici. Et qui sont venus plusieurs fois nous insulter ou nous attaquer.

      La solidarité seule est bienvenue. Le reste non.
      Tant que les frontières existeront il y aura des personnes prêtes à s’engager pour les abattre.

      Une expulsion n’arrêtera pas cette lutte.

      https://fr.squat.net/2018/09/11/italie-sur-lexpulsion-prochaine-du-refuge-autogere-chez-jesus

    • Relaxe pour les #7_de_Briançon !

      Bastien, Benoit, Eleonora, Juan, Lisa, Mathieu et Théo vont être jugé·e·s le 8 novembre 2018 au tribunal de Gap. Poursuivis pour « aide à l’entrée d’étrangers en situation irrégulière sur le territoire national, en bande organisée », ils risquent jusqu’à 10 ans de prison et 750 000 euros d’amende. Leur seul tort : avoir participé à une marche solidaire pour dénoncer les agissements de Génération identitaire qui bloquait la frontière au col de l’Echelle pour s’en prendre à des personnes exilées.

      C’est encore une fois le délit de solidarité qui sera jugé à Gap le 8 novembre prochain : sept hommes et femmes, dont deux Suisses, quatre Français·e·s et une Italienne, membres de collectifs citoyens, notamment Tous Migrants, et pour deux d’entre eux membres de La Cimade, comparaîtront pour avoir participé en avril 2018 à une manifestation pacifique en soutien aux personnes migrantes, au col de Montgenèvre près de Briançon.

      Nombreuses sont les personnes exilées, y compris mineures, qui ont risqué leur vie en 2017 et 2018 en tentant de franchir à pied, sans équipement ni expérience, les montagnes de la frontière franco-italiennes. La répression policière et les risques de refoulement illégaux ont poussé les exilé·e·s à prendre toujours plus de risques. Plusieurs corps ont été retrouvés au printemps, et une femme est morte noyée en tentant d’échapper à la police. C’est dans ce contexte dramatique que, le 21 avril 2018, le groupe d’extrême-droite Génération Identitaire se rassemble au col de l’Echelle pour bloquer la frontière et relaie son action sur les réseaux sociaux. En réaction, le 22 avril, plus de 150 personnes, migrantes et solidaires, partent de Clavière en Italie pour rejoindre le col de Montgenèvre et marcher jusqu’à Briançon. La manifestation est pacifique, mais ce sont bien les solidaires qui sont inquiétés, et non les membres de Génération Identitaire, dont l’action a pourtant mis des vies en danger.

      Les marcheurs sont suivis tout le long par la police et la gendarmerie, qui les prennent en photo. A l’issue de la marche, plusieurs personnes sont arrêtées, et un manifestant attablé à un café est carrément tabassé par des policiers. Parmi les personnes arrêtées, trois sont placées en garde à vue : Bastien, Eleonora et Theo. Elles sont ensuite enfermées en détention préventive à la prison des Baumettes, à Marseille. Ils ne retrouveront la liberté que onze jours après leur arrestation, et sont depuis sous contrôle judiciaire.

      Le 6 juillet 2018, une nouvelle venait donner de l’espoir aux personnes exilées et à leurs soutiens : le Conseil constitutionnel proclamait la valeur constitutionnelle de la fraternité, affirmant « la liberté d’aider autrui, dans un but humanitaire, sans considération de la régularité de son séjour sur le territoire national » (lire l’analyse de La Cimade). Mais les poursuites ne s’arrêtent pas, bien au contraire : le 17 juillet, quatre autres personnes ayant participé à la marche du 22 avril, dont deux membres de La Cimade, sont interpellées et placées en garde à vue. Benoit, Lisa, Juan et Mathieu sont également poursuivi·e·s pour avoir facilité ou tenté de faciliter l’entrée de personnes en situation irrégulière en France, avec pour circonstance aggravante, d’avoir commis cette action en bande organisée, en lien avec Bastien, Eleonora et Theo.

      Prévue par la loi pour sanctionner la criminalité organisée, cette accusation est aujourd’hui utilisée pour intimider les citoyennes et les citoyens solidaires des personnes migrantes qui traversent les Alpes.

      Le procureur a donc choisi de poursuivre en justice des militant·e·s pacifiques et solidaires, et en même temps garantir l’impunité aux membres de Génération identitaire qui n’ont fait l’objet d’aucune poursuite judiciaire.

      La solidarité avec les exilé·e·s doit être encouragée, et non criminalisée. En écho à la consécration de la fraternité comme un principe constitutionnel, La Cimade demande l’abrogation du délit de solidarité, l’abandon de toutes les charges qui pèsent contre Bastien, Benoit, Eleonora, Juan, Lisa, Mathieu et Théo, et la fin de toutes les poursuites judiciaires à l’encontre des citoyennes et citoyens qui viennent en aide aux personnes migrantes.

      https://www.lacimade.org/relaxe-pour-les-7-de-briancon

    • « T’accuse la police de vol, ce soir t’es en garde à vue ici et demain t’es dans un avion »
      Marseille Infos Autonomes, le 1er octobre 2018
      https://seenthis.net/messages/726412

      Après s’être fait arrêtées dans la montagne par les gendarmes, des personnes exilées déclarent à la PAF qu’on leur a volé 800 euros. Suivent menaces et bousculades, triste banalité de la frontière, sauf que cette fois tout a été enregistré.

      Violence policière @ Col du Montgenèvre
      Chez Jesus, Youtube, le 27 sept. 2018
      https://www.youtube.com/watch?v=6umyXxqXBXM

      Sur la violence de la police à la frontière
      Lougar Raynmarth, Kedistan, le 2 octobre 2018
      https://seenthis.net/messages/726412

    • « T’accuse la police de vol, ce soir t’es en garde à vue ici et demain t’es dans un avion »

      Après s’être fait arrêtées dans la montagne par les gendarmes, des personnes exilées déclarent à la PAF qu’on leur a volé 800 euros. Suivent menaces et bousculades, triste banalité de la frontière, sauf que cette fois tout a été enregistré.

      Une nuit d’août.

      Le quotidien à la frontière du Montgenèvre, entre la France et l’Italie, ce que vivent les exilé.es et solidaires, cela nous l’avons maintes fois raconté.

      Ce soir là comme chaque soir, des personnes exilé.es partent, avec chacunE un sac où illes ont fourré habits, casse-dalle, argent. Illes se font attraper par les gendarmes sur les terrains de golf. Illes finissent par sortir de la PAF, reviennent à Chez Jésus. Là, illes découvrent que leur argent a disparu. Cet enregistrement raconte la suite des événements.
      Sans préjuger des réflexions ou émotions qui pourraient vous assaillir, nous tenons à rappeler que ceci est le témoignage exceptionnel d’une situation habituelle.

      https://mars-infos.org/t-accuse-la-police-de-vol-ce-soir-3396

    • Communiqué #Mountain_Wilderness de janvier 2018 :
      Pour que l’#humanisme l’emporte dans nos montagnes

      Mountain Wilderness est une ONG qui œuvre au maintien ou au recouvrement des équilibres humains et non-humains dans les zones de montagne. À cet égard, elle s’émeut et s’interroge sur le sort accordé aux migrants qui tentent de passer la frontière italo-française, notamment dans la région du Briançonnais.

      Notre association rappelle ainsi le souci humaniste qui doit présider à toutes les décisions politiques et institutionnelles à l’égard de ces personnes, en grande détresse et en grand danger. La #solidarité, qui a toujours guidé les #montagnards lors de l’#assistance à un pair en difficulté ne doit pas, en montagne comme ailleurs, devenir un délit. Elle doit rester la #valeur mise en pratique et fièrement revendiquée qui unit les habitants, les travailleurs, les pratiquants et les passants venus d’ailleurs.

      Les #Alpes ont toujours été un point de passage de migrations. Aujourd’hui, un phénomène sans commune mesure pour notre génération fait irruption. Des milliers d’Hommes, pour la plupart venus d’Afrique de l’Ouest, majoritairement mineurs, traversent les Alpes. Ils ont traversé le désert, ils ont vécu la Libye, ils ont survécu à la Méditerranée. Ils ont été vendus, ils ont été torturés, ils ont été esclaves, ils ont été enfermés et ont subis des persécutions. Traverser ou trépasser, leur instinct de survie, profondément marqué, ne leur offre d’autres alternatives. Alors, maintenant qu’ils traversent nos montagnes froides et enneigées, quel sort leur offre t-on ?

      Animés par des #valeurs_humanistes, acquises en pratique par un lent apprentissage de la montagne, nous tenons à réaffirmer notre soutien aux citoyens locaux qui s’impliquent courageusement pour offrir un accueil digne à ces personnes en détresse. Souvent mal équipés, toujours très mal préparés, sans aucune expérience de ces milieux contraignants et potentiellement dangereux, ces hommes venus d’ailleurs sont particulièrement vulnérables. Les citoyens qui s’engagent pour que la solidarité montagnarde l’emporte sur le repli sur soi portent assistance à ces personnes en danger. Par ailleurs, ils se suppléent aux missions régaliennes, et sont pour cela obligés d’agir à la frontière de l’illégalité. Est-ce normal ?

      Nous en appelons à la #responsabilité des politiques, pour que cesse cette double #oppression physique et morale, qui conduit à la #mise_en_péril de la vie d’autrui. Oppression de personnes venus d’ailleurs qui trouvent un mur en arrivant à la porte du pays des droits de l’homme. Oppression des habitants et citoyens, qui s’engagent tous les jours sur leur temps libre, en lieu et place de l’État, pour que les valeurs humanistes l’emportent dans nos montagnes.
      Nous nous positionnons donc pour l’abandon du « délit de solidarité », et pour que l’État prennent enfin ses responsabilités au regard de l’assistance de ces personnes en danger. Nous refusons que nos espaces montagnards se transforment en lieu de souffrances ou de mort. Nous voulons continuer à vivre et à habiter dans des territoires de vie.


      https://www.mountainwilderness.fr/se-tenir-informe/actualites/pour-que-l-humanisme-l-emporte-dans-nos-montagnes.html

    • Claviere: sgomberato “Chez Jesus”

      Ieri mattina, all’alba, è arrivato (come annunciato “profeticamente” dai media) anche lo sgombero di Chez Jesus – Rifugio Autogestito a Claviere (Alta Val di Susa) sul confine tra Italia e Francia. I locali seminterrati della parrocchia, lo ricordiamo, erano stati occupati nel mese di marzo da alcuni anarchici italiani e francesi, che avevano realizzato all’interno delle “opere di consolidamento” di porte e finestre finalizzate ad impedire o ritardare eventuali operazioni di sgombero, come ha precisato con dovizia la stampa.

      «Stanno sgomberando il rifugio e stanno distruggendo tutto. Accorrete», hanno annunciato ieri sulla pagina Facebook gli attivisti, ma l’appello è quasi caduto nel vuoto. L’ingente dispiegamento di Polizia e Carabinieri ha avuto la meglio. Le forze dell’ordine sono entrate nel rifugio e hanno devastato ogni cosa. Per scongiurare nuove occupazioni, intanto, la zona resta presidiata a vista giorno e notte.

      Uno sgombero fortemente caldeggiato dal Ministro dell’Interno (anche alla luce della sua recente circolare, ndr). Ma contro l’occupazione della chiesetta, già settimane fa si era levata la voce del parroco, Don Angelo Bettoni, che definiva “insostenibile” la situazione e la “gestione” degli attivisti No Borders che agivano, secondo lui, nell’illegalità. Contro, è sempre stato anche il sindaco Franco Capra, il quale ha dichiarato, quasi con un senso di “liberazione”: “Lo sgombero era doveroso anche per una questione di sicurezza e igiene. Essere contro le frontiere può essere giusto, ma far entrare illegalmente in Francia i migranti non ha senso: una volta individuati vengono rimandati indietro. In più, tra gli occupanti c’erano poche persone convinte di lottare per il bene dei migranti. Tante, invece, li strumentalizzavano per affermarsi contro il sistema”.

      Ma il resto del coro dei contrari non sposta di una virgola la questione. Anzi, nessuno cerca di guardare oltre il proprio naso. E cosi si susseguono dichiarazioni dal gusto di proclami da campagna elettorale, oramai perennemente in corso. “Lo sgombero ha messo fine a una situazione di illegalità intollerabile”, commentano, per Fratelli d’Italia, la parlamentare Augusta Montaruli e il dirigente nazionale Maurizio Marrone. “I nostri paesi non diventino accampamenti di confine per stranieri. Si vigili per evitare che episodi simili si ripetano”, aggiunge il segretario torinese della Lega, Fabrizio Ricca. La parlamentare di Forza Italia Daniela Ruffino definisce lo sgombero “una rondine”, sostenendo che “la primavera può arrivare solo con la fine dell’assedio No Tav al cantiere di Chiomonte della Torino-Lione”. Invita infine a riflettere “sulle responsabilità di molti esponenti della Val di Susa che hanno ignorato la pericolosa presenza di anarchici e centri sociali”, Osvaldo Napoli, anche lui parlamentare di Forza Italia.

      Gli agenti hanno identificato 18 persone: quindici sono “anarchici” (riferiscono fonti di polizia), di cui nove italiani e sei francesi; ma ci sono altri ricercati dalla Digos, che potrebbero essere scappati prima dell’arrivo delle forze dell’ordine. All’interno del rifugio, anche tre migranti: due cittadini marocchini e uno gambiano. Per uno di loro è scattata l’espulsione; gli altri, richiedenti asilo, sono stati rilasciati.

      L’associazione Rainbow4Africa, da Bardonecchia, stigmatizza “il modo in cui le forze dell’ordine si sono presentate a Claviere, in tenuta antisommossa e con blindati, con l’ariete per sfondare la porta, quasi fosse in corso un’azione antiterrorismo, e non un intervento di sgombero di volontari in azione di aiuto verso i più deboli”.

      L’inverno è alle porte, mentre si continua a sgomberare. Questo luogo, un rifugio in tutti i sensi, è stato un punto di riferimento determinante per le centinaia di persone che lo hanno attraversato: per non perdersi sulla montagna e rischiare di morire.

      Ma è così facile scaricare la “colpa” sui “soliti buonisti”, in questo caso attivisti e volontari, invece di richiamare le responsabilità politiche di chi, al contrario di quei “buonisti” al limite con la legalità, ostacola la libertà di movimento, innalza muri, chiude frontiere e porti, alimentando un circolo vizioso fatto di esclusione e razzismo.

      Intanto, sui social e nelle chat degli attivisti “no border” è partita una chiamata per una manifestazione in solidarietà quest’oggi e nei prossimi giorni nel piccolo paese dell’Alta Valsusa.


      http://www.cronachediordinariorazzismo.org/claviere-sgomberato-chez-jesus

    • Claviere – Il rifugio autogestito Chez Jesus è sotto sgombero

      Il Rifugio Autogestito Chez Jesus, il sottochiesa occupato di Claviere, è sotto sgombero.
      C’è una denuncia pendente sul posto da più di due mesi e sembra che il Prefetto stia mettendo sempre più pressioni per sgomberare. Nel mentre stato e chiesa si stanno “impegnando” nel trovare “un’alternativa”. Un luogo dei salesiani affittato dalla fondazione Magnetto e gestito da due operatori della fondazione Talità Kum. Una sorta di spazio di transito che aprirà a Oulx, a 15 chilometri dalla frontiera. Un luogo che avrà 15 posti letto e una cucinina per chi è di passaggio.
      “Un’alternativa” a Chez Jesus, come ci ripete il prete impegnato in questo progetto. Come se un luogo gestito da una fondazione privata a 15 chilometri dalla frontiera che svolgerà la sola funzione di dormitorio, con due operatori pagati per fare assistenza, possa essere “un’alternativa” a tutto quello che è Chez Jesus. Al rifugio è da mesi che passano centinaia di persone, si fermano, vivono questo spazio insieme condividendo la loro quotidianità con i solidali, scambiandosi esperienze e consigli preziosi. A Chez Jesus si trova sempre una porta aperta dopo ogni respingimento. Qui si può di condividere ogni esperienza di abuso da parte della polizia, oltre che, magari, costruire assieme un modo per non subirne più.
      A Oulx il progetto dovrebbe partire per metà settembre. L’idea sembra quella di aprire un posto controllato e gestito, puramente “assistenziale”, e sgomberare così più tranquillamente il sottochiesa occupato di Claviere che invece vive di autogestione e ha sempre rifiutato l’idea di gestire e controllare le persone di passaggio.
      Chiesa e stato si stanno mettendo d’accordo per far finire questa esperienza e lo faranno pulendosi la faccia con l’apertura di questo nuovo spazio, chiaramente inutile agli occhi di chiunque sia stato presente in frontiera nell’ultimo anno e di chi sia consapevole di come funziona il dispositivo frontiera.
      Il sottochiesa occupato dà noia allo stato francese, e alla sua polizia che ci “accusa” di essere dei “passeur”, di facilitare il passaggio dei “sans-papier” in Francia. Dà fastidio a tante attività commerciali di Claviere, ricco Comune montano la cui economia è in buona parte basata sul turismo, che teme di perdere soldi con l’immagine di una montagna come rotta migratoria. Dà fastidio alla chiesa, che si ritrova un sottochiesa occupato e delle bollette da pagare in guerra col Comune di Claviere a cui aveva ceduto in parte i locali e che aveva il compito di pagare luce e acqua.
      Dà fastidio allo Stato italiano, il cui ministro dell’interno rivendica la chiusura delle frontiere per i migranti e gioca a fare il duro con Macron. Un primo ministro che ha come assillante cavallo di battaglia la chiusura dei posti occupati e la guerra ai migranti, e che si è recentemente riunito con i vari prefetti dei capoluoghi per rafforzare e rendere esecutiva la propria linea repressiva.
      La fondazione Magnetto (finanziatore del nuovo progetto su Oulx) “è stata pensata come continuazione nel tempo del suo impegno per il territorio quale modello dell’impegno sociale dell’imprenditore moderno. La Fondazione, creata e sostenuta dalla Famiglia (Magnetto), interviene preferibilmente nei luoghi di origine del cavaliere, la Valle di Susa. I contributi sono raramente di origine privata.” La Fondazione Talita Kum è strettamente legata ad interessi economici della chiesa. Lei stessa ha cercato e ottenuto i finanziamenti dalla fondazione privata Magnetto.
      Non vogliamo trarre conclusioni affrettate. Ma sicuramente qualche domanda ce la poniamo. Sappiamo che c’è un diverbio tra Comune e vescovo sul pagamento delle bollette di Chez Jesus. Il Prefetto vuole lo sgombero perché sta subendo “varie pressioni”, ma vorrebbe apparire politicamente accettabile. Si tratta comunque di sgomberare con la forza un sottochiesa occupato dove passano centinaia di uomini, donne e bambini. Un luogo che questo inverno ha protetto moltissime persone dal freddo e cercato di evitare i morti.

      Questo rifugio permette di organizzarsi di fronte alla violenza sistematica e selettiva della frontiera.
      Lo Stato non ci vuole più tra queste montagne. Forse non accetta un luogo dove non si identifica né si scheda nessun*, dove non c’è gestione né controllo, ma dove ci si auto-organizza in libertà. La chiesa cede volentieri alle pressioni e alla fine non è scontenta di togliersi il problema di Claviere, la questione delle spese e del conflitto politico con Comune e Prefettura.
      I salesiani fino ad ora non si sono mai attivati sulla questione dei migranti in Alta val di Susa. Solo ora che si parla di soldi e di interessi economici, sembrano interessarsi alla situazione.

      Lo ripetiamo ancor più forte e chiaro: noi da Claviere non ce ne andremo. E ci teniamo a sottolineare l’utilizzo strumentale che si farà di questo sgombero.

      https://hurriya.noblogs.org/post/2018/07/14/claviere-chez-jesus-sotto-sgombero

    • FRONTIÈRE FRANCO-ITALIENNE / À Briançon, les violations systématiques des droits des personnes exilées doivent cesser

      [Communiqué interassociatif]

      COMMUNIQUÉ DE PRESSE
      Mardi 16 octobre 2018

      Les 12 et 13 octobre 2018, nos organisations se sont mobilisées à la frontière franco-italienne, vers Briançon, afin de témoigner des pratiques illégales et des violences commises contre les personnes exilées. Ce que les observateurs ont constaté confirme les alertes émises par les associations locales depuis plusieurs mois :
      #refoulements de personnes exilées dont des mineurs ;
      #contrôles_discriminatoires ;
      #courses-poursuites dans la montagne ;
      – propos menaçants et insultants ;
      – entraves à l’enregistrement des demandes d’asile ;
      – absence d’interprètes, etc.

      « La liste des pratiques illégales est longue, et nous joignons nos voix à celles des ONG locales afin que le gouvernement français ne fasse plus la sourde oreille et que cessent ces pratiques illégales et dégradantes », a déclaré Agnès Lerolle*, chargée de coordination des acteurs à la frontière franco-italienne.

      Lors de l’observation continue à la frontière qui s’est déroulée les 12 et 13 octobre 2018, 60 personnes se sont mobilisées dont six avocats du barreau de Gap et trois avocats italiens. De multiples violations des droits ont été constatées :
      – refoulements de 26 personnes depuis le poste de la police aux frontières de Montgenèvre vers Clavière, premier village italien, sans examen individuel de leur situation ni possibilité de demander l’asile ;
      – non-prise en compte de la minorité de 8 personnes, qui se sont pourtant déclarées mineures auprès des forces de l’ordre.

      Les avocats français et les avocats italiens qui se sont relayés sur le terrain pendant les deux jours afin de permettre aux personnes refoulées de faire valoir leurs droits, ont pu déposer 11 « référés-libertés » devant le tribunal administratif de Marseille, dont huit pour des mineurs isolés refoulés.

      Aucune protection n’est possible à la frontière, malgré le passage périlleux tenté par les personnes migrantes dans le froid, sans nourriture et sans eau.

      Moussa*, originaire de Côte d’Ivoire, refoulé vendredi 12 octobre vers l’Italie, a raconté son interpellation : poursuivi dans un sentier par les gendarmes qui lui ont dit « arrête-toi, on va tirer », il a alors paniqué et glissé, son genou a claqué. Au poste de police, il a demandé à voir un médecin, ce qui lui a été refusé. Il a ensuite été refoulé vers l’Italie et ce n’est qu’à ce moment-là qu’il a pu rencontrer un médecin bénévole qui a pu le soigner.

      Les observateurs ont pu collecter de nombreux témoignages d’incompréhension, de violation des droits et d’absence de prise en charge des personnes vulnérables, ainsi que des menaces proférées par les policiers.

      Mineur isolé originaire également de Côte d’Ivoire, Ibrahim* a été interpellé par des gendarmes le samedi 13 octobre, dans les sentiers de montagne. Après son refoulement, il a raconté aux militants les propos des gendarmes : « Vous n’êtes pas Français, vous ne pouvez pas vivre en France sans être Français et vous n’êtes pas près de devenir Français ». Emmené au poste de police, il a déclaré sa minorité mais les policiers lui ont alors répondu « La plupart des personnes mentent sur leur date de naissance, pourquoi je te croirais ? ». Ibrahim a ensuite été reconduit en Italie, sans accès à la protection à laquelle il a droit.

      Ces témoignages confortent ceux recueillis depuis plusieurs mois par les acteurs locaux qui soutiennent au quotidien les personnes refoulées à la frontière.

      Simon* a ainsi témoigné aux militants, fin avril 2018 : « J’ai dit que j’étais mineur, ils ont éclaté de rire (…). J’ai présenté mes papiers guinéens et un homme [un policier] (…) a dit que ces papiers étaient des faux, il les a déchirés. »

      Bakary* a également témoigné des propos des policiers lors de son arrestation, toujours en juin 2018 : « La prochaine fois que vous essayez de traverser, on vous renvoie direct en Libye. »

      Ces pratiques illégales et ces comportements sont inacceptables dans un État de droit. L’inhumanité et l’hypocrisie de ces atteintes sont intolérables. Comme lors de nos dernières observations en juin 2018 du côté de Menton, nous réitérons notre demande au gouvernement français de cesser ces violations de toute urgence et de protéger ces personnes tel que l’exige le droit.

      *Agnès Lerolle coordonne un an les actions des associations nationales (CAFFIM) et locales engagées auprès des personnes migrantes à la frontière franco-italienne.

      *Les prénoms ont été changés afin de respecter l’anonymat des témoins.

      Associations signataires
      Amnesty International France
      Anafé
      La Cimade
      Médecins du Monde
      Médecins sans frontières
      Secours Catholique Caritas France
      Chemins pluriels
      Emmaüs France
      GISTI
      Icare 05
      Refuges Solidaires
      Tous Migrants

      Reçu par email, le 17.10.2018

    • AFP 16 octobre 2018

      Migrants : #Salvini n’« accepte pas d’#excuses » de la France

      Le ministre italien de l’Intérieur, Matteo Salvini, a affirmé mardi qu’il n’acceptait « pas d’excuses » de la France pour les migrants reconduits en territoire italien, « une offense sans précédent contre notre pays ».
      M. Salvini, homme fort du gouvernement italien et patron de la Ligue (extrême droite), avait déjà réclamé lundi des « réponses claires » après ce que les autorités françaises ont qualifié d’« incident » et d’« erreur ».
      Vendredi matin, dans le cadre d’une mission de reconduite à la frontière, une fourgonnette de la gendarmerie française avait franchi la frontière pour déposer des personnes en situation irrégulière à Clavière.
      La préfecture des Hautes-Alpes, département français concerné à la frontière italienne, a évoqué lundi un « incident » et reconnu qu’il y avait eu une « erreur, dont les circonstances doivent être clarifiées ».
      « C’est une erreur d’être passé en territoire italien sans autorisation de la police italienne. Les gendarmes n’avaient pas vocation à entrer sur le territoire italien », a expliqué à l’AFP Cécile Bigot-Dekeyzer, préfète des Hautes-Alpes.
      « Abandonner des immigrés dans un bois italien ne peut pas être considéré comme une erreur ou un incident. Ce qui s’est passé à Clavière est une offense sans précédent à l’encontre de notre pays », a estimé mardi sur les réseaux sociaux M. Salvini.
      « Pour Paris qui se targue de civilité, est-il normal de jeter des personnes dans un bois ? (...) Nous sommes face à une honte internationale, et Monsieur Macron ne peut pas faire semblant de rien. Nous n’acceptons pas d’excuses », a-t-il poursuivi.
      Chaque année, des milliers de migrants cherchant à passer en France sont interceptés et reconduits à la frontière italienne. L’AFP a constaté l’hiver dernier que nombre d’entre eux étaient déposés directement par une fourgonnette de la police française devant la gare de Bardonecchia, en Italie.
      Mais les relations entre Rome et Paris se sont tendues ces derniers mois. L’Italie accuse ses partenaires européens, à commencer par la France, de l’avoir laissée seule gérer la crise migratoire et les quelque 700.000 migrants arrivés sur ses côtes depuis 2013.
      En mars, un contrôle opéré par des douaniers français dans la gare de Bardonecchia avait provoqué un autre incident entre les deux pays. Une partie de la classe politique italienne s’était enflammée et l’ambassadeur de France à Rome avait été convoqué au ministère.
      Il l’a été une autre fois en juin après des critiques du président français, Emmanuel Macron, sur le refus de l’Italie d’accueillir le navire humanitaire Aquarius.

      –-> reçu via la mailing-list de Migreurop

    • À la frontière franco-italienne, des violations systématiques

      A Briançon, la liste des pratiques illégales des autorités est longue à l’encontre des personnes exilées. Nos équipes se sont rendues sur place.

      A Briançon, la liste des pratiques illégales des autorités est longue à l’encontre des personnes exilées. Nos équipes se sont rendues sur place.

      Les 12 et 13 octobre 2018, nos organisations se sont mobilisées à la frontière franco-italienne, vers Briançon, afin de témoigner des pratiques illégales et des violences commises contre les personnes exilées.

      Une longue liste de pratiques illégales

      Ce que les observateurs ont constaté confirme les alertes émises par les associations locales depuis plusieurs mois :

      – refoulements de personnes exilées dont des mineurs ;

      – contrôles discriminatoires ;

      – courses-poursuites dans la montagne ;

      – propos menaçants et insultants ;

      – entraves à l’enregistrement des demandes d’asile ;

      – absence d’interprètes, etc.

      Agnès Lerolle coordonne depuis un an les actions des associations nationales (CAFFIM) et locales engagées auprès des personnes migrantes à la frontière franco-italienne.

      La liste des pratiques illégales est longue, et nous joignons nos voix à celles des ONG locales afin que le gouvernement français ne fasse plus la sourde oreille et que cessent ces pratiques illégales et dégradantes

      Lors de l’observation continue à la frontière qui s’est déroulée les 12 et 13 octobre 2018, 60 personnes se sont mobilisées dont six avocats du barreau de Gap et trois avocats italiens. De multiples violations des droits ont été constatées :

      – refoulements de 26 personnes depuis le poste de la police aux frontières de Montgenèvre vers Clavière, premier village italien, sans examen individuel de leur situation ni possibilité de demander l’asile ;

      – non-prise en compte de la minorité de 8 personnes, qui se sont pourtant déclarées mineures auprès des forces de l’ordre.

      Les avocats français et les avocats italiens qui se sont relayés sur le terrain pendant les deux jours afin de permettre aux personnes refoulées de faire valoir leurs droits, ont pu déposer 11 « référés-libertés » devant le tribunal administratif de Marseille, dont huit pour des mineurs isolés refoulés.

      De nombreux témoignages

      Aucune protection n’est possible à la frontière, malgré le passage périlleux tenté par les personnes migrantes dans le froid, sans nourriture et sans eau.

      C’est le cas de Moussa*, originaire de Côte d’Ivoire, refoulé vendredi 12 octobre vers l’Italie, a raconté son interpellation : poursuivi dans un sentier par les gendarmes qui lui ont dit « arrête-toi, on va tirer », il a alors paniqué et glissé, son genou a claqué. Au poste de police, il a demandé à voir un médecin, ce qui lui a été refusé. Il a ensuite été refoulé vers l’Italie et ce n’est qu’à ce moment-là qu’il a pu rencontrer un médecin bénévole qui a pu le soigner.

      Les observateurs ont pu collecter de nombreux témoignages d’incompréhension, de violation des droits et d’absence de prise en charge des personnes vulnérables, ainsi que des menaces proférées par les policiers.

      Mineur isolé originaire également de Côte d’Ivoire, Ibrahim* a été interpellé par des gendarmes le samedi 13 octobre, dans les sentiers de montagne. Après son refoulement, il a raconté aux militants les propos des gendarmes : « Vous n’êtes pas Français, vous ne pouvez pas vivre en France sans être Français et vous n’êtes pas près de devenir Français ». Emmené au poste de police, il a déclaré sa minorité mais les policiers lui ont alors répondu « La plupart des personnes mentent sur leur date de naissance, pourquoi je te croirais ? ». Ibrahim a ensuite été reconduit en Italie, sans accès à la protection à laquelle il a droit.

      Ces témoignages confortent ceux recueillis depuis plusieurs mois par les acteurs locaux qui soutiennent au quotidien les personnes refoulées à la frontière.

      J’ai dit que j’étais mineur, ils ont éclaté de rire (…). J’ai présenté mes papiers guinéens et un homme [un policier] (…) a dit que ces papiers étaient des faux, il les a déchirés.

      Simon* a ainsi témoigné aux militants, fin avril 2018

      Bakary* a également témoigné des propos des policiers lors de son arrestation, toujours en juin 2018 : « La prochaine fois que vous essayez de traverser, on vous renvoie direct en Libye. »

      Ces pratiques illégales et ces comportements sont inacceptables dans un État de droit. L’inhumanité et l’hypocrisie de ces atteintes sont intolérables.

      Associations signataires et participant à cette action d’observation

      Amnesty International France, Anafé, La Cimade, Médecins du Monde, Médecins sans frontières, Secours Catholique Caritas France, Chemins pluriels, Emmaüs France, ASGI, GISTI, Icare 05, Refuges Solidaires, Tous Migrants

      https://www.amnesty.fr/refugies-et-migrants/actualites/a-la-frontiere-franco-italienne-des-violations-systematiques

    • Altro che confini. Rifugiati: il vero cuore del problema

      Gli sconfinamenti dei gendarmi francesi che depositano migranti al di là della frontiera italiana sono diventati l’occasione per un nuovo scontro tra Roma e Parigi e per una corrispondente esibizione di orgoglio nazionale ferito. In realtà, intorno all’accoglienza dei richiedenti asilo si consuma non da oggi una sorda e poco onorevole partita.
      Per anni l’Italia come la Grecia ha fatto da ponte per il transito delle persone in cerca di asilo verso l’interno del continente. Gli interessati del resto non chiedevano di meglio. Milano negli anni di picco della cosiddetta “crisi dei rifugiati” funzionava da centro di snodo tra gli arrivi dal Sud Italia e le nuove partenze verso il Centro e Nord dell’Europa. Gli sbarcati venivano informalmente avviati alle stazioni e consigliati di prendere determinati treni a lunga percorrenza.
      Le autorità avvertivano Milano, dove si organizzava la prima accoglienza in stazione. Pochi giorni per i siriani, un po’ di più per gli eritrei. Il tempo di riprendere le forze, di trovare passatori affidabili, eventualmente di raccogliere il denaro necessario. Poi ripartivano. I rifugiati che si fermavano e venivano accolti a Milano erano una modesta frazione di quelli transitati.
      Tra il numero di cittadini stranieri sbarcati in Italia dal mare e richieste ufficiali di asilo si produceva dunque un’ampia forbice. Questa nel tempo si è gradualmente ridotta. La quota dei richiedenti asilo in Italia rispetto agli sbarchi è passata dal 37% del 2014 al 56% del 2015 al 68% nel 2016. Nel 2017 le richieste di asilo hanno addirittura superato gli sbarchi: 130.119 contro 119.310, a causa di arrivi dalle frontiere orientali e respingimenti da altri Paesi verso l’Italia.
      Le ragioni di questo brusco cambiamento sono due: primo, l’accordo raggiunto in sede Ue per l’istituzione dei cosiddetti hotspot nei luoghi di sbarco, con l’identificazione obbligatoria degli sbarcati e il prelievo anche forzoso delle impronte digitali. Secondo, i controlli rigidi attuati alla frontiera alpina dai nostri vicini.
      Il corrispettivo dell’identificazione dei richiedenti asilo in Italia doveva essere la loro redistribuzione nella Ue secondo quote prestabilite. L’accordo prevedeva numeri precisi, pubblicati in un’apposita tabella. Subito dopo, però, i partner hanno cominciato a sfilarsi, gruppo di Visegrad e Regno Unito in testa. In sostanza gli accordi sono stati attuati a rilento, con circospezione e riluttanza.
      Dopo appena 13.000 ricollocamenti, il programma è stato ingloriosamente chiuso, mentre rimangono in vigore le convenzioni di Dublino che gravano sui Paesi di primo ingresso. I governi dei Paesi interni alla Ue finora hanno il diritto dalla loro parte: sono legittimati a rimandare in Italia i profughi che sconfinano. Controllando in modo permanente i valichi di frontiera e i punti di passaggio interpretano invece le norme di Schengen in un modo che a molti giuristi appare illegittimo. Ma proprio dalle intercettazioni alla frontiera nasce la prassi di espulsioni rapide e informali, attuate dalle forze di polizia anche altrove, per esempio sui treni, senza passare attraverso le procedure previste.
      Lo scandalo per lo sconfinamento dei gendarmi francesi non è dunque che l’ultimo anello di un sistema inadeguato di governo del diritto di asilo. Una disinvoltura procedurale nell’attuazione di espulsioni, che i francesi avrebbero comunque il diritto di compiere. Il vero problema sta invece altrove. I richiedenti asilo sono trattati da tutti i governi come rifiuti ingombranti da scaricare sul campo dei vicini, come merce imbarazzante senza nome e senza volto.

      Source : https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/altro-che-confini

    • Briançon (05) : ouverture d’un nouveau lieu dans la vieille ville

      Un nouveau lieu a ouvert dans le cité Vauban, la vieille ville de Briançon. Il s’agit de l’ancienne maison du gouverneur de l’armée française, désormais squattée, qui vous invite à venir se rencontrer, discuter, échanger sur la thématique des frontières. Ce lieu souhaite remettre en question toutes les formes de frontières : physiques, policières, identitaires, sociales et souvent imaginaires.

      Sont conviées toutes les personnes le souhaitant, se sentant concernées de près ou de loin, désireuses d’en savoir un peu plus, ou voulant partager des expérience. Pour ce lieu, les projets sont multiples et peuvent encore largement évoluer. Il y a notamment la volonté d’ouvrir une salle informatique, alors que la MJC a du fermer la sienne suite à la suppression de ses subventions. L’une des idées principales de ce lieu est de créer un espace de rencontres. Ainsi, des discussions, des projections de films, des repas collectifs seront organisés de manière hebdomadaire.

      Le lieu vient d’ouvrir. Tout soutien matériel et humain est le bienvenu. Pendaison de crémaillère le week-end des 3 et 4 novembre. Accueil possible dès maintenant. Programme à venir…

      https://fr.squat.net/2018/10/29/briancon-05-ouverture-dun-nouveau-lieu-dans-la-vieille-ville

    • Avec ce commentaire de Herji, le dessinateur :

      Le 8 novembre prochain, 7 personnes risquent d’être condamnées à 10 ans de prison et 750’000 euros d’amende pour avoir porté assistance, « en bande organisée », à d’autres êtres humains. Elles sont traitées comme des criminels par ceux qui laissent mourir des gens en mer, en montagne ou dans la rue, tous les jours.

    • À la frontière franco-italienne, des violations systématiques
      Amnesty International, le 15 octobre 2018
      https://seenthis.net/messages/730518

      Gap : expulsés de la maison Cézanne, des migrants campent devant la préfecture
      Flavien OSANNA, Le Dauphiné, le 17 octobre 2018
      https://www.ledauphine.com/hautes-alpes/2018/10/17/gap-17

      Migrants refoulés par la France : Salvini envoie des policiers à la frontière
      La Croix, le 20 octobre 2018
      https://www.la-croix.com/Monde/Migrants-refoules-France-Salvini-envoie-policiers-frontiere-2018-10-20-130

    • Occupation de l’ancien #pavillon_du_gouverneur à Briançon : appel à un week-end de rencontre les 3 et 4 Novembre

      Ouverture d’un nouveau lieu occupé à Briançon voulant s’organiser contre les frontières. Appel à un week-end de rencontre les 3 et 4 Novembre.

      Un nouveau lieu a ouvert dans la cité Vauban, la vieille ville de Briançon. Il s’agit de l’ancien pavillon du gouverneur de l’armée française désormais squatté. Nous vous invitons à venir se rencontrer, discuter et échanger sur la thématiques des frontières : physiques, policières, identitaires, sociales et morales. Sont conviées toutes les personnes le souhaitant, se sentant concerner de près ou de loin, désireuses d’en savoir plus ou voulant s’organiser et partager des expériences communes. Pour ce lieux les projets sont multiples et peuvent encore largement évolués. Il y a notamment le projet d’ouvrir une salle informatique alors que la MJC a du fermer la sienne suite à la suppression de ses subventions. L’une des idées principales de cette occupation est de créer un lieu de rencontre et d’organisation contre les frontières (projections, films, cantines hebdomadaires etc..).
      Le lieu vient d’ouvrir, tout soutient matériel et humain est le bienvenue.

      Pendaison de crémaillère le week-end des 3 et 4 novembre (Voir ci-joint le programme). Accueil possible des maintenant.

      https://rebellyon.info/home/chroot_ml/ml-lyon/ml-lyon/public_html/local/cache-vignettes/L319xH450/capture_d_e_cran_2018-11-01_a_18.14.48-1f037-4d642.png?1541170707


      https://rebellyon.info/Occupation-de-l-ancien-pavillon-du-19718

    • Hautes-Alpes : le parquet abandonne les poursuites contre un homme qui avait aidé une migrante sur le point d’accoucher

      Le parquet de Gap a invoqué « l’immunité humanitaire » de #Benoît_Ducos, qui avait porté secours à une famille nigériane en mars 2018.

      Le parquet invoque « l’immunité humanitaire ». Le procureur de Gap a abandonné les poursuites engagées contre un homme qui avait porté secours à une migrante sur le point d’accoucher, en mars 2018, à la frontière franco-italienne. L’affaire a été classée sans suite, a annoncé dans un communiqué publié vendredi 2 novembre, le procureur de la République à Gap, Raphaël Balland.

      Le 10 mars, Benoît Ducos, ancien pisteur et bénévole aidant les réfugiés qui affluent dans la région de Briançon, était tombé sur une famille nigériane, un couple et ses deux jeunes enfants, et deux autres personnes ayant porté la femme, enceinte de 8 mois et demi, dans le froid et la neige. Avec un autre maraudeur, il avait conduit la mère en voiture à l’hôpital de Briançon. Celle-ci avait été prise de contractions et, à 500 mètres de la maternité, ils avaient été arrêtés par un contrôle des douanes. Le bébé était né dans la nuit par césarienne, en bonne santé.
      Une infraction « insuffisamment caractérisée »

      Une enquête avait été ouverte pour « aide à l’entrée et à la circulation d’un étranger en situation irrégulière ». Dans son communiqué, le procureur de la République à Gap explique que, en ce qui concerne le délit d’aide à l’entrée, l’infraction était « insuffisamment caractérisée ». L’enquête n’a pas permis de déterminer si Benoît Ducos avait participé « directement ou indirectement à l’organisation du passage illégal de la frontière de ces personnes dans des conditions particulièrement périlleuses ».

      Pour le délit d’aide à la circulation, le magistrat a retenu « l’#immunité_humanitaire » compte tenu de l’absence de contrepartie et des conditions météorologiques dangereuses. La femme enceinte « a déclaré aux enquêteurs avec son conjoint avoir pris ce risque déraisonnable pour ne pas accoucher en Italie, où elle craignait que ses enfants lui soient retirés ». Cette « immunité » est prévue par les dispositions de l’article L622-4, alinéa 3, du Code de l’entrée et du séjour des étrangers et droit d’asile (Ceseda), modifié par la loi du 10 septembre 2018 sur l’immigration.

      https://www.francetvinfo.fr/monde/europe/migrants/hautes-alpes-le-parquet-abandonne-les-poursuites-contre-un-homme-qui-av

    • @DODtour sur FB, le 4 novembre 2018 :

      Parce qu’il m’est #intolérable que des êtres humains meurent pour un pointillé sur une carte,
      Parce qu’il m’est intolérable que dans les Alpes, on atteigne non plus les sommets de la #dignité mais ses bas-fonds,
      Parce qu’il m’est intolérable qu’une des vertus cardinales du montagnard- la solidarité, soit sauvagement bafouée,
      Parce qu’il m’est intolérable que la frontière, qui durant les 15 mois de mon « tour de la France, exactement » fut un formidable #trait_d’union, ne (re)devienne une sanglante #barrière,
      Parce qu’il m’est désormais intolérable de lire le mot « #fraternité » sur le frontispice des mairies, vu la répression qui sévit sur la frontière, envers les exilés et les solidaires de tout poil,
      Parce qu’il m’est intolérable qu’au moment où des identitaires font la loi- leur loi, sur la frontière en toute #impunité, sept personnes soient accusées du douloureux oxymore « délit de solidarité », et risquent 10 ans de prison et 750 000 euros d’amende,

      J’irai les soutenir lors de leur procès, le 8 novembre à Gap.

      https://www.facebook.com/dodtour/posts/2153176234713310

    • France : Poursuite du harcèlement judiciaire des « 3+4 de Briançon »

      L’Observatoire pour la protection des défenseurs des droits de l’Homme, partenariat de la FIDH et de l’Organisation mondiale contre la torture (OMCT), a reçu de nouvelles informations et vous prie d’intervenir de toute urgence sur la situation suivante en France.

      Nouvelles informations :

      L’Observatoire a été informé par des sources fiables de la poursuite du harcèlement judiciaire de Mme Eleonora, M. Théo, M. Bastien, respectivement de nationalité italienne, belgo-suisse et suisse, et M. Juan, Mme Lisa, M. Mathieu et M. Benoît, de nationalité française (ci-après « les 3+4 de Briançon »), militants pour l’aide et l’accueil des personnes migrantes et réfugiées.

      Selon les informations reçues, le 8 novembre 2018, les « 3+4 de Briançon » comparaîtront devant le Tribunal correctionnel de Gap pour « aide à l’entrée d’étrangers en situation irrégulière sur le territoire national et en bande organisée » aux termes des articles L622-1 et L622-5 (pour l’aggravante) du Code de l’entrée et du séjour des étrangers et du droit d’asile (Cedesa). Ils encourent jusqu’à 10 ans de prison et une amende de 750 000 euros ainsi que, s’agissant des ressortissants étrangers, d’une interdiction de pénétrer sur le territoire français.

      Les accusations portées à l’encontre des « 3+4 de Briançon » sont liées à leur participation à une marche de solidarité avec les personnes migrantes et réfugiées entre l’Italie et la France le 22 avril 2018 (cf. rappel des faits). Cette marche spontanée répondait à une opération de « blocage des frontières » entre la France et l’Italie organisée la veille, le 21 avril 2018, par des militants du groupuscule néo-fasciste et suprématiste « Génération Identitaire », lesquels n’ont par ailleurs aucunement été inquiétés par les autorités, ni pendant leur action, ni ultérieurement.

      L’Observatoire s’indigne du harcèlement judiciaire dont les « 3+4 de Briançon » font l’objet, qui ne vise qu’à sanctionner leurs activités légitimes de défense des droits humains, et particulièrement leurs actions en faveur des personnes migrantes et réfugiées à la frontière franco-italienne.

      L’Observatoire appelle les autorités françaises à mettre un terme à toute forme de harcèlement, y compris au niveau judiciaire, à l’encontre des 3+4 de Briançon et celle de l’ensemble des défenseurs des droits humains visés dans le cadre de leurs actions en faveur des personnes migrantes et réfugiées en France.

      Par ailleurs, alors que, le 6 juillet 2018, le Conseil constitutionnel a censuré le principe du "délit de solidarité" en décrétant qu’une aide désintéressée au "séjour irrégulier" ne saurait être passible de poursuites au nom du "principe de fraternité" [1], l’Observatoire, qui a documenté un accroissement de la criminalisation visant les actes de solidarité et de soutien aux personnes migrantes en difficulté et les défenseurs de leurs droits [2], s’inquiète d’un maintien du délit de solidarité envers les personnes accusées d’aide à l’entrée et ce en dépit du caractère « humanitaire et désintéressé » de leur action.

      Rappel des faits

      Le 22 avril 2018, Mme Eleonora, M. Théo et M. Bastien (ci-après « les 3 de Briançon ») ont été interpellés par les gendarmes à Briançon, suite à leur participation à une marche de solidarité avec les personnes migrantes et réfugiées entre l’Italie et la France.

      Le 24 avril 2018, le Tribunal correctionnel de Gap les a placés en détention provisoire. MM. Théo et Bastien ont d’abord été placés en détention à la maison d’arrêt de Gap avant d’être transférés à la prison des Baumettes à Marseille le 26 avril où se trouvait déjà Mme Eleonora. Les 3 de Briançon sont restés détenus dans la « partie des arrivants » jusqu’au 3 mai 2018, date à laquelle le Tribunal correctionnel de Gap a ordonné leur mise en liberté provisoire.

      Le 31 mai 2018, les 3 de Briançon ont comparu devant le Tribunal correctionnel de Gap pour « aide à l’entrée d’étrangers en situation irrégulière sur le territoire national et en bande organisée ». Lors de cette audience le Tribunal correctionnel a levé le contrôle judiciaire et renvoyé le procès d’Eleonora, Bastien et Théo au 8 novembre 2018 en raison de la question prioritaire de constitutionnalité (QPC) du « délit de solidarité », d’aide à l’entrée et à la circulation d’étrangers en situation irrégulière, que le Conseil Constitutionnel devait trancher en juillet 2018.

      Le 17 juillet, quatre nouvelles personnes, de nationalité française, Juan, Lisa, Mathieu et Benoît ont à leur tour été placées en garde à vue et inculpées pour les mêmes motifs qu’Eleonora, Théo et Bastien. L’audience de leur procès a également été renvoyée au 8 novembre.

      Actions requises :

      L’Observatoire vous prie de bien vouloir écrire aux autorités françaises et de l’Union européenne en leur demandant de :

      i. Mettre un terme à toute forme de harcèlement, y compris au niveau judiciaire, à l’encontre des 3+4 de Briançon, ainsi que l’ensemble des défenseurs des droits humains et particulièrement des droits des personnes migrantes et réfugiées en France ;

      ii. Garantir une protection efficace contre toutes les poursuites visant des actions « humanitaires et désintéressés » en amendant les dispositions de l’article L.622 du Ceseda ;

      iii. Amender l’article 1(2) de la Directive 2002/90/CE du Conseil de l’Union européenne « définissant l’aide à l’entrée, au transit et au séjour irréguliers » afin de garantir que les États membres de l’UE n’imposent pas de sanction dans le cas où le comportement reproché a pour but d’apporter une aide humanitaire ou de garantir les droits humains de la personne migrante concernée [3] ;

      iv. Se conformer aux dispositions de la Déclaration sur les défenseurs des droits de l’Homme, adoptée par l’Assemblée générale des Nations unies le 9 décembre 1998, et plus particulièrement à ses articles 1 et 12.2 ;

      v. Plus généralement, se conformer aux dispositions de la Déclaration universelle des droits de l’Homme et instruments régionaux et internationaux relatifs aux droits de l’Homme ratifiés par la France.

      https://www.fidh.org/fr/themes/defenseurs-des-droits-humains/france-poursuite-du-harcelement-judiciaire-des-3-4-de-briancon

    • Squat à Briançon : le maire demande à l’État de jouer son rôle plein et entier

      4 novembre 2018 - Cela fait déjà deux semaines que des squatteurs occupent illégalement la maison du Gouverneur, propriété de la commune, dans la vieille ville de Briançon. Et le maire n’a toujours pas obtenu de l’État l’expulsion de ce groupe de militants ayant depuis déployé une banderole « anti-frontière », changé les serrures du bâtiment et même annoncé l’organisation d’une pendaison de crémaillère ! Le maire Gérard Fromm est choqué par l’incapacité de l’État à faire respecter le droit et demande, une nouvelle fois, à l’État de jouer son rôle plein et entier. Peut-être sera-t-il entendu lors de l’audience en référé qui se tiendra au tribunal de Gap mardi prochain, soit deux jours avant le procès dit « des 7 de Briançon ».

      https://vimeo.com/298841000

      signalé par @_kg_
      https://seenthis.net/messages/733643

  • #The_harvest

    Gurwinder viene dal #Punjab, da anni lavora come bracciante delle serre dell’Agro Pontino. Da quando è arrivato in Italia, vive insieme al resto della comunità #sikh in provincia di Latina. Anche Hardeep è indiana, ma parla con accento romano, e si impegna come mediatrice culturale.
    Lei, nata e cresciuta in Italia, cerca il riscatto dai ricordi di una famiglia emigrata in un’altra epoca, lui è costretto, contro le norme del suo stesso credo, ad assumere metanfetamine e sostanze dopanti per reggere i pesanti ritmi di lavoro e mandare i soldi in India.

    La storia di Gurwinder è rappresentativa di un vasto universo di sfruttamento: un esercito silenzioso di uomini piegati nei campi a lavorare, senza pause, attraversa oggi l’Italia intera. Raccolta manuale di ortaggi, semina e piantumazione per 12 ore al giorno filate sotto il sole; chiamano padrone il datore di lavoro, subiscono vessazioni e violenze di ogni tipo. Quattro euro l’ora nel migliore dei casi, con pagamenti che ritardano mesi, e a volte mai erogati, violenze e percosse, incidenti sul lavoro mai denunciati e “allontanamenti” facili per chi tenta di reagire.
    The Harvest racconta tutto questo: la vita delle comunità Sikh stanziate stabilmente nella zona dell’Agro Pontino e il loro rapporto con il mondo del lavoro. I membri di queste comunità vengono principalmente impiegati come braccianti nell’agricoltura della zona. Gli episodi di sfruttamento (caporalato, cottimo, basso salario, violenza fisica e verbale) sono stati rilevati in numerosi casi, quasi sempre da associazioni che operano sul territorio locale. A fianco di questi fenomeni è inoltre cresciuto in maniera esponenziale l’uso di sostanze dopanti per sostenere i faticosi ritmi del lavoro nei campi. Sostanze che, nello specifico, si compongono di metanfetamine, oppiacei e antispastici.
    La questione dello sfruttamento del lavoro agricolo e in particolare della manodopera migrante diventa centrale ogni qualvolta si avvicina la stagione estiva, ricevendo attenzione dai media e portando alla ribalta questioni cruciali come quella del caporalato. Ciò nonostante questa attenzione è ciclica e il fenomeno passa in secondo piano con l’arrivo dell’autunno.
    The Harvest affronta la questione attraverso una lente innovativa che coniuga lo stile del documentario con quello del musical, utilizzato come espediente narrativo per raccontare la fatica del lavoro nei campi e l’utilizzo di sostanze. Attraverso una ricerca musicale e cinematografica il film vuole far emergere una determinata condizione che sarebbe altrimenti difficile da portare all’attenzione del pubblico senza toni retorici o didascalici. Trovare una forma artistica innovativa per narrare una realtà brutale, ma che tende a nascondersi nelle pieghe della quotidianità, è il nodo stilistico che il film affronta.

    Un docu-musical che, per la prima volta, unisce il linguaggio del documentario alle coreografie delle danze punjabi, raccontando l’umiliazione dei lavoratori sfruttati dai datori di lavoro e dai caporali. Due storie che si intrecciano nel corso di una giornata, dalle prime ore di luce in cui inizia il lavoro in campagna alla preghiera serale presso il tempio della comunità.
    Un duro lavoro di semina, fatto giorno dopo giorno, il cui meritato raccolto, tra permessi di soggiorno da rinnovare e buste paga fasulle, sembra essere ancora lontano.

    https://www.silenzioinsala.com/photos/4693/locandina4693.jpeg
    https://www.theharvest.it/il-film
    #film #caporalato #Italie #Inde #agriculture #exploitation #travail #film #documentaire

  • Why Iranian Women Are Taking Off Their Head Scarves

    The founder of the Pahlavi dynasty, Reza Shah, banned the hijab, in a gesture of modernization, in 1936, which effectively put some women under house arrest for years since they could not bear to be uncovered in public. The leader of the Islamic Republic, Ayatollah Ruhollah Khomeini, made the hijab compulsory in 1979.

    Mass protests by women were unsuccessful in overturning the edict. Pro-hijab campaigners invented the slogan “Ya rusari ya tusari,” which means “Either a cover on the head or a beating,” and supervisory “committees” — often composed of women in full chadors — roamed the streets and punished women they deemed poorly covered. Those who opposed the strict measure called these enforcer women “Fati commando,” a derogatory term that combines Islam — in the nickname Fati for Fatemeh, the prophet’s daughter — and vigilantism.
    While the requirements have remained firmly in place, Iranian women have been pushing the boundaries of acceptable hijab for years. Coats have gotten shorter and more fitted and some head scarves are as small as bandannas. This has not gone without notice or punishment: Hijab-related arrests are common and numerous. In 2014, Iranian police announced that “bad hijab” had led to 3.6 million cases of police intervention.

    But for years, many women’s rights activists have written off the hijab as secondary to other matters such as political or gender equality rights. In 2006, the One Million Signatures for the Repeal of Discriminatory Laws campaign, one of the most concerted efforts undertaken by Iranian feminists to gain greater rights for women, barely mentions the hijab. Iranian feminists have also been determined to distance themselves from the Western obsession with the hijab, almost overcompensating by minimizing its significance. Western feminists who have visited Iran and willingly worn the hijab have also played a hand in normalizing it.

    But fighting discriminatory policies has not resulted in any real change, as the crushed One Million Signatures campaign proved. So now Ms. Alinejad and a younger generation of Iranian women are turning back the focus on the most visible symbol of discrimination, which, they argue, is also the most fundamental. “We are not fighting against a piece of cloth,” Ms. Alinejad told me. “We are fighting for our dignity. If you can’t choose what to put on your head, they won’t let you be in charge of what is in your head, either.” In contrast, Islamic Republic officials argue that the hijab bestows dignity on women.

    The government has had a mixed response to the protests. On the day that Vida Movahed climbed on the utility box to protest the hijab, Tehran’s police chief announced that going forward, women would no longer be detained for bad hijab, but would be “educated.” In early January, in response to recent weeks of unrest throughout the country, President Hassan Rouhani went so far as to say, “One cannot force one’s lifestyle on the future generations.” In the past week, faced with a growing wave of civil disobedience, Iran’s general prosecutor called the actions of the women “childish” and the Tehran police said that those who were arrested were “deceived by the ‘no-#hijab’ campaign.”

    https://www.nytimes.com/2018/02/03/opinion/sunday/iran-hijab-women-scarves.html
    #Iran #voile #femmes

  • « Peut-être qu’au printemps, on retrouvera des corps sous la neige » - Libération
    http://www.liberation.fr/france/2017/12/17/peut-etre-qu-au-printemps-on-retrouvera-des-corps-sous-la-neige_1617327
    http://md1.libe.com/photo/1081296-migration-en-brianconnais.jpg?modified_at=1513541927&picto=fb&

    De 1 500 à 2 000 migrants arrivés d’Italie ont tenté une dangereuse traversée des Alpes depuis trois mois. Traqués par les autorités, ils voient les villageois s’organiser pour leur venir en aide.

    Col de Montgenèvre, à 1 850 mètres d’altitude sur la frontière franco-italienne, samedi soir. Le thermomètre affiche -8 degrés sous abri, il y a près de 80 centimètres de neige fraîche. Joël (1), accompagnateur en montagne, court aux quatre coins de la station de ski située sur le côté français du col. Il croise deux migrants, des jeunes Africains égarés dans une rue, les met au chaud dans son minibus, puis repart. Dans la nuit, un hélicoptère tourne sans discontinuer au-dessus du col : la police de l’air et des frontières ? Depuis des mois, les forces de l’ordre sont à cran sur les cols des Hautes-Alpes. Elles tentent d’intercepter les migrants afin de les reconduire à la frontière où, majeurs ou non, ils sont déposés sur le bord de la route quelles que soient les conditions climatiques.

    Joël trouve trois autres migrants planqués dans la neige, apeurés, grelottant, baskets légères et jeans trempés raidis par le gel, puis sept autres encore, dont plusieurs frigorifiés. La « maraude » du montagnard lui aura permis ce soir de récupérer onze jeunes Africains. Peu loquaces, hébétés, ils disent avoir marché plusieurs heures depuis l’Italie pour contourner le poste frontière de Montgenèvre. Ils arrivent du Sénégal, du Cameroun ou du Mali, tous sont passés par la Libye et ont traversé la Méditerranée.

    Miraculé.
    Joël les descend dans la vallée, à Briançon, sous-préfecture située à 10 kilomètres de là. Ils sont pris en charge par les bénévoles du centre d’hébergement d’urgence géré par l’association Collectif refuge solidarité : bains d’eau chaude pour les pieds, vêtements secs, soupe fumante… Autour de ce refuge, où se succèdent jour après jour des dizaines de migrants, gravitent une centaine de bénévoles, citoyens de la vallée, qui se relaient auprès de ces jeunes hommes, africains dans leur immense majorité. Ces trois derniers mois, ils sont sans doute de 1 500 à 2 000 à avoir transité par Briançon, tous arrivés par la montagne, estime Marie Dorléans, du collectif local Tous migrants.

    Si ce samedi soir tout s’est passé sans drame au col de Montgenèvre (qui reste ouvert tout l’hiver), ce n’est pas le cas dimanche matin du côté du col frontalier de l’Echelle, à quelques kilomètres de là (fermé tout l’hiver en raison de la neige). D’autres maraudeurs, membres comme Joël, du même réseau informel d’une quarantaine de montagnards professionnels et amateurs, découvrent sous le col un jeune Africain originaire de Guinée-Conakry, Moussa. Il est à bout de forces, affalé dans la neige à près de 1 700 mètres d’altitude. Il a perdu ses chaussures : ses pieds sont insensibles, gelés. Il a quitté l’Italie avant l’aube. C’est un miraculé. Les maraudeurs appellent le secours en montagne qui l’héliporte très vite vers l’hôpital de Briançon. Anne Moutte, l’une des accompagnatrices du réseau, multiplie les maraudes depuis un an : « Les soirs où nous ne sortons pas, nous ne dormons pas bien. Peut-être qu’au printemps, on retrouvera des corps sous la neige. Ces jeunes n’ont aucune idée des risques de la montagne, des effets du froid. Ils ne font pas demi-tour. »

    Cache-cache.
    A Névache, le premier village au pied du col de l’Echelle, il y a des mois que l’on vit au rythme de l’arrivée des migrants. Lucie (1) fait partie d’un groupe d’une trentaine de villageois qui se sont organisés spontanément pour les accueillir, en toute discrétion et avec une efficacité remarquable. D’une voix décidée, elle explique : « Ils arrivent en pleine nuit au village, affamés, frigorifiés, épuisés, blessés parfois. On ne va pas les laisser repartir dans la nuit et le froid à travers la montagne ! On les nourrit, on les réchauffe, on leur donne un lit. C’est du simple bon sens, ça coule de source. Notre seul but, c’est qu’il n’y ait pas de morts ni de gelés près de chez nous. »

    Les migrants redoutent les gendarmes qui les reconduisent en Italie. Alors, Lucie et le réseau névachais les gardent le temps qu’ils se retapent et les aident ensuite à gagner la vallée. A pied, en voiture, un cache-cache stressant avec les gendarmes, avec lesquels les rapports sont très tendus. A Névache comme à Briançon, les fouilles de véhicules sont devenues ces derniers mois la règle et les bénévoles surpris avec des migrants à bord de leur voiture sont convoqués pour des auditions, sous la charge « d’aide à la circulation de personnes en situation irrégulière ». Anne Moutte, l’accompagnatrice maraudeuse, s’emporte : « C’est l’Etat, le préfet et les forces de l’ordre qui se rendent coupables de non-assistance à personne en danger ! »

    « Cimetière ».
    Ce week-end, le collectif Tous migrants organisait à #Briançon des « états généraux des migrants ». Des débats, des échanges avec le journaliste Edwy Plenel, l’agriculteur activiste de la Roya Cédric Herrou, des chercheurs, des élus, des militants. Marie Dorléans, présidente de Tous migrants, résume : « Nous voulons nourrir le débat sur notre devoir d’hospitalité, sur une autre politique migratoire, mais nous avons aussi un devoir face à une urgence humanitaire. Nous avons tous peur d’un drame sur nos cols. La militarisation massive de la frontière conduit les migrants à des prises de risques inconsidérées. » Ce sont les professionnels de la montagne, accompagnateurs, guides, pisteurs, moniteurs qui ont porté ce dernier message.

    Constitués en un collectif « SOS Alpes solidaires », ils ont regroupé 300 personnes symboliquement encordées sur les pentes du col de l’Echelle dimanche pour lancer un appel solennel : « La Méditerranée ne stoppe pas des personnes qui fuient leur pays. La montagne ne les stoppera pas non plus, surtout qu’ils en ignorent les dangers. Nous refusons que les Alpes deviennent leur cimetière. » Stéphanie Besson, l’un des piliers de l’appel, enfonce le clou : « Nous demandons à l’Etat de nous laisser faire notre devoir de citoyens. Qu’il cesse de nous empêcher de venir au secours de personnes en danger. Que nos cols soient démilitarisés si l’on ne veut pas y laisser mourir ou geler les migrants. » Quelques minutes plus tard, l’hélicoptère du secours en montagne survole la manifestation avec à son bord le jeune Moussa miraculé du jour. Sauvé par des montagnards solidaires et déterminés.
    François Carrel

    #migrants #Alpes #traque #contrôle #racisme

    • @reka Ah oui je l’avais oublié le hippie neo-fasciste lol
      Mais c’est aussi parce que je trouve assez fascinant que le gars (ou la meuf) ne se rende absolument pas compte du ridicule de sa situation. Il·elle est là en train de vociférer des menaces au milieu d’un groupe qui ne le calcule même pas et qui ne parle pas la même langue. C’est comme si je débarquais au congrès des jeunesses identitaires en récitant des poèmes de Khalil Gibran.
      Et en même temps les gars comme ça c’est des grands peureux, parce que derrière leur clavier c’est la guerre mais quand il y a de l’opposition physique c’est autre chose. Parce que le migrant sans chaussure, @francoiscarmignola1 tu lui marcheras peut-être sur la gueule pour qu’il crève plus vite mais mon voisin dans la cité qui passe son temps à la salle de sport, tu vas t’empresser de lui faire un sourire et de t’aplatir pour lui tenir la porte, même en 1 contre 1. Vos opérations baston c’est toujours à 10 contre 1 ou contre des gens diminués physiquement, on sait jamais vous pourriez vous péter un ongle lol Mais continue à te donner l’illusion du surhomme aryen, si t’as que ça dans la vie je comprends que tu y tiennes, même si paradoxalement tu n’as pas peur du ridicule en restant ici à te prendre pour le nouveau penseur de Valeurs actuelles.

    • Migrants : « On ne peut pas accepter qu’il y ait des gens qui meurent dans nos montagnes »

      Parce qu’ils ne veulent pas laisser des personnes mourir de froid en traversant la frontière franco-italienne, collectifs et associations, dont « Tous Migrants », ont organisé ce week-end une cordée solidaire. Lors de cette cordée symbolique, ils ont secouru un jeune homme transi de froid, bloqué dans un couloir d’avalanche. #Etienne_Trautmann, qui a appelé les secours et filmé l’hélitreuillage raconte à « l’Obs » comment il a réussi porter secours à Moussa, 22 ans. Tout en insistant : « Je ne me sens pas le héros de ce secours, pour moi le vrai héros c’est Moussa, qui a bravé tous les dangers pour trouver une terre d’accueil plus hospitalière ». Voici son témoignage.

      http://tempsreel.nouvelobs.com/videos/vlz5k3.DGT/migrants-on-ne-peut-pas-accepter-qu-il-y-ait-des-gens-qui-meure

      Transcription d’une partie de l’interview de Etienne Trautmann :

      Etienne Trautmann (dans la vidéo son affiliation est la suivante "Collectif citoyens solidaires professionnels de la montagne) :
      « Nous on ne peut pas accepter qu’il y ait des gens qui meurent dans nos montagnes. Actuellement l’Etat, et je pèse mes mots, essaie de faire en sorte que la solidarité soit un délit. Nous, professionnels de la montagne on dit qu’on ne peut pas accepter cela. On essaie de nous mettre hors-la-loi en arrêtant des gens qui vont faire preuve de solidarité en prenant par exemple en stop des jeunes qui sont frigorifiés, qui ont besoin d’aide, et ça, nous, on ne peut pas l’accepter. Il y a des gendarmes qui interviennent, notamment dans la Vallée de la Clarée, et qui sont clairement là pour attraper les migrants. Il y a 2-3 semaines quand je suis passé, ils étaient dans une petite piste à la sortie d’un pont, et ils essaient d’attraper les jeunes à ce moment-là. Les informations tournent vite. D’une part ils passent par des cols extrêmement dangereux et par exemple ils traversent les rivières, non pas par les ponts, ils traversent avec leurs chaussures… Les pieds mouillés comme cela, je leur donne un quart d’heure avant que les gelures apparaissent et qu’on arrive après à l’amputation. C’est pas possible. »
      Sur le secours de Moussa : "J’ai essayé de lui dire qu’il était en sécurité là où il était, qu’il était pris en charge, qu’il allait pouvoir manger, qu’on allait pouvoir s’occuper de lui. Quand je vous en parle, c’est pas évident, parce qu’en disant cela je sais que je mentais, parce que clairement, car aujourd’hui pour un réfugié, et notamment de 22 ans, majeur, pour lui le parcours de l’enfer, il continue. Il vient de Guinée-Conakry, j’imagine qu’il a dû être confronté à toutes les horreurs qu’on peut trouver en Libye, certainement emprisonné, travailleur de force, la traversée de la Méditerranée certainement dans de mauvaises conditions… Et son parcours de l’enfer il continue ici en France, aujourd’hui. Et il va continuer. On est confronté à une valeur d’humanité, de fraternité, c’est des valeurs qu’en allant à l’école… c’est ces valeurs républicaines qu’on m’a transmises. Et aujourd’hui on me dit « non », mais mes enfants sont à l’école et devant le fronton de la mairie juste à côté c’est ces valeurs qui sont marquées : liberté, égalité, fraternité."

    • Posté par Valerio Cataldi sur FB :

      Bubbaka ha 17 anni e corre come un fulmine.
      Corre nella neve che gli arriva alla vita e gli strappa le scarpe da ginnastica dai piedi. Quando cade chiede aiuto a sua madre, poi si rialza e riparte.
      Bubbaka viene dal Mali. Vuole andare in Francia e nessuno lo potrà fermare. Non lo hanno fermato il deserto, i miliziani libici, il mediterraneo. Neanche la Gendarmerie che lo riporta indietro a Bardonecchia, in Italia.
      Non lo ferma neanche la neve.

      https://www.facebook.com/valerio.cataldi.35/posts/10214953897031357?comment_id=10214954554047782&notif_id=1514213178803818&n

      Lien vers le reportage sur le site de la télé italienne :
      http://www.tg2.rai.it/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-d37b0006-8998-4c51-8222-bf1e31179170-tg2.html

    • Il 7 gennaio camminata da Claviere a Montgenèvre

      Il gruppo Briser les Frontières ha organizzato per domenica 7 gennaio una camminata da Claviere a Montgenèvre dal titolo Marcher pour Briser les Frontières

      Camminata contro le frontiere, per muoversi liberamente!
      Da Claviere a Montgenèvre.

      Domenica 7 gennaio alle ore 11.00
      Appuntamento al parcheggio di via Nazionale a Claviere.
      Con abbigliamento adeguato per una camminata sulla neve.

      Le frontiere non esistono in natura,
      sono un sistema di controllo.
      Non proteggono le persone, le mettono una contro l’altra.
      Non favoriscono l’incontro, ma generano rancore.
      Le frontiere non dividono un mondo da un altro,
      c’è un solo mondo e le frontiere lo stanno lacerando!

      L’indifferenza è complicità!

      Per Info: +39 3485542295

      (In caso di maltempo l’iniziativa si farà la domenica successiva)


      https://rbe.it/2017/12/28/camminata-7-gennaio

    • ON Y VA’ - alcune storie dalla Val di Susa di confine

      Alcune interviste fatte tra le montagne della Valle di Susa. Dove da mesi moltissime persone che vogliono oltrepassare il confine verso la Francia sono costrette a farlo rischiando la vita.

      https://www.facebook.com/briserlesfeontieres/videos/1537002486391870
      #vidéo #témoignages #parcours_migratoires #itinéraire_migratoire
      Une personne dit avoir essayé déjà une fois d’aller en France (il a remonté l’Italie depuis #Crotone), mais avoir été renvoyée. Renvoyée à #Taranto, puis à #Roccasecca
      #migrerrance

    • Bilan des états généraux pour les migrants : entre inquiétudes et espoirs

      Entre tables ronde et chaîne humaine au col de l’Échelle, le week-end consacré aux migrants et aux migrations a rassemblé beaucoup de monde, près de 1000 personnes au total dont plus de 300 dans la neige et le froid du col de l’Échelle. Une conférence de presse, ouverte au public, a conclu ces deux journées. Le bilan par #Marie_Dorléans, du mouvement citoyen Tous Migrants.

      https://vimeo.com/247766714?ref=tw-share

    • Bardonecchia. Cattolici e protestanti insieme per i profughi a piedi sulle Alpi

      Parrocchie cattoliche, comunità protestanti, associazioni, volontari del soccorso alpino italiano e francese, da settimane cercano di portare al riparo i migranti che si avventurano verso la Francia

      https://www.avvenire.it/attualita/pagine/lecumenismo-solidale-lungo-la-rotta-bianca

    • Nella neve e nel ghiaccio la marcia dei migranti attraverso le Alpi

      A decine ci provano ogni settimana, quando la temperatura scende a meno venti. Dall’Italia alla Francia. Senza equipaggiamento e nel bianco abbagliante. Senza nemmeno un paio di stivali. Ma l’anno scorso, come in questo nuovo anno, si mettono in cammino verso una nuova vita. Al gelo, affondando i piedi nel ghiaccio che copre quasi tutto, a quasi duemila metri d’altezza, lungo il passo alpino che separa il suolo francese da quello italiano: i migranti sono in marcia.

      https://left.it/2018/01/02/nella-neve-e-nel-ghiaccio-la-marcia-dei-migranti-attraverso-le-alpi

    • Bardonecchia, migrante in fuga verso la Francia sommerso da un metro e mezzo di neve: salvato in extremis

      Tragedia sfiorata. Recuperato dal soccorso alpino francese avvisato dalla moglie che con i due figli lo attendeva a Briancon. Attivisti francesi aiuteranno i migranti costreuendo un igloo di protezione

      http://torino.repubblica.it/cronaca/2017/12/31/news/bardonecchia_migrante_in_fuga_verso_la_francia_sommerso_da_un_metro_e_mezzo_di_neve_salvato_in_extremis-185572545/?refresh_ce

    • Nella neve e nel ghiaccio la marcia dei migranti attraverso le Alpi

      A decine ci provano ogni settimana, quando la temperatura scende a meno venti. Dall’Italia alla Francia. Senza equipaggiamento e nel bianco abbagliante. Senza nemmeno un paio di stivali. Ma l’anno scorso, come in questo nuovo anno, si mettono in cammino verso una nuova vita. Al gelo, affondando i piedi nel ghiaccio che copre quasi tutto, a quasi duemila metri d’altezza, lungo il passo alpino che separa il suolo francese da quello italiano: i migranti sono in marcia.

      https://left.it/2018/01/02/nella-neve-e-nel-ghiaccio-la-marcia-dei-migranti-attraverso-le-alpi

    • Briançon : le Collectif Citoyen de Névache adresse une lettre ouverte au chef de l’État

      Au lendemain des États généraux de la migration qui se sont tenus à Briançon les 16 et 17 décembre, le Collectif Citoyen de Névache adresse une lettre à Monsieur Emmanuel Macron, président de la République :

      "À Névache, dans les Hautes-Alpes, la neige tombe depuis plusieurs jours, la Lombarde est parfois brutale ! Les températures nocturnes passent maintenant entre 10 et 15 degrés sous zéro, mais les migrants venant d’Italie continuent d’arriver... Jeunes, souvent mineurs, ils tentent le passage du Col de l’Échelle (1 700 m) pour rejoindre ensuite Briançon ; 20 km à pieds si aucun automobiliste ne veut ou ne peut les prendre en charge. À moins qu’un fourgon de gendarmerie ne les intercepte pour les reconduire à la frontière, de jour comme de nuit, sans tenir compte de la réglementation concernant les mineurs isolés ou les demandeurs d’asile. Ils ont des ordres, disent-ils ! Des ordres pour ne pas respecter la réglementation ? Ces migrants, d’Afrique subsaharienne et le plus souvent francophones, sont pourtant prêts à tout pour rejoindre notre pays et y rester pour reconstruire dignement leur vie en travaillant. Nous devrions en être fiers. Dans les conditions actuelles, nous les accueillons comme des terroristes en leur appliquant une législation antiterroriste qui n’a pas été faite pour eux ! La lecture du code Schengen des frontières est, à cet égard, très claire. Vous avez, nous dit-on, découvert récemment, à la suite d’un reportage de CNN, l’horreur des marchés aux esclaves de Tripoli. Quelques contacts directs avec les Névachais ou les Briançonnais vous en auraient appris bien davantage, depuis deux ans au moins. Ancien officier formé à Saint ?Cyr, je m’interroge sur ce que pouvaient bien faire nos services de renseignement !? Pourtant, mais vous n’avez pas abordé cette question en nous parlant des marchés de Tripoli, l’Union Européenne (dont l’Italie et la France) paît les gardes ?côtes libyens pour récupérer en mer un maximum de migrants et les renvoyer en Libye ; où ils les revendent peut ?être, une deuxième fois ?

      L’Union Européenne et notre pays (qui revendiquent leurs racines chrétiennes quand cela les arrange) contribuent ainsi au bon fonctionnement d’un commerce que l’on croyait à jamais disparu. Bilan de ce long voyage : lorsqu’il parvient sur notre territoire, un migrant a souvent perdu le tiers de ses compagnons de route entre le Sahara, la Libye, la Mer Méditerranée et la France. Aujourd’hui, l’hôpital de Briançon en ampute certains qui ont « pris froid » dans la montagne au péril de leur vie. Devons nous attendre des morts pour que nos institutions réagissent humainement ?
      On comprend que, pensant arriver dans la commune de Névache au terme d’un voyage qui aura souvent duré deux ans, rien ne les empêchera de s’engager dans la traversée du col de l’Échelle, quelles que soient les conditions. Pour nous, Névachais, l’impératif humanitaire s’impose même si les forces de l’ordre s’efforcent de nous en dissuader. Il faut les retrouver si possible, les recevoir, les remettre en forme, les soigner puis les conduire à Briançon où ils pourront commencer à traiter leurs problèmes administratifs avec les associations en charge de ces questions.

      Au cours du mois de décembre, nous avons dû, à six reprises au moins, faire appel au « Secours en Montagne » pour leur éviter la mort, non sans éviter gelures et traumatisme divers. Pas encore de morts reconnus, mais cela viendra, Monsieur le Président. Et tout cela avec des bénévoles non seulement sans aide de l’État mais au contraire sous la menace des forces de maintien de l’ordre. À vouloir faire oeuvre humanitaire, nous Névachais et Briançonnais, sommes traités comme des délinquants ! On nous interdit de prendre un Africain en stop, quelles que soit la température et l’heure !
      Briançon : le Collectif Citoyen de Névache adresse une lettre ouverte au chef de l’État - 2

      Depuis quand l’automobiliste devrait-il refuser un passager au seul vu de sa couleur ? Dans la Clarée, Monsieur le Président, nous refusons l’apartheid ! Quelles que soient les menaces, nous ne pouvons refuser l’action humanitaire, à commencer par le secours à personnes en danger, lorsque les pouvoirs publics abandonnent cette mission. Les ordres reçus ne sont pas de pratiquer une action dignement humaine mais de renvoyer en Italie un maximum de migrants au mépris de leurs droits. Où est la solidarité européenne, Monsieur le Président ?

      Monsieur le Président, je sais que nous ne sommes pas les seuls français dans cette situation. Vous vous trouvez dans une position qui durera aussi longtemps que l’on ne prendra pas le mal à ses sources, réchauffement climatique, sous développement de nos anciennes « colonies » et autres. Vous savez vendre des avions, pour tuer ! Pouvez-vous prendre en considération la misère de ces migrants, comme le Pape François y invite nos contemporains ?

      Les Névachais et les Briançonnais, respectueux de la loi, sont prêts à travailler avec les services de l’État pour trouver des solutions, à condition que l’État accepte de les entendre, ce qui n’a pas encore été le cas, et de les entendre sans vouloir en faire des auxiliaires de police ! Nous pourrons alors retrouver la fierté de nos cimes et redonner à notre pays l’honneur qu’il est en train de perdre et que nous perdons tous avec lui.

      Souvenons-nous de ces milliers d’Africains morts pour la France au cours des deux dernières guerres mondiales. Ce sont leurs petits-enfants que nous devrions laisser mourir dans la neige ? Pour l’ancien Saint-Cyrien que je suis, dont la promotion porte le nom d’un colonel Géorgien mort au combat, de telles perspectives sont insupportables, Monsieur le Président. Nous comptons encore sur vous mais le temps presse."

      Bernard Ligier - citoyen de Névache

      http://www.laprovence.com/article/societe/4774520/briancon-le-collectif-citoyen-de-nevache-adresse-une-lettre-ouverte-au-c

    • Histoires de frontières #1, sur Radio Canut

      Mardi 9 janvier à 20h, Radio Canut (102.2FM à Lyon ou en streaming n’importe où ailleurs) diffuse deux documentaires sur les parcours des migrantEs dans les Alpes, la militarisation des frontières, mais aussi sur les luttes et solidarités en cours.

      Deux reportages de 30min chacun sont au programme :

      Un entretien réalisé fin décembre au squat Chez Marcel à Briançon qui permet de revenir sur l’aventure de ce lieu d’accueil, la situation à la frontière italienne dans les Hautes-Alpes mais aussi sur les enjeux et les perspectives des luttes actuelles.

      Un montage de différentes interventions lors de la soirée de soutien et d’information qui a eu lieu à Lyon le 14 décembre dernier. Prise de paroles de migrants et témoignages sur la situation à Ventimiglia (Italie), Briançon et Lyon.

      En direct, mardi 9 janvier à 20h sur Radio Canut (102.2FM en région lyonnaise ou en streaming via ce lien de n’importe où ailleurs).

      Les deux reportages seront ensuite disponibles en podcast sur les sites suivants :
      https://blogs.radiocanut.org/sav
      http://www.internationale-utopiste.org

      https://rebellyon.info/HISTOIRES-DE-FRONTIERES-1-sur-Radio-Canut-18562

    • Da Bardonecchia a Briançon, in viaggio con i migranti sulle Alpi

      Un fischio, poi il rumore dei freni: da uno degli ultimi treni in arrivo da Oulx scende Mohammed Traoré, 17 anni, guineano. Si guarda intorno, non c’è molta gente sulla banchina, i lampioni spargono un velo di luce nell’aria densa di umidità, il freddo entra nella giacca grigia che il ragazzo ha dimenticato di abbottonare.

      https://www.internazionale.it/reportage/annalisa-camilli/2018/01/09/bardonecchia-briancon-alpi-migranti

    • Une cordée solidaire au lieu d’une frontière

      La frontière n’a pas de pouvoir. La frontière ne tue pas. La frontière, en soi, n’existe pas. Toute frontière est le fruit de l’esprit d’hommes et de femmes qui ont le pouvoir de décider si elle est une ligne de contact, d’échange, de partage, ou un lieu de crispation, de frottement, de crise.

      https://www.lacite.info/hublot/cordee-solidaire-vs-frontiere

    • Col de l’Echelle : une quarantaine de bénévoles convoqués pour « délit de solidarité »

      Quand ce ne sont pas les journalistes qui sont visés, les bénévoles locaux, engagés notamment dans les maraudes de soutien, sont les autres victimes de ces contrôles : une quarantaine de personnes aurait ainsi déjà été convoquée au titre de l’article L. 622-1 du code de l’entrée et du séjour des étrangers et du droit d’asile, qui sanctionne l’aide à l’entrée, à la circulation et au séjour irréguliers d’un étranger en France – ce que l’on appelle plus communément le « délit de solidarité ». « Les bénévoles qui aident ne sont pas des délinquants, ce sont des héros » défend Eric Piolle. Une situation qui ne fait que confirmer le tour de vis anti-migratoire des politiques françaises en la matière, condamnées ce week-end pour « complicité de crime contre l’humanité » par le Tribunal permanent des peuples.

      https://www.bastamag.net/Col-de-l-Echelle-une-quarantaine-de-benevoles-convoques-pour-delit-de
      #délit_de_solidarité

    • Val Susa, No border in marcia sulla neve: “Migranti rischiano la vita qui sulle montagne, ospitalità è nostro dovere”

      Attivisti no borders italiani e francesi insieme, circa mille persone domenica 14 gennaio hanno marciato sulla neve, attraversando il confine italo-francese di Claviere. Un corteo che ha percorso la stessa strada dei migranti, organizzato per protestare contro la militarizzazione delle frontiere. Quella alpina, nonostante il gelo e il rischio di morire assiderati, è una rotta sempre più battuta da coloro che cercano di arrivare in Francia, soprattutto dopo la chiusura dei confini a Ventimiglia. “I migranti continuano ad arrivare rischiando la loro vita sulle montagne – raccontano gli attivisti della rete solidale Briser la frontier – e questo è il risultato delle politiche di chiusura delle frontiere a Ventimiglia e negli altri confini”

      https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/01/14/val-susa-no-border-in-marcia-sulla-neve-migranti-rischiano-la-vita-qui-sulle-montagne-ospitalita-e-nostro-dovere/4092370

    • #Migrants risk death crossing #Alps to reach #France

      It took Abdullhai (below) almost three years to get from his home in Guinea to a rocky, snow-covered Alpine mountain pass in the dead of winter, for what he hopes will be the final stage of his journey into France.

      The terrain is steep and dangerous and he and a group of five other migrants face risks ranging from losing their footing on steep drops, being struck by falling rocks or succumbing to the -9C (15°F) temperatures in clothing ill-suited to the terrain.


      https://widerimage.reuters.com/story/migrants-risk-death-crossing-alps-to-reach-france

    • Italy: March supporting migrants who make deadly Alps crossing

      Italian pro-migration activist group #Briser_les_frontières marched on the French-Italian mountain border near Claviere and Moginevro on Sunday to protest migration laws at borders preventing the sanctuary of refugees. The activists carried pro-migration banners as they travelled between the two mountains in a similar route which asylum seekers have been known to cross to get between countries often at great risk. Italian and French mountain police blocked their paths however for most of the protest, but activists eventually reached their destination by staying close to the ski slopes. Briser Les frontieres solidarity network member Daniele Brait explained: “In recent months there have been many attempts to cross the border into the Alps that seem to have become the new Mediterranean. People who have managed to survive the sea today risk their lives in these mountains.” Migrants are known to regularly attempt to traverse the Colle della Scala (Cole de l’Echelle in French) in freezing temperatures some 1800 metres above sea level between Italy and France, resulting in the death of many. SOT, Nicoletta Dosio, No-Tav movement spokesperson (Italian): “The motivations that bring us here today is to express solidarity and to reiterate that the World with the borders is a world that does not serve and we don’t want.” SOT, Nicoletta Dosio, No-Tav movement spokesperson (Italian): “This Europe, which is the Europe of Maastricht, is a fortress that exploits the countries of the South of the world with the war and does not allow the poor of the Earth, who have become poor because of this exploitation, to cross its borders.” SOT, Daniele Brait, Briser Les frontieres solidarity network member (Italian): “In recent months there have been many attempts to cross the border into the Alps that seem to have become the new Mediterranean. People who have managed to survive the sea today risk their lives in these mountains.” SOT, Daniele Brait, Briser Les frontieres solidarity network member (Italian): "One of the rules of the mountain, as well as one of the rules of the sea, is that people who need help, a warm place, a blanket, a jacket, even just something like a hot dish, are not abandoned.” SOT, Briser les frontieres Activist (Italian): “Italy has always done business with Libya where there are detention centers that are lager.” SOT, Briser les frontieres Activist (Italian): “It finances them with the excuse of fighting terrorism and managing migration flows. In these camps people are tortured and women raped.”

      https://www.youtube.com/watch?v=zxELo_bJG4c&feature=share

    • Quando non esisteranno più frontiere, nessuno morirà per attraversarle. Aggiornamenti dalla route des Alpes

      Domenica 14 gennaio la rete di solidarietà Briser les frontières (abbattere le frontiere) ha indetto una camminata lungo la frontiera con la Francia contro i confini e per la libera circolazione delle persone.

      Alla chiamata hanno risposto circa un migliaio di persone provenienti dalla Val Susa - le immancabili bandiere No Tav, stavolta insieme a quelle No Border, sventolavano tra la folla -, da Torino e dalla Francia. Una valle in cui la rete Briser les frontières non può fare a meno di sottolineare l’ipocrisia di politiche che mentre distruggono l’ambiente per far muovere liberamente merci e turisti lungo le linee ad Alta Velocità “chiudono tutti gli spazi a coloro che non gli rendono il giusto profitto, preparando il terreno di quello che rischiano di far diventare l’ennesimo cimitero a cielo aperto”, scrivono su un volantino.


      http://www.meltingpot.org/Quando-non-esisteranno-piu-frontiere-nessuno-morira-per.html

    • Autres montagnes, toujours froid et neige qui mettent les réfugiés en danger... mais là, c’est au #Liban :

      Des réfugiés, piégés par la neige, meurent de froid

      Une dizaine de réfugiés syriens — dont des femmes et des enfants — ont péri dans les montagnes libanaises enneigées.

      https://www.lematin.ch/monde/refugies-pieges-neige-meurent-froid/story/21301145

      Un ami syrien a posté sur FB cette photographie, apparemment de la famille dont parle l’article ci-dessus.

      Son commentaire :

      Cette famille syrienne est morte congelée aux frontière syro-libanaises, par l’interdiction des milices de Hozballah, ceux qu’ils échappent les bombardements les frontières les congèlent

      Le commentaire en arabe d’une autre personne, à l’origine du post sur FB :
      ماتوا بردا وألما في جبال لبنان الشرقية بالقرب من بلدة الصويري

      ...
      يارب إرحم السوريين فقد ضاقت بهم الدنيا وتسكرت أمامهم السبل .
      أردوا الدخول عبر الجبال تهريبا هربا من الموت
      فكان الموت إنتظارهم.

      La dernière partie de la citation en arabe devrait dire, si google translate fait bien son boulot :

      Ils voulaient entrer dans les montagnes pour échapper à la mort et la mort les attendait.

      Selon une brève recherche google pour essayer de trouver l’origine de l’image, voici ce qui semblerait être la première fois que cette image a été mise sur internet :
      http://www.mansheet.net/Akhbar-Aalmyh/1478462/%D9%85%D8%AC%D8%B2%D8%B1%D8%A9-%D9%84%D9%84%D8%A7%D8%AC%D8%A6%D9%8A%D9%86-

      Syria conflict : 15 refugees found frozen to death

      Fifteen Syrian refugees - some of them children - have been found frozen to death while trying to cross the mountainous border into Lebanon.

      http://www.bbc.com/news/world-middle-east-42758532

      Suite au commentaire de @ninachani, j’ai enlevé les images, que j’ai décidé tout de même de laisser sur seenthis, mais sur en faisant un billet à part :
      http://seen.li/eb37

    • Pierre, accompagnateur en montagne : « Nous ne sommes pas des passeurs »

      A la différence des guides de haute montagne, qui encadrent l’alpinisme, l’escalade ou le ski, l’activité des accompagnateurs en montagne se concentre sur la randonnée pédestre en été et en raquette l’hiver. Ils transmettent des connaissances sur le milieu montagnard, la faune, la flore, le patrimoine et l’histoire des territoires parcourus. Pierre, qui a préféré conserver l’anonymat, est accompagnateur en montagne depuis une dizaine d’années dans le Sud-Est de la France et habite dans le Briançonnais, dans le département des Hautes-Alpes. Il explique comment s’organise l’aide aux migrants qui traversent, au péril de leur vie, les cols de l’Echelle ou de Montgenèvre pour rallier la France.


      https://www.alternatives-economiques.fr/pierre-accompagnateur-montagne-ne-sommes-passeurs/00082620

    • Puntata 87 | #Briser_les_frontiers

      Domenica 14 gennaio Briser les frontiers, una marcia popolare sulla neve, si è portata al confine Italia Francia per accendere i riflettori su una frontiera (mobile per le merci ma sempre più ostica per gli umani) che racconta le nuove rotte migranti e l’inutilità del concetto stesso di confine.


      http://amonte.info/picchi-di-frequenza/puntata-87-briser-les-frontiers

    • Montagnes, migrants en péril

      Entretien depuis le Bus Cartouche à Genève avec Cristina Del Biaggio, maîtresse de conférence à l’Université de Grenoble et géographe spécialiste des questions de migration et des frontières.

      Le col de l’Échelle dans les Haute-Alpes, théâtre tragique du passage de personnes migrantes. Le froid implacable et le manque d’équipement à l’origine d’un drame humain dont on ne mesure pas encore l’étendue...

      http://audioblog.arteradio.com/post/3082548/montagnes__migrants_en_peril

    • Bardonecchia, le nouveau mur où échouent les espoirs des migrants

      « On n’a rien à perdre. Sans travail et sans argent, nous sommes prêts à prendre tous les risques pour parvenir à franchir cette frontière », assure un jeune Guinéen qui préfère ne pas donner son nom.


      https://www.courrierinternational.com/depeche/bardonecchia-le-nouveau-mur-ou-echouent-les-espoirs-des-migra

    • Dodging Death Along the Alpine Migrant Passage

      Along the dangerous Alpine route from Italy to France, Annalisa Camilli of Internazionale meets young migrants desperate to reach northern Europe, and the local volunteers trying to make sure their villages are not another deadly stop on the migration trail.


      https://www.newsdeeply.com/refugees/articles/2018/01/25/dodging-death-along-the-alpine-migrant-passage

    • Quand il s’agit d’une alpiniste française en difficulté dans l’Himalaya, des « secours hors normes » sont mis en place pour lui venir en aide, nous dit Ledauphine.com. Fort heureusement d’ailleurs.

      Mais s’il agit des personnes à la peau noire à la recherche d’un refuge en danger sur le Col de l’Echelle, alors là, ce ne sont pas les « secours mis en place » qui sont « hors norme », mais les forces de police, qui, au lieu de les secourir, les refoulent en Italie.

      Selon la nationalité, l’humanité n’a pas droit au même traitement.

    • GRAND FORMAT. Briançonnais, ce sont eux, les premiers de cordée solidaire !

      Plus d’un millier de Briançonnais se sont mobilisés pour parer aux urgences des migrants qui arrivaient à leurs portes dans les pires conditions. Une chaîne exceptionnelle portée par la fraternité. Rencontre avec ceux qui donnent sens à la dignité.

      https://www.humanite.fr/grand-format-brianconnais-ce-sont-eux-les-premiers-de-cordee-solidaire-6498

      signalé par @vanderling sur seenthis : http://seen.li/e9tu

    • Serait-il possible d’enlever la photo de la famille syrienne morte qui est insoutenable à regarder ? Comme en plus il n’y a pas d’avertissement, on tombe dessus sans être préparé. Par respect aussi pour leur dépouille. Mettre éventuellement un lien vers la photo avec un avertissement avant ?

    • bonjour @ninachani, je me suis beaucoup interrogée sur le fait de mettre (ou pas) cette photo. Je ne l’ai pas partagée sur les réseaux sociaux (je l’ai vu la première fois sur FB), justement pour une question de respect ou de malaise ou je ne sais pas bien pourquoi. Mais j’ai décidé de la mettre sur seenthis, petit réseau social, pour une espèce de rappel : les frontières fermées, c’est cela. C’est des morts, des cadavres, des pertes de vie. Et j’ai décidé de laisser les images pour cela, pour qu’on ne l’oublie pas... mais si ça dérange trop et trop de personnes, oui, on pourrait penser à enlever, mais je préfère personnellement laisser.

    • On sait que les frontières fermées c’est cela, surtout les personnes qui ont suffisamment lu tous les commentaires pour en arriver là où tu postes la photo. Si au moins il y avait un lien à cliquer pour ne pas que la photo apparaisse comme ça directement, mais là sans avertissement c’est pas possible (même si pour moi avertir ne suffit cependant pas).
      Ça n’apporte rien et c’est un manque de respect vis à vis des morts. Déjà qu’ils sont victimes, utiliser l’image de leurs corps morts sous couvert de militantisme c’est continuer à les exploiter.
      De plus, ces gens étaient peut-être musulmans et en Islam dès qu’on est mort il faut absolument recouvrir le corps pour les soustraire à la vue des vivants. Ce n’est pas parce que les grands medias s’autorisent à leur manquer de respect en considérant leurs corps comme des moyens de faire de l’audience qu’il faut imiter leurs pratiques.

      Voici le lien vers le texte politique d’un·e militant·e noir·e sur ce sujet que je t’invite fortement à lire :
      https://www.cases-rebelles.org/une-image-mille-mots-et-des-baffes-qui-se-perdent

      Enfin, cette image se retrouve sous l’article que j’ai mis en lien, donc associée à mon compte, et cela me gêne fortement puisque je trouve cette image indécente et irrespectueuse pour ces mort·e·s.

    • Nevica ancora sulla rotta di montagna

      Nevica ancora, sul passo del Colle della Scala, sulla rotta da Bardonecchia a Briançon, e su quella nuova che si è aperta sulla pista da sci di Claviere. I giovani migranti affrontano il cammino in scarpe da ginnastica tentando di arrivare in Francia. Lorenzo Sassi ed Emanuele Amighetti hanno passato un po’ di tempo con loro - e con gli abitanti del posto che si adoperano per aiutarli in armonia con la legge della montagna.


      http://openmigration.org/analisi/nevica-ancora-sulla-rotta-di-montagna

    • Une réflexion sur la #montagne, vue dans le cadre de l’expo/atelier « Drawing on the move » :


      Ici plus d’info sur l’atelier :
      http://blog.modop.org/post/2018/02/Atelier-participatif-Drawing-experience-on-the-move

      C’est le témoignage d’un réfugié, qui a transité par la vallée de #La_Roya (et non pas Briançon).
      Les témoignages ont été récoltées par Morgane et Mathilde chez #Cédric_Herrou

      Je transcris ici le texte d’Alex :

      « J’aime cette photo car j’ai vécu tellement d’histoires dans cette montagne : par exemple j’avais faim, j’avais soif, j’étais fatigué. C’est pour cela qu’il est important pour moi de me souvenir de l’histoire de ma vie. La police m’a aussi arrêté dans cette montagne. Je ne peux donc pas oublier cette montagne ».

    • Les citoyens passeurs au secours des migrants

      De plus en plus de migrants tentent de quitter l’Italie en franchissant les Alpes. Une des voies les plus employées se trouve en France dans une station de ski proche de Briançon. Redoutant de voir ces migrants mourir de froid dans leur périple, des citoyens leur viennent en aide au risque de finir en prison.

      https://www.rts.ch/play/tv/mise-au-point/video/les-citoyens-passeurs-au-secours-des-migrants?id=9345564&startTime=7.951655&stat

      Je transcris ici les mots prononcés par la représentante du gouvernement de la préfecture de Gap :
      « Moi je considère que c’est de l’incitation. Aider un étranger en situation irrégulière à traverser une frontière c’est illégal »
      Journaliste : « Pour vous c’est des incitateurs ou des passeurs ? »
      "C’est la même chose. Il y a une différence entre les passeurs rémunérés et les passeurs qui font cela pas pour une motivation financière. Mais l’accueil crée un #appel_d'air. Moi, je ne peux pas jeter la pierre à quelqu’un qui va voir passer sous ses fenêtres un étranger en situation irrégulière alors qu’il fait froid, alors qu’il fait nuit et que la personne soit accueillie quelques heures. Je ne peux pas leur jeter la pierre, mais tout comportement de ce type-là, a fortiori si c’est un comportement réfléchi, structuré et organisé, et c’est le cas par bien de structures associatives du briançonnais, crée une incitation, bien évidemment"

    • Rescuing Migrants Fleeing Through the Frozen Alps

      Vincent Gasquet is a pizza chef who owns a tiny shop in the French Alps.

      At night, he is one of about 80 volunteers who search mountain passes for migrants trying to hike from Italy to France.

      The migrants attempt to cross each night through sub-zero temperatures. Some wear only light jackets and sneakers, and one man recently lost his feet to frostbite.

      “If the Alps become a graveyard, I’ll be ashamed of myself for the rest of my life,” Mr. Gasquet said.

      The migrants often head for #Montgenèvre, a ski town nestled against the border. France offers them more work and a chance at a better life.

      One night, Mr. Gasquet got a call from a group that had crossed into Montgenèvre. They got his number through word of mouth.

      To evade border police checkpoints, the migrants follow paths through the forest, often at night, when it is easy to get lost.

      “Ninety percent of them have never seen snow in their lives,” he said. “Some of them say, ‘We’ve seen it on TV,’ but on the TV, you don’t feel the cold.”

      He drove to find them.

      The work is risky. Helping anybody enter or travel in France without valid paperwork is technically illegal.

      When he reached Montgenèvre, four young men from eastern Africa were shivering behind a snow bank, while another stood in the street. He hurried them into his car and drove them to a shelter.

      It would have been a perilous walk after hours in the snow.

      On another night, Mr. Gasquet and other volunteers set out by car and on foot.

      They spotted a group walking through the snow and hurried them into the car and to a shelter called Le Refuge.

      Here, the new arrivals can get warm, have a hot meal and change into dry clothes.

      “It’s not my place to say whether or not I want migrants in my country. That’s a job for the politicians,” Mr. Gasquet said.

      “All I know is that I don’t want people dying in front of my door.”

      https://www.nytimes.com/interactive/2018/02/22/world/europe/alpine-rescue.html?action=click&module=Top%20Stories&pgtype=Homepage

    • Ivorian migrant mourns ‘four lost years’ on road to Europe

      Soumahoro ploughed on, moving up through Italy, sleeping seven to a tent in the middle of winter.

      Eventually he heard that west Africans like him were heading to France through the Echelle pass in the Alps — perilous, at 1,762 metres (5,780 feet), but with no border crossing.

      He entered France in January 2017, taking two days to cross the mountain.

      With the help of local volunteers, he has finally been accepted onto a training course as a carer while still waiting for his asylum claim to be processed.

      But his days are lonely and full of uncertainty.

      “I don’t have a fixed place where I can stay, I go from family to family,” he said.

      “You ask yourself what you’re doing here. You tell yourself you’re good for nothing. A man’s life shouldn’t be about staying put and doing nothing; you want to feel useful.

      “You want to feel like you’re contributing something positive to society.”


      https://www.capitalfm.co.ke/news/2018/03/ivorian-migrant-mourns-four-lost-years-road-europe

    • A la frontière franco-italienne, migrants et bénévoles piégés par des #passeurs

      Mais depuis février, l’aide des bénévoles est compliquée par un nouveau phénomène : le business de plus en plus florissant de passeurs sévissant dans la gare de Turin (Italie). Selon les témoignages de migrants, ces passeurs sont francophones et originaires d’Afrique de l’Ouest.

      Aux migrants vulnérables arrivant du sud de l’Italie, ils facturent 100 à 350 euros le trajet en train entre les villes de Turin et Oulx et le ticket de bus entre Oulx et la commune italienne de Clavière, à quelques kilomètres de la frontière. Des trajets coûtant en réalité moins de 10 euros...

      Ils leur font miroiter un passage jusqu’en France mais les abandonnent à Clavière - y compris des femmes et des bébés - et appellent des bénévoles en se faisant passer pour des migrants. Puis ils s’éclipsent en Italie, leur bénéfice en poche.


      https://www.courrierinternational.com/depeche/la-frontiere-franco-italienne-migrants-et-benevoles-pieges-pa

    • Secourir les migrants sur la route des Alpes

      Depuis que deux jeunes Maliens ont dû être amputés des pieds et des mains à la suite de la périlleuse traversée du col de l’Échelle, dans les Hautes-Alpes, les équipes de volontaires issus des villages alentour se relayent, bravant les forces de l’ordre, pour porter secours aux migrants et leur offrir un refuge.

      https://www.arte.tv/fr/videos/079473-004-A/arte-regards

      Témoignage d’un habitant, Philippe Zanetti, dans le film :

      « On prend le #risque, mais le risque est plus petit que la vie de ces gens. Une vie humaine ça n’a pas de prix, je pense. C’est ma conviction »

      Dans les Alpes, ça a toujours existé les passeurs. Pendant la guerre, et avant. L’état d’esprit c’est : porter secours.

      L’Europe se doit de les protéger, mais les pourchasse.

      Commentaire de la journaliste :

      « En montagne, l’entraide est une tradition, explique Philippe. Une conviction que semblent partager ici toutes les communes de la zone frontalière alpine »

      #entraide #maraudes

      On explique que le maire de Briançon fait partie d’un mouvement qui s’appelle La #frontière_solidaire.

      Un des refuges de montagne (ici au Col de l’Echelle) que les bénévoles approvisionnent pour les migrants :

    • Vu sur FB (publié par Laurent Grossmann)

      Chasse aux migrants à Briançon

      Messieurs Gérard Collomb et Emmanuel Macron, vous pouvez être fière de votre police des frontières. En effet, ils exécutent à merveille vos ordres à la frontière de #Montgenèvre, sur la route de Briançon. Avant-hier soir, j’ai assisté à cette incroyable #chasse_à_l'homme. Des migrants venus d’Italie se faisaient littéralement courser par des gendarmes. Je me souviens avoir joué aux gendarmes et aux voleurs quand j’étais petit mais j’étais loin d’imaginer qu’en faite c’est au gendarmes et aux migrants que notre police joue aujourd’hui. Donc j’ai vu de mes yeux, des personnes pas équipée pour la montagne, arriver en France. Et je dois dire que l’accueil est digne, digne du #Far_West. Pourquoi faites vous ça ? Quel est chez vous cette étincelle qui vous anime pour dire à des hommes de chasser d’autres hommes, alors qu’ils sont en #danger, danger de mort, danger de gelures. Car dans cette vallée des migrants ont perdu des mains et des pieds et ce printemps ont découvrira sûrement des cadavres. Mais ça, j’ai bien l’impression que ça ne vous choque pas. La petite cerise sur le gâteau c’est que votre police demande aux citoyens « avez-vous vu des migrants ? ». Ces citoyens ont demandé :" mais comment on les reconnaît". Et ils nous ont répondu logiquement :" ba en général ils sont noirs". J’ai été interloqué par cette réponse si évidente. Mais je me suis demandé pourquoi ils n’ont pas fouillé la ville et arrêté tous les noirs...ils auraient pu en arrêter encore plus.
      Bon sinon, sachez que ceux qui ont finalement réussi à passé sont bien au chaud aujourd’hui, et reprennent des forces avant de repartir sur la route de l’exil. Et ceux qui ont été redéposé en Italie, sont aussi bien arrivés, malgré le froid et l’épuisement. Donc vos efforts sont vains. Sachez aussi que grâce à des secours citoyens, plusieurs femmes et un homme handicapé ont pu éviter cette course poursuite infernale avec vos forces de l’ordre. Et que grâce à eux aussi, ils retrouvent le sourire et de l’espoir, et ça, ça n’a pas de prix !

      #couleur_de_peau #Noirs #délit_de_faciès

      https://www.facebook.com/elsassnight/posts/10215831087467814

      Ce texte était accompagné de cette image :

    • Pour les jeunes perdus de Guinée et Côte d’Ivoire, des mois d’odyssée jusqu’aux Alpes (signé AFP)

      « J’essaie de reprendre mes forces », souffle Jacques, jeune migrant guinéen, les yeux rougis et un pâle sourire creusant ses pommettes émaciées de survivant. Il a derrière lui des mois d’odyssée, avec d’autres Guinéens et Ivoiriens, dont le nombre explose dans les Alpes françaises.
      A 16 ans, il vient de frôler la mort en gravissant pendant deux jours le col de l’Echelle (Alpes) pour arracher son entrée en France dans des conditions dantesques. « Il y avait beaucoup de neige et à un certain moment, je ne savais plus si j’étais parmi les morts ou les vivants », raconte-t-il à l’AFP depuis le matelas où il se repose au « Refuge solidaire », centre d’accueil associatif à Briançon (est), à la frontière italienne.

      Parti avec d’autres à l’assaut de ce col, Jacques s’est perdu, a dormi dans une grotte... Un périple entamé en 2017 à travers le Mali, l’Algérie, la Libye, l’Italie.

      Depuis un an, la région des Hautes-Alpes connaît une augmentation exponentielle d’arrivées de jeunes de Guinée (Conakry) et de Côte d’Ivoire (pourtant première puissance économique d’Afrique de l’Ouest). Ces nationalités arrivent loin devant celles des autres migrants, très majoritairement ouest-africains.

      Selon la préfecture des Hautes-Alpes, 315 personnes en situation irrégulière ont été refoulées vers l’Italie en 2016, contre 1.900 en 2017, en majorité des Guinéens et des Ivoiriens.

      Entre juillet 2017 et février 2018, près de 3.000 migrants sont passés par le « Refuge » ; parmi eux, au moins 1.185 Guinéens (dont 793 se déclarant mineurs) et 481 Ivoiriens (dont 209 se déclarant mineurs).

      – Les raisons d’un départ -

      Parmi les raisons de départ figurent chômage et les conditions de vie très précaires de ces jeunes, des ressources captées par les élites de ces pays, les défaillances de l’enseignement public, « inadéquat » avec le marché de l’emploi, des situations familiales inextricables (enfants nés hors mariage marginalisés, compétition au sein des familles polygames), et les pressions de familles pour envoyer un enfant débrouillard « s’aventurer » (émigrer).

      « L’accès à l’emploi est extrêmement réduit en Guinée, même pour ceux qui sont diplômés (...) Pour l’essentiel, les investissements sont faits dans le secteur minier, pour la bauxite notamment », selon le sociologue guinéen Bano Barry, interrogé à Conakry.

      « Personne ne vient investir parce que le pays est instable » politiquement, note-t-il, référence aux plus de 50 ans de régimes autoritaires. Nombre de Guinéens ont émigré dans les pays de la région, mais ces derniers ont désormais du mal à employer leur propre jeunesse.

      Sia, Ivoirien de 35 ans, se repose au « Refuge » : « Regardez le nombre de jeunes Ivoiriens qui +sortent+ », lance-t-il avec colère. « Avant, quand tu voyais un Ivoirien en France, il étudiait et puis il retournait dans son pays. Aujourd’hui, ce n’est plus +bourse d’études+, c’est les zodiacs sur la mer ! ». « On nous dit qu’il y a plus de guerre, qu’il y a la richesse du cacao, que ça va, mais c’est pas vrai ! », lance-t-il.

      – Désinformation -

      Mais la désinformation règne parmi ces migrants sur les énormes difficultés qui les attendent en France : le péril des reconduites à la frontière, les parcours du combattant pour obtenir les statuts de mineurs isolés ou de demandeurs d’asile, voire la vie à la rue.

      Nés hors mariage et sans plus d’attaches familiales à Conakry, Cellou et Abou (prénoms modifiés) en ont fait l’expérience. Echoués en 2016 et 2017 à Briançon, ils se disent mineurs mais leur minorité n’a pas été reconnue. Ils attendent l’examen de leur recours, toujours hantés par leur voyage.

      Cellou raconte qu’il a failli être vendu comme esclave en Libye, puis emprisonné et frappé à Zabrata, où il a été témoin d’exactions des « Asma boys » (gangs armés libyens) contre les migrants. Il souffre d’insomnies. « Je suis venu pour étudier et faire une formation dans la cuisine, j’aime ça trop », confie-t-il.

      Depuis des mois, c’est grâce à la solidarité de Briançonnais qu’ils sont logés, nourris, formés au français. Ce soir là, pour se remettre d’un cours intense « sur les pourcentages », ils taquinent leur « Vieux » (un bénévole), pestent contre le froid et se cuisinent des spaghettis tomates-piments.

      « Cette attente est difficile mais j’ai pas le choix ; retourner en Guinée, ça veut dire retourner à la rue », confie Abou. « Quand il se passe des choses là-bas, le plus souvent, c’est les jeunes qu’on tue ».

      Une douzaine de personnes - dont plusieurs mineurs - y ont été tuées dans des violences après des élections locales en février. Le 26 février, Conakry a été transformée en « ville morte » à l’appel des enseignants, en grève depuis deux semaines.

      – ’Appel d’air’ -

      Alors à l’heure des réseaux sociaux, nombre sont attirés par les messages de « ceux qui sont partis ». Pour le sociologue Bano Barry, les arrivées de Guinéens à Briançon sont le résultat d’un « appel d’air, un mimétisme ». « Les candidats au départ à Conakry savent que d’autres sont passés par là, qu’ils pourront s’appuyer sur quelqu’un qui pourra leur servir de guide ».

      Mais le drame, « c’est que les images de leurs difficultés en France ne sont jamais véhiculées ». Et même si certains confient leur galère, les candidats au départ les accusent de ne pas vouloir partager leur « réussite »...

      M. Barry cite le cas d’un de ses anciens étudiants. « Il ne le dira jamais à ses proches, pour ne pas être humilié ; je l’ai revu dans la famille qui l’héberge à Paris : sa chambre, c’est un matelas dans un placard à manteaux ».

      Ibrahim, migrant guinéen de 22 ans, veut dire aux parents « de ne pas encourager leurs enfants à venir ici ». Le destin a été cruel : il a fait une chute de 40 mètres au col de l’Echelle en août 2017, après avoir pris peur en voyant des gendarmes. Hémiplégique, le corps et la parole martyrisés, Ibrahim arpente avec un déambulateur un centre médical de Briançon. « Ce voyage, cette montagne, c’est trop dangereux ».


      http://www.liberation.fr/planete/2018/03/07/pour-les-jeunes-perdus-de-guinee-et-cote-d-ivoire-des-mois-d-odyssee-jusq

    • Bardonecchia, le Lampedusa de la montagne

      Dans les Alpes italiennes, Bardonecchia, à quelques kilomètres de la frontière, devient un nouveau point de passage pour les migrants qui veulent entrer en France. Ils ont bravé les traversées d’un désert et de la Méditerranée, alors le franchissement d’un col ne les effraie pas. Julie Pietri rentre de Bardonecchia.

      https://www.franceinter.fr/emissions/profession-reporter/profession-reporter-25-fevrier-2018

    • Migrants : les maraudeurs sauvent une maman enceinte dans la tourmente du Montgenèvre. Le petit garçon voit le jour à l’hôpital de Briançon

      La situation déjà compliquée devient intenable pour ne pas dire insoutenable à la frontière franco-italienne des Hautes-Alpes et ce, quel que soit le point de vue que l’on puisse avoir sur le problème des migrants. C’est en tout cas ce qui apparaît selon ce témoignage que nous avons reçu sachant que les autorités auront à priori une version différente des faits.

      Ce samedi soir, les maraudeurs sont comme presque tous les soirs au pied des pistes de la station près de la douane. C’est la que chaque nuit les migrants essayent de passer la frontière. C’est alors que les bénévoles du Refuge Solidaire tombent sur une famille : le père, la mère et deux enfants de 2 et 4 ans en pleine tourmente. Ils apprennent alors que la maman est enceinte de 8 mois et demi et décident de l’évacuer tout de suite sur l’hôpital de Briançon.

      Ils tombent alors sur un contrôle des douanes à la Vachette mis en place pour arrêter les passeurs comme une trentaine l’ont été en 2017. Mais la maman va accoucher. Après discussion, ce sont les pompiers qui viennent évacuer la maman vers l’hôpital de Briançon et le reste de la famille est ramené en Italie.

      Quelques heures plus tard, la maman donne naissance à un petit garçon et, selon les bénévoles, c’est sur l’insistance du corps médical que les policiers vont rechercher la famille en Italie qui est finalement réunie en pleine nuit à Briançon. Du côté des autorités, on précise que le reste de la famille n’a pas fait l’objet d’une reconduite à la frontière.

      Un témoignage bouleversant et glaçant comme l’écrit Joël Pruvost qui l’a adressé.

      Ce dernier invite à un rassemblement ce mercredi à 9h devant la PAF de Montgenèvre pour soutenir le bénévole convoqué par la Police.

      Le témoignage :

      Pour ou contre les migrants, c’est inhumain ce qu’il arrive à la frontière.

      Témoignage glaçant, on atteint le sommet de l’abjection au col de Montgenèvre
      Une maraude ordinaire comme il s’en passe tous les jours depuis le début
      de l’hiver.
      Au pied de l’obélisque, une famille de réfugiés marche dans le froid. La
      mère est enceinte. Elle est accompagnée de son mari et de ses deux enfants
      (2 et 4 ans). Ils viennent tout juste de traverser la frontière, les
      valises dans une main, les enfants dans l’autre, à travers la tempête.
      Nous sommes 2 maraudeurs à les trouver, à les trouver là, désemparés,
      frigorifiés. La mère est complètement sous le choc, épuisée, elle ne peut
      plus mettre un pied devant l’autre. Nos thermos de thé chaud et nos
      couvertures ne suffisent en rien à faire face à la situation de détresse
      dans laquelle ils se trouvent. En discutant, on apprend que la maman est
      enceinte de 8 mois et demi. C’est l’alarme, je décide de prendre notre
      véhicule pour l’ emmener au plus vite à l’hôpital. Dans la voiture, tout
      se déclenche. Arrivés au niveau de la Vachette(à 4 km de Briançon), elle se
      tord dans tous les sens sur le siège avant. Les contractions sont bien là…
      c’est l’urgence. J’accélère à tout berzingue. C’est la panique à bord.
      Lancé à 90 km/h, j’arrive à l’entrée de Briançon...et là, barrage de
      douane.
      Il est 22h. « Bon sang, c’est pas possible, merde les flics ! ». Herse
      au milieu de la route, ils sont une dizaine à nous arrêter. Commence
      alors un long contrôle de police. "Qu’est ce que vous faites là ? Qui
      sont les gens dans la voiture ? Présentez-nous vos papiers ? Ou est-ce
      que vous avez trouvé ces migrants ? Vous savez qu’ils sont en situation
      irrégulière !? Vous êtes en infraction !!!"… Un truc devenu habituel
      dans le Briançonnais. Je les presse de me laisser l’emmener à l’hôpital
      dans l’urgence la plus totale. Refus ! Une douanière me lance tout
      d’abord « Comment vous savez qu’elle est enceinte de 8 mois et demi ? »
      puis elle me stipule que je n’ai jamais accouché, et que par conséquence
      je suis incapable de juger l’urgence ou non de la situation. Cela
      m’exaspère, je lui rétorque que je suis pisteur secouriste et que je
      suis à même d’évaluer une situation d’urgence. Rien à faire, la voiture
      ne redécollera pas. Ils finissent par appeler les pompiers. Ces derniers
      mettent plus d’une heure à arriver. On est à 500 mètres de l’hôpital. La
      maman continue de se tordre sur le siège passager, les enfants pleurent
      sur la banquette arrière. J’en peux plus. Un situation absurde de plus.
      Il est 23h passées, les pompiers sont là... ils emmènent après plus d’une
      heure de supplice la maman à l’hosto. Les enfants, le père et moi-même
      sommes conduits au poste de police de Briançon à quelques centaines de
      mètres de là. Fouille du véhicule, de mes affaires personnelles, contrôle
      de mon identité, questions diverses et variées, on me remet une
      convocation pour mercredi prochain à la PAF de Montgenèvre. C’est à ce
      moment-là qu’on m’explique que les douaniers étaient là pour arrêter des
      passeurs. Le père et les deux petits sont quant à eux expulsés vers
      l’Italie. Pendant ce temps-là , le premier bébé des maraudes vient de
      naître à Briançon. C’est un petit garçon, né par césarienne. Séparé de
      son père et de ses frères, l’hôpital somme la PAF de les faire revenir
      pour être au côté de la maman. Les flics finissent par obtempérer. Dans
      la nuit, la famille est à nouveau réunie.

      La capacité des douaniers à évaluer une situation de détresse nous
      laisse perplexe et confirme l’incapacité de l’État à comprendre le drame
      qui se trame à nos maudites frontières.
      Quandtà nous, cela nous renforce dans la légitimité et la nécessité de
      continuer à marauder... toutes les nuits.*

      Rendez-vous mercredi 14 mars à 9h à la PAF de Montgenèvre pour soutenir le
      camarade maraudeur convoqué.

      Pas un jour en tout cas ou presque sans qu’on ne frôle le drame à la frontière franco-italienne. Ce vendredi, un migrant a été sauvé par les secouristes en montagne alors qu’il tentait en plein hiver de rejoindre la France par le col de l’Echelle pourtant énormément enneigé.

      Et c’est le moment que choisit le Front National pour s’insurger et cibler Aurélie Poyau, conseillère départementale et adjointe au maire de Briançon.

      Le responsable départemental l’accuse d’avoir volontairement fait passer des migrants (le communiqué du FN ci dessous).

      Par ailleurs, une manifestation aura lieu mardi au sujet du centre d’hébergement de Veynes (communiqué ci-dessous).

      Le communiqué de Patrick Deroin du FN

      Ce jeudi, à Montgenèvre, deux militants du Front National distribuaient des tracts, dénonçant les méfaits de l’immigration massive pour les Français.

      S’apercevant de cela, une voiture s’arrête, deux personnes hystériques en sortent, abreuvant d’injures nos militants surpris par un déferlement si soudain de haine. Le conducteur, un homme, s’avance menaçant, alors que la femme exhibe une carte, qu’elle brandit comme un laissez-passer supposé la mettre au-dessus des lois. Qu’elle n’est pas la surprise d’y découvrir le nom d’Aurélie Poyau, maire adjointe de Briançon et conseillère départementale représentant La France Insoumise. Elle ajoute qu’elle a aidé 4 migrants à franchir la frontière dans la nuit du 7 au 8 mars ; par le col de Montgenèvre.

      Madame Poyau, à l’instar des élus de son parti, ne peut supporter que l’on puisse ne pas penser comme elle et voudrait interdire à ses adversaires le simple droit de s’exprimer. Les médias commencent à relever les dérives mélenchonistes nationales, on ne s’attendait pas à voir ses affidés pratiquer la même terreur intellectuelle dans notre département.

      Messieurs Jean-Marie Bernard et Gérard Fromm vont être informés des agissements de leur élue.

      Le communiqué relatif au centre de Veynes

      Depuis le 9 septembre 2017, le Centre d’Hébergement d’Urgence de Mineurs exilés (CHUM) de Veynes a accueilli plus d’une centaine de jeunes arrivant de la frontière italienne, car ni le Conseil Départemental ni l’État n’ont eu la volonté de mettre en place des dispositifs d’hébergement suffisants, pourtant de leur responsabilité ! Face à ces lamentables moyens institutionnels, ce lieu occupé et autogéré veut montrer qu’un accueil digne et réactif est possible.

      Le 13 mars aura lieu à Gap, le procès d’expulsion du CHUM : ce lieu autogéré, organisé par des gens qui demandent à minima que les institutions respectent la loi, et qui proposent beaucoup mieux qu’elles. Ce procès, c’est la seule réponse officielle de l’État face à nos dénonciations, et l’on voit que pour protéger ses remparts, le rouage est huilé : huissiers, traitement des demandes d’expulsion, dans ce sens cela fonctionne bien ! Fait de bric et de broc, le CHUM est un lieu de vie, de passage, d’échange, d’entraide qui répond à l’urgence constante et à un besoin criant d’humanité.

      Au quotidien, écœuré par cette triste politique, le CHUM est rythmé de récups, de dons, de permanences médicales, d’accompagnements juridiques, de moments de partage, de visites prévues ou spontanées qui font du bien. Il continue à vivre, malgré nos grosses cernes qui nous empêchent d’oublier cette triste réalité.

      MOBILISONS NOUS POUR DÉFENDRE CE LIEU D’ACCUEIL SOLIDAIRE ET CONTINUONS À DÉNONCER LA POLITIQUE ANTI-MIGRATOIRE DE L’ÉTAT FRANÇAIS !!!!

      RDV le 13 mars 9h30 devant le tribunal de Gap pour un petit déjeuner déterminé, avant le début du procès d’expulsion prévu à 10h30
      Prises de paroles et discussions autour de la sale politique d’accueil des exilé-e-s par l’État français. Focus particulier sur les très difficiles prises en charge des soins et de la scolarisation des mineurs exilés dans les Hautes-Alpes
      Et à midi : cantine collective devant le parvis du Conseil Départemental pour lui rappeler ses obligations d’accueil digne des mineurs exilés

      Les élections législatives en Italie dimanche dernier et la montée du populisme ont relancé le débat sur les migrants dont le passage en Italie serait à l’origine

      de la montée des populismes. Dans notre région, l’afflux de migrants s’est un peu ralenti à la faveur de l’hiver et de la fermeture du col de l’Echelle.

      Pour autant, quasiment chaque nuit, certains essayent toujours de rejoindre la France via le col puis les pistes de Montgenèvre. Ce sont des passeurs mal intentionnés qui leur proposent cette solution en gare de Turin non sans les délester de leur argent. Comble de tout, ils donnent, pour contact en France, le numéro des bénévoles de Briançon qui ne sont là que pour éviter des drames. Résultat, Elie, l’un d’entre eux, a décidé comme beaucoup d’autres de ne plus répondre au téléphone pour ne pas faire le jeu des passeurs. ils continuent cependant bien sûr à porter secours et à accueillir ceux qui sont passés au refuge solidaire à Briançon.

      Regardez ce reportage édifiant de Paul Gypteau de l’AFP.

      Retour en arrière :

      On a de nouveau frôlé le drame cet hier dans la vallée de la Clarée. Un migrant a failli perdre la vie alors qu’il essayait de franchir la frontière franco-italienne malgré l’épaisse couche de neige et au moment même ou plus de 300 personnes réalisaient une cordée symbolique pour démontrer leur solidarité avec les migrants et mettre en valeur l’engagement de dizaines de bénévoles qui vont secourir ou qui accueillent chez eux ces migrants qui prennent des risques énormes en tentant de passer la frontière en plein hiver. Preuve, s’il le fallait, de l’utilité de ces maraudes et de cette assistance des montagnards auprès des migrants : au moment même où se déroulait cette "cordée" , l’un des accompagnateurs est intervenu en urgence ce dimanche sur le versant nord du col de l’Echelle. Il a littéralement sauvé la vie à Moussa, Guinéen de 22 ans, un migrant qui était en détresse, gelé et à bout de forces alors qu’il essayait de passer le col en pleine neige et dans des températures glaciales comme on les connaît en ce moment. Ce sont les secouristes du PGHM qui sont ensuite intervenus pour héliporter Moussa sur l’hôpital de Briançon.

      Une vie de plus sauvée par les montagnards et les secouristes mais qui fait suite à des accidents devenus presque quotidiens : pieds ou mains gelés, hypothermie ou plus grave comme on l’a vu les pieds amputés comme ceux de Mamadou ou des accidents graves comme ce migrant toujours paralysé après avoir sauté dans le vide au col de l’Échelle par peur des gendarmes au mois d’août dernier.

      Au moment même de ce sauvetage, plus de 300 personnes s’étaient retrouvées comme prévu à Névache, sur le chemin du col de l’Échelle, pour former des cordées solidaires avec les migrants, et s’étaient engagées dans la neige sur le chemin du col, encadrées par des professionnels de la montagne. Au-delà de l’esprit de solidarité des montagnards, il s’agissait plus largement de célébrer la journée internationale des migrants.

      Les images de l’intervention :

      En savoir plus sur https://www.dici.fr/actu/2018/03/11/migrants-maraudeurs-sauvent-une-maman-enceinte-tourmente-montgenevre-petit-garc

      https://www.dici.fr/sites/dici.fr/files/styles/homepage_une_big/public/2018/03/11/1116445-capturedecran2017-12-18a082756.png?itok=FD2UCW_B

      https://www.dici.fr/actu/2018/03/11/migrants-maraudeurs-sauvent-une-maman-enceinte-tourmente-montgenevre-petit-garc

      Avec ce commentaire de Olivier Clochard via la newsletter de Migreurop :

      À Briançon (France), à la frontière franco-italienne, des bénévoles du Refuge Solidaire sauvent une famille dont la maman est sur le point d’accoucher. Mais quelques instants plus tard, la douane et la PAF séparent la famille avant que l’hôpital somme la PAF de les réunir.
      Ainsi des agents des autorités françaises se plaisent à faire subir de véritables supplices à des personnes étrangères, il faut que ces personnes répondent de leurs actes ainsi que celles et ceux qui les ordonnent.

    • Sauvetage d’une migrante enceinte dans les Alpes : « Si on n’avait pas été là, la maman et son bébé seraient morts »

      #Benoît_Ducos est pisteur-secouriste en montagne et bénévole au Refuge solidaire. Depuis décembre, il participe à des maraudes pour sauver les migrants qui franchissent la frontière franco-italienne dans les massifs des Alpes malgré la neige et le froid. Il a raconté à InfoMigrants le sauvetage d’une jeune femme enceinte de 8 mois et demi et de sa famille.

      http://www.infomigrants.net/fr/post/8027/sauvetage-d-une-migrante-enceinte-dans-les-alpes-si-on-n-avait-pas-ete

    • Tiré de l’article ci-dessus :

      Pendant que la dame était à l’hôpital, le père et les enfants ont été renvoyés en Italie. Sommée par l’hôpital de les faire revenir pour être auprès de la jeune mère, la PAF a obtempéré. Ils ont alors été placés par le 115 à Gap, à plus de 100 kilomètres de Briançon. Ça non plus, ce n’est pas très humain."

      Ben voyons ! À 100 km de sa femme qui est toute seule à la maternité. Comme si tout le reste ne suffisait pas.

    • Conférence : Migrations dans les Hautes-Alpes

      Une conférence de #Sarah_Mekdjian qui répond à la question, comment on en est arrivé là ?


      –-> Sarah : « la frontière est bien plus complexe et bien plus épaisse que la ligne ! Pour ce camarade afghan la frontière a commencé en Afghanistan et elle se poursuit aujourd’hui dans la ville de Grenoble. »

      http://lalongueurdelachaine.org/conference-migrations-dans-les-hautes-alpes

    • Briancon : à la frontière franco italienne, les douaniers contrôlent même les naissances

      Le Gisti reproduit ci-dessous le récit, édifiant, d’un maraudeur Briançonnais racontant comment une opération de secours à une femme sur le point d’accoucher et frigorifiée a été interrompue pendant plusieurs heures par les douanes. Ou comment, les services douaniers font primer l’obsession du contrôle des frontières sur les réflexes humanitaires les plus élémentaires.

      La situation décrite n’a rien d’inédit. Depuis des mois, les contrôles policiers à la frontière franco-italienne et particulièrement dans le Briançonnais sont menés en violation des droits fondamentaux des personnes. Lors d’une mission sur place et d’entretiens avec les citoyens solidaires des migrants, le Gisti a constaté une banalisation des pratiques illégales mettant en danger les exilé.e.s qui tentent de passer les cols au péril de leur vie.

      Le Gisti réaffirme son soutien aux exilé.e.s et aux militants engagés à leur côté à Briançon et tout au long de la frontière italienne. Il s’attachera à dénoncer les pratiques qui font primer le contrôle des frontières sur l’obligation de porter secours aux personnes en danger.
      14 mars 2018

      Une maraude ordinaire comme il s’en passe tous les jours depuis le début de l’hiver.

      Au pied de l’obélisque, une famille de réfugiés marche dans le froid. La mère est enceinte. Elle est accompagnée de son mari et de ses deux enfants (2 et 4 ans). Ils viennent tout juste de traverser la frontière, les valises dans une main, les enfants dans l’autre, à travers la tempête.

      Nous sommes 2 maraudeurs à les trouver, à les trouver là, désemparés, frigorifiés. La mère est complètement sous le choc, épuisée, elle ne peut plus mettre un pied devant l’autre. Nos thermos de thé chaud et nos couvertures ne suffisent en rien à faire face à la situation de détresse dans laquelle ils se trouvent. En discutant, on apprend que la maman est enceinte de 8 mois et demi. C’est l’alarme, je décide de prendre notre véhicule pour l’ emmener au plus vite à l’hôpital. Dans la voiture, tout se déclenche. Arrivés au niveau de la Vachette (à 4km de Briançon), elle se tord dans tous les sens sur le siège avant. Les contractions sont bien là… c’est l’urgence. J’accélère à tout berzingue. C’est la panique à bord.

      Lancé à 90 km/h, j’ arrive à l’entrée de Briançon... et là, barrage de douane. Il est 22h. « Bon sang, c’est pas possible, merde les flics ! ». Herse au milieu de la route, ils sont une dizaine à nous arrêter. Commence alors un long contrôle de police. « Qu’est ce que vous faites là ? Qui sont les gens dans la voiture ? Présentez nous vos papiers ? Ou est ce que vous avez trouvé ces migrants ? Vous savez qu’ils sont en situation irrégulière !? Vous êtes en infraction !!! »… Un truc devenu habituel dans le briançonnais. Je les presse de me laisser l’emmener à l’hôpital dans l’urgence la plus totale. Refus !

      Une douanière me lance tout d’abord « comment vous savez qu’elle est enceinte de 8 mois et demi ? » puis elle me stipule que je n’ai jamais accouché, et que par conséquence je suis incapable de juger l’urgence ou non de la situation. Cela m’exaspère, je lui rétorque que je suis pisteur secouriste et que je suis à même d’évaluer une situation d’urgence. Rien à faire, la voiture ne redécollera pas. Ils finissent par appeler les pompiers. Ces derniers mettent plus d’une heure à arriver. On est à 500 mètres de l’hôpital. La maman continue de se tordre sur le siège passager, les enfants pleurent sur la banquette arrière. J’en peux plus. Une situation absurde de plus.

      Il est 23h passés, les pompiers sont là...ils emmènent après plus d’une heure de supplice la maman à l’hosto. Les enfants, le père et moi-même sommes conduits au poste de police de Briançon à quelques centaines de mètres de là. Fouille du véhicule, de mes affaires personnelles, contrôle de mon identité, questions diverses et variés, on me remet une convocation pour mercredi prochain à la PAF de Montgenèvre. C’est à ce moment-là qu’on m’explique que les douaniers étaient-là pour arrêter des passeurs. Le père et les deux petits sont quant à eux expulsés vers l’Italie. Pendant ce temps-là , le premier bébé des maraudes vient de naître à Briançon. C’est un petit garçon, naît par césarienne. Séparé de son père et de ses frères, l’hôpital somme la PAF de les faire revenir pour être au côté de la maman. Les flics finissent par obtempérer. Dans la nuit, la famille est à nouveau réunit.

      La capacité des douaniers à évaluer une situation de détresse nous laisse perplexe et confirme l’incapacité de l’État à comprendre le drame qui se trame à nos maudites frontières.

      Quand à nous, cela nous renforce dans la légitimité et la nécessité de continuer à marauder... toutes les nuits.

      http://www.gisti.org/spip.php?article5878

    • Et celui ci aussi :

      Convoqué par la police après avoir sauvé du froid une femme enceinte et deux enfants
      Basta, le 13 mars 2018
      https://seenthis.net/messages/676118

      Tout ceci rappelle ce qu’on voit dans le documentaire d’Arte que j’ai enfin eu le temps de regarder, et qui n’est vraiment pas mal. Je suppose d’ailleurs que ce sont les mêmes « acteurs » :

      Secourir les migrants sur la route des Alpes
      ARTE Regards, le 5 mars 2018
      https://www.arte.tv/fr/videos/079473-004-A/arte-regards

    • Convoqué par la police après avoir sauvé du froid une femme enceinte et deux enfants

      Le week-end dernier, lors d’une maraude dans les Alpes, à la recherche de migrants perdus dans le froid de l’hiver, un citoyen a secouru une famille transie et épuisée. Il a donné aux deux jeunes enfants de 2 et 4 ans et à leurs parents de quoi se réchauffer. Puis, comprenant que la femme est enceinte de 8 mois et demi, il décide de l’emmener à l’hôpital. Arrêté en chemin par les douaniers, il se voit reprocher de transporter des personnes en situation irrégulières et il est sommé de se présenter à la Police aux frontières le mercredi 14 mars à 9h. Un rassemblement de soutien aura lieu ce même jour. Témoignage.

      https://www.bastamag.net/Convoque-par-la-Police-apres-avoir-sauve-du-froid-une-femme-enceinte-et-de

    • Respinta confine incinta, muore migrante

      Incinta di poche settimane e con un grave linfoma, è stata respinta alla frontiera di Bardonecchia dalle autorità francesi e, dopo il parto cesareo, è morta all’ospedale Sant’Anna di Torino. B.S., nigeriana di 31 anni, era stata soccorsa dai volontari di Rainbow4Africa. «Le autorità francesi sembrano avere dimenticato l’umanità», dice all’ANSA Paolo Narcisi, presidente dell’associazione che da dicembre ha aiutato un migliaio di migranti. La nascita del bimbo, appena 700 grammi, è stata un miracolo dei medici del Sant’Anna ed è gara di solidarietà per aiutarlo.
      Secondo Narcisi, respingere alla frontiera una donna incinta e malata «è un atto grave che va contro tutte le convenzioni internazionali e al buon senso come criminalizzare chi soccorre». E’ dei giorni scorsi la notizia di una guida alpina francese che rischia una condanna fino a cinque per avere soccorso una migrante incinta.

      http://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2018/03/23/respinta-confine-incinta-muore-migrante_486c0338-4600-4d9c-9325-521e8094817f.ht

    • Destinity stava cercando di raggiungere la Francia perché era malata, sapeva che forse non ce l’avrebbe fatta e voleva che il suo bambino avesse qualcuno accanto dopo al nascita. Con lei, la notte del 9 febbraio quando, al settimo mese di gravidanza, ha tentato la traversata del Colle della Scala c’era il marito, nigeriano anche lui, richiedente asilo. La gendarmeria francese li ha intercettati e riportati in Italia. «Li hanno lasciati davanti alla saletta di Bardonecchia senza nemmeno bussare alla dottaressa che era di turno all’interno», racconta Paolo Narcisi, presidente dell’associazione Rainbow4 Africa che dall’inizio dell’inverno ha assistito almeno un migliaio di migranti a Bardonecchia.

      #gendarmerie #non_assistance_à_personne_en_danger #homicide_involontaire #impunité

    • Clavières (05) : Communiqué-invitation du squat de l’église de Clavières

      Les passages clandestins d’exilé·es sont de plus en plus difficiles au col de Montgenèvre, près de Briançon : les migrant·e·s venant d’Italie arrivent plus nombreu·ses que cet hiver, et ne peuvent passer rapidement la frontière française. Jeudi soir, onze d’entre elleux, dont quatre femmes et trois enfants, ont passé la nuit dans la salle paroissiale, sous l’église de Clavières, située à deux kilomètres de la frontière française.

      Illes ont été rejoint par une quarantaine d’autres vendredi, et une quinzaine samedi, ce qui aurait pu créer une situation humanitaire dramatique. Environ vingt personnes vivant des deux côtés des Alpes les soutiennent, sans appartenir aux associations d’aide aux migrant·e·s habituelles qui ont été beaucoup citées par les médias à propos de Briançon depuis décembre. Une vingtaine d’exilé·es ont décidé de passer en France à pied dans la journée, par leurs propres moyens.

      L’État italien, resté passif cet hiver, a envoyé la police antiémeute contrôler ces passages en fin d’après-midi.

      Deuxième communiqué de Chez Jésus

      Vous recevez ce communiqué en raison de la situation préoccupante sur la frontière briançonnaise.

      Depuis jeudi, nous occupons une salle à l’église de Clavières. À la frontière la situation s’est complexifiée ces dernières semaines. Le flux de personnes arrivant à la frontière est toujours plus important et les actions de solidarité mises en œuvre ces derniers mois ne sont plus suffisantes. Pour cela, nous ressentons encore plus le besoin de soulever le réel problème qu’est la frontière. Nous avons aussi occupé ces locaux de l’église car la nécessité d’avoir des temps et des espaces pour s’organiser et parler avec les personnes, arrivant chaque jour par dizaines pour traverser cette frontière, se fait de plus en plus sentir.

      Dans le même temps, cette occupation ne veut pas invoquer une intervention des pouvoirs publics qui pourraient nous donner une réponse partielle d’accueil que la plupart de ces personnes fuient.

      Nous préférons nous organiser en auto-gestion. Nous ne voulons pas « gérer » des personnes. Au contraire, nous voulons chercher la complicité avec celles et ceux qui se battent pour leur propre liberté de mouvement, à l’inverse du système d’accueil que nous connaissons qui ne fait rien d’autre que de légitimer le dispositif au frontière.

      Nous vous invitons toutes et tous à nous rejoindre pour un repas partagé. Rendez-vous demain dimanche 25 mars chez Jésus (sous l’église de Clavières) à partir de midi.

      C’est cool si vous pouvez apportez votre repas, des couvertures, des gants, des écharpes, etc.

      [Publié le 25 mars 2018 sur Indymedia Grenoble : https://grenoble.indymedia.org/2018-03-25-Communique-invitation-de-squat-de]


      https://fr.squat.net/2018/03/25/clavieres-05-communique-invitation-du-squat-de-leglise-de-clavieres

    • Emotion après la mort d’une migrante enceinte en Italie

      #Beauty, 31 ans, est morte la semaine dernière dans un hôpital de Turin. Son bébé, né par césarienne juste avant, est un grand prématuré mais se porte plutôt bien selon les médecins.

      La jeune femme et son mari vivaient près de Naples. Quand Beauty a réalisé qu’elle souffrait d’un lymphome, elle a souhaité finir sa grossesse auprès de sa sœur en France, mais les gendarmes français ont bloqué le couple à la frontière le 9 février.

      https://www.voaafrique.com/a/emotion--apres-la-mort-d-une-migrante-enceinte-en-italie/4314540.html

    • Torino, migrante incinta respinta alla frontiera di Bardonecchia muore dopo il parto. Salvo il bimbo: pesa 700 grammi

      La donna, 31 anni, era affetta anche da un grave linfoma. Ong: «Francesi hanno dimenticato l’umanità». Gara di solidarietà per salvare il bambino, ricoverato nella Terapia Neonatale del Sant’Anna

      È stata respinta alla frontiera di Bardonecchia, nonostante fosse incinta di poche settimane e affetta da un grave linfoma. I militari francesi non le hanno permesso di entrare in Francia e lei, una migrante nigeriana di 31 anni, soccorsa dai volontari di Rainbow4Africa, è morta all’ospedale Sant’Anna di Torino dopo il parto cesareo.

      “Le autorità francesi sembrano avere dimenticato l’umanità“, dice Paolo Narcisi, presidente dell’associazione che da dicembre ha aiutato un migliaio di migranti. Salvo il suo bimbo, che al momento della nascita pesava 700 grammi. Il fatto che sia in vita è considerato “un miracolo” dai medici.

      La nigeriana è stata ricoverata un mese a Torino, seguita dall’Ostetricia e Ginecologia diretta dalla professoressa Tullia Todros e dall’ematologia ospedaliera delle Molinette diretta dal dottor Umberto Vitolo. È stata tenuta in vita il più possibile, per consentirle di portare avanti la gravidanza. Il neonato è ora ricoverato nella Terapia Neonatale del Sant’Anna, diretta dalla professoressa Enrica Bertino, assistito dal padre, anche lui respinto alla frontiera.

      “I corrieri trattano meglio i loro pacchi”, continua Narcisi, secondo cui respingere alla frontiera una donna incinta e malata “è un atto grave – dice ai microfoni del Tg3 – che va contro tutte le convenzioni internazionali e al buon senso, proprio come criminalizzare chi soccorre”.

      La notizia si aggiunge a quella della guida alpina francese che rischia una condanna fino a cinque per avere soccorso un’altra migrante incinta. “Tutto questo è indice di una paura strisciante, ma non bisogna avere paura”, aggiunge il presidente di Rainbow4Africa, che ha lanciato la campagna Facebook ‘Soccorrere non è un crimine’.

      https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/03/23/torino-migrante-incinta-respinta-alla-frontiera-di-bardonecchia-muore-dopo-il-parto-salvo-il-bimbo-pesa-700-grammi/4247449

    • Une enquête ouverte après la mort d’une migrante enceinte et malade reconduite à la frontière

      Beauty, 31 ans, a tenté en vain de gagner la France avec son mari, mais les gendarmes ont bloqué le couple à la frontière. Elle est morte dans un hôpital de Turin, après avoir accouché.
      Une migrante nigériane, enceinte et malade, qui avait tenté en vain de gagner la France avec son mari est morte la semaine dernière dans un hôpital de Turin. Son bébé, né par césarienne juste avant, est un grand prématuré mais se porte plutôt bien selon les médecins. Une information judiciaire a été ouverte à Turin samedi.
      La jeune femme, prénommée Beauty, et son mari vivaient près de Naples. Quand Beauty a réalisé qu’elle souffrait d’un lymphome, elle a souhaité finir sa grossesse auprès de sa sœur en France, mais les gendarmes français ont bloqué le couple à la frontière le 9 février. Alors que Beauty était enceinte de 6 mois et peinait à respirer à cause du lymphome, les gendarmes l’ont juste déposée en pleine nuit devant la gare de Bardonecchia, selon l’association Rainbow4Africa. « Les courriers traitent mieux leurs paquets », a dénoncé Paolo Narcisi, un responsable de cette association qui participe à l’aide aux migrants du côté italien des Alpes.

      Le mari a ensuite précisé à des médias italiens que c’est lui qui avait été bloqué à la frontière, et que Beauty, autorisée à entrer en France, avait choisi de rester avec lui. Hospitalisée à Rivoli, au pied du Val du Suze, puis dans un service spécialisé à Turin, elle n’a survécu que quelques semaines. Son bébé Israël, né le 15 mars à 29 semaines de grossesse, pesait alors 700 grammes. En une semaine, passée essentiellement sur le ventre de son père, il a atteint près de 1 kg, selon les services médicaux.

      L’histoire est largement reprise dans les médias italiens, qui rappellent les déboires en France d’un bénévole convoqué après avoir porté assistance à une famille nigériane, dont une femme enceinte. Selon ce bénévole, Benoît Ducos, les douaniers français ont tardé à appeler les pompiers pour aider la femme et ont aussi envisagé un temps de renvoyer le père et deux enfants de 2 et 5 ans en Italie.

      http://www.liberation.fr/planete/2018/03/25/une-enquete-ouverte-apres-la-mort-d-une-migrante-enceinte-et-malade-recon

    • CHEZ JESUS

      da giovedì abbiamo occupato alcuni spazi pertinenti alla chiesa di Claviere.
      Alla frontiera la situazione in queste ultime settimane si è complicata. Il flusso di persone che arriva al confine è sempre più forte e le pratiche di solidarietà diretta messe in atto in questi mesi non sono più sufficienti. Per questo sentiamo sempre di più la volontà di sollevare il vero problema, che è la frontiera, con forza maggiore.
      Abbiamo occupato i locali sottostanti la chiesa anche perché si è resa sempre più evidente la necessità di avere tempi e spazi per organizzarci e parlare con le persone che a decine ormai ogni giorno cercano di attraversare questo confine.
      Al tempo stesso questa occupazione non vuole invocare un intervento da parte delle istituzioni che potrebbero darci una risposta con la solita impalcatura dell’accoglienza dalla quale la maggior parte delle persone con cui ci stiamo confrontando fugge.
      Preferiamo organizzarci in modo autogestito. Noi non vogliamo “gestire” delle persone; al contrario del sistema di accoglienza che conosciamo, che non fa altro che legittimare il dispositivo frontiera, vogliamo cercare complicità con chi si batte in prima persona per la propria libertà di movimento.

      Invitiamo tutt* i/le solidali a raggiungerci per un pranzo condiviso.
      Appuntamento domani, domenica 25 marzo, Chez Jesus (sotto la chiesa di Claviere) da mezzogiorno.
      Graditi cibo (già pronto), coperte, scarponi, indumenti caldi (guanti e sciarpe etc).


      Vu sur FB, le 25.03.2018 :
      https://www.facebook.com/briserlesfeontieres/photos/a.1522408807851238.1073741828.1522389147853204/1635042483254536/?type=3&theater

    • Migranti, l’irruzione a Bardonecchia diventa un caso politico. «Non siamo la toilette di Macron». Farnesina chiede spiegazioni

      Il ministero degli Esteri invia una richiesta formale a governo francese e all’Ambasciata di Francia. Tutte le forze politiche chjiedono un intervento del governo con Parigi.
      Dal Pd a Fratelli d’Italia l’irruzione degli agenti francesi nel centro migranti di Bardonecchia suscita sdegno e rabbia e assume sempre di più le caratteristiche di un incidente internazionale. La Farnesina fa sapere di aver chiesto «spiegazioni al governo francese e all’Ambasciata di Francia in Italia, attendiamo risposte chiare prima di intraprendere qualsiasi eventuale azione». Intanto i volontari i
      Rainbow4Africa , dopo l’irruzione degli agenti della Dogana francese nei loro locali di Bardonecchia, dicono:. «Adesso è il momento di tornare a fare il nostro lavoro di medici, infermieri, mediatori, avvocati»


      https://www.youtube.com/watch?v=4Jv1pmMN7BI

      http://torino.repubblica.it/cronaca/2018/03/31/news/coro_di_proteste_contro_l_irruzione_dei_francesi_non_siamo_la_toil

    • Bardonecchia – L’Italia si è ristretta

      Sono tanti i punti di domanda, resta il fatto che le frontiere italiane non pare si siano ristrette.

      Appurato che la polizia francese, agenti della dogana per la precisione, è arrivata armata fino a Bardonecchia e che avrebbe potuto farlo solo previo accordo dei colleghi italiani. Appurato che le forze dell’ordine italiane sia alla frontiera francese sia a quella austriaca hanno già lamentato invasioni di campo.

      Appurato che abbiamo visto quanto siano state collaborative le autorità francesi sulla questione dei migranti a Ventimiglia e che gli europei in generale hanno lasciato la nostra penisola arrangiarsi. Tutto ciò appurato sarebbe interessante sapere chi ha dato l’ordine di spingersi sino alla stazione di Bardonecchia e se hanno avvisato il commissariato del posto. Se ciò non è stato fatto significa che l’Italia lascia entrare uomini armati nel proprio territorio come se nulla fosse?

      Se il commissariato di Bardonecchia è stato avvisato, la polizia francese poteva entrare in territorio italiano armata. Ma il blitz dei francesi che hanno fatto irruzione in una saletta della stazione di Bardonecchia, dove opera la Ong Rainbow 4 Africa, per un’operazione “antidroga” su un nigeriano intimandogli di urinare per un controllo rivelatosi negativo pare che non fosse autorizzato. Restiamo nel condizionale. Se la polizia francese ha agito senza autorizzazione per quale ragione non è stata posta in stato di fermo? Vogliamo dire che l’Italia è tenuta in così “alta” considerazione che ognuno fa quel che vuole sul nostro territorio? L’estate scorsa gli austriaci avevano messo i blindati alla frontiera del Brennero per poi tirarli indietro di 800 metri. Forse si sono accorti che eravamo ad un pelo dalla dichiarazione di guerra? L’unica a non accorgersene è stata l’Italia?

      Le forze dell’ordine straniere vanno e vengono dal nostro territorio? Le operazioni si fanno in comune e semmai nel quadro dell’antiterrorismo. Ha qualcosa di surreale questa ricerca del nigeriano drogato…

      I media francesi tacciono, ad eccezione di FranceInfo che riporta che l’Italia sostiene… Non “sostiene” nulla. I fatti sono quelli.

      In attesa di sapere, se mai si saprà, chi ha avuto la felice idea di dare l’ordine ai poliziotti francesi di fare irruzione a 20 chilometri da Modane, perché si spera che non fossero in gita oltrefrontiera, e perché le autorità italiane non li abbiano fermati, cerchiamo di non fare ulteriori figuracce e di imporre all’Europa un atteggiamento molto ma molto più rispettoso nei confronti degli Stati membri in materia di migranti e di smetterla di vederci come una sottoappendice del continente europeo. Questo atteggiamento non giova al futuro dell’Europa al quale il Presidente Macron sembra tenere tanto!

      http://www.lavalledeitempli.net/2018/03/31/bardonecchia-litalia-si-ristretta

    • Snow may hide dead migrants on Alps route

      Mountain guides in the Italian Alps are warning that when the snow melts there this spring they may find bodies of migrants who have been attempting to make the treacherous land crossing from Italy into France.
      The tightening of border controls between France and Italy in recent years has prompted some migrants — often teenagers — to abandon coastal routes, in favor of a perilous two-kilometer trek through the southern Alps, the same slopes visited by skiers enjoying winter vacations.

      https://edition.cnn.com/2018/01/18/europe/alps-migrants-border-crossing-intl/index.html

    • #Beauty, 31 ans, enceinte, morte à Turin sur la route de la France

      C’est une histoire que vous avez peut-être lue dans la presse ces derniers jours, celle de la mort tragique d’une jeune femme nigériane, Beauty. Notre journaliste Julie Pietri l’avait rencontrée à Bardonecchia, dans le cadre d’un reportage. Elle raconte ici son histoire et pourquoi il est important de ne pas l’oublier.

      https://www.franceinter.fr/societe/beauty-31-ans-enceinte-et-morte-a-turin-sur-la-route-de-la-france

    • Migranti, la rotta alpina che passa da Bardonecchia: un viaggio duro e pericoloso

      Negli ultimi mesi, sulla rotta alpina che passa da Bardonecchia, sono transitati oltre duemila migranti: un viaggio duro e pericoloso in cui si arriva a camminare anche fino a quasi duemila metri. Non tutti ce la fanno: come la giovane nigeriana morta subito dopo aver dato alla luce il proprio bambino. Angela Caponnetto

      http://www.rainews.it/dl/rainews/media/sulla-rotta-alpina-che-passa-da-Bardonecchia-sono-transitati-oltre-duemila-m

    • Bardonecchia, i doganieri francesi fanno irruzione nella sede dei medici che difendono i migranti

      Non era mai accaduto ed è verosimile che diventi un caso diplomatico l’irruzione di cinque uomini della dogana francese, questa sera (30 marzo) intorno alle 19, nella base di «Freedom Mountain» a Bardonecchia, dove medici e infermieri dell’associazione Rainbow for Africa con mediatori culturali del Comune, pagati con fondi del ministero dell’Interno, assistono i migranti che mettono a rischio la loro vita nel tentativo di passare oltreconfine.

      http://www.lastampa.it/2018/03/30/cronaca/bardonecchia-i-doganieri-francesi-fanno-irruzione-nella-sede-dei-medici-che-difendono-i-migranti-V3CrBDNZMNfxgJHchjYdvJ/pagina.html

      Commentaire de #Andrea_Segre sur FB:

      Se noi riteniamo giusto mandare i nostri soldati in Libia, Tunisia, Niger per fermare i migranti, perché ci dovremmo stupire se i francesi fanno lo stesso mandando i loro nel nostro territorio? Sono stato personalmente a Bardonecchia e ho visto con i miei occhi i poliziotti francesi portare migranti nel territorio italiano senza alcuna autorizzazione, spesso con auto bianche senza alcun simbolo e senza curarsi minimamente delle condizioni dei migranti stessi o della presenza di operatori italiani pronti ad accoglierli. Arrivano, li scaricano e non si occupano delle conseguenze. Unico scopo è tenerli fuori, farli rimanere a casa..."nostra"! Oggi hanno anche deciso di fare irruzione in uno spazio di accoglienza allestito da Comune e associazioni. Il sindaco, Francesco Avato, ha giustamente protestato con fermezza. Il Ministero degli Interni per ora tace. E forse dovrà continuare a farlo se vuole che i francesi ci aiutino ad agire nello stesso modo in Africa sul nostro confine sud. Una volta che la la spirale securitaria prende il via le linee di confine diventano sempre più strette. Preferiamo aspettare che blocchino anche la nostra libertà di movimento prima di accorgercene e reagire?

    • *France-Italie. “Macron l’envahisseur” : pourquoi la presse italienne est-elle en colère ?*

      Le 30 mars, des douaniers français ont fait irruption du côté italien de la frontière, dans un local réservé à l’accueil des migrants. La France défend la légalité de l’opération ; les journaux italiens, eux, dénoncent une “violation de la souveraineté nationale” et tirent à boulet rouge sur le cynisme français.


      https://www.courrierinternational.com/article/france-italie-macron-lenvahisseur-pourquoi-la-presse-italienn

    • La Francia agisca nel rispetto dei diritti fondamentali delle persone e delle norme internazionali, europee e nazionali

      In seguito alla richiesta di spiegazioni da parte del Governo italiano, le autorità francesi hanno affermato che i controlli effettuati dagli agenti della Dogana francese nei locali della stazione di Bardonecchia in cui operano i medici di Rainbow4Africa e i mediatori culturali del Comune si sarebbero svolti nel rispetto della normativa vigente.

      Le norme europee e gli accordi tra Italia e Francia, intervenuti nel corso degli anni per disciplinare la cooperazione transfrontaliera in materia di polizia e dogana così come le operazioni congiunte di polizia, prevedono che gli agenti francesi possano operare sul territorio italiano, nelle zone di frontiera, ma stabiliscono determinate procedure e specifici limiti e condizioni, che nella vicenda svoltasi venerdì sera sono state palesemente violate.

      https://www.asgi.it/ingresso-soggiorno/bardonecchia-francia-violazioni-parere-asgi

    • Chez Jésus à Clavière, frontière franco-italienne
      Des nouvelles de Clavières, à la frontière franco-italienne

      Message émis par un habitant du squat de migrant·e·s Chez Marcel à Briançon, présent sur le squat de #Clavière dès le premier jour.

      Bonjour !

      Depuis jeudi 22 mars, la salle paroissiale de l’église de Clavières est occupée au bénéfice des exilé·e·s qui veulent entrer en France. L’ouverture de la salle est d’abord une action directe de mise à l’abri de personnes arrivées par le bus de vingt heures, et qui ne pouvaient arriver en France la nuit même. C’est la cinquième ou sixième fois depuis cet hiver que des migrant·e·s sont ainsi mis à l’abri provisoirement, avec à chaque fois une fermeture de la salle par le curé de la paroisse. Cette fois, la salle est restée occupée et rebaptisée #Chez_Jésus : le mouvement de soutien aux exilé·e·s sort ainsi du strict humanitaire et dispose d’un lieu pour changer ses modes d’action et politiser sa lutte, mettre en accusation le système de la frontière et ceux qui contribuent et qui profitent de ce système inhumain, des passeurs aux politiques en passant par les entreprises de sécurité et les flics de tous poils, et ceux qui se taisent et s’enkystent dans l’humanitaire, collaborant par leur silence au système de la frontière.

      Après la forte présence policière du week-end du 24-25 mars (DIGOS, carabinieri, police, police anti-émeute côté italien ; gendarmerie, PAF, police nationale et PSIG côté français), le #squat s’installe de manière un peu plus pérenne. L’aménagement intérieur s’améliore et rend le lieu plus agréable et plus fonctionnel, les risques d’expulsion (de la part de l’Église, propriétaire du lieu, et de la préfecture) s’apaisent, reste la mairie qui paie la facture d’électricité et veut envoyer un contrôle d’hygiène. Restent aussi de nombreux soutiens individuels, à Briançon et au Val-de-Suse. Reste encore la division des mouvements, en France et en Italie : que ce soit Tous Migrants à Briançon ou le réseau Briser les frontières en Italie, et même le mouvement No-Tav, les organisations les plus proches et les plus concernées se désolidarisent toutes officiellement de cette occupation (on trouve même le qualificatif de « sabotage » à propos de ce lieu).

      Pourtant, c’est bien là que les exilé·e·s quittent la route pour trouver un chemin qui leur permettra de rejoindre la France. C’est bien là que les exilé·es peuvent prendre un peu de repos, des forces, des conseils, un temps de réflexion... et ainsi envisager une traversée moins dangereuse. C’est aussi là qu’illes peuvent revenir s’illes sont refoulé·e·s par la police, et s’abriter la journée avant de tenter un nouveau passage. C’est donc une nouvelle façon de fonctionner sur la frontière, pour les personnes de la maraude comme pour les exilé·e·s. Elle présente l’avantage de permettre aux personnes qui franchissent le col de se réapproprier la façon dont elles souhaitent ou peuvent entreprendre la fin de leur parcours vers la France, sans l’espèce de fonctionnement en « agence de voyage » de la maraude qui leur est parfois vendu et qui semblait chargée d’aller systématiquement et immédiatement les mettre à l’abri. Cette idée d’autonomisation nous semble un concept riche de sens, mais pas seulement à nous. Quelque chose d’inquantifiable et d’immatériel nous le confirme, ce sont, chaque matin après la traversée, les sourires et l’énergie des gens arrivés à pied, comparés à ceux transportés en voiture il y a une semaine.

      Le lieu offre aussi une opportunité de contrer le système des passeurs, et donc d’atteindre la frontière dans un de ses maillons. L’existence de ce lieu, si l’information circule bien en Italie, permet aux migrant·e·s d’esquiver le paiement de 200 à 300 € à un passeur qui ne fait de toute façon pas le travail, se reposant sur les maraudeurs dont la présence systématique assurait aux passeurs de faire entrer leurs clients en France facilement et sans risque. La frontière crée les passeurs, mais les passeurs justifient la présence policière et la répression des individus solidaires des migrants.

      Nous invitons donc tous ceux qui le souhaitent à venir prendre un café à la salle paroissiale de l’église de Clavière (à deux kilomètres de la frontière française) pour voir ce qui s’y passe et éventuellement donner un coup de main, sachant que la première façon d’aider est d’en parler autour de soi.

      Mise à jour du 01 avril 2018

      Les deux dernières nuits ont été plus agitées à la frontière, marquées par un renforcement des rondes de police : patrouilles, pick-up, voitures banalisées. Logiquement, on a vu une reprise des arrestations de cell-eux qui essaient de passer sans les bons papiers.

      Un groupe de six personnes a été bloqué vendredi soir à la sortie de Montgenèvre par la police française. Refoulés en Italie, ils ont tenté la traversée à nouveau samedi soir, de même que dix autres candidats. Ces derniers ont été surpris à Montgenèvre et refoulés, quant aux premiers, c’est aux Alberts (à mi-chemin de Briançon) qu’ils ont été interpellés. La scène dont ils témoignent est la suivante : à 3 heures du matin environ, ils ont été surpris et arrêtés sur la route. Le groupe au complet a pris la fuite soudainement, dont les deux voyageurs déjà montés à bord du véhicule de patrouille. L’un d’entre eux est tombé à travers la glace d’un petit plan d’eau et a pu être secouru ; il se repose actuellement.

      L’euphorie consécutive à la consolidation de l’occupation de Clavière après deux semaines retombe quelque peu. Preuve est faite une nouvelle fois de la mise en danger persistante par les « autorités ». Par l’action de sa police aux frontières, la France réitère ses entraves manifestes à la liberté de circulation et en particulier au droit de se rendre à la préfecture la plus proche pour y effectuer une demande d’asile.

      Un dernier point, non moins marquant, d’après le témoignage d’un candidat à la traversée, bloqué la nuit dernière : lors de l’interpellation, face à son refus premier d’obtempérer à l’ordre de monter dans la voiture, l’agent de la PAF a porté la main à son arme (sans la dégainer) et réitéré son ordre. Comment faire autrement que se soumettre au rapport de force et accepter d’être renvoyé ? Que penser d’un geste aussi suggestif dans la menace ?

      A Montgenèvre comme partout ailleurs, la police joue son rôle de cadenas contre les libertés. Encore une fois, interrogeons, exposons et refusons de subir son action.

      Solidarité avec qui souhaite circuler de part et d’autre des frontières.

      https://grenoble.indymedia.org/2018-04-02-Chez-Jesus-a-Clavieres-frontiere

    • Criminalizzazione della solidarietà, diritto di fuga, città solidali

      Lo spazio-frontiera italo-francese

      In un contesto segnato da una criminalizzazione della solidarietà senza precedenti, in Italia come altrove in Europa e nelle sue vicinanze si assiste a un’escalation inquietante degli episodi di razzismo istituzionale e di strada. Gli interventi arbitrari delle forze di polizia e delle guardie di frontiera si moltiplicano in nome della lotta congiunta al terrorismo e alle migrazioni “irregolari”. Ultima in ordine di tempo, ma sicuramente al primo posto per l’intensità della scossa diplomatica che ha prodotto, è la vicenda dell’irruzione armata da parte di cinque agenti della dogana francese all’interno dei locali della stazione ferroviaria di Bardonecchia per effettuare un test delle urine a un ragazzo nigeriano che viaggiava regolarmente da Parigi verso Napoli. In questo caso, il cittadino nigeriano è stato fermato e sottoposto a un controllo anti-droga sotto pressione di agenti francesi armati esclusivamente sulla base di un racial profiling (identificazione razziale) che di fatto regola le pratiche di controllo sui treni che attraversano i confini nazionali. Quello avvenuto a Bardonecchia è un attacco che va situato all’interno della serie di atti di intimidazione da parte delle forze dell’ordine contro chi si sta mobilitando in sostegno dei migranti bloccati o respinti alle frontiere.
      A pochi chilometri da Bardonecchia, al confine italo-francese, dal 24 marzo una stanza interna alla chiesa di Claviere è occupata da migranti e attivisti che dichiarano: “Il problema non è la neve, non sono le montagne; il problema è la frontiera”. Gli occupanti si oppongono al registro dell’emergenza, ribadendo che a causare le morti al confine franco-italiano non sono le condizioni meteo, ma è l’esistenza stessa del confine e il suo attuale funzionamento. In quest’ottica, costruire percorsi solidali significa rifiutare il vocabolario della “gestione” dei migranti e, al contrario, significa aprire spazi comuni di lotta e di permanenza – dicono gli occupanti di Claviere.
      Da Catania a Calais, così come da Melilla a Edirne, le nostre speranze sono alimentate da un variegato movimento di solidarietà ai migranti che comprende gruppi cattolici, singoli cittadini, militanti NoBorder e guide alpine Guides sans Frontieres nelle Alpi francesi. L’eterogeneità di esperienze e pratiche di solidarietà rappresenta la vera ricchezza del movimento a sostegno dei migranti. Tale movimento è animato da gruppi organizzati così come da cittadini che autonomamente decidono di mobilitarsi per reagire alla criminalizzazione della solidarietà. Tra questi ultimi, il caso che più di altri ha richiamato l’attenzione dell’opinione pubblica è stato quello di Cedric Herrou, contadino francese della Val Roia, al confine italiano-francese, accusato nel 2016 di aver aiutato a superare la frontiera italiana e aver offerto ospitalità a un gruppo di migranti. È stata poi la volta del ricercatore francese Pierre-Alain Mannoni, accusato di aver soccorso tre donne eritree.
      Secondo il “Codice di Entrata e Soggiorno degli Stranieri e del Diritto di Asilo” (CESEDA), chi viene accusato di aver “facilitato o tentato di facilitare l’ingresso, la circolazione o il soggiorno irregolare di uno straniero” è punibile dalle autorità francesi con multe che ammontano fino a 30 mila euro, nonché con la reclusione in carcere di due anni. Insieme a Mannoni e Herrou, decine di cittadini e cittadine sono stati (o sono tutt’ora) sotto processo per aver fornito cibo e ospitalità ai migranti. Tali accuse fanno leva su leggi nazionali che richiamano la Direttiva europea del 2002 sul “Favoreggiamento dell’ingresso, del transito e del soggiorno illegali”. In alcune località, come Calais, il formarsi di infrastrutture autonome di solidarietà e sostegno materiale ai migranti ha fatto venire alla luce contrasti fino ad allora rimasti sotto traccia tra i diversi livelli istituzionali: amministrazioni locali contro magistratura, governo nazionale contro procure.
      La “guerra delle docce”, vale a dire la vertenza messa in campo da gruppi spontanei e associazioni locali per la fornitura di servizi igienici ai migranti di passaggio a Calais, è divenuta una vera e propria icona del movimento di solidarietà con i migranti che tentano di attraversare il confine italo-francese. Alla politica europea di criminalizzazione della solidarietà e sospensione dei diritti negli spazi di emergenza umanitaria si risponde dunque con la moltiplicazione delle iniziative spontanee e organizzate, individuali e collettive, di solidarietà attiva.

      http://www.euronomade.info/?p=10506

    • Raid at NGO on the French-Italian border puts France and Italy at odds

      On 30 March 2018, French border guards raided the NGO Rainbow for Africa, which operates at the train station of the Italian city of Bardonecchia at the Alpine border with France. The guards, who were armed, entered the NGO facility, forced a migrant to take a urine test and intimidated doctors, cultural mediators and lawyers. The NGO provides social, health and legal support to migrants and asylum applicants at the border.

      The French authorities claimed that the border guards suspected one of the passengers, a Nigerian national resident in Italy, of carrying drugs and proceeded with “asking his consent” to provide a urine sample, using the facility at the Bardonecchia station for that purpose. The authorities put forward that the procedure respected the guidelines laid down in 1990 regarding National Joint Border Control Facilities. The French Minister for Public Accounts called the incident a “misunderstanding”.

      The Mayor of Bardonecchia, Francesco Avato, said the French had no right to enter the facility, which he said the city operates as a “neutral” space to try to persuade migrants not to make the dangerous Alpine crossing into France.

      A day after the incident, the French ambassador in Italy, Christian Masset, was summoned over what Rome termed “a serious act considered outside the scope of cooperation between states sharing a border”. The Italian Foreign Ministry added that the two countries will address the issue further at a meeting in Turin on April 16.

      On 1 April 2018, the public prosecutor’s office in Turin opened an inquiry into the incident and will assess whether there has been an abuse of power, domestic violence, trespassing, and, if there are grounds for it, also illegal search from the part of the French border guards.

      The president of ASGI, an Italian NGO that provides legal assistance at Bardonecchia station and is a member of ECRE , stated that the incident was “a very serious violation not only of that human rights system (…) but also a violation of the basic principles of human dignity, intolerable towards people who come to seek international protection”. The Mayor of Bardonecchia reiterated his support to the work carried out by NGOs and categorically stated: “The project won’t stop; our goal is to continue to work so that our town doesn’t become a new Ventimiglia”.

      As stated in the ECRE/AIDA Updated Country Report on France, to circumvent the controls set up in Menton, migratory routes have shifted towards riskier journeys through the Alps, with police checks and unlawful summary returns being frequently documented.

      https://www.ecre.org/raid-at-ngo-on-the-french-italian-border-puts-france-and-italy-at-odds

    • Vu sur twitter, le 08.04.2018 :
      https://twitter.com/LouisMRImbert/status/982529486494359552
      #Collomb #Gérard_Collomb #fake_news #Alternative_facts

      Source :

      Mais elle a accepté de le retravailler pour la séance. M. Collomb a fait une distinction entre ceux qui aident « occasionnellement » les migrants et une « catégorie extrêmement dangereuse de personnes totalement irresponsables (…) qui appellent à la suppression des frontières ».

      « On a incité des migrants à franchir un certain nombre de cols [dans les Alpes] pour venir en France : s’il n’y avait pas eu la gendarmerie de haute montagne, on aurait eu des morts », a-t-il dit.

      http://www.lemonde.fr/politique/article/2018/04/06/apres-28-heures-de-debats-et-l-etude-de-850-amendements-le-projet-de-loi-asi

    • Je suis passée il y a quelques jours, en rentrant de Grenoble depuis la Suisse italienne, à Claviere... J’y suis restée uniquement quelques minutes pour leur laisser un peu d’argent.
      Panneau à l’entrée de l’église :

      Une des choses qui m’a frappée c’est l’#invisibilité des exilés dans ce petit village.
      Le grand portail de l’église est fermée, ce n’est pas l’espace supérieur de l’église qui est occupée, mais les salles au sous-sol (ça doit avoir un nom précis en architecture, mais je ne connais pas). On y entre par une petite porte latérale.
      Un seul exilé était dehors, assis sur une pierre. La seule personne noire que j’ai vu dans Claviere.
      Claviere qui était pleine de skieurs, de randonneurs, qui s’amusaient comme si de rien n’était...

      A Claviere comme à Côme, et comme déjà vu sur des plages en Méditerranée, #migrants et #touristes entrent en collision dans des endroits presque improbables :

      À Côme, les taxis ne se battent pas pour conduire des Somaliens ou des Érythréens. Ils recherchent plutôt les « autres » étrangers : les touristes aisés. Migrants et touristes ne se croisent pratiquement jamais, mais en raison des fermetures successives des routes migratoires et des points de passage dans l’espace Schengen, les premiers voyageant du Sud vers le Nord, avec pour tout bagage des sacs en plastique, croisent les seconds qui débarquent avec leurs lourdes valises sur le chemin de l’hôtel. Les migrants, eux, ne possèdent qu’une simple couverture, au mieux une tente. La plupart dorment à la belle étoile dans le parc.


      https://visionscarto.net/touristes-et-migrants-collision-a-come

      Ou ce que @reka a appelé, dans son billet sur la Méditerranée, « croisements touristiques et migratoires »

      Commentaire de cette carte :

      –->

      Elle montre en particulier que des centaines de milliers de personnes migrantes se déplaçant dans le sens sud-nord croisent quelques centaines de milliers de touristes qui eux, se déplacent dans le sens inverse nord-sud. Sans jamais les voir. Ou presque. Il y a de temps en temps des collisions, comme celle, immortalisée par le photographe espagnol Antonio Rodriguez en 2006 sur une plage des îles Canaries. Une jeune vacancière réconforte un migrant d’origine africaine arrivé épuisé à la nage après le naufrage de son embarcation. Petit crash de deux mondes qui n’auraient jamais dû se rencontrer.


      https://visionscarto.net/la-mediterranee-plus-loin

      Et mon commentaire de la même carte dans un article publié dans @vivre (2016) :

      Dans le même temps, les touristes débarquent sans problèmes sur cette même plage pour visiter le pays et s’amuser. Un « petit clash entre deux mondes qui n’auraient jamais dû se rencontrer », commente le cartographe et géographe Philippe Rekacewicz, qui illustre ces points de frictions avec la carte « Au voisinage touristique de l’Europe, la guerre, les réfugiés et les migrants »

      https://asile.ch/2016/12/13/regard-dune-geographe-murs-frontieres-fantasme-controle-migratoire

      #visibilité

    • Info urgentes, de la part de Tous Migrants, message reçu par email le 09.04.2018 :

      En réponse à l’appel d’urgence de Refuges Solidaires, la gare est occupée par depuis dimanche soir par des bénévoles et des exilées
      Cette occupation permet de mettre à l’abri dans l’urgence une cinquantaine de personnes que le Refuge ne peut accueillir faute de place. La paroisse et des citoyens accueillent également plusieurs familles avec enfants.
      Merci d’avance pour le soutien que chacune et chacun pourra apporter, ne serait-ce que par votre présence quand vous pouvez, à toute heure du jour et de la nuit.
      N’hésitez pas à apporter de la nourriture préparée, des couvertures.
      C’est aussi le moment de renforcer ou soulager les équipes de refuges Solidaires surchargées.

      En accord avec les responsables du Refuge, nous avons réactivé notre SOS pour que les associations nationales nous aident et pèsent de tous leur poids pour que l’Etat prenne ses responsabilités dans le respect des droits fondamentaux des personnes. Dans l’immédiat, l’ouverture d’un autre lieu à taille humaine un peu en aval de Briançon permettrait de poursuivre l’engagement citoyen en impliquant d’autres collectivités locales. L’idée est que ce genre d’initiatives se multiplient pour que la France d’en-bas tout en entière renoue avec ses valeurs de fraternité, ce qui finira par obliger ceux qui nous gouvernent à changer de politique.

    • Evacuation de la gare de Briançon.
      Message de TousMigrants sur twitter (10.04.2018) :

      #Évacuation de la gare sncf #briancon occupée par une cinquantaine de #CRS ce soir. Migrants à l’abri. Sans violence mais par la force. Quand la #prefete05 s’ouvrira t elle au dialogue avec les associations ? Et maintenant, on fait quoi ?...50 personnes ce soir à #Clavière....


      https://twitter.com/MigrantsTous/status/983808511292428288

    • A la frontière, les nouveau-nés pèsent 700 grammes

      La mort d’une femme nigériane après qu’elle eut tenté de passer la frontière italo-française indigne autant dans la presse que sur les réseaux

      Des hommes, une frontière, des tragédies. Les faits remontent au mois de février. Beauty a 31 ans et vient du Nigeria. Enceinte, elle vit avec son mari, Destiny, 33 ans, près de Naples. Lorsqu’elle réalise qu’elle souffre d’un lymphome, elle décide de poursuivre sa grossesse en France où réside sa sœur. Elle s’engage donc sur la route que suivent de plus en plus de migrants, celle qui passe par Turin et traverse les Hautes-Alpes par les cols pour aboutir à Briançon.

      Cette route, Le Temps l’avait déjà évoquée au mois de novembre, lors d’un reportage au col de l’Echelle, à 1762 mètres, alors que – malgré les premières neiges de l’hiver qui venaient de se déposer – le flux migratoire ne faisait que s’accentuer. Depuis 2016, la région subit une pression migratoire croissante. Certains exilés parviennent sains et saufs en France et d’autres sont refoulés en Italie. Difficile de connaître les critères qui président à l’expulsion ou au laissez-passer.

      Le 9 février, alors qu’ils traversaient la frontière, Beauty et son mari sont arrêtés par les gendarmes. Elle est enceinte de six mois, et peine à respirer. Selon l’ONG italienne Rainbow4Africa ils auraient été déposés en pleine nuit devant la gare de Bardonecchia, du côté italien.
      Bébé prématuré

      La semaine passée, Beauty est décédée, dans un hôpital à Turin. Son bébé, Israël, né prématurément, ne pesait à sa naissance que 700 grammes. Sur le ventre de son père depuis une semaine, il en aurait déjà pris 200 autres, et les médecins se disent confiants quant à son avenir.

      Le drame ne laisse personne indifférent. Selon la presse et les associations italiennes, une information judiciaire a été ouverte à Turin ce samedi. La région transfrontalière vit ce que ses habitants décrivent comme un drame humanitaire. Et des civils s’organisent pour éviter que des accidents ne surviennent dans leurs montagnes. Mais, le nombre de passages augmentant, la pression sur ces bénévoles humanitaires s’accentue. Ils se savent surveillés par les autorités, et certaines mises en garde à vue ont été rapportées.
      Secouriste appréhendé

      La dernière en date est celle de Benoît Ducos. Le 10 mars, le militant avait porté assistance à un groupe de migrants dont faisait partie une femme enceinte soumise à des contractions. En chemin vers l’hôpital de Briançon, l’homme est arrêté par un contrôle de douane qui retarde la prise en charge de la future mère. Selon les propos du Français relayés par Le Monde, il a été question d’expulser vers l’Italie le père et les deux enfants, avant que les forces de l’ordre ne se ravisent et ne les conduisent au chevet de la mère, qui les réclamait. Une enquête est en cours afin de définir le rôle précis du secouriste.

      Déjà, cet incident avait été « celui de trop ». A la frontière, sur le col de Montgenèvre, des manifestants dénonçaient une oppression inhumaine et répétaient les slogans « Protégeons les humains, pas les frontières » ou « France, pleure ! Ton humanité a foutu le camp ». Sur les réseaux, l’indignation n’est plus contenue.
      Un Etat aveugle

      Le décès de Beauty vient s’ajouter au tableau des tragédies. Sur le Net, certains internautes ont honte. « La France est morte ! » s’exclame l’un d’eux, regrettant le manque d’humanité des autorités de l’Hexagone. « La peur de l’« invasion » étrangère aveugle l’Etat et lui fait oublier les fondements de notre République », s’indigne un autre sur Twitter.

      Les mêmes commentaires apparaissent sur les réseaux italiens. Toutefois, le témoignage du mari de Beauty, diffusé sur le site de La Repubblica, apporte de l’eau au moulin des récalcitrants aux arrivées de migrants, des deux côtés de la frontière. Le veuf précise que lui seul avait été interdit de territoire français. Son épouse, autorisée, quant à elle, à entrer en France, aurait choisi de rester avec lui en Italie.

      Sur la page Facebook de Libération, un lecteur soudain relativise : « Elle a fait cela de son plein gré. Pas la peine de culpabiliser la France. » Son message a été effacé dans l’après-midi.

      https://www.letemps.ch/opinions/frontiere-nouveaunes-pesent-700-grammes

    • [Hautes-Alpes] Occupation de l’ancienne école du Prorel (Briançon) : venez nombreux !

      Cette nuit, une salle de l’ancienne école du Prorel a été réquisitionnée pour y accueillir des personnes exilées arrivant d’Italie. Ceci en réponse à l’expulsion de la gare du 10 avril, qui fut seulement une manière de rendre invisible la situation à Briançon en déplaçant le problème ailleurs. Il n’y a pas de réelles solutions proposées, tous les espaces d’accueil sont saturés. Actuellement, une soixantaine de personnes dorment au Refuge Solidaire, et à Clavière vingt à cinquante personnes arrivent quotidiennement.

      Rappelons que les exilé-es arrivent pour la plupart de Libye, où l’esclavage et la torture sont omniprésent, avant de traverser la Méditerranée dans des embarcations « de fortune » puis de rejoindre les campos d’Italie souvent gérés par la mafia. En France, Collomb et Macron leur promettent l’invisibilité dans les PRAHDA (Programme d’Accueil et d’Hébergement des Demandeurs d’Asile) et l’enfermement dans des CRA (Centres de Rétention Administrative).

      Il est temps de se questionner sur la « politique d’accueil digne et responsable » de l’Etat, considérant les personnes en exil comme une menace, ou au mieux des victimes. Jamais comme des êtres humains. Il est temps de refuser les logiques de tri et d’enfermement. En réaction à cette politique dissuasive par « l’horreur » quotidienne et silencieuse, la réappropriation d’espaces communs est nécessaire. Nous avons toutes et tous besoin de lieux vivants, ouverts, en interaction avec la population. Des lieux où les gens peuvent témoigner de leur réalité respective. Des lieux où nous pouvons commencer à imaginer du commun (ou du être ensemble) et faire l’expérience d’un partage concret.

      Lundi 16 Avril, sera examinée en première lecture à l’assemblée, la « monstrueuse » loi « Asile et Immigration » . Nous devons refuser la logique de criminalisation et de pénalisation qui accentue la déshumanisation. Des appels sur tout le territoire ont été lancé pour des mobilisations afin d’ exprimer et de rendre visible notre refus catégorique et notre détermination d’empêcher l’émergence d’une telle loi et des idées qu’elle véhicule.

      L’occupation d’un lieu fait partie de cette mobilisation.

      Solidarité inconditionnelle avec toutes les personnes matraquées par l’Etat !

      https://grenoble.indymedia.org/2018-04-12-Occupation-de-l-ancienne-ecole-du

    • Dans le rapport du HCR #desperate_journeys, mention est faite sur la frontière sud-alpine...
      https://data2.unhcr.org/en/documents/download/63039

      Déjà dans cette carte on voit apparaître des points jaunes le long de la frontière sud-alpine, il s’agit de personnes mortes aux frontières :


      #mourir_aux_frontières #morts #cartographie #visualisation
      Pour l’instant, pas de points jaunes vers Bardonnecchia et Briançon...

      Et puis, dans le rapport, il y a aussi quelques références à cela :

      Improved registration upon arrival and increased controls at land borders in northern Italy have contributed to the majority of sea arrivals registering their asylum applications in Italy and remaining in the country, however, some still tried to move on irregularly in 2017. At the border between France and Italy, there have been reports that many persons, including unaccompanied children, have been summarily returned from France. 10 At least 16 refugees and migrants died along the route between the Italian border town of Ventimiglia and Nice between September 2016 and the end of 2017 with most being hit by vehicles or trains or else electrocuted while trying to cross the border hiding on a train. As a result of the difficulties of crossing the border near Ventimiglia, some refugees and migrants have started to take an even more dangerous route through the Alps from near Bardonecchia.

      (pp.9-10)

    • Claviere - Il rifugio #Chez_Jesus per migranti in transito: «qua nessuna è straniero»

      Il rifugio autogestito Chez Jesus si trova a Claviere in Alta Val di Susa, a ridosso della frontiera franco-italiana del Monginevro: da sabato 24 marzo i locali sottostanti la piccola chiesa sono stati occupati dalla rete solidale che da mesi agisce per dare sostegno ai migranti che cercano di oltrepassare il confine.

      «Questo luogo - scrivono gli attivisti - ha visto passare centinaia di persone di decine di nazionalità diverse, tutte in cammino verso la Francia ed il resto d’Europa, ognuno ed ognuna con il proprio valido motivo per partire, ognuna ed ognuno con una giusta voglia di arrivare.
      Sono stati occupati i locali sottostanti la chiesa di Claviere perchè questi passaggi di montagna sono stati resi pericolosi dalla presenza arrogante della polizia di frontiera ed i passaggi di montagna pericolosi hanno bisogno almeno di un bivacco in cui riprendere fiato. Ma anche perché si è resa sempre più evidente la necessità di avere tempi e spazi per conoscersi, condividere le proprie esperienze ed organizzarsi.
      A Chez Jesus ogni giorno passano decine di persone con cui vengono fatte assemblee in tre lingue diverse, organizzate iniziative, condivisi pranzi, cene, chiacchiere e risate.
      Durante queste ore passate assieme abbiamo potuto conoscere al meglio la
      situazione dei centri di accoglienza, da cui la maggior parte delle persone di passaggio fugge. Abbiamo conosciuto le logiche di ricatto e di infantilizzazione che avvengono al loro interno ed è per questo che è nata l’esigenza di aprire uno spazio autogestito. Un luogo in cui, se pur per poche ore, non c’è bisogno di possedere dei documenti o di compilare dei dannati questionari. Un luogo in cui non si cataloga ed esclude nessuno e nessuna. Un luogo in cui ognuno ed ognuna è pienamente responsabile di se e della cura del luogo che lo circonda».

      Gli attivisti Chez Jesus ogni domenica condividono un pranzo nella piazza
      antistante la chiesa di Claviere. «Solidali, migranti e gente di passaggio; un pranzo all’aperto per rompere l’invisibilizzazione di tanta gente costretta ad attraversare di notte, a piedi e nella neve questa frontiera attraversabile senza problemi solo per i turisti e per le merci».

      Dalla pagina facebook del rifugio autogestito lanciano un appello: «questo posto vive con le energie di tutte e di tutti, dunque l’invito è a passare, fermarsi e contribuire. Servono cibo, scarponi, guanti, giacconi e soprattutto contributi pratici, idee e voglia di organizzarsi insieme».

      Per contattarli: rifugioautogestito@inventati.org


      http://www.meltingpot.org/Claviere-Il-rifugio-Chez-Jesus-per-migranti-in-transito-qua.html

    • Point de vue : La communauté alpine ne doit pas oublier les réfugiés !

      Pendant que la SUERA s’efforce de réunir les régions alpines, des migrantes et des migrants meurent aux frontières des pays alpins. Francesco Pastorelli, directeur de CIPRA Italie, s’interroge : qu’est devenue l’Europe hospitalière, solidaire et tolérante ?

      Une jeune nigériane est morte dans un hôpital de Turin après avoir mis son enfant au monde. Les policiers qui l’avaient arrêtée de nuit alors qu’elle traversait dans la neige le Col de l’Échelle entre l’Italie et la France avec d’autres migrants l’ont ramenée en Italie et laissée seule dans le froid à la gare de Bardonecchia/I.

      Un guide de montagne français encourt jusqu’à cinq ans de prison pour avoir aidé une migrante enceinte de huit mois au poste frontière de Montgenève. À Bardonecchia, des policiers ont pris d’assaut un centre d’accueil pour les réfugiés. Les incidents de ce type se multiplient aux frontières alpines.

      Pendant que les régions alpines travaillent à unifier les Alpes dans le cadre de la Stratégie de l’Union européenne pour la région alpine (SUERA), les États ferment leurs frontières. Où est resté l’esprit solidaire de l’Union européenne ? Pouvons-nous continuer à travailler sur l’environnement, le paysage, le trafic et le tourisme dans le cadre de la Convention alpine pendant que des personnes risquent leur vie dans le froid et la neige des cols alpins après avoir bravé les dangers de la traversée du désert et des mers ? Trouver des solutions aux problèmes de l’immigration n’est pas simple, et il ne s’agit pas ici de décider de la répartition des réfugiés, de leur accueil ou de leur expulsion. Mais nous ne devons pas accepter que des gens qui fuient la guerre et la famine se heurtent à des murs et à des fils barbelés dans les Alpes, dans cette Europe prospère, qu’on ne les aide pas dans leur dénuement et que ceux qui les aident soient menacés de procès et de peines de prison. En même temps, les petites communes des zones frontalières ne doivent pas être laissées seules face à ce problème.

      Des organisations humanitaires et des initiatives locales s’engagent heureusement pour les réfugiés, comme à Briançon en France ou à Bardonecchia en Italie. Les petites communes de montagne font elles aussi ce qu’elles peuvent pour aider, à l’exemple d’Ostana, qui accueille avec ses 80 habitants six réfugiés du Pakistan.

      Les organisations alpines comme la CIPRA ou le Réseau de communes « Alliance dans les Alpes » sont conscientes de l’importance d’une société bien intégrée, pluraliste et multiculturelle dans les Alpes et s’engagent dans ce sens. Nous ne devons toutefois pas nous limiter à mettre en route des projets de coopération sur les thèmes sociétaux. Il faut ouvrir les yeux des institutions internationales qui assistent avec passivité et indifférence à ces événements dramatiques aux frontières, et montrer que les manifestations d’ouverture et d’accueil sont souvent en réalité contrecarrées par la peur et le rejet de l’autre.

      L’histoire des populations alpines est marquée par les migrations. Des générations entières de montagnards ont quitté autrefois leur pays pour fuir la misère et chercher leur subsistance dans les plaines, les villes industrielles, dans d’autres pays ou sur d’autres continents. Beaucoup sont revenus après avoir fait fortune, riches en expériences, en compétences et en contacts, et ont ainsi contribué au développement de leurs pays. Nous pouvons apprendre de leur histoire pour relever les défis d’aujourd’hui.

      http://www.cipra.org/fr/nouveautes/la-communaute-alpine-ne-doit-pas-oublier-les-refugies

    • « Mesdames, Messieurs les députés : abolissez le #délit_de_solidarité ! »

      Accusé d’avoir porté secours à une nigériane enceinte – qui accouchera d’un petit Daniel cette nuit là – , #Benoît_Ducos fut convoqué par la police aux frontières le 13 mars dernier. À mi-chemin entre la beauté et le drame, récit d’une nuit invraisemblable.

      10 mars au soir, aux alentours de 21h20. Près de l’obélisque du village de #Montgenèvre, nous apercevons un groupe de réfugiés, pétrifiés de froid. Nous nous approchons d’eux pour engager la conversation. Le groupe est constitué d’une famille – avec deux enfants de un an et demi et cinq ans – accompagnée de deux autres exilés croisés en chemin. Lorsque nous les rencontrons, ils sont fatigués et apeurés. Ils ne savent ni à qui ils ont à faire, ni où ils sont. Rapidement, nous les rassurons sur nos intentions en leur expliquant qui nous sommes.

      Marcella, enceinte, se tord de douleurs

      Je constate qu’ils restent méfiants. De nos jours, le voyageur n’ose plus venir frapper à la porte de quiconque. Il se cache, se sent traqué. Se méfie de tout. De tous. La moindre personne rencontrée est une menace potentielle. La police rôde et n’est jamais loin.

      En discutant, nous apprenons que Marcella – la maman – est enceinte de 8 mois et demi et qu’elle a dû se faire porter jusqu’ici. Sous le choc, épuisée, elle ne peut plus mettre un pied devant l’autre. Nos thermos de thé chaud et nos couvertures ne suffisent pas à faire face à leur détresse.

      21h50. C’est l’alarme, Marcella ne va pas bien. Nous sommes face à une situation très délicate. Il faut agir vite. Je décide de prendre mon véhicule pour l’emmener à l’hôpital de Briançon. Chaque minute va être précieuse. Une fois dans la voiture, tout se déclenche. Quand nous arrivons au niveau de #la_Vachette – à 4 kilomètres de Briançon –, elle se tord dans tous les sens sur le siège avant. Elle souffre. Les contractions sont là, elle hurle de douleur. J’accélère. Courage #Marcella, nous sommes tout proches…

      22h10. À l’entrée de Briançon – au champ de Mars – je suis arrêté par un barrage de douane. J’enrage. Nous sommes à 500 mètres de l’hôpital, dans une situation d’urgence absolue. Ils sont une dizaine à orchestrer le contrôle de police et à dérouler la litanie des questions habituelles, parfaitement inappropriées et malvenues en la circonstance. « Qu’est-ce que vous faites là ? Qui sont les gens dans la voiture ? Présentez nous vos papiers ? Où est-ce que vous avez trouvé ces migrants ? Vous savez qu’ils sont en situation irrégulière ? Vous êtes en infraction ! ».

      Bloqués par le barrage de douane

      J’insiste pour qu’ils me laissent emmener Marcella à l’hôpital en leur expliquant qu’elle est en danger. Les douaniers m’opposent un refus catégorique. Inspirée, l’une d’entre eux me lance « mais comment savez-vous qu’elle est enceinte de 8 mois et demi ? » avant d’enchaîner « et puis, quelles compétences avez-vous pour vous permettre de juger du degré d’urgence de la situation ? », « Vous n’êtes pas une femme, vous ne savez pas ce que c’est ». J’ai beau lui rétorquer que je suis pisteur secouriste, que j’ai quelques notions de secourisme me permettant d’être à même d’évaluer une situation d’urgence, elle ne m’écoute pas. Rien à faire, la voiture ne repartira pas.

      Autour de la voiture, ça rigole franchement. Marcella continue de serrer les dents, son mari essayant de l’aider comme il peut. Pas un regard, pas un mot, pas le moindre petit geste d’attention de la part des douaniers. La maman continue de se tordre sur le siège passager, les enfants pleurent sur la banquette arrière. J’essaye de garder mon calme. Cette situation me révolte.

      Les douaniers finissent par appeler le procureur pour savoir ce qu’ils doivent faire. Longs moments de flottements. Finalement, ils prennent la décision d’appeler l’Officier de Police Judiciaire (OPJ) de permanence à la Police aux Frontières qui arrivera quelques minutes plus tard.

      23h15. Marcella se plie de douleur. Les pompiers arrivent et séparent la famille : la maman est emmenée à l’hopital tandis que les enfants et le papa restent avec moi. Ils se mettent à pleurer, car ils ne comprennent pas ce qu’il se passe.

      Le « premier bébé des maraudes » est né

      Nous sommes conduits dans la foulée au poste de police de Briançon, tels des criminels, escortés par la voiture de l’#OPJ à l’avant et un fourgon de la douane à l’arrière. Après la fouille de mon véhicule et de mes affaires personnelles, le contrôle de mon identité, et une série de questions diverses, on me remet une convocation en audition libre pour le mercredi 14 mars à 9h à la Police aux Frontières (PAF) de Montgenèvre. C’est à ce moment-là que les douaniers m’expliquent qu’ils étaient là pour arrêter des passeurs ! Vingt minutes plus tard, je quitte le poste de police. Il est près de minuit. Le lendemain matin, j’apprendrai par l’hôpital la tentative d’expulsion – vers l’Italie – du papa et des enfants pendant que Marcella était sur le point d’accoucher. L’hôpital a donc dû insister auprès de la PAF pour qu’ils reviennent dans les plus brefs délais. Celle-ci a fini par obtempérer, et dans la nuit la famille a été réunie.

      Le premier « bébé des maraudes » est donc né à Briançon le 11 mars 2018. C’est un petit garçon, né par césarienne. Il s’appelle Daniel, comme son papa.

      Le 11 mars au soir, le papa et les enfants sont placés par le 115 à Gap, à 100 kilomètres de Briançon, sans moyens de communication avec Marcella. De mon côté, il m’a été impossible d’obtenir leur adresse : au 115 on me dit que des instructions ont été données pour ne pas communiquer cette information – hautement sensible !

      Le 12 mars, une soixantaine de militants s’est rendue devant le 115 de Gap pour manifester. Au bout d’une heure et demie de bras de fer, ils ont fini par obtenir l’adresse du papa et des enfants. Des militants lui rendront visite pour être sûrs que tout va bien, puis le ramèneront à Briançon. La capacité des douaniers à évaluer une situation de détresse et celle de l’administration à faire preuve d’humanité me laissent encore perplexe.

      Comment peut-on, à ce point, perdre toute capacité de discernement ? À quel déni d’humanité peut conduire l’application bête et méchante des lois et des instructions ? Comment peut-on oser ne pas regarder avec compassion, ne pas daigner aider celui qui endure une souffrance de plus dans son difficile périple jusqu’à nous ?

      Convocation de la Police aux frontières

      14 mars. Devant les bâtiments de la PAF qui m’a convoqué ce jour-là, nous organisons une manifestation dans le but de dénoncer ce qui se passe sur cette frontière. À l’occasion, une personne a très justement rappelé, comment, pendant la dernière guerre, une résistante travaillant à la Préfecture de Paris fabriquait des faux papiers pour les juifs en danger dans l’intention de leur éviter la déportation, considérant que parfois, « désobéir, c’est se couvrir d’honneur »...

      J’ose espérer que ce témoignage aura fait réfléchir les forces de « l’ordre » présentes en nombre ce jour-là. Je ne souhaite pas que le geste accompli par devoir le 10 mars au soir soit célébré. Tous les jours des militants solidaires prennent des risques et osent se porter au devant des migrants. Dans l’ombre, ils accomplissent aussi des gestes remarquables qui ont tout autant de valeur à mes yeux. Les maraudes ne sont que la partie émergée d’un réseau de solidarité envers les exilés mobilisant un grand nombre de personnes.

      À ce jour, nous avons été une quarantaine d’individus convoqués à la PAF, inquiétés en raison du « transport de personnes en situation irrégulière » ainsi que pour avoir « facilité le maintien irrégulier sur le territoire français de personnes étrangères ». Aujourd’hui ce délit, qui avait été créé à l’origine pour lutter contre ceux qui font du business avec l’immigration clandestine, porte un nom, le délit de solidarité.

      Il sert à intimider et à décourager ceux qui ont choisi simplement de rendre service, de porter secours, mais cela ne marche pas : « On ne peut rien contre la volonté d’un homme ».

      Pour moi – comme pour beaucoup d’autres qui chaque jour prennent des risques – aller à la rencontre de ces exilés, leur donner à manger, à boire, les couvrir, leur donner des vêtements chauds, leur proposer un abri pour la nuit, leur parler, les écouter, quelle que soit leur nationalité, leur couleur de peau et leur situation, est un devoir, un geste d’humanité, un acte de fraternité. Moi qui suis un professionnel de la montagne, je fais le lien avec la formation que j’ai reçue et dans laquelle il est dit que l’initiative de secours aux personnes en danger en montagne est une obligation surpassant tous les autres textes de loi. N’importe quel montagnard aguerri vous le dira : en montagne on n’abandonne jamais quelqu’un en difficulté.

      Criminalisation de la solidarité

      Pour tous ces exilés, comme le dit Jean-Marie Gustave Le Clézio, la migration n’a rien d’une croisière en quête d’exotisme ou de sensations fortes. Ces gens sont des #fugitifs et ils ne se retrouvent pas ici – à franchir des cols au péril de leur vie – par hasard. Il faut savoir par où ils sont passés, quels sacrifices ils ont faits, les dangers auxquels ils ont fait face, les violences qu’ils ont subies pour marcher jusqu’à nous, jusqu’à ce pays qui fait briller leurs yeux et qu’ils veulent atteindre coûte que coûte.

      Quel soulagement d’ailleurs pour eux lorsqu’on leur dit « vous êtes arrivés » même si, au fond de nous, nous désespérons des obstacles qui les attendent encore ici.

      Je ne peux pas croire que ces gens vêtus de leurs habits de pays chauds franchissant nos montagnes en hiver, après avoir traversé déserts et mer, au risque de perdre leur vie, aient eu le « choix ». Je crois que leur exil est un déchirement, puisqu’ils ont dû abandonner tout ce qui leur est cher, leur famille, leur amis, tout ce qu’ils possédaient…

      L’objectif des #maraudes est d’aider ces personnes en détresse, harassées par des années de voyage, apeurées, fuyant les dangers auxquels elles sont exposées dans leur pays et dont les droits élémentaires sont bafoués. Elles méritent bien notre admiration et notre respect, elles méritent qu’on les regarde, qu’on les considère. Pour toutes ces raisons, je souhaite qu’on en finisse avec cette criminalisation des actes de solidarité et d’humanité. Si comme d’autres, je suis amené à me plonger dans la nuit pour distribuer à manger, donner des vêtements, mettre à l’abri des personnes qui veulent demander la protection de la France, c’est aussi parce que l’État faillit à des devoirs.

      La Déclaration Universelle des Droits de l’Homme nous dit pourtant que tout homme a le droit de quitter librement son pays et de choisir avec la même liberté le pays dans lequel il souhaite vivre. Nous ne sommes que des « veilleurs, des passeurs, des colporteurs d’humanité ». Tous nous aurons besoin un jour ou l’autre que quelqu’un nous tende la main et nous nous rappellerons combien ce moment aura été fondateur pour nous. Les rencontres qui ont lieu dans nos montagnes contribuent aussi à nous forger, à faire de nous ce que nous sommes. Les sourires de ces exilés dans le froid de la nuit sont inestimables.

      Les accueillir parce qu’ils « frappent à notre porte » est quelque chose de finalement on ne peut plus simple, modeste et humain, quelque chose que nous ne pouvons pas ne pas faire. Je pense que cela devrait être un devoir plus qu’un choix. Il est grand temps qu’une #immunité_humanitaire soit enfin accordée aux associations et citoyens dont les actions sont guidées par la seule volonté d’aider, de porter assistance et d’offrir un accueil digne et respectueux aux exilés, de défendre et protéger leurs droits auxquels porte atteinte chaque jour l’État français. Pour mettre la République en conformité avec les valeurs qu’elle proclame, Mesdames, Messieurs les députés : abolissez le délit de solidarité !


      https://www.nouveau-magazine-litteraire.com/idees/benoit-ducos-abolissez-le-delit-de-solidarite

      Je mets en exergue ici la question de la #montagne et des #montagnards :

      Pour moi – comme pour beaucoup d’autres qui chaque jour prennent des risques – aller à la rencontre de ces exilés, leur donner à manger, à boire, les couvrir, leur donner des vêtements chauds, leur proposer un abri pour la nuit, leur parler, les écouter, quelle que soit leur nationalité, leur couleur de peau et leur situation, est un devoir, un geste d’humanité, un acte de fraternité. Moi qui suis un professionnel de la montagne, je fais le lien avec la formation que j’ai reçue et dans laquelle il est dit que l’initiative de secours aux personnes en danger en montagne est une obligation surpassant tous les autres textes de loi. N’importe quel montagnard aguerri vous le dira : en montagne on n’abandonne jamais quelqu’un en difficulté.

      Et pour @sinehebdo, peut-être un nouveau #mot, #fugitifs :

      Pour tous ces exilés, comme le dit Jean-Marie Gustave Le Clézio, la migration n’a rien d’une croisière en quête d’exotisme ou de sensations fortes. Ces gens sont des #fugitifs et ils ne se retrouvent pas ici – à franchir des cols au péril de leur vie – par hasard. Il faut savoir par où ils sont passés, quels sacrifices ils ont faits, les dangers auxquels ils ont fait face, les violences qu’ils ont subies pour marcher jusqu’à nous, jusqu’à ce pays qui fait briller leurs yeux et qu’ils veulent atteindre coûte que coûte.

    • Chroniques de frontières alpines – 1 / Réprimer les solidarités : La stratégie de la peur

      Depuis 2015, dans le cadre de la « lutte anti-terroriste » menée par l’Etat français, on a assisté à une intensification de la répression policière et juridique vis-à-vis des citoyen·nes solidaires avec les étranger·es, notamment aux zones frontalières. L’inculpation, entre juillet 2015 et janvier 2017, de 9 citoyen·nes des Alpes Maritimes, a vu ressusciter les débats autour du poussiéreux « délit de solidarité », institué en 1938 (dans un climat dont chacun·e devine qu’il était particulièrement xénophobe…)

      Le dossier en ligne du Gisti sur le délit de solidarité montre comment les évolutions progressives du droit sont devenues de plus en plus floues de sorte qu’il n’ait plus vocation à réprimer les trafics et réseaux mafieux à la frontière, mais à englober dans le champ des répressions les pratiques d’aide gratuite et solidaires vis-à-vis des étrangers. Cette évolution est le fruit d’une représentation de continuité entre l’immigration clandestine et le terrorisme : ainsi, dès 1996, l’aide au séjour irrégulier est intégrée parmi les infractions à visée potentiellement terroriste. Depuis les années 2000, on assiste à une extension des immunités (notamment pour « motifs humanitaires ») mais aussi, simultanément, à une aggravation des sanctions et de la répression des citoyen·nes solidaires avec les étranger·es sans-papiers.

      Tout un arsenal législatif a ainsi vocation à limiter les activités bénévoles de citoyen·nes solidaires : l’ « aide à l’entrée et au séjour irréguliers », punis de 5 ans d’emprisonnement et de 30 000 euros d’amende, mais aussi les « délits d’outrage, d’injure et de diffamation ou de violences à agent publics », utilisés selon le Gisti pour » défendre l’administration et la police contre les critiques dont leurs pratiques font l’objet ». A ces motifs s’ajoutent des pratiques plus sournoises de dissuasion, qui procèdent de la même volonté politique : « Il s’agit de priver l’étranger en situation irrégulière en France de toute forme de soutien : amical, politique ou juridique mais aussi, au-delà, de signifier à la population en général et aux militant·es en particulier qu’on ne peut s’opposer impunément à la politique gouvernementale quelles que soient la détresse humaine et les horreurs qui lui sont inhérentes. »

      Outre le choquant paradoxe de l’expression « délit de solidarité », la défense juridique lors des procès des citoyen·nes de la Roya remet en cause les pratiques de l’Etat : que fait-il du droit international qui consacre le droit pour chacun « de participer à des activités pacifiques pour lutter contre les violations des droits de l’homme et des libertés fondamentales » ? Que fait-il de l’injonction d’assistance à personne en danger, surtout en contexte de montagne ?

      Le positionnement politique des citoyen·nes inculpé·es, qui assument leur solidarité avec les sans-papiers, va encore plus loin : si les personnes mettent leur vie en péril en passant par des chemins dangereux, c’est parce qu’elles se cachent de la police, et ont peur d’être arrêtées. En tant que personnes vulnérables en montagne, c’est à la gendarmerie de haute montagne de leur porter secours ; en tant que demandeuses d’asile (pour la quasi-totalité d’entre elles), ou mineures (pour la moitié d’entre elles) ces personnes devraient être prises en charge par la police, puis par la préfecture, dans une logique de protection prévue par le droit français. Ce sont les pratiques illégales par la police de refoulement aux frontières qui (re)mettent en danger les personnes migrantes (souvent abandonnées en montagne dans un froid extrême après leur arrestation).

      Le délinquant, le criminel, c’est l’Etat, objectent donc les collectifs de soutien, qui ne respecte ni les traités internationaux, ni les lois, ni aucune des valeurs d’asile de fraternité de la République. Dans les Alpes-Maritimes, l’heure est donc à la mobilisation collective, juridique et politique aux côtés de ces « délinquant·es solidaires » pour les soutenir dans leur procès et montrer que la société civile n’adhère pas au discours qui fait d’elles et eux des criminel·les.

      Qu’en est-il dans les Hautes-Alpes ? La route qui s’est ouverte progressivement au cours de l’année 2017 en fait, depuis plus de six mois, un des principaux passages vers la France. Dans le Briançonnais, les mêmes événements se sont enchaînés, rapidement, qu’à Menton et dans la Roya : augmentation brutale du nombre de personnes traversant la région pour entrer en France, organisation citoyenne pour faire face à une situation humanitaire d’urgence, militarisation de la frontière grâce à des équipements et des renforts policiers, répression des personnes clandestines… Et prise en étau des bénévoles solidaires au coeur de ce dispositif de répression, lequel vise avant tout les personnes étrangères, mais également tous les gens qui leur viennent en aide.

      L’association Tous Migrants estime que depuis le printemps 2017, entre 40 et 50 personnes ont été arrêtées et convoquées à la PAF, principalement pour délit d’ »Aide à la circulation, à l’entrée ou au séjour de personnes en situation irrégulière ». On peut estimer que plus du double ont été interpelé-es par des agents de police ou de gendarmerie dans l’exercice d’un acte de solidarité. On compte également au moins 5 gardes-à-vue. Benoît Ducos, un de nos camarades dont le nom a été relayé par les médias pour être venu en aide à une femme nigérianne enceinte, est à la fois menacé d’un procès, et sollicité par de grandes ONG italiennes pour recevoir des prix pour son « héroïsme »… Cela résume aussi bien le contexte absurde et paradoxal (et ironique) dans lequel nous oeuvrons.

      Jusqu’à maintenant, dans les Hautes-Alpes, les convocations sont restées sans suite ; mais comme les événements de la Roya sont un sombre présage pour leur futur proche, les nombreux·ses citoyen·nes solidaires du Briançonnais sont plongé·es dans l’anxiété. La répression, à défaut d’être judicaire, est policière ; et elle prend parfois des formes plus détournées encore : pressions morales, psychologiques, financières… A Briançon et dans la vallée de la Clarée, tout se joue encore sur le terrain, dans l’informel, dans les interactions directes avec les officiers de police et gendarmerie, ou les agents de l’Etat. Leur caractère aléatoire, mouvant, complexe, entraîne une invisibilisation de cette répression par l’Etat des activités solidaires.

      Les témoignages recueillis ci-dessous évoquent différentes manières grâce auxquelles l’Etat développe sa stratégie d’intimidation des personnes solidaires dans le Briançonnais. Un recueil de ces témoignages et une mise en commun des expériences individuelles sont indispensables pour dénoncer ces phénomènes qui ne sont pas isolés, mais s’inscrivent au contraire dans une politique calculée de l’Etat français à travers une stratégie de la peur.

      La méthode atmosphérique : création d’un climat de tension

      Le nombre relatif d’arrestations n’évacue pas le contact au quotidien, pour les habitant·es du Briançonnais et particulièrement celles et ceux de la vallée de la Clarée, avec une présence policière lourde et un contrôle incessant, particulièrement féroce durant la période de la fin de l’été à début décembre 2017. A la gendarmerie locale, la douane, la Police de l’Air et des Frontières, le PSIG, la Police et Gendarmerie de Haute-Montagne initialement présents, se sont ajoutés les renforts venus de la région entière, dont des groupe d’interventions spécialisés comme la Brigade Anti-Criminelle, les CRS, des renforts de la vallée de la Roya, et même les sentinelles de l’armée.

      Les habitant·es et touristes témoignent des barrages quotidiens sur la route qui imposaient parfois quatre contrôles par jour aux personnes désirant descendre dans la vallée. Barrages, brigades mobiles, postes de surveillance, les renforts policiers de toute la région ne se sont pas contentés de sillonner les cols ou les routes durant cette période, mais aussi d’installer leur présence au coeur des bourgs de Névache, Val-des-Prés, de Briançon, de sorte à ce qu’aucun jour, et aucune nuit, ne se passe sans avoir le sentiment d’être surveillé·e par la police. Deux habitants de Névache décrivent la présence dans le centre du village de voitures de police avec leurs phares à 4h du matin, au pied de tous les d’immeubles. « On se fait du cinéma », conclut l’un d’entre eux, conséquence logique du fait que le petit village semble s’être transformé durant cette période en décor de cinéma.

      Au même moment, les hélicoptères sillonnent régulièrement le ciel. « Le pire c’est l’hélico, c’est vraiment un sentiment d’oppression. Quand ils font des rondes, on sait que ce n’est pas pour le sauvetage, mais pour la surveillance », dénonce une habitante de Névache.

      Plus bas à Briançon, un Refuge a ouvert cet été pour permettre aux personnes migrantes de s’abriter après leur difficile traversée de la montagne. Bien que les sans papiers puissent être arrêté·es partout dans la ville, le Refuge a bénéficié d’une sorte d’immunité humanitaire. Malgré tout, pendant l’été et l’automne 2017, les rondes régulières des véhicules de gendarmerie devant le Refuge semblent menacer sa sécurité : « Ils roulent à une vitesse d’escargot, 20km/h, on se sent observés : t’es toujours suspect… J’ai pensé à d’autres pays où les gens sont sous surveillance et je me suis dit « on connaît ça ici ». On devient nous mêmes suspects« , confie une bénévole. Ces rondes s’ajoutent aux gendarmes en civil postés sur le parking devant le Refuge, et à la présence certifiée des renseignements généraux sur la même place. Cela renforce la croyance chez les bénévoles qu’ils et elles sont tou·te·s repéré·es, fiché·es, leurs voitures enregistrées.

      Alors que je recueille le témoignage de l’une de ces bénévoles, assises au soleil sur cette place, elle coupe son récit pour dire : « Et tu peux m’expliquer pourquoi il y a une voiture de police qui est plantée à côté de nous depuis 8 minutes ? ». Au moment où je tourne la tête, la voiture de gendarmes démarre. Cette pression est discrète, mais elle développe chez tous les volontaires des réflexes anxieux, d’auto-surveillance de leurs faits et gestes. Cela fait dire à une vieille dame bénévole « Ah, c’est encore la Gestapo ».

      Cette stratégie est développée aussi lors d’événements collectifs plus militants : « A chaque fois qu’on a fait des manifs à la PAF, ils nous ont photographiés, ainsi que les bagnoles… »

      Côté italien, les montées à la frontière de la police et des gendarmes ne concernent pas les migrant-es mais bien les militant·es. Dès le premier jour de l’occupation, une montée massive de la police (polizia, carabinieri, police politiques, voitures civiles) vers le lieu a ancré cette action dans un contexte de confrontation. Des voitures postées en observation devant le lieu que nous occupons, des tentatives régulières par des hommes en civil ou en uniforme discret (la police politique) d’entrer dans le lieu, suffisent à poser le climat. Interpellations sans justification, juste parce qu’on a un véhicule français, prise d’identité. Pour les personnes qui arrivent depuis la vallée par le bus, que nous accueillons dans le lieu en tentant de les mettre en sécurité, cette surveillance menaçante fait s’écrouler tout ce que nous avons mis en place en termes d’accueil. Alors que la police a tenté de rentrer dans le lieu, et que nous n’avons pas eu le temps de barricader, j’ai dû crier à des sans-papiers que nous accueillions depuis la veille de se cacher vite, pour ne pas qu’ils les trouvent : comment prétendre essayer de créer un climat de sécurité, dans ces conditions ?

      Les touristes qui ont fréquenté la région à la fin de l’été manifestent de manière unanime un choc vis-à-vis de cette présence policière démentielle et apparemment injustifiée. « Pendant l’automne, la vallée ressemblait plus à une scène de guerre qu’à une région touristique », s’accordent de nombreux·ses habitant·es. « On a senti un moment d’occupation. Quand ils sont partis, on a enfin pu respirer. »
      La tactique du « cow-boy » : courses-poursuites et mise en scène d’arrestations

      La stratégie favorite dans le Briançonnais est ainsi celle de l’intimidation. Celle-ci possède une dimension spectaculaire, au sens propre du terme : comme si la vallée était un théâtre, où après avoir planté un décor de guerre, des acteurs jouent aux opérations militaires de grande envergure.

      Les course-poursuites ont vocation à produire cet effet impressionnant. Une femme du Refuge raconte qu’en septembre, alors que la police surveillait constamment la gare de Briançon, empêchant le départ des migrant-es vers le reste de la France, des bénévoles avaient organisé un petit convoi pour descendre une dizaine de personnes vers la gare suivante, à l’Argentière, afin qu’elles puissent prendre leur train vers Paris. « On attendait dans l’herbe à côté de la gare, tranquillement, quand la police est arrivée : il a fallu se précipiter, en rampant, dans les voitures. On s’est précipités vers la gare suivante, Saint-Crepin, à toute vitesse. Là on attend, on surveille la gare. Pendant ce temps les jeunes sont dans la voiture et attendent que le train arrive. Quand il arrive on leur dit de courir. Ils montent dans le train, et direct après, horreur, on voit arriver la police ! Ils ont tous été arrêtés à Gap. »

      Une autre femme, habitante de la Clarée, raconte : « J’allais au boulot à quatre heure du matin, et il y a un gars qui m’appelle, qui venait de descendre l’Echelle et d’arriver dans la vallée. Je l’ai pris en voiture pour l’aider à descendre et il y en avait plein d’autres qui marchaient sur le bord de la route, ils couraient au milieu des voitures, dévalaient la pente. Alors je les ai emmenés aussi.

      Les gendarmes à Val-des-Prés en avaient déjà arrêté une vingtaine. Moi je les ai vus, et j’ai eu peur : j’ai accéléré. Ils m’ont poursuivie. Au village suivant, je me suis arrêtée « Sortez, courez ! », je leur ai dit. Les gendarmes nous ont tous poursuivis, un seul gars a réussi à s’évader, se cacher dans un jardin. J’étais prise au piège dans mon propre village. J’ai eu une sacrée frayeur ! »

      Comme beaucoup d’autres, cette femme n’a pas été re-convoquée par la suite, malgré son arrestation : les interventions musclées sur le terrain, confirment les bénévoles, ne comportent pas pour l’instant de suites judiciaires, elles se suffisent à elles-mêmes pour impressionner les citoyen-nes solidaires.

      La dimension dissuasive de ces course-poursuites est plus évidente encore quand elles concernent des gens qui ne transportent pas de migrant·es, mais qui se contentent de leur parler. Moi-même, alors que je me contentais d’observer, j’ai été prise en chasse par une voiture de police… qui n’avait rien d’autre à me reprocher que de rouler les phares éteints.

      L’intimidation se joue aussi dans la mise en scène de l’arrestation. Le ton de la voix, la manière d’interpeler, font partie du jeu de scène. On me raconte, à chaque contrôle du véhicule, les phares de voiture et lampes en pleine figure pour éblouir, les arrestations à grands cris, contrôles d’identité, fouille du véhicule – même quand il n’y a rien à signaler.

      Un militant raconte son arrestation récente : les armes braquées sur lui, une ouverture à coups de pieds de la portière de la voiture, les personnes agrippées brutalement, menottées avant d’être conduites à la gendarmerie. Un autre homme arrêté au col de l’Echelle alors qu’il transportait une femme enceinte et sa famille a fait l’objet d’une arrestation brutale : ses voisins racontent que les gendarmes lui ont esquinté les bras, et qu’il a eu très mal par la suite.

      Enfin, pour certaines personnes arrêtées, la violence verbale grossière est utilisée pour forcer la peur. Une militante me raconte : « J’ai une copine qui a été arrêtée à la PAF alors qu’elle emmenait des mineurs se signaler, à la demande de la gendarmerie. Elle a été cuisinée, a raconté qu’elle avait aidé les gens à prendre leurs billets de train. La personne qui l’interrogeait lui a tenu des propos odieux, sexistes, racistes, machistes, et des gestes obscènes. Pendant un mois, elle a arrêté ses activités bénévoles. Elle ne veut pas témoigner, elle est très intimidée. »

      Enfin, le cas le plus grave recensé à la frontière a été une violence physique contre un manifestant, en mai 2017, renversé par un véhicule de police alors qu’il était venu soutenir avec une trentaine d’autres citoyen·nes solidaires des réfugié·es et une travailleuse sociales qui avaient été arrêté·es par la PAF. Voici le témoignage relayé par la presse de la victime de cette violence : « Une voiture de police part sur les chapeaux de roues (…) à son bord 2 ou 3 réfugiés, direction le poste de police en Italie. (…). Spontanément, une dizaine d’entre nous décident de se mettre au milieu de la route et de mettre nos simples corps comme barrière naturelle à l’expulsion. Le chauffard essaye de forcer le passage en faisant vrombir le moteur, et en avançant pare-choc contre tibias. L’une d’entre nous tombe devant la voiture. Le reste des flics présents mettent des coups pour nous dégager de la chaussée. La voiture de police (…) active une grande marche arrière( à contre-sens) puis repasse en marche avant et se met soudainement à accélérer. Elle fonce, 50 peut-être 60 kilomètres heure, Pas de gyrophare. Pas de sirène.

      Je suis au milieu de la chaussée, je regarde la voiture de police arriver, elle ne décélère pas. (…) La bagnole continue sa course et me percute. (…) Je me retrouve ensuite sur le bitume et la roue arrière du véhicule me passe sur la jambe, au-dessus de la cheville. La voiture continue sa course comme si de rien n’était. Une fois au sol je m’ aperçois que plein de gens hurlent. J’hurle aussi. Sur ma droite un mec en costard, un cadre la PAF, ou de la préfecture me regarde comme un déchet. Il fait demi -tour et retourne sur ses pas pour aller se planquer dans le bâtiment du ministère de l’intérieur. Il est témoin direct de l’action. (…)

      Un policier de la PAF […] me lance « fallait pas te jeter sur la voiture »…on suppose que ce sera la version officielle. Les gendarmes ne prennent aucun témoignage des faits qui viennent de se passer. Certains policiers esquisse[nt] des sourires. Je suis pris en charge par les pompiers avec une atèle au pied droit. Les gendarmes n’ont toujours pris aucun renseignement auprès des témoins présents. J’arrive à l’hôpital. » Cet événement qui aurait pu entraîner la mort du manifestant, dénoncé avec force par les associations locales et par la presse, a été vécu comme une violence extrême à l’encontre des citoyen·nes solidaires, marquant une ère de confrontation définitive entre la police et les gens locaux.
      La méthode Stasi : menaces individuelles

      La stratégie de la peur ne se limite pas aux arrestations ponctuelles : elle fonctionne aussi de manière préventive, sous la forme de la menace. En Italie, la dernière fois que la police politique a pris mon identité, ils nous ont assuré qu’ils connaissaient les visages de chacun-e d’entre nous, savaient parfaitement qui entrait et qui quittait le lieu, à toutes les heures, et que prochainement une arrestation massive tomberait sur tou-te-s les occupant-es.

      L’été dernier, un habitant de la Clarée connu pour avoir accueilli beaucoup de jeunes migrants a bénéficié d’une visite à son domicile de la gendarmerie doublée d’une perquisition : « Ils sont venus, ils ont évacué les gars, ils ont retourné les matelas… » Au printemps, deux gendarmes s’étaient déjà baladés chez tous les commerçants avec deux photos dont la sienne, en demandant : « Est-ce que vous connaissez cet homme ? ».

      Une autre militante, que nous appellerons ici Séraphine Loulipo, relate un épisode de cet été avec des amis. Après avoir accompagné au Refuge un jeune homme, ils se rendent compte qu’ils sont observés sur le parking du refuge par un homme en civil, assis sur le muret, qui leur lance : « De toutes façons j’ai toutes les images, j’ai tout filmé…. Votre voiture est fichée, nous on ne va pas vous lâcher, ça ne va pas se passer comme ça. »

      Trois jours plus tard, Mme Loulipo se heurte à un barrage de police sur la route de la Clarée. « Ah, Séraphine Loulipo », dit immédiatement le gendarme qui la contrôle, à la seule vue de son véhicule. « Ca va bien, le trafic des migrants ? ». Puis d’ajouter : « Mettez vous sur le côté, on va bien lui trouver quelque chose à cette voiture. » Alors qu’elle cherche le gilet jaune obligatoire dans tous les véhicules, il prépare d’avance sa contravention et se gausse : « Je l’apporterai directement chez vous ». Alors qu’elle retrouve le gilet, le gendarme se met alors en colère, et la menace : « Ca ne va pas se passer comme ça, vous allez finir en garde-à-vue. » Mme Loulipo est ainsi rentrée chez elle persuadée que la police connaissait ainsi, en plus de son nom et de son véhicule, l’adresse où elle vit avec ses enfants.

      Le mois dernier, un autre bénévole a bénéficié d’une de ces séances d’intimidations. « Ils sont venus me voir à mon boulot, sur mes horaires de travail. Ils étaient 3, en uniforme. Ils m’ont engueulé. « On t’a vu ! (…) Tu vas te faire choper, on peut te faire fermer ton commerce, on va saisir ton véhicule. » Puis on a discuté, j’ai réagi calmement, le gendarme s’est calmé. A la fin, il m’a même dit : « C’est bien, fais selon tes convictions. Mais si je te chope, je t’aurai. » L’homme qui me confie cette histoire ajoute en conclusion : « Mais moi je sais que je ne crains rien. Quand on fait peur aux gens, c’est qu’on ne va pas vraiment les arrêter. »
      L’effet des arrestations sur l’activité des bénévoles . Une stratégie efficace ?

      Ainsi les méthodes de contrôle policier des activités solidaires dans le Briançonnais fonctionnent-elles plus sur l’intimidation et la menace que la punition. Elles ont un caractère anticipatoire : faire en sorte que les personnes renoncent, d’elles-mêmes, à aider les sans-papiers qui arrivent par la montagne.

      Les moyens mobilisés au profit de cette stratégie ont nécessairement eu un impact. La simple présence policière a un effet dissuasif, comme me le raconte une bénévole dont la propriétaire est une dame âgée, qui aimerait bien accueillir des migrant·es qu’elle voit quotidiennement sous sa fenêtre, mais qui est terrorisée par la police ! « Ne dites pas que je vous l’ai dit », a-t-elle confié à sa locataire.

      Il y a de nombreux cas de bénévoles qui, suite à leur arrestation, ne reviennent pas au Refuge pendant plusieurs semaines ou plusieurs mois, ou qui limitent leurs activités à des choses pour lesquelles elles ne peuvent pas être arrêtées (ne plus aller à la gare, ne plus faire de transport ou de covoiturage…). La bénévole du Refuge qui a été poursuivie à la gare de l’Argentière, m’a raconté que : « Moi depuis, je ne fais plus rien [en transport]. J’ai eu tellement peur, le coeur qui battait. J’étais pas bien. J’ai ma fille, je peux faire une garde à vue, à la limite, quand elle n’est pas là, mais pas quand elle est là… (…) J’étais dans un film. C’est pas ma vie, ça, c’est pas ma vie. »

      Mais pour l’écrasante majorité des citoyen-nes solidaires, la conviction profonde de la légitimité de leur engagement est un moteur plus puissant que la peur d’être arrêté·e, même d’être poursuivi·e.

      Malgré tout, beaucoup ont, depuis un an, perdu totalement confiance et développé une peur vis-à-vis de la police et des institutions étatiques : cela peut se traduire par une nervosité dès que la police est dans les parages (c’est-à-dire constamment), une boule dans le ventre en permanence, une angoisse pour ses enfants et sa famille… Certain·es témoignent d’une paranoïa quotidienne avec l’impression d’être observé·es en permanence, surtout via leur téléphone. Cette question de la surveillance hante les conversations quotidiennes, renforcé par la rapidité de circulation des rumeurs : j’ai vu une voiture de police ici, là ils contrôlaient, ils sont restés plantés longtemps, ça m’a paru étrange…

      J’ai moi-même ressenti cette évolution au fil de mon temps à Briançon : les premières maraudes en montagne, alors que je ne connaissais personne qui avait été arrêté-e, me paraissaient la chose la plus naturelle du monde, un geste évident de mise à l’abri. Ce n’est qu’à force de voir se multiplier les arrestations autour de nous, de recueillir ces témoignages individuels de pression policière, que l’angoisse un peu sourde du contexte Briançonnais m’a gagnée. Un mois et demi plus tard, quand je suis seule en voiture, les sentiments qui m’envahissent sont de l’ordre du qui-vive, de la mise en garde, car je suis à moitié persuadée que ma voiture est repérée aussi. Je ne discute plus au téléphone sans douter que quelqu’un m’écoute, je ne parle plus aussi librement quand il y a un téléphone, même éteint, dans la pièce…

      « La peur d’être arrêtée ça déclenche beaucoup de tensions chez moi. J’avais tellement peur en roulant », se souvient une dame solidaire. Mais quand je lui demande si elle a déjà considéré arrêter d’aider les jeunes migrants à cause de sa peur, elle écarquille les yeux : « Non, bien sûr que non !« . On continue, donc, et on s’habitue à la peur.

      En effet, certaines personnes solidaires ont développé une sorte de nonchalance lasse, déjà habituée, vis-à-vis des arrestations : quand je demande à une amie arrêtée la semaine dernière si « Ca va ? », elle hausse les épaules : « Tu sais, moi je m’en fiche, on est habitué·es ». Je garde en tête une scène qui a eu lieu sous mes yeux au Refuge, tout à fait caractéristique de cet état d’esprit de relativisation par l’habitude : un couple âgé vient proposer de donner un coup de main de temps en temps et offre de descendre des personnes jusqu’à Gap si jamais elles en ont besoin.

      Une bénévole, immédiatement : « Vous savez ce que vous risquez, hein ?

      (haussent les épauples) Oui, bah…
      Parce que moi, j’ai été poursuivie par les flics ! Je vous assure que ça ne s’oublie pas…
      Oui, mais on peut prendre le risque. (souriant) On n’a pas d’enfants, on a 75 ans, on ne risque pas grand-chose…
      Et Martine, de la Roya ? Elle aussi, elle a 75 ans !
      Bah, vous savez, au pire, la prison, c’est un truc que je n’ai encore jamais fait dans ma vie !

      J’en profiterai pour lire des livres… »

      Comme dans d’autres zones de violence policière généralisée, une sorte d’habitude cynique s’est développée chez beaucoup de bénévoles. Lors de la journée d’étude du 15/12/2017 organisée par le groupe BABELS sur la police et les migrants, Lou Einhorn, psychologue pour Médecin du Monde à Calais, soulignait justement le danger de cette intériorisation par les bénévoles de la banalité de la violence : ils et elles peuvent avoir tendance à relativiser la violence due à la police également auprès des personnes migrantes qu’ils et elles accueillent. Or, cette violence, ou cette tension, peuvent raviver des traumatismes et certaines personnes peuvent les ressentir comme insoutenables ; si les bénévoles, habitué·es à ce que la violence ou la surveillance fasse désormais partie du quotidien, ont mis en place des mécanismes de protection en banalisant et relativisant cette violence, ils et elles peuvent ne pas être à l’écoute des personnes qui en sont affectées.

      Par ailleurs, la menace d’être arrêté·e agit comme une contrainte lourde sur l’activité solidaire : elle exige beaucoup plus d’organisation. Elle renforce la nécessité de toujours envoyer une voiture éclaireuse, qu’elle vienne du haut ou du bas de la vallée, pour vérifier que la voie est libre ; potentiellement d’y être à deux personnes pour pouvoir prévenir les autres par téléphone tout en conduisant. Elle implique de calculer les marges de temps avant chaque départ, d’observer les roulements des gardes policières pour passer au bon moment, d’impliquer potentiellement d’autres habitant·es solidaires sur le trajet pour ouvrir leur maison comme lieu de repli au cas où.

      Tout cela a deux effets majeurs : d’abord, la mobilisation nécessaire de toujours plus de bénévoles pour prendre des précautions afin d’assurer la sécurité des personnes migrantes et des bénévoles eux-mêmes. Or, quand les réseaux de solidarité sont petits, cela oblige les mêmes personnes à se mobiliser deux fois plus : en journée, alors que certains travaillent, en soirée, très souvent au milieu de la nuit, voire toute la nuit… Plus il y a besoin de monde, plus les mêmes personnes enchaînent les nuits passées en montagne, au lieu de se reposer. La fatigue physique s’ajoute donc à la tension psychologique des bénévoles, épuisant les troupes jusqu’à mettre en péril leur organisation. A long terme, la surveillance agit ainsi comme une stratégie indirecte d’auto-épuisement des bénévoles et de leurs activités.

      Le deuxième effet qui découle d’une organisation minutieuse des trajets d’aide aux personnes migrantes est la sensation pour certain-es d’organiser un trafic, bien que celui-ci soit bénévole et à vocation solidaire. Or, il est intéressant de constater que les discours de la préfète des Hautes-Alpes1 condamnent précisément tout ce qui est de l’ordre du « réseau organisé », alors qu’elle dit tolérer qu’on vienne en aide, individuellement, à la personne vulnérable qui passe sous sa fenêtre. Dans les faits, c’est précisément le contrôle policier incessant et la remise en danger, en montagne, des personnes arrêtées, qui oblige les bénévoles à mettre en place un réseau organisé de transport : la préfecture provoque ainsi elle-même l’activité dont elle accuse les habitant·es solidaires.

      Ce glissement d’une activité qui se veut simplement solidaire vers une activité dite « illégale » est vécu par les habitant·es comme quelque chose qui leur est imposé par le contrôle policier : « Nous on veut travailler avec les secours en montagne et on se présente comme secours en montagne. Sauf qu’avec les pratiques politiques, dès qu’ils sont dans la rue, ils ne sont plus en sécurité. Du coup on organise des convois : notre démarche, c’est qu’on ne veut pas en perdre un seul, et on ne veut pas que les Français aient des ennuis », dit l’un d’eux. Cela implique donc une grande organisation qui, sur le terrain, s’apparente à un « jeu de cache-cache » extrêmement anxiogène pour les personnes exilées. Leur arrivée en France se fait ainsi dans un contexte de peur qui peut raviver des traumatismes récents.
      Bavures policières ? Le plan de Macron

      Vis-à-vis de ces pratiques quotidiennes d’intimidation, il serait facile pour le gouvernement d’argumenter qu’il s’agit de glissements locaux liés à un terrain particulier, à une « zone de tension » ou « zone de crise », bref, des situations ponctuelles et exceptionnelles qui n’ont rien d’emblématique. Or, à chaque fois que les habitant·es solidaires ont eu l’occasion de discuter avec des agents de police sur le terrain, et notamment en ce qui concerne leurs pratiques illégales de refoulement de demandeur·euses d’asile et de mineurs, ceux-ci ont eu pour simple discours que tous les ordres venaient « d’en haut ».

      Par ailleurs, d’autres moyens de pression plus discrets mais encore plus efficaces prouvent que la volonté d’interrompre par tous les moyens les activités bénévoles vient aussi de la préfecture, et à travers elle, de l’Etat. Notamment, la préfecture a fait barrage aux demandes de subventions nationales et européennes de la MJC, lieu central à Briançon, qui agit à la fois comme centre social et comme moteur d’activités culturelles pour la ville. Cette MJC a été un des premiers lieu d’accueil des personnes migrantes à Briançon quand la frontière des Hautes-Alpes est devenue un lieu de passage, parce qu’elle disposait déjà de la MAPE-monde, un dispositif d’accès aux droits pour les étrangers : sans subventions, la MAPE-monde ne peut plus continuer ses activités d’aide à la demande d’asile. Le motif invoqué, de manière très claire, par la préfète, pour justifier ce blocage des demandes de subventions, est que « l’Etat ne peut pas soutenir des associations qui vont à l’encontre de sa politique. »

      Comme les périodes de resserrement des contrôles à la frontière sont entrecoupées de périodes beaucoup plus laxistes de la part des contrôles policiers, au point que la politique menée semble contradictoire, les bénévoles se posent des questions : quand trop de personnes arrivent d’un coup au Refuge solidaire, il est vrai que la situation à Briançon devient explosive pour tout le monde. Quand l’occupation de la gare SNCF a été délogée par une intervention massive de CRS, cela faisait trois jours qu’il n’y avait aucun contrôle à la frontière et que tout le monde descendait. Certain-es se demandent si un « jeu du pourrissement » à Briançon n’est pas mis en place de manière stratégique pour justifier une intervention militaire plus massive… L’avenir le dira.

      Les différents éléments de terrain décrits dans cet article sont épars, divers, inégaux ; ils témoignent d’un répertoire très large des moyens de pressions employés dans le Briançonnais pour décourager les citoyen·nes solidaires. Cette diversité joue également le jeu d’un discours qui les présenterait comme des phénomènes ponctuels et séparés. Or, il est nécessaire de les présenter ensemble, non pas comme des faits distincts mais comme un continuum du contrôle policier, un ensemble de moyens au profit de la même stratégie étatique de lutte contre l’entrée sur le territoire de personnes étrangères en situation irrégulière, et de répression des gens locaux qui les aident.

      CONCLUSION.
      Pression, contre-pression : des débats sur la résistance à mettre en oeuvre

      Localement, des résistances sont à l’oeuvre contre la répression des solidarités. Les voisins et voisines, même celles et ceux qui ne partagent pas les idées politiques des bénévoles, font preuve d’une complicité passive quand ils et elles les avertissent discrètement d’un barrage de police plus bas dans la vallée. Une sorte de résistance de fond de la population locale, ulcérée de toutes part par l’omniprésence et la démesure des contrôles, permet une solidarité discrète entre les habitant·es de la vallée, au-delà des désaccords idéologiques.

      De la part des habitant·es menacé·es par les contrôles, de nombreuses tentatives de dialogue vis-à-vis des institutions policières ont été entreprises. Une tentative d’entretien avec les secours en montagne, pour mettre en place une stratégie commune de sauvetage des personnes en danger, qui s’est soldée par un relatif échec de la discussion ; entretien avec l’officier de police judiciaire pour vérifier leur droit à dénoncer les pratiques illégales constatées par les citoyen·nes de la part des agents de police, qui n’a pas abouti non plus. La fermeture totale des institutions policières, l’opacité et le secret dans lequel elles agissent, empêchent tout dialogue avec les citoyen·nes solidaires.

      La stratégie de mobilisation mise en oeuvre par l’association Tous Migrants2 a été de répondre à la pression policière par une pression médiatique. Grâce à ce travail de médiatisation, il a été possible, lors de l’arrestation de Benoît Ducot le 10 mars dernier pour avoir voulu conduire à l’hôpital Marcella, une femme nigérianne en train d’accoucher, de mobiliser immédiatement les médias sur ce sujet et d’organiser une manifestation à la PAF lors de la convocation de Benoît. La pression médiatique maintenue par les citoyen·nes, surtout dans une région à haut revenu touristique, a très certainement un impact positif sur la diminution du contrôle policier ainsi que des condamnations des gens solidaires.

      Mais au quotidien, les stratégies à adopter pour faire face aux menaces qui pèsent sur les activités d’aide aux personnes étrangères divisent les bénévoles. Le fait de s’organiser pour être le moins visible possible, d’aider les migrant·es à partir le plus vite possible de la vallée pour ne pas que trop de gens y restent, en un mot, de jouer le jeu de cache-cache imposé par la police, ne fait pas consensus au sein des militant·es. Car faire le jeu de la police, c’est aussi assurer le secours en montagne à la place de la gendarmerie de haute-montagne, par peur qu’elle mette en péril des personnes en les refoulant à la frontière et en toute illégalité ; c’est aussi prendre en charge bénévolement et dans le secret l’accueil des demandeur·euses d’asile qui relève normalement du devoir de l’Etat ; c’est aussi financer soi-même les trajets hebdomadaires des mineurs jusqu’au conseil départemental à Gap, ce qui relève de la reponsabilité de l’Etat. C’est enfin assumer le fait d’envoyer rapidement dans les grandes villes des personnes qui n’ont pas de contacts là-bas et se retrouvent à la rue, invisibles, sans réseau de solidarité sur lequel s’appuyer.

      La stratégie de la peur pousse les bénévoles à agir toujours plus dans l’ombre, discrètement, et continuer de faire fonctionner une situation qui relève d’une imposture de la part de l’Etat. Or, tout le monde n’est pas d’accord pour continuer d’accepter cela, alors que les arrivées sont toujours plus nombreuses et que la répression ne cesse pas : mettre en pleine lumière la responsabilité de l’Etat, les pratiques illégales et inhumaines de ses agents, est ce que souhaitent la plupart des citoyen·nes solidaires… qui se contraignent pourtant au silence, par peur de la répression et surtout par peur que celle-ci s’exerce sur les personnes étrangères pour lesquelles cette solidarité est mise en oeuvre.

      Des débats politiques sur la stratégie à adopter continuent donc d’avoir lieu parmi les citoyen·nes solidaires. Au quotidien, les bénévoles acceptent toutes ces charges, parce qu’ils et elles ont la conviction qu’offrir un accueil digne aux personnes étrangères est ce qu’il y a de plus important. Mais quand les citoyen·nes solidaires manquent de relais, manquent de force, manquent de sommeil ou n’ont plus assez d’argent pour faire tourner les lieux de vie collective, la question du bras-de-fer avec l’Etat ressurgit : n’est-on pas la dupe d’une manipulation, qui nous oblige à prendre en charge dans le secret l’accueil des migrant·es dans la région, tout en nous réprimant et nous menaçant ?

      19 avril 2018 derootees

      Depuis 2015, dans le cadre de la « lutte anti-terroriste » menée par l’Etat français, on a assisté à une intensification de la répression policière et juridique vis-à-vis des citoyen·nes solidaires avec les étranger·es, notamment aux zones frontalières. L’inculpation, entre juillet 2015 et janvier 2017, de 9 citoyen·nes des Alpes Maritimes, a vu ressusciter les débats autour du poussiéreux « délit de solidarité », institué en 1938 (dans un climat dont chacun·e devine qu’il était particulièrement xénophobe…)

      Le dossier en ligne du Gisti sur le délit de solidarité montre comment les évolutions progressives du droit sont devenues de plus en plus floues de sorte qu’il n’ait plus vocation à réprimer les trafics et réseaux mafieux à la frontière, mais à englober dans le champ des répressions les pratiques d’aide gratuite et solidaires vis-à-vis des étrangers. Cette évolution est le fruit d’une représentation de continuité entre l’immigration clandestine et le terrorisme : ainsi, dès 1996, l’aide au séjour irrégulier est intégrée parmi les infractions à visée potentiellement terroriste. Depuis les années 2000, on assiste à une extension des immunités (notamment pour « motifs humanitaires ») mais aussi, simultanément, à une aggravation des sanctions et de la répression des citoyen·nes solidaires avec les étranger·es sans-papiers.

      Tout un arsenal législatif a ainsi vocation à limiter les activités bénévoles de citoyen·nes solidaires : l’ « aide à l’entrée et au séjour irréguliers », punis de 5 ans d’emprisonnement et de 30 000 euros d’amende, mais aussi les « délits d’outrage, d’injure et de diffamation ou de violences à agent publics », utilisés selon le Gisti pour » défendre l’administration et la police contre les critiques dont leurs pratiques font l’objet ». A ces motifs s’ajoutent des pratiques plus sournoises de dissuasion, qui procèdent de la même volonté politique : « Il s’agit de priver l’étranger en situation irrégulière en France de toute forme de soutien : amical, politique ou juridique mais aussi, au-delà, de signifier à la population en général et aux militant·es en particulier qu’on ne peut s’opposer impunément à la politique gouvernementale quelles que soient la détresse humaine et les horreurs qui lui sont inhérentes. »

      Outre le choquant paradoxe de l’expression « délit de solidarité », la défense juridique lors des procès des citoyen·nes de la Roya remet en cause les pratiques de l’Etat : que fait-il du droit international qui consacre le droit pour chacun « de participer à des activités pacifiques pour lutter contre les violations des droits de l’homme et des libertés fondamentales » ? Que fait-il de l’injonction d’assistance à personne en danger, surtout en contexte de montagne ?

      Le positionnement politique des citoyen·nes inculpé·es, qui assument leur solidarité avec les sans-papiers, va encore plus loin : si les personnes mettent leur vie en péril en passant par des chemins dangereux, c’est parce qu’elles se cachent de la police, et ont peur d’être arrêtées. En tant que personnes vulnérables en montagne, c’est à la gendarmerie de haute montagne de leur porter secours ; en tant que demandeuses d’asile (pour la quasi-totalité d’entre elles), ou mineures (pour la moitié d’entre elles) ces personnes devraient être prises en charge par la police, puis par la préfecture, dans une logique de protection prévue par le droit français. Ce sont les pratiques illégales par la police de refoulement aux frontières qui (re)mettent en danger les personnes migrantes (souvent abandonnées en montagne dans un froid extrême après leur arrestation).

      Le délinquant, le criminel, c’est l’Etat, objectent donc les collectifs de soutien, qui ne respecte ni les traités internationaux, ni les lois, ni aucune des valeurs d’asile de fraternité de la République. Dans les Alpes-Maritimes, l’heure est donc à la mobilisation collective, juridique et politique aux côtés de ces « délinquant·es solidaires » pour les soutenir dans leur procès et montrer que la société civile n’adhère pas au discours qui fait d’elles et eux des criminel·les.

      Qu’en est-il dans les Hautes-Alpes ? La route qui s’est ouverte progressivement au cours de l’année 2017 en fait, depuis plus de six mois, un des principaux passages vers la France. Dans le Briançonnais, les mêmes événements se sont enchaînés, rapidement, qu’à Menton et dans la Roya : augmentation brutale du nombre de personnes traversant la région pour entrer en France, organisation citoyenne pour faire face à une situation humanitaire d’urgence, militarisation de la frontière grâce à des équipements et des renforts policiers, répression des personnes clandestines… Et prise en étau des bénévoles solidaires au coeur de ce dispositif de répression, lequel vise avant tout les personnes étrangères, mais également tous les gens qui leur viennent en aide.

      L’association Tous Migrants estime que depuis le printemps 2017, entre 40 et 50 personnes ont été arrêtées et convoquées à la PAF, principalement pour délit d’ »Aide à la circulation, à l’entrée ou au séjour de personnes en situation irrégulière ». On peut estimer que plus du double ont été interpelé-es par des agents de police ou de gendarmerie dans l’exercice d’un acte de solidarité. On compte également au moins 5 gardes-à-vue. Benoît Ducos, un de nos camarades dont le nom a été relayé par les médias pour être venu en aide à une femme nigérianne enceinte, est à la fois menacé d’un procès, et sollicité par de grandes ONG italiennes pour recevoir des prix pour son « héroïsme »… Cela résume aussi bien le contexte absurde et paradoxal (et ironique) dans lequel nous oeuvrons.

      manif benoît

      Rassemblement de soutien à Benoît Ducos, SB mars 2018

      Jusqu’à maintenant, dans les Hautes-Alpes, les convocations sont restées sans suite ; mais comme les événements de la Roya sont un sombre présage pour leur futur proche, les nombreux·ses citoyen·nes solidaires du Briançonnais sont plongé·es dans l’anxiété. La répression, à défaut d’être judicaire, est policière ; et elle prend parfois des formes plus détournées encore : pressions morales, psychologiques, financières… A Briançon et dans la vallée de la Clarée, tout se joue encore sur le terrain, dans l’informel, dans les interactions directes avec les officiers de police et gendarmerie, ou les agents de l’Etat. Leur caractère aléatoire, mouvant, complexe, entraîne une invisibilisation de cette répression par l’Etat des activités solidaires.

      Les témoignages recueillis ci-dessous évoquent différentes manières grâce auxquelles l’Etat développe sa stratégie d’intimidation des personnes solidaires dans le Briançonnais. Un recueil de ces témoignages et une mise en commun des expériences individuelles sont indispensables pour dénoncer ces phénomènes qui ne sont pas isolés, mais s’inscrivent au contraire dans une politique calculée de l’Etat français à travers une stratégie de la peur.

      661_liberation-actu-articles_cea_95b_fce074c01b2c9b8b467b7dcafb_dans-les-alpes-un-militant-convoque-par-la-police-pour-avoir-aide-une-migrante-enceinte 1104806.jpg

      Manifestation devant la PAF, source : Libération
      La méthode atmosphérique : création d’un climat de tension

      Le nombre relatif d’arrestations n’évacue pas le contact au quotidien, pour les habitant·es du Briançonnais et particulièrement celles et ceux de la vallée de la Clarée, avec une présence policière lourde et un contrôle incessant, particulièrement féroce durant la période de la fin de l’été à début décembre 2017. A la gendarmerie locale, la douane, la Police de l’Air et des Frontières, le PSIG, la Police et Gendarmerie de Haute-Montagne initialement présents, se sont ajoutés les renforts venus de la région entière, dont des groupe d’interventions spécialisés comme la Brigade Anti-Criminelle, les CRS, des renforts de la vallée de la Roya, et même les sentinelles de l’armée.

      Les habitant·es et touristes témoignent des barrages quotidiens sur la route qui imposaient parfois quatre contrôles par jour aux personnes désirant descendre dans la vallée. Barrages, brigades mobiles, postes de surveillance, les renforts policiers de toute la région ne se sont pas contentés de sillonner les cols ou les routes durant cette période, mais aussi d’installer leur présence au coeur des bourgs de Névache, Val-des-Prés, de Briançon, de sorte à ce qu’aucun jour, et aucune nuit, ne se passe sans avoir le sentiment d’être surveillé·e par la police. Deux habitants de Névache décrivent la présence dans le centre du village de voitures de police avec leurs phares à 4h du matin, au pied de tous les d’immeubles. « On se fait du cinéma », conclut l’un d’entre eux, conséquence logique du fait que le petit village semble s’être transformé durant cette période en décor de cinéma.

      La provence jérémy michaudet.jpg

      Barrage quotidien à Névache, été 2017, source : La Provence

      Au même moment, les hélicoptères sillonnent régulièrement le ciel. « Le pire c’est l’hélico, c’est vraiment un sentiment d’oppression. Quand ils font des rondes, on sait que ce n’est pas pour le sauvetage, mais pour la surveillance », dénonce une habitante de Névache.

      Plus bas à Briançon, un Refuge a ouvert cet été pour permettre aux personnes migrantes de s’abriter après leur difficile traversée de la montagne. Bien que les sans papiers puissent être arrêté·es partout dans la ville, le Refuge a bénéficié d’une sorte d’immunité humanitaire. Malgré tout, pendant l’été et l’automne 2017, les rondes régulières des véhicules de gendarmerie devant le Refuge semblent menacer sa sécurité : « Ils roulent à une vitesse d’escargot, 20km/h, on se sent observés : t’es toujours suspect… J’ai pensé à d’autres pays où les gens sont sous surveillance et je me suis dit « on connaît ça ici ». On devient nous mêmes suspects« , confie une bénévole. Ces rondes s’ajoutent aux gendarmes en civil postés sur le parking devant le Refuge, et à la présence certifiée des renseignements généraux sur la même place. Cela renforce la croyance chez les bénévoles qu’ils et elles sont tou·te·s repéré·es, fiché·es, leurs voitures enregistrées.

      Alors que je recueille le témoignage de l’une de ces bénévoles, assises au soleil sur cette place, elle coupe son récit pour dire : « Et tu peux m’expliquer pourquoi il y a une voiture de police qui est plantée à côté de nous depuis 8 minutes ? ». Au moment où je tourne la tête, la voiture de gendarmes démarre. Cette pression est discrète, mais elle développe chez tous les volontaires des réflexes anxieux, d’auto-surveillance de leurs faits et gestes. Cela fait dire à une vieille dame bénévole « Ah, c’est encore la Gestapo ».

      Cette stratégie est développée aussi lors d’événements collectifs plus militants : « A chaque fois qu’on a fait des manifs à la PAF, ils nous ont photographiés, ainsi que les bagnoles… »

      Côté italien, les montées à la frontière de la police et des gendarmes ne concernent pas les migrant-es mais bien les militant·es. Dès le premier jour de l’occupation, une montée massive de la police (polizia, carabinieri, police politiques, voitures civiles) vers le lieu a ancré cette action dans un contexte de confrontation. Des voitures postées en observation devant le lieu que nous occupons, des tentatives régulières par des hommes en civil ou en uniforme discret (la police politique) d’entrer dans le lieu, suffisent à poser le climat. Interpellations sans justification, juste parce qu’on a un véhicule français, prise d’identité. Pour les personnes qui arrivent depuis la vallée par le bus, que nous accueillons dans le lieu en tentant de les mettre en sécurité, cette surveillance menaçante fait s’écrouler tout ce que nous avons mis en place en termes d’accueil. Alors que la police a tenté de rentrer dans le lieu, et que nous n’avons pas eu le temps de barricader, j’ai dû crier à des sans-papiers que nous accueillions depuis la veille de se cacher vite, pour ne pas qu’ils les trouvent : comment prétendre essayer de créer un climat de sécurité, dans ces conditions ?

      DSC05330

      Arrivée du bus de Clavière, cernée par les voitures de police et des renseignements généraux, SB avril 2018

      Les touristes qui ont fréquenté la région à la fin de l’été manifestent de manière unanime un choc vis-à-vis de cette présence policière démentielle et apparemment injustifiée. « Pendant l’automne, la vallée ressemblait plus à une scène de guerre qu’à une région touristique », s’accordent de nombreux·ses habitant·es. « On a senti un moment d’occupation. Quand ils sont partis, on a enfin pu respirer. »
      La tactique du « cow-boy » : courses-poursuites et mise en scène d’arrestations

      La stratégie favorite dans le Briançonnais est ainsi celle de l’intimidation. Celle-ci possède une dimension spectaculaire, au sens propre du terme : comme si la vallée était un théâtre, où après avoir planté un décor de guerre, des acteurs jouent aux opérations militaires de grande envergure.

      Les course-poursuites ont vocation à produire cet effet impressionnant. Une femme du Refuge raconte qu’en septembre, alors que la police surveillait constamment la gare de Briançon, empêchant le départ des migrant-es vers le reste de la France, des bénévoles avaient organisé un petit convoi pour descendre une dizaine de personnes vers la gare suivante, à l’Argentière, afin qu’elles puissent prendre leur train vers Paris. « On attendait dans l’herbe à côté de la gare, tranquillement, quand la police est arrivée : il a fallu se précipiter, en rampant, dans les voitures. On s’est précipités vers la gare suivante, Saint-Crepin, à toute vitesse. Là on attend, on surveille la gare. Pendant ce temps les jeunes sont dans la voiture et attendent que le train arrive. Quand il arrive on leur dit de courir. Ils montent dans le train, et direct après, horreur, on voit arriver la police ! Ils ont tous été arrêtés à Gap. »

      Une autre femme, habitante de la Clarée, raconte : « J’allais au boulot à quatre heure du matin, et il y a un gars qui m’appelle, qui venait de descendre l’Echelle et d’arriver dans la vallée. Je l’ai pris en voiture pour l’aider à descendre et il y en avait plein d’autres qui marchaient sur le bord de la route, ils couraient au milieu des voitures, dévalaient la pente. Alors je les ai emmenés aussi.

      Les gendarmes à Val-des-Prés en avaient déjà arrêté une vingtaine. Moi je les ai vus, et j’ai eu peur : j’ai accéléré. Ils m’ont poursuivie. Au village suivant, je me suis arrêtée « Sortez, courez ! », je leur ai dit. Les gendarmes nous ont tous poursuivis, un seul gars a réussi à s’évader, se cacher dans un jardin. J’étais prise au piège dans mon propre village. J’ai eu une sacrée frayeur ! »

      Comme beaucoup d’autres, cette femme n’a pas été re-convoquée par la suite, malgré son arrestation : les interventions musclées sur le terrain, confirment les bénévoles, ne comportent pas pour l’instant de suites judiciaires, elles se suffisent à elles-mêmes pour impressionner les citoyen-nes solidaires.

      La dimension dissuasive de ces course-poursuites est plus évidente encore quand elles concernent des gens qui ne transportent pas de migrant·es, mais qui se contentent de leur parler. Moi-même, alors que je me contentais d’observer, j’ai été prise en chasse par une voiture de police… qui n’avait rien d’autre à me reprocher que de rouler les phares éteints.

      L’intimidation se joue aussi dans la mise en scène de l’arrestation. Le ton de la voix, la manière d’interpeler, font partie du jeu de scène. On me raconte, à chaque contrôle du véhicule, les phares de voiture et lampes en pleine figure pour éblouir, les arrestations à grands cris, contrôles d’identité, fouille du véhicule – même quand il n’y a rien à signaler.

      DSC05140.JPG

      Barrage sur la route de Briançon à Montegenèvre, SB, avril 2018

      Un militant raconte son arrestation récente : les armes braquées sur lui, une ouverture à coups de pieds de la portière de la voiture, les personnes agrippées brutalement, menottées avant d’être conduites à la gendarmerie. Un autre homme arrêté au col de l’Echelle alors qu’il transportait une femme enceinte et sa famille a fait l’objet d’une arrestation brutale : ses voisins racontent que les gendarmes lui ont esquinté les bras, et qu’il a eu très mal par la suite.

      Enfin, pour certaines personnes arrêtées, la violence verbale grossière est utilisée pour forcer la peur. Une militante me raconte : « J’ai une copine qui a été arrêtée à la PAF alors qu’elle emmenait des mineurs se signaler, à la demande de la gendarmerie. Elle a été cuisinée, a raconté qu’elle avait aidé les gens à prendre leurs billets de train. La personne qui l’interrogeait lui a tenu des propos odieux, sexistes, racistes, machistes, et des gestes obscènes. Pendant un mois, elle a arrêté ses activités bénévoles. Elle ne veut pas témoigner, elle est très intimidée. »

      24 mai 2017 le dauphiné.jpg

      Manifestation à la PAF contre l’arrestation d’une bénévole, le soir de l’attaque de la voiture de police, source : Le Dauphiné Libéré, 24 mai 2017

      Enfin, le cas le plus grave recensé à la frontière a été une violence physique contre un manifestant, en mai 2017, renversé par un véhicule de police alors qu’il était venu soutenir avec une trentaine d’autres citoyen·nes solidaires des réfugié·es et une travailleuse sociales qui avaient été arrêté·es par la PAF. Voici le témoignage relayé par la presse de la victime de cette violence : « Une voiture de police part sur les chapeaux de roues (…) à son bord 2 ou 3 réfugiés, direction le poste de police en Italie. (…). Spontanément, une dizaine d’entre nous décident de se mettre au milieu de la route et de mettre nos simples corps comme barrière naturelle à l’expulsion. Le chauffard essaye de forcer le passage en faisant vrombir le moteur, et en avançant pare-choc contre tibias. L’une d’entre nous tombe devant la voiture. Le reste des flics présents mettent des coups pour nous dégager de la chaussée. La voiture de police (…) active une grande marche arrière( à contre-sens) puis repasse en marche avant et se met soudainement à accélérer. Elle fonce, 50 peut-être 60 kilomètres heure, Pas de gyrophare. Pas de sirène.

      Je suis au milieu de la chaussée, je regarde la voiture de police arriver, elle ne décélère pas. (…) La bagnole continue sa course et me percute. (…) Je me retrouve ensuite sur le bitume et la roue arrière du véhicule me passe sur la jambe, au-dessus de la cheville. La voiture continue sa course comme si de rien n’était. Une fois au sol je m’ aperçois que plein de gens hurlent. J’hurle aussi. Sur ma droite un mec en costard, un cadre la PAF, ou de la préfecture me regarde comme un déchet. Il fait demi -tour et retourne sur ses pas pour aller se planquer dans le bâtiment du ministère de l’intérieur. Il est témoin direct de l’action. (…)

      Un policier de la PAF […] me lance « fallait pas te jeter sur la voiture »…on suppose que ce sera la version officielle. Les gendarmes ne prennent aucun témoignage des faits qui viennent de se passer. Certains policiers esquisse[nt] des sourires. Je suis pris en charge par les pompiers avec une atèle au pied droit. Les gendarmes n’ont toujours pris aucun renseignement auprès des témoins présents. J’arrive à l’hôpital. » Cet événement qui aurait pu entraîner la mort du manifestant, dénoncé avec force par les associations locales et par la presse, a été vécu comme une violence extrême à l’encontre des citoyen·nes solidaires, marquant une ère de confrontation définitive entre la police et les gens locaux.
      La méthode Stasi : menaces individuelles

      La stratégie de la peur ne se limite pas aux arrestations ponctuelles : elle fonctionne aussi de manière préventive, sous la forme de la menace. En Italie, la dernière fois que la police politique a pris mon identité, ils nous ont assuré qu’ils connaissaient les visages de chacun-e d’entre nous, savaient parfaitement qui entrait et qui quittait le lieu, à toutes les heures, et que prochainement une arrestation massive tomberait sur tou-te-s les occupant-es.

      DSC05327.JPG

      Surveillance des gendarmes italiens sur la place de l’église à Clavière, SB, avril 2018

      L’été dernier, un habitant de la Clarée connu pour avoir accueilli beaucoup de jeunes migrants a bénéficié d’une visite à son domicile de la gendarmerie doublée d’une perquisition : « Ils sont venus, ils ont évacué les gars, ils ont retourné les matelas… » Au printemps, deux gendarmes s’étaient déjà baladés chez tous les commerçants avec deux photos dont la sienne, en demandant : « Est-ce que vous connaissez cet homme ? ».

      Une autre militante, que nous appellerons ici Séraphine Loulipo, relate un épisode de cet été avec des amis. Après avoir accompagné au Refuge un jeune homme, ils se rendent compte qu’ils sont observés sur le parking du refuge par un homme en civil, assis sur le muret, qui leur lance : « De toutes façons j’ai toutes les images, j’ai tout filmé…. Votre voiture est fichée, nous on ne va pas vous lâcher, ça ne va pas se passer comme ça. »

      Trois jours plus tard, Mme Loulipo se heurte à un barrage de police sur la route de la Clarée. « Ah, Séraphine Loulipo », dit immédiatement le gendarme qui la contrôle, à la seule vue de son véhicule. « Ca va bien, le trafic des migrants ? ». Puis d’ajouter : « Mettez vous sur le côté, on va bien lui trouver quelque chose à cette voiture. » Alors qu’elle cherche le gilet jaune obligatoire dans tous les véhicules, il prépare d’avance sa contravention et se gausse : « Je l’apporterai directement chez vous ». Alors qu’elle retrouve le gilet, le gendarme se met alors en colère, et la menace : « Ca ne va pas se passer comme ça, vous allez finir en garde-à-vue. » Mme Loulipo est ainsi rentrée chez elle persuadée que la police connaissait ainsi, en plus de son nom et de son véhicule, l’adresse où elle vit avec ses enfants.

      Le mois dernier, un autre bénévole a bénéficié d’une de ces séances d’intimidations. « Ils sont venus me voir à mon boulot, sur mes horaires de travail. Ils étaient 3, en uniforme. Ils m’ont engueulé. « On t’a vu ! (…) Tu vas te faire choper, on peut te faire fermer ton commerce, on va saisir ton véhicule. » Puis on a discuté, j’ai réagi calmement, le gendarme s’est calmé. A la fin, il m’a même dit : « C’est bien, fais selon tes convictions. Mais si je te chope, je t’aurai. » L’homme qui me confie cette histoire ajoute en conclusion : « Mais moi je sais que je ne crains rien. Quand on fait peur aux gens, c’est qu’on ne va pas vraiment les arrêter. »
      L’effet des arrestations sur l’activité des bénévoles . Une stratégie efficace ?

      Ainsi les méthodes de contrôle policier des activités solidaires dans le Briançonnais fonctionnent-elles plus sur l’intimidation et la menace que la punition. Elles ont un caractère anticipatoire : faire en sorte que les personnes renoncent, d’elles-mêmes, à aider les sans-papiers qui arrivent par la montagne.

      Les moyens mobilisés au profit de cette stratégie ont nécessairement eu un impact. La simple présence policière a un effet dissuasif, comme me le raconte une bénévole dont la propriétaire est une dame âgée, qui aimerait bien accueillir des migrant·es qu’elle voit quotidiennement sous sa fenêtre, mais qui est terrorisée par la police ! « Ne dites pas que je vous l’ai dit », a-t-elle confié à sa locataire.

      Il y a de nombreux cas de bénévoles qui, suite à leur arrestation, ne reviennent pas au Refuge pendant plusieurs semaines ou plusieurs mois, ou qui limitent leurs activités à des choses pour lesquelles elles ne peuvent pas être arrêtées (ne plus aller à la gare, ne plus faire de transport ou de covoiturage…). La bénévole du Refuge qui a été poursuivie à la gare de l’Argentière, m’a raconté que : « Moi depuis, je ne fais plus rien [en transport]. J’ai eu tellement peur, le coeur qui battait. J’étais pas bien. J’ai ma fille, je peux faire une garde à vue, à la limite, quand elle n’est pas là, mais pas quand elle est là… (…) J’étais dans un film. C’est pas ma vie, ça, c’est pas ma vie. »

      Mais pour l’écrasante majorité des citoyen-nes solidaires, la conviction profonde de la légitimité de leur engagement est un moteur plus puissant que la peur d’être arrêté·e, même d’être poursuivi·e.

      Malgré tout, beaucoup ont, depuis un an, perdu totalement confiance et développé une peur vis-à-vis de la police et des institutions étatiques : cela peut se traduire par une nervosité dès que la police est dans les parages (c’est-à-dire constamment), une boule dans le ventre en permanence, une angoisse pour ses enfants et sa famille… Certain·es témoignent d’une paranoïa quotidienne avec l’impression d’être observé·es en permanence, surtout via leur téléphone. Cette question de la surveillance hante les conversations quotidiennes, renforcé par la rapidité de circulation des rumeurs : j’ai vu une voiture de police ici, là ils contrôlaient, ils sont restés plantés longtemps, ça m’a paru étrange…

      J’ai moi-même ressenti cette évolution au fil de mon temps à Briançon : les premières maraudes en montagne, alors que je ne connaissais personne qui avait été arrêté-e, me paraissaient la chose la plus naturelle du monde, un geste évident de mise à l’abri. Ce n’est qu’à force de voir se multiplier les arrestations autour de nous, de recueillir ces témoignages individuels de pression policière, que l’angoisse un peu sourde du contexte Briançonnais m’a gagnée. Un mois et demi plus tard, quand je suis seule en voiture, les sentiments qui m’envahissent sont de l’ordre du qui-vive, de la mise en garde, car je suis à moitié persuadée que ma voiture est repérée aussi. Je ne discute plus au téléphone sans douter que quelqu’un m’écoute, je ne parle plus aussi librement quand il y a un téléphone, même éteint, dans la pièce…

      « La peur d’être arrêtée ça déclenche beaucoup de tensions chez moi. J’avais tellement peur en roulant », se souvient une dame solidaire. Mais quand je lui demande si elle a déjà considéré arrêter d’aider les jeunes migrants à cause de sa peur, elle écarquille les yeux : « Non, bien sûr que non !« . On continue, donc, et on s’habitue à la peur.

      En effet, certaines personnes solidaires ont développé une sorte de nonchalance lasse, déjà habituée, vis-à-vis des arrestations : quand je demande à une amie arrêtée la semaine dernière si « Ca va ? », elle hausse les épaules : « Tu sais, moi je m’en fiche, on est habitué·es ». Je garde en tête une scène qui a eu lieu sous mes yeux au Refuge, tout à fait caractéristique de cet état d’esprit de relativisation par l’habitude : un couple âgé vient proposer de donner un coup de main de temps en temps et offre de descendre des personnes jusqu’à Gap si jamais elles en ont besoin.

      Une bénévole, immédiatement : « Vous savez ce que vous risquez, hein ?

      (haussent les épauples) Oui, bah…
      Parce que moi, j’ai été poursuivie par les flics ! Je vous assure que ça ne s’oublie pas…
      Oui, mais on peut prendre le risque. (souriant) On n’a pas d’enfants, on a 75 ans, on ne risque pas grand-chose…
      Et Martine, de la Roya ? Elle aussi, elle a 75 ans !
      Bah, vous savez, au pire, la prison, c’est un truc que je n’ai encore jamais fait dans ma vie !

      J’en profiterai pour lire des livres… »

      Comme dans d’autres zones de violence policière généralisée, une sorte d’habitude cynique s’est développée chez beaucoup de bénévoles. Lors de la journée d’étude du 15/12/2017 organisée par le groupe BABELS sur la police et les migrants, Lou Einhorn, psychologue pour Médecin du Monde à Calais, soulignait justement le danger de cette intériorisation par les bénévoles de la banalité de la violence : ils et elles peuvent avoir tendance à relativiser la violence due à la police également auprès des personnes migrantes qu’ils et elles accueillent. Or, cette violence, ou cette tension, peuvent raviver des traumatismes et certaines personnes peuvent les ressentir comme insoutenables ; si les bénévoles, habitué·es à ce que la violence ou la surveillance fasse désormais partie du quotidien, ont mis en place des mécanismes de protection en banalisant et relativisant cette violence, ils et elles peuvent ne pas être à l’écoute des personnes qui en sont affectées.

      DSC05022.JPG

      Bénévoles sur le parking de la MJC, SB, mars 2018

      Par ailleurs, la menace d’être arrêté·e agit comme une contrainte lourde sur l’activité solidaire : elle exige beaucoup plus d’organisation. Elle renforce la nécessité de toujours envoyer une voiture éclaireuse, qu’elle vienne du haut ou du bas de la vallée, pour vérifier que la voie est libre ; potentiellement d’y être à deux personnes pour pouvoir prévenir les autres par téléphone tout en conduisant. Elle implique de calculer les marges de temps avant chaque départ, d’observer les roulements des gardes policières pour passer au bon moment, d’impliquer potentiellement d’autres habitant·es solidaires sur le trajet pour ouvrir leur maison comme lieu de repli au cas où.

      Tout cela a deux effets majeurs : d’abord, la mobilisation nécessaire de toujours plus de bénévoles pour prendre des précautions afin d’assurer la sécurité des personnes migrantes et des bénévoles eux-mêmes. Or, quand les réseaux de solidarité sont petits, cela oblige les mêmes personnes à se mobiliser deux fois plus : en journée, alors que certains travaillent, en soirée, très souvent au milieu de la nuit, voire toute la nuit… Plus il y a besoin de monde, plus les mêmes personnes enchaînent les nuits passées en montagne, au lieu de se reposer. La fatigue physique s’ajoute donc à la tension psychologique des bénévoles, épuisant les troupes jusqu’à mettre en péril leur organisation. A long terme, la surveillance agit ainsi comme une stratégie indirecte d’auto-épuisement des bénévoles et de leurs activités.

      Le deuxième effet qui découle d’une organisation minutieuse des trajets d’aide aux personnes migrantes est la sensation pour certain-es d’organiser un trafic, bien que celui-ci soit bénévole et à vocation solidaire. Or, il est intéressant de constater que les discours de la préfète des Hautes-Alpes1 condamnent précisément tout ce qui est de l’ordre du « réseau organisé », alors qu’elle dit tolérer qu’on vienne en aide, individuellement, à la personne vulnérable qui passe sous sa fenêtre. Dans les faits, c’est précisément le contrôle policier incessant et la remise en danger, en montagne, des personnes arrêtées, qui oblige les bénévoles à mettre en place un réseau organisé de transport : la préfecture provoque ainsi elle-même l’activité dont elle accuse les habitant·es solidaires.

      comunita di destinu.jpg

      Maraude, hiver 2017, source : comunita di destinu

      Ce glissement d’une activité qui se veut simplement solidaire vers une activité dite « illégale » est vécu par les habitant·es comme quelque chose qui leur est imposé par le contrôle policier : « Nous on veut travailler avec les secours en montagne et on se présente comme secours en montagne. Sauf qu’avec les pratiques politiques, dès qu’ils sont dans la rue, ils ne sont plus en sécurité. Du coup on organise des convois : notre démarche, c’est qu’on ne veut pas en perdre un seul, et on ne veut pas que les Français aient des ennuis », dit l’un d’eux. Cela implique donc une grande organisation qui, sur le terrain, s’apparente à un « jeu de cache-cache » extrêmement anxiogène pour les personnes exilées. Leur arrivée en France se fait ainsi dans un contexte de peur qui peut raviver des traumatismes récents.
      Bavures policières ? Le plan de Macron

      Vis-à-vis de ces pratiques quotidiennes d’intimidation, il serait facile pour le gouvernement d’argumenter qu’il s’agit de glissements locaux liés à un terrain particulier, à une « zone de tension » ou « zone de crise », bref, des situations ponctuelles et exceptionnelles qui n’ont rien d’emblématique. Or, à chaque fois que les habitant·es solidaires ont eu l’occasion de discuter avec des agents de police sur le terrain, et notamment en ce qui concerne leurs pratiques illégales de refoulement de demandeur·euses d’asile et de mineurs, ceux-ci ont eu pour simple discours que tous les ordres venaient « d’en haut ».

      Par ailleurs, d’autres moyens de pression plus discrets mais encore plus efficaces prouvent que la volonté d’interrompre par tous les moyens les activités bénévoles vient aussi de la préfecture, et à travers elle, de l’Etat. Notamment, la préfecture a fait barrage aux demandes de subventions nationales et européennes de la MJC, lieu central à Briançon, qui agit à la fois comme centre social et comme moteur d’activités culturelles pour la ville. Cette MJC a été un des premiers lieu d’accueil des personnes migrantes à Briançon quand la frontière des Hautes-Alpes est devenue un lieu de passage, parce qu’elle disposait déjà de la MAPE-monde, un dispositif d’accès aux droits pour les étrangers : sans subventions, la MAPE-monde ne peut plus continuer ses activités d’aide à la demande d’asile. Le motif invoqué, de manière très claire, par la préfète, pour justifier ce blocage des demandes de subventions, est que « l’Etat ne peut pas soutenir des associations qui vont à l’encontre de sa politique. »

      alpes 1 7 juin 2017.jpg

      Manifestation des exilé-es dubliné-es du CAO, juin 2017, source : Alpes 1

      Comme les périodes de resserrement des contrôles à la frontière sont entrecoupées de périodes beaucoup plus laxistes de la part des contrôles policiers, au point que la politique menée semble contradictoire, les bénévoles se posent des questions : quand trop de personnes arrivent d’un coup au Refuge solidaire, il est vrai que la situation à Briançon devient explosive pour tout le monde. Quand l’occupation de la gare SNCF a été délogée par une intervention massive de CRS, cela faisait trois jours qu’il n’y avait aucun contrôle à la frontière et que tout le monde descendait. Certain-es se demandent si un « jeu du pourrissement » à Briançon n’est pas mis en place de manière stratégique pour justifier une intervention militaire plus massive… L’avenir le dira.

      Les différents éléments de terrain décrits dans cet article sont épars, divers, inégaux ; ils témoignent d’un répertoire très large des moyens de pressions employés dans le Briançonnais pour décourager les citoyen·nes solidaires. Cette diversité joue également le jeu d’un discours qui les présenterait comme des phénomènes ponctuels et séparés. Or, il est nécessaire de les présenter ensemble, non pas comme des faits distincts mais comme un continuum du contrôle policier, un ensemble de moyens au profit de la même stratégie étatique de lutte contre l’entrée sur le territoire de personnes étrangères en situation irrégulière, et de répression des gens locaux qui les aident.

      DSC05338.JPG

      Evacuation de la gare de Briançon par 60 CRS, SB, avril 2018
      CONCLUSION.
      Pression, contre-pression : des débats sur la résistance à mettre en oeuvre

      Localement, des résistances sont à l’oeuvre contre la répression des solidarités. Les voisins et voisines, même celles et ceux qui ne partagent pas les idées politiques des bénévoles, font preuve d’une complicité passive quand ils et elles les avertissent discrètement d’un barrage de police plus bas dans la vallée. Une sorte de résistance de fond de la population locale, ulcérée de toutes part par l’omniprésence et la démesure des contrôles, permet une solidarité discrète entre les habitant·es de la vallée, au-delà des désaccords idéologiques.

      De la part des habitant·es menacé·es par les contrôles, de nombreuses tentatives de dialogue vis-à-vis des institutions policières ont été entreprises. Une tentative d’entretien avec les secours en montagne, pour mettre en place une stratégie commune de sauvetage des personnes en danger, qui s’est soldée par un relatif échec de la discussion ; entretien avec l’officier de police judiciaire pour vérifier leur droit à dénoncer les pratiques illégales constatées par les citoyen·nes de la part des agents de police, qui n’a pas abouti non plus. La fermeture totale des institutions policières, l’opacité et le secret dans lequel elles agissent, empêchent tout dialogue avec les citoyen·nes solidaires.

      La stratégie de mobilisation mise en oeuvre par l’association Tous Migrants2 a été de répondre à la pression policière par une pression médiatique. Grâce à ce travail de médiatisation, il a été possible, lors de l’arrestation de Benoît Ducot le 10 mars dernier pour avoir voulu conduire à l’hôpital Marcella, une femme nigérianne en train d’accoucher, de mobiliser immédiatement les médias sur ce sujet et d’organiser une manifestation à la PAF lors de la convocation de Benoît. La pression médiatique maintenue par les citoyen·nes, surtout dans une région à haut revenu touristique, a très certainement un impact positif sur la diminution du contrôle policier ainsi que des condamnations des gens solidaires.

      DSC05024.JPG

      Manifestation de soutien à Benoît Ducos, SB, mars 2018

      Mais au quotidien, les stratégies à adopter pour faire face aux menaces qui pèsent sur les activités d’aide aux personnes étrangères divisent les bénévoles. Le fait de s’organiser pour être le moins visible possible, d’aider les migrant·es à partir le plus vite possible de la vallée pour ne pas que trop de gens y restent, en un mot, de jouer le jeu de cache-cache imposé par la police, ne fait pas consensus au sein des militant·es. Car faire le jeu de la police, c’est aussi assurer le secours en montagne à la place de la gendarmerie de haute-montagne, par peur qu’elle mette en péril des personnes en les refoulant à la frontière et en toute illégalité ; c’est aussi prendre en charge bénévolement et dans le secret l’accueil des demandeur·euses d’asile qui relève normalement du devoir de l’Etat ; c’est aussi financer soi-même les trajets hebdomadaires des mineurs jusqu’au conseil départemental à Gap, ce qui relève de la reponsabilité de l’Etat. C’est enfin assumer le fait d’envoyer rapidement dans les grandes villes des personnes qui n’ont pas de contacts là-bas et se retrouvent à la rue, invisibles, sans réseau de solidarité sur lequel s’appuyer.

      La stratégie de la peur pousse les bénévoles à agir toujours plus dans l’ombre, discrètement, et continuer de faire fonctionner une situation qui relève d’une imposture de la part de l’Etat. Or, tout le monde n’est pas d’accord pour continuer d’accepter cela, alors que les arrivées sont toujours plus nombreuses et que la répression ne cesse pas : mettre en pleine lumière la responsabilité de l’Etat, les pratiques illégales et inhumaines de ses agents, est ce que souhaitent la plupart des citoyen·nes solidaires… qui se contraignent pourtant au silence, par peur de la répression et surtout par peur que celle-ci s’exerce sur les personnes étrangères pour lesquelles cette solidarité est mise en oeuvre.

      Des débats politiques sur la stratégie à adopter continuent donc d’avoir lieu parmi les citoyen·nes solidaires. Au quotidien, les bénévoles acceptent toutes ces charges, parce qu’ils et elles ont la conviction qu’offrir un accueil digne aux personnes étrangères est ce qu’il y a de plus important. Mais quand les citoyen·nes solidaires manquent de relais, manquent de force, manquent de sommeil ou n’ont plus assez d’argent pour faire tourner les lieux de vie collective, la question du bras-de-fer avec l’Etat ressurgit : n’est-on pas la dupe d’une manipulation, qui nous oblige à prendre en charge dans le secret l’accueil des migrant·es dans la région, tout en nous réprimant et nous menaçant ?

      masque-tm-e1521384957338.jpg

      Manifestation de soutien à Benoît Ducos, source : Tous Migrants

      ¤ Sarah ¤

      -----------------------------

      (1) Source : reportage RTS, 18/02/2018

      (2) Association locale responsable du plaidoyer et de la sensibilisation sur la question des personnes migrantes à Briançon

      https://derootees.wordpress.com/2018/04/19/chroniques-de-frontieres-alpines-1-reprimer-les-solidarites-la-

  • ’Ndrangheta, arrestati i ras dell’accoglienza migranti

    Retata in Calabria contro il clan #Arena, che gestiva di fatto il centro per migranti tra i più grandi d’Europa. Arrestati per associazione mafiosa anche il governatore della #Misericordia di #Isola_Capo_Rizzuto e il parroco fondatore della sezione locale della confraternita


    http://espresso.repubblica.it/attualita/2017/05/15/news/ndrangheta-arrestati-i-ras-dell-accoglienza-migranti-1.301446
    #Eglise #Calabre #asile #migrations #réfugiés #mafia #ndrangheta #Italie #accueil #logement #hébergement #Italie #Isola_Capo_Rizzuto #business #cara #Leonardo_Sacco
    cc @albertocampiphoto

  • Rifiuti, prostituzione e caporali: l’inferno di Rosarno

    Viaggio nel #ghetto più grande d’Italia. Più di 2500 migranti ammassati nella baraccopoli della Piana di #Gioia_Tauro. Il rapporto dei Medici per i diritti umani (Medu) si chiama “#Terraingiusta” e racconta “le condizioni spaventose” in cui vivono gli ospiti della spianata in provincia di #Reggio_Calabria


    http://www.repubblica.it/cronaca/2017/04/12/news/rifiuti_droga_e_caporali_l_inferno_di_rosarno_viaggio_nel_ghetto_piu_gran
    #déchets #prostitution #caporalato #Rosarno #rapport #Italie #Calabre

    • Magdalena, che difende i braccianti dal caporalato

      #Magdalena_Jarczak è arrivata in Italia nel 2001, in cerca di lavoro. Ha passato mesi d’inferno nelle campagne pugliesi. Ma ha avuto il coraggio di ribellarsi ai caporali e oggi è diventata la paladina dei braccianti senza diritti


      http://www.donnamoderna.com/news/italia/braccianti-agricoli-caporalato-magdalena-jarczak

    • Red gold and blood money: the fight to end modern slavery in Italy’s agricultural sector

      For #Yvan_Sagnet, a Cameroonian migrant working in a tomato field in Puglia, Italy, the last straw came on a hot summer’s day in 2011. The harvest was in full swing. Teams of undocumented labourers were busy working at 42°C with no access to water or toilet facilities.


      https://www.equaltimes.org/red-gold-and-blood-money-the-fight?lang=en
      #tomate #Pouilles

    • Rosarno, otto anni dopo: nella baraccopoli degli immigrati, senza acqua corrente né elettricità

      Il #ghetto di #San_Ferdinando è rimasto lo stesso, uomini che vivono nel fango e in condizioni igieniche pessime in attesa di una giornata di lavoro a cottimo. Lì dove il 7 gennaio del 2010 era scoppiata una rivolta non è cambiato niente

      http://www.corriere.it/video-articoli/2017/12/28/rosarno-otto-anni-dopo-baraccopoli-immigrati-senza-acqua-corrente-ne-elettricita/e7b13272-ebe2-11e7-9fa2-1bd82b1c1e98.shtml

    • “Bastonati e investiti dagli italiani”. Nell’inferno di Rosarno che attende Salvini

      Nelle baraccopoli 2.500 braccianti vivono in condizioni disumane. Emergency: “Almeno 30 colpiti volontariamente dagli automobilisti”

      http://www.lastampa.it/2018/03/17/italia/cronache/bastonati-e-investiti-dagli-italiani-nellinferno-di-rosarno-che-attende-salvini-XfsEbYNLD5vD2hPYq9aoKJ/pagina.html

    • Caporalato, i nuovi schiavisti minacciano #Marco_Omizzolo. Ma lui non si arrende

      Lui si chiama Marco Omizzolo, sociologo, giornalista, responsabile scientifico della associazione In Migrazione. Da anni studia, scrive e denuncia le infiltrazioni della camorra nell’agro-pontino, ricostruisce la catena del malaffare e della corruzione, ricostruisce e documenta la tragedia del caporalato e le nuove forme della schiavitù che segnano le esistenze di migliaia di esseri umani, a prescindere dal colore della pelle e da luogo di nascita.

      I nuovi schiavisti non fanno distinzione tra bianchi, gialli e neri, inseguono solo l’odore dei soldi. Marco Omizzolo, e con lui altri coraggiosi cronisti di quella terra, non ha solo scritto e descritto, ma è anche andato, accompagnato da un avvocato, e dai sindacalisti della Cgil, davanti ai caporali, e poi li ha denunciati e ha contribuito a mettere in moto indagini e inchieste che hanno infastidito chi ha bisogno del buio per realizzare profitti e affari che, spesso, si intrecciano con lo spaccio della droga e lo sfruttamento della prostituzione.


      https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/03/18/caporalato-i-nuovi-schiavisti-minacciano-marco-omizzolo-ma-lui-non-si-arrende/4233199
      #résistance

    • A Rosarno, la tendopoli delle donne

      Becky Moses, giovane nigeriana, muore carbonizzata in un ennesimo incendio scoppiato nella tendopoli di San Ferdinando a Rosarno. Questa volta è una donna, non è una bracciante e non raccoglie arance. Finora il popolo della tendopoli innalzato alle cronache è maschio, bracciante impiegato nella raccolta degli agrumi.

      Le immagini che ci accompagnano dalla famosa rivolta del 2010 sono di centinaia di migranti uomini africani scesi in piazza, per le vie del paese, pieni di rabbia, per protestare contro le violenze fisiche subite, lo sfruttamento nei campi e la vita da bestie vissuta in casupole fatiscenti sparse nelle campagne della piana di Rosarno e Gioia Tauro. In seguito alla rivolta l’anno dopo viene allestita la prima tendopoli a San Ferdinando, lontano dal paese, nella zona industriale, fatta di capannoni vuoti e abbandonati realizzati con la legge 488, ma le cui attività produttive non sono mai partite.

      Rosarno è da tempo conosciuta come la tendopoli più grande di Italia. Nei periodi di raccolta delle arance, da ottobre a marzo, vi vivono circa 2.500 immigrati e tanti di loro oggi vi risiedono in modo permanente anche tutto l’anno. Da anni si ricercano soluzioni, si investono finanziamenti ma di fatto si moltiplicano solo campi mai del tutto attrezzati. Inconcepibilmente l’ultima tendopoli è stata costruita priva di spazi dove poter cucinare mentre era previsto un servizio di catering, scelta insensata se pensiamo che ad abitare questa tendopoli vi sono una ventina di etnie con culture sul cibo tra loro diversissime. Il cibo, come si sa, è uno degli elementi che permette di mantenere la propria identità. E le persone, nei loro processi migratori, hanno bisogno di poter continuare a prepararsi un pasto secondo le proprie usanze e culture, e molte volte questo contribuisce un po’ ad alleviare le sofferenze che le migrazioni portano con sé, a rimanere ancorati alle proprie identità e radici culturali.

      Nei giorni che hanno proceduto le festività dell’ultimo Natale, Blessing è arrivata nella nostra comunità dopo essere stata presa in una retata della polizia mescolata con maman e sfruttatori che costringevano lei e altre ragazze a prostituirsi in strada. Anch’essa passata dalla tendopoli di Rosarno e poi spostata in altri luoghi della Calabria. Blessing ha dormito per due giorni interi, come se il suo corpo e la sua mente avessero avuto bisogno di allontanare da sé mesi e mesi di violenze e soprusi. Al suo risveglio abbiamo preparato insieme la cena di Natale per tutti, lei il suo piatto nigeriano e io quello calabrese. Ore e ore in cucina e lentamente lievitava quel sapore della vita che nutre identità diverse e dignità uguali.

      Così a San Ferdinando i migranti della nuova tendopoli vanno a cucinare e mangiare nella vecchia tendopoli, dove pur vivendo condizioni di grande degrado, con tende e baracche costruite con legni e plastiche riciclate, preferiscono continuare a preparare con fornelli e bracieri improvvisati i pasti secondo le loro usanze. E come in tutti gli slum qui pullula la vita, tra docce e latrine a cielo aperto, cumuli di rifiuti e spazzatura, dormitori con materassi messi direttamente sulla terra battuta, spazi di vita che non conoscono intimità.

      La tendopoli è anche un luogo di mercato, dove crescono piccoli business, minime attività commerciali avviate tra chi vende carne, chi ripara biciclette, chi gestisce piccoli night, chi vende bevande. Però il cibo viene condiviso, e chi non ne ha viene qui a cercarlo. Si forma così una sorta di “cittadella” tra persone che non sempre parlano la stessa lingua, una cittadella dove si può nascere e si può anche morire. Ma è anche un luogo di violenze, soprusi e sfruttamenti dove il più forte prevarica sul più debole.

      Alla tendopoli non arrivano più soltanto braccianti per la stagione agrumicola, spesso arrivano migranti richiedenti asilo in fase di ricorso contro il diniego da parte delle Commissioni territoriali. L’incertezza sulla regolarità di soggiorno non tocca solo i richiedenti asilo in fase di ricorso ma pure i titolari di permesso di soggiorno per motivi di lavoro e che in assenza di una forma contrattuale rischiano di non vedersi rinnovato il documento. Sono migranti che vivono condizioni di forte precarietà sia in termini abitativi che lavorativi. Vi è un ritorno in agricoltura anche di lavoratori stranieri che vivevano e lavoravano nel nostro Nord ma che con la crisi delle attività produttive hanno perduto il lavoro. Altri arrivano non sapendo in quale altro luogo andare, cercando un riparo, e trovando un sostegno tra i migranti dello stesso paese o continente. La tendopoli diventa così un luogo di mera sopravvivenza.

      Arrivata in Italia Becky era stata ospite in un progetto Sprar. Alcune settimane prima, però, si è vista rifiutare la richiesta di asilo politico e ha dovuto lasciare il progetto. In alcune realtà territoriali anche se hai fatto ricorso sei comunque costretta ad andar via. Ha cercato cosi, come altri, un appoggio presso i connazionali che vivono stabilmente nella tendopoli di San Ferdinando.

      La tendopoli per alcuni è un luogo di sosta, un momento di transito per proseguire altrove il viaggio, prima di spostarsi in altri territori come Castelvolturno, Foggia, Falerna, Sibari e adoperarsi nella raccolta agricola di altri prodotti stagionali come il pomodoro o la cipolla. Per le donne è un modo di cambiare il territorio dove prostituirsi, assecondando maman e sfruttatori che hanno bisogno continuamente di “nuova merce”. Per altri il viaggio termina qui, in questo luogo non luogo, e qui possono rimanere anche per anni.

      Negli ultimi due anni la tendopoli di San Ferdinando ha visto aumentare la presenza femminile. Prima le donne si contavano sulla punta delle dita, adesso ce ne sono circa un centinaio, quasi tutte giovanissime e per lo più nigeriane. Campavano nella parte dove è scoppiato l’incendio che ha ucciso Becky e gravemente ustionato due sue connazionali. In gran parte né le donne e né gli uomini nigeriani occupano la filiera di coloro che vanno a lavorare nei campi. Molti uomini sono dediti a imbastire le fila dei traffici di droga e dai proventi della prostituzione possono investire sempre più nello spaccio di cocaina. Le donne nella tendopoli sono, quasi tutte, costrette a prostituirsi sia dentro la tendopoli che nei pressi dei paesi vicini o in altre città calabresi raggiungibili in treno. E fanno quest’attività per 10 o 12 ore al giorno. Se devono raggiungere altre città partono la mattina per tornare la sera. Nelle stazioni da Lamezia Terme, Vibo Valentia, Gioia Tauro puoi incontrare in certe ore queste donne che regolarmente vanno e vengono in treno. In tendopoli i clienti sono gli uomini che la abitano, altrove i clienti sono italiani. I prezzi cambiano; per gli africani il costo è di 10 euro, per i vicini clienti italiani sono 20 euro; ma questi prezzi possono arrivare fino a 30-50 euro nei pressi delle città e secondo le prestazioni. Alcune di queste ragazze finiscono per risiedere nei paesi o nelle città.

      Tessy è originaria di Benin City (Nigeria), la città da cui proviene la maggior parte delle nigeriane. Dopo aver attraversato il Niger è giunta a Saba (Libia) dove è rimasta per 5 mesi chiusa in una casa, violentata e costretta con altre ragazze a prostituirsi, per poi essere imbarcata verso l’Italia. Approdata in Sicilia è stata trasferita in un centro di accoglienza del nord. Dopo alcuni giorni vi è stata prelevata da connazionali e trasferita a Foggia, dove una maman le porta i vestiti e le indica i luoghi in cui dovrà prostituirsi e le regole da osservare. Dopo qualche mese viene spostata a Rosarno nella tendopoli, che Tessy definisce una connection house, il nome col quale si indica un luogo di transito. Vi resta per un certo tempo prima di venire ritrasferita a Lamezia Terme, dove l’attende la maman con casa e programma di lavoro su strada. Per sette mesi è sottoposta ininterrottamente alla prostituzione fino a una retata notturna dei carabinieri, quando viene arrestata insieme ad altre sei ragazze oltre la baby maman, un brother e uno sfruttatore italiano. A seguito di vari colloqui con operatori antitratta, decide di denunciare i suoi sfruttatori e di entrare in un sistema di protezione per vittime di tratta.

      La responsabile del poliambulatorio di Emergency di Polistena che eroga prestazioni sociali e sanitarie a donne migranti presenti nella tendopoli racconta che alcune di esse arrivano al poliambulatorio accompagnate da connazionali. Forse tra loro vi sono anche maman, probabilmente sono quelle stesse a richiedere la visita e garantire il trasporto dalla tendopoli. È un servizio tra tanti altri che viene offerto per mantenere “in forma e salute” i loro “oggetti di produzione” (ovviamente a pagamento, aggiungendolo al debito già contratto nel paese di origine dove le ragazze vengono sottoposte a riti voodoo e mantenute sotto ricatto e altre forme di violenza, fisica e psicologica, fino a quando il debito contratto non verrà sanato. Solitamente il debito iniziale va dai 25 ai 30 mila euro). La funzione delle maman può essere duplice, a volte è lei a organizzare insieme ad altri connazionali il viaggio delle ragazze dalla Nigeria fino al luogo di destinazione dove essa stessa provvederà a far prostituire e a sfruttare le ragazze; altre volte sono considerate come baby maman e non sono altro che ragazze che sono state anch’esse vittime di tratta, a servizio dell’organizzazione che le sottopone a compiti di controllo per la consegna dei proventi della prostituzione al trafficante.

      La rendita garantita da una donna su strada è alta. Si stima che le organizzazioni criminali possano guadagnare, da una donna vittima di tratta immessa nel giro della prostituzione, un profitto fino a 150 mila euro in un anno. Svolgendo una ricerca in Calabria, abbiamo calcolato circa mille donne in strada da Rosarno a Gioia Tauro, da Lamezia Terme ad Amantea, dalla piana di Sibari al litorale jonico del Crotonese. Ovviamente i numeri non sono esaustivi della realtà. Basta un dato per capire la dimensione del fenomeno: 150 milioni di euro di guadagno all’anno, un grande business criminale sulla pelle di mille donne disperate.

      Glory racconta: sono arrivata a Rosarno che non sapevo parlare italiano e neppure lo comprendevo. Mi avevano istruita, ai clienti che mi fermavano su strada avrei dovuto mostrare due o tre dita in segno di 20 o 30 euro e dare tutti i soldi alla mia maman per iniziare a pagare il mio debito.

      Qualcuno la chiama “mafia nera” questa organizzazione criminale nigeriana che sta diventando simile alle mafie nostrane. Questa rete ha messo radici in buona parte dell’Europa ed è strutturata in confederazione di gruppi a volte divisi ma pronti a coalizzarsi. In Calabria si constata la presenza di due grandi organizzazioni, denominate “Black Axe” e “Eiye”. Oltre a essere violentissime, si caratterizzano per l’uso dei rituali magico-religiosi riferiti al voodo. Alcuni dicono che superano le modalità violente della ‘drangheta. Per l’affiliazione all’organizzazione utilizzano simboli che ricordano le nostre mafie, ci si entra per cooptazione e gli adepti devono dimostrare di saper agire con spietatezza e crudeltà. Nel mercato clandestino si occupano della bassa fascia della prostituzione, un settore in cui le nostre cosche criminali non intervengono da tempo. Fatti e indagini ci dicono però che stanno entrando sempre più negli affari di droga, grazie anche alle loro reti internazionali. Non dimentichiamo che il porto di Gioia Tauro, il più grande d’Italia e tra i più rilevanti di Europa e del Mediterraneo, è considerato la porta principale di entrata della droga nel nostro continente.

      A chi è utile la tendopoli di Rosarno? È una domanda a cui difficilmente potremmo rispondere se non con il rischio di darne letture circoscritte, punti di vista che ne ignorano altri. Nel corso degli anni i flussi dei finanziamenti arrivati per la tendopoli, non hanno cambiato nulla, il “modus operandi” è sempre lo stesso. Le strutture sono concepite come emergenziali e temporanee, la tendopoli è una misura “ponte” limitata nel tempo per offrire risposte a persone che non possono usufruire immediatamente di una abitazione, ma di fatto diventa permanente. E vi è anche il rischio che molti di questi soldi possano essere utilizzati da clan mafiosi attraverso ditte di costruzione e manutenzione a loro sottomesse, per il completamento dei diversi lavori. Rosarno è uno tra i vari comuni calabresi che è stato sciolto per mafia. Il lavoro nella piana di Rosarno è caratterizzato dalle forme di un’agricoltura assistita, sfruttata dalle multinazionali e dalla grande distribuzione che vi fa sopra ingenti profitti comprando gli agrumi a bassissimo costo. Oggi dei migranti che vivono a Rosarno meno della metà è occupata in agricoltura, oltretutto essi sono sottoposti a turni e ciascuno può fare al massimo due o tre giornate a settimana. San Ferdinando è divenuta lentamente non solo una tendopoli del “tempo della raccolta delle arance”, ma uno slum, un campo, una favela, una bidonville – cioè un insediamento umano densamente popolato con condizioni di vita di forte degrado, e a forte rischio sociale e sanitario. Oltre all’agricoltura vi si vive di occupazioni informali, un brulicare di attività rivolte all’interno e all’esterno dell’insediamento. La prostituzione è una di queste.

      Se la tendopoli non è più per tutti un luogo di transito o di “transumanza”, allora per chi vi rimane stabilmente, che vita può esserci in un contesto come questo? E queste persone aspirano ancora a qualcosa? Resta difficile a persone come noi, noi europei, cogliere la drammaticità della sopravvivenza che spinge a rimanere in luoghi simili quando ogni fatica di poter cambiare è stata troncata. È lo spazio di una umanità espulsa, e questi spazi degli espulsi, come sottolinea Saskia Sassen, “esigono con forza di essere riconosciuti sul piano concettuale. Sono tanti, stanno crescendo e vanno diversificandosi. Sono realtà concettualmente sotterranee che devono essere portate alla luce. Sono potenzialmente i nuovi spazi in cui agire, in cui creare economie locali, nuove storie, nuovi modi di appartenenza.”

      Tra i diseredati e gli espulsi vi sono persone che nonostante le sofferenze a cui sono state sottoposte nelle condizioni più degradanti, riescono ancora a esprimere una capacità di fronteggiare le situazioni dinanzi a circostanze avverse. Anche quando i loro corpi sono stati abusati, violati, schiavizzati hanno avuto la forza e l’energia di non abbrutire, di rimanere ancorati alla vita e di riemergere con capacità vitali tali da mutare il corso delle proprie esistenze e da far tornare nella loro vita quotidiana le aspirazioni sopite o nuovi orizzonti. Spesso si tratta di donne, di donne che hanno ben chiaro che “la vita passata non si dimentica”.

      Faith ventenne, uscita dalla strada, lavora in pizzeria. Sta facendo anche un corso per pizzaiola. Vuole ritornare nei prossimi anni in Nigeria e aprire una pizzeria. “Sai, ho letto che a Lagos stanno aprendo delle pizzerie e che vanno molto bene. La mia pizza sarà di gusto nigeriano-italiano”. E pure Mercy, tornata alla vita dopo un lungo periodo in cui è stata sottoposta a tratta e sfruttamento sessuale, mi racconta di sua figlia oggi diciottenne: “Sai, è tanto brava a scuola, sta finendo le superiori e vuole prendere medicina. Sono orgogliosa di questa mia figlia che sa quello che vuole. Farò di tutto per aiutarla a mantenersi agli studi.”

      http://gliasinirivista.org/2018/04/rosarno-la-tendopoli-delle-donne
      #femmes

    • Shattered dreams: life in Italy’s migrant camps - a photo essay

      Photographer #Sean_Smith went to Camp San Ferdinando and #Campobello in southern Italy to meet the residents.
      When Matteo Salvini took over as Italy’s interior minister in June, he made one thing clear: the “good times” for asylum seekers and migrants were over.

      But at the San Ferdinando ghetto in southern Italy the “good times” never properly arrived in the first place. This was home to Sacko Soumayla, a 29-year-old Malian trade unionist who was fighting for the rights of migrant workers. Soumayla was shot in the head by an Italian while rummaging for metal to repair his makeshift home.

      It is also home to almost 1,000 migrants, who live in 400 shacks resembling cargo containers. These homes are cobbled together with metal, wood and plastic. They are scorching in the summer and bitterly cold in winter.

      Almost all of the inhabitants are from sub-Saharan Africa. They are forced to work for little more than €2 an hour picking “made in Italy” delicacies such as olives and tomatoes. They have been called “new slaves”, and their limbo is San Ferdinando.

      The San Ferdinando camp was established in about 2010. Migrants from all over the country descended on the countryside around Rosarno, in southern Calabria, a stronghold of the ruthless local Mafia, the ‘Ndrangheta.

      The shacks began to increase in number and San Ferdinando was transformed into a shantytown. Some shacks function as a repair shop for the bicycles that migrants use to reach the fields, others serve as butcher shops or taverns.

      The days are monotonous. With no electricity in the camp it is not easy for the residents to idle away the time. Some fill their days with repairing their shack, while others prepare meals, usually with rice and chicken.

      Thierno shares his shack with Osmane. They both arrived from Senegal in 2015. Thierno, whose wife died during childbirth, has a daughter who lives with her grandmother back at home.

      In Senegal he owned a small factory with five employees. Over the years, Thierno has attempted to turn his dwelling into his notion of “home”. He built a makeshift porch outside his front door, and sourced materials from a nearby dump, such as using car seats from abandoned vehicles as sofas.

      In the kitchen, made from wooden planks and complete with a gas hob, there is a small table with two chairs. Dinner is served here for everyone. The rule is to offer a meal to anyone unable to earn money during the week.

      Thierno’s shack is a meeting point for friends returning home from the fields in the late afternoon. One of them wears a shirt bearing the face of Sacko, the man from Mali killed in June.

      There’s just enough time to smoke a few cigarettes, and chat about their condition. A frequent point of discussion is the exhausting wait that forces them to put their lives on hold while the authorities evaluate their asylum requests.

      Thierno says: “It’s a maze with no way out. To obtain a permit of stay you must have residence, but many of us have no stable home. Some years ago the authorities decided to recognise San Ferdinando as an official residence.

      “It was a brilliant idea for the authorities, who in doing so found a way to keep us out of the cities. San Ferdinando was subsequently transformed into a bona fide ghetto, which every year continues to attract migrants who simply want to request refugee status, and in the meantime they slowly become slaves for the farmers.”

      This is not the Europe that Thierno and his friends dreamed about, nor is it the Italy for which they risked death in the desert, torture in Libya, or drowning at sea, to reach. What’s more, it is not easy for them to admit to their family members back home that their dreams have been shattered.

      In the evening, while a small fire glows to light their shacks, it’s time to phone relatives back home. Asuma Yaw, a 45-year-old Ghanaian, lives next door to Thierno. He left Ghana in 2015 in search of work in Europe and to pay for his daughter’s university education.

      He says: “I left for her, I’m old now. My only hope is my daughter. What would I say to her if one day she told me that she wanted to come to Europe? I’d tell her to have her paperwork in order to avoid falling into a trap like this.”

      The number of informal migrant labour camps is increasing, according to local rights groups.

      In Sicily, a group of about 15 migrants live in a factory in the countryside around Campobello di Mazara in western Sicily. They are survivors of an illegal camp like San Ferdinando, which for four years had housed exploited African migrants during the olive harvest. That camp was razed by the authorities because of mounting concerns about health.

      Today, the survivors of that camp have moved into abandoned buildings in the surrounding countryside. They’ve made repeated requests to the local council to provide public housing they can rent. But the locals have closed their doors.

      According to trade unions and associations, more than a dozen illegal camps have been destroyed in Italy over the past three years. In March 2017, the authorities dismantled a settlement in Rignano Garganico, the largest migrant labour camp in Europe accommodating 3,000 workers . A year earlier, bulldozers had destroyed camps in Nardò, Salento, and Borreano, Basilicata.

      Despite all this, new camps continue to spring up, sometimes on the ruins of the demolished shantytowns. The truth is simple, according to the Italian Union of farmers (UILA), 36% of workers employed in the agricultural sector are foreigners, mainly from Africa.

      Without them, Italy’s agricultural sector would implode. Without Thierno, Asuma, and more than 10,000 other migrants who are exploited in the fields, the ‘‘good times’’ for Salvini’s Italy would be over.


      https://www.theguardian.com/world/2018/oct/10/life-in-italy-migrant-camps-a-photo-essay?CMP=share_btn_tw
      #photographie

  • Dati (e non pregiudizi) sulla cosiddetta questione criminale romena

    Flussi migratori ed etichettamento criminale: una riflessione sulla cosiddetta «invasione dei rumeni», sulla sovra-rappresentazione degli stranieri in carcere e sull’esigenza di politiche di prevenzione criminale basate sui dati e non sui pregiudizi.

    http://openmigration.org/idee/dati-piuttosto-che-pregiudizi-sulla-cosiddetta-questione-criminale-rumena/?platform=hootsuite
    #criminalité #étrangers #Italie #préjugés #migration

    • Has immigration really led to an increase in crime in Italy?

      Yet, in contrast to the overall crime rates in Italy, the share of crimes committed by foreigners is also decreasing within every single region in Italy with respect to the regional average. This holds for all regions in Italy since 2014, from the northern tip of the country in the Alps, to the southernmost spot in Lampedusa. Today, the share of convicted foreigners is at an unprecedented all-time low. The average regional crime rate among foreigners has decreased by around 65% between 2007 and 2016.


      #migrations #statistiques #chiffres

    • Carceri, i numeri dicono che non c’è un’emergenza criminalità legata agli immigrati

      Sono 117 le carceri che abbiamo visitato negli ultimi 18 mesi, 30 negli ultimi 6. È stato presentato ieri a Roma il rapporto di metà anno sulle carceri italiane dell’associazione Antigone, alla presenza dei vertici dell’amministrazione penitenziaria. Se si vuole fare una seria ecologia della comunicazione bisogna partire da qui: dai dati di fatto, dalla realtà, da quanto si conosce perché lo si è visto con i propri occhi, lo si è studiato, si sono analizzati i dati, i numeri, le storie. Le scelte politiche, legislative, amministrative vanno fatte sulla base di quanto accade, non di quanto una generica e male informata opinione pubblica percepisce – scorrettamente – che accada.

      E cosa accade? Accade ad esempio che il tasso di detenzione degli stranieri, vale a dire il numero dei detenuti stranieri sul numero degli stranieri residenti in Italia, sia in calo. Se dieci anni fa era dello 0,71% oggi è invece dello 0,33%. Non c’è dunque un’emergenza criminalità legata agli immigrati. E accade che il patto di inclusione sociale paga in termini di correttezza e rispetto delle norme. Se si dà fiducia a qualcuno, questo qualcuno tende a ripagare la fiducia accordata. Regolarizzare la posizione degli stranieri e integrarli nella società riduce di fatto i tassi di criminalità. E lo fa in maniera drastica. Basti guardare alla comunità rumena, la cui presenza in carcere è diminuita di oltre mille unità in soli cinque anni, mentre la sua presenza in Italia andava invece aumentando.

      Un’altra cosa che accade è che non è affatto vero che “tanto chi va in galera ne esce subito” e “esiste la certezza della pena”. Innanzitutto la pena non è solo quella carceraria, come i nostri costituenti ben avevano indicato parlando, all’articolo 27, di pene al plurale, le quali non devono essere contrarie al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Ma comunque anche la stessa pena carceraria è certissima e spesso implacabile. Tanti detenuti non vanno mai in misura alternativa Dei 38.700 che hanno una condanna definitiva, oltre 10.000 sono condannati a una pena tra 5 e 10 anni, oltre 6.500 a una pena tra 10 e 20 anni, 2.300 a oltre 20 anni e 1.700 all’ergastolo. Posto che per essere affidati ai servizi sociali fuori dal carcere non bisogna avere più di quattro anni di pena ancora da scontare, ben si comprende come tante persone vivano in carcere per lunghi anni. Sono inoltre circa 24.000 i detenuti che hanno a oggi davanti meno di quattro anni di pena residua. Alcuni di essi ne hanno meno di tre, altri meno di due, altri ancora meno di uno. Potrebbero essere fuori. Se i magistrati fossero di manica larga nella concessione delle misure alternative, così come si sente spesso dire, e se fosse scontato che nessuno finisce la propria pena in carcere sarebbero già usciti. Invece sono ancora lì.

      Qualcuno esce, è vero. Ma se andiamo a vedere per bene come stanno le cose, e non come sono percepite da chi non conosce i dati di fatto, vediamo che le misure alternative hanno una durata media di poco superiore ai nove mesi. Quindi anche per chi a un certo punto varca il cancello del carcere la gran parte della pena è stata scontata dentro. E in quei mesi che esce cosa succede? Che smette di scontare la pena? Niente affatto. Succede che la sconta diversamente. Succede che vivrà sotto il rigido controllo dei servizi sociali e del magistrato di sorveglianza, seguendo un rigido programma che altri hanno stabilito per lui. Un altro modo di scontare la pena. Ma ancora pena. Un modo più utile alla nostra sicurezza (le misure alternative abbassano di molto il tasso di recidiva) e assai meno costoso per le nostre tasche.

      Già, perché il carcere costa. Anche questo accade, come Antigone ha ben raccontato ieri. Ciascun detenuto costa a tutti noi 136 euro al giorno. Le misure alternative sono enormemente più economiche. Chi vorrebbe invocare la costruzione di nuove carceri, si faccia due conti prima di farlo. Costruire un carcere da 200 posti – dunque un carcere piuttosto piccolino – costa 25 milioni di euro. Davvero vogliamo spenderli per puro senso di vendetta, per comminare pene meno utili di altre che potremmo avere a disposizione? Costruire carceri ci costa 125.000 euro a posto letto. Ecco perché in passato nessuno c’è riuscito tra tutti coloro che avevano promesso sbarre su sbarre. Non c’è riuscito Silvio Berlusconi, con un sontuoso piano di edilizia carceraria annunciato in pompa magna e finito nel niente. Prima di lui non c’era riuscito l’allora ministro della Giustizia Roberto Castelli, che creò allo scopo la società Dike Aedifica s.p.a. la quale si rivelò in seguito una società fantasma e servì solo a sprecare circa 1.400.000 euro e a farsi tirare le orecchie dalla Corte dei Conti.

      Torniamo ai dati di fatto. Abbandoniamo i luoghi comuni. Questo è il lavoro che Antigone tenta di portare avanti da quasi trent’anni. I luoghi comuni fanno comodo. Ma non certo a noi.

      https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/07/31/carceri-i-numeri-dicono-che-non-ce-unemergenza-criminalita-legata-agli-immigrati/4528869

  • UN PROFUGO A CASA DI LETIZIA E SERGIO, CHE INAUGURANO L’ACCOGLIENZA DOMESTICA DELLA REGIONE

    ?Intervista a Letizia che con il marito e i loro tre figli è la prima famiglia toscana ad ospitare uno dei richiedenti asilo destinati dal progetto della Regione all’accoglienza domestica: ascolta la loro storia e i motivi che li hanno spinti a questa scelta.

    http://www.controradio.it/un-profugo-casa-letizia-sergio-inaugurano-laccoglienza-domestica-della-r

    #accueil_privé #solidarité #asile #migrations #réfugiés #Italie #Toscane

  • Private ships play big role in Europe’s migrant crisis

    Two years ago, a small, privately-run ship set out to lend a hand to military operations in the Mediterranean rescuing migrants on boats near capsizing off Libya.

    http://www.thelocal.it/20160806/small-aid-ships-play-big-role-in-europes-migrant-crisis
    #privatisation #asile #migrations #secours #naufrages #mer #Méditerranée #mourir_en_mer #réfugiés #sauvetages #MOAS #SOS_Méditerranée #ONG #sauvetage

    • Da yacht di lusso a nave di soccorso. Il dono del privato per salvare migranti nel Mediterraneo

      #Astral, la nave donata da un privato salperà all’alba del 3 luglio da Lampedusa e farà poi base a Malta, aggiungendosi alle sette imbarcazioni umanitarie già presenti nell’area. Il dono da parte dell’imprenditore Livio Lo Monaco sarà impiegata per salvare la vita dei migranti che sfidano il mare


      http://www.repubblica.it/solidarieta/emergenza/2016/07/01/news/da_yacht_di_lusso_a_nave_di_soccorso_il_dono_del_privato_per_salvare_migr

    • How NGOs took over migrant rescues in the Mediterranean

      The launch of Operation Triton in 2014 shifted the focus of EU efforts in the Southern Mediterranean from Search and Rescue (SAR) to border control. Several NGOs have since attempted to fill the gap left by the absence of large-scale humanitarian operations.

      https://euobserver.com/opinion/134803

    • «Besonders schlimm ist es, wenn kleine Kinder ertrinken»

      Der ehemalige italienische Marineadmiral #Franco_Potenza leitet die Missionen der Hilfsorganisation Migration Offshore Aid Station. In der Regel seien fünf bis sechs Organisationen mit Rettungsschiffen vor der nordafrikanischen Küste.


      http://www.bernerzeitung.ch/ausland/europa/besonders-schlimm-ist-es-wenn-kleine-kinder-ertrinken/story/17465438
      #témoignage

    • Migranti, Ft: Frontex accusa ong di collusione con trafficanti

      Roma, 15 dic. (askanews) - L’Agenzia europea per le frontiere esterne, Frontex, ha accusato le organizzazioni umanitarie che operano nel Mediterraneo di collusione con i trafficanti di esseri umani. E’ quanto si legge in rapporti confidenziali ottenuti dal Financial Times, pubblicati nel giorno del vertice Ue chiamato a discutere la crisi dei migranti. Le ong hanno respinto con forza l’accusa.

      http://www.prealpina.it/pages/migranti-ft-frontex-accusa-ong-di-collusione-con-trafficanti-131166.html

      #frontex #trafic_d'êtres_humains

    • EU border force accuses charities of #collusion with migrant smugglers

      Frontex charges open up long-simmering dispute with NGOs over how to solve the crisis

      https://www.ft.com/content/3e6b6450-c1f7-11e6-9bca-2b93a6856354
      #ong

      Je copie-colle le contenu de l’article, si jamais un jour il disparaît... On ne sait jamais...

      The EU’s border agency has raised concerns about the interaction of charities and people smugglers operating in the Mediterranean, according to confidential reports seen by the Financial Times.

      The points outlined by Frontex bring to the fore a long-simmering dispute between EU officials and non-governmental organisations over how to resolve a migration crisis that has caused the deaths of 4,700 people this year alone.

      Frontex put its concerns in a confidential report last month, raising the idea that migrants had been given “clear indications before departure on the precise direction to be followed in order to reach the NGOs’ boats”.

      The agency also raised concerns in another report last week, which stated: “First reported case where the criminal networks were smuggling migrants directly on an NGO vessel.”

      NGOs operating in the region emphatically denied working with people smugglers.

      Elsewhere in the reports, which were shared among EU officials and diplomats, Frontex said people rescued by NGO vessels were often “not willing to co-operate with debriefing experts at all” with some claiming “that they were warned not to co-operate with Italian law enforcement or Frontex”.

      The number of rescues triggered by a distress signal fell from roughly two-thirds of all incidents this summer to barely one in 10 in October, according to Frontex figures. This drop-off coincided with a jump in the number of rescues carried out by NGOs in the central Mediterranean. They responded to more than 40 per cent of rescues in October, compared with just 5 per cent at the start of the year.

      It is no wonder that these accusations come now. We have a worsening situation in the central Med and a lot of efforts taken by the EU to shutdown migration. They are trying to shut this down by all means necessary

      Frontex also suggested the change in activity could be down to NGOs operating closer to Libyan territorial waters, or even to the lights used by rescue boats, which — the agency said — acted “as a beam for the migrants”.

      Charities operating in the region reacted angrily to the accusations. They say a drop in distress calls from boats carrying migrants has been due to increased rescue efforts, meaning that people were picked up before their situation worsened.

      Aurelie Ponthieu, a humanitarian adviser with Médecins Sans Frontières, which operates two rescue boats, said: “We are actively searching for boats in distress. We spot them earlier. This is a response to the needs that we see at sea.”

      So far this year more than 170,000 people have attempted to cross the Mediterranean from Libya to Italy, about 15 per cent more than last year, according to UNHCR, the UN refugee agency. The number of deaths has jumped by a quarter after 3,800 last year.

      NGO workers blamed the increased numbers of deaths on smugglers changing tactics and sending people out on increasingly unseaworthy vessels — a trend that they blamed on a crackdown on people smugglers by EU authorities. Ms Ponthieu said the agency’s focus was misconceived. She said the issue was “why so many people die, which is what Frontex should be focusing on. They should be looking at their own actions.”

      MSF this year said it would refuse EU funding in protest at the bloc’s handling of the refugee crisis.

      Founded in 2004, Frontex has scooped up more staff, money and powers as the EU attempts to get to grips with a growing problem of irregular migration. The EU this year turned the agency, which has a €250m budget, into a fully fledged border guard with the power to deploy 1,500 staff to support a member state if they are overwhelmed by arrivals.

      Frontex also criticised charities for failing to help with investigations into people smuggling by refusing to collect leftover evidence from rescued boats. “We have an obligation to help save their lives, not perform the duties of security agencies,” said Save the Children, which has rescued 2,400 people in October and November.

      The European Commission is examining whether stricter control of non-governmental rescue missions is needed, although officials stressed that legislation was unlikely.

      NGOs have played a crucial role in saving thousands of lives in the central Mediterranean, according to the commission, and have “mostly acted in support [of] and close co-ordination” with governments.

      Ruben Neugebauer, of Sea Watch, a German charity that runs rescue operations, said the EU was attempting to criminalise the efforts of NGOs in the Mediterranean. “It is no wonder that these accusations come now. We have a worsening situation in the central Med and a lot of efforts taken by the EU to shut down migration. They are trying to shut this down by all means necessary.”

      This article has been revised since original publication to correct inaccuracy and because comments by Aurelie Ponthieu of MSF were initially wrongly attributed

    • Las ONG responden a Frontex: «Si rescatar a personas en el mar es un delito, que nos detengan»

      La reacción se ha producido de forma unánime. «Una aberración», «un despropósito», son algunas de las palabras con las que las ONG que apoyan los rescates en el Mar Mediterráneo califican las acusaciones de colaboración con redes de tráfico recogidas en un informe confidencial de la Agencia Europea de Guardia de Fronteras y Costas (Frontex).

      http://www.eldiario.es/desalambre/rescatar-salvamento-naufragan-ONG-Frontex_0_591441012.html

    • Frontex all’attacco degli operatori umanitari:che fine ha fatto l’operazione #Triton?

      Sono anni che i vertici di Frontex vanno all’attacco delle Organizzazioni non governative e dei comandi della Guardia Costiera che antepongono la salvaguardia della vita umana in mare alla difesa dei confini esterni dell’Unione Europea e al contrasto di quella che definiscono soltanto come “immigrazione illegale”. Questi attacchi si erano intensificati dopo le cd. Primavere arabe e si sono poi attenuati nel 2015, per qualche mese, solo dopo le stragi più terribili che sono costate migliaia di vittime nel Mediterraneo, in particolare sulla rotte che dalla Libia puntano sull’Italia.

      http://www.a-dif.org/2016/12/18/frontex-allattacco-degli-operatori-umanitariche-fine-ha-fatto-loperazione-tri

    • reçu par email via la mailing-list de Migreurop:

      « Il est particulièrement inquiétant d’entendre des accusations envers des ONGs qui encourageraient les passeurs via les médias quand Frontex refuse de nous rencontrer. Nous avons demandé la tenue d’une réunion afin de pouvoir répondre à ces critiques, mais n’avons pas reçu de réponse à ce jour. De telles critiques sont scandaleuses en ce qu’elles impliquent. M. Leggeri suggèrerait-t-il que nous nous éloignions des zones où les gens sont les plus susceptibles de se noyer afin de rendre plus difficile le trafic des passeurs ? Devrions-nous simplement les laisser mourir ? »
      « Nous ne partageons pas de mandat commun avec FRONTEX, nous ne sommes ni une police des frontières ni une brigade anti-contrebande ; nous sommes des médecins et infirmiers et nous prenons la mer pour sauver des vies. Travailler aussi près que possible des eaux territoriales de la Libye est le seul moyen possible pour réduire les hauts risques de mortalité en Mer Méditerranée – Moins les gens passeront du temps sur une embarcation surchargée, moins il y aura de chances qu’ils meurent.
      Plutôt que de réitérer ces attaques préjudiciables et infondées vis-à-vis des ONG, FRONTEX devrait réévaluer ses propres opérations actuelles et considérer son propre rôle dans les situations dramatiques que nous constatons chaque jour en Méditerranée. Les passeurs s’adapteront toujours à ce qui se dressera face à eux et tant que les gens n’auront pas d’alternatives en dehors de la Libye, ils continueront à se noyer. »

      Stefano Argenziano
      Operations Coordinator

    • Et voilà des textes qui polluent le net de conneries...

      Le ONG contrabbandano immigrati in Europa ?

      Qualcosa di molto strano accade nel Mediterraneo Gefira – South FrontPer due mesi, utilizzando marinetraffic.com, abbiamo monitorato i movimenti delle navi di proprietà di un paio di organizzazioni non governative e, utilizzando i dati di data.unhcr.org abbiamo tracciato l’arrivo quotidiano di immigrati africani in Italia. Abbiamo scoperto di essere testimoni di una grande truffa e di un’operazione di traffico illegale di esseri umani. ONG, contrabbandieri e mafia in combutta con l’Unione europea hanno spedito migliaia di clandestini verso l’Europa con il pretesto di salvarli, assistiti dalla guardia costiera italiana che ne coordina le attività. I trafficanti di esseri umani contattano la guardia costiera italiana per ricevere aiuto e raccogliere i loro dubbi carichi. Le navi delle ONG vengono dirette sul “luogo del soccorso”, anche se è ancora in Libia. Le 15 navi che abbiamo osservato sono di proprietà o affittate da ONG viste regolarmente salpare dai porti italiani in direzione sud, fermarsi a poche miglia dalle coste libiche, prendere il carico umano a bordo e naturalmente rientrare per 260 miglia in Italia, anche se il porto di Zarzis, in Tunisia, è solo a 60 miglia di distanza dal punto di salvataggio. Le organizzazioni in questione sono: MOAS (Migrant Offshore Aid Station), Jugend Rettet, Stichting Bootvluchting, Medici Senza Frontiere, Save the Children, Proactiva Open Arms, Sea-Watch.org, Sea-Eye e Life Boat. Le vere intenzioni dietro le ONG non sono chiare. Il loro movente può essere il denaro, che non sorprenderebbe se si rivelasse essere così. Possono anche essere politicamente pilotati; le attività dell’organizzazione di Malta, MOAS, che traffica persone in Italia, è la migliore garanzia che i migranti non appaiano sulla rive maltesi. MOAS è gestita da un ufficiale della marina maltese ben noto per maltrattamenti ai rifugiati (1). E’ anche possibile che tali organizzazioni siano gestite da ingenui “buonisti” che non sanno di servire da magnete per le persone provenienti dall’Africa e quindi, volenti o nolenti, causare altri morti, per non parlare delle azioni per destabilizzare l’Europa. Per quanto nobili siano le intenzioni di tali organizzazioni, sono criminali, come la maggior parte dei migranti che non può ricevere asilo, finendo per strada a Roma o Parigi, minando la stabilità in Europa aumentando le tensioni sociali a sfondo razziale. Bruxelles ha creato una legislazione particolare per proteggere i trafficanti di esseri umani dalle accuse. In una sezione dedicata a una risoluzione UE, intitolata Ricerca e salvataggio, il testo afferma che “proprietari privati di navi e organizzazioni non governative che assistono i salvataggi nel Mediterraneo non dovrebbero rischiare punizioni per tale assistenza“. (2) Nei due mesi di osservazione, abbiamo monitorato almeno 39000 africani illegalmente contrabbandati in Italia con il pieno consenso delle autorità italiane ed europee.

      http://marcodellaluna.info/sito/2016/12/09/le-ong-contrabbandano-immigrati-in-europa

    • Quel video online sui migranti: le rivelazioni che rivelazioni non sono

      Il video di un giovane youtuber che rivelerebbe la “verità sui migranti” spopola online e raggiunge la televisione. Ma di svelato” c’è ben poco, di confusione invece tanta

      http://www.cartadiroma.org/editoriale/youtube-verita-migranti-disinformazione
      #mensonge #désinformation #réseaux_sociaux

      v. aussi: http://www.butac.it/la-verita-sui-migranti-soccorsi-nel-mediterraneo

      La vidéo dont on parle...:
      https://www.youtube.com/watch?v=dP4rYgJKo_w&index=1&list=PLOhX3kYhesg8LY4ZOQG_cYekOpxqzJiOe

    • Mediterraneo: se i veri complici non sono le ong ma l’Europa

      Dopo le accuse alle ong che operano in mare lanciate da Frontex e l’indagine esplorativa della Procura di Catania sui sospetti di collusione con i trafficanti di esseri umani e di responsabilità nell’aumento dei flussi migratori, Medici Senza Frontiere e Moas, entrambe impegnate nello Stretto di Sicilia, mettono i puntini sulle i

      http://www.vita.it/it/article/2017/03/24/mediterraneo-se-i-veri-complici-non-sono-le-ong-ma-leuropa/142874

    • Recuperi o salvataggi? Criminalizzazione dei soccorsi e altre stragi in mare

      È di alcune ore fa la notizia relativa all’ultimo terribile naufragio al largo della Libia, nel quale avrebbero perso la vita circa 240 persone, secondo il racconto dell’ong Pro-activa Open Arms, che ha recuperato cinque cadaveri trovati vicino a due gommoni vuoti. Il 20 marzo scorso erano stati accertati altri 38 morti al largo delle coste libiche. I migranti viaggiavano a bordo di due gommoni alla deriva che sono stati “soccorsi” dalla Guardia Costiera Libica.

      http://siciliamigranti.blogspot.ch/2017/03/recuperi-o-salvataggi-criminalizzazione.html

    • Mediterraneo: una politica di morte

      Anziché inviare missioni internazionali di soccorso, di garantire vie d’accesso legali e sicure e di operare per la pace e il miglioramento delle condizioni di vita nei paesi di partenza, si alimentano le guerre e si indaga sui soccorritori umanitari.

      Si vogliono sgomberare le acque a nord della costa libica da testimoni scomodi che potrebbero documentare l’assenza di soccorsi in acque internazionali i respingimenti collettivi congiunti già programmati tra EunavforMed, Frontex e la sedicente Guardia costiera libica.

      http://www.a-dif.org/2017/03/26/mediterraneo-una-politica-di-morte

    • Aid groups deny rescue ships in Mediterranean are abetting migrant smugglers

      Aid groups operating rescue ships in the Mediterranean have rejected suspicions raised by an Italian prosecutor that by saving tens of thousands of migrants they are effectively aiding Libya-based people smugglers.


      http://www.reuters.com/article/us-europe-migrants-italy-idUSKBN16Z2C7?feedType=RSS&feedName=worldNews

    • NGOs under attack for saving too many lives in the Mediterranean

      The criminalisation of volunteers, activists and NGOs serves to deter European civic society from getting involved, and to ultimately weaken and divide the last bastion against the EU’s tough line on refugees and migrants that now prevails. It is this tough line that is also producing the systematic closure of legal routes out of Syria, trapping Syrians in border camps and protracted legal and existential limbo, and making the crossings from Libya into Italy more dangerous and deadly.

      https://nandosigona.info/2017/03/29/ngos-under-attack-for-saving-too-many-lives-in-the-mediterranean

    • Commentaire de Fulvio Vassallo sur Facebook, le 30 mars 2017 :

      Sta per partire l’operazione #Eunavfor_MED Fase tre. Ecco perche’ le Organizzazioni non governative devono essere allontanate dalla zona contigua alle acque territoriali libiche. Un disegno politico militare che produrrà migliaia di morti, in mare e nei centri di detenzione libici. http://m.huffingtonpost.it/news/eunavfor-med Un disegno politico sul quale l’Unione Europea punta la sua scelta di sbarramento. Divisi su tutto riescono solo a decidere la morte dei migranti.

    • Letting people drown is not an EU value

      A prosecutor in Catania, Sicily, has opened an inquiry into the funding streams for these groups, indicating a suspicion that they may be profiting illicitly from the movement of people in search of safety and better lives.

      This is the latest cruel twist in the EU’s response to boat migration from Libya. It reflects concern over increasing numbers of people embarking from Libya, the strain on the reception system in Italy and beyond, and the rise of xenophobic populism in many EU countries.

      But blaming the lifesavers ignores history, reality, and basic morality.

      As MSF’s Aurelie Ponthieu explained, the NGO group rescuers are not “the cause but a response” to an ongoing human tragedy.

      https://euobserver.com/opinion/137526

    • Contro la criminalizzazione dell’aiuto umanitario

      Riprendiamo una netta presa di posizione in merito a quanto sta accadendo in questi mesi nel Mediterraneo Centrale dove le Ong che svolgono operazioni di SAR (Search and Rescue) ovvero salvataggio e soccorso vengono additate come soggetti che “favoriscono l’ingresso illegale in Europa”. Hanno salvato e salvano vite che altrimenti andrebbero perdute e porterebbero a crescere il numero dei caduti presenti in quella immensa fossa comune che è divenuto quel tratto di mare. Come ADIF apprezziamo la presa di posizione dei parlamentari e ci auguriamo che questo porti rapidamente a provvedimenti concreti e che manifestino come bene primario la salvaguardia delle vite.

      http://www.a-dif.org/2017/04/11/contro-la-criminalizzazione-dellaiuto-umanitario

    • Proactiva Open Arms “Nulla da nascondere, noi salviamo vite, quello che dovrebbe fare l’Europa”

      Due punti nodali, uno all’inizio e l’altro al termine di una lunga conferenza stampa che si è tenuta con Oscar Camps, direttore di Proactiva Open Arms, e Riccardo Gatti, coordinatore della missione nel Mediterraneo Centrale. Dopo una audizione al Senato (Commissione Difesa) che ha preso le mosse da un’indagine conoscitiva su quanto sta accadendo nel Mediterraneo, e nel poco tempo fra un volo e l’altro, i due operatori umanitari hanno voluto incontrare i giornalisti nella sede della Stampa Estera di Roma, per spiegare e rompere il muro di mistificazioni che sta avvolgendo il loro operato. Il loro e quello di tutte le altre Ong che fanno ciò che spetterebbe ad un impegno politico europeo. Salvare vite.

      http://www.a-dif.org/2017/04/13/proactiva-open-arms-nulla-da-nascondere-noi-salviamo-vite-quello-che-dovrebbe

    • Soccorsi in mare tra macchina del fango e riconoscimenti internazionali

      Continua con cadenza quotidiana la campagna diffamatoria contro le ONG indipendenti che, sotto il coordinamento della Guardia Costiera italiana, fanno ancora attività di ricerca e soccorso in mare al largo delle coste libiche. Le ONG vengono addirittura paragonati ai pirati, e si alimenta il sospetto che le loro missioni siano finanziate dai trafficanti. Una totale inversione di senso, tra falsità e verità, che dà la misura del livello di disinformazione che si diffonde nella società italiana. Una disinformazione sulla quale si crea consenso elettorale per i partiti di estrema destra e si condizionano le scelte dei partiti di governo, come si è visto con gli ultimi decreti legge proposti da Minniti.

      http://www.a-dif.org/2017/04/20/soccorsi-in-mare-tra-macchina-del-fango-e-riconoscimenti-internazionali

    • Come rispondono le Ong alle accuse di M5S sugli aiuti ai migranti

      L’Italia ha stabilito nel 2015 il record per la concessione della cittadinanza ai migranti provenienti da altri continenti e da altri Paesi europei. Secondo i satio Eurostat riportati dal Corriere della Sera, nel 2014 i neocittadini italiani sono stati 129.887 e nel 2015 la cittadinanza si è aperta per 178.035 persone. L’Italia è seguita da Gran Bretagna (118mila), Spagna (114.351), Francia (113.608) e Germania (110.128).

      http://www.agi.it/cronaca/2017/04/22/news/migranti_cittadinanza_italiana_grillo_m5s_accuse_on_repliche-1708323

    • Ong ‘taxi del Mediterraneo’? Di Maio fa insinuazioni senza dare soluzioni

      E’ un evento prevedibile perché ciclico. Con l’inizio della bella stagione oltre al crescere delle foglie e allo sbocciare dei fiori, si rivede l’aumento degli sbarchi sulle coste italiane e, di conseguenza, l’incremento delle operazioni di soccorso in mare; segue l’arrivo di “transitanti” nelle città italiane e la crescita della spesa per la gestione dei flussi migratori: è qualcosa diventato “naturale” nel nostro Paese, perché legato agli irreversibili cicli della natura. L’ultimo anello della catena, consequenziale all’arrivo della stagione estiva, sono gli strali lanciati sui social da rappresentanti della politica italiana che, invece analizzare il problema e proporre soluzioni, preferiscono, spesso in mala fede, puntare il dito. «Chi paga questi taxi del Mediterraneo? E perché lo fa? – ha tuonato in un post sui social il vice presidente della Camera Luigi Di Maio – Presenteremo un’interrogazione in Parlamento, andremo fino in fondo a questa storia».

      http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/04/23/ong-taxi-del-mediterraneo-di-maio-fa-insinuazioni-senza-dare-soluzioni/3538861

    • Imaginary Criminals: Sea-Watch considers legal steps against attorney Zuccaro

      In an interview with the Italian Newspaper “La Stampa”, the italian attorney Carmelo Zuccaro repeatedly made imaginary accusations concerning a supposed cooperation among civil rescue organisations and smugglers. Thereby, he takes part in a campaign that defames those who rescue lives. For a representative of a sovereign judiciary this is not just unworthy but illegitimate. Sea-Watch considers legal steps.

      https://sea-watch.org/en/imaginary-criminals-sea-watch-considers-legal-steps-against-attorney-zucc

    • Migranti, Ong contro Di Maio: «Falsità». Dura la Cei: «Visione ipocrita». M5s: Commissione Ue faccia chiarezza

      Sul blog di Grillo l’annuncio di un’interrogazione all’Unione europea sui presunti contatti tra operatori umanitari e organizzazioni criminali libiche. Medici senza Frontiere e Intersos: «Accuse vergognose». Erri De Luca con Saviano: «Di Maio parla a vanvera». Il vice presidente della Camera: «Chi minaccia ha qualcosa da nascondere». E Renzi: «Problema esiste ma lui lo usa come diversivo»

      http://www.repubblica.it/politica/2017/04/24/news/migranti_ong_rispondono_a_accuse_di_maio_falsita_reagiremo-163794015

    • Navi di soccorso Ong: quasi un clima da caccia alle streghe

      Continua a montare l’escalation di illazioni e accuse di “collusione” con i trafficanti di uomini rivolte ormai da mesi contro le Ong impegnate nelle operazioni di soccorso alle barche dei migranti nel Canale di Sicilia. Il primo passo è stato un rapporto dell’agenzia Frontex, presentato sul finire del 2016, secondo il quale gli interventi in mare favorirebbero, sia pure involontariamente, gli scafisti. Poi, rafforzate da una inchiesta della Procura di Catania, si sono via via aggiunte numerose “voci” della politica: dei partiti di destra (a cominciare dalla Lega) e poi dei 5 Stelle ma, a quanto ha scritto il 20 aprile La Stampa, anche di esponenti vicini al Governo o del Governo stesso, tanto da arrivare a una indagine conoscitiva affidata alla Commissione parlamentare Difesa che, guidata dal senatore Nicola La Torre, sta convocando tutte le Ong più impegnate nel Mediterraneo. Interrogati da questa stessa Commissione, sia il generale Stefano Screpanti, capo del terzo Reparto Operazioni della Finanza, che l’ammiraglio Enrico Credendino, comandante della missione europea Eunavformed, hanno dichiarato che, a loro sapere, non risultano collegamenti di alcun tipo fra le Ong e le organizzazioni che gestiscono il traffico di migranti. Ma neanche questo è bastato: le Ong restano sotto tiro. Le loro navi – si afferma – sarebbero come minimo un fattore di attrazione per gli scafisti, tanto da porre la necessità di “fare chiarezza” su tutti i programmi di salvataggio in mare.

      www.a-dif.org/2017/04/24/navi-di-soccorso-ong-quasi-un-clima-da-caccia-alle-streghe/

    • Eritrea, accuse alle ONG che soccorrono i barconi e acquista armi dalla Nord Corea

      Il regime eritreo esulta e sul suo giornale on-line, Tesfanews, rincara le critiche dirette contro le Organizzazioni non governative, impegnate nell’attività Search and Rescue (SAR). Le ONG sono accusate dall’Agenzia europea della guardia costiera e di frontiera (Frontex) di collusione con i trafficanti di uomini. Il bollettino di propaganda di Asmara, punta il dito su alcuni difensori dei diritti umani, attivisti eritrei, che da tempo hanno lasciato la loro patria.

      http://www.africa-express.info/2017/04/25/eritrea-accuse-alle-ong-che-soccorrono-barconi-e-acquista-armi-dall

    • Corteo 25 aprile, slogan davanti a sede Frontex. «La nuova Resistenza è al fianco dei migranti»

      Una deviazione non autorizzata, le forze dell’ordine prese alla sprovvista e qualche momento di tensione. Poi, però, di fronte agli uffici dell’agenzia europea - nell’ex monastero di Santa Chiara - un centinaio di manifestanti ci arrivano lo stesso. Tra le bandiere, gli slogan e i numeri dei morti in mare.

      http://catania.meridionews.it/articolo/54314/corteo-25-aprile-slogan-davanti-a-sede-frontex-la-nuova-resisten

    • Migranti, il procuratore Zuccaro: «Ong forse finanziate da trafficanti». Orlando: «Parli con gli atti»

      Il capo della Procura catanese, che indaga su una presunta collusione tra operatori umanitari e organizzazioni criminali libiche: «Tra le finalità potrebbe esserci anche l’inquietante corto circuito: destabilizzare la nostra economia». Minniti: «Evitare giudizi affrettati». Frontex: mai accusato le ong. Di Maio: «Ipocriti mi attacchino, vado fino in fondo»

      http://palermo.repubblica.it/cronaca/2017/04/27/news/migranti_procuratore_catania_ong_forse_finanziate_da_trafficanti-

    • MOAS, MSF e Sea Watch: ricerca e soccorso indipendenti nel post-Mare Nostrum

      Il 24 luglio 2015, sul sito di Mediterranean Hope uscì un ottimo articolo di Paolo Cuttitta ( in italiano e nella versione in inglese) che evidenziava, quindi già 2 anni fa, il ruolo che stavano prendendo le Ong per salvare le persone nel Mediterraneo Centrale dopo la chiusura di Mare Nostrum. Una analisi attenta delle prime tre Ong che sono intervenute in quel contesto evidenziando affinità e differenze negli approcci e nelle mission che si davano, nelle stesse modalità operative. Cuttitta, da attento ricercatore, in un articolo estremamente sintetico definiva già il 2015 l’anno delle Ong e documentava tutto quello che oggi sembra scandalizzare coloro che vorrebbero impedire che proseguano tali operazioni di intervento. Nel 2016, in un successivo articolo dello stesso autore, si documentavano le ragioni dell’aumentata presenza di navi umanitarie nella rotta del Mediterraneo Centrale. Ora sono molti di più gli attori in campo e la situazione in quel tratto di mare è divenuta ancora più critica così come evolve tragicamente la spirale nei paesi di fuga e di transito. Riaffermare che dietro gli interventi di privati non c’è stata la logica del business ma quella della necessità di ridurre i danni provocati dal combinato disposto di leggi ingiuste e assenza di mezzi di soccorso dell’UE è doveroso. Ad oggi sono quasi 1000 le persone che hanno già perso la vita nella traversata, intimidire chi salva le persone significa far aumentare a dismisura tale numero. Non un rischio ma una certezza.

      http://www.a-dif.org/2017/04/22/moas-msf-e-sea-watch-ricerca-e-soccorso-indipendenti-nel-post-mare-nostrum

    • Siate sinceri. Volete solo che le navi Ong smettano di salvare vite

      «Dovremmo lasciarli morire in mare»: più monta l’operazione di stigmatizzazione e colpevolizzazione nei confronti delle Ong che salvano vite umane nel Mediterraneo, più chiaramente prende forma questo truce sottotesto. Ma si tratta di una deduzione implicita, suggerita sotto voce e non rivendicata, perché nessuno ha avuto ancora il coraggio di arrivare in fondo al ragionamento (oddio, qualcuno ci va molto, ma molto vicino). Perché, se l’impianto accusatorio (ancora non supportato da alcun elemento di prova emerso dalle indagini conoscitive in corso e da quelle giudiziarie chiassosamente annunciate) intende processare l’operato di una decina di organizzazioni impegnate a salvare vite, l’obiettivo sembra essere comunque che quelle navi smettano di operare. E, con esse, si interrompa anche l’attività dei nostri militari.

      http://www.huffingtonpost.it/luigi-manconi/siate-sinceri-volete-solo-che-le-navi-ong-smettano-di-salvare-v

    • Giorni di populismo giudiziario. Cosa si vuole nascondere dietro la criminalizzazione della solidarietà.

      La polemica sulle esternazioni del procuratore di Catania Zuccaro sulle connivenze tra ONG e trafficanti di esseri umani sta raggiungendo i più alti vertici istituzionali. Non è bastato che venisse dimostrato come la fonte stessa delle prime insinuazioni, l’agenzia Europea Frontex, fosse stata largamente fraintesa e poi le abbia sostanzialmente ritrattate. Come ha osservato l’ex Presidente del Consiglio Enrico Letta, se si tratta di contrastare fattori di attrazione (pull factor), che non si traduce certo nella contestazione di un reato, lo stesso attacco rivolto oggi alle ONG venne sferrato da Frontex, alla fine del 2014, contro l’operazione mare Nostrum ed i vertici della Marina e della Guardia Costiera italiana.


      http://www.a-dif.org/2017/04/29/giorni-di-populismo-giudiziario-cosa-si-vuole-nascondere-dietro-la-criminaliz

    • Inchiesta sulle ONG: «Questi sono dati piuttosto approssimativi, ma che hanno un’approssimazione abbastanza affidabile»

      Mercoledì 22 marzo 2017 il “Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’Accordo di Schengen, di vigilanza sull’attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione” ascolta in audizione il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Catania, dottor Carmelo Zuccaro. Proprio lui. Il resoconto stenografico è qui. Rileggere alcuni passaggi può essere utile alla discussione:

      https://left.it/2017/05/01/inchiesta-sulle-ong-questi-sono-dati-piuttosto-approssimativi-ma-che-hanno-unap

      Le procès-verbal des déclarations de Zuccaro:
      http://documenti.camera.it/leg17/resoconti/commissioni/stenografici/html/30/indag/c30_confini/2017/03/22/indice_stenografico.0041.html

      Migranti, sulle Ong Zuccaro insiste: «Notizie date da Frontex, non ho nuove prove». Orlando: «Nessun illecito disciplinare»

      Il magistrato al centro delle polemiche per l’inchiesta sui legami tra organizzazioni e trafficanti di esseri umani chiede davanti alla commissione Difesa del Senato di poter usare le intercettazioni. Il ministero non interverrà nei suoi confronti: lo ha confermato il guardasigilli. La Marina: «Le organizzazioni non governative non ci intralciano»

      http://www.repubblica.it/cronaca/2017/05/03/news/ong_migranti_scafisti_procura_catania_zuccaro-164500643

    • Gli sbarchi in aumento del 51% e il peso crescente dei salvataggi privati

      Le persone giunte in Italia dal 1° gennaio al 27 marzo di quest’anno sono 21.939; nel 2016, nello stesso periodo, furono 14.505. Altri 68 siriani salvati dai corridoi umanitari

      http://roma.corriere.it/notizie/cronaca/17_aprile_27/gli-sbarchi-aumento-51percento-peso-crescente-salvataggi-privati-0d87b
      –-> commentaire de Mathilde Auvillan sur twitter:

      La domanda è : qual’era la fonte del @Corriere per questo articolo?

    • Signor Leggeri, parliamone!

      Una lettera rivolta all’ex ministro francese della Difesa e degli Interni che da inizio 2015 dirige Frontex, l’Agenzia europea della guardia costiera e di frontiera.
      Jugend Retten e Sea-Watch sono due organizzazioni impegnate nei salvataggi in mare. Dopo le affermazioni di Leggeri che gettano ombre sul loro operato, riprese poi dal procuratore di Catania Zuccaro, sono tra le ong maggiormente attaccate anche dalla politica italiana nella campagna di diffamazione che tiene banco in queste settimane. Melting Pot esprime la massima solidarietà e vicinanza alle ong. Build Bridges Not Walls! (ndr).

      http://www.meltingpot.org/Signor-Leggeri-parliamone.html

      Original en anglais:
      https://www.facebook.com/notes/jugend-rettet-ev/sehr-geehrter-herr-leggeri-lets-talk/659380767604493

    • Migranti, il procuratore di Siracusa: «Non ci risulta alcun legame tra Ong e trafficanti»

      SIRACUSA. «A noi come ufficio non risulta nulla per quanto riguarda presunti collegamenti obliqui o inquinanti tra ong o parti di esse con i trafficanti di migranti. Nessun elemento investigativo": lo ha detto il procuratore di Siracusa, Francesco Paolo Giordano, in Commissione Difesa del Senato.

      http://siracusa.gds.it/2017/05/02/migranti-il-pm-di-siracusa-non-ci-risulta-alcun-legame-tra-ong-e-trafficanti_660690/#

    • MSF accusa: Sono le politiche europee, non le ONG, a favorire i trafficanti “Nel Mediterraneo deliberata operazione di non – intervento a soccorso di persone in pericolo

      «In due anni abbiamo salvato 60 mila persone e per noi questo è il punto di partenza ineludibile. Lo abbiamo dovuto fare noi e tanti altri sono stati salvati dalle altre Ong per una ragione molto semplice. Chi dovrebbe farlo non lo fa e l’Europa non ha realizzato un progetto europeo di soccorso in mare». La conferenza stampa di Loris De Filippi e Marco Bertotto, rispettivamente Presidente e Responsabile Adovacy di Medici Senza Frontiere, realizzata dopo l’audizione nella Commissione Difesa del Senato, nel quadro di un’indagine conoscitiva, ha costretto i tanti giornalisti presenti alla massima attenzione. Entrambi i relatori trapelavano passione e indignazione, ma soprattutto fatica. Fatica per un incontro durato due ore, in cui gli stessi si sono sentiti ripetere domande stantie, superficiali, parte integrante di quel “pattume” che si sta gettando, come ha ripetuto De Filippi, sulla parte migliore di questo paese. L’ascolto dell’audizione è utile e deve divenire memoria da conservare per non dimenticare chi ha detto cosa. È utile ma in alcuni passaggi fa veramente indignare, in altri lascia basiti, di fronte all’idea di essere rappresentati, in un organismo così delicato e importante, da persone palesemente inadeguate e prive delle nozioni principali o altrettanto palesemente offuscate nelle domande poste, da una visione politica e umana ristretta e limitata. Ci servirà in questi giorni che sono insieme tragici e grotteschi in cui le risposte alla catastrofe umanitaria che continua a perpetrarsi nel Mediterraneo Centrale – oltre 1000 morti in questi 4 mesi del 2017, 5000 lo scorso anno, quasi 12 al giorno – si risolvono nell’infangare chi tenta di impedire che ancora più persone periscano. Ci servirà in questi giorni e ci servirà nei prossimi mesi e anni, ci servirà anche ascoltare puntate di trasmissioni come “In mezz’Ora”, in onda domenica 30 aprile, in cui mentre De Filippi tentava di argomentare il proprio operato, il solito Salvini parlava, senza rivelare la fonte, di dossier dei servizi segreti che comprovavano complicità fra trafficanti e Ong e di navi utilizzate per far passare armi e droga. Un esponente politico, forse più di un qualsiasi cittadino che ha prova di tale reato ha il dovere di denunciarlo nella prima procura competente e non di parlarne in tv per pura propaganda personale.

      http://www.a-dif.org/2017/05/03/msf-accusa-sono-le-politiche-europee-non-le-ong-a-favorire-i-trafficanti-nel-

    • Zuccaro e le Ong, quell’insostenibile deficit di cultura della comunicazione

      La cronaca conferma che la Giustizia ha un problema di comunicazione, anche se soltanto il 13,8% dei magistrati ne ha consapevolezza. Csm e Scuola devono colmare questa lacuna culturale, che si ritorce contro la trasparenza e la credibilità dell’istituzione

      www.questionegiustizia.it/articolo/zuccaro-e-le-ong_quell-insostenibile-deficit-di-cultura-della-comunicazione_03-05-2017.php

    • Italy Prosecutor Investigating NGO Rescuers Says Has No Proof of Wrongdoing

      ROME — An Italian prosecutor who began an investigation into possible ties between humanitarian organizations that rescue migrants at sea and Libya-based people smugglers said on Wednesday he had no proof of any wrongdoing.

      https://www.nytimes.com/reuters/2017/05/03/world/europe/03reuters-europe-migrants-italy-ngo.html?smid=tw-share

      v. aussi: http://www.reuters.com/article/us-europe-migrants-italy-ngo-idUSKBN17Z260

    • Grasso difende le Ong: determinanti. Accuse politicamente strumentali

      FIESOLE. «Sono certo, anche per la mia lunga esperienza personale, che la magistratura e le forze di polizia faranno piena luce su eventuali opacità e che proveranno e puniranno i reati che siano stati eventualmente commessi. Questo avvenga però nel rispetto rigoroso delle regole e della riservatezza necessaria a garantire il successo delle indagini».

      http://gds.it/2017/05/04/grasso-difende-le-ong-determinanti-accuse-politicamente-strumentali_661400/#

    • Le indagini sulle Ong proseguono senza che ancora emergano concreti fatti di reato

      Ancora oggi abbiamo assistito ad un ulteriore ridda di dichiarazioni e controdichiarazioni, sulle presunte responsabilità delle Ong impegnate nelle attività di ricerca e soccorso dei migranti nelle acque a nord della Libia. Anche il clima di confusione e i ripetuti tentativi di strumentalizzazione finiscono col produrre iniziative violente che destano un grave allarme per quello che potrà ancora accadere in futuro se gli attacchi alle Ong continueranno. Ancora una volta le dichiarazioni dell’agenzia Frontex sono apparse contrastanti per quanto affermato dal suo direttore Fabrice Leggeri, e , in senso contrario, dalla portavoce Isabelle Cooper, che ha continuato ad escludere qualsiasi responsabilità a carico delle Ong impegnate in mare. Sono continuate anche le audizioni davanti la IV Commissione Difesa del Senato che il 3 maggio aveva ascoltato il Procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro.

      http://www.a-dif.org/2017/05/05/le-indagini-sulle-ong-proseguono-senza-che-ancora-emergano-concreti-fatti-di-

    • Humanitaires en Méditerranée: complices objectifs ou boucs émissaires?

      Il y a quelques jours, un procureur italien affirmait avoir des preuves sur les liens entre des passeurs libyens et des organisations humanitaires pour secourir les migrants en Méditerranée. Rebondit ainsi la polémique en cours sur le rôle des ONG, provoquée par les critiques de Frontex et relayées par Theo Francken.

      http://plus.lesoir.be/91825/article/2017-04-28/humanitaires-en-mediterranee-complices-objectifs-ou-boucs-emissaires

    • Migranti e Ong. Il pm Zuccaro. « Ipotesi, ma nessuna prova. Però dateci norme adeguate »

      Il procuratore etneo è stato ascoltato in Senato dopo le accuse alle organizzazioni di soccorritori. Ha ribadito che non ci sono riscontri. Dietro le quinte una faida tra 007 europei?

      https://www.avvenire.it/attualita/pagine/zuccaro-senato

      Le procureur qui fait le politicien au lieu de s’occuper de justice :

      «Il nostro Paese non è in grado di ospitare tutti i migranti, compresi quelli economici». Lo ha affermato il procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, in audizione davanti alla Commissione Difesa del Senato. «La differenza tra rifugiati e migranti economici non è un discrimine per le Ong ma è importante per lo Stato, e il controllo dei flussi migratori non può che competere agli Stati».

    • MARE VOSTRUM

      Le ONG (Organizzazioni non governative) intervengono troppo vicino alle coste libiche per salvare i migranti a bordo dei barconi. Così Fabrice Leggeri, Direttore di Frontex (l’Agenzia Europea di Guardia di frontiera e costiera), lanciava il primo sasso nel Mediterraneo nello scorso mese di febbraio.

      Una frase che è rimasta senza eco per diverse settimane ma che ha preso vigore nelle ultime settimane dopo che il Procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, ha aperto un fascicolo conoscitivo, senza indagati né capi di accusa, su sette ONG che, con tredici navi, salvano migranti nel Mediterraneo. Il sospetto è che queste organizzazioni possano avere un qualche tornaconto dalle loro attività; che la loro disponibilità in denaro appare poco trasparente e che non è da escludere una forma di collusione con gli scafisti che lucrano sulla pelle dei migranti . Le stesse organizzazioni umanitarie ribadiscono la trasparenza dei loro bilanci e che intervengono per dare una risposta umanitaria ad un problema e non sono certo la causa di quel problema. Infine anche la politica, soprattutto attraverso gli esponenti del Movimento 5 stelle si è buttata sul “caso” attraverso accuse e polemiche contro le ONG.

      Al di là delle polemiche, tuttavia, la problematica dei migranti nel Mediterraneo continua soprattutto ora alla vigilia della bella stagione che facilita la traversata del Mare Nostrum. Qual è il punto della situazione? Qual è il ruolo esatto di ONG e Frontex? Qual è il destino di coloro che sono sbarcati in Europa e che sono destinati ad essere respinti in massa?

      http://www.rsi.ch/rete-uno/programmi/informazione/modem/MARE-VOSTRUM-8982292.html

      Izabella COOPER, portavoce di Frontex, ha dichiarato durante la trasmissione :
      « Salvare le vite umane nel mare è l’obbligo legale imposto dalla legge internazionale. Su questo non c’è dubbio. I mezzi di Frontex l’anno scorso hanno salvato circa 90’000 persone in Italia e in Grecia. Su questo non si può assolutamente nemmeno discutere »

      –-> à mettre en lien avec les propos du directeur de Frontex, Fabrice Leggeri (22.04.2015) :

      “Triton ne peut pas être une opération de recherche et sauvetage. Je veux dire, dans notre plan opérationnel, nous ne pouvons pas avoir les moyens pour une action de recherche et sauvetage. Ce n’est pas le mandat de Frontex, et, selon moi, ce n’est pas le mandat de l’Union européenne non plus”.

      https://www.theguardian.com/world/2015/apr/22/eu-borders-chief-says-saving-migrants-lives-cannot-be-priority-for-patr

      v. aussi ces messages postés par Lisa Bosia sur FB, le 6 ou 7 mai 2017...

      Et un peu plus bas :

    • Ong e migranti, Zuccaro faceva meglio a stare zitto. Ora è un’arma per Salvini

      Non concordo con le valutazioni fatte da Guido Ruotolo, un collega che stimo da sempre, rispetto al ruolo avuto dal Procuratore distrettuale di Catania, Carmelo Zuccaro, nella vicenda ong. Ruotolo sostiene, in sintesi, che il Procuratore è stato protagonista di un’operazione verità e che per questo vada ringraziato.

      http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/05/05/ong-e-migranti-zuccaro-faceva-meglio-a-stare-zitto-ora-e-unarma-per-salvini/3564836

    • Coast Guard expresses concern over rescue groups in the Mediterranean

      Chief of Libyan Coast Guard in the central region, Rida Essa, has accused rescue organizations in the Mediterranean of encouraging the influx of illegal immigrants from Libya to the EU.

      He said the rescue boats of these organizations have given a signal to the immigrants that their journey to the EU would be safe, causing an increase in the number of immigrants.

      He added that the Libyan Coast Guard has expressed concerns to Operation Sophia about these boats, but it did not take any actions against them.

      https://www.libyaobserver.ly/inbrief/coast-guard-expresses-concern-over-rescue-groups-mediterranean

    • Ong tedesche: “Ue abbandona migranti”. Sea Watch: “Frontex e Sophia hanno cercato incidente in mare per screditarci”

      Pauline Schmidt, portavoce di Jugend Rettet: «Mai avuto contatti con i trafficanti». Ruben Neugebauer, di Sea Watch: «La Guardia costiera italiana fa tutto il possibile per salvare le persone, le missioni dell’Ue no». E sui finanziatori: «La legge sulla protezione dei dati impedisce di pubblicare i nomi dei donatori senza il loro consenso, ma se un’autorità giudiziaria dovesse richiederli li otterrebbe facilmente»

      http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/05/06/ong-tedesche-ue-abbandona-migranti-sea-watch-frontex-e-sophia-hanno-cercato-incidente-in-mare-per-screditarci/3563055

    • Accusations, Rescue Operations and Drownings: What happens in the Med? – Interview with Ruben Neugebauer, spokesperson of Sea-Watch e.V.

      Sea-Watch is a Search and Rescue organisation that is carrying out operations in the Central Mediterranean Coast, North of the Libyan coast. It is entirely founded through private donations as well as by the protestant church and some other foundations. But has no ties to politically institutions, or criminal networks, as stated in some allegations by the Italian prosecutor. Sea-Watch was funded by some private people around Harald Höppnera, civil organisations and volunteers. Volunteers from different backgrounds run more than 90 per cent of the work of Sea-Watch. Most of them are based in Germany but we are becoming increasingly European.

      http://www.ecre.org/accusations-rescue-operations-and-drownings-what-happens-in-the-med-interview-

    • Zuccaro: «Le indagini provano gli interessi delle mafie sui migranti»

      ROMA. Il ricco #business dell’accoglienza dei migranti attira gli «appetiti» delle mafie. Lo dimostrano le indagini, ha riferito il procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, ribadendo che quella dei rapporti tra trafficanti di uomini e ong è «un’ipotesi di lavoro, non ho elementi probatori», ma certo «la gestione dei flussi migratori spetta allo Stato e non alle organizzazioni umanitarie». Intanto sale ancora il bilancio dei naufragi dei giorni scorsi: 245 tra morti e dispersi ed il capo dello Stato, Sergio Mattarella, in visita in Argentina, ha parlato di «immani tragedie», stigmatizzando «intolleranza e discriminazioni"

      http://gds.it/2017/05/09/zuccaro-le-indagini-provano-gli-interessi-delle-mafie-sui-migranti_663392
      #mafia #Italie #accueil #asile #migrations #réfugiés

    • Libye : près de 500 migrants sur une embarcation interceptée par les gardes-côtes

      Près de 500 migrants, dont 277 Marocains, entassés sur une seule embarcation, ont été interceptés par les garde-côtes libyens mercredi au large de la ville de Sabratha (ouest), alors qu’ils prenaient le large vers les côtes italiennes.

      « Une ONG (allemande), Sea Watch, a tenté de perturber l’opération des gardes-côtes (...) dans les eaux libyennes en voulant récupérer les migrants sous prétexte que la Libye n’était pas sûre », a indiqué à l’AFP le porte-parole de la marine libyenne Ayoub Kacem.

      http://www.courrierinternational.com/depeche/libye-pres-de-500-migrants-sur-une-embarcation-interceptee-pa

    • Italie. Mais d’où viennent tous ces soupçons sur les ONG ?

      Ces derniers mois, les ONG qui sauvent des migrants en Méditerranée font l’objet d’une suspicion grandissante : les uns les pensent “complices” des passeurs, les autres leur reprochent, par leur présence, d’inciter les migrants à tenter la traversée. Retour sur la genèse de ces rumeurs.

      http://www.courrierinternational.com/article/italie-mais-dou-viennent-tous-ces-soupcons-sur-les-ong

    • Libyan coastguard turns back nearly 500 migrants after altercation with NGO ship

      Libya’s coastguard said it had intercepted nearly 500 migrants packed onto a wooden boat and returned them to Tripoli on Wednesday after warning off a ship that was preparing to pick them up for passage to Europe.
      Footage filmed by Sea-Watch, a non-governmental organization, showed a Libyan coastguard vessel coming within meters of its own ship as it sped to stop the migrants.

      http://mobile.reuters.com/article/idUSKBN1862Q2

    • Il pm di Trapani: “Indagini su alcuni membri delle Ong per immigrazione clandestina”

      «La procura di Trapani ha in corso indagini che concernono l’ipotesi di reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e che coinvolgono anche non le ong come tali ma soggetti, persone fisiche appartenenti alle ong». Lo ha detto il procuratore aggiunto di Trapani Ambrogio Cartosio in audizione davanti alla commissione Difesa del Senato.

      http://www.lastampa.it/2017/05/10/italia/cronache/il-pm-di-trapani-indagini-su-alcuni-membri-delle-ong-per-immigrazione-clandestina-m9kKXWoyZVIUV5d54lMwmI/pagina.html

    • Trapani, indagati gli equipaggi di Msf «Dissero ai migranti: non collaborate»

      Le accuse alla Ong. La Guardia Costiera libica riporta a Tripoli una nave con 300 migranti. Dal 1 gennaio i migranti sbarcati in Italia sono stati 44mila

      http://www.corriere.it/cronache/17_maggio_10/trapani-indagati-equipaggi-ms-dissero-migranti-non-collaborate-36c2f052-35b

      Avec ce commentaire de Fulvio Vassallo:

      Ecco questo e’il punto. La mancata collaborazione con la polizia. Come se gli operatori delle ong dovessero trasformarsi in testimoni di giustizia o in agenti di polizia giudiziaria. Tanto i testimoni di comodo si trovano sempre.

    • La Procura di Trapani: navi delle ong intervengono senza avvertire la guardia costiera

      ROMA. Le navi delle ong sanno in anticipo dove si troveranno i barconi partiti dalla Libia e li vanno a prendere anche senza avvertire la Guardia costiera di Roma. A ricostruire il modus operandi è stato il procuratore di Trapani, Ambrogio Cartosio, che ha aperto un’inchiesta per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Le indagini, ha precisato, «coinvolgono non le ong come tali ma persone fisiche appartenenti alle ong».

      http://gds.it/2017/05/10/migranti-indagini-su-membri-di-ong-laccusa-della-procura-di-trapani_663714

    • Migranti, la denuncia di Msf: «Spari da sconosciuti contro una nostra nave di soccorso»

      Uomini armati a bordo di un motoscafo hanno aperto il fuoco verso la Bourbon Argos e poi sono saliti a bordo. La marina libica: «Era un nostro battello che ha esploso solo colpi d’avvertimento, ma non abbiamo né colpito né arrembato la nave». L’ong dal 21 aprile ha recuperato in mare 10.925 persone

      http://www.repubblica.it/esteri/2016/08/28/news/migranti_marina_libica_nave_msf-146777914

    • Migranti, SOS Mediterranee scrive all’Europa. «Mettere in pratica la solidarietà»

      Lettera aperta ai capi di governo europei per chiedere, tra le altre cose, di accrescere i mezzi di soccorso in mare per salvare vite umane, porre fine alla criminalizzazione delle Ong e garantire che i migranti siano condotti in un porto sicuro conformemente al diritto internazionale

      http://www.agenzia.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/534549/Migranti-SOS-Mediterranee-scrive-all-Europa-Mettere-in-prat

    • Press release: Sea-Watch demands independent investigation of the illegal return of an overcrowded wooden boat

      On the 10th of May, Sea-Watch witnessed an illegal pull back of several hundred migrants into Libyan waters. The captain had received a mandate from the Maritime Rescue Coordination Centre (MRCC) in Rome to attend to the rescue of the wooden boat in distress. Upon arrival of a patrol vessel from Libya, the rescue crew retreated on the speedboat and watched the incident from a distance. “We wonder to what extent European authorities were involved in the questionable operation on Wednesday. If the European Union actually incites the Libyan Coast Guards to carry out illegal actions, that is a scandal”, says CEO Axel Grafmanns.


      https://sea-watch.org/en/pm-sea-watch-demands-independent-investigation-of-the-illegal-return-of-a

    • Les garde-côtes libyens interceptent des migrants secourus par une ONG

      L’équipage du navire de secours au migrants de l’ONG Sea Watch a vécu un moment de frayeur mercredi 10 mai au matin au large de la Libye. Alors qu’il venait d’aborder une embarcation de migrants en détresse dans les eaux internationales, les garde-côtes libyens se sont interposés et ont ramené de force les migrants à terre.

      http://www.rfi.fr/afrique/20170511-garde-cotes-libyens-interceptent-migrants-secourus-une-ong?ref=tw

    • Libyan Coast Guard Cuts Across Bow of Rescue Vessel

      On Friday, the German maritime rescue NGO Sea-Watch called for an investigation into a Libyan coast guard interdiction in international waters, which resulted in the return of hundreds of maritime migrants to Libyan shores. In addition, the group posted video showing a potentially dangerous close-quarters situation in which the Libyan vessel cut across the bow of the rescue ship.

      http://maritime-executive.com/article/libyan-coast-guard-cuts-across-bow-of-rescue-vessel

    • Gli operatori umanitari nella morsa delle manovre politiche e delle inchieste giudiziarie. Ma intanto chi risponde della sorte dei migranti riportati in Libia?

      Non passa giorno che non aumentino gli interventi di certa stampa contro le Organizzazioni umanitarie che continuano a soccorrere migranti in acque internazionali a nord di quelle territoriali libiche. Dopo gli attacchi indiscriminati alle stesse organizzazioni, finora smentiti da fatti realmente accertati, sembra che l’attenzione di qualche procura, come quella di Trapani, si stia concentrando su singole persone. Probabilmente un atto dovuto, conseguente a informative di polizia che sembrano configurare il reato di agevolazione all’ingresso irregolare, previsto dall’art.12 del Testo Unico sull’immigrazione. Un tentativo per scoprire “mele marce” all’interno degli equipaggi delle ONG, ma probabilmente anche per dividere le organizzazioni tra loro. E che comunque finisce per delegittimare l’intero operato di tutti i gruppi umanitari le ONG. Tutto questo dopo settimane di una campagna mediatica senza precedenti, basata soprattutto sulle dichiarazioni rilasciate dal procuratore della Repubblica di Catania [1].

      http://www.meltingpot.org/Gli-operatori-umanitari-nella-morsa-delle-manovre-politiche.html
      v. aussi: https://seenthis.net/recherche?recherche=%23libye+%23externalisation+%23italie

    • Central Med: Mounting number of drownings amid sparking debate on civilian search and rescue operations

      This week the NGOs, Jugend Rettet, Sea-Watch and Sea-Eye, involved in SAR were invited to the Italian senate defence committee to offer further explanation on their activities. At the same time media reported that the Italian parliament is considering stricter regulations especially on financial transparency for SAR NGOs.

      In late April the public prosecutor of the tribunal of Catanis, Sicily, Carmelo Zuccaro accused civilian SAR NGOs to be in contact with human traffickers as well as being potentially financed by smugglers. He later stated that his allegations were not based on evidence. While the High Council of the Judiciary has announced a disciplinary hearing with the public prosecutor, populist opposition politicians from the Five Star Movement and the Northern League, sided with Zuccaro. The EU border control agency Frontex in leaked reports in December 2016 described NGOs as “unintentionally” acting like a pull factor. Frontex Director Fabrice Leggerie backed this criticism in an interview in February this year, while Frontex spokesperson Ewa Moncure withdrew the agencies criticism stating that in late April that it had never criticised #SAR operations.

      https://www.ecre.org/central-med-mounting-number-of-drownings-amid-sparking-debate-on-civilian-sear

    • Accordi tra Italia e Libia e respingimenti collettivi in acque internazionali. Cosa si nasconde dietro la criminalizzazione delle Organizzazioni non governative

      La situazione attuale delle attività di ricerca e soccorso operate dalle ONG nelle acque del Mediterraneo centrale è sempre più critica, tra false informazioni diffuse dai servizi segreti e da Frontex, ventate di populismo giudiziario, speculazione politica e diffamazione mediatica. A nessuno sembra importare davvero della vita e della morte di migliaia di pesone in fuga dalla Libia, ed in rete si moltiplicano i commenti diffamatori o apertamente razzisti.

      http://www.a-dif.org/2017/05/14/accordi-tra-italia-e-libia-e-respingimenti-collettivi-in-acque-internazionali

    • Migranti, Sos Mediterranee scrive all’Unione europea

      Salvare, proteggere, testimoniare. La nostra organizzazione umanitaria europea di soccorso marittimo SOS MEDITERRANEE si basa sul principio del rispetto della vita e della dignità umana. La nostra organizzazione è composta da tre associazioni sorelle in Germania, Francia e Italia, tutte impegnate per i seguenti obiettivi: salvare vite umane, proteggere e assistere le persone soccorse, così come testimoniare circa le realtà della migrazione nel Mediterraneo, al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica in Europa.

      Fin dal lancio della nostra missione 14 mesi fa, abbiamo completato 101 operazioni di soccorso sotto l’autorità del Maritime Rescue Coordination Centre (MRCC) di Roma e accolto un totale di quasi 18.000 persone a bordo della Aquarius, 1/4 dei quali sono minori, la maggior parte di loro non accompagnati. Le persone soccorse dalle nostre squadre hanno avuto motivi diversi per lasciare i loro paesi di origine, ma ora hanno tutti lo stesso obiettivo: fuggire dalla Libia, che essi descrivono come l’inferno, e trovare un futuro sicuro.

      http://catania.livesicilia.it/2017/05/10/migranti-sos-mediterranee-scrive-allunione-europea_416620

    • Reçu avec ce commentaire par Fulvio Vassallo :

      Salvataggi che sanno di sequestro di persona conseguenza del ritiro di FRONTEX e delle navi militari italiane.

      Libyan coastguards rescue 400 migrants off #Sabratha shores

      According to the coastguard sources, the migrants were all stuffed in a rickety wooden boat and were in danger of drowning when the patrols rescued them.


      http://www.libyanexpress.com/libyan-coastguards-rescue-400-migrants-off-sabratha-shores

    • Gli operatori umanitari nella morsa delle manovre politiche e delle inchieste giudiziarie. Ma intanto chi risponde della sorte dei migranti riportati in Libia ?

      Non passa giorno che non aumentino gli interventi di certa stampa contro le Organizzazioni umanitarie che continuano a soccorrere migranti in acque internazionali a nord di quelle territoriali libiche. Dopo gli attacchi indiscriminati alle stesse organizzazioni, finora smentiti da fatti realmente accertati, sembra che l’attenzione di qualche procura, come quella di Trapani, si stia concentrando su singole persone. Probabilmente un atto dovuto, conseguente a informative di polizia che sembrano configurare il reato di agevolazione all’ingresso irregolare, previsto dall’art.12 del Testo Unico sull’immigrazione. Un tentativo per scoprire “mele marce” all’interno degli equipaggi delle ONG, ma probabilmente anche per dividere le organizzazioni tra loro.E che comunque finisce per delegittimare l’intero operato di tutti i gruppi umanitari le ONG. Tutto questo dopo settimane di una campagna mediatica senza precedenti, basata soprattutto sulle dichiarazioni rilasciate dal procuratore della Repubblica di Catania.

      http://www.africa-express.info/2017/05/11/gli-operatori-umanitari-nella-morsa-delle-manovre-politiche-e-delle

    • Libyan Navy claims German NGO hindered migrant rescue

      General Ayob Amr Ghasem, Libyan Navy spokesman, said that one of the NGO’s boats had sought to stop the rescue operation underway by a Libyan motorboat by threatening to ram into it, according to a document sent to ANSA by the spokesman. The incident occurred on Wednesday morning. The migrant vessel made of wood and carrying almost 500 migrants was intercepted ’’19 nautical miles north of Sabratha’’, the spokesman said. When the ’Kifah’ motorboat came close to the migrant vessel, the Sea Watch boat allegedly ’’changed direction in such a way to collide with’’ the Libyan Coast Guard said.

      http://www.ansamed.info/ansamed/en/news/sections/generalnews/2017/05/11/libyan-navy-claims-german-ngo-hindered-migrant-rescue_e3c044e4-6eea-441a-9

    • Salvataggi in mare, e ora la guardia costiera libica riporta i migranti a Tripoli

      La denuncia della Ong tedesca Sea-Watch. Tutto nasce da un episodio, che potrebbe essere il primo di una serie sempre più lunga. E’ comunque certo che l’attività della Guardia Costiera libica è aumentata e che c’è l’ordine di riportare indietro sempre più persone. Anche in acque internazionali, dove le Ong potrebbero dare fastidio

      http://www.repubblica.it/solidarieta/immigrazione/2017/05/13/news/le_navi_libiche-165320767/?platform=hootsuite

    • Migranti, stop ai corridoi umanitari gestiti dalle Ong

      Il documento con le linee guida proposte dalla commissione Difesa del Senato è stato approvato all’unanimità

      http://www.lastampa.it/2017/05/16/italia/politica/migranti-stop-ai-corridoi-umanitari-gestiti-dalle-ong-y9cRAJqQtbVp2uxJUxk8BI/pagina.html

      –-> «#corridors_humanitaires»?????????

      Avec ce commentaire de Fulvio Vassallo:

      Un «lenzuolo di vergogna» ricopre chi ha votato questa mozione e chi la rilancia diffondendo disinformazione. Le Ong non hanno aperto corridoi umanitari ma hanno adempiuto obblighi di ricerca e salvataggio che gli stati e le afenzie come FRONTEX , hanno sistematicamente violato. E di questo ci sono le prove. Non sulla collusione tra Ong e trafficanti.

    • Ong, la Commissione Difesa del Senato archivia tutto

      Come era prevedibile e auspicabile a fronte dell’assoluta mancanza di prove dopo tutte le audizioni arriva la “sentenza”: «Nessuna collusione tra Ong e organizzazioni di trafficanti, il soccorso in mare dei migranti è doveroso e ineludibile». La white list auspicata dai non governativi sarà realtà

      http://www.vita.it/it/article/2017/05/16/ong-la-commissione-difesa-del-senato-archivia-tutto/143385

    • Minniti a Tripoli e la Commissione Difesa del Senato aggirano i divieti di respingimento.

      Le Ong non hanno aperto corridoi umanitari ma hanno adempiuto obblighi di ricerca e salvataggio che gli stati e le agenzie come FRONTEX , hanno sistematicamente violato. E di questo ci sono le prove. Non sulla collusione tra Ong e trafficanti. La Commissione Difesa non rileva nessun elemento di reato e sposta il tiro su argomenti che sono manifesti politici in vista delle elezioni. Adesso occorre vietare i “corridoi umanitari”. Ed asservire gli operatori umanitari alle attività di polizia.

      http://www.a-dif.org/2017/05/17/minniti-a-tripoli-e-la-commissione-difesa-del-senato-aggirano-i-divieti-di-re

    • Amnesty su indagine conoscitiva del Senato sull’attività delle ONG

      Commentando le conclusioni dell’indagine conoscitiva svolta dalla commissione Difesa del Senato sul “contributo dei militari italiani al controllo dei flussi migratori che interessano la rotta del Mediterraneo e sull’impatto delle attività delle Ong”, il direttore generale di Amnesty International Italia Gianni Rufini ha rilasciato questa dichiarazione:

      “Ben venga la sollecitazione alla massima trasparenza da parte delle Ong, ma prima di chiedere loro di astenersi dal salvare vite umane nel Mediterraneo sarebbe fondamentale pretendere che il rispetto dei diritti umani di chi fugge da guerra e persecuzione tornasse al centro delle politiche dell’Unione europea”.

      “La commissione Difesa sostiene che non può essere consentita la creazione di ‘corridoi umanitari gestiti autonomamente dalle Ong’, trattandosi di un compito spettante agli stati o agli organismi internazionali. Ma andrebbe sottolineato che se l’Unione europea avesse dato priorità alle operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo anziché rinunciarvi, dopo la meritoria iniziativa italiana di Mare nostrum, in favore di politiche di respingimento e di accordo con paesi terzi, le Ong non avrebbero avvertito la necessità di intervenire, peraltro non rinunciando a coordinarsi con le autorità preposte”.

      “Da ormai un mese trovano ampia copertura sui mezzi d’informazione le ipotesi e speculazioni di varia natura da parte di esponenti della magistratura e la campagna denigratoria e delegittimante portata avanti da esponenti politici contro l’intero mondo delle Ong. Una campagna che sta producendo effetti devastanti sull’intero mondo del volontariato in Italia e che la commissione Difesa del Senato ha di fatto smentito, senza che la notizia abbia avuto adeguato risalto”.

      https://www.pressenza.com/it/2017/05/amnesty-indagine-conoscitiva-del-senato-sullattivita-delle-ong

    • Le ONG danno fastidio: questo è il vero motivo della campagna diffamatoria

      Riprendiamo un approfondimento di Judith Gleitze del mese scorso proprio il giorno successivo all’approvazione delle linee guida della commissione Difesa, un testo con il quale l’organismo del Senato chiede al Parlamento di «regolare» le operazioni di salvataggio di vite umane delle ONG nel Mediterraneo. Un documento che in realtà avrà l’effetto di limitare la loro presenza e intervento per non intralciare il lavoro sporco della guardia costiera libica che, a seconda dei casi, porterà al blocco delle partenze dei migranti, al respingimento delle imbarcazioni o il loro affondamento con esiti già ampiamente prevedibili.
      L’articolo di Gleitze ripercorre le fasi della campagna denigratoria contro le ONG ponendo una domanda - «Qual è allora lo scopo delle campagne diffamatorie nei confronti delle ONG che agiscono nel Mediterraneo?» - che con ieri ha trovato una prima risposta politica.

      http://www.meltingpot.org/Le-ONG-danno-fastidio-questo-e-il-vero-motivo-della.html

    • A cosa è servito il processo mediatico contro le Ong che salvano le vite in mare?

      Sono servite sei settimane alle istituzioni per affermare quello che a molti sembrava ovvio: le Ong non sono colluse con i trafficanti di esseri umani libici e soprattutto non spartiscono nulla con gli scafisti . Semplicemente salvano vite che altrimenti sparirebbero, inghiottite nel Mediterraneo.

      http://www.dinamopress.it/news/a-cosa-e-servito-il-processo-mediatico-contro-le-ong-che-salvano-le-vite

    • Migranti, l’attacco alle ong? "Una strategia degli imprenditori della paura”

      A Roma l’incontro su media e immigrazione. Secondo l’esperto Marco Binotto l’immagine negativa del fenomeno stava perdendo terreno: «L’attacco a chi aiuta serve a trovare un nemico. Chi era in difficoltà ha deciso di screditare così l’intero sistema». Bellu: «Giornalisti devono essere più responsabili»

      http://www.agenzia.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/535304/Migranti-l-attacco-alle-ong-Una-strategia-degli-imprenditor

    • Commentaire de Paolo Cuttitta su FB (21.05.2017)

      nessuno (intendo, ovviamente, i mezzi di informazione) ha mai parlato seriamente del respingimento dalle acque internazionali fatto il 10 maggio dalla Guardia Costiera libica sotto il coordinamento del MRCC di Roma, che ha attribuito ai libici il comando dell’operazione di soccorso, nonostante Sea-Watch fosse arrivata prima. L’episodio mostra con chiarezza il processo attualmente in corso, che è contraddistinto dalle seguenti tendenze: 1) distanziarsi gradualmente dai criteri seguiti a partire dal 2012 sul principio di porto sicuro; 2) andare verso la creazione di una regione SAR libica in acque internazionali e l’assunzione del coordinamento SAR in quella regione da parte delle autorità libiche. Non parlare di quell’episodio di respingimento, che è di enorme rilevanza, significa non volere turbare lo sviluppo di questo processo.

    • Migrazioni: per commissione Difesa senato nessuna collusione Ong-trafficanti

      ROMA, 18 MAGGIO – ”Nessuna collusione tra Ong e organizzazioni di trafficanti, il soccorso in mare dei migranti è doveroso e ineludibile”. E’ quanto ha dichiarato la commissione Difesa del Senato a conclusione del ciclo di audizioni dedicate alla questione sollevata prima dal rapporto di Frontex e poi dalle dichiarazioni del procuratore di Catania Carmelo Zuccaro. Così, dopo giorni di accuse sui possibili legami tra trafficanti e ong impegnate nelle operazioni di soccorso in mare, il percorso si è quindi concluso con una smentita, tanto più clamorosa se si guarda alla campagna mediatica e politica che si è sviluppata attorno al tema, e che aveva costretto le ong in questione a prendere una netta posizione di smentita.

      http://www.onuitalia.com/2017/05/18/migrazioni-per-commissione-difesa-senato-nessuna-collusione-ong-traffican

    • Commentaire de @isskein reçu via la mailing-list Migreurop :

      Le 10 mai 2017, les garde-côtes libyens interceptent dans les eaux internationales un bateau de 500 migrants auxquels l’ONG allemande Sea Watch s’apprêtait à porter secours, mettant en danger pendant cette opération les deux embarcations, celle des migrants et celle de l’ONG. Les migrants sont ramenés sur le sol libyen où ils doivent être placés dans un centre de détention. Un porte-parole libyen affirme que le navire de l’ONG a « tenté d’empêcher le travail des gardes-côtes en voulant récupérer les migrants sous prétexte que la Libye n’est pas sûre ». Sea Watch avait déjà dénoncé un semblable « pushback » des militaires libyens le 21 octobre 2016 (au moment où l’Italie formait les gardes-côtes libyens)

      lire le communiqué de Sea Watch (11/5) https://sea-watch.org/en/pm-sea-watch-demands-independent-investigation-of-the-illegal-return-of-a

      #refoulement #push-back

    • Italy: Refugees and migrants in the central Mediterranean, cutting the lifelines

      Amnesty International is deeply concerned that Italian authorities may be attempting to circumvent their obligation to protect people fleeing widespread and systematic human rights violations and abuses in Libya by facilitating the interception of refugees and migrant boats by Libyan authorities in the central Mediterranean.

      https://www.amnesty.org/en/documents/eur30/6319/2017/en
      Lien vers le rapport:
      https://www.amnesty.org/download/Documents/EUR3063192017ENGLISH.pdf

    • Reçu via FB (Fulvio Vassallo), 24.05.2017

      La Guardia costiera libica spara sui migranti sotto gli occhi degli operatori delle navi umanitarie. Ecco perche’ occorreva colpire le Ong e farle allontanare delle acque internazionali a ridosso del mare territoriale libico. Operazione che porta il suggello di Minniti, a Tripoli fino a pochi giorni fa.
      Jugend Rettet e.V. @jugendrettet

      +++Breaking+++ Several NGOs are witnessing huge human rights valuations. People’s lives are put into direct danger by boat marked as LCG!
      8:17 PM · 23 mag 2017

    • Affonda barcone diretto verso l’Italia, recuperati 34 cadaveri di migranti «Tra le vittime una decina di bambini»

      ROMA. Almeno 34 persone sono morte e altre risultano disperse nel naufragio di un barcone con a bordo circa 500 migranti, partito all’alba di oggi dal porto libico di Zuara e diretto verso l’Italia. Tra le vittime anche un numero imprecisato di bambini, «forse una decina», secondo quanto si è appreso in forma ufficiosa da fonti dei soccorritori. Le operazioni di soccorso sono state coordinate dalla Guardia Costiera italiana, in un tratto di mare non lontano da dove ieri i colleghi libici hanno intercettato due unità con 237 migranti a bordo: i due barconi sono stati fatti tornare in Libia e i migranti sono stati dichiarati in arresto.

      http://gds.it/2017/05/24/affonda-barcone-diretto-verso-litalia-recuperati-31-cadaveri-di-migranti_669576

      Commento di Fulvio Vassallo:

      Effetti collaterali degli accordi tra Minniti e la Guardia Costiera di Tripoli. Occorre una indagine internazionale. Quando intervengono i libicici sono sempre vittime, anche se non ne scrive nessuno. Negli ultimi giorni, forti delle motovedette regalate dall’Italia hanno pure sparato sui migranti. Per questo le autorita’italiane hanno rinegoziato accordi con i libici che hanno allontanato le navi umanitarie, per non avere testimoni scomodi. Ed adesso non rimane che contare morti e dispersi. Che saranno tantissimi nei prossimi mesi dopo il ritiro di Frontex e la pioggia di fango sulle Ong che hanno dovuto ridimensionare il loro impegno o sono state dirottate verso porto sempre piu’ lontano, come Salerno, sempre per decisione del ministero dell’interno.

    • Reçu cette photo via whatsapp de Fulvio Vassallo (sans source) :

      Avec ce commentaire :

      Sul lato destro del gommone si può scorgere un uomo armato. L’equipaggio della motovedetta libica ha sparato diversi colpi sui gommoni sovraccarichi colpendo i rifugiati che erano a bordo. Il capitano della #Iuventa di Jugend Rettet e.V. ha raccontato le ultime ore:

      «Una motovedetta libica ha sparato diversi colpi interrompendo le nostre operazioni di recupero. La situazione era sotto controllo almeno fino a quando non abbiamo udito i primi spari e visto le persone a bordo del gommone picchiate. Circa 100 persone in preda al panico si sono gettate in acqua e hanno cercato di raggiungere a nuoto la nostra nave e l’Aquarius. Due gommoni con i rifugiati venivano nel mentre dirottate nuovamente in direzione della Libia dalla motovedetta libica. Al momento è impossibile capire se ci siano state vittime nè quante esse possano essere. Abbiamo rischiato anche noi di essere feriti. Rimaniamo senza parole di fronte a questa violenza» Jonas, 25 cpt della iuventa

      Voilà la source :
      https://www.facebook.com/notes/jugend-rettet-ev/angriff-auf-fluchtboote/673203686222201

      Vu que j’ai pas trop de confiance en FB, je copie ici le contenu du message que Jugend Rettet a posté, pour ne pas le perdre :

      Liebe UnterstützerInnen,
      gestern kam es während unserer Rettungsoperationen zu einem bewaffneten Angriff auf zwei Flüchtlingsboote. Die Angriffe gingen von mehreren Schnellbooten mit Emblem der libyschen Küstenwache aus. Unter Schusswaffeneinsatz und Schlägen wurden die Insassen der Schlauchboote in einer illegalen “Push-Back-Aktion” nach Libyen zurückgebracht.
      Vorweg möchten wir sagen, dass unsere Crew wohlauf ist und niemand von ihnen verletzt wurde. Aktuell können wir jedoch nicht sagen, wie viele Menschen insgesamt durch die Gewalt der libyschen Küstenwache verletzt oder gar gestorben sind.

      Der Einsatztag
      Der Einsatztag begann für unsere Crew um 05:23 Uhr mit der Information über ein Schlauchboot mit 120 Personen. Gleichzeitig sahen wir ein weiteres Boot am Horizont. Zusammen mit Save the Children Italia konnten wir alle Menschen versorgen. Nur eine Stunde später informierte uns die Luxembourg Aircraft, dass sich 8 bis 10 Boote in unserer Nähe befinden. Wir informierten Save the Children und SOS MEDITERRANEE zur Unterstützung.
      Zu dieser Zeit waren wir noch guter Dinge und erwarteten einen anstrengenden, aber berechenbaren Einsatztag.
      Im Laufe der Zeit kamen deutlich mehr Schlauch- und Holzboote. Die Zahl belief sich am Abend auf 1800 Personen in 14 Booten. Gerade als wir inmitten der Rettungen waren, fuhren gegen Mittag mehrere Schnellboote mit der Kennzeichnung der libyschen Küstenwache in das Einsatzgebiet. Zu dem Zeitpunkt waren wir in internationalem Gewässer und etwa 14 Seemeilen von der libyschen Küste entfernt.
      Aus den Schnellbooten wurden plötzlich Schüsse in Richtung eines Fischerbootes abgefeuert. Anschließend wurden auch Schüsse in Richtung der Boote in Seenot abgegeben. Es ging alles sehr schnell. Wir sahen uns gezwungen, unseren Einsatz abzubrechen, da wir die Rettungen der Menschen nicht mehr leisten konnten, ohne nicht selbst in Gefahr zu kommen. Auf den Schlauchbooten brach plötzlich Panik aus. Zahlreiche Menschen sprangen ins Wasser, um zur IUVENTA und der Aquarius zu schwimmen. Wir konnten die Zahl der Schüsse durch das Chaos nicht zählen. Die Crew hielt einen sicheren Abstand ein, um sich selber nicht zu gefährden. Ob Menschen auf den Booten durch Schusswaffengebrauch zu Schaden gekommen sind, konnten wir aus der Entfernung nicht beurteilen.
      Im Anschluss verschafften sich Besatzungsmitglieder der libyschen Boote Zugang zu zwei Holzbooten, um sie schließlich zurück in libysches Hoheitsgebiet zu manövrieren.

      „Mehrere Boote der libyschen Küstenwache haben während der Rettung für Unruhe gesorgt, indem ihre Besatzungen auf die Boote der Flüchtenden stieg und nach Angaben meiner Crew auch Schüsse abfeuerten und die Flüchtenden schlugen. Über 100 Menschen sind aus Panik ins Wasser gesprungen. Zum Glück hatten die meisten Rettungswesten an, die wir schon verteilt hatten. Zwei Holzboote sind von der libyschen Küstenwache in libysche Hoheitsgewässer zurückgefahren worden. Für uns selber war die Situation äußerst kritisch: Wir sind hier, um zu helfen, waren aber gezwungen tatenlos zuzusehen, um nicht selber eine Kugel einzufangen.“ - Jonas, 25, Kapitän an Bord der IUVENTA der Mission Federica Mogherini

      Gewaltvoller Schutz der Festung Europa
      Aktuell können wir nur eines machen: Wir können von der Situation berichten und hoffen, dass das eine Veränderung bewirken wird. Dabei kann jede_r Unterstützer_in helfen.

      Ob die Besatzung der libyschen Schnellboote zu den von der Operation Sophia (EUNAVFORMED ) trainierten Küstenwächtern zählt, ist unklar. Fraglich bleibt die aktuelle Haltung der EU und Frau Federica Mogherini, die libysche Küstenwache auszubilden, um damit die Grenzen militarisiert zu schützen.
      Wir verurteilen sowohl den brutalen Waffeneinsatz als auch die menschenrechtswidrige Rückführung der Geflüchteten nach Libyen. Die Genfer Flüchtlingskonvention enthält den “Grundsatz der Nichtzurückweisung”, der verbietet, einen Flüchtling „auf irgendeine Weise über die Grenzen von Gebieten auszuweisen oder zurückzuweisen, in denen sein Leben oder seine Freiheit wegen seiner Rasse, Religion, Staatsangehörigkeit, seiner Zugehörigkeit zu einer bestimmten sozialen Gruppe oder wegen seiner politischen Überzeugung bedroht sein würde.“ (Art. 33 der 1951 Genfer Flüchtlingskonvention).
      Diese Push-back Aktionen, die durchgeführt wurden, sind ein klarer Rechtsverstoß. Menschen, die sich in internationalen Gewässern in Seenot befinden, müssen zum nächsten sicheren Hafen gebracht werden. Durch die aktuelle politische Situation in Libyen befindet sich der nächste sichere Hafen in Italien.
      Mit der Abwesenheit der Operation SOPHIA im Einsatzgebiet und dem fehlenden Mandat der Seenotrettung überlässt die Europäische Union private Seenotrettungsvereine und Menschen auf der Flucht bewusst sich selbst. Sie verhindert damit, dass schwerwiegende Menschenrechtsverstöße dieser Tragweite geahndet werden. Wir werden de facto allein gelassen.
      Eine Staatengemeinschaft, die den Friedensnobelpreis trägt, hat jetzt die moralische und rechtliche Pflicht, zu handeln. Wir fordern sofortige Unterstützung der Europäischen Union zur Sicherung so vieler Menschenleben wie möglich.
      Unterstützt uns, indem ihr den Beitrag teilt und Menschen in eurer Nähe informiert. Auch sind wir auf Spenden angewiesen, um weiterhin diese Fälle zu dokumentieren.

      Wir sind in Gedanken bei unserer Crew, die sich nun in den nächsten Tagen wieder auf dem Weg nach Malta machen wird.
      Rette mit.

      #Luventa

    • Libyan coastguard ’opens fire’ during refugee rescue as deaths in Mediterranean Sea pass record 1,500

      Members of the EU-backed Libyan coastguard have allegedly opened fire while forcing refugees back to the war-torn country in the latest clash with international rescue ships.


      http://www.independent.co.uk/news/world/europe/refugee-crisis-deaths-mediterranean-libya-coastguard-opens-fire-drown

    • 1004 personnes secourues par l’Aquarius Opérations de sauvetage interrompues par des tirs d’arme à feu Appel au G7 : une solution humaine à une crise majeure

      Un nouveau pas a été franchi dans l’urgence en Méditerranée alors que les équipes de sauveteurs de l’Aquarius, un navire affrété par SOS MEDITERRANEE et opéré conjointement avec MEDECINS SANS FRONTIERES, ont secouru mardi 23 mai un record de 1004 personnes en détresse à bord de 11 embarcations - 9 bateaux pneumatiques et deux canots en bois - en une seule journée, au large des côtes libyennes.

      http://www.sosmediterranee.fr/journal-de-bord/1004-personnes-secourues-par-laquarius-sauvetage-interrompues-par-de

    • Prima la vita delle persone, poi la difesa dei “confini marittimi”. Ancora vittime sulla rotta del Mediterraneo centrale.

      Negli ultimi giorni, forti delle motovedette regalate dall’Italia, gli agenti della sedicente “Guardia costiera” libica hanno pure sparato sui migranti. Sembra che abbiano sparato in aria, ma diversi gommoni si sono rovesciati per il panico o durante i rimorchi, e centinaia di persone risultano disperse, oltre i pochi cadaveri che sono stati recuperati. Sembra che non ci siano testimoni diretti di quanto avvenuto nelle acque territoriali libiche. Per questo le autorità italiane hanno rinegoziato accordi con il governo Serraj, che hanno allontanato le navi umanitarie, per non avere testimoni scomodi alle operazioni di “soccorso ed aresto”, come sono state definite dal capo della stessa Guardia costiera libica.

      http://www.a-dif.org/2017/05/24/prima-la-vita-delle-persone-poi-la-difesa-dei-confini-marittimi-ancora-vittim

    • Così la Libia ha trasformato un salvataggio in una deportazione

      La scorsa settimana la Guardia Costiera Libica ha interrotto un’operazione di salvataggio dell’Ong tedesca Sea Watch, prendendo il comando e riportando i migranti in Libia. Secondo l’organizzazione tedesca si tratta di una grave violazione del diritto marittimo e del diritto internazionale, e potrebbe rappresentare un precedente pericoloso, ecco perché

      http://www.vita.it/it/article/2017/05/16/cosi-la-libia-ha-trasformato-un-salvataggio-in-una-deportazione/143383

    • Gendarmi anti-immigrazione nel Mediterraneo, con il mitra facile

      Il 10 maggio la nave Sea Watch è stata quasi speronata da una motovedetta libica, mentre si accingeva a soccorrere un barcone con 493 migranti, a circa 20 miglia dalla costa, in acque internazionali. Due settimane dopo, il 23 maggio, uomini armati in divisa hanno scatenato il panico, a raffiche di mitra, mentre erano in corso le operazioni per recuperare diversi battelli, sempre in acque internazionali: molti profughi si sono gettati in mare per sottrarsi alle minacce, mentre due gommoni sono stati assaltati, catturati e fatti rientrare di forza in Libia, contro la volontà delle circa 300 persone che erano a bordo e contro il più elementare rispetto delle leggi internazionali e dei diritti umani.

      http://nuovidesaparecidos.net/?p=1164

    • L’emergenza della nave di MSF: non possono attraccare per il #G7

      Un allarme lanciato da Medici Senza Frontiere su Twitter: la nave Prudence che nelle operazioni di giovedì ha salvato più di 1400 persone, si trova a navigare in condizioni al limite con il doppio dei passeggeri rispetto alla sua capienza massima. Tutti i porti in Sicilia però sono chiusi per il G7 e attraccare è impossibile. A bordo poca acqua e poco cibo

      http://www.vita.it/it/article/2017/05/26/lemergenza-della-nave-di-msf-non-possono-attraccare-per-il-g7/143540

    • Difesa: unità navale libica spara contro motovedetta della Guardia Costiera italiana. Nessun ferito

      Roma, 26 mag - Mercoledì scorso, 13 miglia al largo delle coste libiche, la motovedetta italiana CP 288 della Guardia Costiera sarebbe stata oggetto di alcune raffiche di arma da fuoco provenienti da una analoga imbarcazione della Guardia Costiera libica. La notizia però è trapelata oggi.

      http://www.grnet.it/difesa/forze-armate/marina-militare/10490-difesa-unita-navale-libica-spara-contro-motovedetta-della-guardia-costie

    • Presentato oggi “#Navigare_a_vista”: un rapporto su salvataggi e media. Leggilo qui.

      Di operazioni di ricerca e soccorso i media parlano, e tanto: presenti nel 13% delle notizie sull’immigrazione nei principali quotidiani italiani e nel 18% dei servizi sull’immigrazione dei tg in prima serata e legate soprattutto al racconto di naufragi (39%) e azioni di salvataggio (22%). Ma come se ne parla? A fotografare la rappresentazione mediatica delle operazioni Sar (Search and Rescue) è il rapporto “Navigare a vista – Il racconto delle operazioni di ricerca e soccorso di migranti nel Mediterraneo centrale”, presentato oggi presso l’Associazione Stampa Estera da Osservatorio di Pavia, Associazione Carta di Roma e COSPE.
      Organizzazioni militari e civili: quale il racconto di chi è operativo?
      L’analisi di 400 tweet sulle operazioni Sar postati dagli account ufficiali delle ong più attive, di Eunavfor Med, della Marina militare e della Guardia costiera italiana ha consentito di rilevare importanti differenze nel racconto delle Sar da parte degli stessi attori coinvolti: se quello delle ong è un racconto costante nel tempo e spesso emotivo, che si sofferma sulle persone soccorse, quello di Eunavfor Med e della Marina è un racconto più tecnico, focalizzato sulla gestione delle azioni di intervento. Nel mezzo si pone la Guardia costiera, che alterna entrambe le tipologie di comunicazione. Diverso anche il linguaggio usato: gli attori civili parlano più spesso di “persone” salvate(nel 42% dei loro tweet), quelli militari di “migranti” (nel 77% dei loro tweet); il racconto delle ong è empatico nel 53% dei casi, mentre lo è solo nel 6% dei tweet delle organizzazioni militari. Ed è solo nel racconto delle organizzazioni non governative che troviamo riferimenti anche a ciò che accade prima e dopo il soccorso. «Nel caso dei soccorsi viene data voce ai protagonisti, esperti o migranti che siano, nel 67% dei casi», così Paola Barretta, ricercatrice senior dell’Osservatorio di Pavia.

      La rappresentazione delle Sar nei mainstream media
      Con l’avvio di Mare Nostrum nell’ottobre 2013, in risposta ai tragici naufragi avvenuti il 3 e l’11 dello stesso mese, le operazioni di ricerca e soccorso acquisiscono centralità nel racconto dell’immigrazione: dagli arrivi sulle coste italiane agli incidenti, fino alla cronaca degli interventi stessi. Una narrazione che fino al 2016, se confrontata alla rappresentazione di migrazioni e migranti nel loro complesso, rappresenta una buona pratica: nonostante il tema dell’immigrazione sia divisivo, quello delle Sar è un racconto positivo, che mette al centro i protagonisti del soccorso e le loro azioni – organizzazioni e esperti hanno voce in oltre la metà dei servizi – presentandoli come “angeli del mare” e che, soprattutto, umanizza il fenomeno, soffermandosi su solidarietà e accoglienza. Se nel totale dei servizi prime time sull’immigrazione, migranti, rifugiati e immigrati stabilmente residenti in Italia hanno voce solo nel 3% dei casi, la percentuale sale al 14% quando si tratta di notizie relative alle SAR. Questo, almeno, fino ai primi mesi del 2017. Poi tutto cambia.

      Da “angeli” a “taxi”
      Con il video di un blogger divenuto virale prima e le dichiarazioni del procuratore di Catania Carmelo Zuccaro poi, la cornice da positiva diventa negativa: un’ombra è gettata sull’operato delle ong. Si apre così una nuova fase del racconto delle Sar: l’operato delle organizzazioni che conducono questi interventi è messo in discussione, fino a dubitare dello spirito umanitario che le anima. A prevalere è ora il sospetto. «La narrazione delle operazioni Sar porta con sé diversi rischi tra cui la legittimazione di politiche migratorie più restrittive e la criminalizzazione della solidarietà» evidenzia Valeria Brigida, giornalista freelance tra gli autori del rapporto.

      Non solo: i media talvolta confondono e sovrappongono i ruoli di organizzazioni militari e ong, mentre la diversità della loro natura e delle loro missioni è emersa anche, come osservato, nelle modalità di comunicazione da esse adottate. Afferma Anna Meli, COSPE: «Interrogarsi su cosa davvero succeda a livello di politiche globali, lo spostamento di attenzione è un po’ obbligato, ma come giornalisti domandarsi perché stia accadendo un certo fenomeno e dove un certo tipo d’informazione istituzionale ci vuol portare a ragionare». E ribadisce Pietro Suber, vicepresidente dell’Associazione Carta di Roma: «Bloccare i migranti diventa la risposta più facile della politica agli umori della piazza. In questo contesto la ricerca che presentiamo oggi assume un particolare interesse per comprendere come si sta trasformando uno dei temi principali del nostro dibattito mediatico, pubblico»

      Una cornice, quella del sospetto, che appare difficile da scardinare nonostante le repliche degli attori attaccati, fino a quando non sarà sostituita da un frame narrativo più accurato e aderente alla realtà. Tra gli obiettivi comunicativi portati avanti da Medici senza frontiere, sostiene François Dumont, direttore della comunicazione di Medici Senza Frontiere: «C’è la richiesta all’Europa di mettere in atto delle politiche concordate di Sar ma soprattutto di creare dei corridoi sicuri per arrivare in Europa». Tra gli strumenti comunicativi da utilizzare, Fabio Turato, politologo, docente presso l’Università di Urbino sottolinea come sia importante «autodefinirsi prima di essere definiti dalla retorica portata avanti dagli imprenditori della paura nella cornice del tema immigrazione e ong».


      http://www.cospe.org/news/presentato-oggi-navigare-a-vista-un-rapporto-su-salvataggi-e-media-leggilo-qu
      #rapport #médias #social_networks #réseaux_sociaux #héros #spectacularisation #spectacle #images #morts #corps #cadavres #twitter #terminologie #vocabulaire #mots

    • Giorgia Linardi (MSF): Così i libici aprono il fuoco in mare

      L’intervista alla Responsabile Affari Umanitari di Medici Senza Frontiere, uno dei 40 membri dello staff di Medici Senza Frontiere a bordo della nave Acquarius, dopo l’ennesima tragedia sfiorata causata dall’intervento della Guardia Costiera Libica, che ha sparato colpi di kalashnikov durante un’operazione di soccorso che ha coinvolto oltre mille persone

      http://www.vita.it/it/article/2017/05/25/giorgia-linardi-msf-cosi-i-libici-aprono-il-fuoco-in-mare/143522

    • Accusations against Ngos at sea: what is false or misleading in that smear campaign

      “Too smart for their own good” (Matteo Renzi). “Taxi cabs for migrants” (Luigi Di Maio). Northern League secretary Matteo Salvini said there was a “secret service dossier” on them. Their chief accuser is Catania’s prosecutor Carmelo Zuccaro, according to whom their intervention “renders investigations into facilitators of criminal organisations useless.” After weeks of hearings, though, the defense commission in the Italian Parliament has cleared them of all suspicions. But who are they? Humanitarian Ngos, carrying out search and rescue operations in the waters between Sicily and Libya, are the target of a relentless smear campaign. The European border control agency Frontex has designated them the main “pull factor” for the rising number of migrant boats (and deaths) in the Mediterranean. How much truth, and how much untruth, is there in such accusations?

      http://openmigration.org/en/analyses/accusations-against-ngos-at-sea-what-is-false-or-misleading-in-that-smear-campaign/?platform=hootsuite

    • Accuse alle Ong: cosa c’è di falso o di sviante

      “Furbette” (Matteo Renzi). “Taxi per migranti” (Luigi Di Maio). Al segretario della Lega Nord Matteo Salvini risulta un “dossier dei servizi segreti” che le riguarda. Il loro più grande accusatore è il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro, secondo cui il loro intervento “rende inutili le indagini sui facilitatori delle organizzazioni criminali”. La procura di Trapani ha aperto un fascicolo per “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”. Chi sono? Le Ong, organizzazioni non governative che operano azioni di salvataggio nel tratto di mare tra la Sicilia e la Libia, ormai diventate bersaglio di una campagna martellante. L’agenzia per il controllo delle frontiere esterne dell’Europa, Frontex, le indica come principale “pull factor” che avrebbe indotto l’aumento di partenze (e di morti) nel Mediterraneo. Quanto c’è di vero o di falso in queste accuse?

      http://openmigration.org/analisi/accuse-alle-ong-cosa-ce-di-falso-o-di-sviante/?platform=hootsuite

    • BLAMING THE RESCUERS. CRIMINALISING SOLIDARITY, RE-ENFORCING DETERRENCE

      Aiming to deter migrants from crossing the Mediterranean, the EU and its member states pulled back from rescue at sea at the end of 2014, leading to record numbers of deaths. Non-governmental organisations (NGOs) were forced to deploy their own rescue missions in a desperate attempt to fill this gap and reduce casualties. Today, NGOs are under attack, wrongly accused of ‘colluding with smugglers’, ‘constituting a pull-factor’ and ultimately endangering migrants. This report refutes these accusations through empirical analysis. It is written to avert a looming catastrophe: if NGOs are forced to stop or reduce their operations, many more lives will be lost to the sea.

      https://blamingtherescuers.org

      #Charles_Heller #rapport #Lorenzo_Pezzani #Méditerranée #asile #migrations #réfugiés #blaming_the_rescuers #ONG #sauvetage #dissuasion #collusion #smugglers #passeurs #pull-factor #facteur_pull #appel_d'air #mortalité #mourir_en_mer

    • Migranti: «Ong innocenti, Europa colpevole». Le accuse di uno studio inglese

      Non c’è alcuna prova di un legame tra le Ong e i trafficanti di uomini nel Mediterraneo. Nè che il lavoro delle Organizzazioni non governative alimenti l’esodo dall’Africa verso l’Europa. Lo afferma una ricerca realizzata dalla ‘Goldsmiths, University of London‘ dopo che il tema aveva monopolizzato il dibattito pubblico nei mesi scorsi. Un tema destinato a fare discutere ancora, soprattutto con il miglioramento delle condizioni meteorologiche che favorisce le traversate del Mediterraneo. Lo studio smentisce l’accusa rivolta ai soccorritori secondo la quale le Ong attraggono i migranti, ‘mettono in pericolo la loro vita’ e incoraggiano i trafficanti a usare metodi ancora più pericolosi.

      http://www.agi.it/estero/2017/06/09/news/migranti_ong_colpe_dossier_goldsmith_university_london-1862242

    • Mario Giro: «Frontex vuole ritirarsi per spendere meno. Lasciano solo a noi l’onere del soccorso in mare»

      “Frontex sta facendo di tutto per tirarsi indietro e lasciare a noi tutto il peso della ricerca e del soccorso in mare”. Così Mario Giro, viceministro degli Esteri si è espresso davanti alle telecamere di Repubblica Tv. Con il rappresentante del governo si è poi sviluppato un dibattito sulla politica europea rispetto al fenomeno planetario delle migrazioni e su alcune contraddizioni che abbiamo fatto rilevare nell’accordo firmato sul #Trust_Fund per le emergenze in Africa, scritto due anni fa durante un vertice europeo a La Valletta. In quell’occasione, infatti, furono previsti, per scopi legati allo sviluppo, oltre 600 milioni di euro, con circa il 40% dei progetti approvati. Successivamente però, lo stesso Parlamento europeo, dopo le proteste del coordinamento delle Ong, sottolineò come da quel fondo complessivo – di circa 2,6 miliardi - di fatto fossero sottratte più risorse per fermare i migranti, piuttosto che per la Cooperazione allo sviluppo e la lotta alla povertà. In altre parole, con Mario Giro si è ragionato su come appaia ormai troppo evidente il fatto che l’obiettivo primario sia quello di contenere il fenomeno migratorio nei paesi d’origine o di transito, con strumenti capaci di rendere più facili le espulsioni

      http://video.repubblica.it/mondo-solidale/mario-giro-frontex-vuole-ritirarsi-per-spendere-meno-lasciano-solo-a-noi-l-onere-del-soccorso-in-mare/278183/278778

    • Charities ‘pay people traffickers’: Libyan coastguard’s astonishing claim… cash handed to criminal gangs so they ‘deliver’ refugees

      Refugee charities are paying smugglers to ferry migrants, Libyan official claims
      Allegation to raise concern that jihadists could be among the smuggled migrants
      But charities say they are only their to rescue migrants off north African coast

      http://www.dailymail.co.uk/news/article-4592108/Charities-pay-people-traffickers-ferry-migrants.html

    • "Con le Ong più migranti in viaggio? Ecco perché non è vero"

      Uno studio dalla Goldsmiths university di Londra boccia la tesi di Frontex secondo cui la presenza e il ruolo dei volontari finisce per aumentare i viaggi nel Mediterraneo e la loro pericolosità: «I dati sono in linea con le previsioni, dipendono dall’acuirsi delle crisi politiche ed economiche in Africa e non sono legati alle zone in cui operano le organizzazioni non governative»

      http://www.repubblica.it/cronaca/2017/06/09/news/_con_le_ong_piu_migranti_in_viaggio_ecco_perche_non_e_vero_-167648715/?ref=fbpr

    • Il rapporto “#Blaming_the_rescuers” risponde scientificamente alle accuse sui soccorsi in mare

      La questione delle accuse alle Ong che fanno soccorsi in mare è ancora così all’ordine del giorno che solo sabato scorso, 10 giugno 2017, a fronte di più di 1800 persone tratte in salvo, sette cadaveri recuperati e 27 dispersi, la Marina libica ha sostenuto di avere intercettazioni che dimostrerebbero che le Ong ricevono informazioni in anticipo sulle partenze dei gommoni, ha intimato loro di stare fuori dalle acque territoriali libiche e ha respinto verso la Libia 570 persone. Soltanto 24 ore prima, veniva presentato a Roma un rapporto dettagliato, Blaming the rescuers, che argomenta una volta per tutte - con dati e analisi approfondite - che non solo le accuse alle Ong sono infondate, ma che servono a oscurare precise responsabilità dell’Europa.

      http://openmigration.org/analisi/il-rapporto-blaming-the-rescuers-risponde-scientificamente-alle-accus

    • Un rapporto smentisce le accuse contro le ong che aiutano i migranti

      Una delle accuse principali rivolta alle organizzazioni non governative che soccorrono i migranti nel Mediterraneo centrale è quella di essere un fattore di attrazione (pull factor) per i migranti. Secondo Frontex, l’agenzia dell’Unione europea per il controllo delle frontiere, basta la presenza delle loro navi a far aumentare gli arrivi sulle nostre coste. Blaming the rescuers (Accusare i soccorritori) un rapporto firmato da Lorenzo Pezzani e Charles Heller, ricercatori del Goldsmiths college dell’università di Londra, smentisce questa accusa a partire da un’analisi empirica dei dati e dal confronto con le mappe oceanografiche prodotte dal Forensic oceanography, un progetto di ricerca dell’università di Londra.

      https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2017/06/09/ong-migranti-criminalizzazione

    • Reçu via email par Fulvio Vassallo :


      Avec ce commentaire :

      Qualcuno ancora viene mandato a fare soccorso a 12 miglia dalla costa libica ma solo se ben armati. Come gli irlandesi che evidentemente ieri si trovavano a vista di Zuwara. Per fortuna. Servono navi militari capaci di fare copertura alle navi umanitarie. Altrimenti sara’ il far west. I libici di Qassem ieri si sono ripresi oltre 900 anime. E sappiamo gia’ cosa stanno subendo.

    • More than 120 migrants feared dead at sea after boat’s motor stolen: IOM
      http://mobile.reuters.com/article/idUSKBN19A2JE
      Avec ce commentaire de Fulvio Vassallo:

      Ancora una strage. In questo modo non succedeva prima degli accordi tra Gentiloni e Minniti ed i libici di Serraj. Adesso nella zona di mare che prima era assegnata a Frontex ed alle navi umanitarie scorazzano motovedette libiche e imbarcazioni dei trafficanti che si alternano a sparare, a rapinare ed a sequestrare. Con queste conseguenze...

    • Final report of the Panel of Experts on Libya established pursuant to resolution 1973 (2011) (S/2017/466) [EN/AR]

      http://reliefweb.int/report/libya/final-report-panel-experts-libya-established-pursuant-resolution-1973-201

      v. aussi:
      UN Report Documents Extensive and Grave Human Rights Violations by Libyan Coast Guard Against Migrants

      The Final Report of the Panel of Experts on Libya established pursuant to UN Security Council resolution 1973 (2011) was transmitted to the UN Security Council on 1 June and recently released. The Final Report addresses a range of issues covered by Resolution 1973, including activities of different Libyan Coast Guard factions.

      https://migrantsatsea.org/2017/06/14/un-report-documents-extensive-and-grave-human-rights-violations-by-li

    • Au large de la Libye, la carte qui pointe l’effet des sauvetages en mer

      Avant 2014, les sauvetages des bateaux de migrants avaient lieu près des eaux italiennes. Aujourd’hui, ces secours en mer ont lieu beaucoup plus au Sud, près des côtes de la Libye, comme le montre la carte du « New York Times » qui consacre un article à ce sujet. Un effet lié à la présence des sauveteurs en mer qui a modifié les conditions de passage des migrants.


      http://geopolis.francetvinfo.fr/au-large-de-la-libye-la-carte-qui-pointe-l-effet-des-sauvetage
      #Blaming_rescuers

    • Gentiloni e Minniti sotto ricatto della Lega comunicano a Bruxelles di chiudere alle ONG i porti italiani e di violare il diritto internazionale.

      Adesso il governo vuole impedire alle navi delle ONG l’attracco nei porti italiani. La notizia era nell’aria da settimane ed era già al centro delle proposte delle destre xenofobe e degli organi di stampa contigui, dopo la campagna mediatica di attacco alle ONG che soccorrono migranti al largo della Libia. Una campagna avvelenata, lanciata da Frontex e subito ripresa dai principali giornali, dopo le dichiarazioni del procuratore di Catania, che fino ad oggi non ha fatto emergere un solo fatto rilevante come reato.


      http://www.a-dif.org/2017/06/28/gentiloni-e-minniti-sotto-ricatto-della-lega-comunicano-a-bruxelles-di-chiude

    • Migranti, l’Italia alla Ue: ipotesi blocco alle navi straniere. Mattarella: «Situazione ingestibile»

      Il governo ha incaricato il Rappresentante presso Bruxelles di porre formalmente il tema dell’emergenza che sta affrontando il nostro Paese. Il commissario Ue: Nelle ultime ore oltre 12mila arrivi. Dal 1 gennaio +13,43%. Il premier: «La Ue non volti la faccia». La Lega: «Invasione epocale»

      http://www.repubblica.it/cronaca/2017/06/28/news/migranti_italia_ue_sbarchi-169383917/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P2-S1.8-T1

    • Chiusura porti, l’Asgi: «Timore che obiettivo sia costringere Ong a lasciare Mediterraneo»

      «E’ improbabile che i paesi forti d’Europa vorranno supplire al ruolo dell’Italia nell’accoglienza, più probabilmente ci sarà il tentativo di dichiarare come porti sicuri altri paesi del Mediterraneo - come l’Egitto, la Tunisia e magari in prospettiva la Libia -, che oggi le Ong non considerano tali perché lì i migranti spesso vengono detenuti e torturati». Così l’avvocato Salvatore Fachile dell’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione commenta l’ipotesi trapelata da fonti governative di una chiusura dei porti italiani alle navi delle Ong che trasportano migranti. Secondo Fachile: «Il rischio è di creare navi fantasma che navigano per giorni nel Mediterraneo senza sapere dove approdare, portando a bordo una grande quantità di persone spesso in condizioni precarie e con malattie, mettendo a rischio la loro vita»

      https://video.repubblica.it/dossier/immigrati-2015/chiusura-porti-l-asgi-timore-che-obiettivo-sia-costringere-ong-a-lasciare-mediterraneo/279859/280453

    • Migranti, Medici senza Frontiere: trasferirli in porto vicino e sicuro

      «Le persone salvate in mare dovrebbero essere trasferite nel più vicino porto di sbarco in cui le loro necessità e vulnerabilità possano trovare una risposta rapida». Così Medici senza Frontiere commenta l’ipotesi di chiudere i porti alle navi straniere che salvano i migranti. e ricorda che da tempo chiede più sostegno dell’Ue alle operazioni di salvataggio, alle quali «dovrebbero partecipare tutti gli stati».

      http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/migranti-msf-trasferirli-porto-vicino-sicuro-33c204d8-b620-418f-a2b2-1676c7f

    • La “minaccia” italiana di “bloccare” gli sbarchi di migranti e il diritto internazionale

      Nessuna decisione di “bloccare” l’accesso a porti italiani da parte di imbarcazioni cariche di migranti e dirette in tali porti è stata sinora presa dal Governo italiano. Secondo quanto si apprende dalla stampa, è, però, proprio una simile prospettiva che il rappresentante italiano presso l’Unione europea avrebbe fatto balenare al Commissario europeo competente, Dimitri Avramopoulos, in considerazione del consistente numero di sbarchi susseguitisi negli ultimi giorni, il cui impatto critico sul nostro sistema di accoglienza è stato sottolineato anche dal Presidente della Repubblica Mattarella e dal Presidente del Consiglio Gentiloni.


      http://www.sidiblog.org/2017/07/01/la-minaccia-italiana-di-bloccare-gli-sbarchi-di-migranti-e-il-diritto-inte

    • ICC in The Hague to investigate Libyan Coastguard on the initiative of Sea-Watch

      The International Criminal Court in The Hague is investigating the so-called Libyan Coastguard. This investigation is the result of the numerous attacks on civil rescue organisations as well as refugees and migrants, as highlighted by Sea-Watch. In several cases, the so-called Libyan Coastguard has put rescuers, migrants and refugees in mortal danger in order to bring the latter back to Libya at gunpoint – a clear violation of the internationally-accepted principle of non-refoulement.

      https://sea-watch.org/en/icc-in-the-hague-to-investigate-libyan-coastguard-on-the-initiative-of-se

    • Migranti, il Viminale studia come far scattare il blocco delle navi

      ROMA. «Il tempo delle parole è finito, ora servono i fatti». Il ministro dell’Interno Marco Minniti conferma che l’Italia non tornerà indietro: se alle aperture arrivate da Bruxelles e Berlino, dove i leader Ue si sono incontrati in vista del G20, non seguiranno atti concreti, il nostro paese darà seguito a quanto annunciato ieri, negando l’ approdo ai porti alle navi cariche di migranti che battono bandiera non italiana, vale a dire quasi tutte quelle delle Organizzazioni non governative che operano davanti alla Libia, ad eccezione di quella di Save The Children e di una delle 4 di Medici senza frontiere.

      http://gds.it/2017/06/29/migranti-il-viminale-studia-come-far-scattare-il-blocco-delle-navi_688397

      Avec ce commentaire de Fulvio Vassallo du 29.06.2017:

      Dirottare le navi umanitarie verso altri porti europei significa sguarnire per giorni la zona nella quale occorre portare i soccorsi. Di fatto significa un contingentamento dei salvataggi che portera’ ad altre tragedie. Vogliono i morti per dissuadere le partenze ma i migranti che arrivano dalla Libia non sono migranti ecomomici che possono scegliere quando partire. I trafficanti li costringeranno a salire sui gommoni e continueranno a farli partire. Le stragi si ripeteranno ancora piu’ frequenti di quelle nascoste nella ultime settimane.

    • Libye – Italie : sauvetages silencieux et marches lentes

      L’appel au #Rio_Segura survient lundi 26 juin dans l’après-midi. Plus de 40 bateaux. 40. On répète le chiffre, tant cela paraît énorme. Environ 5000 migrants attendent d’être sauvés des eaux internationales, au large de la Libye. Les 34 membres de l’équipage du navire de Frontex mettent le cap à 13 noeuds sur la zone où se trouvent ces embarcations. Militaires de la « Guardia Civil », ils sont « habitués », disent-ils, et ont une longue expérience des sauvetages au large des Canaries. Mais quelques silences traduisent leur surprise. « 5000 c’est beaucoup », lâche stoïquement le lieutenant Juan Carlos.

      http://frontieres.blog.lemonde.fr/2017/07/02/libye-italie-sauvetages-silencieux-et-marches-lentes

    • L’Europa muore nel Mediterraneo, uccisa dall’invasione populista e dalla cattiva politica.

      1. Il governo italiano sembra ormai allo sbando sui diversi fronti dei soccorsi in mare, dell’immigrazione e dell’accoglienza, sempre più condizionato dai ricatti della lega e dall’ondata populista e sicuritaria che individua nei migranti le cause di disastri che sono invece imputabili alla crisi determinata dall’abbattimento dello stato sociale e dal liberismo sfrenato di questi anni. Senza neppure un minimo di attenzione a quello che succede ai migranti intrappolati in Libia o ripresi in mare e riportati a terra in quel paese.

      http://www.a-dif.org/2017/07/02/leuropa-muore-nel-mediterraneo-uccisa-dallinvasione-populista-e-dalla-cattiva

    • Migration : Déclaration conjointe du Commissaire Avramopoulos et les ministres de l’intérieur de France, d’Allemagne, et d’Italie

      Les ministres de l’Intérieur de France, d’Allemagne et d’Italie ainsi que le Commissaire européen en charge des migrations et des affaires intérieures se sont rencontrés à Paris le 2 juillet 2017 pour examiner les défis posés par le flux migratoire grandissant en Méditerranée centrale.

      http://europa.eu/rapid/press-release_STATEMENT-17-1876_fr.htm

      Avec ce commentaire vu sur twitter :

    • Migranti, nave di Medici senza frontiere bloccata a Palermo per motivi burocratici

      PALERMO. La nave #Vos_Prudence di Medici Senza Frontiere è rimasta bloccata al porto di Palermo. Doveva salpare per continuare a prestare soccorso a migranti in difficoltà nel Mediterraneo, ma nel corso di controlli la Capitaneria di Porto non ha trovato in regola i documenti del direttore di macchina che doveva sostituire un collega sbarcato per motivi familiari.

      http://palermo.gds.it/2017/07/04/migranti-nave-di-medici-senza-frontiere-bloccata-a-palermo-per-motivi-bu

    • Italie / Crise migratoire : les explications de Valérie Dupont, à Rome
      https://www.rts.ch/play/tv/19h30/video/migrants-litalie-pourrait-menacer-de-fermer-ses-ports?id=8751544

      Dans ce reportage on fait clairement une distinction, on crée une #dichotomie entre #réfugiés_politiques venant d’Afrique de l’Ouest et #migrants_économiques ("exode avant tout économique") venant d’Afrique de l’Ouest
      #catégorisation #mots #vocabulaire
      Et bien sûr, ces deux routes visualisées avec des #flèches #rouge :

      A mettre en lien avec ce récent rapport du HCR notamment qui dit que même les migrants arrivés en Libye majoritairement pour des raisons économiques, ils partent de Libye de manière forcée et sont en fait des réfuigés...
      http://www.unhcr.org/595a02b44

    • Emergenza migranti, la Francia dice no alla richiesta italiana di aprire i porti

      Via libera di Berlino e Parigi per stilare un codice di condotta per le Ong. Un’altra ipotesi al vaglio: chiedere la collaborazione della Tunisia per reindirizzare i barconi

      http://www.lastampa.it/2017/07/03/esteri/emergenza-migranti-la-commissione-ue-subito-misure-concrete-XINwzbWBM6LL687CBuc9JI/pagina.html

      Avec ce commentaire de Filippo Furri sur FB (04.07.2017):

      tutto sto giro per costringere la TUNISA a fare da hotspot «esterno», dopo averci provato (italia e germania) in modo più «soft» questa primavera. e complimentoni anche a questa bella personcina di Macron, che, per chi avesse avuto dei dubbi, si rivela per il cinico narcisista che è...

      #Tunisie

    • Un “code de conduite pour les ONG”, seule réponse de l’Europe à une crise humanitaire majeure ?

      Déclaration de Sophie Beau, co-fondatrice et vice Présidente de SOS MEDITERRANEE, après la rencontre à Paris le 2 juillet des ministres de l’Intérieur de France, d’Allemagne et d’Italie ainsi que le Commissaire européen en charge des migrations et des affaires intérieures.

      http://www.sosmediterranee.fr/journal-de-bord/code-conduite-ong-presse

      Grâce à cette déclaration je découvre que les ONG se sont déjà dotés d’un code de conduite volontaire, qui date de février 2017 :


      https://www.humanrightsatsea.org/wp-content/uploads/2017/03/20170302-NGO-Code-of-Conduct-FINAL-SECURED.pdf

    • Emergenza Mediterraneo? Primo punto in agenda, il codice di condotta per le ONG…

      La sconcertante priorità emersa dal vertice italo-franco-tedesco-UE di Parigi sull’emergenza Mediterraneo. Mentre è rimasta come in sospeso, nel clima di veti e indifferenza che aleggia su molte cancellerie europee, la minaccia italiana di chiudere i porti alle navi di soccorso che battono bandiera straniera.


      http://viedifuga.org/emergenza-mediterraneo-primo-punto-in-agenda-il-codice-di-condotta-per-le

    • Da eroi a trafficanti: le accuse ai protagonisti delle operazioni di ricerca e soccorso in mare

      Le operazioni di ricerca e soccorso (SAR) dei migranti sono oggi uno dei temi principali nel dibattito politico, mediatico e pubblico. È un argomento direttamente collegato alle politiche nazionali ed europee in materia di migrazione e, più o meno indirettamente, alle politiche di sicurezza e spesso sovrapposto e intrecciato a storie umane, individuali o collettive, di speranza, gioia, sofferenza e morte

      http://questionegiustizia.it/articolo/da-eroi-a-trafficanti_le-accuse-ai-protagonisti-delle-operazioni-

    • Le cose che l’Italia può fare invece di chiudere i porti

      Il 2 luglio i ministri dell’interno di Italia, Germania e Francia si sono incontrati a Parigi insieme al commissario europeo Dimitri Avramopoulos per discutere delle nuove richieste italiane in materia d’immigrazione, che saranno presentate al vertice dei 27 ministri dell’interno dell’Unione europea a Tallin, in Estonia, il 6 e 7 luglio. Nel piano presentato, Roma ha chiesto agli altri paesi europei d’introdurre dei limiti per le organizzazioni non governative che soccorrono i migranti nel Mediterraneo centrale e più finanziamenti per affidare alla guardia costiera libica il pattugliamento delle coste del paese nordafricano da cui parte la maggior parte delle imbarcazioni di migranti dirette in Europa.

      https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2017/07/03/chiusura-porti-migranti

    • Si intensifica la guerra contro le ONG e si realizzano i piani di morte contro i migranti in fuga dalla Libia. E’ strage continua.

      Ancora oggi una grave strage nelle acque antistanti la costa libica, dove dovrebbe intervenire la Guardia costiera libica. Sembra che nessuno raccolga i documentati allarmi lanciati da Amnesty International. Come si negano le stragi, si emarginano opinioni e rapporti che potrebbero mettere in discussione le tesi governative. Le acque libiche non sono coperte, quanto alle attività SAR, dai mezzi delle milizie, alcune che dichiarano di avere una propria Guardia Costiera, che controllano le diverse regioni della Libia. 1900 chilometri di costa che non diventeranno certo più sicuri per effetto delle quattro motovedette restituite da Minniti al governo di Tripoli. Senza le navi umanitarie le stragi come quella di oggi si ripeteranno a catena.

      http://www.a-dif.org/2017/07/09/si-intensifica-la-guerra-contro-le-ong-e-si-realizzano-i-piani-di-morte-contr

    • EU: Draft Code for Sea Rescues Threatens Lives

      The draft pact would curtail the work of nongovernmental groups carrying out search and rescue operations on the central Mediterranean by:

      Barring them from entering Libyan territorial waters to undertake rescues;
      Banning them from using lights to signal their location to vessels at imminent risk of sinking; and
      Forcing them to return to port to disembark refugees and migrants, rather than allowing them to transfer rescued people onto other vessels at sea if necessary. This would remove nongovernmental groups’ search-and-rescue teams for long periods from the area where they are needed, leaving more people at risk of drowning in the central Mediterranean.

      https://www.hrw.org/news/2017/07/12/eu-draft-code-sea-rescues-threatens-lives
      #code_de_conduite

    • Via la mailing-list Migreurop, qui a transféré un message de StateWatch:
      News Online: Full text: Italy: Med NGOs Code of Conduct (08/17)

      The European Commission asked Italy to draw up a “Code of Conduct” for NGOs carrying out search and rescue in the Mediterranean:

      See full-text of: Code of Conduct for NGOs involved in migrant’s rescue operation at sea: http://www.statewatch.org/news/2017/jul/italy-eu-sar-code-of-conduct.pdf

      All NGOs operating in the Med are required to sign and obey the Code:

      “Failure to sign this Code of Conduct or failure to comply with its obligations may result in the refusal by the Italian State to authorize the access to national ports, subject to compliance with the existing international conventions.”

      And see: Hearing in LIBE Committee tomorrow (11.07.17) on search and rescue activities in the Mediterranean

      At the request of the GUE/NGL group, there will be an exchange of views on search and rescue activities in the Mediterranean during the LIBE Committee agenda this Wednesday July 12 from 9.00 till 10.45am. The exchange of views will focus on the current search and rescue situation, including the essential role NGOs have been playing and concerns regarding the provision of training, equipment and support to the Libyan coast guard. See Agenda: http://www.statewatch.org/news/2017/jul/ep-hearing-sar-draft-programme.pdf

      Also Letter from: Frontex Executive Director to Miguel Urban Crespo MEP (http://www.statewatch.org/news/2017/jul/eu-frontex-letter-ep.pdf): Frontex denies it has accused NGOs of colluding with smuggling.. It goes to say that “all those operating at sea need to work together, collect information and share it with the Italian authorities and EU agencies” to collect evidence for arrest and prosecution.

    • Il rapporto “Blaming the rescuers” risponde scientificamente alle accuse sui soccorsi in mare

      La questione delle accuse alle Ong che fanno soccorsi in mare è ancora così all’ordine del giorno che solo sabato scorso, 10 giugno 2017, a fronte di più di 1800 persone tratte in salvo, sette cadaveri recuperati e 27 dispersi, la Marina libica ha sostenuto di avere intercettazioni che dimostrerebbero che le Ong ricevono informazioni in anticipo sulle partenze dei gommoni, ha intimato loro di stare fuori dalle acque territoriali libiche e ha respinto verso la Libia 570 persone. Soltanto 24 ore prima, veniva presentato a Roma un rapporto dettagliato, Blaming the rescuers, che argomenta una volta per tutte - con dati e analisi approfondite - che non solo le accuse alle Ong sono infondate, ma che servono a oscurare precise responsabilità dell’Europa.

      http://openmigration.org/analisi/il-rapporto-blaming-the-rescuers-risponde-scientificamente-alle-accus

    • Proposed Code of Conduct for Search and Rescue putting lives at risk

      The first draft of the Italian proposal includes a ban on the entry of NGOs into Libyan waters, an obligation not to use telecommunications or send light signals to reveal their location to vessels that are at risk of sinking, and the prohibition to make trans-shipments – the transfer of people rescued to bigger boats that will bring them to safe harbours.


      https://www.ecre.org/proposed-code-of-conduct-for-search-and-rescue-putting-lifes-at-risk

    • Ci vuole un codice di condotta per l’Europa, non per le ong

      Tra un’ora, Stephane Broch, il vicecoordinatore delle operazioni di soccorso salirà sul ponte di comando della nave Aquarius con un binocolo e comincerà il primo turno di avvistamento. La luce è nitida, il mare leggermente increspato, ci aspettano tre giorni di bel tempo. Intanto la squadra di Sos Méditerranée è a prua: Rocco, Tanguy, Charlie sistemano i giubbotti di salvataggio arancioni dentro dei grossi sacchi di rafia bianca. Mentre Alain, Alessandro e Svenja gonfiano i gommoni.

      https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2017/07/18/codice-condotta-ong-europa

    • Commentaire reçu de Fulvio Vassallo (24.07.2017) :

      Domani al ministero dell’interno incontro ultimativo tra Minniti e le Ong,che non sembrano neppure compatte nel respingere un codice di condotta che si conferma privo di basi legali vincolanti, ed amplia soltanto i poteri di polizia con possibili code di denunce e processi. Perche’ di chiudere i porti davanti a navi cariche di naufraghi non se ne potra’ parlare. Di fronte a queste divisioni, vero obiettivo di Minniti, in linea con la macchina del fango che per mesi ha martellato sulla distinzione tra Ong buone e Ong cattive a seconda dei loro rapporti con la polizia, non rimane che attendere la caduta degli attuali livelli di coordinamento operativo in mare, finora garantiti anche dalla Guardia Costiera, ed una ripresa dei naufragi, in questo ultimo periodo diminuiti, dopo l’ impennata di giugno, quando si era permesso alla sedicente Guardia Costiera libica di operare anche in acque internazionali. Risultato, decine di morti e dispersi ogni settimana. Adesso andra’sempre peggio. Non saremo testimoni inerti di fronte a questo ricatto.

    • Des militants identitaires sillonnant la Méditerranée pour dénoncer les bateaux de migrants

      Des militants identitaires dénonçant dans une vidéo les dangers de l’immigration, qui selon eux dévaste la culture et le tourisme européen, ont créé l’opération « Defend Europe ». Elle consiste à sillonner la mer Méditerranée pour dénoncer les bateaux de migrants aux garde-côtes libyens.

      https://www.rts.ch/play/radio/tout-un-monde/audio/des-militants-identitaires-sillonnant-la-mediterranee-pour-denoncer-les-bateaux-

    • Pour info, la C-Star bat maintenant pavillon mongole et non plus de Djibouti (et ceci même si maritime trafic n’est pas à jour).
      J’ai discuté de cela avec les journalistes de la RTS qui ont couvert ce matin le sujet et avec Fulvio Vassallo, qui a confirmé le drapeau de #Mongolie.

      Fulvio ajoute :

      C’est pratique pour ce genre de bateaux de changer de drapeau pour des questions fiscales mais surtout pour des questions de juridiction aussi dans le domaine pénal. Ca serait difficile qu’un procès pourrait avoir lieu dans le cas où leurs actions causeraient des victimes en Méditerranée. S’ils battaient pavillon UE un procès serait déjà entamé contre eux.

      J’ai mis ce commentaire dans le mauvais fil de discussion —> j’ai copié-collé dans le bon : http://seen.li/ctpw

    • MSF statement following meeting at Italian Ministry of Interior re Code of Conduct for SAR NGOs

      Gabriele Eminente, General Director of MSF Italy: “MSF welcomes any effort that seeks to strengthen Search and Rescue (SAR) capacity in the Central Mediterranean and save lives. However, it is crucial that we have the opportunity to raise concerns about several elements of the current Code and seek clarity on ambiguities. We therefore hope that the consultation process will receive meaningful engagement from the Minister of Interior and that the points we raise will be considered and addressed. It is vital that any proposed Code will be based on the clear imperative to save lives at sea. Since the beginning of our Search and Rescue activities in May 2015, MSF has rescued more than 69,000 men, women and children. Our rescue operations have always been conducted in respect of national and international laws and under coordination of the Maritime Rescue Coordination Center (MRCC) in Rome. However, as the content and potential impact of this code is discussed, we must all remember that so far this year over 2,000 people have lost their lives in the Mediterranean sea, at least 13 this very afternoon.”

      http://prezly.msf.org.uk/msf-statement-following-meeting-at-italian-ministry-of-interior-re-co

    • Il codice di condotta per le Ong? «E’ in contrasto con il diritto internazionale»

      La lunga analisi che l’Associazione studi giuridici sull’immigrazione dedica al Codice di condotta. In sintesi, per l’Asgi è il “tentativo da parte dell’Italia di regolare la condotta di navi, incluse navi battenti bandiera di uno Stato terzo, oltre i limiti delle acque su cui esercita competenze in virtù del diritto internazionale”. Un fatto non previsto da trattati e prassi

      http://www.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/542483/Il-codice-di-condotta-per-le-Ong-E-in-contrasto-con-il-diritto-inte

    • Un regolamento pieno di ombre: i 12 punti del codice di condotta che dovrebbero firmare le Ong domani davanti al ministro Minniti, commentati a Radio Radicale e da Violeta Moreno Lax, Senior Lecturer in law at Queen Mary University of London

      Oggi 25 luglio, il ministro dell’Interno Minniti, incontrerà i rappresentanti delle Ong che operano nel Mediterraneo Centrale per attività di soccorso in mare per chiedere che il “regolamento” elaborato dal ministero, una sorta di codice di condotta, venga sottoscritto da chi intende continuare la propria attività. Il testo, in 12 punti, contiene numerosi elementi critici. Se in alcuni passaggi non fa altro che affermare ciò che da sempre viene fatto – mettendo in dubbio la trasparenza delle navi umanitarie, in altri pone limiti oggettivi che vanno analizzati uno per uno. Il giornalista di Radio Radicale Sergio Scandura, ha realizzato una intervista al nostro presidente Fulvio Vassallo Paleologo, passando in rassegna ogni singolo punto del regolamento. In attesa di sapere come andrà l’incontro con le Ong riteniamo utile e opportuno offrire il servizio audio dell’intervista, estremamente chiara e puntuale, ringraziando tanto Radio Radicale, che si è comportata in tal senso da vero servizio pubblico, quanto Sergio Scandura per la precisione con cui ha realizzato l’intervista.

      http://www.a-dif.org/2017/07/25/un-regolamento-pieno-di-ombre-i-12-punti-del-codice-di-condotta-che-dovrebber

    • Riprende la strage nella zona SAR libica, mentre si cerca di imporre un codice di polizia alle ONG

      Ancora cadaveri di migranti scoperti a bordo di un gommone soccorso da una nave di una Organizzazione non governativa. Purtroppo come previsto. L’Unione Europea ed i vertici militari (Frontex ed Eunavfor Med ) hanno ritirato le loro navi , il governo ha costretto le Ong sulla difensiva con trattative estenuanti che distolgono dall’impegno di soccorso. Ed i trasbordi sono gia’ impediti “di fatto”, per mancanza di mezzi, con le imbarcazioni delle ONG dirottate del ministero dell’interno verso porti sempre piu’ lontani. Sara’ una strage continua. E nessuno potrà dire: io non sapevo. Anche se la notizia dei cadaveri ammassati dentro i gommoni viene censurata o relegata alla cronaca locale. In ogni caso, la notizia delle stragi deve restare sempre in secondo piano rispetto alle informazioni diffuse ad arte sul maggiore impegno dell’Unione Europea e dei governi nella lotta contro i trafficanti, che invece prosperano proprio sul regime di sbarramento delle frontiere. Le ONG sono un ostacolo per queste politiche e per queste campagne di disinformazione.

      http://www.a-dif.org/2017/07/26/riprende-la-strage-nella-zona-sar-libica-mentre-si-cerca-di-imporre-un-codice

    • The far-right and Katie Hopkins need to learn some basic truths about those ’easy to hail as an Uber’ rescue boats in the Med

      Researchers examined whether the number of migrants crossing the Med fell when the EU cut back rescue operations. The decision had no effect on numbers, but it did mean more bodies washed up on beaches

      http://www.independent.co.uk/voices/refugees-defend-europe-katie-hopkins-save-the-children-rescue-boats-a

      #pull_factor #facteur_pull #facteur-pull #appel_d'air

    • Italian cabinet to approve anti-trafficking mission off Libyan coast

      According to Corriere della Sera, Italian ships would intercept migrant boats and take people back to the Libyan shore, with written assurances from Libyan authorities about respect for the migrants‘ human rights.

      http://en.europeonline-magazine.eu/italian-cabinet-to-approve-anti-trafficking-mission-off-lib

      Avec ce commentaire de Fulvio Vassallo:

      Ecco perchè le ONG vanno allontanate dalle acque libiche. In programma respingimenti collettivi come quelli per cui l?Italia è già stata condannata dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo, nel 2012, sul caso Hirsi.

      Cas #Hirsi: https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_20_1.wp?facetNode_1=0_8_1_60&previsiousPage=mg_1_20&contentId=SDU7432

    • Gentiloni e Minniti arrivano in acque libiche prima di Generazione identitaria.

      La loro missione è già fallita in partenza. Non solo per l’opposizione sociale che troveranno in tutta Europa. Il governo italiano è arrivato prima. Li ha preceduti proprio sul loro stesso terreno, la presenza nelle acque libiche e l’attacco alle ONG. Comunque vada a finire la trattativa sul Codice di condotta imposto da Minniti, che costituisce una misura di forte carattere discriminatorio e che poggia sul divieto che si vorrebbe imporre alle ONG di svolgere attività di soccorso in acque libiche. Il divieto non è chiaro se riguardi anche le acque internazionali che ricadono nella zona SAR libica, una zona che da anni non è presidiata dai libici e che, come prescritto dalle Convenzioni internazionali, è soggetta, oltre il limite delle acque territoriali (12 miglia dalla costa), al controllo ed coordinamento degli interventi per il salvataggio da parte del Comando centrale della Guardia costiera italiana, come autorità SAR competente dell’area SAR confinante con quella libica. Quanto alla zona SAR maltese è noto da anni che è presidiata dalla Guardia Costiera italiana, dopo le stragi del 3 e dell’11 ottobre 2013, e dopo l’avvio della missione Mare Nostrum.

      Il Codice di Condotta “Minniti” potrebbe costituire il colpo definitivo all’autonomia della Guardia costiera nel coordinamento delle attività di ricerca e soccorso, per la presenza di militari armati che si vorrebbe imporre a bordo delle navi umanitarie e per i divieti di polizia che si pongono alle attività SAR condotte dalle navi delle ONG, a differenza delle stesse attività di ricerca e salvataggio quando, in assenza di altri mezzi, sono condotte da navi commerciali sotto il coordinamento del Comando centrale IMRCC italiano.

      http://www.a-dif.org/2017/07/30/gentiloni-e-minniti-arrivano-in-acque-libiche-prima-di-generazione-identitari

    • Codice di condotta, ong spaccate. No di Msf, firma Save the children

      Le posizioni delle ong. Eminente (Msf): «No alle armi a bordo, ma i punti non problematici continueremo a rispettarli». Neri (Stc): «Ci sentiamo tranquilli di aver fatto una cosa corretta e giusta». No della tedesca Jugend Rettet Iuventa, mentre c’è il si di Moas

      http://www.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/543152/Codice-di-condotta-ong-spaccate-No-di-Msf-firma-Save-the-children

    • Medici senza frontiere dice no al codice delle Ong, il Governo: chi non firma è fuori

      ROMA. Niente sintesi tra la missione del Viminale, ridurre gli sbarchi, e quella delle ong, salvare vite in mare. Il Codice di condotta proposto dal ministero raccoglie oggi le firme di solo due delle otto organizzazioni umanitarie presenti nel Mediterraneo Centrale: Moas e Save the children.

      http://gds.it/2017/07/31/medici-senza-frontiere-non-firma-il-codice-delle-ong-no-alle-armi-a-bordo_704451

    • Interview „Italiens Kodex zur Seenotrettung von Flüchtlingen ist überflüssig"

      Fast 100.00 Menschen sind in diesem Jahr bereits in italienischen Häfen angekommen, die zuvor die gefährliche Überfahrt über das Mittelmeer angetreten hatten. Vor den libyschen Hoheitsgewässern sind mittlerweile mehr als ein Dutzend private Rettungsboote von NGOs im Einsatz, um Flüchtlinge vor dem Ertrinken zu retten. Wir sprachen mit Axel Grafmanns, dem Geschäftsführer der deutschen Organisation Sea-Watch.

      http://www.ksta.de/politik/interview--italiens-kodex-zur-seenotrettung-von-fluechtlingen-ist-ueberfluessig

    • We don’t need more rules, we need more rescue vessels !

      The so-called ‘Code of Conduct‘, which was presented in Rome yesterday, will not save human lives but will in fact have the opposite effect. Not so the #Sea-Watch_3: Sea-Watch is sending another rescue ship in response to the inaction of the EU. Many thousands of people are drowning every year at Europe’s deadly sea border. The European Union, on the other hand, is turning a blind eye to these deaths, leaving Italy alone with the consequences of this humanitarian crisis. The Code of Conduct, which is largely unlawful, is a desperate reaction from Italy. Instead of developing concrete solutions, those who take action where governmental structures fail are attacked: the civilian rescue fleet. However, what are needed in the face of more than 2,000 deaths this year alone are not more rules, but more rescue capacities!


      https://sea-watch.org/en/we-dont-need-more-rules-we-need-more-rescue-vessels

    • Nave di una Ong che non ha firmato il codice di soccorso in mare fermata a Lampedusa

      Primo giro di vite nei confronti delle ong che soccorrono migranti nel Mediterraneo dopo il codice di comportamento predisposto dal Viminale, che è stato sottoscritto solo da tre organizzazioni. La nave Iuventa della ong tedesca Jugend Rettet, che non ha firmato il protocollo, è stata bloccata in nottata al largo di Lampedusa dalla Guardia costiera italiana, che l’ha scortata fino al porto.

      http://www.huffingtonpost.it/2017/08/02/nave-di-una-ong-che-non-ha-firmato-il-codice-di-soccorso-in-mare_a_23

    • "Die ’Sea-Watch 3’ ist unsere Antwort"

      Im Frühjahr 2015 startete die „Sea-Watch 1“ im Harburger Binnenhafen Richtung Mittelmeer. Dort rettet die wechselnde Crew seither Flüchtende aus Seenot. Aus dem Haufen unerfahrener Helfer ist mittlerweile ein erfahrenes Team in Sachen Seenotrettung geworden. 400 Ehrenamtliche und gut zwei Dutzend Aktive im Kernteam kümmern sich um mehrere Boote, ein Flugzeug und die Organisation. Jetzt wollen die Seenotretter ihr drittes Schiff auf das Meer schicken.

      http://www.ndr.de/nachrichten/hamburg/Interview-Unsere-Antwort-ist-die-Sea-Watch-3,seawatch514.html

    • Et encore des accusations contre un navire, cette fois-ci la #Iuventa...

      La Iuventa faceva da Caronte

      Non salvavano vite umane ma andavano a prendere i soggetti destinati alla immigrazione clandestina direttamente quasi in acque territoriali libiche, i trasbordi quasi sempre dinanzi alle coste dei porti libici di Sabrata e Zuara. «Non siamo dinanzi a salvataggi di vite umane - dice in conferenza stampa il procuratore aggiunto Ambrogio Cartosio - ma di veri e propri comportamenti destinati a incentivare l’immigrazione clandestina». Una indagine racchiusa nelle 150 pagine dell’ordinanza del gip Emanuele Cersosimo e con la quale oggi i poliziotti della Mobile di Trapani, dello Sco, il servizio centrale operativo, e dei gruppi speciali investigativi della Guardia Costiera, hanno sequestrato la motonave «Iuventa» battente bandiera olandese ma appartenente alla Ong tedesca “Jugend Rettet”, tradotto significa «La gioventù salva». «Il sequestro è stato disposto - spiega Cartosio - per evitare la reiterazione del reato, e perché se venisse provato l’uso della nave per l’immigrazione clandestina scatterebbe la confisca, da qui, dunque, il sequestro preventivo trattandosi di nave eventualmente destinata alla confisca». La nave allo stato è ferma a Lampedusa, a bordo sono state condotte perquisizioni, è previsto che la nave venga presto portata nel porto di Trapani. Si tratta di una indagine contro ignoti, ma l’attenzione degli investigatori è puntata essenzialmente sugli equipaggi della «Iuventa», di nazionalità tedesca, olandese ma anche italiana. Una indagine coordinata dai pm Andrea Tarondo e Antonio Sgarrella. Sono stati questi i magistrati che hanno seguito passo passo le indagini condotte dai poliziotti della Mobile di Trapani e da parte dello Sco. Indagini avviate dopo le testimonianze di due operatori di un’altra nave, la Vos Hestia della Ong Save the children, sono stati loro per primi a raccontare la «familiarità» tra l’equipaggio della Iuventa e i trafficanti di uomini. «Le indagini - dice Cartosio - risalgono all’autunno del 2016, nell’ordinanza di sequestro si contestano tre episodi di presunta immigrazione clandestina e cioè un trasporto del settembre 2016 e due del giugno di quest’anno, rispettivamente 140, 347 e 87 immigrati». La conferenza stampa si è tenuta oggi pomeriggio nella questura di Trapani con presenti il questore Agricola, i funzionari della Squadra Mobile e dello Sco nonché ufficiali della Capitaneria e della Guardia Costiera. Escluso che il sequestro sia da mettere in relazione alla mancata adesione della Ong “Jugend Rettet” all’accordo internazionale sui codici di condotta per i salvataggi in mare. «Abbiamo deciso di incontrare i giornalisti - esordisce Cartosio - perché si tratta di indagini particolari che meritano essere spiegate anche per evitare strumentalizzazioni di qualsiasi genereche non possono frenare attività giudiziaria. Stiamo applicando la legge , i reati scoperti sono concernenti espressamente l’immigrazione clandestina, il gip ha ritenuto sussistere gravi indizi di colpevolezza, commesso da soggetti che operano a bordo della Iuventa ancora in corso di identificazione. Si è accertato che questa imbarcazione seppure in qualche caso è intervenuta a salvare vite umane, cioè soggetti in pericolo di vita, in più casi a nostro avviso questi interventi in mare non sono avvenuti per salvare soggetti ma trasbordare sulla imbarcazione dei soggetti che venivano scortati fin sotto bordo dai trafficanti libici». E così la Iuventa sarebbe diventato il Caronte del Mediterraneo. Un patto e un accordo che non sarebbe stato di natura economica: «Non è provata l’ipotesi di un accordo a monte tra equipaggio e trafficanti». Ma è vero che si tratta di contatti in qualche modo documentati? «Preferisco non rispondere - dice Cartosio - per non violare il segreto di indagini ancora in corso». Tra i si dice l’ipotesi che qualcuno degli immigrati abbia documentato, con fotografie, la familiarità tra equipaggio e trafficanti. Qualcuno degli immigrati sentiti avrebbe anche raccontato di contatti telefonici tra trafficanti ed equipaggio della Iuventa, che in questo modo si sarebbero dati appuntamento in mare, per i trasbordi. Ma l’ipotesi di un guadagno economico viene accennata nell’ordinanza dal giudice Cersosimo. Aumentando l’attività della Iuventa, la Ong avrebbe ottenuto una maggiore visibilità internazionale, così da vedere lievitare le donazioni. Conferenza stampa e informazioni fino a questo punto. Di più magistrato e investigatori non hanno voluto dire. A specifica domanda il procuratore Cartosio ha tenuto a dire che l’indagine della Procura di Trapani non ha nulla a che vedere con eventuali indagini della Procura di Catania. Come si ricorderà lo scandalo sulle Ong e sui soccorsi in mare scoppiò all’indomani di dichiarazioni rese dal procuratore catanese Zuccaro: «Non so dire se anche Catania ha indagato sulla Iuventa» chiosa Cartosio. L’indagine della Procura di Trapani sulle organizzazioni non governative è la più datata a proposito di malaffare mascherato da filantropia. Ad attirare l’attenzione sarebbero stati i soccorsi quasi sempre nella stessa zona di mare, al limite delle acque libiche e a poche miglia dai porti di Sabrata e Zuara, salvataggi senza aver ricevuto un Sos e neppure una richiesta di intervento da parte delle autorità italiane. Alcuni dei migranti arrestati come scafisti hanno poi detto di essere stati costretti a sostituire i veri scafisti e di avere visto arrivare la nave dei soccorsi poco dopo che l’uomo che sino ad allora aveva condotto l’imbarcazione si era allontanato su un natante di appoggio. «Le Ong - conclude Cartosio ripetendo qualcosa che ha già detto in passato - fanno un lavoro meritorio ma chi sbaglia va punito».

      http://www.alqamah.it/2017/08/02/la-iuventa-faceva-da-caronte

    • Amici degli scafisti e ostili agli italiani, le carte dellʼinchiesta su Iuventa

      Dal decreto di sequestro emergono operazioni dʼintesa con i trafficanti e la complicità della guardia costiera libica

      http://www.tgcom24.mediaset.it/cronaca/amici-degli-scafisti-e-ostili-agli-italiani-le-carte-dell-inchiesta

      Commento di Fulvio Vassallo su FB:

      Una montagna di illazioni che diventano non solo indizi ma gia’condanna Evviva lo stato di diritto. Ricordo che anche.la magistratura di Catania ha deciso per la non punibilità degli scafisti che spesso sono scelti tra i migranti e forzati a condurre i mezzi. Ci sono le sentenze.

    • Basta Mar West

      Capita così di rado di dare ragione a un ministro che, quando accade, c’è da festeggiare. Il ministro è quello dell’Interno Marco Minniti, che ha deciso finalmente di mettere un po’ d’ordine nel Mar West del Mediterraneo, dove finora tutti, i buoni e i cattivi, facevano un po’ quel che pareva a loro. Premettiamo la solita ovvietà, a scanso di equivoci e di furbastri: chiunque salvi anche un solo migrante, fosse pure Belzebù, merita tutto il plauso e la gratitudine del mondo. Ma, siccome le navi delle Ong partono e/o approdano in acque italiane, è giusto che rispettino le regole dello Stato italiano.

      http://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/basta-mar-west

    • Il reato di solidarietà non esiste : i fatti e le norme. In difesa del principio di legalità.

      Il fermo ed il sequestro del battello appartenente all’organizzazione umanitaria tedesca Jugend Rettet, ed i possibili arresti di coloro che dopo la perquisizione a bordo verranno ritenuti responsabili del reato contestato, l’agevolazione dell’ingresso clandestino, impone alcune brevi considerazioni a fronte di una campagna di disinformazione che si è riaccesa dopo mesi di attacchi alle ONG, “colpevoli” di salvare troppe vite umane in mare, nella zona SAR libica ( istituita soltanto sulla carta) e di non “collaborare” abbastanza con le autorità di polizia nel “contrasto dell’immigrazione illegale” e nella caccia a trafficanti e scafisti. Accuse precise formulate dalla Procura di Trapani nel corso di una conferenza stampa.

      http://www.a-dif.org/2017/08/03/il-reato-di-solidarieta-non-esiste-i-fatti-e-le-norme-in-difesa-del-principio

    • Italy seizes NGO rescue boat for allegedly aiding illegal migration
      https://www.reuters.com/article/us-europe-migrants-italy-ngo-idUSKBN1AI21B

      Italian coastguards seized a migrant rescue boat operated by a German aid group in the Mediterranean suspected of aiding illegal immigration from Libya, a prosecutor said on Wednesday.

      Video showed the #Iuventa, which is run by #Jugend_Rettet, arriving at the island of Lampedusa surrounded by several coastguard vessels after it was stopped at sea before dawn.

      Police inspected the ship as soon as it docked and checked the crew passports. They later took charge of the boat and set sail for a larger port in Sicily.

      Jugend Rettet said on Twitter it had received no information about the investigation. It could not be reached for further comment.

      It was the first time Italian police have seized a humanitarian boat. The move came amidst growing suspicion over the role non-governmental organizations are playing in picking up migrants off the Libya coast and bringing them to Italian ports.

    • La presse italienne est complètement aveuglée...

      Migranti, le «consegne concordate» tra i trafficanti e la Ong tedesca. Che restituiva i barconi agli scafisti

      «Save the Children» ha segnalato le irregolarità: l’imbarcazione tedesca, sequestrata, è tra le più piccole impegnate nei soccorsi. Gli interventi avvenivano in assenza di pericolo immediato per i migranti


      http://www.corriere.it/cronache/17_agosto_02/migranti-consegne-concordate-trafficanti-ong-tedesca-che-restituiva-barconi

      Commentaire Matteo Tacconi sur FB:

      Il problema è una nave di una Ong tedesca che avrebbe caricato a bordo migranti, dopo un negoziato con i trafficanti a quanto pare scortati dalla guardia costiera libica, o l’ipotesi che quest’ultima li abbia scortati nonostante sia un vigore un accordo secondo cui la Libia dovrebbe pattugliare le sue coste? Tra l’altro, diverse motovedette della guardia costiera libica, giova ricordarlo, sono state donate dall’Italia.

      Vogliamo continuare a parlare delle Ong, cercando un capro espiatorio e un po’ di voti, oppure avviare una riflessione sull’esigenza di aprire canale legali per l’immigrazione, anche quella cosiddetta economica, di modo che non si debbano dare deleghe e soldi a Stati falliti come la Libia e favorire il traffico di esseri umani?

      Commentaire de R@inbow for Africa sur FB:

      In relazione alle indagini in corso sull’associazione Jugend Rettet e al sequestro della nave Iuventa in merito ai fatti contestati a settembre 2016 e a giugno 2017.

      Rainbow4Africa ha prestato servizio in qualità di partner medico di Jugend Rettet su Iuventa da novembre 2016 a maggio 2017, quando di comune accordo le due associazioni hanno deciso di interrompere la collaborazione.
      Le affermazioni riportate da la Repubblica, intestate al nostro Capo Missione Stefano Spinelli, non corrispondono a verità. Chiediamo, come abbiamo già fatto senza risposta, l’immediata rettifica.

      Durante la nostra permanenza nel Mar Mediterraneo il nostro unico scopo è stato quello di salvare vite umane: migliaia di migranti hanno beneficiato delle nostre cure mediche. Forse sarà una posizione ideologica: ma è quello che facciamo e continueremo a fare.

      Ci è stata segnalata dalle Autorità la presenza nel mar Mediterraneo di soggetti non meglio specificati, potenzialmente armati, che pattugliano il mare cercando barconi abbandonati da recuperare. L’attività di Frontex e delle altre agenzie investigative dovrebbe essere mirata proprio all’individuazione e arresto di questi attori. Compito di polizia che non può certo essere svolto da delle ONG.
      Le foto riportate da piu’ di un giornale, con l’avvicinamento di una imbarcazione con due uomini al rib della Iuventa, sono simili a quelle che pubblichiamo qua sotto, relative a un intervento a novembre 2016: come potete vedere anche in presenza della Guardia Costiera italiana questi soggetti non identificati si avvicinano alle imbarcazioni per cercare di recuperare i relitti.


      Nessun contatto con scafisti è stato ravvisato dai nostri volontari, I trasponder sono sempre rimasti accessi durante le missioni a cui abbiamo preso parte. Le operazioni si sono sempre svolte sotto l’attento coordinamento di MRCC di Roma.

      Rainbow4Africa ha sempre collaborato attivamente con le autorità italiane, e i suoi medici, infermieri e logisti sono sempre stati pronti a rispondere a ogni domanda posta da Guardia Costiera e autorità giudiziarie e lo rimangono tutt’ora. Confidiamo nella Magistratura italiana e che le indagini possano rapidamente chiarire i fatti contestati.

      https://www.facebook.com/Rainbow4Africa/posts/10154942670667874

    • Codice di condotta. Valerio Neri: «Vi spiego perché Save The Children ha detto sì»

      Dopo lunghe trattative, Moas e Save The Children sono le uniche ong ad aver firmato il Codice di condotta elaborato dal ministero dell’Interno per regolamentare il soccorso dei migranti nelle acque internazionali a nord della Libia. In questa intervista rilasciata a Vita.it, il Direttore generale di Save The Children Italia, Valerio Neri, spiega le ragioni del sì.

      http://www.vita.it/it/article/2017/08/01/codice-di-condotta-valerio-neri-vi-spiego-perche-save-the-children-ha-/144195
      #safe_the_children

    • Il “codice Minniti” mette fine alle Ong

      Il “codice di condotta” imposto dal governo italiano alle Ong che prestano soccorso in mare è un mostro partorito dal ministero dell’Interno, con la fattiva collaborazione dell’Unione Europea («Chi firma il codice avrà l’assicurazione di poter accedere ai porti italiani, chi non firma non potrà beneficiare delle stesse rassicurazioni», ammette Natasha Bertaud, portavoce del commissario per l’Immigrazione, Dimitris Avramopoulos).

      http://contropiano.org/news/politica-news/2017/08/02/codice-minniti-mette-fine-alle-ong-094433

    • L’Italie restreint les opérations de sauvetage en mer des migrants

      Accusée de « favoriser l’immigration clandestine » plutôt que de sauver des vies, l’ONG allemande Jugend Rettet a été privée de son navire de secours en Méditerranée par les autorités italiennes, mercredi 2 août. La Luventa a été conduite sur l’île de Lampedusa puis placée sous séquestre par les gardes-côtes italiens, à la demande du procureur de Trapani (Sicile). Selon les magistrats italiens, les membres de Jugend Rettet entretiendraient des liens directs avec les trafiquants d’êtres humains qui lancent des embarcations depuis les côtes libyennes en direction de l’Europe, se faisant ainsi leurs auxiliaires. Leur enquête, amplement médiatisée mais dont aucun élément vérifiable n’a filtré, s’appuierait sur des écoutes téléphoniques ainsi que sur les observations d’agents ayant travaillé sous couverture.

      http://www.lemonde.fr/europe/article/2017/08/03/l-italie-restreint-les-operations-de-sauvetage-en-mer-des-migrants_5168188_3

    • Un représentant du PD (parti démocrate a déclaré : "L’Italie ne peut pas se permettre de sauver des vies humaines"
      (no comment)

      Stefano Esposito contro le Ong : « Non possiamo permetterci di salvare vite umane »

      Le Ong hanno una approccio troppo ideologico e l’Italia non si può permettere di salvare le vite umane. Il senatore del PD Stefano Esposito ha assunto una presa di posizione piuttosto controversa per difendere il codide di condotta imposto dal ministro degli Interni Marco Minniti alle organizzazioni non governative impegnate nei soccorsi nel Mar Mediterraneo. Ecco lo screenshot del profilo Twitter di Agorà che sintetizza il pensiero di Esposito, impegnato questa mattina nella versione estiva del programma di Rai Tre condotto da Serena Bortone.


      http://www.giornalettismo.com/archives/2625725/ong-esposito-agora

    • #Navigare_a_vista” : un rapporto su salvataggi e media. Leggilo qui.

      Di operazioni di ricerca e soccorso i media parlano, e tanto: presenti nel 13% delle notizie sull’immigrazione nei principali quotidiani italiani e nel 18% dei servizi sull’immigrazione dei tg in prima serata e legate soprattutto al racconto di naufragi (39%) e azioni di salvataggio (22%). Ma come se ne parla? A fotografare la rappresentazione mediatica delle operazioni Sar (Search and Rescue) è il rapporto “Navigare a vista – Il racconto delle operazioni di ricerca e soccorso di migranti nel Mediterraneo centrale”, presentato oggi presso l’Associazione Stampa Estera da Osservatorio di Pavia, Associazione Carta di Roma e COSPE.

      http://www.cospe.org/news/presentato-oggi-navigare-a-vista-un-rapporto-su-salvataggi-e-media-leggilo-qu
      #rapport

      Lien vers le rapport :
      https://www.cartadiroma.org/wp-content/uploads/2017/05/REPORT-SAR_EMBARGATO-FINO-A-11.45-DEL-295.pdf

    • Da eroi a trafficanti: le accuse ai protagonisti delle operazioni di ricerca e soccorso in mare

      Le operazioni di ricerca e soccorso (SAR) dei migranti sono oggi uno dei temi principali nel dibattito politico, mediatico e pubblico. È un argomento direttamente collegato alle politiche nazionali ed europee in materia di migrazione e, più o meno indirettamente, alle politiche di sicurezza e spesso sovrapposto e intrecciato a storie umane, individuali o collettive, di speranza, gioia, sofferenza e morte

      http://www.questionegiustizia.it/articolo/da-eroi-a-trafficanti_le-accuse-ai-protagonisti-delle-operazioni-

    • Perché la campagna contro le Ong ha prodotto danni irreversibili

      Ieri pomeriggio, dopo che si era parlato di un «regolare controllo,» la magistratura italiana ha disposto il sequestro della nave Iuventa, gestita dalla Ong tedesca Jugend Rettet e scortata a Lampedusa da uno spiegamento della Guardia costiera e delle forze dell’ordine.


      https://www.vice.com/it/article/evze8w/perche-la-campagna-contro-le-ong-ha-prodotto-danni-irreversibili

    • Migranti e Libia, l’agente infiltrato sulla nave della Ong: «Così ho scoperto i contatti tra Iuventa e i trafficanti libici»

      Il poliziotto dello #Sco per 40 giorni a bordo dell’imbarcazione di “Save the children”


      http://roma.corriere.it/notizie/cronaca/17_agosto_04/agente-infiltrato-nave-ong-cosi-ho-scoperto-contatti-iuventa-traffican

      #Servizio_centrale_operativo (sco):

      Il Servizio centrale operativo è un servizio della Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato. Coordina le squadre mobili delle questure italiane e l’attività investigativa sulla criminalità organizzata.[1]

      https://it.wikipedia.org/wiki/Servizio_centrale_operativo

    • Migranti: Unhcr, in Libia non centri ma carceri orribili

      BRUXELLES - «Non ci sono campi o ’centri» per i migranti «in Libia, ma solo prigioni, alcune controllate dalle autorità, altre da milizie e trafficanti, e vi sussistono condizioni orribili. Chiunque venga sbarcato sulle coste libiche torna in queste carceri. Possiamo sperare che un giorno ci saranno centri decenti e aperti, ma oggi non esistono». Così Vincent Cochetel, inviato speciale dell’Unhcr (l’agenzia Onu per i rifugiati) per la rotta del Mediterraneo Centrale, in un’intervista all’ANSA. Secondo Cochetel, «va bene che l’Italia e altri contribuiscano ad accrescere la capacità della Guardia costiera libica, ma deve essere fatto secondo gli standard dei diritti umani e nella piena coscienza di quanto avviene nelle carceri libiche». «E’ importante anche educare la Guardia costiera libica agli standard dei diritti umani ed assicurare che nessuno tra loro colluda con i trafficanti, e chi lo fa sia processato», aggiunge.

      http://www.ansamed.info/ansamed/it/notizie/stati/europa/2017/08/04/migranti-unhcr-in-libia-non-centri-ma-carceri-orribili_02ef9559-fc38-4da1-

      Avec ce commentaire de Fulvio Vassallo sur FB:

      E ADESSO I PROCURATORI DI TRAPANI COME FARANNO AD ESCLUDERE CHE TUTTE LE PERSONE SOCCORSE IN MARE,ANCHE IN ACQUE LIBICHE, SI TROVANO IN EVIDENTE STATO DI NECESSITA’ COMUNQUE AVVENGA IL SOCCORSO. E POI SI MUORE ANCHE CON IL MARE LISCIO COME L’OLIO. CI SONO VIDEO E FILMATI CHE LO PROVANO. NON TAROCCATI COME QUELLI CHE USANO I SERVIZI.

    • Le cercle se referme...

      Caos Mediterraneo : le manovre occulte di Defend Europe sull’indagine Iuventa

      Un link lega l’indagine sulla nave Iuventa con l’operazione della destra europea “Defend Europe”. È il contatto tra la società di sicurezza privata #Imi_Security_Service. Sono loro che per primi segnalano “talune anomalie del servizio di search and rescue svolto ad opera della Iuventa...

      Un link lega l’indagine sulla nave Iuventa con l’operazione della destra europea “Defend Europe”. E’ il contatto tra la società di sicurezza privata #Imi_Security_Service di #Cristian_Ricci – ovvero il gruppo di contractor che ha denunciato le “anomalie” della nave #Iuventa, facendo aprire il fascicolo della Procura di Trapani - con l’ex ufficiale della Marina militare #Gian_Marco_Concas, uno dei portavoce di Generazione identitaria. Esperto di navigazione e skipper, Concas è stato definito come il “direttore tecnico” dell’operazione navale della rete europea anti migranti, che in queste ora sta muovendo la C-Star nella zona Search and Rescue (Ricerca e Salvataggio) davanti alle acque libiche. E’ apparso in un video della fine di luglio leggendo un comunicato ufficiale di Generazione identitaria, dove l’organizzazione si rivolgeva – con tono di scherno – alle associazioni antirazziste, all’Arci e alla redazione di Famiglia cristiana.

      http://m.famigliacristiana.it/articolo/caos-mediterraneo-quel-link-occulto-tra-defend-europe-e-l-operaz

    • Cosa c’è nelle carte dell’inchiesta sulla nave Ong sequestrata a Lampedusa

      Il racconto a ’La Stampa’ di un agente sotto copertura. I volontari erano pagati 10 mila euro al mese

      https://www.agi.it/cronaca/nave_ong_sequestrata_jugend_rettet-2009090/news/2017-08-03

      L’article paru dans La Stampa:

      Favori agli scafisti e saluti in mare. “Con l’Italia noi non collaboriamo”

      Il ruolo di un agente sotto copertura imbarcato con Save the Children. Ombre sulla guardia costiera libica. Un’attivista: “Ai volontari 10mila euro”

      http://www.lastampa.it/2017/08/03/italia/cronache/favori-agli-scafisti-e-saluti-in-mare-con-litalia-noi-non-collaboriamo-yrUWoWllcFezXHpLe2y1yN/pagina.html

    • Migranti, i testimoni sulla Iuventa: “Dicevano: ‘Più salvataggi faremo e più donazioni riceveremo’”

      Testimonianze e conversazioni della società di sicurezza di Save the children: “Quelli sostengono solo il portafogli che portano in tasca. In mare barchini in vetroresina: per qualcuno sono «favoreggiatori»

      http://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/piu-salvataggi-faremo-e-piu-donazioni-e-soldi-riceveremo-dicevano

      Migranti, Renzi: “Se una ong frequenta scafisti, usare pugno duro”. Di Maio: “Faccia di bronzo, quando lo dicevo io…”

      Il segretario del Pd insiste anche sul numero chiuso. La Meloni: «Riprenda il decreto flusso invece di dire idiozie»

      http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/08/04/migranti-renzi-se-una-ong-frequenta-scafisti-usare-pugno-duro-di-maio-faccia-di-bronzo-quando-lo-dicevo-io/3775658

      Avec ce commentaire de Fulvio Vassallo sur FB:

      Prove zero, linciaggio mediatico riuscito , altre stragi in vista. Demicrazia a rischio quando un ministro dell’interno detta la linea alla magistratura. E questo non riguarda soltanto i migranti.

    • Migranti e Ong, verifiche anche su Medici Senza Frontiere

      Indagini su «consegne concordate» in alto mare e possibili accordi tra Ong. Medici senza Frontiere (che non aderisce al codice): «Non ci fermeremo»

      http://www.corriere.it/esteri/17_agosto_04/migranti-ong-verifiche-anche-medici-senza-frontiere-09196acc-7958-11e7-9267

      Avec ce commentaire de Marta Esperti sur FB:

      Si passa al linciaggio mediatico di MSF.
      Mi perdoni la Scarzanini in questo articolo, ma non ho idea di come si posano scrivere tante falsità e supposizioni prive di fondamento e ancora considerarsi «giornalisti».

    • "No" al codice sui migranti, nave Msf non viene fatta entrare a Lampedusa

      Sono giunti nella serata di ieri a Lampedusa i 127 migranti che erano a bordo della nave Prudence di Medici senza Frontiere.

      A portarli nell’isola - dopo un trasbordo dalla stessa nave - due imbarcazioni della Guardia Costiera uscite a 33 miglia dall’isola fuori dalle acque territoriali.

      La nave di Msf non è dunque mai arrivata a Lampedusa, secondo quanto si apprende al Viminale, come prevede il codice di regolamentazione delle Ong voluto dal ministro Minniti secondo cui le organizzazioni che non lo sottoscrivono «sono fuori del sistema di soccorso».

      È dunque il primo caso di applicazione delle regole concordate tra l’Italia e le Ong.

      http://www.unionesarda.it/articolo/cronaca/2017/08/06/no_al_codice_sui_migranti_nave_msf_non_viene_fatta_entrare_a_lamp-68-630

    • ASGI: il Governo riveda la sua linea politica, il codice di condotta mina l’efficacia delle attività di soccorso

      Non è un atto avente valore di legge, ma solo una proposta di accordo, dove il necessario coinvolgimento paritario delle parti è clamorosamente mancato. Non sarà legittima alcuna reazione del Governo nei confronti delle ONG non firmatarie se non nei casi e nei limiti già sanciti dalle norme nazionali e internazionali .

      http://www.asgi.it/asilo-e-protezione-internazionale/codice-condotta-ong-governo-mina-efficacia-soccorso

    • Svelato il trucco di Minniti. Il Codice per le ONG è una buffonata

      Cambio di rotta nella politica dei salvataggi dei migranti, Sono giunti in serata a Lampedusa i 127 migranti che erano a bordo della nave Prudence di Medici senza frontiere. A portarli nell’isola – dopo un trasbordo dalla stessa nave – due imbarcazioni della Guardia Costiera classe 300 uscite a 33 miglia dall’isola fuori dalle acque territoriali.

      La nave di Msf non è dunque mai arrivata a Lampedusa, secondo quanto si apprende al Viminale, come prevede il codice di regolamentazione delle ong voluto dal ministro Minniti secondo cui le organizzazioni che non lo sottoscrivono ‘sono fuori del sistema di soccorso’.

      Le navi delle ONG riottose, come da promessa/minaccia di Minniti, in effetti non scaricano più migranti e rifugiati nei nostri porti. Adesso ci pensano le nostre navi ad andare loro incontro al di fuori delle acque territoriali, a trasbordare i salvati e a portarli nei porti italiani.

      Se sembra una presa in giro è perché lo è. Altro che «cambio di rotta» com’è scritto da Repubblica.

      Ecco la genialata per salvare la capra e i cavoli del ministro e del governo. Ed ecco allora che l’iniziativa del governo si rivela per quel che si sapeva essere fin da subito: uno spot elettorale molto costoso. Un’iniziativa che aumenta i costi per il nostro paese e i rischi per gli operatori delle ONG, della Marina e per gli stessi salvati, perché un trasbordo in mare aperto è intrinsecamente più pericoloso di uno sbarco in porto.

      https://mazzetta.wordpress.com/2017/08/06/svelato-il-trucco-di-minniti-il-codice-per-le-ong-e-una-buffonata/amp

    • "Avviso le Ong in chat" Padre Zerai ora rischia l’accusa di complicità

      Il prete eritreo, amico della Boldrini, può finire tra gli indagati per favoreggiamento
      P adre Mussie Zerai, l’«angelo» dei migranti non solo eritrei e amico della presidente della Camera, Laura Boldrini, ammette che informa le Ong su una chat parallela ai soccorsi ufficiali dei barconi da recuperare di fronte alla Libia.

      http://www.ilgiornale.it/news/politica/avviso-ong-chat-padre-zerai-ora-rischia-laccusa-complicit-1428683.html?mo
      #Père_Zeraï #Père_Zerai

      Commentaire de Fulvio Vassallo sur FB:

      Ancora fango messo in giro dal Giornale, vera e propria macchina dell’odio che rilancia l’accusa formulata dalla Procura di Trapani secondo cui nei soccorsi al largo delle coste libiche se il mare e’ calmo non ricorrerebbe l’esimente dello stato di necessita’. Quando il rapporto tra menzogna e verita’ e’ capovolto, come sta succedendo in questi giorni, quando la solidarieta’ diventa resto senza una previsione di legge e l’omissione di soccorso viene lodata come «scelta responsabile», quando si preparano liste di proscrizione ed i razzisti possono spadroneggare, siamo davvero ad una forma nuova di fascismo. Con il bollo del ministero dell’interno.

    • Quanti morti volete a Ferragosto?

      In questo momento non mi interessa valutare quale sia la vera ragione dietro il codice. Se quella ufficiale, aiutare i magistrati italiani a svolgere indagini sui trafficanti, o quella implicita, ridurre la quantità di migranti che arrivano in Italia. Quel che mi interessa è la naturale conseguenze dell’applicazione letterale del regolamento. Meno navi nelle aree di soccorso e per meno tempo. E quindi, più migranti affogati.

      http://www.ilpost.it/davidedeluca/2017/08/04/migranti-ong

    • Msf: ora meno coinvolti nei soccorsi, ma continueremo a salvare vite

      ROMA. Dopo la mancata firma al codice delle ong «non siamo più i primi ad essere chiamati per i soccorsi, come accadeva prima. Sappiamo che lavoreremo di meno ma siamo sempre a disposizione della Guardia Costiera. Sappiano che noi ci siamo e siamo disponibili a collaborare». Lo dice Michele Trainiti, capo progetto Sar della ong. «Ieri sera - ha precisato - nessuno ha chiesto di entrare a Lampedusa, nessuno ce lo ha vietato. Operazioni come quella di ieri sono usuali». Magari in altre condizioni, «ci saremmo potuti avvicinare di più» all’isola.

      http://gds.it/2017/08/06/msf-ora-meno-coinvolti-nei-soccorsi-ma-continueremo-a-salvare-vite_707435

    • Migranti e Ong: #Codacons contro Medici senza frontiere

      TRAPANI - “Dopo le gravi rivelazioni sul presunto coinvolgimento di Medici Senza Frontiere nell’inchiesta della procura di Trapani relativa a soccorsi e trasbordi in mare effettuati senza essere stata allertata dalla Guardia costiera, il Codacons ha deciso di scendere in campo per difendere i tanti cittadini che, nel tempo, hanno finanziato la Ong”. Parole di Francesco Tanasi, segretario nazionale Codacons, che puntualizza come la questione sia di primaria importanza.

      http://www.newsicilia.it/cronaca/migranti-ong-codacons-contro-medici-frontiere/256786

    • Tension entre des ONG et l’Italie

      Le navire de l’ONG Jugend Rettet est soupçonné de « comportements favorisant l’immigration illégale ». Polémique sans fondement, voire « stratégie de détournement », dénoncent les milieux d’aide aux migrants.

      Un bateau de l’ONG Jugend Rettet s’est retrouvé, mercredi, bloqué à Lampedusa, sous contrôle par des gardes-côtes. Quelques heures plus tard, la police italienne a annoncé avoir « préventivement » mis le bateau sous séquestre dans le cadre d’une enquête entamée en octobre 2016. Le navire est soupçonné d’avoir eu « des comportements favorisant l’immigration illégale ».

      Cet incident intervient quel­ques jours après que Jugend Rettet a refusé de signer le code de conduite présenté par le Gouvernement italien. Ce texte édicte treize règles sur le sauvetage des migrants en Méditerranée, interdisant par exemple aux ONG d’entrer dans les eaux libyennes et les obligeant à échanger avec le Centre de coordination maritime de Rome. Le Ministère de l’intérieur italien avait prévenu : sans signature du code de conduite, les ONG ne pourraient pas être incluses dans le système officiel de sauvetage en mer.

      Accusations colportées par les antimigrants :

      « Favoriser l’immigration illégale », c’est ce qui est reproché aux ONG par une partie de l’opinion publique italienne, depuis maintenant plusieurs mois. Certains les accusent de créer un appel d’air : avec les sauvetages, elles pousseraient encore plus de migrants à tenter la traversée. L’Italie est débordée par l’afflux migratoire. C’est dans ce con­texte de controverses et de pressions que le pays a proposé ce code de conduite visant à réguler l’action de sauvetage menée par les ONG en Méditerranée.

      Mais pour la cofondatrice de SOS Méditerranée, Sophie Beau, ce texte reprend des accusations initialement colportées par certains milieux antimigrants : « La formulation laisse entendre qu’il y aurait collusion des ONG avec les passeurs. »

      Les négociations autour du texte et de ses amendements ont pris fin lundi dernier. Proactiva Open Arms, Save the Children et Migrant Offshore Aid Station ont signé le texte. Cinq autres ONG ont refusé : Médecins sans frontières (MSF), SOS Méditerranée et les organisations allemandes Sea Watch, Sea Eye et Jugend Rettet. Plusieurs points du texte cristallisent des tensions.

      Pas d’armes à bord

      L’interdiction de transférer les personnes secourues sur d’autres navires « sauf en cas de demande du Centre de coordination maritime (MRCC) », est vivement critiquée par les ONG. « On nous interdit presque les transferts, même si ce n’est pas formulé comme cela », explique Sophie Beau. « Cela n’a pas de sens, mardi encore, huit cadavres récupérés par Proactiva Open Arms ont été transférés sur l’un de nos bateaux. »

      « Si on doit ramener au plus vite les personnes secourues sur les côtes, sans pouvoir faire de transferts, on prend le risque d’avoir plus de morts ! » ajoute Corinne Torre, chef de mission France de Médecins sans frontières.

      L’autre point de friction, c’est la présence imposée de policiers éventuellement armés à bord des navires des ONG. « Le Gouvernement italien a dit qu’il ne pouvait pas préciser si les policiers seraient armés », raconte Sophie Beau. « Or notre mission est de protéger les personnes que nous secourons, qui vien­nent juste de vivre un traumatisme. Nous n’avons rien à cacher, mais nous ne pouvons pas accepter une interférence dans notre mission humanitaire, et d’avoir des armes à bord. »

      Même son de cloche chez MSF : « Nous refusons les armes dans tous nos programmes. Si on accepte, on va nous assimiler avec la police, et notre mission reste médicale. »

      Moyens de sauvetage insuffisants

      Refusant tout positionnement radical, Sophie Beau insiste : « Nous sommes dans un esprit de dialogue. Nous sommes prêts à signer si les ambiguïtés sont levées. » Elle se montre cependant peu optimiste quant à l’efficacité réelle de ce texte : « Ce qui est ridicule, c’est que cela ne va amener aucun progrès dans le fonctionnement des sauvetages. Il n’y a aucune garantie pour les ONG. »

      « Avec cette polémique sur le code de conduite, on ne parle plus du fond, déplore la cofondatrice de SOS Méditerranée. Cela détourne l’attention du fait que les Etats ne mettent pas en place suffisamment de moyens de sauvetage. Pour moi c’est une stratégie de détournement. L’Italie subit une grosse pression de l’opinion publique, et c’est sa manière de répondre, mais cela ne résout en rien le problème migratoire. »

      L’Union européenne a réaffirmé son soutien à l’Italie. Lors d’un point presse mardi, la porte-­parole de la Commission européenne, Natasha Bertaud, a déclaré : « L’idée d’un code de conduite a été soutenue de façon unanime par les Ministères de l’intérieur (des 28 pays membres). Cette mesure contribuera à une meilleure gestion des flux migratoires. » Depuis le début de l’année, 111 514 migrants sont arrivés en Europe, dont 93 500 en Italie, selon l’Organisation internationale pour les migrants.

      https://m.lecourrier.ch/151516/tension_entre_des_ong_et_l_italie

    • Migrant rescue vessel stranded off Malta

      A migrant rescue boat, the Golfo Azurro, is currently just off the coast of Malta, awaiting instructions on where it can disembark irregular migrants that it picked up in Libya.

      A spokesman for the Armed Forces said that there was very little information at the moment and contact is still being established with the trawler, although some of the NGO volunteers on board wish to disembark in Malta.

      Unconfirmed reports say that the vessel picked the migrants up off Libya and that Italy has not given permission for it to drop them off. Marine traffic websites show the vessel as being ’at orders Sicily’.

      It is not yet known how many migrants are on board.


      https://www.timesofmalta.com/mobile/articles/view/20170807/local/migrant-rescue-vessel-stranded-off-malta.655117

    • Sorpresa, spunta il prete amico della Boldrini dalle chat segrete delle Ong

      Un’inchiesta del Giornale rivela la presenza di una chat, parallela ai soccorsi ufficiali, fra le navi delle Ong di fronte alla Libia, nella quale si legge che un prete molto noto segnala nella chat dove andare a prendere i barconi. Si tratta del religioso che venne accolto con tutti gli onori alla Camera dalla presidente Laura Boldrini. Naturalmente.


      http://www.secoloditalia.it/2017/08/sorpresa-spunta-il-prete-amico-della-boldrini-dalle-chat-segrete-delle

    • ONG, l’inchiesta di Trapani, Zuccaro e il codice di condotta: domande e risposte

      Il 2 agosto viene fermata dalla Guardia Costiera italiana l’imbarcazione “Iuventa” della ONG tedesca, Jugend Rettet, e scortata nel porto di Lampedusa. In un primo momento, il comandante della Capitaneria di porto della città, Paolo Monaco, aveva comunicato che si trattava «di un normale controllo, che abbiamo fatto e che non comporterà alcun problema». Ma durante la giornata viene pubblicata la notizia che l’imbarcazione dell’organizzazione non governativa era stata messa sotto sequestro preventivo dal giudice delle indagini preliminari (gip) su richiesta della Procura di Trapani. I magistrati siciliani, come riferito in Parlamento nel maggio scorso, stavano portando avanti delle indagini con ipotesi di reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina che coinvolgevano «anche non le ONG ma soggetti appartenenti alle organizzazioni non governative». In quell’occasione però non vennero fornite da parte dei pm indicazioni su quale ONG fosse coinvolta nell’inchiesta.

      http://www.valigiablu.it/ong-migranti-inchiesta-trapani-zuccaro-codice-condotta

    • L’indagine sulla ong tedesca e la nave Iuventa. Le accuse, l’infiltrato e i rapporti tesi con Roma

      Cronaca – Tre giorni fa l’imbarcazione è stata sequestrata dalla Procura di Trapani. Le 150 pagine del dispositivo passano in rassegna le contestazioni, partite da due dipendenti di una società di sicurezza e da un agente sotto copertura. Secondo il giudice però «trafficanti e appartenenti alle ong sono agli antipodi»

      http://meridionews.it/articolo/57593/lindagine-sulla-ong-tedesca-e-la-nave-iuventa-le-accuse-linfiltrato-e-i-

    • Tutte le accuse contro l’ong Jugend Rettet

      Le accuse contro la Iuventa
      Le indagini della procura di Trapani, guidata da Ambrogio Cartosio, sono andate avanti contemporaneamente all’approvazione di un codice di condotta voluto dal governo italiano per le ong attive nel Mediterraneo. Il codice, che prevede tra le altre cose la presenza di agenti armati della polizia giudiziaria a bordo delle navi, non è stato firmato da alcune organizzazioni, tra cui la tedesca Jugend Rettet.

      Il 2 agosto il giudice per le indagini preliminari di Trapani Emanuele Cersosimo, accogliendo la richiesta della procura, ha emesso un decreto di sequestro preventivo della nave Iuventa della Jugend Rettet. La motopesca è stata scortata dalla guardia costiera italiana fino al molo di Lampedusa, prima di essere trasferita al porto di Trapani.

      L’ipotesi di reato su cui la procura siciliana sta lavorando è quella di cui Cartosio aveva già parlato a maggio: favoreggiamento dell’immigrazione illegale aggravata, secondo l’articolo 12 del Testo unico sull’immigrazione 286 del 1998. I nomi dei sospettati non sono ancora noti e si procede contro ignoti. L’aggravante è data dal fatto che l’ingresso illegale ha riguardato più di cinque persone e la pena prevista per questo tipo di reato va da cinque a quindici anni di reclusione e una multa di 15mila euro per ogni persona che è stata favorita nell’ingresso in Italia.

      Gli episodi contestati alla nave Iuventa sono tre

      Il procuratore aggiunto di Trapani in una conferenza stampa ha spiegato che “gli episodi contestati alla nave Iuventa sono tre, avvenuti il 10 settembre del 2016, il 18 giugno del 2017 e il 26 giugno 2017”. Cartosio ha detto che durante questi episodi sono stati documentati dei contatti “tra coloro che scortavano gli immigrati fino alla Iuventa e membri dell’equipaggio della nave”.

      Un’attività per la quale, secondo la procura, i membri dell’equipaggio non ricevono alcun compenso dai trafficanti, “la motivazione riteniamo resti essenzialmente umanitaria”. Inoltre, secondo le indagini, gli operatori della Iuventa avrebbero lasciato alla deriva tre imbarcazioni, non distruggendole, e questo avrebbe permesso ai trafficanti di recuperarle. Le fonti dell’indagine sarebbero delle foto e dei video girati da alcuni agenti sotto copertura, imbarcati a bordo della nave Vos Hestia, dell’organizzazione umanitaria Save the children, attiva nello stesso tratto di mare.

      Sempre secondo la procura, non ci sarebbero stati gli estremi dello stato di necessità per procedere a un’attività di soccorso, cioè non ci sarebbe stato un imminente pericolo per le persone soccorse, e per questo l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina rimarrebbe in piedi.

      Un reato ad ampio raggio
      In Italia il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina è stato introdotto nel 1998 e colpisce chiunque aiuti dei cittadini stranieri a entrare nel paese in maniera irregolare, anche a scopi umanitari e senza lucro.

      “È un reato molto particolare, perché è un reato di pericolo”, spiega l’avvocato Guido Savio, dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi). “Non solo punisce chi effettua il trasporto, chi finanzia, chi gestisce, chi organizza il traffico di esseri umani, ma anche chi aiuta l’ingresso e questo a prescindere dal fatto che l’ingresso si verifichi”. Questa seconda parte della norma comporta uno spettro molto ampio di applicazione.

      https://www.internazionale.it/notizie/annalisa-camilli/2017/08/08/accuse-ong-iuventa-jugend-rettet

    • Noi del Moas in mare da tre anni per colmare le lacune d’Europa

      La migrazione è senza dubbio il tema che sta segnando irrimediabilmente la nostra epoca. Nonostante sia parte integrante della storia umana e appaia come una caratteristica insita del genere umano, adesso viene presentata come fosse una tragica novità. Ogni giorno veniamo letteralmente inondati di notizie, più o meno veritiere, che affrontano il tema dei flussi migratori nel bacino del Mediterraneo. Sono questi, infatti, quelli che ci riguardano più da vicino perché vanno a toccare i nostri assetti socio-economici e destabilizzare le nostre politiche nazionali.

      http://www.huffingtonpost.it/regina-catrambone/moas-3-anni-di-ricerca-e-soccorso-in-mare_a_23068724

    • Perché la questione delle ONG nel Mediterraneo sembra una fake news architettata da siti esteri

      Adesso che la Commissione difesa del Senato ha chiuso l’indagine conoscitiva sul ruolo delle ONG nel Mediterraneo, scagionandole da ogni ipotesi di complotto con i trafficanti, e le acque si sono dunque calmate, è giunto il tempo di fermarsi a riflettere su come si sia formato il vortice mediatico, politico e persino giudiziario sulle operazioni di salvataggio compiute nel Mediterraneo.

      http://www.huffingtonpost.it/costanza-hermanin/perche-la-questione-delle-ong-nel-mediterraneo-sembra-una-fake-n_a_22

      Dans cet article, on dit que cette vidéo a été celle qui a enclenché la polémique. C’est une vidéo publiée par #Gefira (que vous trouvez aussi dans le fil sur les #identitaires) :
      https://www.youtube.com/watch?v=eDBNyEplPOk

      Et l’article publié par Gefira toujours quelques jours après avoir publié la vidéo :

      Caught in the act : NGOs deal in migrant smuggling
      https://gefira.org/en/2016/11/15/caught-in-the-act-ngos-deal-in-migrant-smuggling

      Et un autre qui a suivi quelques jours après :

      NGOs are smuggling immigrants into Europe on an industrial scale
      https://gefira.org/en/2016/12/04/ngos-are-smuggling-immigrants-into-europe-on-an-industrial-scale

      Puis la nouvelle fait le tour de plein de sites douteux :

      Le parole di Gefira sono presto riprese da altri siti di disinformazione, per esempio il bulgaro #Zero_Hedge, altro sito che si autodefinisce specializzato in finanza, ma che è stato smascherato sia dai media americani, sia dalle istituzioni finanziarie che lo hanno descritto come"conspirational" e filorusso. Il post di Zero Hedge che riprende Gefira è stato condiviso 4.500 volte su Twitter. Altre riprese di dicembre: #Dailystormer, sito neonazista, #Southfront, filorusso, #Shoebat e #Barenakedislam, islamofobi.

      La news arriva in Italia tramite un altro sito di disinformazione apertamente filorusso, #SitoAurora, che riprende la notizia di Gefira il 7 dicembre. L’8 dicembre la notizia è su #comedonchisciotte.org

      Et enfin, le 6 mars, arrive la vidéo en italien de #Luca_Donadel qui a été vue presque 700’000 fois :

      Mesi più tardi, il 6 marzo, il blogger Luca Donadel – in quello che diverrà un video virale – riprende esattamente metodologia e informazioni del sito Gefira per avvalorare la tesi della cospirazione delle ONG.

      –-> https://www.youtube.com/watch?v=dP4rYgJKo_w

    • Con Don Mussie Zerai. Noi non abbiamo paura

      Mi riservo di controbattere nelle sedi legali opportune a questa serie di calunnie che mi sono state indirizzate. Per il momento posso dire di aver ricevuto solo la mattina di lunedì 7 agosto, mentre rientravo da un viaggio di lavoro, la notizia che la Questura di Trapani dovrebbe notificarmi l’avviso di un procedimento per conto della locale Procura. Immagino che sia un provvedimento ricollegabile all’inchiesta aperta sulla Ong Jugend Rettet. Se di questo si tratta, posso affermare in tutta coscienza di non aver nulla da nascondere e di aver agito sempre alla luce del sole e in piena legalità. A parte l’iniziativa di Trapani, di cui ho già informato i miei legali in modo da prenderne visione ed eventualmente controbattere in merito, non sono stato chiamato in alcuna altra sede per giustificare o comunque rispondere del mio operato in favore dei profughi e dei migranti.

      http://www.a-dif.org/2017/08/09/con-don-mussie-zerai-noi-non-abbiamo-paura

    • Migranti. Indagato Mussie Zerai, prete candidato al Nobel che segnala i barconi in difficoltà

      Don Mussie Zerai è indagato dalla Procura di Trapani nell’ambito di indagini su attività di salvataggio dei migranti in cui sarebbero coinvolte delle ong. “Ho ricevuto dalla procura di Trapani una comunicazione che c’è una indagine sul mio conto, una indagine che risale al 2016. Non so altro, non cosa mi sia contestato”, ha confermato il sacerdote eritreo candidato al Nobel per la pace nel 2015, fondatore e presidente dell’agenzia di informazione Habeshia, per la Cooperazione allo Sviluppo.

      http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/08/09/migranti-indagato-mussie-zerai-prete-candidato-al-nobel-che-segnala-i-barconi-in-difficolta/3785447

    • Per una alternativa a Minniti ed ai suoi servizi, per il diritto alla vita.

      Dopo il sequestro della nave Juventa dell’organizzazione tedesca Jugend Rettet e le notizie, ancora assai poco circostanziate, del coinvolgimento di Don Mussie Zeraj nell’inchiesta promossa dalla Procura di Trapani, avviata a seguito di alcune segnalazioni ricevute da ambienti vicini ai servizi segreti, sembra che la linea del ministro dell’interno Minniti stia ottenendo risultati eccellenti. Da una parte è stato spaccato il fronte delle ONG, e anche alcune che avevano dichiarato di non accettare il codice di condotta lo hanno poi firmato, da un’altra parte si collega il rallentamento delle partenze dalla Libia, praticamente dimezzate rispetto ai mesi di luglio ed agosto dello scorso anno, con il maggiore rigore contro le navi umanitarie e soprattutto con la messa in opera degli accordi stipulati con il governo Serraj il 2 febbraio scorso.

      http://www.a-dif.org/2017/08/10/per-una-alternativa-a-minniti-ed-ai-suoi-servizi-per-il-diritto-alla-vita

    • Don Zerai indagato, chi salva vite è un eroe e non un criminale

      Oskar Schindler ben avrebbe potuto essere indagato, imputato, condannato dalla Germania nazista per avere salvato più di mille ebrei dallo sterminio. Carlo Angela, papà del giornalista televisivo Piero, dando rifugio nella sua clinica a tantissimi ebrei, li salvò dalla furia nazi-fascista e dunque dalla morte. Moussa Abadi era un ebreo siriano e, insieme al vescovo di Nizza, Paul Rémond, salvò centinaia di bambini ebrei nascondendoli da chi li rastrellava.

      http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/08/10/don-zerai-indagato-chi-salva-vite-e-un-eroe-e-non-un-criminale/3786821

    • Perché stare dalla parte delle Ong e di don Zerai

      “Il mio intervento è stato concepito nel medesimo spirito dell’operazione Mare Nostrum – varata nel novembre 2013 dal Governo italiano sulla scia della tragedia del 3 ottobre a Lampedusa e purtroppo revocata dopo un anno – nella convinzione che se programmi del genere fossero in vigore ad opera delle istituzioni europee o magari dell’Onu, probabilmente non sarebbe stata necessaria la mobilitazione delle Ong e, più modestamente, quella di Habeshia nel Mediterraneo. Fermo restando che il problema non si risolve con il soccorso in mare, per quanto tempestivo ed efficiente, ma, nel breve/medio periodo, con l’organizzazione di canali legali di immigrazione e con una riforma globale del sistema europeo di accoglienza e, nel lungo periodo, con una stabilizzazione/pacificazione dei paesi travolti da situazioni di crisi estrema che costringono migliaia di persone a fuggire ogni mese”.

      http://www.tempi-moderni.net/2017/08/11/perche-stare-dalla-parte-delle-ong-e-di-don-zerai

    • Minniti scatena l’alleato libico e piega la chiesa. Fuoco incrociato sulle ONG.

      La guerra alle ONG che fanno soccorso in mare sembra giunta ad un punto di svolta, con l‘attacco a fuoco di una motovedetta di Tripoli e la dichiarazione di interdizione del passaggio in acque internazionali ricadenti nella zona SAR libica rivolta soltanto alle navi delle stesse organizzazioni governative, incluse anche quelle che hanno recentemente capitolato, firmando un Codice di condotta con il ministro dell’interno. Azioni sinergiche che stanno preparando veri e propri respingimenti collettivi come quelli per i quali nel 2012 l’Italia è stata condannata dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo.

      http://www.a-dif.org/2017/08/11/minniti-scatena-lalleato-libico-e-piega-la-chiesa-fuoco-incrociato-sulle-ong

    • Ong, modifiche al codice: così firma anche Sos Méditerranée

      Polizia a bordo solo su mandato della magistratura e trasbordi permessi sotto il coordinamento della Guardia costiera: sono i due emendamenti al Codice di comportamento che hanno convinto Sos Mediterranèe a firmare al Viminale

      http://www.repubblica.it/cronaca/2017/08/11/news/ong_polizia_a_bordo_solo_su_mandato_della_magistratura_e_trasbordi_permessi_sotto_il_coordinamento_della_guardia_costiera-172856689/?ref=twhr

    • «Salvare i migranti nel Mediterraneo è compito degli Stati, non delle ong»

      Il sacerdote eritreo Mussie Zerai, residente in Svizzera, è indagato dalla Procura di Trapani per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Intervistato da swissinfo.ch, “l’angelo dei profughi” denuncia quella che definisce «una campagna denigratoria contro chi fa solidarietà» e chiama l’Europa ad assumersi le proprie responsabilità.


      https://www.swissinfo.ch/ita/prete-eritreo-mussie-zerai_-salvare-i-migranti-nel-mediterraneo-%C3%A8-compito-degli-stati--non-delle-ong-/43404756?srg_sm_campaign=general&srg_sm_medium=soc&srg_sm_source=sflow

    • Ostacoli all’assistenza umanitaria creeranno un gap letale nel Mediterraneo

      A seguito di queste ulteriori restrizioni all’assistenza umanitaria indipendente e dell’aumento dei blocchi che costringono i migranti in Libia, MSF ha deciso di sospendere temporaneamente le attività di ricerca e soccorso della propria nave, la Prudence. L’équipe medica di MSF continuerà a supportare le attività di soccorso a bordo della nave Aquarius, di SOS Mediterranee, che al momento sta pattugliando le acque internazionali.

      http://www.medicisenzafrontiere.it/notizie/news/ostacoli-all%E2%80%99assistenza-umanitaria-creeranno-un-gap-let

    • Medici senza frontiere sospende salvataggi in mare. «C’è un assalto inaccettabile alla dignità dell’uomo»

      Dopo l’annuncio di una zona Sar libica estesa cento miglia in cui le ong non sono accette, Msf annuncia di ritirarsi. «Se le navi umanitarie vengono spinte fuori dal Mediterraneo, coloro che non annegheranno saranno intercettati e riportati in Libia, luogo di illegalità, di detenzione arbitraria e di estrema violenza»

      http://meridionews.it/articolo/57812/medici-senza-frontiere-sospende-salvataggi-in-mare-ce-un-assalto-inaccet

    • Replica. Moas: «Portiamo i migranti dove ordina la Guardia Costiera»

      Tempi duri per le ong schierate in prima linea nel salvataggio di migranti nel Mediterraneo. Nonostante le decine di migliaia di vite umane salvate, sono finite sul banco degli imputati con l’accusa di essere complici se non addirittura al soldo dei trafficanti. Prima attaccate da Frontex, poi citate in audizione alla Commissione Schengen dal procuratore di Catania Zuccaro, il quale non ha nascosto dubbi sul loro proliferare, lo spingersi fino alle coste libiche e i sospetti sui finanziamenti per tenere le navi in mare. Infine, oggetto di una indagine parlamentare annunciata dal senatore Nicola Latorre. Tra le organizzazioni nel mirino c’è Moas - fondata nel 2014 dai coniugi Catrambone, imprenditori italo americani con base a Malta - la prima a mettere in mare una nave privata salva migranti, la Phoenix. Regina Catrambone, nel 2015 nominata dal Capo dello Stato Ufficiale al merito della Repubblica per l’attività di localizzazione e soccorso in mare, non nasconde l’amarezza per gli attacchi di questi giorni a pochi giorni dal ritorno in missione della ’Phoenix’ il prossimo primo aprile dopo tre mesi di stop e mentre cerca di aprire un canale umanitario con La Libia, che ritiene l’unica via per spezzare la catena dei viaggi della morte.

      https://www.avvenire.it/attualita/pagine/moas-portiamo-i-migranti-dove-ordina-la-guardia-costiera

    • Chi denuncia Don Mussie infanga ognuna/o di noi

      Siamo persone privilegiate perché nel nostro cammino abbiamo incontrato una persona straordinaria come Don Mussie Zerai, da cui tanto tuttora impariamo. Lo abbiamo incontrato quando c’era da piangere e celebrare i morti e quando c’era da salvare i vivi, chiunque, indipendentemente dalla provenienza. Abbiamo apprezzato negli anni lo scrupolo con cui ha sempre operato nel pieno rispetto di quelle istituzioni – come la Guardia costiera italiana – impegnate ad affrontare drammi umanitari che passeranno alla storia, considerandole partner di riferimento, soggetti a cui affidare la sorte di chi era sull’orlo dell’abisso, in mare così come nei paesi di transito.

      http://www.a-dif.org/2017/08/12/chi-denuncia-don-mussie-infanga-ognunao-di-noi

    • Il codice di distrazione di massa. Ovvero dell’arte di accusare le Ong per nascondere l’inferno dove rimandare i migranti

      “Cinque Ong su otto, hanno firmato il codice di condotta del Viminale”. Il messaggio è chiaro, serve a dimostrare chi sta vincendo il braccio di ferro sulle “regole da adottare nel Mediterraneo”. Vince il Viminale che ha convinto la maggioranza delle Ong a stare dalla sua parte. Questo appare dalle cronache di queste ore. Ha poca importanza se il contenuto del codice è cambiato radicalmente e se, per come oggi è stato trasformato su pressione della quinta Ong che ha firmato, è diventato un foglio inutile che non cambia di una virgola le regole che c’erano prima, le regole del diritto internazionale, le regole del mare. Sos Mediterranee, la quinta Ong, ha chiesto ed ottenuto di allegare al codice un “addendum” che risolve i nodi principali della discussione ovvero la presenza degli agenti armati a bordo e del divieto ai trasbordi su altre barche dei migranti soccorsi. Risolve i nodi nel senso che li elimina: non c’è più l’obbligo di far salire uomini di polizia giudiziaria armati a bordo e non c’è più il divieto ai trasbordi. Improvvisamente dunque, scompaiono i due elementi centrali di tutta la polemica che da settimane occupa le prime pagine dei giornali e le discussioni nei bar di questo nostro strano paese. “se non vogliono la polizia hanno qualcosa da nascondere” si diceva. Ma adesso la polizia armata non è più un elemento così importante da imporre a bordo delle navi Ong. Tutto ritorna, come era prevedibile ed inevitabile, sotto il controllo della guardia costiera, come se nulla fosse. Cinque Ong su otto hanno aderito ad un codice che, sostanzialmente, non c’è più. Ma perché allora, tanto rumore fino ad oggi?

      https://www.articolo21.org/2017/08/il-codice-di-distrazione-di-massa-ovvero-dellarte-di-accusare-le-ong-per

    • Msf, stop dopo le minacce: chi e perché vuole fermare i volontari

      La polemica sulle organizzazioni non governative aiuta il governo italiano a nascondere il fallimento della sua azione diplomatica e politica in Libia. Se l’Italia fosse un’azienda privata avrebbe già licenziato il suo rappresentante per l’estero: il ministro Alfano ha gravissime colpe.

      http://espresso.repubblica.it/attualita/2017/08/12/news/msf-chi-e-perche-vuole-fermare-i-volontari-1.307856?ref=HEF_RULL

    • "Continuerò a salvare vite umane. Come ho sempre fatto in questi anni"

      Il prete, di origne eritrea, è sotto attacco. Perché? Il suo «reato» è aiutare i profughi comunicando alle autorità dove si trovano. Colpevole, cioè, di quella nuova fattispecie giuridica che si sta pericolosamente affermando: il “reato umanitario”. «Questo clima», dice, «serve a non parlare dei veri problemi. I trafficanti esistono perché non ci sono alternative legali. Se si vuole combattere il traffico di esseri umani, occorre rendere possibili delle vie sicure di ingresso in Europa».

      http://m.famigliacristiana.it/articolo/continuero-a-salvare-vite-umane-come-ho-sempre-fatto-in-questi-a

      Le texte complet de l’article:

      Msf, stop dopo le minacce: chi e perché vuole fermare i volontari

      La polemica sulle organizzazioni non governative aiuta il governo italiano a nascondere il fallimento della sua azione diplomatica e politica in Libia. Se l’Italia fosse un’azienda privata avrebbe già licenziato il suo rappresentante per l’estero: il ministro Alfano ha gravissime colpe. L’ingrandimento sull’Espresso in edicola domenica

      DI FABRIZIO GATTI
      12 agosto 2017

      L’effetto della campagna del governo contro le Ong è ormai evidente: togliere di mezzo la presenza (e i testimoni) delle organizzazioni non governative a ridosso delle acque territoriali libiche, per lasciare mano libera alla Guardia costiera di Tripoli ed eventualmente alla Marina militare italiana nel fermare i barconi e i gommoni carichi di profughi. Silvio Berlusconi e Roberto Maroni le chiamavano con orgoglio operazioni di respingimento, perché questo portava loro voti. Il ministro dell’Interno, Marco Minniti e il Pd le definiscono più laicamente operazioni di soccorso. Ma della stessa operazione si tratta.

      In sostanza, stiamo consegnando un’altra volta alla Libia il totale monopolio dell’arma degli sbarchi, senza preoccuparci troppo di quello che accade più a Sud nei luoghi d’origine dell’emigrazione. Finita l’estate, spenta questa esagerata polemica sugli interventi umanitari, scopriremo che il problema va oltre le Ong. Ed è ben più grave, come l’eredità degli anni scorsi ci insegna. A meno che non vogliamo consolarci con alcune migliaia di arrivi in meno, come l’andamento del 2017 sembra annunciare.

      GLI EFFETTI COLLATERALI
      È evidente che l’Italia non possa farsi carico da sola ogni anno dell’accoglienza e dell’integrazione di 180 mila persone, di cui gran parte uomini in giovane età. Ed è indispensabile e auspicabile cercare soluzioni anche a breve termine. Ma se sono aumentate le partenze dalla Libia, non è certo per la presenza nel Mediterraneo degli spavaldi attivisti tedeschi di “Jugend Rettet” sotto inchiesta per aver avuto, secondo la Procura di Trapani, rapporti fin troppo ravvicinati con i trafficanti. E non è nemmeno colpa di organizzazioni che si sono sempre coordinate con la Guardia costiera, come “Medici senza frontiere” o “Save the children”.

      Perfino il codice di comportamento voluto da Minniti è un falso problema: il ministero dell’Interno ha sempre avuto il desiderio di dividere il volontariato tra mansueti da premiare e rompiscatole da allontanare, tra quanti sono disposti a chiudere un occhio e quanti si dimostrano rigorosi nel rispetto delle norme. Lo si è visto nel 2013 nel centro di accoglienza di Lampedusa: per diversi giorni alcuni volontari del progetto governativo “Praesidium” hanno tollerato il fatto che intere famiglie con i loro bambini piccoli venissero tenute a dormire sotto gli alberi, mentre la notte i cani randagi urinavano sulle loro coperte. Anche per questo bene fa “Medici senza frontiere” a rispettare la sua neutralità e a non voler prendere a bordo agenti armati. Un codice di condotta simile a quello imposto dal Viminale oggi metterebbe fuori gioco perfino Henry Dunant, il fondatore della Croce Rossa e primo premio Nobel per la pace.

      Non dobbiamo però sottovalutare gli effetti collaterali. Fin dove si spingeranno i barconi senza più la presenza costante delle Ong al largo della Libia? Fin dove arriveranno i cadaveri dispersi in mare? È sempre la cronaca del 2013, prima dell’arrivo delle organizzazioni umanitarie e prima dell’impiego della Marina con l’operazione “Mare nostrum”, a suggerirci una risposta: 13 annegati davanti ai turisti sulla spiaggia di Sampieri in Sicilia il 30 settembre; 366 annegati davanti a Cala Madonna a Lampedusa il 3 ottobre; 268 annegati a 60 miglia a Sud di Lampedusa l’11 ottobre.

      IL CORRIDOIO UMANITARIO
      Dopo la fine di “Mare nostrum”, l’apertura del corridoio umanitario delle Ong ha ridimensionato l’impiego delle navi cargo nelle operazioni di soccorso: con un conseguente beneficio sui costi e i tempi dei commerci nel Mediterraneo. L’unica alternativa, la prassi adottata dall’Italia fino al 2013, coinvolge invece il traffico commerciale. Ed è spiegata proprio nelle comunicazioni che accompagnano i presunti ritardi, prima del naufragio dell’11 ottobre di quell’anno. Dice al telefono un ufficiale della Guardia costiera italiana alla collega maltese che chiede l’intervento della Libra, il pattugliatore della nostra Marina: «Penso che sia una buona idea cominciare a coinvolgere anche una nave commerciale... Di solito noi lavoriamo in questo modo. Impieghiamo le nostre unità più grandi per avvistare (i barconi). E dopo se ci sono navi commerciali, noi preferiamo impiegare quelle e poi organizzare incontri con i nostri pattugliatori più piccoli. Perché noi non vogliamo perdere l’area... Bene, penso che il capo deve provare a trovare una nave commerciale».

      L’assurda procedura quel giorno si conclude con una strage di profughi siriani, tra cui sessanta bambini, rimasti per cinque ore in inutile attesa sul peschereccio che stava affondando. Nave Libra ad appena una decina di miglia, meno di un’ora di navigazione, era stata mandata a nascondersi: nonostante nessuna nave commerciale fosse arrivata nelle vicinanze.
      Se questa tornerà a essere la prassi, avremo forse qualche arrivo da vivi in meno. Ma probabilmente molti cadaveri sulle nostre spiagge in più.

      BOCCIATI IN FRANCESE
      La polemica sulle Ong aiuta soprattutto il governo italiano a nascondere il fallimento della sua azione diplomatica e politica in Libia. A fine luglio il presidente francese Emmanuel Macron ha sgambettato l’Italia e portato a un (fragile) accordo il premier di Tripoli, Fayez al Serraj, sostenuto dall’Onu e da Roma e il signore della guerra di Bengasi, il generale Khalifa Haftar, sostenuto da Parigi.

      Se Palazzo Chigi fosse un’azienda privata, andrebbe licenziato il rappresentante per l’estero. Il ministro Angelino Alfano infatti avrebbe potuto fare di più: dal primo gennaio al 30 giugno è stato una sola volta a Tripoli, una sola volta a Tunisi e mai, proprio mai, in almeno uno dei tanti Paesi africani o asiatici che con i loro cittadini impegnano così intensamente il nostro bilancio statale tra soccorsi e accoglienza. Lo confermano i piani di volo dell’aereo usato da Alfano.

      Il suo omologo francese, il socialista Jean-Yves Le Drian, artefice del vertice Serraj-Haftar di fine luglio, è invece stato trentadue volte in Africa come ministro della Difesa nel precedente governo. E dal 17 maggio di quest’anno, giorno della sua nomina agli Esteri, ha già visitato Tunisia, Algeria, Egitto, Stati subsahariani, Emirati, Arabia Saudita e Qatar per preparare il consenso allo “sbarco” francese in Libia.

      Il generale Haftar cura da tempo gli interessi di Parigi nel tentativo di sottrarre all’influenza italiana i pozzi e i terminal della Mezzaluna petrolifera in Cirenaica, nell’Est. L’Eni rischia così di perdere alcuni futuri contratti. La pace con il premier di Tripoli, che a Ovest guida il Governo di accordo nazionale, però non è detto che regga. Solo l’annuncio italiano di inviare la nave militare “Comandante Borsini” in acque libiche per assistere la locale Guardia costiera contro i trafficanti di uomini, così come avrebbe richiesto Serraj, ha messo d’accordo tutte le fazioni.

      Lo stesso vice di Serraj, Fathi Al-Majbari: «È una violazione della sovranità della Libia e degli accordi in vigore. L’azione di Serraj non rappresenta il governo». Il figlio del dittatore Muhammar Gheddafi, Saif al Islam, tornato libero due mesi fa: «È un’operazione coloniale». Lo stato maggiore di Haftar: «Bombarderemo le navi italiane». Un bel pasticcio diplomatico.

      IL MERCATO DEGLI SCHIAVI
      Se il governo di Paolo Gentiloni si prende la responsabilità di consegnare i profughi alle autorità di Tripoli, bisogna ricordare che la Libia continua a essere un Paese in guerra che non ha mai firmato le convenzioni sui rifugiati. E che per questo l’Italia è già stata condannata in passato, dopo gli accordi tra Gheddafi e Berlusconi, da risoluzioni del Parlamento europeo che avevano vietato i respingimenti. Basta leggere gli ultimi rapporti dello Iom, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, che non è una Ong ma un organismo intergovernativo costituito da 166 Stati membri.

      Uno dei dossier più drammatici è della primavera scorsa. Denuncia il mercato degli schiavi allestito in un parcheggio a Sebha, nel Sud della Paese, lungo la rotta che dal Niger sale verso il Mediterraneo: «I migranti subsahariani vengono venduti e comprati dai libici, con l’aiuto di trafficanti ghaniani e nigeriani che lavorano per loro».


    • Photo reçue de Fulvio Vassallo le 13.08.2017 avec ce commentaire :

      La nave di Frontex Triton #Olimpic_Commander ferma da due giorni a Trapani . Non salvano nessuno. Non intercettano trafficanti. Staranno setacciando la nave Juventus bloccata sotto sequestro nello stesso porto. A prua della nave si vede una struttura aggiunta di recente e non presente nelle foto di archivio della stessa nave. Hanno aggiunto una piattaforma per elicotteri in modo da disporre di mezzo veloci di pronto intervento. Ma per il momento si limitano a leggere le carte della Juventa. Bastava mandare una squadra di polizia.

    • Reçu de Fulvio Vassallo le 13.08.2017:

      Procura Trapani, indagati comandanti nave «Iuventa» =
      (AGI) - Trapani, 12 ago. - Salgono a quattro gli indagati
      nell’’inchiesta della Procura di Trapani su Ong e soccorsi ai
      migranti. Oltre al sacerdote eritreo don Mussie Zerai, iscritto
      dai Pm nei giorni scorsi, sono indagati anche i due comandanti
      della «Iuventa», la nave della Ong tedesca Jugend Rettet, e un
      terzo membro dell’’equipaggio. L’’accusa per tutti e’’ di
      favoreggiamento dell’’immigrazione clandestina. Ai due
      comandanti, Jakob Shroter e Jonas Buya, e al marittimo e’’ stato
      notificato da agenti della Squadra mobile l’’avviso di proroga
      delle indagini. A don Zerai, presidente della dell’’agenzia di
      informazione Habeshia e punto di riferimento degli s.o.s. dei
      migranti in navigazione nel Mediterraneo, era stata inviata in
      precedenza un’’informazione di garanzia. Si tratta - dicono da
      ambienti giudiziari - di provvedimenti obbligatori, legati ai
      fatti emersi durante le indagini. Nell’’ambito dell’’inchiesta,
      condotta dai pm Andrea Tarondo e Antonio Sgarrella, era stato
      disposto il sequestro della nave «Iuventa», che tuttora si
      trova ormeggiata nel porto di Trapani. (AGI)
      Tp2/Rap
      121852 AGO 17

    • Il mondo alla rovescia. Storia di padre #Mussie_Zerai che salva i naufraghi, è stato candidato al nobel e, in Italia, finisce sotto accusa

      “Stiamo vivendo un paradosso: chi salva viene accusato di favoreggiamento e di complicità con i trafficanti e chi omette il soccorso resta impunito. È un mondo alla rovescia.” Il tono di voce di padre Mussie è sempre molto pacato. Parole misurate anche per parlare di una indagine che lo vede sotto inchiesta come complice dei trafficanti di uomini. “Mi aspettavo che i magistrati prima o poi avrebbero voluto ascoltarmi. Non mi aspettavo che volessero sentirmi come indagato.”


      https://www.articolo21.org/2017/08/il-mondo-alla-rovescia-storia-di-padre-mussie-zerai-che-salva-i-naufragh

    • I libici impongono il «pizzo» sui salvataggi. Le Ong minacciate e taglieggiate per le attività nel Mediterraneo

      Non solo abbordati, minacciati, mitragliati. Ma ora anche taglieggiati. Nasce il «pizzo» sul salvataggio di migranti. Gestito da ufficiali della Guardia Costiera di Tripoli. È questa, confidano all’HuffPost fonti vicine ad Ong spagnole e tedesche, una delle ragioni, oltre quella della sicurezza, che hanno portato a una scelta estremamente grave. La sicurezza al primo posto, certo, ma fuori dall’ufficialità, il mondo delle Ong dà conto di una «sindrome di accerchiamento» che ogni giorno si alimenta di nuovi elementi che, messi insieme, ricostruiscono una situazione ormai insostenibile.

      http://www.huffingtonpost.it/2017/08/13/i-libici-impongono-il-pizzo-sui-salvataggi-le-ong-minacciate_a_230760

    • Il dramma dei migranti in una foto del radar: oltre 30 imbarcazioni attorno a una nave di una Ong

      Circa 6000 migranti raccolti in mare, al largo della Libia, tra venerdì e sabato. E non è finita. La foto che pubblichiamo è il tracciato radar che mostrava la situazione di ieri notte, attorno a una delle imbarcazioni di una Ong impegnata nel soccorso in mare. Il centro del tracciato è la nave. Tutt’intorno, ogni puntino giallo segnala un gommone in avvicinamento, con cento o anche duecento persone a bordo. Una scena drammatica. I puntini sono più di 30. I calcoli sono facili: altre migliaia di persone in arrivo.


      http://www.lastampa.it/2017/05/07/esteri/il-dramma-dei-migranti-in-una-foto-del-radar-oltre-imbarcazioni-attorno-a-una-nave-di-una-ong-PJhYsSZynou8qD7dzLkPxH/pagina.html

    • La Libia blocca le Ong a 100 km dalla costa. Salvati e internati 105 migranti

      LA MARINA libica, fedele al governo del premier del governo di unita nazionale di Tripoli di Fayez al Sarraj, ha imposto a tutte le navi straniere il divieto di soccorrere i migranti nelle aree cosiddette aree di «serch and rescue» (SaR) (ricerca e recupero) che vanno molto oltre le 12 miglia nautiche delle acque territoriali.

      Di fatto la decisione impedirà alle navi delle Ong di intervenire non solo nelle acque territoriali libiche ma si dovranno tenere ad una distanza di centinaia di km dalla costa.

      http://www.ilsecoloxix.it/rw/IlSecoloXIXWEB/mondo/foto_trattate/2017/08/10/canale-k0TC--673x320@IlSecoloXIXWEB.JPG
      http://www.ilsecoloxix.it/p/mondo/2017/08/10/ASBI3SoI-salvati_internati_migranti.shtml

    • Posté sur FB par Fulvio Vassallo:
      L’ultima provocazione: multata la Ong Proactiva
      Mediterraneo . Sanzione da seimila euro

      Daniela Padoan
      paru dans Il manifesto, 20 agosto 2017

      Il 14 agosto la nave Golfo azzurro della Ong spagnola Proactiva Open Arms, tra quelle che hanno firmato il codice di condotta imposto dal governo italiano, è salpata da Malta per la ventiseiesima missione di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo centrale. Dal luglio 2016 ha tratto in salvo 21mila persone e ha a raccolto cadaveri di uomini, donne, bambini, portandoli a riva perché potessero avere sepoltura. Giunta nelle acque internazionali di fronte alla Libia, il 15 agosto è stata intercettata dalla C-Star, la “nave nera” noleggiata dal gruppo di attivisti di estrema destra Defende Europe che vaga in mare da settimane, dapprima sul punto di naufragare ed essere soccorsa da una Ong, poi respinta dai pescatori tunisini con cartelli antirazzisti, infine a corto di carburante al largo di Creta e diffidata dall’attraccare dalla Capitaneria di porto ellenica.

      Per l’intero giorno di ferragosto, la C-Star ha inseguito la Golfo azzurro effettuando manovre pericolose per avvicinarsi ai canotti di salvataggio e alle pareti dello scafo. Dopo numerose azioni di disturbo si è allontanata, pur restando in vista, e all’improvviso è stata affiancata da una motovedetta della guardia costiera libica. “Quando ho visto i due equipaggi parlare”, racconta il capomissione della Golfo azzurro Riccardo Gatti, “ho richiamato a bordo i volontari che si stavano allenando sui canotti e ci siamo chiusi dentro. La guardia costiera di Tripoli, priva dei contrassegni ufficiali, si è avvicinata e ci ha chiesto di mostrare le autorizzazioni del governo libico. Abbiamo spiegato che ci trovavamo a 27 miglia dalla costa e che non eravamo tenuti ad avere nessuna autorizzazione. Per tutta risposta ci hanno detto che dovevamo seguirli fino a Tripoli, sennò ci avrebbero sparato”.

      La Golfo azzurro ha chiesto aiuto alla Guardia costiera italiana e alla missione europea Eunavfor Med, senza ricevere alcun sostegno.

      “A quel punto abbiamo detto ai libici che stavamo contattando le navi da guerra della Nato per chiedere protezione, “ continua Riccardo Gatti. “Finalmente, dopo due ore, ci hanno intimato di dirigerci a nord e non tornare più indietro, altrimenti ci avrebbero ucciso. Non appena ripresa la navigazione, siamo stati contattati via radio dalla C-Star. Non abbiamo sentito che cosa ci dicevano perché il comandante, in un attacco di nervi, ha spento la radio. Erano irrisioni, e a noi è parso evidente che i libici sono stati chiamati dalla C-Star. Non so che rapporti abbiano con la guardia costiera libica, quel che è certo è che abbiamo subito un sequestro, o un atto di pirateria, e che loro ne hanno avuto parte”.

      Nonostante le minacce ricevute, la Golfo azzurro ha deciso di restare in zona SAR e, dietro richiesta del Centro di coordinamento del soccorso marittimo (MRCC) di Roma, il giorno dopo ha raccolto 233 profughi. Lo stesso MRCC ha poi dato indicazione di dirigere verso il porto di Trapani.

      Ma il 19 agosto, giunti a destinazione, sbarcati uomini, donne e bambini, subita l’ispezione a bordo di Polizia giudiziaria e scientifica, il capomissione della Golfo azzurro si è sentito richiedere da un funzionario della Capitaneria di porto una “waste garbage declaration”, ovvero il computo della spazzatura, e affibbiare seimila euro di multa.

      E’ evidente che anche firmare il codice di condotta di Minniti non costituisce alcuna salvaguardia per i Giusti del Mediterraneo. Ciò che si vuole è la loro definitiva uscita di scena così che non resti nessuno a testimoniare quel che davvero accade nelle acque libiche.

      #OHCHR

    • EU ‘trying to move border to Libya’ using policy that breaches rights – UN experts

      Two United Nations human rights experts have expressed serious concern over a new European Commission policy on Mediterranean Sea rescues, warning that more people will drown.

      “The EU’s proposed new action plan, including a code of conduct for organizations operating rescue boats, threatens life and breaches international standards by condemning people to face further human rights violations in Libya,” said the Special Rapporteur on the human rights of migrants, Felipe González Morales, and the Special Rapporteur on torture, Nils Melzer.

      The code of conduct, drawn up by Italy with the backing of Brussels, aims to stop privately-operated ships ferrying refugees to safety in Italy from waters off the Libyan coast. It is part of a wider EU plan to reduce the pressure of migrant arrivals. Libya has also announced a search and rescue zone beyond its territorial waters, and is restricting access to international waters by humanitarian vessels.

      “The solution is not to restrict access to international waters or firing weapons to threaten boats, as Libya has reportedly done repeatedly. This will result in more deaths of migrants at sea and is in contravention of the obligation to rescue people in distress,” the experts said.

      They added that international organizations were making “tremendous rescue efforts”, with their vessels providing up to 40% of all search and rescue operations in the Mediterranean.

      The Special Rapporteurs expressed concern that the European Commission was trying to move Europe’s borders to Libya. They highlighted that, under international law, migrants should be allowed to disembark at the nearest port where their lives and freedom would not be threatened, and should then receive information, care and equitable processing of their asylum claims.

      “Libya simply cannot be regarded as a safe place to disembark and the EU policy is in denial of this fact,” they said. “Migrants intercepted by the Libyan coast guard will face indefinite detention in dire and inhumane conditions, at risk of death, torture or other severe human rights violations, without any judicial review.”

      Libyan detention centres were severely overcrowded with inadequate access to toilets, washing facilities, ventilation, food and clean water, they noted. Detainees also lacked access to a legal process or lawyers.

      The human rights experts also highlighted that migrants in Libya risked labor exploitation and were vulnerable to other forms of contemporary slavery; while women were at risk of rape and other sexual violence.

      They said it was vital for the EU and Libya to bring more European rescue boats to the coast of Libya, but warned that an Italian naval mission currently operating in Libyan waters could breach Italy’s obligations of non-refoulement, in providing logistical, technical and operational support to the Libyan coast guard.

      “It is high time to tackle the real issue, which is the disproportionate impact on frontline States such as Italy and Greece, and relocate migrants and refugees to all Schengen Member countries, instead of supporting measures which drive migration further underground and increase human suffering, in violation of human rights law,” the Special Rapporteurs said.

      “States should expand their visa regimes and provide more options for refugee settlement, temporary protection, visitors, family reunification, work, resident, retirement and student visas”, they added, “in line with the UN’s Sustainable Development Goals and to ensure that migrants no longer have to embark on such deadly journeys.”

      Mr. Felipe González Morales (Chile), Special Rapporteur on the human rights of migrants; and Mr. Nils Melzer, (Switzerland), Special Rapporteur on torture and other cruel, inhuman or degrading treatment or punishment, are part of what is known as the Special Procedures of the Human Rights Council. Special Procedures, the largest body of independent experts in the UN Human Rights system, is the general name of the Council’s independent fact-finding and monitoring mechanisms. Special Procedures mandate-holders are independent human rights experts appointed by the Human Rights Council to address either specific country situations or thematic issues in all parts of the world. They are not UN staff and are independent from any government or organization. They serve in their individual capacity and do not receive a salary for their work.

      http://www.ohchr.org/EN/NewsEvents/Pages/DisplayNews.aspx?NewsID=21978&LangID=E

    • La saga continue...
      Migrant crisis: Sicily accuses charities of collusion with traffickers

      Magistrates in three Sicilian ports have opened investigations into suspected collusion between charities and Libyan people traffickers.

      It follows the decision of a judge from Trapani in western Sicily to impound a ship operated by the German non-profit group Jugend Rettet (Youth to the Rescue) this month.

      Save the Children and Médecins Sans Frontières are also under investigation, according to Italian media, but both charities said they had received no official communication to that effect.

      https://www.thetimes.co.uk/article/migrant-crisis-sicily-accuses-charities-of-collusion-with-traffickers-2k

    • Les milliers de morts de l’égoisme européen

      La nouvelle tombe comme une condamnation à mort pour des centaines, voire des milliers de personnes qui tentent de franchir la Méditerranée. Les unes après les autres, les ONG qui avaient affrété depuis 2014 des navires pour venir en aide aux naufragés sont forcées de quitter les aires de sauvetage. En cause : la Libye a décrété jeudi dernier, en concertation avec l’Italie, la création d’une vaste zone d’exclusion maritime aux bateaux étrangers bien au-delà de ses eaux territoriales.

      https://www.lecourrier.ch/151839/les_milliers_de_morts_de_l_egoisme_europeen

    • Otto cose che impariamo dalle carte sulla Iuventa

      Quest’estate nel Mediterraneo si è giocata una partita politica piuttosto brutale. Il governo italiano si è mosso per delegittimare l’operato delle Ong nel Mediterraneo. In questo modo le ha costrette ad arretrare, quando non a rinunciare al loro ruolo di soccorso dei migranti, lasciando così campo libero ai respingimenti della Guardia costiera libica. In questo contesto, le carte sul sequestro della nave tedesca Iuventa sono anche un’occasione per comprendere meglio cosa è accaduto in mare in questi mesi.

      http://openmigration.org/analisi/otto-cose-che-impariamo-dalle-carte-sulla-iuventa

    • Priest Named ‘Guardian Angel of Refugees’ Under Investigation in Italy

      Rev. #Mussie_Zerai has received hundreds of nighttime distress calls from refugee boats over the years. Now, the Eritrean Roman Catholic priest finds himself under investigation by Sicilian prosecutors for collusion with smugglers.


      https://www.newsdeeply.com/refugees/articles/2017/09/04/priest-named-guardian-angel-of-refugees-under-investigation-in-italy

    • Ong “embedded”. Dopo le denunce un bando per arruolare gli “umanitari” nei campi di detenzione in Libia

      L’obiettivo di far fuori le ONG è stato raggiunto, anche per le divisioni al loro interno, non certo per la chiara azione diversiva iscenata dal codice di condotta imposto dal ministro dell’interno Minniti, quanto soprattutto per le sparatorie e le operazioni di sbarramento della rotta subite dalle navi delle ONG a mare, e poi per le pastoie burocratiche frapposte all’ingresso nei porti, anche nei confronti di chi aveva sottoscritto il Codice di condotta Minniti.

      La scossa finale è stata infine la serie di provvedimenti giudiziari annunciati , come a Trapani, e che si annunciano ancora, come a Catania, contro comandanti, operatori umanitari e citadini solidali “rei” di avere risposto ale richieste di aiuto e di avere trasmesso al Comando del corpo delle Capitanerie di porto (IMRCC), chiamate di socorso che hanno permesso di salvare migliaia di vite. Ma il reato di solidarietà non può essere introdotto per via giudiziaria.

      http://www.a-dif.org/2017/09/08/ong-embedded-dopo-le-denunce-un-bando-per-arruolare-gli-umanitari-nei-campi-d

    • La guerra alle Ong e il Mediterraneo come confine. L’umanitarismo alla prova (della) politica

      Come e perché le organizzazioni non governative (Ong) che effettuano salvataggi nel Mediterraneo, una volta celebrate come “angeli del mare”, sono ora accusate di essere “taxi per migranti”? Che peso ha avuto la rappresentazione mediatica della “crisi dei migranti” e del Mediterraneo come confine nell’innescare e legittimare questo “sparare sulla Croce Rossa”? Pierluigi Musarò analizza per noi la crisi dello “spettacolo del dolore a distanza” e la messa alla prova politica dell’umanitarismo.

      https://openmigration.org/idee/la-guerra-alle-ong-e-il-mediterraneo-come-confine-lumanitarismo-alla-

    • Dietro la logica dei numeri, persone in gabbia e diritti cancellati.

      Quanto sta emergendo in questi giorni dimostra nel modo sempre più evidente la infondatezza delle accuse rivolte alle ONG che sarebbero state “colluse” con i trafficanti, magari gli stessi, perchè le zone di partenze sono le stesse, con i quali da Roma si stava trattando per realizzare il blocco delle partenze. Appare ormai chiaro lo stretto legame tra le operazioni di arresto e detenzione a terra, avviate formalmente dopo gli accordi con l’Italia, con le attività di arresto in mare operate dalla Guardia Costiera libica, in coordinamento con la Guardia costiera italiana, attività di “soccorso” che già erano partite lo scorso anno, che dopo la “fase di formazione” dei militari libici sulle navi europee, ed anche in Italia, si concludono con la riconduzione dei naufraghi, “salvati” in mare ma ritenuti migranti illegali, in uno dei tanti centri di detenzione, tra i più duri, quelli di Zawia e di Sabratha. Per ottenere questi risultati occorreva allontanare le navi delle ONG dalle coste libiche, ben oltre il limite delle acque territoriali ( 12 miglia). E se qualche giornalista indipendente racconta la corruzione della guardia costiera libica o denuncia singoli trafficanti, arrivano subito le minacce.

      http://www.a-dif.org/2017/09/17/dietro-la-logica-dei-numeri-persone-in-gabbia-e-diritti-cancellati

    • Il sequestro della Iuventa: Ong e soccorso in mare

      Il sequestro della Iuventa coinvolge questioni di diritto internazionale che mai, finora, si erano presentate, nei processi contro i trafficanti. L’apertura del procedimento ha purtroppo avuto la conseguenza di portare in secondo piano le gravi responsabilità dell’Europa nella gestione del fenomeno migratorio. Esso può essere, tuttavia, l’occasione per fare chiarezza, anche nel mondo delle Ong, su come si declinino i principi umanitari dell’accoglienza e del soccorso in mare e su come sia necessario mantenerli – nell’interesse degli stessi migranti – nella cornice di legalità con cui l’Italia, per una volta sostenuta dall’Europa, sta provando a definire un perimetro che tenga insieme diritti e doveri dell’accoglienza

      http://www.questionegiustizia.it/articolo/il-sequestro-della-iuventa_ong-e-soccorso-in-mare_18-09-2017.php

    • Il contrattacco della Iuventa e la prima crisi del piano Minniti. Ma la nave di Jugend Rettet rimane sottosequestro

      L’organizzazione Jugend Rettet, proprietaria della nave Iuventa, ha deciso di utilizzare la prima udienza sul dissequestro dell’imbarcazione per difendersi pubblicamente e ribaltare le accuse. Nel frattempo nel Mediterraneo il caos non si è mai fermato ed i cadaveri dei naufraghi non possono essere occultati.

      http://www.meltingpot.org/Il-contrattacco-della-Iuventa-e-la-prima-crisi-del-piano.html

    • Migrants caught between tides and politics in the Mediterranean: an imperative for search and rescue at sea?

      In the late 2014, owing to lack of European Union support, the Italian state retreated from their Mare Nostrum—a proactive ‘Search and Rescue’ (SAR) operation in the central Mediterranean leaving thousands to die at sea.

      Humanitarian Non-Governmental Organisations (NGOs) including Médecins Sans Frontières (MSF) stepped in to fill this gap but have been recently accused of being a ‘pull factor’ for migrants and refugees and being a cause for deterioration in maritime safety by increasing deaths at sea.

      Contrary to the pull factor hypothesis, the number of sea arrivals during the NGO involvement period (with proactive SAR operations) was lower than during equivalent prior periods. Mortality rates were also substantially lower during the NGO period compared with similar prior periods.

      These findings strongly support arguments that #SAR operations by humanitarian NGOs reduce mortality risks and have little or no effect on the number of arrivals.

      http://gh.bmj.com/content/2/3/e000450

    • Accordi bilaterali e diritti senza confine. Ancora fuoco sulle ONG

      Le dichiarazioni rilasciate dai portavoce della Guardia Costiera di Tripoli, quella sostenuta proprio dalla Marina e dal governo italiano, sono sempre più farneticanti. Se dalle minacce e dal fuoco di avvertimento si passerà al sequestro di persona ed al tentativo di omicidio dovrebbe occuparsene anche la magistratura italiana, per il coinvolgimento nelle attività di coordinamento italo-libiche della Marina e della Guardia costiera italiana. La sovranità nazionale non si stabilisce con accordi bilaterali che impediscono il libero transito in acque internazionali.

      http://www.a-dif.org/2017/09/28/accordi-bilaterali-e-diritti-senza-confine

    • Mediterraneo: nuovo attacco della Guardia costiera libica alle Ong

      L’Ong tedesca #Mission_Lifeline è stata minacciata dalla Guardia costiera libica in acque internazionali, colpi di arma da fuoco e la richiesta di consegnare le persone appena salvate. Una nuova situazione tesissima che rischia di degenerare e che rende il silenzio delle istituzioni europee ancora più pesante

      http://www.vita.it/it/article/2017/09/29/mediterraneo-nuovo-attacco-della-guardia-costiera-libica-alle-ong/144656

    • Considerazioni a margine del caso Juventa e della criminalizzazione del soccorso umanitario in acque internazionali.

      Il 19 settembre scorso il Tribunale di Trapani, sezione per il riesame delle misure cautelari, con un provvedimento depositato il successivo 22 settembre, ha respinto il ricorso presentato dalla Ong tedesca Jugend Rettet, contro il sequestro della nave “Iuventa” disposto il 2 agosto di quest’anno dal Giudice delle indagini preliminari su richiesta della Procura di Trapani, per avere costituito il mezzo con cui si sarebbe realizzato il reato di agevolazione dell’immigrazione clandestina previsto dall’art. 12 del Testo Unico del 1998 n.286 in materia di immigrazione. Una vicenda giudiziaria, e prima ancora politica, sulla quale solo adesso si sta cominciando a diffondere una informazione corretta.

      http://www.a-dif.org/2017/10/08/considerazioni-a-margine-del-caso-juventa-e-della-criminalizzazione-del-socco

    • Perquisizioni su nave Save the Children

      (ANSA) - ROMA, 23 OTT - La Polizia sta eseguendo una serie di perquisizioni a bordo di nave #Vos_Hestia, l’imbarcazione di Save the Children impegnata nelle operazioni di soccorso ai migranti nel Mediterraneo centrale, che attualmente si trova nel porto di Catania. A bordo della nave, nei mesi scorsi, ha operato anche un agente sotto copertura. La perquisizione, eseguita dagli uomini del Servizio centrale operativo, è stata disposta dalla procura di Trapani che ha da tempo aperto un fascicolo sull’operato delle Ong. Ad agosto scorso la procura di Trapani ha disposto il sequestro della nave Iuventa della ong tedesca Jugend Rettet, accusata di contatti con i trafficanti. E a settembre era finito sul registro degli indagati anche il nome di Marco Amato, comandante nella nave Vos Hestia. L’accusa nei suoi confronti è la stessa ipotizzata per il personale della Iuventa: favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

      http://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2017/10/23/perquisizioni-su-nave-save-the-children_00b3412c-b2b9-499b-be8a-a805bc6976b9.ht

    • Ong, perquisita nave di Save the Children: “Favoreggiamento immigrazione clandestina”. “Noi estranei a indagini”

      Il comandante è indagato dalla scorsa estate, quando è stata sequestrata la nave Iuventa della ong tedesca Jugend Rettet. Sequestrati computer, tablet, hard disk e il giornale di bordo. «La perquisizione è relativa alla ricerca di materiali per reati che, allo stato attuale, non riguardano», fa sapere l’organizzazione

      http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/10/23/ong-perquisita-nave-di-save-the-children-favoreggiamento-immigrazione-clandestina/3930187

    • Ong, migranti, trafficanti, Guardia Costiera libica e elicotteri della missione interforze Sophia : tutti insieme appassionatamente :
      http://www.corriere.it/video-articoli/2017/11/20/ong-migranti-trafficanti-guardia-costiera-libica-elicotteri-missione-interforze-sophia-tutti-insieme-appassionatamente/f162fd78-cde2-11e7-a3ca-40392580f143.shtml

      Toute la vidéo fait une démonstration de comment les ONG sont complices des trafiquants...
      Une ordure de vidéo...

      Et ce commentaire de Daniele Biella, sur FB :

      Peccato. Report ieri sera poteva dare un colpo netto al giornalismo delle allusioni e delle calunnie, confezionando un’inchiesta in cui veniva messa in luce l’estrema complessità del Mediterraneo. Poteva fare come Propaganda Live e Le Iene, che la testimonianza di Gennaro Giudetti l’hanno raccolta: invece no, Gennaro è stato contattato ma non intervistato. Alla fine ha prevalso ancora una volta la logica del bianco e nero, lo stabilire una linea - «tutti ipocriti» - e portarla avanti a ogni costo. Spiace e fa male perché la giornalista e la troupe hanno girato per settimane se non mesi per intervistare tutte quelle persone, un lavoro immagino faticoso e minuzioso e a tratti ammirevole come la parte delle fosse comuni in Tunisia e l’insistenza sulle irreponsabilità di altri Stati europei. Spiace vedere com’è finita, con le ong di nuovo nel mirino (nei servizi del Tg1 e sul video ripreso dal corriere emerge solo quella parte di servizio, tra l’altro fatto da un’altra giornalista per Porta a Porta nel maggio scorso e rimodulato per l’occasione. Dell’altra ora di servizio non c’è nulla!) e in pasto ai commenti bavosi dell’hate speech. Mentre sono rimaste in secondo piano le voci di mezzo, quelle dei colleghi e degli operatori che questa complessità l’hanno vista con i loro occhi, pur intervistati ma non andati in onda o per brevi tratti. Anzi l’abbiamo vista: mi ci metto anch’io, dato che due mesi fa ero sull’Aquarius di SOS MEDITERRANEE Italia. Un esempio: il saluto ai presunti pescatori o militari libici gesto di connivenza? Ma stiamo scherzando, si chiama tutela personale: dall’altra parte possono avere armi e la Convenzione sui diritti umani per loro è carta straccia.
      Peccato, davvero. Ma ora si riparte: chiedo a tutti i colleghi che non ragionano per bianco o nero di fare un’ulteriore sforzo per gettare più luce possibile sulle ombre. Senza bisogno di Santi ed eroi, ma nemmeno di trovare nelle ong in mare un capro espiatorio che, in fondo, giustifichi quello che non va bene a livello politico: l’accordo Italia-Libia. Caro ministro Marco Minniti, probabilmente le è arrivata voce: Genaro Giudetti (sì, il volontario dell’ong Sea-Watch testimone diretto del naufragio del 6 novembre) vuole incontrarla e presto. Per favore, lo riceva. Anche il viceministro degli Esteri Mario Giro ha condiviso il suo appello, così come nelle ultime ore lo ha pubblicato sulla propria pagina una collega giornalista che è anche, pensi un po’, presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini.

    • Ong e trafficanti: il fact-checking del servizio di Report

      Si torna a parlare di Ong in mare, questa volta a riaccendere le accuse è Report che, in un servizio andato in onda lunedì sera promette di svelare la verità su come avvengono “le operazioni di salvataggio dei migranti a largo delle coste libiche”, eppure molte cose non ci tornavano. Il fact-checking punto per punto

      http://www.vita.it/it/article/2017/11/21/ong-e-trafficanti-il-fact-checking-del-servizio-di-report/145183

    • “Report” su migranti, Libia e Ong: una puntata che viene da lontano

      Il 20 novembre il programma di inchiesta di Rai3 si è occupato di flussi migratori nel Mediterraneo. Ne è emerso quel che appare come un sostegno all’azione di governo a discapito delle organizzazioni umanitarie, sospettate di “tacito accordo” con i trafficanti. Ma il cuore del servizio sono immagini già trasmesse a “Porta a porta”, seppur del tutto rilette. Il ministro Minniti è assente

      https://altreconomia.it/report-migranti-libia-ong-puntata-viene-lontano

      v. aussi:
      https://www.tpi.it/2017/11/22/puntata-report-libia-non-racconta-verita-comment#r
      https://www.avvenire.it/attualita/pagine/ong-report-accusa-reuter-smentische

    • Dramma migranti, gli sciacalli «pescatori di motori»

      Li chiamano «pescatori di motori». Sono sciacalli, spiega il corrispondente dell’agenzia Reuters dall’Italia, Steve Scherer, testimone delle operazioni di soccorso di Sos Méditerranée nel maggio scorso. Parassiti armati contrastati da soccorritori disarmati. Vi proponiamo le sue immagini per la prima volta. -

      http://www.rainews.it/dl/rainews/media/pescatori-di-motori-c75c4161-e3d0-4399-bc9f-c088fdee60a1.html

    • La denuncia della Ong: «Soccorsi in mare ritardati per dare priorità ai libici, noi costretti a guardare impotenti»

      La nave Aquarius di Sos Méditerranée ha sbarcato a Catania questa mattina le ultime 421 persone salvate nel Mediterraneo in questo weekend di rinnovate partenze dalla Libia e la Ong denuncia: «Noi costretti ad osservare impotenti operazioni dei libici che riportano indietro le persone».

      http://www.repubblica.it/cronaca/2017/11/27/news/migranti_guardia_costiera_libica-182274317

    • Respingimenti in Libia, soccorsi ritardati, ONG ostacolate. Riflessioni sui fatti di novembre.

      Nei giorni 23 e 24 novembre il MRCC (centro di coordinamento dei soccorsi marittimi) di Roma – gestito dalla Guardia Costiera – imponeva alla nave Aquarius dell’ONG franco-italo-tedesca SOS Méditerranéee alla nave Open Arms dell’ONG spagnola Proactiva Open Arms di astenersi dal soccorrere alcune imbarcazioni in pericolo nelle acque internazionali del Canale di Sicilia, lasciando i relativi passeggeri in attesadell’arrivo delle autorità libiche. A queste, infatti,MRCC aveva affidato l’intervento, affinché riconducessero le persone in Libia.

      https://www.a-dif.org/2017/12/13/respingimenti-in-libia-soccorsi-ritardati-ong-ostacolate-riflessioni-sui-fatt

    • Mission Lifeline wehrt sich erfolgreich juristisch gegen „Identitäre“

      Der Verein Mission Lifeline e.V. hat sich gegen falsche Behauptungen erfolgreich juristisch zur Wehr gesetzt. Die fremdenfeindliche „Identitäre Bewegung“ darf Mission Lifeline nicht mehr als Schlepper-Organisation bezeichnen. Das entschied das Landgericht Dresden in einer einstweiligen Verfügung. Bei Zuwiderhandlung droht eine Strafe von 250.000 Euro. Der Sprecher der Hilfsorganisation, Axel Steier, sagte, das sei ein klares Signal an Neonazis, dass Hetze im Netz vom Rechtsstaat nicht geduldet werde. Die „Identitären“ müssen nun auch entsprechende Facebook-Einträge löschen.

      https://www.mdr.de/sachsen/dresden/mission-lifeline-wehrt-sich-gegen-sogenannte-identitaere-100.html

      Commentaire reçu par @FulvioVassallo:

      Un tribunale tedesco condanna i rappresentanti di Generazione identitaria in Germania al risarcimento dei danni per avere accusato di collusione con i trafficanti gli operatori umanitari impegnati in attivita’ di soccorso in acque internazionali nel mar libico. In Italia si utilizzano i servizi e le denunce di razzisti e xenofobi per criminalizzare le Ong anche nelle sedi giudiziarie. Solo fatti incontrovertibili.

    • Migranti. Dopo avere allontanato le Ong, la Libia abbandona i «soccorsi»

      Le autorità di Tripoli rinunciano a sorvegliare le acque internazionali. Prima ne rivendicavano il pieno controllo

      https://www.avvenire.it/attualita/pagine/tripoli-fa-arretrare-la-marina

      commento di Fulvio Vassallo:

      Fine di una tragica farsa. La zona Sar libica non e’ mai esistita. E adesso si svela la strumentalita’ del Codice di condotta per le Ong imposto da Minniti e la vera portata degli accordi stipulati il 2 febbraio scorso da Gentiloni e Serraj. Rimangono i processi contro le Ong, hanno ridotto gli arrivi ma il numero delle vittime rimane sui livelli degli scorsi anni. Continua la criminalizzazione mediatica che ha prodotto danni enormi che qualcuno prima o poi dovra’ risarcire. Hanno fatto fuori quasi tutte le Ong. Adesso ci vuole una missione internazionale di soccorso , nell’ assoluto rispetto del diritto internazionale. Diritto internazionale che impone anche la immediata sospensione degli accordi con il governo di Tripoli e con la sedicente Guardia Costiera libica.

    • Crise en Méditerranée : quand l’Union européenne barre la route aux migrants, et aux ONG

      On aurait tort d’idéaliser les ONG. Leur essor, depuis quelques décennies, et leur implications dans un vaste éventail d’actions humanitaires ont certes sauvé des vies et soulagé des souffrances, mais sans nécessairement déboucher sur des solutions pérennes. Toutefois, la société civile n’en est pas moins à l’origine de nouvelles manières de faire de la politique. Des impératifs aujourd’hui reconnus, comme la lutte contre les changements environnementaux ou la promotion des droits des femmes, ne sont pas nés dans la tête des gouvernements, mais dans celles de militants – qui à l’époque ont été considérés comme des utopistes, voire comme des menaces à l’ordre public.

      De ce point de vue, la crise en Méditerranée a vu se dessiner des partenariats nouveaux entre États et société civile, avec l’objectif de conjuguer la volonté de contrôle des gouvernements et la préoccupation humanitaire des ONG. Ces nouvelles formes de gouvernance témoignent peut-être d’une démocratisation de la frontière, qui ne serait plus un espace où des États souverains agissent en toute liberté, mais un lieu de coopération et de compromis entre acteurs étatiques et non-étatiques. Une telle démocratisation de la frontière constituerait un bouleversement de l’ordre établi – mais un bouleversement dont l’Europe, continent fondé sur le dépassement des frontières nationales, devrait s’enorgueillir.

      https://theconversation.com/crise-en-mediterranee-quand-lunion-europeenne-barre-la-route-aux-mi

    • https://mobile.twitter.com/MSF_ITALIA/status/946037913091002368/video/1

      Avec ce commentaire de Fulvio Vassallo su FB (27.12.2017) :

      Comportamento infame delle navi di Eunavfor Med e della Marina italiana presenti nel Mediterraneo centrale. Continuano a coordinarsi con la Guardia costiera di Tripoli ma scaricano sulle poche Ong rimaste il compito di soccorrere e portare a terra i migranti anche a costo di caricare 370 persone a bordo di una sola nave, cone Aquarius che non puo’ garantire a tutti in posto al caldo. Se avessero fatto operare le navi di Frontex e di Eunavfor Med, fino allo sbarco a Pozzallo o a Malta, magari attrezzando un ponte aereo verso l’Italia o altri paesi europei, adesso 373 persone tutte assai vulnerabili, donne abusate e bambini inclusi, sarebbero al caldo in un porto sicuro e non dovrebbero passare un’altra notte nel mare in tempesta. Dietro tutto questo tipo di assetti Sar decisi formalmente dal comando centrale del corpo delle capitanerie di porto IMRCC (Guardia costiera) si cela il cinismo del ministro dell’interno Minniti e dei suoi direttori generali che impongono il luogo di sbarco. Si avvalgono delle poche Ong che sono rimaste ma gli rendono la vita sempre piu’ difficile, magari in attesa di qualche incidente. Le loro parate umanitarie sono false come le affermazioni che esisterebbe una zona Sar libica o una Guardia Costiera libica capace di garantire la ricerca e il soccorso anche in acque internazionali. Andrebbero processati anche solo per questo. Ed invece i processi si fanno contro gli operatori umanitari.


    • Avec ce commentaire de l’image de Fulvio Vassallo sur FB (06.01.2017)

      Ecco dove era Aquarius alle 16 di oggi. Al centro allo stesso orario il percorso di Sea Watch distante almeno trenta miglia dal luogo del naufragio che le autorità di Tripoli e le Marina italiana stimano essere avvenuto a trenta-quaranta miglia a nord di Garabouli che si trova ad est di Tripoli mentre le navi delle due ONG erano ad ovest. Che la smettano di dare ricostruzioni pasticciate per nascondere le responsabilità di questa strage. Dove erano e perche’ non sono intervenuti gli assetti navali di Eunavfor Med. E’ notorio che una nave militare sviluppa tre volte la velocità di Sea Watch 3. Per le navi militari dopo l’avvistamento aereo doveva bastare una sola ora forse anche meno per intervenire. Da mesi delegano gli interventi alle poche Ong che sono rimaste in mare dopo la tempesta d’estate del codice Minniti ed il sequestro della Juventa ancora bloccata a Trapani.

      Pour commenter ce énième naufrage :
      Libya says at least 25 migrants drowned after boat capsizes

      A Libyan navy spokesman says at least 25 migrants have drowned off the North African nation’s coast while attempting to cross the Mediterranean to reach Europe.

      Brig. Gen. Ayoub Qassim says the migrants’ boat capsized and sank in international waters and that the Libyan navy did not have the resources to rush to their rescue.

      Qassim told The Associated Press on Saturday that the boat sailed off Garbouli, east of the Libyan capital, Tripoli, with more than 100 people on board. He speculated that bad weather conditions may have caused the boat to capsize.

      Chaos and lawlessness since a popular uprising turned into civil war in 2011 have turned Libya into a major transit point for migrants from the Middle East and Africa seeking to reach Europe.

      Copyright 2018 The Associated Press. All rights reserved. This material may not be published, broadcast, rewritten or redistributed.

      https://www.washingtonpost.com/world/africa/libya-says-at-least-25-migrants-drowned-after-boat-capsizes/2018/01/06/1a8771c8-f301-11e7-95e3-eff284e71c8d_story.html?sw_bypass=true

      –-> commentaire Fulvio Vassallo :

      Ancora una strage senza responsabile. Provato che Minniti ha fatto accordi con la Guardia costiera libica che dichiara adesso, dopo la farsa estiva sul Codice di condotta imposto alle OnG, di non potete intervenire nella zona Sar che il governo italiano voleva attribuire loro. Già questa circistanza incontestabile radica precise responsabilita’. A parte le ricostruzuoni fantasiose che fornisce il comando centrale della Guardia Costiera italiana.

    • I giorni della decimazione. Accordi su zone SAR ed abbandoni in mare.

      Ancora una strage in acque internazionali in occasione dell’intervento di un mezzo della guardia costiera libica. Il numero delle vittime di questa ultima strage aumenta di ora in ora. Cinquanta, forse cento. Persone, esseri umani, non numeri come stanno diventando nella narrazione collettiva. Un intervento chiamato soccorso, ma che ha avuto anche in questa occasione il carattere di una intercettazione. Le persone “soccorse” in alto mare sono state riportate a terra. Come previsto del resto dagli accordi conclusi con il governo italiano nel febbraio del 2017. Accordi sui quali il nostro ambasciatore a Tripoli esprime oggi una valutazione positiva.

      https://www.a-dif.org/2018/01/10/i-giorni-della-decimazione-accordi-su-zone-sar-ed-abbandoni-in-mare

    • Caos Mediterraneo : le manovre occulte di #Defend_Europe sull’indagine Iuventa

      Un link lega l’indagine sulla nave Iuventa con l’operazione della destra europea “Defend Europe”. È il contatto tra la società di sicurezza privata #Imi_Security_Service. Sono loro che per primi segnalano “talune anomalie del servizio di search and rescue svolto ad opera della Iuventa...


      http://m.famigliacristiana.it/articolo/caos-mediterraneo-quel-link-occulto-tra-defend-europe-e-l-operaz

    • Reçu via la mailing-list de Migreurop (via Sara Prestianni), le 16.03.2018:

      En ce moment le Gouvernement Italien nie l’accès aux ports italiens au bateau de sauvetage de l’ONG ProActive OpenArms qui a bord 216 migrants en conditions très précaires (après avoir fait débarquer les cas plus urgentes à Malta) comme punition du fait d’avoir refusé de donner les migrants aux libyens (une requete faite en eaux internationales sous menace des armes et sachant bien que la suite aurait été le retour à l’enfer d’où quel les migrants s’échappent)

      Voici une reconstruction de ce qui c’est passé dans le dernier 24h en Méditerranée (que je vous prie de lire en réference à l’article qui vient de passer sur la « formation » des Gardes cotes libyennes avec l’argent européen, qui marque la responsabilité juridique et politique de l’Italie et de l’UE dans ces violations systematiques des droits fondamentaux, dont le droit à la vie.

      Le jeudi 15 mars à 7.00 la centrale opérationnel des Gardes Cotes Italiennes ont contacté le bateau de l’ong espagnole ProActiva Open Arms qui opère en Méditerranée pour signaler un zodiac en détresse avec plus de 100 personnes à bord à 25 milles des cotes libyennes. Pendant que l’ong se rendait vers le zodiac, après 20 minutes les Gardes Cotes Italiens (GCI) d’interrompre la mission de sauvetage et de laisser le champ aux Gardes Cotes Libyens (GCL) qui devait coordonner l’opération.

      Une demi heure après un nouvel appel de Roma signale un bateau en détresse très proche du précédente, à 27 milles des cotes Libyennes en eaux internationales. Le bateau avait à bord 117 personnes et était en train d’embarquer de l’eau. Beaucoup de migrants à bord nécessitaient urgement de intervention médicale.

      Quand les opérations de sauvetage étaient presque terminées le bateau de l’ong OpenArms a été contacté via radio par les Gardes Cotes de Tripoli qui ont enjoint aux espagnols de consigner les migrants sauvés au bateau libyen. Les espagnols se sont refusés connaissant très bien les traitements réservés par les libyens aux migrants. C’est la quatrième fois - rappelle l’ong ProActiva Open Arms - que les libyens interfèrent avec les sauvetages violant les conventions internationales.

      Plus tard, toujours dans la journée de hier le bateau espagnol a participé à deux autres sauvetages et dans l’après-midi c’est trouvé à nouveau en difficulté avec les Gardes Cotes libyens à 70 milles des cotes de Tripoli (!). Après être intervenu en secours à un bateau de femmes et enfants Erythréens, les radeaux des espagnols ont été bloqué par les libyens qui ont menacé d’utiliser la force si les espagnols ne leur auraient pas donné les migrants. Un bateau libyen c’est positionné entre l’embarcation des migrants et celle de l’ong espagnoles empêchant aux radeaux de sauvetage qui étaient en train de distribuer les gilets de sauvetage de continuer à les sauver.

      Les libyens avec les armes pointées ont enjoint au bateau espagnol de ne pas bouger et ont menacé de conduire à Tripoli les radeaux de sauvetage. Les libyens ont menacé les espagnols de ouvrir le feu sur les volontaires si ils n’auraient pas remis les femmes et enfants aux libyens. Cette situation de tension a duré pour au moins deux heures jusqu’à quand les libyens se sont retirés. A bord du bateau espagnol 218 personnes.

      La même Ong a été la protagoniste que il y a quelques jours d’un autre tragédie : le 13 mars un jeun Erythréen Segen de 22 ans peu après le sauvetage est mort pour les souffrance subie leur de sa détention prolongé en Libye (19 mois enfermés). Quand il a débarqué à Pozzallo il pesait 35 kg avec son 1.70m de haute

    • La guardia costiera libica minaccia l’ong Proactiva Open Arms

      Alle 7 di giovedì 15 marzo la centrale operativa della guardia costiera italiana ha contattato la nave dell’ong spagnola Proactiva Open Arms per segnalare un gommone con più di cento persone a bordo in difficoltà a 25 miglia dalle coste libiche. La nave umanitaria si è diretta verso l’obiettivo indicato, ma dopo venti minuti un’altra chiamata da Roma ha chiesto agli spagnoli d’interrompere la missione e di lasciare il campo alla guardia costiera libica, che avrebbe dovuto coordinare l’operazione.

      Mezz’ora dopo un’altra chiamata da Roma ha segnalato un barcone in difficoltà, molto vicino al precedente: a 27 miglia dalla Libia, in acque internazionali. Le lance di soccorso di Open Arms sono intervenute e hanno trovato un gommone con 117 persone a bordo che stava riempiendosi di acqua, con diversi migranti in mare e alcuni che avevano bisogno di un immediato intervento dei medici.

      Sono stati soccorsi 109 uomini e otto donne. Intorno alle 10.30, quando i soccorsi erano ormai conclusi, l’imbarcazione di Open Arms è stata contattata via radio dalla guardia costiera di Tripoli, che ha intimato di consegnare i migranti soccorsi alla nave libica. Gli spagnoli hanno rifiutato. “Sappiamo che i libici hanno compiuto numerose azioni illegali, abusi e maltrattamenti ai danni dei migranti. Sappiamo anche che i libici non hanno giurisdizione in acque internazionali, anche se collaborano con l’Italia e l’Europa, quindi non abbiamo obbedito alla loro richiesta di trasferire i migranti”, spiega Riccardo Gatti, portavoce di Proactiva Open Arms.

      https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2018/03/16/guardia-costiera-libica-open-arms

    • Ong, nave di Proactiva bloccata nel Mediterraneo con 216 migranti a bordo

      L’imbarcazione della ong spagnola non trova un porto perché in modo inedito le autorità italiane in base al decreto Minniti vogliono la richiesta ufficiale dalla Spagna dato che la nave batte bandiera di Madrid. Ieri la stessa nave era stata minacciata dalla Guardia costiera libica

      http://www.vita.it/it/article/2018/03/16/scandalo-nel-mediterraneo-nave-di-ong-senza-porto-dove-attraccare/146274

    • Vu sur FB, publié par Yasmine Yaya le 16.03.2018 :

      Sergio Scandura di radio radicale scrive: "La Ong OpenArms è adesso ferma al largo di Malta con 218: ha chiesto l’evacuazione per diversi casi. Solo due, madre e figlio in gravissime condizioni, dovrebbero essere presi dai maltesi. Ancora complicata la vicenda del porto di sbarco. Manconi (da noi contattato): «per la prima volta l’Italia vorrebbe ora applicare una ’norma’, mai scomodata, secondo cui la Ong deve contattare il proprio stato bandiera per chiedere l’autorizzazione formale all’Italia per sbarcare». Questa nuova «linea» è stata comunicata da Minniti (via sms dal Niger) a Manconi, mentre cercava di risolvere la situazione di stallo in cui si trova la nave OpenArms, con 218 a bordo e con urgenze sanitarie e umanitarie. Nuova campagna ostile?

    • “Volevano i migranti, ci hanno puntato i mitra”

      La nave della Ong spagnola Pro Activa Open Arms ha subìto una grave azione di contrasto da parte della Guardia costiera libica durante il salvataggio di migranti in mare. Con i mitra spianati gli è stato intimato di consegnare ai militari libici le persone salvate. I soccorritori non lo hanno fatto e i 218 migranti sono stati portati a bordo. Da qui è cominciata un’odissea che vede la nave della Ong bloccata nel Canale di Sicilia. Le autorità italiane non consentono l’approdo nei porti italiani, nonostante la presenza a bordo di diverse donne e bambini, alcuni dei quali necessitano di cure mediche che solo in parte possono essere fornite dal personale a bordo. Solo una donna, con un neonato, in grave pericolo di vita, è stata trasportata a terra da una motovedetta maltese. Al momento, venerdì pomeriggio, la nave di Pro Activa è ferma, in attesa di un via libera che non arriva.

      http://www.radiopopolare.it/2018/03/migranti-pro-activa-open-arms-libia

    • Migranti, sequestrata nave ProActiva Open Arms: l’accusa è di associazione a delinquere

      L’imbarcazione della ong spagnola è sfuggita all’inseguimento di una motovedetta libica, rifiutandosi di consegnare le persone recuperate da un gommone. L’avvocato polemizza: «Hanno istituito il reato di solidarietà»

      http://palermo.repubblica.it/cronaca/2018/03/18/news/migranti_sequestrata_nave_proactiva_open_arms-191627299/?ref=twhr&timestamp=1521405434000

    • Zona SAR libica senza porti sicuri di sbarco. La Guardia costiera italiana contro il soccorso umanitario. Quanto valgono i diritti umani davanti ai tribunali ?

      Continua la serie di tentativi di intercettazione sotto minaccia delle armi da parte della sedicente Guardia costiera “libica” ai danni di gommoni carichi di migranti soccorsi dalle poche navi delle ONG ancora presenti nelle acque del Mediterraneo centrale. Tentativi che in precedenti occasioni, come il 6 novembre 2017, erano sfociati in “incidenti” che erano costati la vita di un numero imprecisato di persone. Eppure soltanto a dicembre scorso le autorità libiche dichiaravano di non potere effettuare interventi di ricerca e salvataggio nel vasto spazio compreso in quella che sulla carta si definisce come “zona SAR libica”.

      https://www.a-dif.org/2018/03/18/zona-sar-libica-senza-porti-sicuri-di-sbarco-la-guardia-costiera-italiana-con

    • Il grande inganno delle accuse a Open Arms: non esistono acque SAR libiche

      C’ è voluto un anno e una martellante campagna – istituzionale, politica, mediatica – per raggiungere l’ obiettivo. Togliere gli occhi che denunciano dal Mar Mediterraneo, allontanando le organizzazioni non governative impegnate nei salvataggi dei migranti partiti dalla Libia.

      Il sequestro della nave Open Arms e l’ avvio di indagini sull’ operato umanitario, accusando i volontari di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento della migrazione clandestina, sono appena gli eventi visibili di un cambio radicale di strategia sulla frontiera marittima sud dell’ Europa. Con una posizione del governo italiano quanto meno azzardata: affidare alla Libia la responsabilità dei salvataggi dei migranti in mare. Azione che vuol dire respingerli, rimandarli nell’ inferno gestito dalle milizie e dai trafficanti, riconoscendo una milizia denunciata solo un mese fa dalle Nazioni Unite.

      http://m.famigliacristiana.it/articolo/il-grande-inganno-delle-accuse-a-open-arms-non-esistono-acque-sa

    • Il caso #Cap_Anamur. Assolto l’intervento umanitario. E oggi ?

      Le motivazioni della sentenza di assoluzione nel caso Cap Anamur mettono bene in evidenza le responsabilità di chi volle montare il caso a livello politico internazionale per lanciare un messaggio dissuasivo verso gli interventi di salvataggio, un messaggio che negli anni successivi ha causato migliaia di morti.
      Le stesse motivazioni enunciano principi di diritto, come il principio di non respingimento e l’obbligo di condurre i naufraghi in un “place of safety”, e non nel porto più vicino, che rischiano di essere ancora violati dalle autorità italiane con la prassi dell’indicazione della Guardia costiera libica come autorità SAR competente per azioni di ricerca e soccorso in acque internazionali, ben distanti dal limite delle acque territoriali libiche. Una Guardia costiera “libica” che lo scorso anno non ha esitato a sequestrare due operatori umanitari intenti a salvare vite umane in acque internazionali, e che ricorre regolarmente alle armi per intercettare e fermare le imbarcazioni cariche di migranti e le navi o i battelli delle ONG che prestano loro assistenza in acque internazionali.
      La vicenda Cap Anamur, e soprattutto la situazione di incertezza allora esistente sula individuazione del porto di sbarco portò ad una importante integrazione del diritto internazionale del mare. Una particolare considerazione merita ancora oggi la problematica relativa a ciò che debba intendersi per conduzione della persona salvata in luogo sicuro (place of safety). Infatti, è dal momento dell’arrivo in tale luogo che cessano gli obblighi internazionali (e nazionali) relativamente alle operazioni di salvataggio, che pertanto non si esauriscono con le prime cure mediche o con la soddisfazione degli altri più immediati bisogni (alimentazione etc.). Una questione che si ripropone ancora oggi con il sequestro della nave umanitaria di Proactiva “Open Arms” e con la incriminazione del comandante, del Coordinatore delle operazioni di soccorso e del Direttore dell’associazione spagnola, con sede a Barcellona. Tutti hanno potuto vedere le condizioni dei migranti soccorsi da questa nave e sbarcati a Pozzallo. Eppure per qualcuno non ricorrerebbe lo stato di necessità, e sarebbe stato meglio affidarli alla Guardia costiera libica.


      https://www.a-dif.org/2018/03/19/il-caso-cap-anamur-assolto-lintervento-umanitario-e-oggi

    • Il grande inganno delle accuse a Open Arms: non esistono acque SAR libiche

      C’è voluto un anno e una martellante campagna – istituzionale, politica, mediatica – per raggiungere l’obiettivo. Togliere gli occhi che denunciano dal Mar Mediterraneo, allontanando le organizzazioni non governative impegnate nei salvataggi dei migranti partiti dalla Libia.

      Il sequestro della nave Open Arms e l’avvio di indagini sull’operato umanitario, accusando i volontari di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento della migrazione clandestina, sono appena gli eventi visibili di un cambio radicale di strategia sulla frontiera marittima sud dell’Europa. Con una posizione del governo italiano quanto meno azzardata: affidare alla Libia la responsabilità dei salvataggi dei migranti in mare. Azione che vuol dire respingerli, rimandarli nell’inferno gestito dalle milizie e dai trafficanti, riconoscendo una milizia denunciata solo un mese fa dalle Nazioni Unite.

      http://www.famigliacristiana.it/articolo/il-grande-inganno-delle-accuse-a-open-arms-non-esistono-acque-sar-

    • Italy: Targeting of NGO rescue ship displays “reckless disregard for common decency”

      Following yesterday’s seizure of a Spanish NGO rescue boat by the Italian authorities and the investigation of its crew for "criminal conspiracy aimed at facilitating illegal immigration” after they refused to hand over to the Libyan Coast Guard refugees and migrants rescued in international waters over 70 nautical miles off the Libyan coast, Amnesty International’s Campaigns Director for Europe, Fotis Filippou said:

      “By requesting the Libyan coastguard to coordinate rescue and then impounding the NGO ship that refused to hand over the refugees and migrants, the Italian authorities have shown a reckless disregard for common decency. Rather than being criminalized for trying to save refugees and migrants who have fled horrific detention conditions and systematic human rights abuses in Libya, NGOs saving lives at sea should be supported.

      https://www.amnesty.org/en/latest/news/2018/03/italy-targeting-of-ngo-rescue-ship-displays-reckless-disregard-for-common-d

    • Communiqué du gisti du 20.03.2018

      Garde-côtes libyens vs ONG : l’Italie et l’UE ont choisi leurs alliés

      Depuis fin 2016, l’Italie – soutenue par l’UE – a initié une double stratégie pour mettre un terme aux arrivées de personnes migrantes par la Méditerranée centrale : criminaliser les secours citoyens, et faire à nouveau de la Libye le gendarme de l’Europe. Ces deux dimensions se sont accentuées au cours de l’été 2017 avec l’imposition d’un « code de conduite » aux ONG et la mise sous séquestre des bateaux des organisations récalcitrantes. Dans le même temps, des navires militaires italiens étaient déployés dans les eaux territoriales de la Libye, laquelle déclarait unilatéralement sa zone de recherche et de sauvetage (SAR) interdite aux navires étrangers non autorisés, singulièrement ceux des ONG.

      Au cours des derniers jours, cette double stratégie a franchi une nouvelle étape. Le 15 mars 2018, l’ONG espagnole de secours en mer Proactiva Open Arms, mène plusieurs opérations de sauvetage dans les eaux internationales au large des côtes libyennes. L’ONG est alors contactée par les garde-côtes de Tripoli, qui lui ordonnent de transférer les personnes migrantes secourues sur un de leurs navires. Connaissant les privations de liberté et les sévices dont sont victimes les boat people réacheminés en Libye, l’équipage refuse de les livrer. Après plusieurs heures de fortes tensions au cours desquelles les garde-côtes libyens italiens, armes à la main, menacent l’équipage du Proactiva Open Arms, ceux-ci se retirent finalement. L’ONG espagnole se dirige alors vers l’Italie pour y débarquer en toute urgence les 216 personnes secourues et reçoit l’ordre de débarquer les exilé.e.s à Pozzallo (Italie), pour qu’ils soient acheminés au hotspot. Le 19 mars, le procureur de Catane ordonne l’immobilisation du bateau dans le port et procède à sa saisie. Suite au refus de l’ONG de remettre les personnes secourues aux garde-côtes libyens, une enquête a été ouverte et trois membres de l’équipage sont poursuivis, semble-t-il, pour « association criminelle visant à faciliter l’immigration clandestine ».

      Si les ONG de secours en mer gênent tant, c’est qu’elles constituent l’ultime verrou empêchant les garde-côtes libyens d’intercepter les personnes migrantes en toute impunité, et qu’elles permettent de témoigner du sort réservé à celles et ceux qui échappent à l’enfer libyen. En finançant [1], équipant, et coordonnant les activités des garde-côtes libyens pour renvoyer les personnes interceptées vers des sévices que certains dirigeants européens ont eux-mêmes, comble de l’hypocrisie, qualifié de « crimes contre l’humanité » [2], ceux-ci s’en rendent complices. C’est pour tenter d’enrayer cette politique que les réseaux Migreurop et Euromed Droits défendent le respect du droit international (dont le droit d’asile) la liberté de circulation pour toutes et tous (dont le droit de quitter tout pays, y compris le sien - article 13 de la Déclaration universelle des droits de l’Homme), et soutient celles et ceux qui sont accusé.e.s de délit de solidarité.

      20 mars 2018
      Organisations signataires :

      EuroMed Droits
      Migreurop

    • Europe’s new anti-migrant strategy? Blame the rescuers

      It was the Ark Explorer’s low “freeboard,” the distance between the ship’s deck and the waterline, that saved the rusted, ageing trawler from the wrecker’s yard. The Ark’s low clearance had helped fishermen haul netfuls of cod and herring out of the freezing North Sea for half a century. It also looked about right for fishing refugees out of the Mediterranean.

      In May 2016, the Dutch-flagged 158-tonner was bought by a collective of German political activists called Jugend Rettet (“Youth Rescue”), who wanted to save lives and protest Europe’s migration policies in the Central Mediterranean. Refitted and rechristened the Iuventa, the old trawler and its young crew went on to rescue more than 14,000 people over the following 14 months, taking most of them ashore in Italy.

      Together with professional search and rescue operatives and doctors from charities such as Médecins Sans Frontières (MSF), the mounting death toll in the Mediterranean has drawn a new generation of activists away from anti-globalisation protests and on to the high seas. Among them was Julian Koeberer, a bearded, well-mannered film student from Frankfurt, who set off to shoot a film about refugees for a film school diploma and found himself drawn to volunteer on the Greek island of Lesbos in 2015.

      The diploma remains unfinished. Koeberer and the rest of the Iuventa crew criss-crossed the Mediterranean for a year, earning a reputation as the hardest-charging, biggest risk-takers among the 13-boat flotilla operated by different NGOs. The Iuventa was renowned for radical politics and a willingness to load as many refugees as it could fit on deck.

      But a call in July 2017 from Rome’s Maritime Rescue Co-ordination Centre (MRCC), which directs most, if not all, high seas rescues off Libya, marked the beginning of the end. The Rome MRCC asked the Iuventa to move towards co-ordinates in international waters off the coast of Libya, where it said a small dinghy required assistance. By the time it reached the scene an Italian coastguard vessel had already intercepted the dinghy and the two Syrians aboard had been rescued. The Italians asked the Iuventa to transport the Syrians towards Italy.

      In the event of a major shipwreck, the coastguard vessel was a larger and more important asset in the search and rescue zone, so it made sense for the Iuventa to take the Syrians north. The crew thought that they would only have to travel a few nautical miles and pass them on to another vessel, before returning as quickly as possible to southern waters to continue their work. But every northbound ship they contacted mysteriously declined to take the rescued men and the Iuventa found itself approaching the island of Lampedusa. They tarried just outside the 12-mile line that marks Italian territorial waters and asked authorities to send a launch to collect the Syrians.

      Instead, the instruction came back telling them to come into port. But as soon as they entered territorial waters at around midnight, their ship was met by five Italian vessels—including the same coastguard craft that had handed over the Syrians in the first place, but had claimed to be too busy to head north. It was a trap.

      “To be honest neither me or anyone else in the crew suspected we were going to be seized,” said Koeberer. “We found the way we were brought into port very strange but we thought that this would be like the other three times that Iuventa was brought into port in Lampedusa.”

      They were wrong. The 13-member crew were taken onshore for questioning, while police searched their ship with a warrant signed by a judge the previous day. The warrant indicated the police were searching for a gun. No firearms were found and the closest thing to a violation turned up during the search was some incorrectly stowed medicines. Nonetheless, the Iuventa was impounded. After the crew were able to get a lawyer, the reason they had been arrested became clear. A crew of humanitarians who had spent more than a year on the Mediterranean rescuing migrants was handed a 150-page indictment, which accused them of colluding with people smugglers.

      Much of the charge sheet focuses on accusations that smugglers met with the Iuventa and were seen to drop off migrants and then leave again. The crew deny the claims and have found photographs from the dates mentioned which show that, far from being on its own at a high seas meeting point, the Iuventa was at the same location as a European Union naval vessel, an Italian helicopter and other rescue boats.

      In the days that followed, the crew discovered that they had been the subjects of a far-reaching investigation, one that deployed undercover informants, covert surveillance and multiple law enforcement agencies, including justice officials associated with anti-mafia campaigns. They found out that the bridge of their trawler had been bugged since May, when listening devices had been planted by Italian police under the guise of an inspection in Lampedusa.

      Far from establishing collusion, the worst thing the bridge mic caught was one Iuventa crew member talking about a sticker with a slogan against the maritime authorities, which read “Fuck the MRCC.”

      Italy’s intelligence services had informants on another NGO rescue boat, the Vos Hestia, chartered by the UK-based charity Save the Children. Instead of targeting the smuggling kingpins, Italian prosecutors and the intelligence services—at times in league with far-right politicians and activists—had turned on the life-saving NGOs. How, and why, had this happened?

      Enter the NGO armada

      The first three months of 2017 will be remembered as the high point of an extraordinary period during which NGOs like Youth Rescue took the lead in saving the lives of migrants in the central Mediterranean. Of the nearly 180,000 people rescued between north Africa and Europe during 2016, more than a quarter were saved by NGOs: 10,000 more than either the Italian navy or coastguard. At the peak, nine humanitarian groups were operating more than a dozen search and rescue vessels of varying sizes, plus two spotter planes.

      The NGOs had stepped into the breach after Italy abandoned Mare Nostrum, the only state-led rescue operation in the Mediterranean in 2014, due to a lack of financial support from its European allies. Mare Nostrum was replaced in time with the EU-led Operations Triton and Sophia, both of which were dedicated to security and counter-smuggling rather than rescue.

      The prominence of the NGOs evoked public sympathy to begin with. But a backlash quickly followed as unease over immigration came to dominate Italian politics—ultimately having a major influence on the election in early March.

      At the heart of the campaign to attack the NGOs was a controversial Dutch think tank, the Gefira Foundation, which espouses a far-right “identitarian” philosophy. It alleged that rescue NGOs were in actual collusion with Libyan smugglers. In December 2016, it claimed to have uncovered unspecified proof of illegal activity by what it called the “NGO armada.” Gefira also understood that posing the right question could be more effective than presenting evidence: “They all claim to be on a rescuing mission, but are they?”

      The mounting hysteria attracted the far-right group Defend Europe, which says the continent is threatened with Islamification. Defend Europe raised enough money to charter its own boat to hamper rescue operations. Its mission amounted to little more than attaching some stickers on the hull of one NGO rescue craft.

      But the grandstanding attracted former Daily Mail writer Katie Hopkins, who met the crew and praised them as “young people… shining a light on NGO people traffickers.” The campaign proved effective, seeping into the mainstream, fanned by right-wing politicians and activists. Carmelo Zuccaro, a prosecutor in the Sicilian port city of Catania, announced a task force to investigate the rescuers in February 2017. His questions echoed Gefira: “Do these NGOs all have the same motivations? And who is financing them?” he asked.

      One month later Luca Donadel, an Italian student, posted an eight-minute video on Facebook accusing the NGOs of profiting from the rescue of migrants at sea. Donadel’s “The truth about migrants” included falsified information about how close to the Libyan shore some rescue boats had sailed. It was widely viewed and picked up unquestioningly by newspapers and broadcasters in Italy. The unsubstantiated claims were amplified by leaders of the two leading opposition parties that cleaned up in March’s election: the populist 5-Star Movement and the hard-right Northern League, who labelled the NGOs as “sea taxis” for migrants.

      In July, prior to the seizure of the Iuventa, the pressure on the rescue boats was stepped up by Italy’s announcement of a new code of conduct to regulate their actions. The code had begun as a dry technical exercise by Italy’s coastguard to establish common practices for NGO vessels but it quickly became political when it was taken over by Marco Minniti, the ambitious interior minister. A social democrat in the Partito Democratico (PD), Minniti is typical of migration hawks on the centre left—such as former French prime minister Manuel Valls—who argue that nativist posturing is necessary to see off more chauvinist populists.

      Minniti’s new version of the code contained controversial requirements such as proscribing the use of phones and flares and banning the transfer of rescued people to other ships to be taken to Italy, methods which were central to NGO rescue practices. MSF, who operated its own rescue ship, warned that the code “would mean less time in the rescue zone” and “more drownings.” Minniti, who was previously the political head of Italy’s intelligence services, threatened to close Italy’s ports to rescue ships who did not sign.

      The hijacking of the code by the interior ministry triggered an angry row between Minniti and Italy’s more cautious transport minister, Graziano Delrio, to whom the coastguard reports. “We are talking about rescue at sea, which is governed by international law, not by the politics of migration control,” Delrio told Italy’s Repubblica newspaper.

      Roughly half of the NGOs signed the code but its real importance, according to Pierluigi Musarò, a professor and an expert on borders and migration with the University of Bologna, was the way it enabled the government to “legitimise” suspicion of the humanitarians. “For five months all we saw were images of collusion and you cannot compare the power over the media that political parties and the government have with the power of the NGOs.”

      In 2014, just 3 per cent of Italians considered immigration a major concern. By the time Italy went to the polls in March, that figure had climbed above one third.

      The fall of Gaddafi in 2011 and the country’s descent into chaos gradually saw Libya once again emerge as the main departure point for Europe. In 2013 40,000 people made the crossing, fuelled in part by African migrants escaping the civil war in Libya. By 2014 the flows into Italy from Libya passed 170,000.

      Traffic through the route varies according to the crises elsewhere and includes Nigerian women trafficked out of poverty into Europe’s sex trade; Eritreans fleeing perpetual national service at home; Somalis fleeing war; and West Africans who in the past might have migrated through legal channels that are now closed.

      Italy’s southern most island, Lampedusa, is the closest European territory to Libya—only 180 miles away—something which its former ruler Muammar Gaddafi was only too aware of. As far back as 2008 the Tripoli regime allowed some 40,000 migrants to reach Lampedusa, in a flow that was only halted when Italy agreed an expensive deal with Libya’s leader.

      Italy’s response to the influx began generously but soon soured when Rome realised that its European partners were happy to treat the Central Mediterranean route as an Italian problem. During the humanitarian days of Mare Nostrum, Italy’s navy were lionised as lifesavers in films on national television. As the flows of people got larger and the EU help failed to materialise, attitudes hardened and nativist voices in the media and politics shouted down their humanitarian counterparts.

      Gradually the government strategy returned to the Gaddafi-era imprint: boats and funding for a Libyan coastguard whose main job was to intercept boats before they could reach international rescuers and by extension Italy. After initially standing up to the Minniti agenda, Rome’s MRCC recently began to order the remaining NGO missions to stand aside and allow the Libyan coastguard to intercept migrant boats and return them to Libya.
      The place of militias

      The EU’s overwhelming political priority of reducing sea crossings from north Africa has pushed it into an ever closer relationship with the loose-knit collection of militias that make up the Libyan coastguard. The UN arms embargo on Libya has prevented the EU directly supplying armed patrol boats to the Libyans, so the focus has been on training—but the mission has been far from straightforward.

      Training began in October 2016 with Libyans divided between the Italian vessel San Giorgio and the Dutch ship Rotterdam. Among the nine translators hired for the mission was Rabhi Bouallegue, a Tunisian now living in Palermo. He said trainees told him of routine collusion between the coastguard and smuggling gangs. The translator said one member of the Libyan team aboard the Rotterdam requested asylum from the Dutch in return for naming a smuggling kingpin who was also in effective control of the coastguard in the Libyan port city of Sabratha. (EU naval mission officials have repeatedly declined to comment on the claim.) The Libyans also complained to him that they had not been paid by their government for eight months.

      After the first phase, the Libyans returned home briefly before being collected for more training by the San Giorgio from the Libyan port of Misrata in early December 2016. The amphibious transport ship was delayed for several days as the trainees went on strike; the personnel were under pressure from their families to demand bonuses equivalent to the bribes they previously received from smugglers.

      A lot rests on the distinction between smugglers and coastguards. But it simply does not exist in the case of Abdurahman al-Milad. The 29-year-old head of the coastguard in the Libyan port city of Zawiya was first identified as the area’s main smuggler by Italian investigative reporter Nancy Porsia. Despite being named in the UN panel of experts report in June for involvement in smuggling activities and for firing on migrant and charity-operated boats, he continues to make a show of his wealth.

      On his Facebook page he posted photographs of a high-end, black and red powerboat, mounted with four 250-horsepower engines, bearing the legend “Baltic Pirates” on the side. He also shows off an invitation for a training course hosted by the Swiss government and the UN Migration Agency, billed as “promoting life-saving in maritime operations by the Libyan coastguard.”

      Last year ended with a one-third reduction in the number of sea crossings in the Central Mediterranean that was trumpeted in much of the EU as a success. But this owed more to a series of murky deals between Italy and armed groups with smuggling links, as local sources in Libya’s main smuggling ports have confirmed. The tactic has led to renewed fighting among rival groups hoping to profit from Europe’s willingness to pay to stop migrants crossing.

      The impact of the smear campaign that fed the mood in which the Iuventa was seized has also led to a sharp drop in public donations to the NGOs. Long-trusted charities like MSF have seen public donations drop by as much as 20 per cent in 2017 and all but a handful have withdrawn. Avowedly non-political groups like the Malta Offshore Aid Station (MOAS) have simply ceased operations, citing threats and reputational damage. Save the Children ended its operations, while MSF ended its charter of a vessel and now limits itself to providing a medical team aboard the French mission, SOS Mediteranee.

      Today, the Iuventa is quietly rusting into the dock at Trapani, the Sicilian port where it has been impounded. Its future is the subject of a legal case that could establish a dangerous precedent for non-governmental missions. An appeal hearing is due in April and the activists have been told that the vessel is being held not because a crime has willingly been committed, but as a preventative measure against possible future crimes.

      The outlines of a deliberate plan to “drain the Mediterranean” of non-governmental actors are now clearly visible. The fate of the Iuventa is not about 13 left-wing activists getting their boat back. It is about Italy establishing jurisdiction over all actions taken in international waters that result in illegal entry into Italian territory. It would make smugglers out of rescuers and mean any rescue boat that successfully prevents people from drowning could be seized.

      If Italy succeeds in court it will be another sign of the increasing authority of interior ministries around the EU, who now direct the bloc’s foreign policy. For those who want to use international waters to challenge the increasingly inward-looking, xenophobic tide of Europe’s politics, it will be a critical defeat. The arrival of spring will bring an increase in the number of refugees and migrants attempting the crossing, while those who would rescue them face challenges from governments and public scepticism fuelled by a smear campaign. The odds of survival for those wanting to start a new life in Europe will be even longer.

      https://www.prospectmagazine.co.uk/magazine/europes-new-anti-migrant-strategy-blame-the-rescuers

    • Les vicissitudes de Pro Activa Open Arms sur un site des identitaires. Voici leur point de vue:

      Pro Activa Open Arms NGO boat seized under the accusation of cooperating with smugglers

      A Spanish NGO called Pro Activa Open Arms allegedly violated international laws and certain treaties and as a consequence, the Italian authorities seized their boat in the Sicilian city of Pozzallo. The accusation of the prosecutor, Carmelo Zuccaro, leaves no doubts: Pro Activa Open Arms has been accused of cooperating with smugglers for illegal practices of immigration.

      The Spanish NGO was recently caught in a scandal with the Lybian authorities, the Spanish refused to give up the migrants they had onboard to the Lybian coast guard which in response threatened to open fire on them. The same migrants that the Spanish activists decided to bring to the Italians coasts while violating international laws and other treaties.

      This isn’t the first time NGOs are caught working with smugglers and facilitating mass immigration, this kind of behavior is what motivated the identitarian movement Generation Identity to start the campaign Defend Europe, last summer. During the mission, the identitarian activists monitored the actions of various NGOs and provided solid proof that many of them were committing crimes such as facilitating migration and working with smugglers.

      The Spanish NGO might finally answer to their illegal actions, while Zuccaro is already under fire of certain leftists who are calling him cruel and soulless: “How could an NGO ever commit a crime, they are the good guys for human rights!”.

      NGOs have been doing what they want for the last year and the weak Italian government has let them do it. Hopefully, this is a start and from now on Italian authorities will be stricter and punish all the NGOs violating treaties and international laws.

      https://www.defendevropa.org/2018/migrants/migrant-crisis/pro-activa-open-arms-ngo-boat-seized-under-accusation-of-cooperating-w

    • Sequestro Open Arms, il capomissione: «Rifaremmo quello che abbiamo fatto»

      Intervista a Riccardo Gatti alla guida di metà delle missioni in mare dell’ong Proactiva Open Arms, la cui nave è sotto sequestro a Pozzallo da domenica scorsa. «È assurdo questo attacco indiscriminato a chi salva vite umane, la nostra coscienza è del tutto a posto e provo vergogna per quanto si è caduti in basso, la solidarietà non è un reato»

      http://www.vita.it/it/article/2018/03/21/sequestro-open-arms-il-capomissione-rifaremmo-quello-che-abbiamo-fatto/146320

    • Un film sur le sujet, je ne crois pas qu’il a été présenté ici :

      Another News Story
      #Orban_Wallace (Royaume-Uni, 2017, 90’)
      http://www.anothernewsstory.com

      Avec une petite description en français ici :
      http://cineuropa.org/nw.aspx?t=newsdetail&l=fr&did=331077

      L’objectif de la caméra se concentre sur les journalistes qui documentent la crise alambiquée des réfugiés, un devoir éthique complexe. Nous sommes habitués aux images bouleversantes diffusées par des chaînes de télévision motivées par l’audimat, mais comment ces fragments de vie sont-ils capturés ? Que se passe-t-il réellement derrière la caméra ?

      #Cinéma #Documentaire

    • Respect migrant-rescue conduct code - EU (2)

      Brussels, March 19 - European Commission Spokesperson Natasha Bertaud called for Italy’s code of conduct for migrant search-and-rescue operations in the Mediterranean to be respected after as ship run by the Proactiva Open Arms NGO was seized by Italian prosecutors. “There is an Italian code of conduct that aims to avoid these situations,” Bertaud said. "We call on all parties to respect it in future.
      "We have been closely following the case since Friday and we are in contact with the Italian authorities.
      “Specifically, (Migration and Home Affairs) Commissioner (Dimitris) Avramopoulos has spoken to (Italian Interior) Minister (Marco) Minniti”.

      http://www.ansa.it/english/news/politics/2018/03/19/respect-migrant-rescue-conduct-code-eu-2_b8bc07a1-e5e2-4b71-99a4-e21a6e3733ec.h

    • COMMUNIQUE « SOS MEDITERRANEE préoccupée face à une nouvelle étape franchie dans la criminalisation de l’aide humanitaire en mer, exprime sa solidarité envers les sauveteurs d’Open Arms. »

      Ce jour, mercredi 21 mars, l’Aquarius, affrété par SOS MEDITERRANEE et opéré en partenariat avec Médecins Sans Frontières (MSF), navigue vers la zone de recherche et de sauvetage (SAR) après son escale régulière en Sicile. L’Aquarius sera le seul navire d’ONG actif en Méditerranée centrale après la saisie par les autorités italiennes à Pozzallo du navire Open Arms de l’ONG ProActiva, réduisant ainsi les ressources déjà insuffisantes de recherche et de sauvetage disponibles sur la route maritime la plus meurtrière au monde. Les derniers événements qui ont touché l’ONG de recherche et de sauvetage "ProActiva Open Arms" sont très préoccupants pour les activités de sauvetage en mer, et auront seulement pour conséquence la multiplication des morts dans cette zone.

      Suite à la saisie d’Open Arms, un seul navire d’ONG reste actif en mer

      Les ONG de recherche et de sauvetage travaillent dans un environnement dans lequel les ressources sont de plus en plus rares et le contexte sécuritaire complexe, face à l’une des crises humanitaires les plus tragiques aux portes de l’Europe. Pendant des mois, SOS MEDITERRANEE a travaillé aux côtés de ProActiva dans la zone de recherche et de sauvetage dans les eaux internationales au large des côtes libyennes. Tout l’hiver, Open Arms et l’Aquarius ont été les seuls navires d’ONG à mener des opérations de recherche et de sauvetage en mer en continu, combinant leurs ressources à de multiples reprises afin de sauver des vies sous la coordination du Centre de coordination des secours en mer de Rome (IMRCC). A la suite de la saisie du navire Open Arms dimanche 18 mars, SOS MEDITERRANEE affrète désormais le seul navire dédié à la recherche et au sauvetage à patrouiller dans la zone SAR, ce qui n’est clairement pas suffisant par rapport aux besoins.

      Augmentation des bateaux en détresse interceptés et ramenés en Libye

      Au cours des derniers mois, l’Aquarius a été de plus en plus souvent témoin d’interceptions de bateaux en détresse par les garde-côtes libyens dans les eaux internationales. Les rescapés sur l’Aquarius ont témoigné à plusieurs reprises du fait que les interceptions par les garde-côtes libyens augmentaient les risques de naufrage et de noyade. De plus, ces interceptions séparent des familles et ramènent les naufragés dans « l’enfer libyen » qu’ils tentaient justement de fuir.

      Les garde-côtes libyens n’appartiennent pas à un centre de coordination des opérations de sauvetage maritime et aucune zone libyenne de recherche et de sauvetage n’a jamais été légalement établie par l’Organisation maritime internationale (IMO). De plus, en Libye, aucun port ne peut être considéré comme un port sûr (port of safety) comme l’exige le droit maritime international pour débarquer les personnes secourues.

      SOS MEDITERRANEE appelle les Etats européens à garantir des activités de sauvetage en mer transparentes, légales, sûres et renforcées

      Depuis le début de sa mission en mer, SOS MEDITERRANEE n’a cessé de renouveler son appel à l’Union européenne pour fournir des ressources spécifiquement consacrées à la recherche et au sauvetage dans la zone. En attendant, SOS MEDITERRANEE fait face à des opérations de plus en plus complexes dans un contexte où le professionnalisme, la sécurité et la sûreté sont d’une importance majeure. À plusieurs reprises au cours des dernières semaines, la confusion dans la coordination des sauvetages dans la zone SAR a sérieusement mis en péril la sécurité des personnes en détresse et des équipes de recherche et de sauvetage.

      « La saisie d’Open Arms et les enquêtes criminelles lancées à l’encontre de ProActiva Open Arms constituent des développements très préoccupants pour les activités de sauvetage en Méditerranée centrale. SOS MEDITERRANEE, préoccupée face à une nouvelle étape franchie dans la criminalisation de l’aide humanitaire en mer, exprime sa solidarité envers les sauveteurs d’Open Arms. Aujourd’hui, l’Aquarius est le seul navire de sauvetage présent en Méditerranée centrale. Jusqu’à quand ? », a déclaré Francis VALLAT, président de SOS MEDITERRANEE France.

      http://www.sosmediterranee.fr/journal-de-bord/CP-Openarms-21-03-2017

    • Il n’y a plus de morts en Méditerranée

      La tension continue en Méditerranée entre gouvernements et ONG d’aide aux migrants : le bateau d’une ONG espagnole a été arraisonné en Italie, pour avoir sauvé des réfugiés. Dans "le monde à l’envers", on pourra bientôt dire "il n’y a plus de morts en Méditerranée", puisqu’il n’y aura plus personne pour les voir.

      C’est le principe du « pas vu, pas pris ». Impossible d’affirmer que quelqu’un est mort s’il n’y a personne pour le constater…

      https://www.franceinter.fr/emissions/la-chronique-de-jean-marc-four/la-chronique-de-jean-marc-four-21-mars-2018
      #témoins

    • In piazza per sostenere Proactiva Open Arms. «Ci sentiamo meno soli»

      Anche a Roma, oltre che in altre città, un presidio organizzato in sostegno dell’ong spagnola da attivisti e volontari. Nella capitale presente Riccardo Gatti, capo missione di Proactiva Open Arms. “Quello che sta succedendo è assurdo, ridicolo e tragico al tempo stesso”

      http://www.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/570935/In-piazza-per-sostenere-Proactiva-Open-Arms-Ci-sentiamo-meno-soli

    • Una battaglia navale vista dalla cucina della #Open_Arms

      Cuoco, romano, 34 anni: Lorenzo Leonetti ha cominciato a stare dietro ai fornelli undici anni fa. Di solito gestisce la cucina del Grandma bistrot al Quadraro, un quartiere popolare di Roma. La sua specialità sono i piatti dell’Europa orientale come il gulasch o il pileći batak, un piatto a base di pollo che ha imparato a cucinare quando viveva in Ungheria e viaggiava spesso attraverso i Balcani.

      Quando, qualche mese fa, ha risposto all’annuncio di un’organizzazione umanitaria spagnola che cercava un cuoco per la cambusa della sua nave, non pensava che sarebbe finito nel mezzo di un confronto con la guardia costiera libica, a 73 miglia dalle coste del Nordafrica. Invece, il 15 marzo 2018, Leonetti si è ritrovato a bordo dell’imbarcazione dell’ong Proactiva Open Arms, fermata per due ore dai guardacoste libici nel Mediterraneo mentre cercava di soccorrere un gruppo di migranti.

      “Dall’oblò della cucina ho visto la motovedetta libica arrivare a tutta velocità e sono salito di corsa sul ponte per capire cosa stava succedendo”, racconta. Sono cominciate fitte comunicazioni via radio tra i volontari, che avevano già recuperato alcune donne e bambini, e la nave spagnola, che era a pochi metri dalle lance di soccorso. “Avvisate Roma, i libici ci stanno minacciando”.

      https://www.internazionale.it/reportage/annalisa-camilli/2018/03/24/open-arms-sequestro

    • Sauvetage en mer : l’Aquarius est le seul navire humanitaire en Méditerranée

      L’Aquarius patrouille dans ce qu’on appelle la « SAR zone » (Search and Rescue), la zone de recherche et de sauvetage, au large de la Libye, dans les eaux internationales. Cette zone maritime s’étend sur 60 000 km2.

      Où sont les autres navires humanitaires ?

      –Le #Vos_Hestia, de l’ONG Save the Children a cessé sa mission en octobre 2017

      –Le #Seefuchs, de l’ONG Sea-Eye, est en réparation à Malte

      –Le #Golfo_Azzurro, de l’ONG ProActiva, a cessé sa mission depuis l’été dernier

      –Le #Minden, de l’ONG Lifeboat, a cessé sa mission depuis l’été dernier

      –Le #Sea_Watch_3, de l’ONG Sea Watch, est en réparation à Barcelone

      –Le #Iuventa, de l’ONG Jugend Rettet a été saisi par les autorités italiennes et immobilisé depuis

      –Le #Open_Arms, de l’ONG ProActiva, a été saisi par les autorités italiennes et immobilisé depuis

      –Le #Phoenix, de l’ONG Moas, est parti l’été dernier porté secours aux Rohingyas au large de la Birmanie

      –Le #Life_line, de l’ONG Mission Lifeline, est en réparation

      http://www.infomigrants.net/fr/post/8247/sauvetage-en-mer-l-aquarius-est-le-seul-navire-humanitaire-en-mediterr

    • Crolla l’accusa a Open Arms, ma dietro i Libici c’è la Marina Militare italiana

      27/03/2018 Caduta l’ipotesi di reato di associazione per delinquere. L’inchiesta viene tolta alla Procura di Catania e passa ai magistrati ordinari di Ragusa. Ma dal decreto del Giudice delle Indagini Preliminari emerge uno scenario inatteso e preoccupante: la precisa descrizione dei fatti del magistrato indica che la regia dell’operazione è della #Marina_Militare Italiana. Operazione che ha tutte le caratteristiche di un respingimento, messo in atto utilizzando la Guardia Costiera libica.
      Non ha retto, davanti al Gip di Catania, l’impianto accusatorio più grave nei confronti dell’Ong spagnola Open arms proposto dalla Procura diretta da Carmelo Zuccaro. Il Giudice per le indagini preliminari ha respinto l’ipotesi di reato di associazione per delinquere, mantenendo solo il favoreggiamento dell’immigrazione irregolare. Per ora la nave che il 15 marzo scorso era stata affrontata dalla Guardia costiera libica nel corso di un salvataggio di profughi fuggiti dal nord Africa rimane sotto sequestro. Il fascicolo è stato dunque tolto alla Dda di Catania - dove era arrivato domenica 18 marzo con la pesante ipotesi accusatoria - per essere assegnato alla Procura ordinaria di Ragusa.

      Ma la vera notizia appare – nero su bianco – nelle pagine del decreto di convalida del sequestro, che compie una importante discovery su quanto sta avvenendo nel Mediterraneo. Con la conferma dei dubbi sollevati in questi giorni: dietro il confronto tra la Ong e la Guardia Costiera libica sembra nascondersi un tentativo di respingimento dei migranti, operato attraverso il coinvolgimento da parte italiana della Guardia costiera libica. Non solo. A gestire l’intera operazione non è stata la Guardia costiera italiana – che dipende dal Ministero dei Trasporti ed Infrastrutture – ma la Marina Militare. Dunque il dicastero della Difesa. Gli eventi narrati nella decisione del giudice di Catania sono chiari e permettono di capire nei dettagli come le modalità di azione del governo italiano – e probabilmente dell’Unione europea – siano drasticamente cambiati dopo il 2 febbraio, data di avvio della nuova operazione navale Temis. Da quel momento una nave militare italiana è ferma a Tripoli, coordinando gli interventi delle motovedette libiche.

      Occorre ripercorrere, minuto dopo minuto, quello che è accaduto il 15 marzo nelle acque tra Italia e Libia. Ore 4.21. La centrale operativa MRCC di Roma riceve la notizia dell’avvistamento di un barcone con diversi migranti a bordo a 40 miglia dalla costa libica. Poco dopo il centro contattata a sua volta la nave Open Arms, chiedendo di intervenire. Una procedura, fino a questo momento, uguale a quella utilizzata in centinaia di salvataggi, con la Guardia costiera italiana incaricata di coordinare le attività delle organizzazioni umanitarie.

      Alle 5.37, però, c’è un intervento inatteso: il personale a bordo della nave militare italiana Capri (impegnata nella operazione NAURAS, riattivata con l’avvio di Temis), di stanza a Tripoli, invia una comunicazione a Roma affermando che una motovedetta della Guardia Costiera libica di lì a poco avrebbe mollato gli ormeggi per dirigersi verso l’obiettivo, assumendo la responsabilità del soccorso.

      Alle 6.44 la stessa nave Capri chiedeva al MRCC di Roma di “far allontanare l’unità della Ong per evitare criticità durante il soccorso”. E’ dunque la Marina militare italiana a decidere l’intervento dei libici, ben sapendo quale sarebbe stato il destino dei migranti recuperati. Come del resto scrive lo stesso presidente dell’ Ufficio Gip, Nunzio Sarpietro: «Il coordinamento (della Guardia Costiera libica, ndr) è sostanzialmente affidato alle forze della Marina Militare Italiana».

      Mezz’ora dopo appaiono altre due imbarcazioni precarie con decine di persone imbarcate, non lontane dal primo barcone segnalato. Una situazione critica che la Open Arms si è trovata di fronte mentre si stava dirigendo sul punto indicato la mattina da MRCC.

      Alle 9.13 la nave spagnola comunica di aver intercettato un gommone con migranti a bordo che imbarcava acqua e di averli recuperati visto che non c’era sul posto nessuna unità libica. Cosa sarebbe avvenuto se Open Arms avesse rispettato quell’ordine partito dalla nostra Marina Militare, fermandosi prima? In ogni caso gli italiani presenti a Tripoli non avevano preso bene l’intervento della Ong. Poco prima di questo salvataggio operato dagli spagnoli, l’addetto per la Difesa Italia a Tripoli aveva contattato la centrale di Roma “lamentando il comportamento della Open Arms, in quanto lo riteneva contrario al Codice di Condotta sottoscritto con il Ministero dell’Interno Italiano”.

      Il pasticcio assume contorni ancora più preoccupanti nelle ore successive. Quando poco dopo le 11.00 la Open Arms giunge davanti all’obiettivo iniziale – quello che doveva essere salvato dalla Guardia costiera libica, secondo le direttive della Marina Militare – la motovedetta di Tripoli non aveva ancora portato a bordo un solo migrante. I naufraghi vengono salvati dalla Ong spagnola. Durante le operazioni i volontari si trovano davanti i miliziani di Tripoli che cercano “di ostacolare le operazioni di soccorso anche con la minaccia di usare le armi”, scrive il Gip di Catania. Fatti confermati dai filmati diffusi nei giorni scorsi.

      Alla fine alla Open Arms i magistrati di Catania hanno contestato la scelta di non aver seguito le indicazioni della Guardia costiera libica nel corso dei salvataggi in mare del 15 marzo e di non aver chiesto lo sbarco dei rifugiati a Malta. Nel decreto di convalida del sequestro il Gip di Catania dà particolare importanza alla contestazione di aver voluto portare i naufraghi in Italia: “I dati fattuali parlano chiaro e dimostrano - scrive il gip - come lo stesso comandante della Motonave Open Arms, nonostante le indicazioni impartitegli, non abbia voluto mai prendere contatti con le autorità maltesi in base a una sua autonoma considerazione, che invece occorreva verificare in concreto, circa la indisponibilità delle dette autorità ad accogliere i migranti”. L’Ong spagnola aveva già replicato a queste accuse durante la conferenza stampa tenutasi al Senato la settimana scorsa, spiegando che l’assegnazione del punto di sbarco - il cosiddetto “Place of safety” - viene fornito dal MRCC di Roma. Le autorità della Guardia costiera – secondo la ricostruzione degli eventi successivi al salvataggio del 15 marzo scorso – alla fine hanno indicato alla nave il porto di Pozzallo.

      La vicenda giudiziaria – ora passata per competenza a Ragusa – è dunque complessa e delicata, con implicazioni internazionali non irrilevanti. La conferma dell’esistenza di un comando italiano dietro l’azione della Guardia costiera libica potrebbe esporre il nostro Paese a un procedimento davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo, rischiando una seconda condanna dopo quella ricevuta nel 2012. L’esclusione del reato di associazione per delinquere, infine, è sicuramente una sconfitta per la linea tenuta da circa un anno dal procuratore di Catania Carmelo Zuccaro. Nel 2017 nel corso di due audizioni in Parlamento (prima in Comitato Schengen e poi davanti alla commissione difesa del Senato) il magistrato aveva mosso dure accuse nei confronti delle Ong: “Qual è la volontà che anima le ONG? Noi abbiamo ovviamente fatto un ventaglio di ipotesi. Si può partire da quella peggiore, che è quella di un consapevole accordo che sarebbe potuto intercorrere tra le Ong e queste organizzazioni. Questa, che è l’ipotesi sicuramente peggiore, non dà al momento alcun riscontro, ma è ovvio che ci lavoriamo”, aveva dichiarato Zuccaro davanti al comitato Schengen del Parlamento. Per poi aggiungere: “Vi dico che non appena si verificherà un caso che mi dia la possibilità di farlo, su questo aprirò un’indagine”. Quell’ipotesi “peggiore” di un patto criminale delle Ong si è dimostrata insussistente.

      http://www.famigliacristiana.it/articolo/cosi-crolla-l-accusa-a-open-arms.aspx
      #refoulement #push-back

    • Niente associazione per delinquere, ma solidarietà ancora sotto sequestro.

      Alla scadenza del termine di dieci giorni stabilito dalla legge per la convalida del sequestro preventivo disposto dalla Procura di Catania a carico della nave di Open Arms bloccata con parte dell’equipaggio a bordo nel porto di Pozzallo dal 18 marzo scorso, il Giudice delle indagini preliminari ha convalidato la misura del sequestro ma si è dichiarato incompetente rispetto all’accusa più grave formulata dalla Procura di Catania, che contestava il reato di associazione a delinquere finalizzata all’ingresso in Italia di immigrati irregolari.

      https://www.a-dif.org/2018/03/27/niente-associazione-per-delinquere-ma-solidarieta-ancora-sotto-sequestro

    • Migranti, dopo la Open Arms anche la nave Aquarius costretta ad affrontare il “coordinamento” libico

      Dopo il caso della nave di Proactiva, finita sotto sequestro a Pozzallo, ieri l’imbarcazione Sos Mediterranèe si è trovata nella stessa situazione, rendendo evidente quella che sembra ormai una prassi: una volta sul posto le navi vengono affidate al controllo di Tripoli che chiede loro di «restituire» i migranti

      https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/04/01/migranti-dopo-la-open-arms-anche-la-nave-aquarius-costretta-ad-affrontare-il-coordinamento-libico/4265455

    • Trois jours d’opérations complexes et dramatiques en Méditerranée centrale : 292 naufragés en sécurité à bord de l’Aquarius

      SOS MEDITERRANEE appelle les autorités européennes et internationales à clarifier d’urgence le cadre d’intervention des garde-côtes libyens

      L’Aquarius, affrété par SOS MEDITERRANEE et opéré en partenariat avec Médecins Sans Frontières (MSF) a secouru ces jeudi, vendredi et samedi un total de 292 personnes en détresse dans les eaux internationales au large des côtes libyennes, au cours de trois opérations distinctes dans des conditions particulièrement délicates.

      Jeudi 29 mars, alors que l’Aquarius patrouille à 25 milles marins des côtes, l’équipe de sauveteurs de l’Aquarius repère un canot pneumatique en détresse. Après avoir informé le centre de coordination des secours de Rome (IMRCC) et reçu l’instruction de procéder au sauvetage, 122 personnes sont transférées en sécurité à bord de l’Aquarius.

      Vendredi 30 mars, l’Aquarius est mobilisé de nouveau par le centre de coordination des secours de Rome (IMRCC) pour le sauvetage d’un canot pneumatique en difficulté repéré par un hélicoptère de la marine italienne, à 38 milles nautiques au nord de Zuwarah. « Ce sauvetage était délicat, le canot pneumatique était dans de très mauvaises conditions, il était partiellement dégonflé et le fond en bois était cassé. Nous avons dû déployer des radeaux pour sécuriser les personnes avant de pouvoir leur distribuer des gilets de sauvetage » explique le coordinateur adjoint des secours de SOS MEDITERRANEE.

      Alors que le sauvetage est en cours, la vedette 648 des garde-côtes libyens s’approche à grande vitesse de l’Aquarius. Le sauvetage de 131 personnes en détresse, dont 12 femmes et 24 mineurs non accompagnés, est achevé juste avant son arrivée. L’Aquarius décline l’offre d’assistance des garde-côtes libyens.

      En accord avec le centre de coordination des secours de Rome, le navire de SOS MEDITERRANEE, avec 253 rescapés à bord, poursuit sa veille active dans les eaux internationales en raison de conditions météorologiques favorables aux départs.

      Un bébé, des enfants et cas médicaux sauvés d’un canot intercepté par les garde-côtes libyens

      Samedi 31 mars à 10:30, l’Aquarius reçoit un appel du centre de coordination des secours de Rome (IMRCC) signalant la position d’une embarcation en détresse repérée par un survol de l’opération EUNAVFORMED, et se déroute vers cette position. Le canot pneumatique est repéré par les sauveteurs de SOS MEDITERRANEE après une heure à peine de navigation.

      A 11:34, le centre de secours de Rome informe l’Aquarius que les garde-côtes libyens assument la coordination des opérations (SAR Case 183), puis donne l’instruction à l’Aquarius de ne pas interférer et de rester en stand-by. L’Aquarius arrivé sur les lieux avant la vedette des garde-côtes libyens, informe le MRCC Rome de la nécessité de stabiliser la situation en distribuant les gilets de sauvetage à bord de l’embarcation surchargée, qui continue à s’approcher. L’Aquarius reçoit ensuite un appel téléphonique du centre des opérations des garde-côtes libyens qui se déclare en charge de la coordination, et l’équipage alerte ces derniers de l’urgence de distribuer des gilets de sauvetage. La vedette Al Khifra 206 des garde-côtes libyens, en route vers la position mais encore éloignée, reçoit la même information simultanément via radio. Une fois l’autorisation des garde-côtes libyens acquise, l’Aquarius lance ses deux canots de sauvetage et commence à distribuer des gilets de sauvetage. Les sauveteurs constatent la présence d’enfants, dont un nouveau-né et de cas médicaux urgents - et obtiennent l’autorisation de la vedette des garde-côtes libyens d’évacuer les cas les plus vulnérables vers l’Aquarius, mais se voient interdire de secourir les autres passagers du canot.

      39 personnes, dont un nouveau-né, des femmes enceintes et de nombreux enfants avec leurs parents sont transférés sur l’Aquarius tandis qu’environ 90 personnes sont interceptées par les garde-côtes Libyens et renvoyées en Libye. L’Aquarius reçoit l’ordre de rester à distance pendant l’interception.

      « Les conditions actuelles d’opérations de sauvetage en mer sont inacceptables »

      « Les conditions actuelles de sauvetage en mer, toujours plus compliquées et avec des transferts de responsabilité confus et périlleux pendant les opérations, sont inacceptables. Les bateaux de sauvetage se retrouvent contraints à négocier au cas par cas, en pleine mer, en situation d’urgence et de tension dangereuse, l’évacuation de personnes en détresse, malades, blessées, épuisées, vers un lieu sûr où elles seront soignées et protégées. Alors que les moyens en mer pour sauver des vies sont de plus en plus insuffisants, les opérations sont retardées, des vies humaines sont menacées, le renvoi des personnes en détresse vers la Libye est priorisé au lieu de leur mise en sécurité, » a déclaré Francis Vallat, président de SOS MEDITERRANEE France.

      « Nous ne sommes ni juristes, ni décideurs politiques. Nous sommes une association européenne et citoyenne de sauveteurs en mer à bord d’un navire ambulance qui intervient là où des personnes sont en danger de mort. Nous respectons scrupuleusement, depuis le début de notre mission en mars 2016, le droit maritime international, les autorités maritimes, et travaillons dans le respect des principes d’humanité et de solidarité qui ont fondé l’Europe et sont l’ADN des gens de mer.

      En l’absence d’un protocole clair, public et transparent encadrant l’intervention des garde-côtes libyens dans les eaux internationales au large de la Libye, nous demandons instamment aux plus hautes autorités européennes et internationales de clarifier le cadre d’intervention des différents acteurs dans cette zone maritime, la plus mortelle au monde. Si ce cadre a changé récemment et ne nous autorise bientôt plus à sauver les vies en danger, si nous ne pouvons plus exercer notre mission en sécurité, nous estimons que nous-mêmes et les citoyens européens devrions en être les premiers informés » a poursuivi Francis Vallat.

      Dimanche 1er avril, l’Aquarius se dirige vers le nord pour débarquer les 292 rescapés dans le « port sûr » de Messine, indiqué par le centre de coordination des secours de Rome.

      Les personnes secourues entre jeudi et samedi par l’Aquarius en Méditerranée Centrale sont originaires de plus de vingt nationalités différentes, de pays d’Afrique de l’Ouest, mais aussi de Somalie, d’Egypte, de Libye, du Pakistan et du Bangladesh. Parmi elles se trouvent au moins cinq femmes enceintes, neuf enfants, et 54 mineurs non accompagnés.

      http://www.sosmediterranee.fr/journal-de-bord/sauvetages-010418

    • Mediterraneo, MSF: Nave Aquarius allontanata da un soccorso. Decine di persone riportate in Libia

      Ieri, sabato 30 marzo alle 10.32, il Centro di Coordinamento del Soccorso Marittimo (MRCC) di Roma ha allertato la nave Aquarius – gestita in collaborazione da Medici Senza Frontiere (MSF) e SOS Mediterranee – e la Guardia costiera libica, di un gommone in difficoltà con a bordo circa 120 persone, in acque internazionali a 23-24 miglia nautiche dalla costa libica.

      Il gommone è stato identificato per primo da un aereo militare europeo. Sebbene la Aquarius sia arrivata sulla scena per prima, intorno alle 11.00, l’MRCC ha informato la nave che sarebbe stata la Guardia costiera libica a occuparsi del soccorso, per questo alla Aquarius è stato indicato di rimanere in standby e di non avviare nessuna operazione.

      Mentre era in standby, la Aquarius ha visto la situazione peggiorare perché il gommone sovraffollato iniziava a imbarcare acqua. Alle 12.45, MSF e SOS Mediterranee sono riuscite a negoziare con l’MRCC, il comando della Guardia costiera libica e la nave della Guardia costiera libica che stava raggiungendo l’area, e hanno ottenuto di poter almeno stabilizzare la situazione distribuendo giubbotti di salvataggio a tutte le persone a bordo e valutare le loro condizioni mediche.

      L’infermiera di MSF a bordo del motoscafo veloce (RHIB) che si è avvicinato al gommone ha individuato 39 casi medici e vulnerabili – tra cui un neonato, donne incinte, bambini e le loro famiglie – che sono stati evacuati sull’Aquarius.

      Negli ultimi mesi in più occasioni ci sono state reazioni violente da parte della Guardia costiera libica verso le poche organizzazioni umanitarie ancora impegnate in attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo, e la sicurezza del nostro team, così come delle 253 persone soccorse che si trovavano già a bordo dopo due giorni di salvataggi, era una preoccupazione cruciale. Mentre siamo riusciti a negoziare l’evacuazione sulla Aquarius di 39 casi medici e vulnerabili, per la sicurezza delle persone a bordo e del team dell’Aquarius, non abbiamo potuto completare il soccorso.

      Alle 13.52 la Guardia costiera libica ha ordinato alla Aquarius di allontanarsi dalla scena, con decine di persone ancora sul gommone. Alle 14.09 queste persone sono state prese dalla Guardia costiera libica e riportate in Libia.

      MSF ribadisce ancora una volta che la Libia non è un luogo sicuro e per nessun motivo rifugiati e migranti dovrebbero esservi riportati. MSF continua ad appellarsi ai Governi europei per dare priorità alla sicurezza di rifugiati e migranti invece di rafforzare attivamente politiche di deterrenza e contenimento in Libia.

      http://www.medicisenzafrontiere.it/notizie/news/mediterraneo-msf-nave-aquarius-allontanata-da-un-soccorso-decin

    • Open Arms libera di tornare a salvare vite in mare

      Il Giudice per le indagini preliminari di Ragusa dissequestra la nave ferma nel porto di Pozzallo dal 18 marzo scorso motivando che “la Libia non è ancora in grado di riaccogliere i migranti soccorsi in mare nel rispetto dei loro diritti fondamentali". Sollievo da parte degli operatori umanitari per avere scongiurato un ulteriore atto di criminalizzazione della solidarietà

      http://www.vita.it/it/article/2018/04/16/open-arms-libera-di-tornare-a-salvare-vite-in-mare/146574

    • Italie : la justice annule la saisie d’un navire d’ONG

      Un juge de Ragusa (Sicile) a annulé lundi le placement sous séquestre du navire de Proactiva Open Arms, bloqué depuis mi-mars au port de Pozzalo en raison de soupçons d’aide à l’immigration clandestine, a annoncé cette ONG espagnole.

      L’enquête vise trois responsables de l’organisation non gouvernementale après une opération de sauvetage au cours de laquelle les secouristes de Proactiva Open Arms ont refusé de confier aux gardes-côtes libyens des migrants secourus au large de la Libye.

      Lundi, le juge a fait valoir que la Libye n’était « pas encore en mesure de ré-accueillir les migrants secourus dans le respect de leurs droits fondamentaux » et estimé que l’ONG avait donc agi en « état de nécessité ».

      « Ce n’est qu’un premier pas et une bonne nouvelle. L’Open Arms est libéré, mais les enquêtes du parquet de Catane pour association de malfaiteurs et de celui de Ragusa pour aide à l’immigration clandestine se poursuivent », a commenté sur Twitter Oscar Camps, le fondateur de l’ONG.

      L’opération de sauvetage controversée a eu lieu le 15 mars, lorsque les gardes-côtes italiens ont signalé à l’Open Arms deux embarcations en détresse à 73 milles marins au large de la Libye, avant de préciser que Tripoli se chargeait de la coordination des opérations.

      L’Open Arms a commencé à secourir les migrants puis a refusé de les transférer à une vedette libyenne arrivée plus tard. Les parquets de Catane et de Ragusa estiment que les migrants auraient dû débarquer à Malte, le port sûr le plus proche, et reprochent à l’Open Arms d’avoir tout fait pour les conduire en Italie, ce à quoi l’ONG répond que Malte n’accepte que les urgences médicales.

      En Espagne, le blocage de l’Open Arms a suscité un mouvement de soutien autour du slogan « Sauver des vies n’est pas un crime », avec des manifestations et une pétition en ligne qui a recueilli plus de 312.000 signatures, dont celles des acteurs Penelope Cruz et Javier Bardem.

      Il y a un an, une dizaine de navires d’ONG patrouillaient au large de la Libye. Désormais, il n’en reste plus que deux : l’Aquarius de SOS Méditerranée et Médecins sans frontières et le Sea-Watch de l’ONG allemande éponyme.

      L’Open Arms était le deuxième saisi par la justice italienne après le Iuventa de l’ONG allemande Jugend Rettet l’été dernier. D’autres ONG ont suspendu leurs opérations en raison des menaces croissantes de la marine libyenne et de la baisse des départs (-60% depuis l’été 2017).

      https://www.lorientlejour.com/article/1110832/italie-la-justice-annule-la-saisie-dun-navire-dong.html

    • Migranti. Il diario di bordo dalla #Sea_Watch_3 in partenza da Malta

      Dopo il dissequestro della nave Spagnola Open Arms, tornano a essere 4 le ong che operano nel Mediteraneo centrale insieme alle navi di due dispositivi militari europei per il controllo dei flussi migratori. Tra queste anche la Sea Watch 3, tornata in porto a Malta dopo l’ultima missione e in procinto di ripartire. A bordo da oggi con l’equipaggio l’inviata Angela Caponnetto

      http://www.rainews.it/dl/rainews/media/ong-Sea-Watch-Mediterraneo-migranti-57a4bd6b-ffd0-499c-93c3-a207fae8275b.htm

    • Migranti, “disobbedienza legittima” di Open Arms: in crisi le accuse alle ong

      Nel provvedimento di dissequestro della nave dell’ong spagnola Proactiva si riconosce che la Libia non è un posto sicuro. I soccorritori hanno agito in stato di necessità in base all’articolo 54. L’analisi di Schiavone (Asgi): “Prima di tutto viene la salvezza delle persone, tanto dal rischio di morire in mare come da quello di subire torture”

      http://www.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/573515/Migranti-disobbedienza-legittima-di-Open-Arms-in-crisi-le-accuse-al

    • Proactiva Release Does Not Spell End of Italy’s War on Rescue Groups

      Italian judge’s releases rescue ship but upholds legal fiction of Libyan search and rescue zone. Judith Sutherland from Human Rights Watch explains why the contradiction matters


      https://www.newsdeeply.com/refugees/community/2018/04/19/proactiva-release-does-not-spell-end-of-italys-war-on-rescue-groups

    • Le « Iuventa », emblème de la criminalisation des ONG en Méditerranée

      La saisie, par les autorités italiennes, du bateau d’une ONG portant secours aux migrants est devenue l’emblème d’une campagne de criminalisation de celles et ceux qui tentent de sauver des vies en Méditerranée. Le collectif Forensic Architecture démonte, à l’aide d’outils inédits, les failles et les biais de cette accusation à la veille d’une décision de la Cour suprême italienne.

      Le 2 août 2017, le bateau Iuventa, affrété par l’ONG allemande Jugend Rettet (« sauver la jeunesse »),
      engagée dans des opérations de recherche et de sauvetage des migrants qui tentent de rejoindre
      l’Europe, est saisi à proximité de l’île de Lampedusa.
      L’ONG est accusée de collusion avec les trafiquants qui font passer les migrants des côtes libyennes
      aux rivages italiens et d’aide à « l’immigration illégale ». La Cour suprême italienne doit se
      prononcer, lundi 23 avril, sur le maintien ou la levée de la saisie du bateau.
      Alerté sur l’affaire, le collectif Forensic Architecture a enquêté avec les outils impressionnants qu’il
      développe depuis quelques années. « Forensic Architecture » est à la fois le nom d’une nouvelle
      discipline située entre journalisme d’investigation et défense des droits humains, et celui d’une agence
      d’architecture de combat basée à Londres.
      Celle-ci regroupe des architectes, des cartographes, des ingénieurs, des juristes ou des réalisateurs, et
      développe des moyens inédits d’investigation sur les crimes et mensonges d’État, qu’elle met au service des ONG ou de l’ONU.
      Elle a, ici, collecté images, données et métadonnées pour démonter l’accusation et démontrer la
      manière dont la saisie du bateau de 33 mètres, susceptible d’accueillir à son bord plus de
      200 personnes, s’inscrit dans une campagne plus large de délégitimation et de criminalisation des
      ONG s’efforçant de sauver celles et ceux qui tentent de rejoindre l’Europe par la Méditerranée.
      Forensic Architecture est ainsi parvenu à une reconstitution 3D de ce qui s’est vraiment passé au large
      des côtes libyennes, qu’elle publie aujourd’hui en même temps que Mediapart pour la France,
      Internazionale en Italie et The Intercept, le magazine lancé par Glenn Greenwald, Laura Poitras et
      Jeremy Scahill.

      Pour Lorenzo Pezzani, cofondateur de Forensic Oceanography, un département de Forensic
      Architecture qui documente depuis plusieurs années les naufrages en Méditerranée et les violations
      des droits des migrants, « depuis la fin de l’année 2016, avec un point culminant à l’été 2017, s’est
      développée en Italie une campagne contre les ONG qui affrètent des bateaux pour aller à la recherche
      des embarcations de migrants menacées de naufrage. Au départ, cette campagne était limitée à des
      petits groupes xénophobes, mais cette présentation toxique de la réalité s’est répandue dans les
      médias et parmi les politiques, comme nous l’avons déjà documenté dans notre rapport Blaming the
      Rescuers ».
      Comprendre la saisie du bateau de l’ONG Jugend Rettet implique en effet, pour lui, de se remettre
      dans une perspective de plus longue durée. « Les printemps arabes ont fait exploser le système de
      contrôle des frontières européennes fondé sur l’externalisation et la collaboration avec les dictatures
      nord-africaines, comme celle de Ben Ali en Tunisie et Kadhafi en Libye, et provoqué un pic de départ
      à partir des premiers mois de 2011. Dans un premier temps, les États européens, et notamment
      l’Italie, ont mis en place leurs propres opérations à la fois militaires et humanitaires, telle Mare
      Nostrum lancée par la marine italienne en 2013, après le naufrage d’un bateau, le 3 octobre 2013,
      qui avait fait plus de 350 morts. »

      Mais ces opérations de sauvetage ont ensuite été considérées comme des facteurs encourageant les
      départs de migrants et ont été remplacées par des opérations avant tout militaires, fondées sur le
      présupposé que rendre la traversée plus dangereuse aurait un effet dissuasif. « En réalité, poursuit
      Lorenzo Pezzani, il n’y a pas eu moins de migrants qui sont arrivés sur les côtes européennes. En
      revanche, beaucoup plus sont morts durant la traversée, avec un pic de mortalité en 2015,
      particulièrement visible avec le décès de plus de 1 200 personnes lors du naufrage de seulement deux
      bateaux durant la même semaine du mois d’avril. »
      C’est dans ce contexte, explique-t-il, que « de nombreuses ONG ont considéré qu’elles ne pouvaient
      plus se contenter de témoigner de ce qui se passait, mais qu’il fallait intervenir directement pour
      sauver ces vies ». Et ont ainsi commencé à affréter des bateaux à l’instar du Iuventa.
      Dans une autre affaire similaire, un juge de Raguse en Sicile a décidé, lundi 16 avril, d’annuler le
      placement sous séquestre du navire de POA (Proactiva Open Arms), appartenant à une ONG
      espagnole, également soupçonné d’aide à l’immigration clandestine.
      Pour Lorenzo Pezzani, « nous sommes, depuis quelques mois, dans une phase de clôture accentuée de
      la Méditerranée, fondée sur une double stratégie. D’un côté, une criminalisation des ONG pour
      empêcher leurs bateaux d’accéder aux embarcations de migrants. De l’autre, un soutien technique,
      logistique et politique aux gardes-côtes libyens pour qu’ils interceptent les bateaux de migrants et les
      renvoient en Libye. La saisie du Iuventa s’inscrit dans ce cadre. Cette saisie a constitué la première
      attaque de nature judiciaire contre les ONG qui s’occupent de sauver les migrants, et elle prolonge
      une campagne politique et médiatique de plus en plus violente ».
      Selon lui, cette décision inscrite dans une stratégie reformatée de l’Union européenne en Méditerranée
      doit aussi « être comprise dans un contexte plus large de criminalisation de la solidarité envers les
      migrants partout en Europe ».

      https://www.mediapart.fr/journal/international/200418/le-iuventa-embleme-de-la-criminalisation-des-ong-en-mediterranee

    • Caso Iuventa, i video che scagionano la nave dell’ong tedesca

      I ricercatori dell’università di Londra Goldsmiths hanno prodotto tre video, pubblicati in esclusiva da Internazionale, che scagionano l’ong tedesca Jugend Rettet dall’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina nell’inchiesta che ha portato al sequestro della nave Iuventa il 2 agosto 2017.

      Secondo la procura di Trapani, nel settembre del 2016 e nel giugno del 2017 durante i soccorsi di migranti al largo della Libia c’erano stati dei contatti “tra coloro che scortavano gli immigrati fino alla Iuventa e i membri dell’equipaggio della nave”. Anche se hanno agito solo per ragioni umanitarie e senza fini di lucro, riconosce la procura, gli operatori si sarebbero avvicinati troppo alle coste libiche e avrebbero avuto contatti con i trafficanti per delle “consegne pattuite” di migranti.

      Secondo l’accusa, in uno di questi episodi gli operatori della Iuventa avrebbero lasciato alla deriva tre imbarcazioni in modo che i trafficanti potessero recuperarle e usarle successivamente in altre traversate. Le fonti dell’accusa sono le testimonianze e le foto scattate da due poliziotti sotto copertura, imbarcati come personale di sicurezza sulla nave Vos Hestia dell’organizzazione umanitaria Save the children, attiva nello stesso tratto di mare.

      Ma al termine di un lavoro durato otto mesi il dipartimento di oceanografia forense della Goldsmiths ha smentito questa ricostruzione, basandosi sui video e gli audio raccolti dall’equipaggio, sulle informazioni registrate nel diario di bordo della Iuventa, sulle comunicazioni con la centrale operativa della guardia costiera italiana e sulle immagini scattate dai giornalisti a bordo della nave tedesca e di altre imbarcazioni impegnate nei soccorsi.

      https://www.internazionale.it/reportage/annalisa-camilli/2018/04/20/iuventa-video

    • An Italian Court Decision Could Keep Rescue Boats From Saving Refugees in the Mediterranean

      In August 2017, an Italian prosecutor ordered police to seize and impound the Iuventa, a ship operated by the German nonprofit Jugend Rettet, in Trapani, a port in western Sicily. The Iuventa is used to rescue migrants attempting the perilous sea crossing between North Africa and Italy, but the prosecutor said he was investigating the organization for alleged ties to human trafficking operations in Libya. The investigation relied on evidence gathered through the use of police informants, an undercover operative, tapped phone calls, and a recording device that police placed in the Iuventa’s bridge months earlier, and it purported to show the crew of the Iuventa coordinating with Libyan smugglers.

      https://theintercept.com/2018/04/20/mediterranean-refugee-rescue-boat-italy-libya

    • Italy’s Supreme Court rejects appeal against the seizure of NGO rescue vessel the Iuventa

      On Monday, Italy’s Supreme Court rejected an appeal against the seizure of the Iuventa, a rescue ship operated by the German NGO Jugend Ruttet (‘Youth Rescue’). The vessel was seized last summer after an investigation by the Italian authorities into the operation of migrant rescue missions in the Mediterranean.

      Evidence collected as part of the investigation, which included the use of an undercover agent, bugging devices, tapped phone calls as well as informant testimonies, led to the pre-emptive seizure of the vessel on 2 August 2017 under accusations of colluding with smugglers and “conspiring to facilitate illegal immigration”.

      Lawyers had filed the appeal against the ruling of the judge in the Western Sicilian city of Trapani in favour of the prosecution’s request for pre-emptive seizure. The lawyers questioned the nature of the accusations, as well as Italy’s jurisdiction on incidents that took place in international waters.

      The order of seizure itself followed the introduction of a controversial code of conduct for charity boats conducting rescues in the Mediterranean by the Italian government last summer. Several NGOs, from larger organisations such as Doctors without Borders to smaller ones including Jugend Rettet, refused to sign it before the announced deadline of 31 July 2017, claiming that the code would threaten their activities at sea. The seizure of the Iuventa was ordered only two days after this deadline.

      The London-based research organisation Forensic Architecture are among several observers sceptical of the accusations brought by the Italian authorities and released an investigation last week refuting the Italian accusations and questioning their evidence. Philipp Külker, spokesperson of Jugend Rettet, said that “the analysis showed in a very clear way that the accusations are unfounded…these are just empty claims.”

      The ruling is a blow to NGOs operating sea rescue missions in the Mediterranean, after the Spanish NGO rescue vessel Open Arms was ordered to be released from a Sicilian port last month, with the ship’s crew remaining under criminal investigation. The Iuventa ruling points to the wider trend of de-legitimisation and criminalization of NGO rescue missions.

      Italy’s Supreme Court of Cassation will publish an explanatory statement on the ruling in the coming weeks.

      https://www.ecre.org/italys-supreme-court-rejects-appeal-against-the-seizure-of-ngo-rescue-vessel-t

    • Italy OKs migrant transfer after insisting on UK approval

      Italy’s coast guard said Monday it had granted authorization for 105 migrants rescued at sea by a Spanish aid group to transfer to a sturdier boat after more than a daylong bureaucratic tussle left them exposed to the elements on the Mediterranean Sea.

      It was the second time in as many months that Italy has delayed allowing rescued migrants to reach safety by insisting on bureaucratic formalities in what appears to be a strategy to dissuade aid groups from rescuing migrants.

      Spain’s Proactiva Open Arms said the migrants, including six children and 32 unaccompanied teenagers, were in stable condition Monday but they were exposed to bad weather and living in inappropriate conditions aboard the Astral, a sailing vessel turned rescue ship that Proactiva has used for emergency assistance. Aquarius, a bigger rescue ship of the French SOS Mediterranee nonprofit group, waited for much of Monday to take them to a safe port.

      The nonprofits said the vessels —both sailing under the British flag— had been waiting for authorization since early Monday at around 25 nautical miles (28.75 statute miles) off the town of Khoms on the Libyan coast. Italy’s coast guard said the British had to grant authorization for the transfer, but Britain said it wasn’t coordinating the rescue.

      “They are throwing the ball at each other and we are in the middle,” said Astral’s captain Riccardo Gatti, blaming Italian and British authorities more than 30 hours after the migrants were rescued from a drifting and engineless rubber boat.

      “The situation is becoming unbearable due to worsening weather, cold and the health and hygiene conditions onboard,” he added.

      Another rescue ship of Proactiva was seized for weeks by Italian authorities before a judge in Sicily ordered its release earlier this year. Prosecutors are still investigating whether the non-governmental organization’s crew should face charges of criminal association and aiding illegal immigration.

      The British Maritime and Coast Guard Agency said it was aware of the incident and in contact with search and rescue authorities in the area, but said the incident was “not coordinated” by Britain.

      The Italian coast guard said the delay in transferring the migrants was due to Britain, since both rescue ships were British-flagged. Late Monday, the coast guard issued a second statement saying it had allowed for the transfer because of the late hour and because British authorities hadn’t given any indication on how to proceed.

      Previously, the Italian coast guard has said international norms require the flag nation to request authorization for one of its ships to dock — a requirement it hadn’t enforced before its recent crackdown on migrant landings.

      Matthew Carter, a communications officer with SOS Mediterranee, said the NGO’s standard procedure “is to wait for a green light from the coordinating authority (usually the Italian Maritime Rescue Coordination Center) before proceeding with a transfer or rescue operation.”

      But Carter said his organization had informed all parties that in the event of an emergency it planned to take all rescued people on board without pre-authorization.

      Each year, tens of thousands of migrants attempt to reach European shores by crossing the Mediterranean in smugglers’ boats. Most of the vessels are unfit for open water, and thousands of migrants drown each year.

      The U.N. says 615 migrants have died crossing the Mediterranean so far this year. A total of 22,439 migrants have reached European shores through the first four months of 2018.

      Italy has significantly reduced the migrants arriving on its coasts by helping the Libyan coast guard beef up its patrols, reducing the number of aid groups performing sea rescues and — in a move criticized by some aid groups — negotiating deals with Libyan militias that had long profited from trafficking humans.

      The migrants aboard the Astral are from Bangladesh, Egypt, Libya, Nigeria and other countries. They told The Associated Press on Sunday that human smugglers sailing in a separate boat removed their inflatable’s engine halfway through the dangerous Mediterranean crossing and left.

      https://apnews.com/d2cf4d6b2195422e8faf0e10fd9e286f

      v. aussi : https://www.washingtonpost.com/world/europe/rescuers-blame-red-tape-while-waiting-with-migrants-at-sea/2018/05/07/b50cfbcc-5216-11e8-a6d4-ca1d035642ce_story.html

    • Legal action against Italy over its coordination of Libyan Coast Guard pull-backs resulting in migrant deaths and abuse.

      Seventeen survivors of a fatal incident in which a boat carrying migrants found itself in distress off

      the coast of Libya filed an application against Italy today with the European Court of Human Rights. The applicants included the surviving parents of two children who died in the incident.

      The application was filed by the Global Legal Action Network (GLAN) and the Association for Juridical Studies on Immigration (ASGI), with support from the Italian non-profit ARCI and Yale Law School’s Lowenstein International Human Rights Clinic. Their submission made use of evidence compiled by Forensic Oceanography, part of the Forensic Architecture agency based at Goldsmiths, University of London, who have produced a detailed reconstruction of the incident and the policies that have contributed to it.


      http://www.glanlaw.org/single-post/2018/05/08/Legal-action-against-Italy-over-its-coordination-of-Libyan-Coast-Guard-pull

    • L’Italia rischia un processo per aver coordinato la guardia costiera libica

      “All’alba abbiamo visto una barca e abbiamo gridato. Il nostro gommone stava imbarcando acqua, ci siamo tolti le magliette e le abbiamo sventolate per farci vedere. C’erano dei bambini che piangevano. La barca non ci ha risposto e se n’è andata”. E. è uno dei sopravvissuti del naufragio del 6 novembre 2017 in cui sono morte almeno venti persone e ricorda il momento in cui si è accorto che il gommone su cui viaggiava si stava sgonfiando. Erano quasi le nove di mattina. Il lato posteriore dell’imbarcazione ha cominciato ad affondare e alcune persone sono finite in mare.

      “Una nave della guardia costiera libica ci ha raggiunto, abbiamo cominciato a gridare: ‘Aiuto’. Ma non ci hanno risposto, hanno preso una macchina fotografica e ci facevano delle foto, se ne stavano andando quando hanno visto la Sea Watch che stava venendo verso di noi. Allora sono tornati indietro e gli hanno detto di andarsene”, racconta E. in un’intervista concessa al ricercatore Charles Heller del gruppo Forensic Architecture. Da quel momento è cominciata una specie di battaglia navale tra la motovedetta libica e la nave dell’ong tedesca. I libici hanno chiesto agli umanitari di andarsene, ma l’ong ha calato i gommoni di soccorso, perché molti migranti erano già in acqua e chiedevano aiuto.

      Respingimenti per procura
      Sei mesi dopo, il 3 maggio, insieme ad altri sedici sopravvissuti E. ha presentato un ricorso contro l’Italia alla Corte europea dei diritti umani (Cedu) accusando il paese di aver messo a repentaglio la sua vita, di aver ritardato i soccorsi affidandoli alla guardia costiera libica e di aver “respinto per procura” 47 migranti attraverso l’azione della motovedetta libica, donata a Tripoli da Roma nel maggio del 2017, come previsto dal Memorandum d’intesa firmato dai due paesi.

      Dei 17 migranti che hanno presentato il ricorso infatti, quindici sono stati portati in Italia e due sono stati respinti in Libia dove sono stati portati in un centro di detenzione a Tagiura. Per due mesi sono stati sottoposti a violenze, abusi, torture, estorsioni e stupri, sono stati venduti e sono stati torturati con l’elettricità. Infine i due hanno chiesto di partecipare ai programmi di rimpatrio volontario dell’Organizzazione mondiale dell’immigrazione (Oim) e sono stati riportati dalla Libia a Benin City, in Nigeria, il loro paese d’origine.

      E. e P. sono invece stati soccorsi e portati in Italia. E. dopo essere caduto in acqua è riuscito ad arrampicarsi sulla motovedetta libica 648 Ras Jadir, ma una volta a bordo i guardacoste hanno cominciato a picchiarlo come stavano già facendo con gli altri migranti soccorsi. “In quel momento ho guardato verso il mare e ho visto che c’erano i gommoni di soccorso della Sea Watch così sono saltato in acqua e mi sono salvato, non sono stato l’unico”, racconta E., uno dei 59 sopravvissuti recuperati dalla Sea Watch, successivamente portato in Italia.

      Anche P. era sulla stessa barca e ricorda che un elicottero ha lanciato dei giubbotti di salvataggio per le persone che erano cadute in mare. P. ne aveva indossato uno e si era attaccato a una corda insieme ad altri tre ragazzi riuscendo a salire a bordo della motovedetta. “Pensavo che fossero italiani, ma poi ho capito che erano libici perché parlavano arabo. Ci hanno detto di stare seduti. Un ragazzo si è lanciato in acqua e i libici ci hanno minacciato. Ci avrebbero picchiato con delle corde se ci fossimo mossi. Ma quando la guardia si è allontanata, io mi sono buttato in acqua e poi sono stato soccorso dalla Sea Watch”.

      La guardia costiera italiana alle 6 di mattina ha contattato la nave umanitaria Sea Watch 3 per intervenire in soccorso dei migranti che erano ancora in acqua: “Ci hanno chiamato da Roma per chiederci d’intervenire. Mentre andavamo verso il gommone ci siamo resi conto che era in corso un naufragio, abbiamo visto molti corpi in mare”, il volontario della Sea Watch Gennaro Giudetti ricorda l’operazione di salvataggio a trenta miglia dalle coste libiche.

      “Ho visto una donna affogare davanti ai miei occhi”, racconta. Un’altra donna, che Giudetti è riuscito a salvare, ha perso suo figlio nel naufragio. Sono morte almeno venti persone, mentre l’intervento della motovedetta libica – la 648 Ras Jadir – ha intralciato i soccorsi. I libici hanno lanciato anche degli oggetti contro i volontari, come raccontato da molti testimoni. I 47 sopravvissuti che sono stati recuperati dai libici, sono stati riportati nei centri di detenzione in Libia. Durante il salvataggio era presente anche un elicottero della marina militare italiana e diverse navi militari della missione Eunavformed.

      Secondo i sopravvissuti e il collegio di avvocati ed esperti che li hanno seguiti nel ricorso alla Cedu, il governo italiano è legalmente responsabile dei “respingimenti per procura” operati dalla guardia costiera libica, che violano numerosi articoli della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Roma infatti ha donato le motovedette alla guardia costiera libica e ha finanziato la formazione dei guardacoste in seguito all’accordo firmato con Tripoli a febbraio. Gli italiani hanno coordinato, infine, attraverso la centrale operativa della guardia costiera di Roma gli interventi che hanno avuto come conseguenza il respingimento dei migranti in Libia.

      Loredana Leo, avvocata dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), spiega che l’Italia avrebbe una responsabilità nell’evento che ha prodotto una serie di violazioni dei diritti umani fondamentali: “In particolare sarebbe stato violato il diritto alla vita, perché tutti i ricorrenti erano in una situazione di potenziale o effettiva perdita della propria vita. C’è una violazione anche dell’articolo 3 della Convenzione dei diritti umani: quello che vieta i trattamenti inumani”. Per quelli che sono stati riportati in Libia la violazione dell’articolo 3 “è evidente”, inoltre sarebbe stato violato il divieto al respingimento collettivo. “Non c’è stata nessuna valutazione della situazione individuale delle persone che sono state respinte, inoltre coloro che sono stati riportati in Libia hanno corso il rischio di essere ridotti in schiavitù perché sono stati venduti come schiavi nel carcere libico”, continua Leo.

      Nel caso Hirsi l’Italia aveva operato direttamente, mentre in questo caso avrebbe agito attraverso l’intervento della guardia costiera libica

      Per gli avvocati del Global legal action network (Glan) e dell’Asgi, che seguono il ricorso, quello che l’Italia sta facendo è delegare alla guardia costiera libica il respingimento dei migranti, una prassi che viola numerose norme internazionali e che è già costata a Roma una condanna nel 2012 (caso Hirsi). In quell’occasione l’Italia è stata condannata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per aver violato l’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti umani e aver rimandato nel paese nordafricano alcuni cittadini eritrei e somali, che rischiavano di subire trattamenti inumani e degradanti.

      Nel 2012 però l’Italia aveva operato direttamente, mentre in questo caso avrebbe agito attraverso l’intervento della guardia costiera libica. Per l’avvocata Leo la responsabilità italiana però è molto chiara: “Tutto è avvenuto sotto il controllo e il coordinamento delle autorità italiane. La chiamata di emergenza è arrivata alla centrale operativa della guardia costiera italiana, che alle 6 del mattino ha chiamato Sea Watch 3 per chiedere d’intervenire. Quindi l’Italia aveva la responsabilità che le persone soccorse non subissero violazioni”. Inoltre c’è un livello più generale: “L’Italia ha messo Tripoli nelle condizioni di fare questi respingimenti per procura, donando le motovedette, formando i guardacoste e coordinando i libici da una nave della marina che è di stanza a Tripoli”.

      Per Violeta Moreno-Lax, consigliera di Glan e professoressa della Queen Mary all’università di Londra, “le autorità italiane hanno affidato ai libici delle azioni che sono illegali e che stanno mettendo a rischio le vite dei migranti”. Inoltre li stanno esponendo a forme estreme di violenza “per procura, cioè sostenendo e coordinando l’azione della cosiddetta guardia costiera libica”. La Cedu nei prossimi mesi dovrà decidere sull’ammissibilità del ricorso, ma i tempi in casi così importanti potrebbero essere molto lunghi. “Nel caso Hirsi ci sono voluti tre anni per arrivare a una condanna”, conclude l’avvocata Leo.

      Il caso è stato presentato alla Cedu dall’Asgi, dal Glan e dall’Arci, con il sostegno della Yale law school’s Lowenstein international human rights clinic.

      Mare chiuso
      Il naufragio del 6 novembre è solo la punta dell’iceberg di una strategia complessa avviata dalle autorità italiane ed europee per chiudere la rotta del Mediterraneo centrale e ridurre gli arrivi di migranti in Europa, sostengono i ricercatori Charles Heller e Lorenzo Pezzani della Forensic oceanography dell’università Goldsmith di Londra, che a questo tema hanno dedicato il rapporto Mare clausum, il quarto di una serie sui soccorsi di migranti nel Mediterraneo centrale.

      “Abbiamo esaminato 16 diversi episodi che mettono in luce l’azione dell’Italia con il supporto dell’Unione europea”, spiega Heller. In questi casi, secondo il ricercatore, “l’Italia ha coordinato la guardia costiera libica, che a sua volta ha intercettato e riportato i migranti in Libia, nonostante le violazioni documentate nei centri di detenzione libici”. Le ricostruzioni sono state realizzate a partire dagli audio e dai video registrati dai volontari delle ong e dai giornalisti indipendenti a bordo delle navi di soccorso.

      “Siamo riusciti a ricostruire questi episodi con una precisione senza precedenti”, aggiunge Pezzani, cofondatore della Forensic oceanography. “In questi 16 casi che abbiamo documentato per fortuna c’era una nave delle ong nei paraggi che ha registrato audio e video e ha permesso di ricostruire cosa è successo nei dettagli, mentre nella maggior parte dei casi non rimane traccia”. Per Pezzani ed Heller è interessante notare che le navi militari europee sono sempre presenti durante i soccorsi, ma si tengono a una certa distanza e non intervengono: “Sono sicuramente le navi di Eunavformed a segnalare ai libici la presenza dei migranti, ma in tutti i casi che abbiamo esaminato le navi militari europee aspettano che i libici arrivino senza intervenire”.

      Se si osserva in prospettiva tutta la storia dei soccorsi in mare nel Mediterraneo centrale ci si accorge che siamo di fronte a una fase di chiusura delle rotte aperte nel 2011 con l’esplosione delle primavere arabe. “La guerra civile libica e la spinta rivoluzionaria tunisina hanno messo in discussione i vecchi confini dell’Unione europea, che erano stati militarizzati con molta fatica prima del 2011. Ora quel tentativo di apertura è stato violentemente richiuso”, conclude Pezzani. Secondo Amnesty international, nel 2017 ventimila migranti sono stati intercettati e riportati in Libia dalla guardia costiera del paese nordafricano.

      https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2018/05/08/italia-migranti-libia-respingimenti

    • Ong: è vero che sono i “taxi del mare”?

      È logico attendersi che la maggiore incidenza di salvataggi in mare da parte di imbarcazioni delle Ong (passata dal 1% del 2014 al 41% nel 2017), assieme alla tendenza di queste ultime a operare nei pressi delle acque territoriali libiche (come rilevato dall’agenzia europea Frontex), possano aver spinto un maggior numero di migranti a partire, aumentando di conseguenza il numero di sbarchi.

      Ma i dati in realtà mostrano che non esiste una correlazione tra le attività di soccorso in mare svolte dalle Ong e gli sbarchi sulle coste italiane. A determinare il numero di partenze tra il 2015 e oggi sembrano essere stati dunque altri fattori, tra cui per esempio le attività dei trafficanti sulla costa e la “domanda” di servizi di trasporto da parte dei migranti nelle diverse località libiche.

      https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/fact-checking-migrazioni-2018-20415

    • #Salvezza”, un fumetto d’inchiesta sui salvataggi in mare

      Dal 2016 a oggi sono quasi 20 mila i migranti tratti in salvo nel Mediterraneo dall’equipaggio dell’Aquarius, nave affittata dalla ong Sos Méditerranée per i soccorsi in mare. Una cinquantina i giornalisti che, in questo periodo, hanno partecipato a una missione, per raccontarla. Lo scorso novembre anche Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso, giornalista e sceneggiatore di fumetti il primo, disegnatore il secondo, con alle spalle una lunga esperienza nel graphic journalism (insieme hanno realizzato il fumetto su Peppino Impastato e Marco Rizzo anche di quelli su Ilaria Alpi, con i disegni di Francesco Ripoli, e Mauro Rostagno con i disegni di Giuseppe Lo Bocchiaro, usciti per la casa editrice BeccoGiallo) sono saliti a bordo della nave. Diciannove giorni, 4 salvataggi, quasi mille persone salvate.

      “Ci eravamo già occupati di migranti, siamo stati nei centri di accoglienza in Sicilia, ma ci mancava questo pezzo del viaggio – racconta Marco Rizzo – Un pezzo importante per ragioni sociali e politiche, perché ha un impatto enorme sulle campagne elettorali di mezza Europa e un impatto economico. Dovevamo raccontarlo”. La loro esperienza è contenuta in “Salvezza” (Feltrinelli Comics), 120 pagine di reportage a fumetti o meglio di fumetto d’inchiesta in cui oltre alle storie delle persone, ai soccorsi, ci sono anche infografiche con dati e numeri per aiutare a capire la situazione. “Quello che invece nel fumetto non troverete sono le urla, le persone in acqua che si sbracciano e ti chiedono ‘per favore aiutami’ – continua Rizzo – Ce le aspettavamo quando ci siamo imbarcati, sapevamo che ci saremmo trovati di fronte a situazioni estreme, al dolore, a persone con storie drammatiche, ma non a quei livelli, non con quei numeri. Al rientro non è stato facile parlare di quell’esperienza”.

      Sull’Aquarius Rizzo e Bonaccorso hanno potuto vedere con i loro occhi come funzionano i salvataggi in mare e qual è il ruolo delle ong: “saves lives, protect people, testify” ovvero “salvare vite, proteggere le persone e testimoniare la loro sofferenza”, come spiega nel fumetto Sophie Beau, cofondatrice di Sos Méditerranée. “Sos Méditerranée sta facendo quello che dovrebbe fare uno Stato ovvero accogliere e proteggere le persone – ha spiegato Alessandro Porro, membro del team di ricerca e soccorso di Aquarius, presente in occasione della presentazione di “Salvezza” alla Feltrinelli di Bologna – Noi siamo lì per salvare, proteggere e raccontare perché senza il racconto è come se non fosse successo niente. C’è bisogno di informazione su quello che sta accadendo perché nel Mediterraneo è messa in gioco la democrazia europea”. Il soccorso in mare, infatti, è una cosa che nessuno Stato può interrompere, “mentre negli ultimi anni la macchina dei soccorsi è stata ostacolata più volte, si è spostata l’attenzione sulle ong definendole criminali – continua Porro – ma le ong fanno solo il 30% dei soccorsi in mare e purtroppo l’atmosfera ostile nei loro confronti ostacola anche quel 30% di salvataggi con la conseguenza che se a luglio 2017 le navi in mare erano 7, oggi ce n’è una sola e le donazioni per le ong sono crollate”.

      “Se non ci fossero le ong, la situazione sarebbe ancora più tragica di quella che è – spiega Rizzo – Dopo la chiusura di Mare Nostrum, sono rimaste solo le ong a fare questo lavoro metodicamente, lo fanno anche la Guardia costiera e la Marina, a volte navi cargo private, ma le ong sono quelle più attrezzate: in attesa che si regolino i flussi o che si facciano corridoi umanitari, questo è l’unico modo per non lasciare che le persone muoiano in mare”. Come spiegato nel fumetto, a bordo della nave ci sono 35 persone per ogni missione, a cui si aggiungono da 2 a 4 giornalisti, una missione dura circa 3 settimane. L’equipaggio è diviso in 3 squadre: la ciurma che risponde al capitano e si occupa di muovere la nave, la squadra che effettua i soccorsi e fa riferimento a Sos Méditerranée e il team di Medici senza frontiere che include medici, infermieri e mediatori culturali. “Una cosa che possiamo dire perché forse non è chiara è che tutte le operazioni sono coordinate dalla Guardia costiera italiana, dal Centro operativo di Roma – spiega Rizzo – Quindi se vogliamo ripetere l’accusa assurda di ‘taxi del mare’ rivolta alle ong allora qualcuno se la dovrebbe prendere anche con la Guardia costiera, cosa che ovviamente non viene fatta, perché è come se fosse la centrale operativa di quei taxi”.

      Il disegno è stato uno strumento efficace per avvicinare le persone a bordo della nave. “Arrivano tutti da situazioni traumatiche, non puoi andare lì con la macchina fotografica o la telecamera e puntargliela in faccia – racconta Bonaccorso – Allora mentre Marco parlava con loro, io mi sedevo accanto e iniziavo a ritrarli con la matita. In pochissimo tempo, erano tutti lì in fila per un ritratto. E per raccontarti la loro storia: il disegno era un modo per entrare in confidenza, farli distrarre e rompere il muro di diffidenza”. Sono tantissime le storie che Rizzo e Bonaccorso hanno raccolto nei 19 giorni sulla nave, tutte drammatiche, “ma c’è una cosa che molti sottovalutano ed è la situazione dei loro Paesi di provenienza – spiega Bonaccorso –, situazioni che loro non possono accettare e per questo scappano: quando abbiamo chiesto a un ragazzo eritreo cosa si aspetta dall’Europa, lui non ci ha risposto soldi o lavoro ma semplicemente libertà. E la libertà non si può negare a nessuno”.

      Ora l’intenzione dei due fumettisti è portare il libro nelle scuole: “Questo libro è uno strumento per fare informazione e porre una domanda, ‘cosa vogliamo fare di questo mondo in cui viviamo? – conclude Bonaccorso – Vogliamo accettare passivamente quello che accade o rimboccarci le maniche? E questo non vuole essere uno slogan ma uno stimolo sincero per cercare di cambiare le cose: voltarsi dall’altra parte significa lasciare un mondo devastato a chi verrà dopo di noi, devastato non dai migranti che arrivano nei nostri Paesi ma dalle azioni dei nostri Paesi”.


      https://www.cartadiroma.org/news/in-evidenza/salvezza-un-fumetto-inchiesta-sui-salvataggi-in-mare
      #BD #livre

    • Exclusif : découvrez Boza, notre documentaire sur le sauvetage des migrants en Méditerranée

      Pour les migrants venus d’Afrique, la Méditerranée est la voie principale pour atteindre l’Europe, malgré le danger que représente sa traversée. Selon Médecins sans frontières (MSF), en 2016, au moins 5 000 hommes, femmes et enfants sont morts en tentant de traverser la Méditerranée, contre près de 2 800 en 2015. Depuis mai 2016, L’Aquarius, un navire affrété par l’association SOS Méditerranée, vient en aide aux migrants rescapés. Nous avons passé quinze jours à son bord, à la rencontre de son équipage et des migrants qu’il sauve.

      https://www.youtube.com/watch?v=jtpD3Gt4ALo

    • Ong, Saviano replica a Salvini: «Il diritto del mare ha una regola sacra: non si lasciano annegare le persone»

      Lo scrittore e giornalista Roberto Saviano risponde attraverso un video alle parole pronunciate dal leader della Lega e neo ministro Matteo Salvini ("Le Ong? No ai vice scafisti che attraccano nei porti"): «La poca conoscenza che ha il ministro Salvini del diritto del mare lo porta a ignorare un elemento fondamentale: le Ong agiscono sempre coordinate dalla Guardia Costiera italiana, quindi sempre nel rispetto delle regole. Dando dei ’vice scafisti’ a persone che salvano vite in mare, sta dando anche colpa alla Guardia costiera italiana e di questo deve prendersene responsabilità». Infine dice: «Il diritto del mare ha una regola eterna: Non si lasciano persone a mare, non si lasciano annegare. E non sarà Salvini a interrompere questo diritto sacro»

      https://video.repubblica.it/politica/ong-saviano-replica-a-salvini-il-diritto-del-mare-ha-una-regola-sacra-non-si-lasciano-annegare-le-persone/306649/307279?refresh_ce

    • Migranti, Salvini a Malta: «La nave Aquarius non può attraccare in Italia». La replica: «Non spetta a noi»

      La decisione del ministro dell’Interno che ha intimato a Malta di accettare la nave con a bordo 629 migranti che sta entrando nelle acque di competenza de La Valletta. Gino Strada: «Sconcertato nel vedere ministri razzisti o sbirri alla guida del mio Paese»


      https://roma.corriere.it/notizie/cronaca/18_giugno_11/migranti-salvini-la-aquarius-non-potra-approdare-un-porto-italiano-28e

    • La richiesta di archiviazione della Procura di Palermo nel procedimento sulle ONG

      Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, richiesta di archiviazione, 13 giugno 2018
      Pubblici Ministeri Camilleri – Cescon – Ferrara

      Segnaliamo, in considerazione dell’interesse mediatico della vicenda, la richiesta di archiviazione, accolta dal GIP, presentata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo in un procedimento penale che vedeva coinvolto il personale di due ONG che, dopo aver soccorso dei migranti, si recavano presso il porto di Lampedusa, dove facevano sbarcare i migranti.

      In punto di diritto, le fattispecie di reato ipotizzate, a carico di ignoti, erano quelle di associazione per delinquere (di cui all’art. 416, comma 6, cp) e favoreggiamento dell’immigrazione irregolare sul territorio nazionale (di cui all’ art. 12 D. Lgs 286 del 1998).

      La Procura di Palermo, dopo aver ricordato le coordinate giuridiche previste dal diritto internazionale con specifico riguardo al salvataggio in mare dei migranti e richiedenti asilo, si è soffermata sugli aspetti penalistici della condotta contestata e, in particolare, sulla scriminante prevista dall’art. 51 comma 1 c.p. (la quale, com’è noto, prevede che “l’esercizio di un diritto o l’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autorità, esclude la punibilità”) e sull’art. 12 comma 2 del d.lgs. 286/98 (secondo cui, “fermo restando quanto previsto dall’articolo 54 del codice penale, non costituiscono reato le attività di soccorso e assistenza umanitaria prestate in Italia nei confronti degli stranieri in condizioni di bisogno comunque presenti nel territorio dello Stato”).

      Nel caso in esame – si legge nella richiesta di archiviazione – «avendo l’imbarcazione umanitaria soccorso dei migranti che si trovavano in stato di pericolo, la condotta trova giustificazione nella predetta disciplina dell’art. 51 c.p. per aver adempiuto ad un obbligo imposto da una norma giuridica internazionale».

      Quanto, in particolare, alla nozione di pericolo tale da integrare la scriminante, il requstito della attualità «non deve essere intesa in senso assoluto, come rapporto di assoluta immediatezza tra la situazione di pericolo e l’azione necessitate, ma sta a significare che, nel momento in cui l’agente pone in essere il fatto costituente reato, esiste, secondo una valutazione ex ante che tenga conto di tutte le circostanze concrete e contingenti di tempi e di luogo, del tipo di danno temuto e della sua possibile prevenzione, la ragionevole minaccia di una causa imminente e prossima del danno».

      A tal proposito è sufficiente rilevare – concludono i magistrati – «come il sovraffollamento dei gommoni, la presenza a bordo di donne e minori imponga certamente agli operatori di considerare lo stato di pericolo in maniera evidentemente stringente e intervenire al più presto anche se le condizioni metereologiche non dovessero rappresentare, al momento del salvataggio, un problema».

      Altro tema – scrive la Procura – riguarda l’operato della ONG relativo al mancato raggiungimento di altri porti di approdo più vicini rispetto a quelli in cui avveniva lo sbarco.

      Circa tale aspetto, i pubblici ministeri hanno anzitutto richiamato il principio della «effettività del soccorso» e la «assoluta mancanza di cooperazione dello Stato di Malta nella gestione dei predetti eventi», i quali vanno letti alla luce del dovere giuridico di salvaguardare la vita dei migranti e di assicurare il rispetto dei principi umanitari.

      Ebbene, dal momento che «le operazioni di soccorso non si esauriscono nel mero recupero in mare dei migranti, ma devono completarsi e concludersi con lo sbarco in un luogo sicuro (POS, piace of safety)» – conclude la Procura – «il porto più vicino non deve individuarsi esclusivamente avuto riguardo alla posizione geografica, ma dovrà invece essere, necessariamente, quello che assicurerà il rispetto dei predetti diritti».

      http://www.giurisprudenzapenale.com/2018/06/21/la-richiesta-di-archiviazione-della-procura-di-palermo-nel-pro

    • Migranti: accusati di terrorismo i dirottatori del mercantile approdato a Malta

      Con l’accusa di terrorismo, il tribunale della Valletta conferma gli arresti per tre delle persone fermate al momento dello sbarco del cargo El Hiblu 1, dirottato da un gruppo di migranti e attraccato a Malta con a bordo oltre 100 naufraghi.

      I tre adolescenti, solo uno di loro è maggiorenne e ha 19 anni, hanno preso possesso della nave, secondo le accuse, con minacce e intimidazioni; al momento dell’abbordaggio però non sono state trovate armi e non è stata opposta alcuna resistenza.

      Secondo il codice penale maltese il dirottamento di una nave è un "atto di terrorismo e i tre rischiano da 7 a 30 anni di carcere.

      Resta al momento ambigua la pozione del capitano del cargo, un libico, che ha affermato di aver perso il controllo del mercantile dopo aver soccorso i naufraghi. Gli inquirenti verifano se l’uomo abbia fornito una versione di comodo per poter entrare in acque maltesi.

      L’Italia aveva sbarrato la strada all’imbarcazione.

      https://it.euronews.com/2019/03/30/migranti-accusati-di-terrorismo-i-dirottatori-del-mercantile-approdato-
      #terrorisme #criminalisation #Elhiblu_1